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DOMANDE SUL BRANO DI SAVATER

1. Perché Savater distingue “cercare tutti i piaceri dell’oggi” dal “cercare oggi tutti i piaceri”? (già discusso)
Tutto ciò che facciamo ha come scopo vivere, trascorrere un'esistenza segnata da momenti di luminosa gioia
e periodi in cui siamo costretti ad attraversare un tunnel pieno delle nostre paure. L'importante è sapere
riprendersi, ed andare avanti. Tuttavia il filosofo dice anche di non soffermarsi unicamente sul detto
tipicamente romano “carpe diem”, secondo cui bisogna unicamente godere dei beni che la vita ci offre giorno
per giorno. Con questa affermazione che assume il significato letterale di “cogli il giorno presente” , si vuole
indicare che ogni piacere del giorno che si sta vivendo non va sprecato né rifiutato ma pienamente accolto.
Molte volte questa espressione è usata come invito al vivere gioioso e senza pensieri, d’altra parte tutti i
piaceri e le soddisfazioni della vita non devono essere ricercati in un solo giorno , cioè in poco tempo ,
obbligando il proprio animo a nutrirsi continuamente di questo errato comportamento, bensì , come chiarisce
lo stesso filosofo spagnolo, bisogna ricercare “tutti i piaceri dell’oggi”, cioè accogliere le soddisfazioni e
ricompense morali , che meritiamo , giorno per giorno , senza volere continuamente di più di quello che
effettivamente si può meritare, poiché questa tipologia di comportamento porterebbe la persona a rompere il
giusto equilibrio necessario per vivere adeguatamente, in pace, con gli altri , mostrando contrariamente
aspetti di superbia , gelosia ed arroganza . In definitiva, si tratta di appagare i piaceri dell’oggi , senza avere
necessità di rintracciare quelli del domani , e quindi mostrare indulgenza e spirito di contenimento verso
l’impazienza che spinge l’individuo ad attraversare erroneamente i propri limiti. Quindi Savater attua questa
distinzione per invitare il lettore a riflettere sull’importanza di mantenere un certo equilibrio anche in ambito
etico, invece infrangerlo significherebbe scontrarsi con se stessi ed intraprendere un cammino buio , che
rappresenta uno dei principali mezzi per rovinare il godimento del presente , come conseguenza al fatto di
voler pretendere da ogni momento qualsiasi forma di piacere, anche sottoforma di gratificazione , anche se
non meritato effettivamente. In altre parole ciò significa che in ogni aspetto della vita bisogna mantenere il
predominio sui piaceri ed avere autocontrollo , per evitare di rovinare letteralmente la propria vita.
2. Indica esempi validi di piaceri che “impoveriscono” la vita.
Come tutto ciò che succede, ogni cosa che esiste per l’uomo, non succede e non esiste immediatamente
che nella sua coscienza . In quest’ottica nella sua contradittoria mentalità , può accader che ci siano dei
piaceri , considerati come tali poiché soddisfano l’individuo, che però possono causare dei danni
irrimediabili all’uomo, dove quindi si muore di piacere, nel senso proprio dell’espressione. Tutto nasce dal
bisogno di piacere che nell’ideale umano , permette di raggiungere felicità e quindi di scappare dalla realtà,
soprattutto se dolorosa e perenne , creando delle false corazze , solo temporanee , che però non ci
appartengono realmente , e senza cui poi non riusciamo quasi a vivere. In effetti il piacere riesce a
trasformarsi di continuo fino a svuotare di senso la propria vita, perché perdendo quelle corazze che prima
ci accerchiavano e proteggevano , non siamo più in grado di guardare obiettivamente la vita , spogliati di
questi falsi ausili, precipitando infine nel baratro della disperazione. Dunque, diverse sono le forme di
piacere che ogni volta l’uomo tenta di soddisfare, per costruire questa muraglia attorno a sé con cui
difendersi dalle ingiustizie o diverse sofferenze della vita, senza provare invece ad esorcizzarle , formando
vere corazze . In quest’ottica , alcuni esempi di piaceri che compromettono la vita , e che ci regalano
apparentemente felicità , sono :
 L’anoressia e l’obesità , o in generale i disturbi alimentari . Infatti, credendo che l’alimentazione sia
correlata al mantenimento della vita, al piacere ed alla convivialità, si evita di mangiare contrastando
il proprio istinto, che tenta sempre di proteggerci dal male e ci permette molte volte di evitare danni
collaterali alla salute, oppure si mangia con spensieratezza, rifiutando ogni forma di controllo. Ma tali
aspetti che l’individuo introduce nella propria mente non esistono effettivamente perché preminente
è il controllo estremo sull’alimentazione, sul proprio corpo e sul mondo circostante, e l’ideale che
esso sia un piacere perché nella concezione umana permette di essere accettato dagli altri , ad
esempio , oppure rappresenta la porta da attraversare per superare ogni difficoltà . Ovviamente
questo tipo di ipercontrollo alimentare apporta seri danni all’organismo e difficilmente si riesce a
sfuggire a questo labirinto mentale insormontabile , che ci tiene intrappolati in un falso piacere.
Ugual cosa si può affermare per il caso opposto , cioè per coloro che mangiano eccessivamente
tentando di rifugiarsi nel cibo dalle vicissitudini quotidiane, che nessuno vorrebbe mai patire. Ma
vivere significa accettare le gioie e i veri piaceri che ci regala, ma allo stesso tempo affrontare gli
aspetti più riprovevoli , per raggiungere vere soddisfazioni, che non esisterebbero senza essi. In
effetti piacere significa immergersi e vivere totalmente qualcosa e quindi essere in pace con la vita,
anche intorno c’è dolore e difficoltà. Ciò significa che non può essere piacere qualcosa che poi porta
alla morte o al danno fisico .
 Un’altra forma di piacere che impoverisce la vita, scontrandosi con quest’ultima è un’altra categoria
di dipendenza cioè l’uso smoderato di alcol . Accettare questa realtà di cui il nostro spirito sente il
bisogno , significa sfuggire alla realtà o, per lo meno, alle emozioni che ne fanno parte.
 Ma anche la ludopatia e altre forme di dipendenza sono aspetti contrastanti con la vita e le
necessità biologiche per la vita di un individuo. Ciò accade perché spesso sono le persone stesse
ad avere difficoltà nel riuscire ad accettare il problema a se stesse.
Queste forme di piacere hanno come conseguenza il morire , il logoramento del proprio essere,
divenendo il sintomo di un assenza di equilibrio nella mente della persona . Il peggio è che con il
passare del tempo l’oggetto della dipendenza assume un ruolo centrale nella vita dell’individuo,
lasciando spazio per ben poco altro. Ogni comportamento ed emozione dunque ruotano attorno ad
esso. È così che questa forma di piacere si sostituisce a tutto diventando un’ossessione.

3. In che senso ci sono piaceri che costituiscono una “punizione” travestita di piacere?
Alcuni piaceri sono delle trappole simili a vortici , dove una volta averli provati almeno una volta, la mente li
richiederà ancora per l’intenso ma temporaneo appagamento provato in quel breve istante , fino a produrre
delle vere e proprie forme di castigo , cioè punizioni che ci attraggono verso la morte. Esso si insinua
sempre di più nella vita , fino a sostituirla del tutto con una esistenza e non una vita, poiché quest’ultima
assume un significato nettamente superiore a quello di “esistenza”, che indica semplicemente la facoltà di
esistere, cioè esserci , ma non di vivere, che significa provare emozioni , interagire ma soprattutto pensare.
È così che il piacere diventa alleato della morte, sostituendosi a tutti gli aspetti sia piacevoli sia sconfortanti
della vita, e una volta assunto il pieno controllo della persona lascia solo dolore , perché una volta raggiunto
il punto di non ritorno, l’uomo comprende l’errore commesso, segnando definitivamente la sua morte. La
vita comporta sofferenze cui però vale la pena vivere , affinchè rafforzino la nostra indole e si affianchino
alle vere bellezze della vita. Questa tendenza al piacere non conosce limiti perché connaturata
all’esistenza; al contrario, i mezzi attraverso i quali l’uomo cerca di soddisfarla, i «piaceri», sono limitati,
temporanei ed effimeri. Ne consegue la distanza incolmabile tra desiderio del piacere ed effettiva possibilità
di soddisfarlo, a patto di accettarne poi le conseguenze nocive per l’individuo. È così che i veri piaceri che
rendono la vita gratificante sono le sofferenze stesse della esistenza umana , così che la scelta dell’uomo
dovrebbe essere orientata verso esse e non verso i piaceri proposti dalla morte, che conducono non alla
felicità “eterna” , ma al baratro della disperazione , da cui difficilmente si può riprendere la vera vita, che
queste punizioni travestire di piacere ci hanno tolto. La punizione in questo senso corrisponde alla
conseguenza negativa provocata dal raggiungimento del piacere con il mezzo richiesto , che è la vera
causa del male per l’uomo.
4. Cosa significa che la temperanza è “amicizia intelligente con quello che ci dà godimento”?
Il sostantivo “temperanza” da sempre indica la settima virtù cardinale . Più nello specifico essa se esercitata
porta a predisporre nel migliore dei modi noi stessi per operare nel migliore dei modi. Tuttavia , nonostante
produca un miglioramento nell’uomo, essa è, tra tutte le virtù, la meno compresa, la più derisa e la più
negata, nella società attuale. Viviamo in un mondo che ha associato alla parola nuovi significati,
inserendovi l’avidità, l’egoismo e il consumo personale. In questo senso la temperanza procura bene
all’uomo , tanto che lo distanzia da alcuni comportamenti che sono dannosi e conducono l’essere umano
velocemente verso la infelicità, poiché essi si attivano per la ricerca del piacere e generano sofferenza. Il
rapporto deformato con il cibo, il consumo di sostanze, un uso smodato del proprio corpo e della propria
sessualità, l’incapacità di gestire impulsi ed emozioni, ostentare la propria superiorità, sviluppare un
attaccamento eccessivo con il danaro creano vite infelici, ricche solo di solitudine e sofferenza. In
quest’ottica la virtù della temperanza previene la formazione di comportamenti dannosi e sviluppa il dominio
di sé. La temperanza è una virtù essenzialmente pratica fatta di auto-osservazione e auto-correzione del
proprio comportamento . Tuttavia l’insofferenza verso i limiti e la tendenza a eccedere sono naturali in ogni
essere umano e rappresentano la conseguenza del fatto che, per tutta la vita, conserviamo le tracce dei
bambini che siamo stati. Tutti, nelle giuste circostanze, diventiamo capricciosi, sregolati e impulsivi. Una
delle sfide più impegnative per l’adulto è esprimere questo “lato infantile” in modo funzionale. In altre parole
la temperanza è la virtù morale che modera l'attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell'uso dei
beni creati. Essa assicura il dominio della volontà sugli istinti e mantiene i desideri entro i limiti dell'onestà.
La persona temperante orienta al bene i propri appetiti sensibili, conserva una sana discrezione, e non
segue il proprio istinto e la propria forza assecondando i desideri del proprio cuore . Per questi motivi è
ritenuta “amicizia intelligente con quello che ci dà godimento” , proprio perché gestisce l’impulsività umana.

5. Perché la “vergogna per il proprio piacere non serve a niente”? Quale può essere l’alternativa di fronte
alla sofferenza di chi sta male? Eventualmente indica esperienze/storie di vita significative a tale proposito.

Provare vergogna per il proprio piacere e quindi pentirsi di ciò che si è commesso , non ha nessuna utilità
nel mondo, perché non sarebbe sano , ma anzi porterebbe ad un incremento dell’infelicità tra gli individui,
in quanto , provando rimorso per il proprio piacere , nel pensiero di non condividerlo con altri o di non
avere di possibilità di soffrire insieme , si potrebbe creare una situazione dove ognuno soffre per l’assenza
di piacere dell’altro. Quindi la soluzione effettiva per risolvere questa situazione non deve essere presentata
dalla possibilità di condividere la sofferenza , trovando in questo comportamento un rimedio, bensì la
soluzione vera e propria sarebbe di garantire una forma di benessere anche per il prossimo, e quindi di
vivere comunemente in una condizione di piacere. Invece soffrire e provare rimorso per il proprio piacere
rappresenta la causa dell’infelicità sociale , perché in questo modo il problema della sofferenza dell’uno
viene aggirato ma non risolto, perché dissolverlo significherebbe garantire un aiuto reciproco ed
interessarsi del benessere dell’altro, e non adattare la propria situazione di piacere a quella di infelicità
dell’altro, perché ciò causerebbe la degenerazione della vita del singolo individuo . Dunque, inevitabilmente
l’alternativa di fronte alla sofferenza altrui è rappresentata dalla ricerca comune del benessere , dato
dall’aiuto reciproco . È così che l’uomo completa sé stesso: solo avendo interesse per il benessere dell’altro
è possibile ripristinare la vita di una persona che ha dimenticato chi è realmente, come conseguenza alla
assenza di temperanza e all’abbandono ai piaceri. Reagire di fronte alla umiliazione per il proprio piacere ,
accettando di diffondere la stessa condizione al prossimo è la scelta adeguata da compiere, essendone la
vera soluzione, mentre peggiorare la propria situazione per inserirla in un contesto simile a una persona
sofferente non è un rimedio , ma è solo un ostacolo .

Eventualmente indica esperienze/storie di vita significative a tale proposito

 A tal proposito l’articolo 12 della costituzione italiana , ha lo scopo di tutelare il benessere


dell’individuo,
 In contemporanea con la Dichiarazione universale del 1948, la Dichiarazione americana dei diritti e
doveri dell’uomo afferma invece che ogni persona ha diritto alla preservazione della salute mediante
adeguate misure sanitarie e sociali che lo Stato deve adottare, in ragione delle risorse pubbliche
disponibili, per garantire cibo, vestiario, alloggio e assistenza medica.
 Il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, all’art. 12, fornisce, invece, una
definizione più precisa e allo stesso modo l’art. 11 della Carta Sociale Europea, dalle quali
definizioni sembra non possano farsi derivare situazioni soggettive attive in capo ai singoli.

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