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Esercizi 1-2-3-4-7-8-10 pagina 102

1) La siepe gli limita la visuale, di conseguenza Leopardi può immaginare lui stesso cosa c’è dietro ad essa.
Come se la siepe fosse un muro tra lui e il mondo esterno.
2) Il suono del vento tra gli alberi suscita a Leopardi l’idea di eternità, cioè di un infinito temporale, che
grava sul presente e lo annulla.
3) Leopardi offre di una esperienza senza limiti, il fatto che la siepe non gli permette di vedere, innesca una
percorso della mente che è fonte di piacere infinito.
4) Sono presenti, la sensazione uditiva del suono prodotto dal vento: e come il vento odo stormir e un’altra
indeterminate: infinito silenzio. Sensazioni visive dove esprime il passaggio dallo spazio indefinito a quello
definito.
8) Ritengo che Leopardi stia descrivendo una situazione comune, poiché questo suo momento intimo lo può
rivivere più volte. Si tratta di una scena di vita quotidiana, ove il poeta racconta del suo lato spirituale che
incontra un limite.
10) Se penso al concetto di infinito penso a tutto tranne che ad un immagine specifica. Provo quasi un senso
di vertigine al pensiero di essere solamente un umano in mezzo all’infinito. Probabilmente però, anche io
faccio parte di questo infinito, grazie alla mia mente ed ai miei desideri, come pensa Leopardi. Noi uomini
abbiamo la tendenza ad incanalare tutto entro dei limiti e a ragionare in termini di esso, perché la nostra
mente non può concepire l’idea di infinito. Inoltre penso che sbagliamo a pensare all’infinito solo come a
qualcosa di grande, perché esso si sviluppa in grandezza tanto quanto in piccolezza. Forse la ricerca
dell’infinito è la cosa più difficile da accettare, perché sappiamo ragionare solo in termini di limiti e finito, e
la nostra egoista mente umana si sente smarrita al cospetto di una cosa che non può controllare. Sopratutto
negli ultimi secoli noi pensiamo di essere al centro del mondo, e vogliamo avere sotto controllo qualsiasi
cosa; probabilmente è per questo che al giorno d’oggi molti uomini sono insoddisfatti, perché non sanno
accettare l’idea di essere solo una piccola parte di questo infinito. Piccola non significa insignificante, perché
penso che ogni azione e scelta nel suo piccolo abbia una ricaduta enorme su tutto quello che ci circonda, però
significa sicuramente che non è sotto il nostro controllo. La cosa più simile all’infinito a cui riesco a pensare
è la natura, che segue il suo corso da sempre e per sempre, senza avere timore di una fine, perché al contrario
della vita umana, per lei la fine non esiste.
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2)Al partire dal verso 13 la Natura viene personificata in una donna, si dice che lei è tranquilla mentre ha
ferito il poeta moralmente. Il poeta è portato dalla Natura a provare il desiderio amoroso ma dalla Natura
stessa è reso incapace di realizzarlo. Da qui si capisce che il disinganno amoroso e la convinzione di essere
perseguitati dalla Natura si trovano sullo stesso piano.
4) L’analisi sintattica dei primi 5 versi mi sembra abbastanza semplice, il soggetto è la notte, descritta in una
situazione serena e tranquilla, nella quale risplende la luna che illumina i giardini delle case e le montagne
sullo sfondo. La figura principale di questi cinque versi il polisindeto, con la numerosa ripetizione della
congiunzione “e”, a si può notare l’apostrofe in “o donna mia”.
5) Nel verso 10 si trova una metafora, la natura viene paragonata alla donna che lo ha ferito moralmente.
8) All’inizio viene descritta in modo molto rasserenante una tranquilla nottata nella quale la luna risplende in
cielo e mostra le montagne sullo sfondo. Inizialmente il poeta paragona la natura ad una donna (o donna mia
v.4) che dorme tranquilla e dal verso 11 a 16 il poeta contrasta quest’ultima dicendo che lo ha destinato ad
un’infelicità perenne, negandogli anche la speranza (“speme”).
L’indifferenza della natura viene contrastata a quella della donna, la quale sogna tutti gli uomini che le
piacciono ma sicuramente non sogna il poeta (non io, non già, ch’io speri v.20) ed egli pensa che sia ingiusto
per un’età così giovanile (“verde etate” v.24).
Il poeta crede che il tempo porti via ogni cosa (“tutto al mondo passa” “E quasi orma non lascia” vv.29-30)
dicendo che in passato anche cosa è stato grande, per esempio i popoli antichi (Or dov’è il suono, di que’
popoli antichi? or dov’è il grido, De’ nostri avi famosi, e il grande impero, Di quella Roma, e l’armi, e il

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