I suoi modelli sono i filosofi presocratici
Greci come Empedocle e Parmenide che
Piergiorgio Odifreddi considera il De
rerum natura (Sulla natura delle cose/ Sulla
natura) come il più grande canto elevato
dall’uomo per onorare la scienza e la ragione.
Lucrezio come Catullo è il poeta più
importante dell'età di Cesare.
Lucrezio si disinteressa della vita
politica e si dedica interamente alla filosofia, in
particolare aderisce all'Epicureismo che
illustra nella sua unica opera giunta fino a noi,
il poema in sei libri De rerum natura cioè la
natura.
Sappiamo poco della sua vita: nasce
attorno al 98 e muore giovane a 44 anni, tanto
che il suo poema riceve l'ultima revisione per
mano di Cicerone: un dato sorprendente vista
l’avversione di Cicerone per l'epicureismo.
Queste notizie ci vengono da San
Girolamo, IV-V sec. d.C. che aggiunge anche
come Lucrezio sia morto pazzo per aver
bevuto un filtro d'amore: notizia sospetta
perché naturalmente il cristiano Girolamo
voleva far passare per folle un poeta che
sosteneva una filosofia materialistica come
l’epicureismo.
Lucrezio dedica il poema a un
aristocratico di nome Memmio, con la
speranza di diffondere l'epicureismo nella
classe dirigente Romana; il compito non è facile
perché a Roma l'epicureismo è guardato con
sospetto in quanto nega l'intervento Divino nelle
vicende umane e predica il distacco della vita
politica.
Malgrado ciò, Lucrezio è mosso da un
grande entusiasmo e crede infatti che
l'epicureismo libererà gli uomini dalla paura
degli Dei e dalla paura della morte che li
spingono a condurre una vita frenetica,
ansiosa e priva di scopo.
Il De rerum natura è dunque un poema
didascalico che si propone di insegnare un
argomento, in questo caso filosofico, in forma
poetica.
avevano scritto trattati in versi sulla natura.
Nei libri del poema Lucrezio procede dal
piccolo al grande; il primo libro tratta degli
atomi, la cui separazione è alla base di ogni
nascita e morte; il secondo libro è dedicato al
clinamen, la deviazione del moto degli atomi
che permette la loro unione; il terzo libro parla
della morte, che non va temuta perché
coinvolge sia il corpo sia l'anima (entrambi
fatti di atomi e dunque implica ogni assenza di
sensibilità e dolore); il quarto libro parla della
conoscenza, che è sempre veritiera quando
deriva dai sensi; il quinto libro ha per oggetto i
corpi celesti e in particolare la terra; il sesto
libro parla dei fenomeni atmosferici che non
vanno assolutamente considerati segno della
volontà Divina.
Semplificando si può dire che il poema è
suddiviso in tre diadi: la prima dedicata alla
materia/fisica; la seconda dell'antropologia; la
terza sul cosmo.
Per far arrivare meglio il suo
messaggio filosofico, spesso ostico, Lucrezio
non esita a usare la forma poetica malgrado
Epicuro avesse condannato la poesia.
Alcune parti del poema sono
certamente aride e tecniche ma molte altre
rivedono la sua grandezza di poeta.
Nel proemio è invocata Venere,
personificazione della natura vivificatrice,
garante di bellezza per i versi del poeta,
donatrice di pace agli uomini. Numerosi sono poi
gli elogi di Epicuro, presentato come un eroe
che per primo ha usato indagare la natura e
sradicare la religio, cioè la superstizione della
mente degli uomini rivelando che gli dei non si
interessano delle vicende umane.
Il poema, nel corso del quale Lucrezio si
mostra ora fiducioso che gli uomini possano
riscattarsi grazie all'epicureismo, ora
pessimista sulla loro irrimediabile stoltezza, si
chiude con una scena apocalittica forse dovuta
all'assenza di una revisione finale: la peste ad
Atene.