Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Aaron Copland
Aaron Copland (New York, 14 novembre 1900 – 2 dicembre 1990) fu un compositore, insegnante di
composizione, scrittore e successivamente direttore delle sue composizioni e di altri compositori
americani. Nato da una famiglia ebrea di origini lituane si avvicinò alla musica già da adolescente,
ascoltando la musica di Chopin, Debussy e Verdi. Nel 1921 coronò il suo sogno di studiare in Francia
dove ebbe modo di studiare, tra gli altri, con la famosa organista e pedagoga Nadia Boulanger. Fu
grazie all’approccio alquanto eclettico della Boulanger che Copland sviluppò il suo gusto musicale
estremamente vario: imparò ad apprezzare compositori antichi come Monteverdi e Bach, ma anche
moderni come Ravel. Fu ad uno dei concerti negli Stati Uniti della sua insegnate che egli scrisse uno
dei suoi primi lavori, ed al suo ritorno negli Stati Uniti prese la via del compositore a tempo pieno.
Cominciò quindi una fase compositiva influenzata dal jazz.
Dagli anni ’30 iniziò a comporre in uno stile più accessibile, che rispecchiava lo stile tedesco della
Gebraushmusik, ciò in risposta alla Grande Depressione iniziata nel 1929.
Ad anni ’40 inoltrati venne a sapere che Stravinsky ed altri colleghi compositori avevano iniziato a
studiare l’uso della dodecafonia di Schoenberg, ma al contrario di quest’ultimo Copland usava le
serie di toni nello stesso modo in cui utilizzava il suo materiale tonale (ovvero come fonti di melodie
ed armonie, invece che come affermazioni sonore a pieno titolo), ad esclusione di alcuni punti
cruciali da un punto di vista strutturale.
Dopo che gli vennero esposti alcuni lavori del compositore francese Pierre Boulez incorporò le
tecniche seriali in alcune sue composizioni.
Dagli anni ’60 in poi la sua attività variò da quella di compositore a quella di direttore: fu direttore
ospite in molte orchestre americane ed inglesi ed ebbe modo di registrare molte delle sue opere,
principalmente per la Columbia records.
Fu amico e spesso mentore di grandi figure della musica, tra i quali Leonard Bernstein e Lukas Foss,
fu sempre grande sostenitore dei giovani compositori e dei loro lavori, anche come insegnante al
Berkshire Music Festival di Tanglewood.
Nella sua lunga carriera fu insignito di oltre trenta lauree onorarie e di innumerevoli premi.
Morì nel 1990, a novant’anni, per le complicazioni della malattia di Alzheimer.
La critica, nonché i suoi colleghi, si riferivano a lui come al “Decano dei Compositori Americani”. Le
armonie aperte e lente nella maggior parte delle sue opere sono ciò che molti considerano essere il
suono della musica americana, in grado di evocare i vasti panorami americani e lo spirito pioneristico
tipico della cultura americana.
Concerto per clarinetto e orchestra d’archi e arpa
Copland compose il concerto per clarinetto, commissionatogli da Benny Goodman, tra il 1947 ed il
1949, mentre si trovava a Rio de Janeiro. Goodman lasciò carta bianca a Copland e chiese solamente
un’esclusiva di due anni per l’esecuzione del concerto. In questo concerto appare evidente
l’interesse del compositore per il jazz americano e latino, ma è anche evidente il suo gusto
tipicamente americano e la sua esperienza nella musica da film. Nel concerto viene perfettamente
messo in risalto l’eclettismo di Goodman, che era sì un clarinettista jazz da Big Band, ma era anche
un grande appassionato di musica classica (come dimostra la sua incisione del concerto di Mozart
K. 622 negli anni ’30).
Il concerto divenne ben presto uno “standard” del repertorio clarinettistico.
La strumentazione è composta è composta dal clarinetto, un’orchestra d’archi ed un’arpa. Come lo
stesso Copland afferma, non avendo delle percussioni a disposizione, per ottenere dei suoni e degli
effetti tipicamente jazz dovette fare utilizzo di tecniche quali lo “slap” ai bassi e talvolta all’arpa.
Il brano ha una forma piuttosto inusuale: è composto di due movimenti (invece dei classici tre),
collegati l’uno all’altro da una lunga cadenza del clarinetto.
Il primo movimento (Slowly and expressively, Lento ed espressivo) è in forma A-B-A, è lento e molto
espressivo, contraddistinto da un “lirismo agrodolce” (cit.) e mette in risalto la capacità del
clarinetto di mescolarsi con gli archi e di suonare liricamente.
Il virtuosismo che il pubblico si aspetta da un brano chiamato “Concerto” non appare fino alla
cadenza che collega i due movimenti. La Cadenza (freely), ovvero “liberamente”, non solo dà al
solista l’opportunità di mostrare il suo virtuosismo, ma introduce anche molti temi melodici
derivanti dal jazz latino americano che dominano il secondo movimento. I fan di Leonard Bernstein
possono sentire alcuni accenni al suo stile, mentre il solista abbandona la malinconia del primo
movimento muovendosi verso un secondo movimento decisamente più “jazzy”.
Il secondo movimento, Rather fast (Piuttosto veloce), ha una forma generale di un rondò libero, con
diverse elaborazioni e progressioni parallele che risolvono in una piuttosto elaborata coda in Do
maggiore che si conclude con un glissando del clarinetto. Lo stesso Copland notò che il suo giocoso
finale è da nato da “una fusione inconscia di elementi relazionati alla musica popolare del Nord e
Sud America”.
Analisi
Struttura generale:
Slowly and
3
I (mm 1-115) expressively, A B A’ DO
4
♩=ca. 69
2
Rather fast,
II (mm 118-507) 4 Rondò libero REb - DO
♩=120-126
Struttura dei temi:
Movimento I
a’ 35-50 DO 3/4
Somewhat faster
b 51-60 Mib 3/4 - 4/4 – 5/4
Broader
b’ 73-76 sol 4/4 – 5/4
(transizione)
a 105-115 DO 3/4
Movimento II
C 187-222 RE – re – DO 3/4 (← 𝅘𝅥𝅘𝅥 = 𝅗𝅥𝅗𝅥 →) 𝄵𝄵
A’ 244-251 RE♭ 𝄵𝄵
C 251-269 RE♭ 𝄵𝄵
La maggior parte del tempo quando il solista e l’orchestra suonano simultaneamente verrebbe da
dire che nessuno dei due abbia un ruolo subordinato all’altro. In realtà entrambe le parti si
scambiano il materiale motivico in sequenza o in opposizione contrappuntistica, spesso
incorporando un ostinato di accompagnamento dato all’orchestra. Ciò, assieme con la sottile trama
dell’orchestra da camera e un un concetto generale lineare, che si oppone alle lunghe sezioni
alternate di solo-tutti, evoca più il Barocco Concerto Grosso piuttosto che i concerti solistici del 18°
e 19° secolo.
Caratteristiche melodico-ritmiche:
Una delle caratteristiche salienti della scrittura di Copland è l’uso di piccoli elementi formali che
vengono riproposti e sviluppati costantemente attraverso il cambio di accenti, di registro, e
dall’aggiunta di nuovi suoni ai motivi, cosa che può portare ad una maggiore complessità armonica
al progredire della melodia.
Marchio della scrittura melodica di Copland sono le quarte e quinte ascendenti, talvolta espanse
alle undicesime e dodicesime, e le terze (o decime) discendenti.
La scrittura di Copland risulta molto frammentaria, talvolta qualcuno potrebbe addirittura affermare
che lo sia fin troppo.
Caratteristiche armoniche:
Tema 1:
Tema 2:
Dopo l’affermazione del primo tema accompagnato da un ostinato in do maggiore, il secondo tema
viene proposto a misura 25. C’è un sentimento politonale tra si bemolle maggiore e do maggiore in
questo punto, ma l’ostinato di accompagnamento mantiene la priorità su do maggiore. Il primo
tema torna a misura 35, a cui segue una sezione leggermente più veloce in mi bemolle maggiore a
51, che si muove velocemente attraverso re minore, fa maggiore, re maggiore, sol minore, per
tornare poi al tempo originale, “Lento ed espressivo”, a misura 76.
Questa sezione, come l’inizio, è in do maggiore, ma è più corta e non c’è ripetizione letterale del
materiale. C’è un cambio di tonalità verso mi bemolle maggiore, e a misura 105 una sezione di
transizione in do maggiore basata sul primo tema, che ci porta verso la cadenza.
La cadenza consiste in generale di arpeggi e scale, alcune delle quali si sentiranno anche nel secondo
movimento. Solitamente la fine del motivo è enfatizzata da una sincope. Qui sotto alcuni dei motivi
principali della cadenza messi a confronto con i corrispettivi motivi del secondo movimento che
anticipano.
Cadenza
Tema B, Movimento II
Cadenza
Tema C, Movimento II
Cadenza
Tema E, Movimento II
Il secondo movimento è introdotto da 29 battute di tutti, dopodiché il clarinetto entra con il Tema
A. Re bemolle maggiore è la tonalità principale in questa sezione.
Andiamo ora ad analizzare velocemente alcuni punti del secondo movimento, in particolare i tre già
citati che erano stati preannunciati i nella cadenza.
Il tema B (vedi sopra) appare brevemente in una sezione di transizione, caratterizzata da un cambio
di metro (3/4) e da un poliritmo (2 su 3, utilizzando la figura della semiminima puntata). La tonalità
qui è Mi maggiore.
Il tema C viene presentato immediatamente dopo il tema B e ci riporta al tempo tagliato ed alla
tonalità di re maggiore. La ritmica è sincopata ed i suoni si aggiungono al progredire del motivo.
Come si può ben notare il clarinetto inizia il tema da solo, con una risposta data dai primi violini e
dal pianoforte, poi saranno le viole a rispondere alla seconda affermazione del clarinetto, dopodiché
di nuovo i violini primi, ai quali si aggiungeranno nell’ordine viole e violini secondi. Sul battere di 195
si aggiungeranno anche i violoncelli ed il pianoforte e tornerà il già citato tema A con cui si era aperto
il movimento.
Un tema interessante da vedere che non è ancora stato citato è il tema D, caratterizzato da numerosi
accenti spostati, sincopi e dissonanze, rinforzate da degli sforzando. Anche il metro cambia, ma non
il metronomo, infatti si torna ad un ¾ (eravamo in tempo tagliato) dove la minima del tempo tagliato
equivale alla croma del ¾.
(partitura)
A misura 308 il tema E viene sviluppato e presenta una ritmica tipica della Rumba:
Gli elementi da analizzare sarebbero ancora molti ma ai fini di questa tesina verranno tralasciati,
poiché sono già stati analizzati sufficienti punti salienti di questo brano estremamente vario ed
eclettico, che risulta talvolta anche di difficile comprensione (oltre che di difficile esecuzione per il
solista). Negli anni sono stati numerosi i clarinettisti che si sono cimentati nel Concerto di Copland
e altrettante sono state le diverse interpretazioni date a suddetto Concerto, da chi lo pensa più in
chiave jazz a chi lo pensa in maniera più “classicheggiante”, da chi preferisce un suono più pulito e
nitido, a chi preferisce un suono più sporco, a chi preferisce uno staccato più aggressivo piuttosto
che dolce.
A mio modo di vedere il concerto di Copland rappresenta una delle più belle opere scritte per
clarinetto e orchestra, poiché riesce a mettere in risalto tutte le capacità di un clarinettista, dal
controllo del suono, al controllo dei colori, all’espressione, alla mera tecnica, al controllo delle note
acute e del suono nel registro più grave, ed è in grado di evocare una quantità di emozioni e
sensazioni diverse che pochi altri brani riescono a fare.