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Pu Song Ling

Il Bibliomane
che non aveva mai visto prima di allora. Il monaco fu perciò costretto a spiegargli: «Quello è un
bue: serve per arare i campi. Quello è un cavallo: serve per cavalcare. Quello è un gallo: serve ad
annunziare il mattino. Quello è un cane: serve a custodire la casa» e così via. Dopo un po’ videro
passare una ragazza. «E quella cos’è?» chiese il discepolo sorpreso. «Quella è una tigre» rispose il
monaco, preoccupato che il ragazzo potesse provare interesse per lei. «Se qualcuno l’avvicina, lei
subito lo divora, senza lasciare né carne né ossa.»
Quella sera, mentre tornavano al monte, il monaco chiese: «V’è nessuna delle cose che hai visto
oggi a valle che ti abbia interessato in modo particolare?». «Una sola cosa mi ha interessato»
rispose il discepolo. «È la tigre che divora la gente. Davvero non riesco a togliermi la sua immagine
dalla testa!»
(Xu Zi bu yu, Continuazione a
«Quel che il Maestro non disse», cap. 2, par. XVII)

La genesi di una di queste raccolte di novelle è illustrata con queste parole


dal suo autore: «Non appena mi viene raccontata una storia interessante,
prendo il pennello e la scrivo, dandole forma letteraria. Da molto tempo
ormai i miei amici mi forniscono del materiale, spedendomelo da ogni parte
della Cina, ed io, con l’entusiasmo del collezionista, ne ho già raccolto una
gran quantità». Così scriveva Pu Song-ling (1640-1715) nella Prefazione alla
sua raccolta Liaozhai zhiyi (Racconti meravigliosi dello studio Liao):
cinquecento racconti nei quali il genere della novella breve in stile classico
raggiunge la massima espressione artistica. Essi mantengono infatti tutte le
caratteristiche del loro genere: sono basati su fatti realmente avvenuti o su
episodi leggendari di cui l’autore era venuto a conoscenza e vertono quasi
tutti intorno a manifestazioni del mondo del soprannaturale e quindi sono
popolati da morti risuscitati, da preti daoisti che compiono miracoli, da
animali, da piante, da cose, le quali assumono forma umana, da demoni che
tormentano i mortali. Ma nello stile e nella costruzione i racconti di Pu
Songling superano quanto scritto da altri autori. Lo stile è assai più conciso,
ma efficace; la costruzione del racconto non lascia posto per inutili
ripetizioni, lo spirito è sovente moraleggiante, nel senso che i malvagi
vengono puniti e i buoni premiati per le loro azioni.
Una delle perle della collezione è la novella intitolata Il bibliomane,
tipicamente cinese nella descrizione dell’amore di uno studioso per una
donna, che è la personificazione della sua biblioteca.
Lang Yuzhu di Pengcheng apparteneva ad una famiglia di onesti funzionari, fra i quali si erano
contati anche dei prefetti, che avevano speso tutti i loro denari non per acquistare delle proprietà,
ma per costituire una vasta biblioteca. Con Yuzhu la passione per i libri era divenuta mania. Benché
la sua famiglia fosse impoverita ed egli non avesse di che vivere, pure non avrebbe mai venduto i
libri di suo padre. Quand’era ancora in vita, questi aveva ricopiato per lui L’esortazione allo
studio18 e ne aveva sistemato il testo alla destra della scrivania, affinché ogni giorno il figlio
potesse leggerlo ad alta voce. Non basta: affinché i caratteri non si obliterassero, li teneva coperti
con un panno.
Lang Yuzhu studiava giorno e notte, d’estate e d’inverno, senza posa, non tanto per ottenere un
impiego, ma perché credeva alla lettera che nei libri si potessero trovare davvero il denaro ed il
cibo. Benché avesse ormai più di vent’anni, non si preoccupava di cercarsi una moglie, nella
speranza che un giorno una bella donna sarebbe uscita da qualche libro per venire a lui. Se
incontrava gli amici o i parenti, restava freddo e impacciato e dopo aver scambiato due o tre parole
se ne tornava a leggere i suoi libri, cosicché gli amici, trovandolo noioso, lo sfuggivano. Ogni volta
che il commissario agli studi per il distretto o la prefettura bandiva la sessione di esami, egli vi
partecipava, distinguendosi tra gli altri candidati; ma poi non riusciva a superare i più difficili esami
tenuti nel capoluogo della provincia.
Un giorno, che era occupato a leggere, un improvviso colpo di vento gli fece volare il fascicolo
dalle mani e mentre correva per riprenderlo sprofondò col piede in un buco del terreno. Guardando
in fondo al buco vide delle erbe marcite e sotto ad esse trovò un antico recipiente con del grano
ormai ammuffito e immangiabile. Ciò gli sembrò una conferma delle parole dell’imperatore che con
i libri si raccoglie «una larga messe» e da allora studiò con lena maggiore.
Un altro giorno, che era salito su una scala per arrivare ad uno scaffale troppo alto, trovò tra i libri
accatastati alla rinfusa un piccolo carretto di metallo dorato, lungo un piede. Se ne rallegrò
moltissimo e credette che ciò fosse un’altra conferma delle parole dell’imperatore, che nei libri si
trovano «immensi tesori», tanto che quando si sentì dir poi che era simil-oro, ci rimase male, come
se l’antenato che aveva nascosto il carretto, lo avesse ingannato. Qualche tempo dopo, un ispettore
governativo, che aveva superato l’esame di concorso lo stesso anno di suo padre ed era un devoto
buddhista, si trovò a passare per quel paese in giro di ispezione e qualcuno suggerì a Lang di
offrirgli il carretto per decorare un altarino. Lang seguì il consiglio e l’ispettore, felicissimo, lo
ricompensò con trecento denari e due cavalli. Tutto soddisfatto, Lang si convinse che questa era
un’ennesima conferma delle parole che «i libri nascondono tesori e procurano carrozze e cavalli».
Da allora si sprofondò ancora più disperatamente nello studio.
Giunse così all’età di trent’anni e a chi gli consigliava di prender moglie rispondeva:
«Grazie ai libri si ottengono donne belle come le giade. Non mi preoccupo se ancora non ho una
bella moglie».
Trascorsero altri due o tre anni senza che egli si decidesse, tanto che la gente cominciò a farsi beffe
di lui. A quei tempi si era diffusa tra il popolo la voce che la Tessitrice19 fosse fuggita dal cielo ed
un giorno un tale gli chiese per scherzo:
«Non sarà mica fuggita da te la Tessitrice?».
Lang comprese che l’altro si faceva beffe di lui, ma preferì non rispondergli. Una sera, mentre stava
leggendo gli Annali degli Han ed era arrivato a metà dell’ottavo capitolo, trovò tra le pagine un
segnalibro su cui era ritagliata in seta la figura di una bella donna.
«Ecco la conferma che grazie ai libri si ottengono donne belle come le giade!» esclamò sorpreso,
restando a contemplare la figura come estasiato. A guardarli bene, gli occhi della donna sembravano
vivi. Sulla schiena era scritto in calligrafia minutissima la parola «Tessitrice». Lang era al colmo
dello stupore. L’indomani tornò a sfogliare il libro più volte, dimenticandosi di mangiare e di
riposare.
Un giorno, mentre stava come al solito contemplando la figura, improvvisamente questa si piegò e
con un sorriso si sedette in mezzo alla pagina. Per la sorpresa, Lang si sprofondò con un inchino fin
sotto il tavolo e quando sollevò la testa si accorse che la figura era cresciuta più di un piede. Sempre
più impressionato, Lang si inchinò di nuovo, mentre la figura scendeva dal tavolo con movenze
flessuose e appena in terra apparve come una donna di meravigliosa bellezza.
«Qual fata sei tu?» le domandò Lang.
«Mi chiamo Yan Ruyu [Bella come la giada]» rispose la donna con un sorriso. «Ci conosciamo da
molto tempo. Tu mi guardavi ogni giorno con tanta insistenza, senza mai staccare lo sguardo da me,
che io mi son convinta che non avrei trovato un uomo fedele come te neppur in mille anni!»
Fuori di sé dalla gioia, Lang la portò nella stanza da letto, ma lì, pur mostrandosi assai affettuoso,
non seppe comportarsi da uomo. Quando studiava, voleva che lei gli stesse seduta accanto. La
donna gli consigliò di non studiar troppo e siccome lui non le dava retta, gli disse:
«Tu non hai avuto successo nella vita, perché non hai fatto altro che studiare. Guarda l’elenco dei
candidati che hanno superato gli esami di concorso nelle sessioni di primavera e di autunno: non ne
troverai uno che abbia studiato quanto te! Se non mi ubbidirai, ti lascerò!».
Per un po’ di tempo Lang le diede retta, ma in seguito, dimentico delle raccomandazioni, tornò
come al solito a leggere i suoi libri. Allorché però cercò la donna non riuscì a trovarla. Avvilito e
sconsolato, la chiamò, scongiurandola di tornare. Invano! Era davvero scomparsa! D’un tratto si
ricordò che l’aveva incontrata per la prima volta negli Annali degli Han e, messosi a sfogliare
attentamente il libro, la ritrovò allo stesso posto. La chiamò, ma lei non si mosse; la pregò di aver
pietà di lui e finalmente la donna uscì dal libro e gli disse:
«Se mi disubbidirai un’altra volta, io ti lascerò per sempre!».
Così dicendo, gli diede gli scacchi e i dadi e lo obbligò a giocare tutto il giorno. Lang non ci
provava alcun interesse e non appena la donna si allontanava leggeva di nascosto i suoi libri, finché,
per timore che lei se ne accorgesse e lo abbandonasse di nuovo, nascose l’ottavo fascicolo degli
Annali degli Han in un posto dove certamente lei non lo avrebbe potuto trovare. Tuttavia, un giorno
che era assorto nella lettura, si accorse della presenza della donna soltanto dopo che lei era entrata
nella stanza. Si affrettò a chiudere il libro, ma la donna era nuovamente scomparsa.
Preoccupatissimo, la cercò in tutti i volumi, finché la ritrovò proprio nella solita pagina dell’ottavo
capitolo degli Annali degli Han. Si mise in ginocchio, la scongiurò, le promise che non avrebbe mai
più letto un libro ed anche questa volta la donna tornò a lui e, consegnandogli una scacchiera, gli
disse:
«Se entro tre giorni non impari a giocare, me ne vado!».
Al terzo giorno, Lang riuscì a mangiare due pezzi nel corso della stessa partita e la donna ne fu
tanto felice che gli ordinò di imparare a suonare uno strumento musicale nello spazio di cinque
giorni.
A Lang occorse molto tempo per esercitare le mani e gli occhi; ma quando ebbe sciolte le dita
arrivò al punto che suonava e danzava senza accorgersene. Inoltre la donna lo faceva bere e giocare
alla morra ogni giorno cosicché alla lunga egli finì per provare gusto a queste cose e si dimenticò
dello studio. Allora la donna lo indusse ad uscire, a stringere amicizie e quand’ebbe acquistata fama
di uomo di mondo, gli disse:
«Adesso puoi anche presentarti agli esami di concorso».
Una notte Lang disse alla donna:
«Tutti gli uomini e le donne che dormono insieme hanno dei bambini. Perché lo stesso non è
avvenuto a noi che da tanto tempo facciamo vita in comune?».
«Te l’avevo detto io che studiare tutto il giorno non serve a nulla!» gli rispose la donna ridendo.
«Tu non conosci ancora niente della vita coniugale! Il letto e il cuscino aspettano che tu ti dedichi a
loro!»
«E come si fa?» chiese Lang tutto preoccupato.
La donna si limitò a sorridergli senza rispondergli, ma dopo poco tempo gli impartì una lezione
pratica, cosicché Lang finalmente comprese. Ci provò tanto gusto che da allora andava ripetendo:
«Non avrei mai immaginato che i piaceri del talamo fossero tali da non potersi descrivere a
parole!».
Purtroppo, quando incontrava qualcuno, non aveva ritegno a dirgli quanto trovava dolci tali piaceri,
cosicché gli altri riuscivano a malapena a trattenere le risa. La donna lo venne a sapere e lo
rimproverò, ma Lang le rispose:
«Devono tenere il segreto solo quegli amanti i quali per incontrarsi sono costretti a scavalcare le
mura o ad aprirsi passaggi segreti. Non c’è niente di male a parlare di piaceri naturali e di cui tutti
godono!».
Dopo otto o nove mesi nacque un bambino che fu affidato alle cure di una nutrice.
Un giorno la donna disse a Lang:
«Ho vissuto con te per due anni e ti ho dato un figlio, ma adesso è giunto il momento di separarci.
Se restassi più a lungo potrei farti del male. È meglio non aspettare oltre: potremmo pentircene!».
A sentire queste parole Lang si mise a piangere e la scongiurò in ginocchio: «Ma non pensi a questo
bambino?» e la donna, dopo aver a lungo riflettuto, gli rispose commossa:
«Se proprio desideri che io rimanga, devi gettare via tutti i libri di questa biblioteca!».
«Ma come fai a parlare in tal modo dei libri fra i quali sei nata e che sono la mia vita?» gridò Lang,
tanto che la donna, disperando di convincerlo, disse: «Sia come vuole il destino! Io ho fatto il mio
dovere avvertendoti».
Già da tempo alcuni dei parenti di Lang erano rimasti assai sorpresi quando avevano visto quella
donna e avevano chiesto più volte chi fosse e dove l’avesse incontrata, ma Lang, invece di raccontar
loro una storia qualsiasi, aveva preferito non rispondere, finché la gente insospettita cominciò a
diffondere dicerie sul suo conto. Le voci giunsero all’orecchio del magistrato del distretto, un certo
Shi, originario della provincia del Fujian ed entrato assai giovane in carriera, il quale per la curiosità
e il desiderio di conoscere una donna tanto bella la convocò in tribunale insieme a Lang.
A questa notizia la donna scomparve, ma ciò insospettì il magistrato, che fece imprigionare Lang e,
dopo averlo spogliato delle vesti di letterato, lo sottopose al supplizio della canga20, dei ferri e dei
ceppi, al fine di scoprire dove fosse fuggita la donna. Benché stesse sul punto di morire, Lang non
disse una parola, ma la nutrice, sottoposta a tortura, rivelò quanto sapeva. Sospettando un caso di
stregoneria, il magistrato decise di fare una attenta perquisizione per tutta la casa e quand’ebbe visto
tutti quei libri, che riempivano le stanze e, per il loro stesso numero, non potevano essere esaminati
ad uno ad uno, diede ordine che fossero bruciati. Il fumo del rogo gravò per più giorni sul tetto della
casa come una nera caligine.
Quando fu lasciato libero, Lang si fece dare da amici e alunni di suo padre, anche se viventi
lontano, delle lettere di raccomandazione che gli servirono per farsi riabilitare; quindi nell’autunno
dello stesso anno superò l’esame provinciale e l’anno successivo quello nella capitale, ma il
desiderio di vendicarsi dell’uomo che gli aveva distrutto la biblioteca e ucciso la donna che amava
gli era entrato ormai nel sangue e dal mattino alla sera non faceva che pregare davanti all’altare di
Yan Ruyu:
«Se hai un’anima, fa’ ch’io venga trasferito nel Fujian!».
Alla fine Lang riuscì ad essere nominato ispettore provinciale per il Fujian e dopo tre mesi, scoperte
varie malefatte commesse da Shi, confiscò tutte le sue proprietà. Il magistrato locale, che era cugino
di Lang, sequestrò anche la concubina prediletta di Shi e Lang la fece condurre nella sua residenza
col pretesto di averne bisogno per i lavori di casa. Una volta terminato il processo, Lang diede le
dimissioni e insieme alla concubina tornò al suo paese. [...]
(Shuchi, Il bibliomane, in Liaozhai zhiyi,
pp. 323-335. Su Hu Shi cfr. qui.↵
4 Zhou Zuoren, Zhongguo xin wenxue de yuanliu (Le origini e lo sviluppo
della nuova letteratura cinese), Pechino 1932, pp. 43-52.↵
5 Prostitute.↵
6 Espressione del gergo dell’ambiente. Significa «prenotare».↵
7 Invece Mao Xiang si consolò presto. Nel 1665 prese come concubina Cai
Han (1647-1686) e nel 1667 Jin Yue, entrambe valenti pittrici.↵
8 Sono il poeta Li Bai e il letterato Lu Han.↵
9 Chen Meigong (1558-1639), pittore e letterato.↵
10 Quartiere di Nanchino attraverso cui passava il fiume omonimo. Era il
centro della «dolce vita» della città nel XVII secolo.↵
11 Tradotto in italiano da Lionello Lanciotti, Tsui Tao-Lu, Sei racconti di
vita irreale, Casini, Roma 1955, pp. 55-56.↵
12 Ufficio cinese.↵
13 Nel testo figura un carattere che in mandarino si pronuncia «mi». Ma in
cantonese: «che cosa» si dice «Mat-ye».↵
14 In un’altra parte di questa novella, qui non tradotta, si fa cenno alle
precedenti esperienze matrimoniali di Zhuangzi.↵
15 Decise le nozze con il principe, la bara era stata trasportata in un locale
abbandonato dietro la casa e la camera ardente era stata addobbata per la
cerimonia nuziale.↵
16 Cfr. qui.↵
17 Œuvres Complètes de Voltaire, Garnier Fr., Parigi 1880, vol. XXXII, p.
518.↵
18 Il testo della Esortazione allo studio (Quanxue pian) dell’imperatore
Zhenzong (997-1022) potrebbe ben figurare in ogni biblioteca se si
considerassero i libri soltanto come strumento per conseguire beni materiali e
non anche come mezzo per la conoscenza della verità.
«Che i ricchi non investano il denaro nell’acquisto di fertili campi, perché
con i libri si raccoglie la messe più larga!
Che i nobili non costruiscano ampie magioni, perché nei libri si trovano
immensi tesori!
Che i giovani non si preoccupino di fare un buon matrimonio, perché grazie
ai libri si ottengono donne, belle come le giade!
Che i viaggiatori non lamentino la mancanza di un seguito, perché i libri
procurano carrozze e cavalli!
Coloro i quali vogliono raggiungere la gloria, si dedichino dunque con ardore
allo studio dei classici!»↵
19 Una divinità stellare.↵
20 Antico strumento di tortura che si applicava al collo.↵
21 Il titolo è composto di tre caratteri, che ricorrono nel nome di una
cameriera e di due mogli di Ximen Qing.↵
22 Basta confrontare le pagine qui di seguito tradotte con quelle
dell’edizione del Jin Ping Mei, curata in italiano sulla base di una versione
inglese da Piero Jahier, Mai-Lis Rissler Stonemann (Einaudi, Torino 19562,
pp. 661-663), per misurare l’entità dei tagli apportati al testo originale dai
molto prudenti traduttori.↵
23 Lo Spirito della Morte.↵
24 Delle pillole afrodisiache che erano state regalate a Ximen Qing da un
monaco buddhista indiano con la raccomandazione di prenderne soltanto una
per volta.↵
25 Una specie di sospensorio, fatto con un nastro di seta bianca, di cui
Ximen Qing faceva uso durante i rapporti sessuali.↵
26 Più noto ai lettori occidentali con il nome di Cao Xueqin. [NdT]↵
27 La raccolta è nota anche con il titolo di Linchuan simeng (I quattro sogni
di Linchuan). [NdC]↵
28 Nello Hou Hanshu (Annali degli Han posteriori), cap. 108, si legge: «I re
di Da Qin [gli imperatori romani] hanno avuto sempre desiderio di inviare
degli ambasciatori in Cina, ma ne sono stati impediti dai Parti, che intendono
guadagnare sul commercio della seta. Nel nono anno del periodo di Regno
Yanxi dell’imperatore Huandi (166 d.C.), il re di Da Qin, Andun [Marco

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