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Conservatorio G. P.

da Palestrina di Cagliari

Teoria e Pratica dell’Armonia


appunti di Carlo Franceschi De Marchi

Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell'Armonia


1. Intervalli

I. Definizioni generali

Intervallo = Distanza tra due note

Esempio 1.1
Intervallo melodico = Distanza tra due note in successione,
può essere ascendente e discendente

Esempio 1.2
Intervallo armonico = Distanza tra due note sovrapposte

II. Tono e semitono


Tono e semitono definiscono gli intervalli tra note adiacenti (gradi congiunti).
E’ una misurazione di intervallo usata normalmente per descrivere la forma di una scala

Semitono (St) = distanza più piccola tra due suoni diversi.


Può essere :
St diatonico - tra due note di nome diverso, es. mi-fa si - do
St cromatico- tra due note di nome uguale, es re-re # sib - si

Tono ( T ) = St cromatico + St diatonico es. fa-sol la - si


è l’intervallo più comune tra gradi congiunti

Si usa anche: Tono e mezzo = 1 tono 1 semitono cromatico, es. do-re# . Si usa spesso tra VI
e VII (sensibile) grado della scala minore armonica

III. Catalogazione generale degli intervalli


Per catalogare ogni tipo di intervallo sia tra gradi congiunti che tra gradi disgiunti si
utilizzano 2 attributi combinati:
- Ampiezza
- Specie

Es: Terza (ampiezza) - Maggiore (specie)


Quinta (ampiezza) - Diminuita (specie)

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1.Intervalli

IV. Ampiezza
• L’ampiezza dipende dal numero di note con nome diverso contenute nell’intervallo, compresi
gli estremi. Es. do – la contiene 6 nomi di note: do, re, mi, fa, sol, la , è quindi un intervallo di
sesta.
A volte si usa solo l’ampiezza, senza la specie; si
Esempio 1.3
tratta di un attributo generico che tuttavia non
definisce nel dettaglio il valore di un intervallo.
In questo caso non contano le alterazioni delle
note.
Gli intervalli qui a fianco sono tutti di quinta.

• Gli intervalli contenuti Esempio 1.4


all’interno di un’ottava si
dicono intervalli semplici.

• Con intervalli superiori all’ottava, ovvero gli intervalli composti, si calcola normalmente solo
l’intervallo semplice, sottraendo le Esempio 1.5
ottave aggiuntive. Tuttavia gli intervalli
composti che vanno dalla nona alla
tredicesima a volte vengono conteggiati
per intero.

• Ogni intervallo armonico semplice (entro l’ottava) ha un suo corrispondente rivolto,


formato dallo stesso intervallo a note rovesciate. Es. do-fa ha come rivolto fa-do.

N.B. la scrittura per esteso di un intervallo armonico (es. do-fa) suppone che la prima nota
(do) sia quella inferiore

L’ampiezza di un intervallo sommata a quello del suo rivolto dà sempre 9, quindi:


ogni 2a ha per rivolto una 7a e viceversa
ogni 3a ha per rivolto una 6a e viceversa
ogni 4a ha per rivolto una 5a e viceversa

N.B. Data l’identità dei 2 suoni il rapporto tra unisono è ottava, è considerato rivolto solo
nella teoria ma non nella pratica

Nello studio dell’armonia gli intervalli vengono spesso accomunati a coppie di rivolti poiché tra
e e
di loro hanno caratteristiche comuni : 2 – 7 3e – 6e 4e – 5e

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1.Intervalli

V. Specie -
La specie è un attributo che definisce accuratamente l’ ampiezza dell’intervallo.
Con la specie gli intervalli possono diventare:
consonanze melodiche perfette: intervalli giusti con 4e e 5e (8e)
consonanze melodiche imperfette: intervalli minori o maggiori con 3e,6e,2e,7e
dissonanze : intervalli eccedenti,diminuiti con tutti gli intervalli

• Un intervallo giusto o maggiore che si allarga di un St cromatico, mantiene la stessa


ampiezza e diventa un intervallo eccedente (o aumentato)
Es. do-re (2amagg) do-re# (2a ecc) oppure re-la (5a giusta) reb -la (5a ecc)
• Un intervallo giusto o minore che si restringe di un St cromatico mantiene la stessa
ampiezza e diventa un intervallo diminuito
Es. si-la (7amin) si-lab (7adim) oppure do-sol (5a giusta) do#-sol (5a dim)

N.B. Se un intervallo maggiore diminuisce di un St cromatico diventa minore


Se un intervallo minore aumenta di un St cromatico diventa maggiore
Se un intervallo consonante cambia di un St diatonico cambia ampiezza.
Es. re-la (5a giusta) re-sib (6a min)

1) Prospetto intervalli ampiezza e specie

Esempio 1.6

Si noti che: 4e e 5e hanno tre possibilità di specie, 2e,3e,6e e 7e ne hanno invece quattro.

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1.Intervalli

VI. Calcolo della specie di un intervallo


Per stabilire la specie conviene avere buona confidenza nel riconoscere gli intervalli
consonanti, per poi ricavare gli intervalli dissonanti con le opportune alterazioni cromatiche.

Intervalli consonanti:
Un buon pro-memoria per definire la misura esatta degli intervalli è dato dalla tonica di una
scala maggiore combinata con gli altri gradi della sua scala. Una scala che sale dalla tonica
forma infatti solo intervalli
Esempio 1.7 maggiori e giusti, mentre una scala
che scende dalla tonica forma solo
intervalli minori e giusti.

VII. Rivolti:
Passando da un intervallo ad un rivolto la specie si inverte, tranne che per gli intervalli giusti,
quindi:
Il rivolto di intervallo MAGGIORE è MINORE
Il rivolto di intervallo MINORE è MAGGIORE
Il rivolto di intervallo GIUSTO è (resta) GIUSTO
Il rivolto di intervallo ECCEDENTE è DIMINUITO
Il rivolto di intervallo DIMINUITO è ECCEDENTE

VIII. Intervalli omologhi - enarmonia


Gli intervalli omologhi sono intervalli formati dagli stessi suoni ma con nomi diversi.
Essi cioè si equivalgono enarmonicamente ma sono definiti da ampiezze diverse.
Es do-re# (2a ecc) equivale a do-mib (3a min).

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1.Intervalli

IX. Ampiezza e specie:


N.B. Gli intervalli sommati valgono in qualsiasi ordine. Es. 2 T + 1 St equivale a : T T St - T St T - St T T
1) Seconda:

Seconda minore = Semitono (St) diatonico


Seconda maggiore = Tono (T)
Seconda eccedente= T + St cromatico tra VI e VII (sensibile) della scala min. armonica
Seconda diminuita, è poco usata, equivale all’unisono es. si-dob
2) Terza:

Terza minore = T + St diatonico


Terza maggiore = 2T
Terza diminuita = 2 St diatonici
Terza eccedente, è poco usata
3) Quarta:

Quarta giusta = 2 T + 1 St diatonico


Quarta eccedente = 3 T(Tritono) tra VII (sensibile) e IV della scala mag. o min. arm.
tra II e VI della scala minore arm. o nat.
Quarta diminuita = 1 T + 2 St diatonico tra VII (sens.) e III della scala min. armonica
4) Quinta:

Quinta giusta = 3 T + 1 St diatonico oppure 3a maggiore + 3a minore


Quinta diminuita = 2 T + 2 St diatonici oppure 3a minore + 3a minore
tra VII (sensibile) e IV della scala mag. o min. armonica
tra II e VI della scala min. armonica o naturale
Quinta eccedente = 4 T oppure 3a maggiore + 3a maggiore
tra IV e VII (sensibile) della scala min. armonica
5) Sesta:

Sesta minore = 5a giusta + St diatonico oppure 4e giusta + 3a minore


Sesta maggiore = 5a giusta + T oppure 4e giusta + 3a maggiore
Sesta eccedente = 5a giusta + 2a ecc tra VI e IV# della scala minore arm o nat
(usata negli accordi detti appunto di 6a ecc)
Sesta diminuita, è poco usata
6) Settima:

Settima minore = 5a giusta + 3a minore


Settima maggiore = 5a giusta + 3a maggiore
Settima diminuita = 5a diminuita + 3a minore
Settima aumentata, poco usata, equivale all’ottava
7) Ottava-unisono

Non si definiscono con la specie, lasciando sottinteso che siano intervalli giusti.
Con note differenti si usa il termine: semitono cromatico Es. Do-do#

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1.Intervalli

X. Consigli pratici per lo studio degli intervalli


1) Per acquisire prontezza nella definizione degli intervalli non ci sono regole univoche,
occorre pratica, esercizio, e buona conoscenza di scale e tonalità.
2) Alcuni intervalli dissonanti sono solo teorici o molto rari, come: gli intervalli
piucheeccedenti e piuchediminuiti che non abbiamo considerato, oppure la sesta
diminuita, la settima aumentata ecc.
3) Conviene esercitarsi a riconoscere gli intervalli dissonanti più usati che sono:
2a eccedente, 7a diminuita, 4a eccedente, 5a diminuita, 6a eccedente 3a diminuita, 5a
eccedente 4a diminuita.
4) Gli intervalli 4a e 5a consonanti sono solo giusti (consonanze perfette).
La 4a o 5a giusta di un tasto bianco è sempre un tasto bianco del pianoforte.
La 4a o 5a giusta di un diesis è sempre un diesis.
La 4a o 5a giusta di un bemolle è sempre un bemolle.
Unica eccezione: le note SI-FA, che, se naturali, formano una 4a eccedente o una 5a
diminuita; per formare una 4a o 5a giusta si devono quindi accoppiare un tasto bianco con
un tasto nero.
Es. sol-re = 5a giusta, do#-sol# 5a giusta, si-fa# 5a giusta, sib-fa 5a giusta ecc.
5) In ogni scala maggiore vi è una sola 4a eccedente e una sola 5a diminuita (rivolto), tra IV
e VII grado.
6) 4a eccedente o 5a diminuita sono gli unici intervalli dissonanti di una scala maggiore.
7) 4a eccedente e 5a diminuita è l’unica coppia di intervalli rivoltati che sono uguali tra di
loro (6 semitoni). Dividono simmetricamente l’ottava in 2 parti uguali.
8) 4a eccedente e 5a diminuita sono gli unici intervalli dissonanti che non hanno intervalli
omologhi consonanti.
9) La 4a eccedente si chiama anche tritono, ovvero tre toni. Data l’equivalenza tra i due
rivolti, il termine tritono a volte si usa anche con la 5a diminuita.
10) Gli intervalli di 7a vanno pensati come rivolti di una 2e:
una 7a minore corrisponde ad un tono rivoltato (2amag)
una 7a maggiore corrisponde ad un semitono diatonico rivoltato (2a min).
11) Gli intervalli di 6a vanno pensati come rivolti di una 3e, oppure come:
5a + 1St diatonico (6a minore)
5a + 1T (6a maggiore).
12) In alcuni casi, più raramente, le 6e possono anche essere pensati come:
4a giusta + 3a minore (6a minore)
4a giusta + 3a maggiore (6a maggiore).

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2. Suoni e scale
I. Suoni armonici
Un corpo elastico o una colonna d’aria opportunamente sollecitati producono delle vibrazioni
regolari che si comunicano ai corpi solidi contigui e si propagano nell’aria circostante.
Una vibrazione a frequenza costante dell’aria costituisce un suono, o, in termini strettamente
musicali, una nota. Tali vibrazioni, che si comunicano a noi sollecitando la membrana dei nostri
timpani, sono regolari poiché mantengono un numero costante di vibrazioni nel tempo
(frequenza). La frequenza si misura in Hertz: numero di vibrazioni al secondo. Il la del
moderno diapason ha normalmente la frequenza di 440 Hz.
Ogni suono è dunque
misurabile dal punto di Esempio 2.1
vista fisico con la sua
frequenza.
Attenzione però: un
suono prodotto da uno
strumento acustico,
produce una frequenza
principale, ma anche una
lunga serie di suoni di frequenza maggiore: i suoni armonici, legati da un preciso rapporto
matematico con il suono principale, detto suono generatore.
La formazione dei suoni armonici Esempio 2.2
dipende dal particolare movimento di
una corda ( o di una colonna d’aria ecc.)
che, oltre al movimento iniziale a forma
di fuso (suono generatore), tende a
suddividersi in due fusi uguali (armonico
2), poi tre (armonico 3) e così via. La
corda si suddivide in frazioni intere
sempre più piccole. Il diapason invece,
essendo un’asta rigida sorretta nella
parte centrale, cioè non fissata agli
estremi come una corda, non è soggetto
a alla proliferazione delle frequenze, e
quindi non ha suoni armonici, generando
quindi un suono pressoché puro. Suoni
puri si ottengono anche per sintesi
elettronica, evitando cioè le implicazioni
meccaniche di un corpo in vibrazione.

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2. Suoni e scale

Osservazioni sui suoni armonici

1) I suoni armonici costituiscono la ricchezza di un suono acustico, ne determinano il colore


timbrico in base al loro complesso e differente dosaggio.
2) Un suono privo di armonici è freddo e senza spessore.
3) I suoni di una serie armonica si calcolano moltiplicando la frequenza del suono
generatore per il numero intero proprio di ogni armonico.
Es. dato un la 220 Hz come suono generatore, il 3o suono della serie avrà una frequenza
di 220 x 3 = 660 Hz.
4) Moltiplicando x 2 o multipli di 2 una frequenza si ottengono progressivamente le ottave
superiori. Il rapporto di ottava tra due suoni è quindi in progressione geometrica.
5) Moltiplicando x 3 un suono si ottiene la sua quinta. Precisamente si ottiene la 12a (ovvero
5a + 8a), moltiplicando x 3/2 si ottiene dunque la semplice 5a.
6) I suoni di una sequenza di armonici non corrispondono esattamente ai suoni di una scala
temperata (pianoforte), fatta eccezione per le ottave (armonici 2, 4, 8 ecc.) . Nell’ Es 2.1
sulle note della sequenza armonica di do sono indicate le differenze in cents rispetto alla
scala temperata, ad eccezione delle ottave.
7) Il primo e più sostanzioso armonico diverso dal suono generatore è la 5a : armonici 3 – 6
– 12 ecc.
8) In una serie armonica i primi tre suoni tra loro differenti corrispondono alla triade
maggiore del suono generatore, armonici 1 –3 – 5.
9) Più un suono diventa acuto minore è la percezione dei suoi armonici, sia per motivi
meccanici del corpo vibrante, sia perché gli armonici si sviluppano verso l’alto e quindi
diventano progressivamente meno udibili. Maggiore è dunque la percezione dei suoni
bassi che risultano essere così più densi e pastosi.
10) L’evoluzione del linguaggio musicale non nasce meccanicamente dai fenomeni fisici del
suono, ma ne è stato certamente molto influenzato.
11) Considerando l’infinita gamma di frequenze che vi sono nello spettro dei suoni udibile,
non può essere casuale che da millenni l’uomo utilizzi sostanzialmente le stesse
combinazioni di suoni derivati empiricamente dai rapporti armonici.

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2. Suoni e scale

II. Ottava
Suddivisione primaria e universalmente accettata dello spettro dei suoni. Essa individua una
serie di suoni che, nonostante la diversa altezza, vengono percepiti come equivalenti, tanto da
avere lo stesso nome. Tale suddivisione,
Esempio 2.3 insita nella sequenza di armonici viene
ottenuta empiricamente dividendo x
multipli di 2 la lunghezza di una corda
vibrante (Pitagora). In acustica le
relazioni di ottava si ottengono
moltiplicando o dividendo per multipli di 2
una data frequenza (Hertz).

III. Suddivisione dell’ottava


Già dall’antichità si sono individuati altri suoni all’interno dell’ottava, derivati più o meno
consapevolmente dai suoni armonici. Partendo ad
Esempio 2.4
esempio dal Fa, una sequenza di 5e (armonico 3) porta
ad individuare 7 diversi suoni chiamati: Ut (do) Re Mi
Fa Sol La Si . Il termine ottava deriva dunque dalla
presenza di 7 suoni + 1 (che corrisponde al suono
iniziale ripetuto).
Per 5e Fa–Do-Sol-Re-La-Mi-Si

IV. Toni e semitoni

Esempio 2.5
Le note contenute nell’ottava non
sono distribuite regolarmente,
alternandosi con due tipi diversi di
intervalli: 2 Semitoni e 5 Toni. I
Toni, essendo formati da due
semitoni, consentono di ricavare, in
Esempio 2.6 mezzo ad ognuno di essi, un suono
intermedio, a distanza di semitono,
che non fa parte della scala
diatonica (tasti neri nella scala di do
maggiore).

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2. Suoni e scale

V. Sistema temperato
Le suddivisioni dell’ottava ricavate dai suoni armonici (ad esempio con una progressione di 5e
naturali), non è perfettamente regolare. Avviene cioè che i 5 toni e i 2 semitoni così ricavati
siano tra loro leggermente differenti, impedendo così di poter creare scale simmetricamente
identiche a partire da suoni diversi. Con il sistema temperato l’ottava viene invece suddivisa
in 12 suoni tutti a distanza di semitoni perfettamente identici. E’ un compromesso che non
rispetta pienamente le sonorità naturali (vedi Es. 2.1 differenze in cents tra suoni naturali e
suoni della scala temperata) ma consente al sistema una flessibilità molto maggiore, potendo
utilizzare ognuno dei 12 suoni come punto di riferimento iniziale. Tali punti di riferimento, le
tonalità, possono inoltre comunicare tra di loro.

VI. Scala
Successione ordinata di suoni. E’ un gruppo definito di suoni (generalmente 7, ma non solo)
contenuto in un’ottava. Normalmente costituisce l’alfabeto di note prevalentemente utilizzato
in un dato contesto musicale.

VII. Modo
Ordine con cui si succedono i suoni della scala a partire da un suono predefinito.
Tale ordine definisce il colore ed il carattere di una scala, ed è definito dalla sequenza di toni
e semitoni (T e St) che separano i suoni in successione (gradi congiunti). La musica tonale usa
due modi: maggiore e minore.

VIII. Tonica
Nota che dà nome alla scala. Da essa si parte per stabilire l’ordine del modo.

IX. Scale asimmetriche


La successione di toni e semitoni è solitamente asimmetrica, una discontinuità che permette
di differenziare i diversi gradi della scala.
Nella scala maggiore la disposizione asimmetrica dei semitoni: T T St T T T St, permette così
di individuare la posizione della Esempio 2.7
tonica e quindi degli altri gradi.
Sulla tastiera del pianoforte il
do viene ad esempio identificato
come la nota che precede la
coppia di tasti neri.

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2. Suoni e scale

X. Scale simmetriche

Sono scale la cui disposizione regolare degli intervalli non consente di individuare un unico
suono distinto dagli altri come punto di riferimento (tonica). Le scale simmetriche più note
sono:

Esempio 2.8
• Scala Esatonale (a toni interi) T T T T T T
senza St le note sono tutte equidistanti, ciò non
Scala Esatonale 1 permette di distinguere i diversi gradi della
scala. Ogni scala esatonale può dunque avere
Esempio 2.9 come fondamentale ognuno dei suoi 6 suoni,
avendo così gli stessi suoni enarmonici di 6 scale
esatonali. Queste come valori assoluti sono
Scala Esatonale 2 dunque 2 , vedi Es. 2.8 e 2.9 .
Gli Es. 2.8 e 2.10 mostrano invece lo stesso
Esempio 2.10
gruppo di suoni considerato da due diversi punti
di vista.
La mancanza di una tonica ben definita dà a
Scala Esagonale 1 con alterazioni diverse e
questa scala un carattere indefinito,
diversa nota di partenza
destinandola per lo più ad un effetto coloristico,
la cui prima consistente applicazione si è avuta
nell’impressionismo francese.

Esempio 2.11
• Scala Cromatica
St St St St St St St St St St St St
Strutturalmente analoga alla scala
esatonale (suddivisione in intervalli tutti
Scala Cromatica uguali), non ne condivide tuttavia lo stesso
carattere coloristico, essendo utilizzata
prevalentemente come riempitivo di
intervalli melodici (musica tonale).

Esempio 2.12 Scala diminuita (ottofonica)


T St T St T St T St
Scala che si adatta al profilo dell’accordo
di 7a diminuita, viene comunemente
Scala Ottofonica utilizzata nella musica jazz.

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2. Suoni e scale

XI. I modi con i suoni della scala maggiore


La moderna scala maggiore T T St T T T St ha una matrice intervallare che esiste fin
dall’antichità. Tale matrice dava però origine a modi differenti, che si ricavano cambiando la
nota di riferimento (tonica o finalis).

Esempio 2.13
Partendo dal:
I della scala maggiore:
T T St T T T St
modo ionio o maggiore

II della scala maggiore:


T St T T T St T
modo dorico o protus

III della scala maggiore:


St T T T St T T
modo frigio o deuterus

IV della scala maggiore:


T T T St T T St
modo lidio o tritus

V della scala maggiore:


T T St T T St T
modo misolidio o tetrardus

VI della scala maggiore si ha


T St T T St T T
modo eolio

VII della scala maggiore si ha


St T T St T T T
modo locrio

Scale modali sui tasti bianchi, matrice di Do maggiore

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2. Suoni e scale

XII. Maggiore e minore

Dopo i Rinascimento, con il sistema tonale e la graduale introduzione dell’accordatura


temperata, le tonalità disponibili diventano 12, ma i modi si riducono a 2 : maggiore e minore
(vedi cap . 3 Tonalità).
Ogni scala maggiore ha una relativa scala minore che parte dal suo VI grado.
Ogni scala minore ha una sua relativa scala maggiore che parte dal suo III grado.
Scale minori. La teoria tradizionale stabilisce per il modo minore tonale l’uso di 3 scale:

• Scala minore naturale


Esempio 2.14
T St T T St T T
Stesse note della relativa
scala maggiore. Non c’è
sensibile.

• Scala minore armonica


T St T T St T T e ½
Alza il VII grado
cromaticamente per
formare la sensibile (vedi
cap. 9 III/VIII).

• Scala minore melodica


T St T T T T St
E’ la scala armonica che
alza anche il VI grado per
rendere più cantabile
(melodico) il passaggio VI-
VII di 2a eccedente. E’ una
scala che viene usata
abbastanza raramente.

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2. Suoni e scale

• Le alterazioni delle scala armonica e melodica si usano di norma solo quando il VII grado si
porta verso la tonica (direzione ascendente). J.S. Bach usava
Esempio 2.15
tuttavia rapidi movimenti melodici con VI e VII alzati anche
in direzione discendente. In questi casi la scala viene dunque
chiamata “bachiana”.
Scala bachiana

• Nella pratica della musica tonale le tre Esempio 2.16


scale minori non si usano quasi mai in
maniera separata. Si può dunque concludere
che il modo minore tonale preveda un’ unica
scala di 9 suoni con una duplice possibilità per il VI ed il VII grado.

• I gradi della scala


I i diversi gradi della scala si indicano con i numeri romani. Essi hanno anche una
corrispondente dicitura che utilizzata in particolare per le funzioni armoniche (vedi cap. 11):

I Tonica
II Sopratonica
III Mediante o Modale
IV Sottodominante
V Dominante
VI Sopradominante
VII Sottotonica (scala minore naturale)
VII Sensibile (scala maggiore, scala minore armonica e melodica)

• Gradi tonali – gradi modali

-Si dicono tonali i gradi: I – II – IV –V


sono note di una scala che non cambiano passando da maggiore a minore.
Es. do-re-fa-sol sono presenti nella scala di do maggiore come nella scala di do minore.

-Si dicono modali i gradi: III – VI


cambiano con il cambiare del modo, stabiliscono infatti il carattere modale di una scala.

In questa suddivisione manca il VII grado poiché è un grado mutabile del modo minore.
Il VII/sensibile è sostanzialmente tonale (si usa in maggiore ed in maggiore),
il VII/sottotonica è invece proprio del minore , ma non ha la forte caratterizzazione modale
del III e del VI.

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3. Tonalità

I. Le toniche diventano dodici


Il graduale affermarsi in epoca barocca del sistema temperato, per cui l’ottava si suddivide
in 12 intervalli perfettamente identici, consente di riprodurre una data scala su ognuno dei
12 suoni che viene a formare l’ottava stessa.
Se in epoca rinascimentale il numero di tonalità utilizzate era piuttosto ridotto, limitandosi a
tonalità basate su alcuni dei suoni naturali, nasce ora il sistema tonale con 12 piani tonali che
possono comunicare tra loro senza problemi di intonazione.

II. I modi si riducono a due


A questo ampliamento dei piani tonali, corrisponde però una riduzione dei modi.
I modi antichi si riassumono infatti nei soli due modi: maggiore e minore.
Essi sono in relazione tra di loro: ogni tonalità maggiore corrisponde una tonalità, detta
relativa minore, la cui fondamentale si trova sul VI grado della stessa scala maggiore. Le due
scale utilizzano gli stessi suoni (fatta eccezione per le alterazioni momentanee di VI e VII
grado delle scale armoniche e melodiche).

III. Alterazioni in chiave


Il sistema delle alterazioni permanenti poste in chiave determina un corredo di 7 suoni
proprio di ogni tonalità maggiore o della sua relativa tonalità minore, e ne consente
l’immediata identificazione.

IV. Circolo delle quinte


Il circolo delle quinte è il prospetto che mostra la relazione tra tutte le tonalità del sistema
tonale.
Esso ha un ordine logico rigoroso:
Partendo dalla tonalità di do maggiore (senza alterazioni in chiave) le tonalità maggiori e
analogamente le tonalità minori si susseguono a distanza di 5a giusta. Ad ogni 5a ascendente vi
è uno spostamento in senso orario nel prospetto, ad ogni 5a discendente vi è uno spostamento
in senso antiorario nel prospetto.
Osservazioni specifiche:

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3. Tonalità

1) Partendo da do le 5e Esempio 3.1


ascendenti portano verso i
diesis, le 5e discendenti
portano verso i bemolle. Ad
ogni quinta di differenza si
aggiunge una alterazione in
chiave (# o b)
2) Più in generale, ad ogni 5a
ascendente corrisponde una
nuova alterazione
ascendente (un # in più o un
b in meno), mentre ad ogni 5a
discendente corrisponde
una nuova alterazione
discendente (un b in più o un
# in meno)
3) Il sistema è circolare,
infatti gli estremi si toccano
con le tonalità omologhe
(solb – fa #). Teoricamente
le tonalità omologhe
potrebbero espandersi per tutto il circolo con alterazioni multiple che sono però assai
scomode (in qualche raro caso si usa dob o do# maggiore).
4) Ogni tonalità maggiore si può sostituire con la relativa minore e viceversa. la distanza tra
tonalità di modo diverso non equivale agli spostamenti di 5a del prospetto. Conviene quindi
riferirsi sempre alla posizione sul circolo delle 5e (ad esempio tra do magg- re minore vi è
una distanza di 2a, ma in realtà nel circolo delle quinte vi è uno spostamento di 5a
discendente).
5) Anche le alterazioni in chiave si susseguono logicamente per:
5e ascendenti i diesis : fa# do# sol# re# la# mi# si#
5e discendenti i bemolli : sib mib lab reb solb dob fab
6) Ogni scala che si sposta di una posizione nel circolo delle 5e presenta sempre l’alterazione
del medesimo grado.
Partendo da una scala maggiore ad ogni movimento di:
5a discendente (a destra) il VII grado scende cromaticamente
5a ascendente (a sinistra) il IV grado sale cromaticamente
Es. da Do a Fa (5a discendente) il si (VII) diventa sib
da Do a Sol (5a ascendente) il fa (IV) diventa fa#
Partendo da una scala minore ad ogni movimento di:
5a discendente (a destra) il II grado scende cromaticamente
5a ascendente (a sinistra) il VI grado sale cromaticamente

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Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell'Armonia
3. Tonalità

V. Prospetto delle alterazioni in chiave

Esempio 3.2

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Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell'Armonia
4. Dalla melodia all’armonia - Polifonia a 2 voci

I. Melodia – Contrappunto - Armonia

Esempio 4.1 Monodia


• Melodia: è l’arte di combinare singoli suoni
in successione cronologica. E’ la forma più
elementare e originaria di espressione musicale
perché realizzabile da una singola voce umana o da un singolo strumento monodico (che
produce una singola nota alla volta). Monodia è dunque una scrittura musicale costituita
unicamente da un singolo profilo melodico.
N.B. piu voci o strumenti che eseguono la stessa melodia all’unisono o all’ottava , nel tessuto
musicale si considerano come una sola voce.
• Contrappunto: è l’arte di intrecciare melodie diverse tra di loro.
• Armonia: è l’arte di combinare contemporaneamente suoni diversi e nasce come diretta
conseguenza del contrappunto. La combinazione armonica primaria è la sovrapposizione di due
diverse linee melodiche. Dalla monodia si passa alla Polifonia:

Esempio 4.2
Esempio 4.3

Polifonia a 2 voci: 2 melodie sovrapposte, diverse Polifonia a 2 voci: melodia + pedale (nota tenuta)
melodicamente ma omoritmiche

Esempio 4.4 Esempio 4.5

Polifonia a 2 voci: 2 melodie sovrapposte, diverse


Polifonia a 2 voci: singola melodia che si sovrappone
melodicamente e ritmicamente
a sé stessa in un tempo successivo: canone

Se una melodia è costituita dal succedersi di singole note, una polifonia a 2 voci è costituita
dal succedersi di coppie di note ovvero di intervalli armonici.

Esempio 4.6 Esempio 4.7

Bicordi formati da 2 linee omoritmiche Bicordi formati da 2 linee non omoritmiche

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4. Dalla melodia all’armonia - Polifonia a 2 voci

II. Dal contrappunto all’armonia

Storicamente le combinazioni armoniche di suoni sovrapposti nascono dunque dalla


combinazione di più voci intrecciate in forma libera o imitativa (canone). In epoca
rinascimentale (‘400 500) l’attenzione è rivolta principalmente verso il contrappunto.
L’armonia avrà inizialmente una funzione passiva con una evoluzione più graduale; troverà poi
la sua affermazione come elemento compositivo fondamentale in età barocca (‘600 ‘700) con
il diffondersi delle accordature temperate e della musica strumentale.

III. Direzione delle voci

L’andamento di due voci sovrapposte si definisce di volta in volta in base alla direzione delle
due melodie:

Esempio 7.32
Moto contrario: le 2 voci vanno in direzione contraria

Esempio 7.33
Moto obliquo: una voce sta ferma l’altra si muove

Esempio 7.34
Moto retto: le 2 voci vanno nella stessa direzione

Esempio 7.35
Moto retto parallelo: le 2 voci vanno nella stessa direzione
con gli stessi intervalli

N.B. Il termine moto retto comprende genericamente anche il moto parallelo

IV. Intervalli armonici

Due note suonate simultaneamente formano dunque un agglomerato armonico detto bicordo
(forma incompleta di accordo), che produce effetti fonici differenti a seconda della
distanza tra le due note (intervallo).

V. Un linguaggio polifonico codificato

Nel Rinascimento si consolidano le regole stilistiche del contrappunto da cui si svilupperà


tutta la musica tonale dei secoli successivi (dal XVII al XIX secolo).
Il criterio generale riguardante il movimento delle voci consiste nel salvaguardare
l’indipendenza e l’autonomia delle varie voci che formano l’intreccio contrappuntistico.
Due elementi importanti sono quindi:

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4. Dalla melodia all’armonia - Polifonia a 2 voci

VI. Parallelismi da evitare

In un contesto polifonico (a 2 o più voci) due singole voci devono evitare movimenti paralleli
per 5e 8e o unisoni. Il parallelismo di 5e, 8e già è contenuto in una semplice melodia per la
presenza dei primi suoni armonici. Ripetere tale movimento con due linee melodiche diverse
porterebbe ad annullare l’indipendenza delle voci a cui si mirava nello stile contrappuntistico
rinascimentale. Stilisticamente coerenti sono invece i movimenti paralleli di 3e e 6e (in parte
anche di 4e). Nello stile strumentale, con un numero di voci più libero, sono usate le 8e
parallele quando hanno funzione di raddoppio, fondendosi in un’unica voce.

VII. Consonanze e dissonanze degli intervalli armonici

Si stabilisce il concetto di consonanza e dissonanza: dissonanze sono combinazioni di suoni più


o meno stridenti, che creano tensione. Esse portano necessariamente verso la risoluzione su
consonanze, ovvero combinazioni eufoniche più stabili.

• Gli intervalli armonici consonanti sono: 3a 6a 5a . L’ intervallo di 4a è consonante quando


la nota inferiore della 4a non
Esempio 4.8
è al basso ma nelle voci
superiori (con 3 o più voci).

Esempio 4.9

• Anche 8a e unisono sono consonanti, sebbene entrambe


tendano ad annullare l’effetto polifonico fondendosi in
un’unica voce.
• Gli intervalli armonici dissonanti sono: Esempio 4.10
2a , 7a e gli intervalli diminuiti o eccedenti.
La 4a è dissonante quando la nota inferiore
dell’intervallo è al basso (ciò avviene
sempre a 2 voci).

VIII. Uso della dissonanza

La dissonanza non è dunque un errore da evitare, ma un fondamentale elemento dinamico che


arricchisce il discorso musicale, che va però utilizzata secondo modalità specifiche.
La dissonanza infatti può essere:
• Messa in evidenza: creando una tensione, che viene poi allentata attraverso la
risoluzione. (settime, ritardi, appoggiature ecc.)
• Dissimulata: generalmente con movimenti melodici rapidi e per gradi congiunti (note di
passaggio, note di volta ecc.).

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Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell'Armonia
4. Dalla melodia all’armonia - Polifonia a 2 voci

IX. Preparazione e risoluzione di 2a o 7a (dissonanze in evidenza)

Tra le dissonanze “messe in evidenza” la più tipica è quella dell’intervallo di 2a (o del suo
rivolto: la 7a). L’uso di tale dissonanza si articola normalmente in 3 momenti:
• preparazione: generalmente si ha un intervallo consonante. In esso è presente la nota
inferiore dell’ intervallo di 2a che deve venire.
• dissonanza: la nota inferiore della 2a viene Esempio 4.11
tenuta ferma, mentre l’altra voce si sposta per
formare la dissonanza.
• risoluzione: la nota inferiore della 2a che è
stata tenuta ferma scende di grado e risolve la
dissonanza formando una consonanza con l’altra
voce.
La stessa sequenza può essere riproposta Esempio 4.12
analogamente con l’intervallo di 7a come
dissonanza. In questo caso la voce che prepara e
risolve sarà la voce superiore

Esempio 4.13

Nei vari casi l’andamento standard della voce che


prepara e risolve la dissonanza è quello dell’esempio
accanto.
L’altra voce può invece avere un andamento differente, basta che rispetti l’alternanza tra
consonanza e dissonanza

Esempio 4.14

Questo modello può riproporsi con innumerevoli varianti ritmiche e fioriture melodiche, ma
nella sostanza è una delle modalità più usata per porre in evidenza una dissonanza creando
una tensione che spinge alla risoluzione.
Vedremo poi come in molti casi (es. con la settima di dominante) la dissonanza diventi così
consueta per l’orecchio da non aver bisogno della preparazione, resta tuttavia immutata
l’esigenza di risoluzione con discesa per grado congiunto.
Usando questa dissonanza con gli accordi di settima per convenzione si parla sempre di
intervallo di 7a.

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5.Accordi per terze
Esempio 5.1
I. Definizione di accordo
Accordo = insieme di almeno 3 note differenti suonate
contemporaneamente
Esempio 5.2
Negli accordi arpeggiati, le note sono in rapida successione
melodica, ma hanno ugualmente valenza di accordo

II. Accordi per terze


Gli accordi usati nel linguaggio tonale sono i cosiddetti accordi per terze.
Gli accordi per terze sono accordi formati da 3 o più note diverse, che sia possibile disporre
per terze sovrapposte
Esempio 5.3 Esempio 5.4
In questa disposizione, partendo dal
suono inferiore di partenza detto
fondamentale si ricava nell’ordine il
nome delle altre componenti
dell’accordo: terza, quinta, settima,
nona ecc.
Tuttavia, la disposizione per terze delle note di un accordo, è solo un metodo teorico utile a
stabilire la funzione di ogni suono dell’accordo. Nella pratica invece i suoni possono però
essere combinati in maniera diversa.

Esempio 5.5 Esempio 5.6


Importante: cambiando l’ordine
delle note la loro funzione
nell’accordo non cambia

Occorre dunque abituarsi a ricostruire mentalmente per terze agglomerati di suoni disposti
in ordine sparso, per poterne individuare la fondamentale
Gli accordi si dividono in diverse categorie in base al numero di suoni che li compongono:
3 suoni differenti = Triadi
Esempio 5.7 4 suoni differenti = Settime
5 suoni differenti = None ecc.
Tuttavia gli accordi usati nella musica
tonale sono in assoluta maggioranza
triadi e settime.

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Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell'Armonia
5.Accordi per terze

III. Bicordi
I bicordi (2 suoni contemporanei) non costituiscono in senso stretto un accordo, che invece
deve essere formato da almeno 3 suoni. Tuttavia nella scrittura musicale si trovano molto
spesso bicordi che hanno ugualmente la funzione di accordo, in questo caso il bicordo si
presenta come una triade con un suono sottinteso.
Anche un singolo suono, soprattutto di tonica o di dominante può sottintendere un accordo.

IV. Triadi
Le triadi sono accordi con 3 suoni differenti sovrapposti per terze.
Indipendentemente dalle alterazioni, le combinazioni di nomi di note possibili sono 7:
do-mi-sol re-fa-la mi-sol-si fa-la-do sol-si-re la-do-mi si-re-fa
Queste combinazioni vanno subito memorizzate.

• Le triadi non sono tutte uguali, ma hanno un effetto sonoro diverso in base alla specie
delle loro terze (maggiori o minori) .

Le combinazioni sono 4: Esempio 5.8


Triade Maggiore 3a maggiore a
+ 3 minore
Triade Minore 3a minore + 3a maggiore
Triade Diminuita 3a minore + 3a minore
Triade Eccedente 3a maggiore + 3a maggiore

• La somma delle due terze forma a sua volta un intervallo di 5a

Triade Maggiore e Triade Minore formano una 5a giusta


Triade Diminuita forma una 5a diminuita
Triade Eccedente forma una 5a eccedente

Triade Maggiore e Triade Minore sono dunque Triadi consonanti


Triade Diminuita e Triade Eccedente sono invece Triadi dissonanti

Esempio 5.9
In una scala maggiore vi sono
3 Triadi maggiori ( I – IV – V )
3 Triadi minori, ( II – III – VI )
1 Triade diminuita ( VII )

Non vi sono triadi eccedenti, che sono del resto piuttosto rare

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Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell'Armonia
5.Accordi per terze

V. Settime
Le settime sono accordi con 4 suoni differenti sovrapposti per terze.
Indipendentemente dalle alterazioni, le combinazioni di nomi di note possibili sono 7:
do-mi-sol-si re-fa-la-do mi-sol-si-re fa-la-do-mi
sol-si-re-fa la-do-mi-sol si-re-fa-la
Queste combinazioni vanno subito memorizzate.
• La presenza dell’intervallo armonico di 7a o di 2a (in base alla disposizione delle note)
rende tutti questi accordi dissonanti.
• Di norma la settima dell’accordo risolve la dissonanza scendendo di grado (vedi cap. 4 IV).
• Anche la catalogazione delle settime dipende dalla specie delle loro terze (maggiori o
minori).
Nel catalogare le settime si consiglia però di pensare ad una triade di partenza cui si
aggiunge una 7a.
Es. sol-si-re-fa = triade maggiore (sol-si-re) + 7a minore (fa)
Si ricorda che per calcolare rapidamente la specie di una settima si valuta se sia il rivolto di
un tono o di un semitono (vedi 1. Intervalli).
• Diversamente dalle triadi, non tutte le combinazioni possibili vengono comunemente usate.
Le specie di settime usate nell’armonia tonale sono:

1a specie Triade maggiore + 7a min detta settima di dominante


2a specie Triade minore + 7a min detta minore settima (jazz)
3a specie Triade diminuita + 7a min detta semidiminuita (jazz)
4a specie Triade maggiore + 7a mag detta maggiore settima (jazz)
5a specie Triade diminuita + 7a dim detta diminuita
6a specie Triade minore + 7a mag accordo usato raramente
7a specie Triade eccedente + 7a mag accordo usato raramente
Esempio 5.10

Esempio 5.11

Vi possono essere altri accordi di settima derivati da questi di cui si tratterà più avanti
(ad Es. accordi di 6a eccedente).

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Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell'Armonia
6. Scrittura a 4 voci-Triadi in stato fondamentale
Per il nostro studio utilizzeremo la scrittura per coro misto a 4 voci su doppio pentagramma
con chiave di basso e chiave di violino.

N.B. Il seguente capitolo è di ordine essenzialmente pratico, di cui verrà data ragione in altri
capitoli. Queste si limitano a fornire un apprendimento di base della scrittura a 4 voci.

I. Voci sul Pentagramma


Le 4 voci sono: basso [B] tenore [T] contralto [C] soprano [S]
Le voci maschili B -T si scrivono in chiave di basso
Le voci femminili C - S si scrivono in chiave di violino.

Esempio 6.1

Le voci con registro acuto T-S si


scrivono con le gambette verso
l’alto, le voci con registro grave
B-C si scrivono con le gambette
verso il basso.

Esempio 6.2
Le 4 voci nella medesima collocazione ritmica vanno incolonnate sulla
stessa linea verticale. Se però nello stesso pentagramma vi sono 2 note
a distanza di seconda, le note vanno disposte affiancate.

Casi particolari di grafia musicale:


a) unisono nello stesso pentagramma: si scrive una singola nota con 2 gambette opposte
b) unisono tra voci in diverso pentagramma: si scrivono 2 note distinte
c) unisono con valori interi (senza gambette): si scrivono le 2 note affiancate
Esempio 6.3

Esempio 6.4

d) L’incrocio delle voci solitamente non è praticata negli esercizi


di armonia, ma si trova in letteratura. La disposizione delle
gambette è qui particolarmente utile per individuare le voci.

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Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell'Armonia
6. Scrittura a 4 voci-Triadi in stato fondamentale

II. Estensione delle voci


Ogni voce ha una proprio registro compreso tra due note a distanza di 12a o 13a
Il registro di ogni voce è indicativo, non ha valore assoluto, si riferisce a cantanti di un coro e
non a cantanti solisti.
L’estensione delle voci usata normalmente è la seguente:
Esempio 6.5

Le voci adiacenti ( S, C – C, T – T, B )
distano più o meno di una 5a
Le voci alte ( S,T) e le voci basse (C,B),
hanno più o meno la stessa estensione a
distanza di ottava

I limiti di registro di ogni voce possono essere eccezionalmente superati di poco, è importante
però che le voci si mantengano mediamente in un registro a loro confortevole

III. Distanza tra le voci


Per mantenere un buon equilibrio sonoro, le 2 coppie di voci adiacenti: TC, CS non devono
distare tra di loro più di un’ottava.
Solo il Basso può avere una distanza superiore all’ottava con la voce adiacente: il Tenore.
In generale, più suoni concentrati nel registro basso tendono ad impastarsi, a causa della
particolare densità di suoni armonici. Si tende dunque ad privilegiare una maggior densità di
suoni nel registro medio acuto dove si può mantenere una maggior chiarezza e distinzione.
Ecco alcuni casi di disposizioni errate e non:
Esempio 6.6

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6. Scrittura a 4 voci-Triadi in stato fondamentale

IV. Accordi di 3,4,5 suoni nella scrittura a 4 voci


Gli esercizi scolastici di scrittura corale non presentano solitamente interruzione delle voci.
Gli accordi dunque sono quasi sempre a 4 parti o voci.
Non bisogna confondere il numero di parti o voci che producono un accordo, ed il numero di
note differenti proprie di un accordo. Queste ultime dipendono dalla tipologia di ogni singolo
accordo (triadi, settime ecc.).
Tali tipi di accordi si devono così adattare alle 4 voci:
• Triadi – devono raddoppiare uno dei 3 suoni
• Settime – si adattano con i loro 4 suoni senza bisogno di raddoppi
• None – devono elidere uno dei 5 suoni

V. Stato dell’accordo - Importanza del basso


I suoni di un accordo possono liberamente sovrapporsi in ordini differenti.
Una voce però richiede una attenzione particolare: il basso.
In base alla nota della voce più bassa, l’accordo assume infatti un differente equilibrio sonoro.
Si determina così lo stato dell’accordo. Abbiamo dunque accordi in:
• Stato Fondamentale quando: al basso vi è la nota fondamentale
• Stato di Rivolto quando: al basso non vi è la fondamentale, ma 3a, 5a o 7a

VI. Triadi allo stato fondamentale


Le triadi allo stato fondamentale, ovvero con la fondamentale al basso, raddoppiano sempre
(salvo poche eccezioni) la fondamentale.
Ecco alcuni esempi di triadi di Do e di Sol allo stato fondamentale, con raddoppio della
fondamentale:

Esempio 6.7

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Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell'Armonia
6. Scrittura a 4 voci-Triadi in stato fondamentale

VII. Concatenazioni di Triadi allo stato fondamentale

Esempio 6.8
Per collegare 2 triadi allo stato fondamentale a 4 voci di cui si
conoscano le fondamentali (es. Do e Sol), si deve:
• Scrivere la prima triade
• Scrivere il basso della seconda triade (la fondamentale)

quindi:
Istruzione 1. Esempio 6.9
Se vi sono 1 o 2 note comuni tra le due triadi, vanno
mantenute alla stessa voce in entrambe gli accordi.
Nell’Es. 6.9 a fianco la nota sol, cantata dal soprano nel
primo accordo, deve essere nuovamente cantata dal
soprano anche nel secondo accordo.

Esempio 6.10

Le altre voci vanno a completare le parti mancanti


del secondo accordo facendo la strada più breve
possibile.

Esempio 6.11
Nell’ Esempio 6.4 non si è seguita la strada
più breve per le ultime 2 voci da completare.
Questa soluzione non è necessariamente
NO
sbagliata, ma è da evitare nei primi esercizi.

Esempio 6.12

Gli esempi a fianco presentano 2


note in comune, entrambe
mantenute alla stessa voce. Per
completare l’accordo va aggiunta
una sola nota.

N.B. Non è necessario legare tra loro le note comuni. La legatura di valore degli esempi è
tuttavia utile ad evidenziare il di mantenimento alla stessa voce della nota comune.

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Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell'Armonia
6. Scrittura a 4 voci-Triadi in stato fondamentale

Istruzione 2.
Se non vi sono note comuni il basso si muove di grado congiunto (2a) e le tre voci
superiori si muovono in direzione contraria al basso, sempre percorrendo la strada più
breve.

Alcuni esempi:

Esempio 6.13

Esempio 6.14
E’ importante che il movimento del basso sia sempre un
movimento di grado congiunto (2a), e non di 7a. La soluzione
dell’Es.6.14 è dunque sbagliata.

VIII. Distanza tra accordi


La distanza tra 2 accordi, ovvero il movimento armonico di un accordo che si collega ad un
secondo accordo, si calcola in base alla distanza tra le loro fondamentali.
L’intervallo tra fondamentali si può calcolare indipendentemente dalla loro ottava, si può
misurare in senso ascendente, o con il suo rivolto discendente.
Es. gli accordi di Do e Sol distano di: 5a ascendente o 4a discendente
gli accordi di Do e MI distano di: 3a ascendente o 6a discendente
gli accordi di Do e Re distano di: 2a ascendente o 7a discendente

Nella pratica si preferisce utilizzare sempre gli intervalli di 5a 3a 2a sia in forma ascendente
che in forma discendente.

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6. Scrittura a 4 voci-Triadi in stato fondamentale

IX. Note comuni tra le triadi


Le note in comune tra due triadi diatoniche (ovvero nella stessa tonalità e senza alterazioni
aggiunte) dipendono dalla distanza tra i due accordi. Quando due triadi distano di:

Esempio 6.15

• 5a ascendente o discendente vi è 1 nota comune

• 3a ascendente o discendente vi sono 2 note comuni

• 2a ascendente o discendente non vi sono note comuni


Perciò nell’istruzione 2, la mancanza di note comuni
coincide sempre con un movimento di 2adel basso

N.B. 3a ascendente o discendente corrisponde a 6a discendente ascendente


5a ascendente o discendente corrisponde a 4a discendente o ascendente
2a ascendente o discendente corrisponde a 7a discendente o ascendente

X. Nome degli accordi


Esempio 6.16
Il nome di un accordo coincide con la
sua fondamentale. Questa può essere
indicata con il nome della nota oppure
con il grado della scala che tale nota
occupa nella sua tonalità, tale grado
viene indicato con un numero romano:
I – II – III – IV – V – VI - VII.

Negli esercizi, data la tonalità, gli


accordi sono indicati con un numero
romano da cui si deve risalire al nome
specifico dell’accordo.

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Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell'Armonia
6. Scrittura a 4 voci-Triadi in stato fondamentale

XI. Consigli pratici nel collegamento delle triadi allo stato fondamentale
1) Scrivendo il secondo accordo disporre le note in quest’ordine: basso, note comuni e note
mancanti.

2) Per realizzare il movimento più breve di due voci mancanti (con una nota comune) bisogna
verificare contemporaneamente l’andamento di entrambe le due voci.

3) Il movimento delle tre voci superiori contrario al basso (istruzione 2) va fatto quando non
ci sono note comuni

Esempio 6.17

4) Attenzione a non incrociare tenore e contralto.


NO
La disposizione su 2 pentagrammi diversi può confondere

5) E’ buona norma iniziare a scrivere una successione armonica partendo da una collocazione
delle voci in una zona mediana del loro registro. Una disposizione sbilanciata , troppo alta o
troppo in bassa, non è l’ideale per un inizio, soprattutto un attacco a freddo in un registro
molto alto, va
Esempio 6.18 quindi usata con
attenzione perché
in seguito può
costringe le voci ad
espandersi fuori
registro.

Esempio 6.19
6) Due voci possono fare l’unisono per un tempo.
Devono però arrivarci e separarsi evitando di
muoversi nella stessa direzione.
Nell’Esempio 6.19 T-B arrivano all’unisono in
direzione opposta, per poi lasciarsi evitando di
muoversi nella stessa direzione

7) Il tenore non deve partire troppo in basso nel suo registro Esempio 6.20
perché potrebbe limitare l’andamento del basso, che ha
movimenti più ampi delle altre voci. Nell’Esempio 6.20 dopo
un unisono tra B e T il basso sale di grado allo St F le due NO
voci si incrociano, in questo caso bisogna riscrivere tutto
alzando il tenore di una posizione come nell’Esempio 6.19

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Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
7. Triadi in stato di rivolto

I. I due rivolti delle Triadi


Un accordo che presenta al basso una nota diversa dalla fondamentale si dice in stato di
rivolto (vedi cap. 5 – IV ). I rivolti delle triadi sono due:

Primo Rivolto : accordo con la 3a al basso


Secondo Rivolto: accordo con la 5° al basso

II. Numerazione delle triadi


Fu principalmente Jean Philippe Rameau (1683–1764) a diffondere la teoria degli accordi per
sovrapposizione di terze con relativa fondamentale. Già molto prima, nel Rinascimento,
esistevano gli stessi accordi, ma venivano indicati senza fondamentale, solo numerando gli
intervalli semplici tra il basso e le note superiori. Tale antica numerazione ancora oggi viene
utilizzata per indicare lo stato dell’accordo accostandola al nome dell’accordo, o al suo grado
corrispondente
6 6
Es. DO 4 , I 4 .

Questa numerica ha una versione teorica completa, ed una versione pratica abbreviata:

Esempio 7.1

Triade allo Stato Fondamentale


5
3 Es. I53 - numerazione completa
niente Es. I - numerazione pratica

Triade allo Stato di primo rivolto


6
3 Es. I63 - numerazione completa
6
Es. I6 - numerazione pratica

Triade allo Stato di secondo rivolto


6
4 Es. I64 - numerazione completa e pratica

Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell'Armonia 32


7. Triadi in stato di rivolto

III. Raddoppi nelle triadi in stato di rivolto


Il raddoppio in un una triade scritta a 4 voci dipende:
- dal suo stato (nota del basso)
- dal grado della sua fondamentale (con il I rivolto)
Le seguenti indicazioni non sono regole assolute, ma consigli pratici per gli esercizi di armonia.
In letteratura si possono trovare soluzioni diverse, ma anche i grandi autori seguono
prevalentemente le pratiche seguenti

Esempio 7.2
IV. Stato fondamentale-raddoppio (triadi)
Si raddoppia sempre e solo la fondamentale ovvero la nota al basso
(vedi cap. 5 – VI )

V. Secondo rivolto-raddoppio (triadi) Esempio 7.3

Si raddoppia sempre e solo la 5a ovvero la nota al basso

33
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
7. Triadi in stato di rivolto

VI. Primo rivolto – raddoppio (triadi)


I raddoppi cambiano in base al grado della fondamentale:

Esempio 7.4 Esempio 7.5


6 6 6
Con: I – IV – V
si radoppia
la fondamentale o la 5a

non si raddoppia
la nota di basso

Esempio 7.6 Esempio 7.7

Con: II6 si raddoppia la 3a o la fondamentale

non si raddoppia la 5a

II II
Esempio 7.8
Con: VII6 si raddoppia la 3a , a volte la 5a

non si raddoppia mai la fondamentale

III6 – VI6 vengono usati raramente


(se usati raddoppiano solitamente la terza, ovvero il basso)

VII. Consigli pratici nei collegamenti di triadi con i rivolti


Anche per collegare le triadi con i rivolti vanno generalmente rispettate le regole della nota
comune e della strada più breve. Le combinazioni sono però molteplici e bisogna sempre
assicurarsi che i due accordi abbiano i raddoppi corretti.
Nel collegare 2 triadi senza nota comune, quando si usano i rivolti bisogna invece prestare
attenzione ad evitare movimenti di 5a o di 8a parallele tra due stesse
voci (vedi cap. 4 VI).

Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell'Armonia 34


7. Triadi in stato di rivolto

Alcuni casi: Esempio 7.9


Nell’Es. 7.9 la nota comune tra i due accordi, Do, è raddoppiata
nel primo accordo. Tenendo ferme entrambe le note raddoppiate
si ottiene un raddoppio errato nel secondo accordo. Il secondo
accordo allo stato fondamentale raddoppia infatti la 5a.

Esempio 7.10 Esempio 7.11


La precedente successione dell’Es. 7.9 viene invece
realizzata qui a fianco ottenendo un raddoppio
corretto. Nell’Es. 7.10 il soprano fa un salto di 3a,
nell’Es. 7.11 il tenore fa un salto di 4a. Per quanto
riguarda la strada più breve la differenza è minima, ed
entrambe le soluzioni sono buone.
Esempio 7.12 Esempio 7.13
Negli Es. 7.12 e 7.13 la nota raddoppiata si trova tra
due voci vicine. Scegliere quale nota tenere ferma non
è indifferente. Nell’Es. 7.12 il movimento del contralto
crea una distanza eccessiva con il soprano. Da
preferire dunque l’Es. 7.13, nel quale il movimento del
soprano avvicina invece le due voci.

Esempio 7.14 NO Qui i collegamenti


tra triadi senza
note comuni
portano a movimenti
paralleli di 5a e di
8a parallele tra
coppie di voci che
vanno evitati
moto contrario

OK Nell’ Es. 7.15 le stesse


successioni vengono realizzate
correttamente. Ciò è possibile in
2 modi: muovendo le voci in
direzione contraria rispetto a
quella dell’Es. 7.14 quella che
forma 5e e 8e, oppure disponendo
Esempio 7.15 le voci in modo da avere
4 al posto delle 5e.
e

35
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
7. Triadi in stato di rivolto

VIII. Andamento melodico


Negli esercizi elementari di armonia un buon controllo delle voci si ottiene con un movimento
limitato delle voci, con note comuni tenute ed intervalli melodici piccoli (vedi le 2 istruzioni cap.
6 VII). Solo la voce del basso si distingue dalle altre per un andamento più articolato, spesso
con salti di 4a 5a 8a. Ogni voce deve comunque rispettare una buona contabilità, soprattutto
per il basso si consiglia di:
Esempio 7.16

 Evitare salti di 7a , preferendo l’andamento inverso di 2a


No

Esempio 7.17

 Usare tranquillamente nel basso il salto di 8a


SI

Esempio 7.18 Esempio 7.19


 Evitare intervalli melodici eccedenti o diminuiti

 Fare 5a diminuita e 4a diminuita quando si Esempio 7.20 Esempio 7.21


corregge l’intervallo per moto contrario con la
sensibile che sale alla tonica

Esempio 7.22 Esempio 7.23


 Evitare 2 intervalli ampi consecutivi nella stessa
direzione che formino complessivamente una 7a,
una 9a (o superiori)

Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell'Armonia 36


7. Triadi in stato di rivolto

IX. Andamento obbligato del VII - sensibile


La sensibile è il VII grado diatonico della scala maggiore o il VII grado alzato cromaticamente
delle scale minori armonica e melodica. Quando si trova sugli accordi del V o del VII grado essa
ha una forte tendenza a portarsi sulla tonica.

Esempio 7.24 Esempio 7.25

Questa attrazione tra due poli melodici distinti è una delle principali forze dinamiche della
musica tonale, e va dunque assecondata. Si può dunque stabilire che, salvo eccezioni la sensibile
deve sempre salire di semitono verso la tonica.

X. Il VII che non subisce attrazione dalla tonica

Esempio 7.26
Non sempre il VII grado ha funzione di sensibile:
-il VII grado naturale del modo minore (sottotonica)
-il VII del modo maggiore sull’accordo di III grado
-il VII del modo maggiore sull’accordo di I grado (7a)
non hanno la tensione verso la tonica tipico della sensibile,
spesso tendono anzi a risolvere scendendo di grado.

XI. Raddoppi da evitare Esempio 7.27

Le note ad andamento obbligato come la sensibile (vedremo


più avanti le settime). Quindi con V6 il raddoppio della terza
(il basso) non è solo sconsigliato ma è sbagliato. Per lo stesso
motivo con VII6 il raddoppio della fondamentale non è solo
sconsigliato ma è sbagliato.

Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell'Armonia 37


7. Triadi in stato di rivolto

XII. Particolari successioni di triadi: II–V e V-VI (d’inganno)


Le successioni II–V e II6–V non seguono la regola della nota comune (istruzione 1)

Esempio 7.28
II–V: Non viene mantenuta la
nota comune, e le tre voci
superiori scendono di
grado per la via più breve.

Esempio 7.29

II6–V: Se nel II 6 è raddoppiata la 3a il basso sale di grado e le altre


tre voci scendono per la via più breve senza tenere le note in
comune.
Esempio 7.30

Se nel II 6 è raddoppiata la fondamentale


si tiene ferma una delle 2 note comuni e si
fanno scendere le altre due per la via più
breve.
Esempio 7.31

La soluzione dell’Es. 7.31 è sconsigliata, soprattutto nel modo


minore.

Esempio 7.32 Esempio 7.33


V–VI: Successione d’inganno
Si osserva parzialmente l’ istruzione 2,
poiché la sensibile contenuta nel V grado
deve salire alla tonica. Dunque:
-il basso sale di grado,
-la sensibile sale di semitono,
-le altre due voci (non 3) scendono per la via più breve.
Il risultato è che il VI grado avrà eccezionalmente il raddoppio della 3a .

Come vedremo successivamente l’accordo di V tende fortemente a risolvere sul I grado, quindi
la successione V VI viene chiamata “d’inganno” perché disattende l’attesa naturale di chi
ascolta.

38
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
7. Triadi in stato di rivolto

XIII. Parti late e parti strette

Esempio 7.34

Quando le 3 voci superiori si mantengono nell’ambito di


un’ottava, e quindi T e S non distano più di un’ottava, la
scrittura si dice a parti strette

I I6 II6 V
Esempio 7.35

Quando le 3 voci superiori superano l’ambito di


un’ottava, e quindi T e S distano più di un’ottava, la
scrittura si dice a parti late

I I6 II6 V
Esempio 7.36
La scrittura corale a 4 voci utilizza entrambe le
modalità, parti late e parti strette, a volte
alternando i due tipi di disposizione.

I I6 II6 V

La scrittura per tastiera (basso continuo) si riferisce alla Esempio 7.37


pratica strumentale tipica del barocco, nella quale si leggeva il
basso con la mano sinistra realizzando il completamento
dell’accordo con la mano destra. Questa pratica si realizza a
parti strette, perché la mano destra difficilmente può eseguire
tre voci oltre l’estensione di ottava. Graficamente le tre voci
superiori (mano dx) si scrivono in chiave di violino, il solo basso I I6 II6 V
(mano sn) si scrive in chiave di basso

Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell'Armonia 39


8. Triadi consonanti, secondo rivolto 6/4

Triadi consonanti – caratteristiche dei diversi stati

• Una triade consonante allo stato fondamentale ha un carattere solido e stabile. In una
frase musicale di norma si trova sempre nei punti iniziali e conclusivi, mentre nelle zone
intermedie si alterna ad accordi rivoltati.
• Una triade consonante in stato di primo rivolto ha un impatto più leggero, è meno stabile,
e favorisce la scorrevolezza delle successioni armoniche. Si trova normalmente all’interno
di un periodo musicale.
• Una triade consonante in stato di secondo rivolto (6/4 , quarta e sesta) è un accordo
instabile, poiché la 4a che si forma tra il basso ed una delle note superiori è considerata
dissonante.
L’uso più consueto è quello con il I64 seguito dal V, una combinazione armonica armonica
divenuta una formula tipica nella chiusura di una frase musicale (cadenza).
Le triadi consonanti in secondo rivolto si usano quindi solo nella suddetta cadenza
conclusiva, ed in poche altre situazioni particolari che non creino confusione
nell’ascoltatore. Ascoltando infatti un qualsiasi accordo in 6/4 l’orecchio può essere
ingannato; un VI64 , ad esempio, può far pensare ad una cadenza conclusiva nella tonalità
del VI grado.

I. Triadi consonanti usate in 6/4

Le triadi consonanti in quarta e sesta (6/4) si usano solo con i tre gradi principali:

I64 , IV64 V64

Non si usano dunque:


II64 III64 VI64

40
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
8. Triadi consonanti, secondo rivolto 6/4

II. Uso delle triadi consonanti in quarta e sesta 6/4: 3 casi + 1

1) Quarta e sesta di appoggiatura o di cadenza:

E’ la formula cadenzale sopra citata.


Due note dell’accordo I64 , la fondamentale e la
Esempio 8.1
3a , scendono di grado “appoggiandosi” alle note
sottostanti, formando così l’accordo di V.
I due accordi (I64 V) sono quindi uniti come se
fossero un unico accordo di dominante (V) allo
stato fondamentale (basso V).

Attenzione:
• Qui l’accordo I64 non ha funzione di tonica bensì di
Esempio 8.2
dominante. Esso è infatti subordinato all’accordo di V che
segue di cui è appoggiatura.

• I due accordi, essendo un unico gruppo accordale, non


devono creare una sincope armonica disponendosi a cavallo
di battuta.

• L’accordo I64 deve sempre risolvere l’intervallo di 4a che si forma col basso facendo
scendere la voce superiore di grado

Esempio 8.3 Esempio 8.4 SI

N.B. nell’esempio 8.4 la risoluzione sul V chiede l’appoggiatura di grado di 2 note, mentre la
successiva risoluzione sul V 7 (accordo di 4 suoni) chiede l’appoggiature di una sola nota:
quella che forma l’intervallo di 4 a con il basso.

41
8. Triadi consonanti, secondo rivolto 6/4

2) Quarta e sesta di volta

Si trova in mezzo a due accordi uguali, creando Esempio 8.5


una fioritura con due note di volta parallele.
Si trova preferibilmente su un tempo debole
della battuta.

3) Quarta e sesta di passaggio:

Si trova in mezzo ad altri due accordi simili. Diversamente dalla 6/4 di volta il basso non
resta fermo, ma forma una breve scala di tre note.
La 6/4 di passaggio più comune è il V64 usato tra due accordi di I.
Tipico è anche l’uso del I64 di passaggio tra due accordi di sottodominante (IV o II).
Più raro è il IV64 che invece si alterna a due accordi di dominante (V o VII). Il collegamento
di questi accordi è reso molto fluido attraverso gradi congiunti e nota comune ferma. Si trova
preferibilmente su un tempo debole della battuta.
Esempio 8.6 Esempio 8.7 Esempio 8.8

4) Quarta e sesta di arpeggio:


Esempio 8.9
Oltre ai tre casi citati, vanno ricordati gli
accordi in 6/4 creati dal movimento
melodico del basso. In questi casi, tipici della
musica strumentale, il carattere dell’accordo
è determinato generalmente dalla nota di
basso sul tempo forte. Se dunque la 5a al basso è su un tempo debole la quarta e sesta di
arpeggio è subordinata al basso sul tempo forte.

42
9. Funzione di dominante

I. Finalis – Tonica Esempio 9.1

La Finalis o Tonica è fulcro di


una linea melodica, è il suo punto
di slancio, ma anche di arrivo e
riposo. E’ la nota che dà nome
alla scala ed in chiusura Esempio 9.2
melodica è solitamente
preceduta dai suoi gradi
melodici adiacenti: il II ed il
VII grado.

II. VII grado: sensibile o sottotonica


Esempio 9.3
Il VII è l’ultimo grado di una scala di 7 suoni, ma è
anche la nota che precede la Tonica (finalis).
Il VII si presenta in due modalità.

• Se l’ultima nota di una scala si trova un tono


sotto la Tonica, si chiama sottotonica (St). Esempio 9.4
Essa si trova nei modi di tipo minore (che iniziano
con tono-semitono) e nel modo misolidio, modo
maggiore con il VII grado minore, tipico di molta
musica antica e popolare (es. musica irlandese).
Esempio 9.5
• Se l’ultima nota di una scala si trova un semitono
sotto la Tonica si chiama sensibile.
Essa genera una forte tensione melodica che spinge
ad una risoluzione sulla tonica salendo di semitono,
crea insomma una differenza di potenziale tra due
poli (sensibile-tonica) che è energia fondamentale Esempio 9.6
nella musica tonale.
La sensibile è presente diatonicamente nella scala
maggiore, tuttavia, già nella musica antica del
medioevo e del rinascimento, nei modi con la
sottotonica si usava inserire artificialmente la
sensibile, con una alterazione cromatica, creando così una articolazione del discorso musicale
con una punteggiatura di tipo conclusivo sulla tonica (cadenza).

43
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
9. Funzione di dominante

III. La sensibile viene armonizzata

Quando alla sensibile vengono sovrapposti uno o più suoni diversi, essa viene “armonizzata”.
Nell’ antica scrittura a 2 voci la sensibile si combinava spesso con il II grado della scala,
nascono così delle formule armoniche elementari a 2 voci di carattere conclusivo (cadenze
armoniche).

Esempio 9.7

Con la scrittura a 3 o 4 voci oltre al bicordo VII-II si inseriscono il V ed anche il IV grado.


La sovrapposizione dei gradi VII – II –V – IV – (e successivamente anche VI) dà forma ad un
agglomerato armonico, che verrà definito accordo di dominante. Tale accordo asseconda e
rinforza la tensione della sensibile verso la tonica.

Esempio 9.8

Oltre alla sensibile, anche la Tonica viene armonizzata, in questo caso con una triade
consonante formata da I III e V grado.
In sostanza la successione melodica di due note Esempio 9.9
singole, Senibile-Tonica, diventa successione
armonica di due blocchi accordali chiamati:
Dominante (D) e Tonica (T). La melodia assume
quindi una dimensione verticale.

44
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
9. Funzione di dominante

IV. Movimento obbligato della sensibile

Essendo all’origine della funzione di D il movimento melodico sensibile – tonica, deve essere
sempre contenuto in una delle voci della successione D-T. La sensibile contenuta negli accordi
di D che vanno alla T ha quindi un
Esempio 9.10
movimento obbligato (salvo eccezioni), e
non deve essere mai raddoppiata per
evitare il movimento parallelo di due
voci all’ 8a. Per questo in un V6 non si
deve mai raddoppiare il basso.

V. Funzioni armoniche

I due agglomerati accordali D T non sono solo delle semplici sovrapposizioni eufoniche
(piacevoli all’ascolto) di voci, ma sono delle unità che hanno un particolare carattere tensivo o
risolutorio, hanno cioè una tendenza direzionale, creando nell’ascoltatore l’ aspettativa su
quello che sarà l’accordo successivo. E’ questo il concetto di funzione armonica (vedi cap. 11),
ovvero accordi che si succedono non casualmente ma secondo una certa tendenza stilistica,
che può essere più o meno assecondata, ma che come tale dà forma ad un vero e proprio
linguaggio. L’armonia oltre a dare una dimensione verticale alle singole note di una melodia,
assume assume a sua volta una dimensione orizzontale diventando a pieno titolo elemento
costitutivo, e non solo accessorio, della costruzione musicale.

VI. Funzioni di Dominante e Tonica

Le due funzioni armoniche principali, sono dunque Esempio 9.11


quelle che armonizzano il movimento melodico
Sensibile – Tonica. Esse sono:
• Funzione di Dominante (D) che crea una tensione
destinata a risolvere in un punto di riposo chiamato
Tonica. Tale funzione è assolta dagli accordi costruiti
sul V e sul VII/sensibile
• Funzione di Tonica (T): accordo sul I grado , punto di equilibrio e di risoluzione delle
tensioni.

45
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
9. Funzione di dominante

VII. Il VII grado nel modo minore

Il modo minore naturale non ha la


Esempio 9.12
sensibile poiché il VII grado si trova a
distanza di 1 tono dalla tonica
(Sottotonica-St).
Quando nel modo minore si vuole usare
la sensibile, la teoria musicale prevede
il termine: scala armonica, o modo
armonico (vedi cap. 2 XII). Tuttavia,
in un passo di musica tonale, scala
armonica e scala naturale normalmente
formano un’unica scala minore di 8
note (*) nella quale sensibile e St
convivono alternandosi in base alla loro
direzione melodica.
La sensibile del modo armonico (VII alterato) appare in concomitanza con la funzione di D, e
forma l’intervallo di seconda eccedente o settima diminuita con il VI grado della scala.
Questo intervallo è unico in ogni tonalità minore, e come tale identifica ogni singola tonalità
minore (es. do-re# appartiene unicamente alla tonalità di mi minore). Esso inoltre è
caratteristico degli accordi di settima di sensibile del modo minore: D7.
(*) Se consideriamo anche l’alterazione del VI grado proprio della scala melodica abbiamo una
scala complessiva di 9 suoni. Tale alterazione è relativamente rara e normalmente non
coinvolge direttamente gli accordi di Dominante.

VIII. Dominante nel modo minore

Nel modo minore, quindi, gli accordi con funzione di D presentano sempre una alterazione
dovuta alla sensibile artificiale.
Gli accordi di V devono alterare la 3a passando così da una triade minore ad una maggiore.
L’ accordo di VII/Sensibile è costituito invece da una triade diminuita analogamente al VII
del modo maggiore, e si distingue completamente dall’accordo di VII/Sottotonica a causa
della fondamentale diversa.
Esempio 9.13

46
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
9. Funzione di dominante

IX. Il VII del modo minore inalterato: Sottotonica


Se non vi è armonia di Dominante il VII grado del modo minore non viene alterato.
Il VII naturale può essere la settima dell’accordo di I grado, come nota di passaggio. Come
note della triade il VII naturale si trova invece negli accordi di Sottotonica o di III grado
(triadi maggiori).
In alcuni rari casi si può avere un accordo sul V senza alterazione, ovvero una triade minore.
Solitamente, in questo caso, è un accordo di passaggio che va al IV 6 e non ha funzione di
dominante.

Esempio 9.14

X. Quando il VII del modo maggiore non ha valore di sensibile

Ricordiamo che (vedi cap.7 X) se il VII grado del modo maggiore non appartiene agli accordi
di D o D , può essere la quinta dell’accordo di III grado, la settima dell’accordo di I grado o
una nota estranea all’armonia (passaggio, ritardo ecc.). In questi casi il VII grado, non
essendo coinvolto in una armonia di D, perde il suo carattere di sensibile, ovvero la sua
naturale tendenza a risolvere sulla tonica, spesso muovendo in direzione opposta.

47
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
10. Settime di dominante e sensibile – Settime artificiali

I. Settime

Le settime (quadriadi) di una tonalità si possono suddividere in 2 gruppi:

1. -Settime con funzione di dominante = V VII


2. -Settime che non hanno funzione di dominante = I II III IV VI.

Le settime hanno anche il terzo rivolto (settima al basso). La loro numerazione è :

- stato fondamentale 7 Fond. al basso (753 numerazione completa)


- primo rivolto 65 3a al basso (653 numerazione completa)
a
- secondo rivolto 43 5 al basso (643 numerazione completa)
a
- terzo rivolto 2 7 al basso (642 numerazione completa)

II. Funzione di Dominante, non solo V

Sebbene la funzione di dominante prenda il nome dal V grado ad essa appartengono anche
accordi che non contengono il V grado, ovvero gli accordi di sensibile.
Come già visto nel paragrafo 9.III, il nucleo originario della funzione di dominante è il bicordo
VII – II , al quale si possono sovrapporre i gradi: V - IV – VI. Da queste combinazioni si
ricavano sia gli accordi costruiti sul V, sia quelli costruiti sul VII/sensibile.
Gli accordi di dominante e di sensibile hanno differenti sfumature di colore sonoro, ma sono
accomunati dall’appartenere alla funzione di dominante, per questo si indicano entrambe con
la lettera D, in 2 versioni:
Gli accordi con il V grado di fondamentale si indicano con : D
Gli accordi con il VII grado (sensibile) di fondamentale si indicano con : D
L’insieme dei principali accordi di dominante parte dalla semplice triade sul V grado e
comprende : triadi - settime - none
Esempio 10.1

Questi sono gli accordi dominantici fondamentali. Non sono qui elencate alcune varianti
cromatiche che in parte verranno trattate successivamente (es. seste eccedeti).

48
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
10. Settime di dominante e sensibile – Settime artificiali

III. Accordi di dominante D - V

Esempio 10.2
L’accordo dominantico di base è la
-triade maggiore costruita sul V grado (nel modo
minore la triade minore naturale diventa maggiore
alzando cromaticamente la terza per formare la
sensibile).
La sensibile (3a dell’accordo) deve sempre salire
alla tonica.

D come triade

Esempio 10.3 L’accordo dominantico per


eccellenza è tuttavia l’accordo
di
-settima di dominante
a
(settima di I specie). Essa è
formata dalla triade maggiore
del V con l’aggiunta di una
settima minore, corrispondente
al IV grado.

Nella settima di dominante (D7) vi sono due note con movimento obbligato:
la 3a (VII sensibile) Esempio 10.4
la 7a (IV).
Entrambe si muovono di grado assecondano la
loro naturale tendenza:
 la sensibile sale di semitono al I
 la 7a scende di grado al III

Le due note si muovono in direzione opposta tra di loro, tanto che la 7a viene chiamata anche
controsensibile .
Alla naturale spinta delle due note si aggiunge la tensione che esse creano tra di loro con
l’intervallo armonico dissonante di
-Tritono (o 5a diminuita). Esso risolve chiudendosi (da 5a diminuita a 3a ) o allargandosi (da 4e
eccedente a 6a ). La tensione del tritono è così caratteristica che anche la sua semplice
presenza a 2 voci assume una forte connotazione dominantica, ovvero di spinta verso la
tonica.

49
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
10. Settime di dominante e sensibile – Settime artificiali

Notiamo inoltre che:


 La D7 è un tipo di settima unica all’interno di ogni tonalità.
 Quindi ascoltando un singolo accordo D7 l’orecchio percepisce subito la tonica a cui
esso tende.
 Gli accordi di D7 sono composti dalla sensibile e da 3 gradi tonali (vedi cap.2 p. 14)
quindi non cambiano al cambiare del modo.
Ad es. la D7 di do maggiore è la stessa di do minore (sol-si-re-fa).

Risoluzione di un accordo di settima di dominante a 4 voci in stato di rivolto

1. si risolvono le due note con movimento obbligato: sensibile sale – settima scende
2. si mantiene la note comune
3. si completa l’accordo di Tonica con la quarta voce.

L’esempio sotto traccia la risoluzione di una settima di dominante rivoltata: V65 - I


Esempio 10.5

Il movimento delle singole voci è identico con tutti e tre i rivolti.

Esempio 10.6

Tuttavia nella realizzazione di V2 I6 la quarta voce può avere


un movimento diverso:
può scendere di grado come con gli altri rivolti, ma può anche
salire di quarta.
Si noti inoltre che per la presenza della settima al basso
V2 risolve sempre su I6

50
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
10. Settime di dominante e sensibile – Settime artificiali

Nel modo minore la funzione di D richiede sempre la sensibile, che si ottiene alzando
cromaticamente il VII grado naturale (vedi cap. 9 VII).
Nell’ es.10.7 in sol minore nelle settime di D il fa (St) viene alzato è diviene fa# (sensibile).

Esempio 10.7

Risolvere la D7 allo stato fondamentale comporta qualche problema, poiché le 4 voci della
settima di dominante non possono muoversi esattamente come con gli accordi di D rivoltati.
La nota comune tra gli accordi di D e T (il V grado) si trova infatti al basso di D7. Se questa
restasse ferma porterebbe ad un I64 che non è un accordo di tonica risolutivo.
Le alternative sono:
una successione V7 I6 molto goffo con raddoppio della terza e movimento parallelo di 7a 8e,
oppure, lo spostamento del V grado al II, con il quale si formano le 5e parallele

Esempio 10.8

N. B. Si osservi peraltro che non si può risolvere sul I 6 venendo dal V 7


ma solo dal V 2 o V.

51
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
10. Settime di dominante e sensibile – Settime artificiali

Per risolvere V7 I si possono dunque usare tre diverse soluzioni alternative:

1) D7 incompleta - T completa: la D7 è incompleta per la mancanza della 5a ed il


raddoppio della fondamentale. Questa soluzione è molto usata, ma non permette il
tipico movimento melodico conclusivo II-I
2) D7 completa - T incompleta: la T è incomplta perché manca la 5a mentre la
fondamentale è triplicata. La presenza di tre fondamentali compensa in parte la
mancanza della quinta (che risuona come terzo armonico della fondamentale).
3) D7 completa - T completa con sensibile che scende: è possibile far scendere di terza
la sensibile se si trova nelle parti interne (contralto - tenore), in questo caso l’effetto
melodico inconsueto della sensibile che non va alla tonica è mascherato dalle parti
esterne (soprano – basso ) che sono in maggior evidenza.

Esempio 10.9

52
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10. Settime di dominante e sensibile – Settime artificiali

IV. Accordi di sensibile D - VII

Oltre agli accordi sul V grado, la funzione di


Esempio 10.10
dominante è assolta dagli accordi che hanno
come fondamentale la sensibile (D).
Questi si usano con in 2 modalità:

 Triade. Con la triade diminuita costruita


sulla sensibile, usata in primo rivolto, e
con raddoppio della terza (non si usa allo
stato fondamentale). Si noti come
nell’esempio 10.10 il VII6 sia simile al V64
di passaggio. D come triade

 Settima. Le settime di sensibile sono di due tipi diversi a seconda del modo.
Mentre la triade del VII e la settima di D sono composte da gradi tonali che non
cambiano in base al modo, le settime di sensibile contengono invece il VI grado che è
un grado modale, ovvero un grado che cambia a seconda del modo. Abbiamo così una
settima di sensibile per il maggiore ed una per il minore.

V. Settime di sensibile D7 Esempio 10.11

 Settima di sensibile del modo maggiore


forma triade diminuita + settima minore
nome 3a specie (semidiminuita)
 Settima di sensibile del modo minore
forma triade diminuita + settima diminuita
Maggiore minore
nome 5a specie (diminuita)

I 2 accordi D7 differiscono dunque per la loro settima che è formata dal VI grado.

53
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10. Settime di dominante e sensibile – Settime artificiali

L’esempio 10.12 evidenzia come la triade di sensibile, con l’aggiunta della settima (VI), si
sdoppi in 2 accordi diversi.

Esempio 10.12

Gli accordi di sensibile D sono anche definiti accordi di dominante con la fondamentale
sottintesa. Si infatti noti come:
-la D7 sia una triade di VII con l’aggiunta del V grado [si-re-fa ------ sol-si-re-fa]
-le D7 con l’aggiunta del V diventino delle none di dominante, anch’esse in due forme

Dalla comunanza tra i due accordi si deduce inoltre che:


-Una D7 che sostituisce il VI grado con il V diventa una D7 e viceversa:
si-re-fa-la --- sol-si-re-fa.

Quando questo scambio (VI-V) avviene Esempio 10.13


rapidamente anche gli accordi di D e D si
alternano altrettanto rapidamente. Si
forma così un unico blocco accordale con
funzione di dominante.
N.B. In questi casi l’analisi richiede buon senso, spesso non occorre indicare ogni singolo
cambiamento di accordo, limitandosi all’accordo in battere, o a quello in maggior evidenza.

VI. Uso delle settime di sensibile

Nell’ uso pratico le due D 7 non sono equivalenti:


 La D 7 del maggiore si usa solo nel modo maggiore, ed è comunque un accordo
generalmente poco usato. Lo stesso tipo di accordo, settima di 3a specie o
semidiminuita, è assai più usato come II grado del modo minore.
 La D 7 del minore (settima diminuita) è invece un accordo molto più usato. E’ inoltre
intercambiabile, oltre al modo minore si può infatti usare anche nel modo maggiore.

54
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10. Settime di dominante e sensibile – Settime artificiali

VII. Settima diminuita

La maggiore rilevanza che ha la D 7 del minore (7a diminuita), è in parte dovuta alle sue
singolari caratteristiche. Essa è infatti un raro
caso di accordo simmetrico, poichè le sue 4 note Esempio 10.14
dividono in 4 parti perfettamente uguali l’ottava.
L’accordo è formato da 3 terze minori
sovrapposte, e tra settima ed l’ottava vi è una 2a
eccedente, che equivale a sua volta alla terza
minore. Abbiamo quindi 4 segmenti uguali di
terza minore ( 3 semitoni) all’interno di un’ottava.

Grazie alla sua simmetria, ogni nota della 7a diminuita puo’ essere considerata la
fondamentale dell’accordo.
Esempio 10.15

La settima diminuita è dunque


polivalente, lo stesso accordo può
infatti appartenere a
4 diverse tonalità minori lontane,
consentendo facili collegamenti
armonici tra di esse. Se si considera
poi che lo stesso accordo può essere
utilizzato anche nel modo maggiore,
le tonalità di una singola 7a diminuita
possono essere 8.

Poiché un singolo accordo può essere


interpretato con 4 quattro diverse fondamentali, in assoluto le settime diminuite possibili
sono 3. Se infatti gli accordi asimmetrici hanno 12 diverse combinazioni, su ogni singolo suono
della scala cromatica, le 7e
Esempio 10.16
diminuite disposte su una
scala cromatica si ripetono,
dopo ogni 3 accordi
uguali enarmonicamente:
3 accordi x 4 tonalità = 12
tonalità.

55
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
10. Settime di dominante e sensibile – Settime artificiali

VIII. Le settime artificiali

Le settime artificiali sono settime che non hanno funzione di dominante.


Le settime artificiali come D e D devono risolvere la settima facendola scendere di grado.
Nelle settime artificiali, diversamente da D e D , la settima deve sempre essere preparata,
deve essere cioè presente nella stessa voce dell’accordo precedente.
Esempio 10.17

Esempio 10.18

Con un’ accordo di settima artificiale si può evitare la


preparazione della settima solo se questa è in forma di nota
di passaggio, cioè all’interno di una scala per gradi congiunti.

Nel modo minore il I grado può essere preparato solo con la


sensibile. E’ una soluzione da evitare poiché la risoluzione
della settima avverrebbe con un passaggio di 2a eccedente
piuttosto aspro.
Dunque la settima di passaggio è l’unica possibilità per
questo accordo di avere la settima (vedi anche cap. 9 IX).

Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia 56


10. Settime di dominante e sensibile – Settime artificiali

IX. Collegamenti tra settime

Gli accordi di settima si possono relazionare tra di loro secondo schemi predefiniti che
permettono la preparazione e la risoluzione delle settime. Le diverse catene di settime
(progressioni) verranno trattate nel prossimo capitolo (11).

Per ora, nell’esempio 10.18, osserviamo in generale che:


se un accordo risolve la sua settima mentre tutte le altre voci restano ferme, si giunge
automaticamente ad un altro accordo di settima. Una situazione che abbiamo già incontrato
nell’alternanza tra D - D (pag. 53).

Esempio 10.19 Muovendo di grado discendente la sola


settima di un accordo si può dunque
formare una catena di quadriadi le cui
fondamentali scendono ogni volta di
terza (V sol – III mi - I do ecc.).

Esempio 10.2 L’esempio 10.19 evidenzia come


questa catena accordale permetta
alle singole settime di essere risolte,
ma anche di essere preparate. Si noti
infine la sequenza progressiva dei 4
stati (7–65–43–2) che dal quinto
accordo si ripete ripartendo dallo
stato fondamentale.

57
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
11. Funzioni armoniche

I. Il linguaggio degli accordi

Nell’armonia tonale, il succedersi degli accordi non è casuale, ma risponde ad una logica
ben definita. Non ci sono regole matematiche, ma un insieme di tendenze, di
inclinazioni, che possono in parte differire a seconda degli stili ed degli autori.
Cercheremo di riassumere le varie componenti che definiscono il linguaggio armonico
tonale, considerando a grandi linee il periodo che va dal barocco al romanticismo.

II. Movimenti delle fondamentali

Uno dei criteri base per definire la successione di 2 accordi è la distanza (intervallo)
tra la fondamentale del primo accordo e quella del secondo.
Consideriamo come prototipo la successione accordale V-I , ovvero uno spostamento
della fondamentale di 5a discendente ( 5a ).
Esempio: in do maggiore: V-I corrisponde alla 5a  sol – do.

Tale movimento si intende in senso assoluto quindi può essere di 5a  o di 4a  .


Tuttavia per convenzione si preferisce usare gli intervalli di:
5a - 3a - 2a rispetto ai corrispettivi rivolti in direzione invertita:
4a - 6a - 7a :
Le successioni possibili sono dunque sei : 2a 2a  3a  3a  5a  5a 

Queste 6 successioni hanno carattere differente, e si suddividono in successioni forti


e deboli che vanno ben memorizzate:
 Successioni forti : 5a  3a 2a 
 Successioni deboli : 2a  3a  5a 

Tali successioni sono qui indicate in ordine decrescente di forza e di debolezza,


tuttavia esse sono influenzate anche da altri elementi che vedremo in seguito.
Va comunque segnalato che le successioni di 2a sono più forti quando salgono di
semitono piuttosto che quando salgono di tono.
In generale le successioni deboli rivelano una certa staticità, e sono usate piuttosto
raramente, preferibilmente su tempi ritmici deboli (non a cavallo di battuta), o come
accordi di passaggio.
Le successioni forti sono utilizzate in assoluta prevalenza avendo maggiore
propulsione e spinta, in particolare nei cambi di battuta, dove i movimenti armonici
contribuiscono ad evidenziare la scansione ritmica del metro.

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11.Funzioni armoniche

Esempio 11.1

59
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
11.Funzioni armoniche

III. Le tre funzioni principali Sd D T

Con le funzioni armoniche i diversi accordi della tonalità vengono distinti in base alla
loro inclinazione di movimento.

 Al centro del sistema tonale vi è la funzione di Tonica (T) , punto di partenza, di


arrivo e di equilibrio della tonalità. Ad essa appartiene l’accordo del I.

 In antitesi alla Tonica vi è la funzione di Dominante (D) che, armonizzando il


VII grado in funzione di sensibile, ha una intrinseca forza propulsiva proprio verso la
Tonica. Come già abbiamo visto nei capitoli 9 e 10 la funzione di dominante è assolta da
due accordi : V e VII (sensibile).

 Al dualismo D–T si aggiunge un terzo polo, la funzione di Sottodominante


(Sd).Anche questa funzione è assolta da due accordi: IV e II . La sua naturale
inclinazione è quella di anticipare gli accordi di Dominante, oltre alla tendenza del solo
IV ad alternarsi con la T.

 Gli accordi che non appartengono esplicitamente a queste tre funzioni sono:
VI III e St (VII della scala naturale nel modo minore).
Il VI (ed il III del modo maggiore) sono tuttavia considerati delle alternative, ovvero
delle sostituzioni dell’accordo di tonica , con il quale hanno entrambe due note in
comune.

60
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
11.Funzioni armoniche

IV. Relazioni tra le funzioni armoniche

Con la funzione di Sottodominante (Sd) la successione D-T si può ampliare a 3 funzioni


Sd–D–T: questa stringa accordale è una frase armonica fondamentale nel linguaggio
tonale, con una forte spinta cadenzale, ovvero di conclusione o articolazione del
discorso musicale.
La Sd ha una tendenza privilegiata verso la D, ma non viceversa, il rapporto tra Sd e D
è infatti unidirezionale. La D molto raramente si porta sulla Sd.
Esempio 11.2

Nelle caselle di Sd e D vi sono entrambe gli


accordi propri di ogni funzione.
Una freccia indica la direzione univoca con cui
eventualmente i 2 accordi si susseguono tra loro:
Sd: IV II (successione forte di 3a )
D: VII V (successione forte di 3a )
Va notato che, con qualunque combinazione di
accordi, la stringa Sd–D–T presenta sempre delle
successioni forti: 5a  3a  2a 
Esempio 11.3 Es. II-V-I IV-V-I IV-VII-I II-VII-I

La T tende a portarsi verso la Sd:


I-IV movimento di 5a ,
I-II movimento di 2a  .
La T ha poi un rapporto reciproco con la funzione
di D. Sebbene T-D sia teoricamente una
successione debole (5a o 2a) è comunque una
convincente per l’importanza delle due funzioni
principali (T D).
Esempio 11.4
Il IV grado ha anch’esso un rapporto di
reciprocità con il I. Si noti come questa relazione
non avvenga con entrambe gli accordi di Sd ma
solo con il IV ( non si usa quindi I – II – I ).
Normalmente il sistema tonale prevede dunque 2
casi di successione armonica avanti-indietro :
T–D-T (D–T–D) e T–Sd–T.
Si tratta infatti della relazione reciproca della T
con le 2 principali funzioni tonali SD e D.

61
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
11.Funzioni armoniche

Il VI grado, pur avendo una forte


Esempio 11.5
affinità con la T (2 note in comune),
non ha il senso di stabilità e riposo
proprio della T. Non assegnamo
dunque al VI la funzione di T,
considerandolo invece una alternativa
alla T.
La sua tendenza principale è quella di
portarsi verso la funzione di Sd. Si
può così ottenere una striscia
accordale con 4 funzioni:VI-Sd–D–T.
Gli accordi da cui proviene sono:
I , V (successione d’inganno) , III.

Come il VI anche il III terzo, pur


Esempio 11.6 avendo affinità con la T, si considera
indipendente dalle tre funzioni
principali.
maggiore , poiché ha
caratteristiche in parte diverse
rispetto al III del modo minore.
Il III è un accordo transitorio, di
poco peso, ed è l’accordo meno
utilizzato. Si usa prevalentemente
nelle progressioni armoniche.
Il III (m.magg) va al VI e al IV.
Il III (m.magg) viene da D e T .
Si noti che la successione I-III è
debole (3a ) va dunque fatta
all’interno della stessa battuta, e non
a cavallo di due battute.

62
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11.Funzioni armoniche

V. Il modo minore, alcune differenze

Nel modo minore le principali funzioni armoniche si comportano analogamente al modo


maggiore. Le differenze sono date invece dal III grado, e dalla duplice possibilità
offerta dal VII grado: Sottotonica - Sensibile.
Esempio 11.7
Quando la Sd (più raramente la T) si
porta su accordi che contengono il
VII grado abbiamo uno snodo che
consente due alternative:
VII alzato (sensibile) accordo di D
VII naturale (St) accordo di St
Alle funzioni armoniche già incontrate
nel maggiore il modo minore aggiunge
così un ulteriore accordo: la
Sottotonica (St). Caratteristica
dell’accordo di St è di essere
dominante del III, ovvero della
tonalità relativa maggiore.
La St tende dunque con forza al III.

Il III nel modo minore è quasi sempre


Esempio 11.8 costruito sulla scala naturale, contiene
quindi la St come 5a dell’accordo.
Diversamente dal modo maggiore, il
III non proviene dunque dalla D (che
contiene la sensibile) ma dall’accordo
di St.
La stringa St–III evidenzia la
tendenza centrifuga del modo minore,
cioè la sua tendenza a deviare
momentaneamente verso la sua
relativa maggiore (III).
St–III corrisponde dunque a D–T della
relativa maggiore. St può essere quindi
sostituita dal II, che essendo un
accordo diminuito corrisponde alla D
del III. Invece di St-III possiamo
dunque avere II-III, una successione
che sarebbe piuttosto inusuale nel
modo maggiore.

63
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
11.Funzioni armoniche

Esempio 11.9

Il III, a sua volta, ha la stessa


direzionalità che riscontriamo
nel modo maggiore.
Il III tende cioè al VI o al IV.
Se non c’è l’intenzione di una
vera e propria modulazione,
molto spesso la deviazione alla
relativa maggiore (III) viene
fatta rientrare tornando verso
la funzione di D che con la
sensibile riafferma la tonalità
minore partenza.

Esempio 11.10

La deviazione alla relativa maggiore (III) ed il


successivo rientro in tonalità minore
attraverso la D, in molti casi si configura come
una catena di accordi (progressione) collegati
per 5a  che è visualizzata dallo schema qui a
fianco, ovvero:
(T) – IV – St – III – VI – II – D - T

Esempio 11.11

Nell’esempio a fianco
la progressione di
quinte è realizzata
con l’uso di settime.

64
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
11.Funzioni armoniche

VI. Una SD particolare: la sesta napoletana

Nel modo minore può accadere spesso di incontrare un singolare accordo di Sd .

Tale accordo è un II6 che ha come fondamentale


Esempio 11.10
il II grado abbassato della tonalità.
Così, invece di un accordo diminuito, si ha una
triade maggiore in primo rivolto denominata sesta
napoletana (nap).
Tale accordo sostituisce dunque la normale
funzione sottodominantica del II6 , tende quindi a
portarsi su un V o su un I64 di cadenza.

Si noti che nel collegamento nap-V la fondamentale abbassata IIb si porta sulla
sensibile (3a del V) con un movimento di 3a diminuita, mentre sull’accordo di V un’altra
voce riporta in forma naturale il II grado, questo passaggio cromatico tra IIb e II
avviene tra due voci diverse con una falsa relazione, ovvero un cromatismo effettuato
tra due voci diverse che normalmente andrebbe evitato, ma che in questo caso viene
comunemente accettato.
Esempio 11.10

La 3a diminuita viene invece evitata se la nap


risolve sul I64 di cadenza prima di arrivare

Esempio 11.10

al V.

65
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
11.Funzioni armoniche

VII. Influenza del basso (rivolti) nelle successioni armoniche

Per ora abbiamo sempre indentificato i diversi spostamenti accordali unicamente in


base al movimento delle fondamentali senza considerare l’andamento del basso.
Sebbene subordinata al movimento delle fondamentali, la linea del basso ha tuttavia
una certa influenza sulla spinta delle successioni armoniche.

Qui sotto abbiamo esempi di D-T con basso in movimento:

Esempio 11.12

Osserviamo quindi alternanze D-T con basso fermo.

Esempio 11.13

Le prime 2 successioni presentano il I64


come volta o appoggiatura del V.
A dispetto della sua fondamentale il I64,
assume la funzione di D, vi è insomma
una sola funzione senza un vero e
proprio movimento armonico.

Nel esempio a lato, nonostante il basso


fermo, si evidenziano invece due
funzioni diverse con movimento
armonico.

66
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
11.Funzioni armoniche

Esempio 11.14
Quando i collegamenti di 3a  con triadi si
alternano con le numeriche 53 – 63 abbiamo
il basso fermo.

Sebbene il collegamento di 3a  sia forte,


quando avviene con il basso fermo ha poca
spinta, non è quindi opportuno disporlo a
cavallo di battuta.

Esempio 11.18 Un collegamento di 2a  ha il basso fermo quando si gli


accordi si susseguono con 53 – 2 . La mancanza di note
comuni e l’uso della settima danno alla successione una
buona spinta. Si può quindi usare a cavallo di battuta.
Attenzione alle 5e parallele !

Un movimento debole di 2a può trovare spinta da un


Esempio 11.19 basso che sale invece di grado. Nell’esempio a fianco
abbiamo un insolita successione V–IV che viene
compensata dal movimento ascendente del basso (e dalla
successiva salita all’accordo di V65 )

Esempio 11.20
Il movimento ascendente Tono-semitono del basso rende
particolarmente convincente la successione dei gradi VI-V-
I con il V in primo rivolto Es. 11.20.
Per analogia il movimento II-I diviene forte con la
successione II- I6-IV.

Si noti che il movimento VI-V-I può essere convincente Esempio 11.21


anche con gli accordi allo stato fondamentale, quando il
discorso musicale evidenzia il VI come fosse un accordo
minore che si sposta verso la sua relativa maggiore.
VI-V-I (sol Mag.) = I-St-III (mi min.)

67
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
11.Funzioni armoniche

I. Cenni sulle progressioni

Quando un breve modello musicale (armonia-melodia-ritmo) si ripete trasportato


progressivamente su un diverso grado abbiamo una progressione.
Senza approfondire le diverse casistiche, osserviamo qui il più comune modello di
progressione solo dal punto di vista armonico.

II. Progressioni di settime per quinte discendenti

Le progressioni di settime per 5e discendenti sono formate da un semplice modello di


2 accordi, e si possono articolare in 3 modi, in base al modello di numeriche utilizzato:
43-7 65-2 7-7

Esempio 11.22 Esempio 11.23

Negli esempi il circolo degli accordi è completo , si parte e si arriva sul I grado. Per
questo le 5e non sono tutte giuste, una 5a è diminuita, altrimenti il circolo completo
sarebbe di 12 accordi, e si uscirebbe dalla tonalità iniziale.

Esempio 11.24
Si noti che la progressione 7-7 , ovvero
con tutti gli accordi allo stato
fondamentale, implica l’alternanza tra
un accordo completo, ed uno senza la
5a con il raddoppio della fondamentale,
ovvero un accordo incompleto.

68
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
12. Tonalità vicine

I. Le tonalità, modulazioni

Una singola tonalità corrisponde ad un’area musicale circoscritta, ben percepita dal nostro
orecchio, definita dal materiale sonoro (scala) che viene prevalentemente utilizzato. Uno dei
principali mezzi con cui dare varietà e spessore alla costruzione di un brano musicale è la
modulazione, ovvero il passaggio da un’ area tonale (tonalità) ad un’altra.

II. Distanza tra tonalità

La distanza, ovvero il grado di affinità tra due aree tonali, dipende dal numero di note comuni
e di note differenti che vi sono tra loro. Tra due tonalità più vi sono note differenti,
maggiore è la loro distanza e viceversa.

Tale distanza si misura in quinte, Esempio 12.1


come appare evidente osservando
il circolo delle quinte.
Ad ogni quinta di spostamento vi
è una nota (alterazione in chiave)
che cambia rispetto alla tonalità
di partenza (vedi cap. 3 pag.16).
Osserviamo nell’esempio a lato:
tra Do magg. e La magg.
(comprese le relative minori) vi
è una distanza di 3 quinte,
ovvero 3 note (alterazioni) di
differenza;
tra Lab magg. e Sib magg.
(comprese le relative minori) vi
è una distanza di 2 quinte,
ovvero 2 note (alterazioni) di
differenza.

Ascoltando una modulazione tra 2 tonalità, quanto più esse sono vicine tra loro (molte note
comuni), tanto più è graduale il passaggio dall’una all’altra. Viceversa quanto più esse sono
lontane (molte note differenti), tanto più forte sarà lo scarto percepito in tale passaggio
modulante.

69
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
12. Tonalità vicine

III. Tonalità vicine

La distanza minima tra due tonalità è di una quinta, in questo caso esse hanno sei note in
comune e una nota diversa.
Per definizione: data una tonalità le sue tonalità vicine, o toni vicini, sono quelle che si
trovano una quinta sopra ed una quinta sotto comprese le 3 tonalità relative.
Ogni tonalità, maggiore o minore ha quindi 5 tonalità vicine:
-una coppia di tonalità una quinta sopra
-una coppia di tonalità una quinta sotto
-la sua relativa (stessa colonna - stesse alterazioni in chiave)
L’orecchio percepisce le tonalità vicine come fortemente correlate tra di loro, tanto che nella
musica tonale le modulazioni tra di esse sono assolutamente preponderanti.

IV. Una tonalità contiene già gli accordi di T dei suoi toni vicini

Data una tonalità maggiore le 5 triadi su II, III, IV, V e VI grado corrispondono, anche nel
modo, alle 5 triadi di tonica delle 5 tonalità vicine. Nel modo minore quetsa corrispondenza
con toni vicini si ha con le triadi della scala naturale: III, IV, V, VI, VII.
Esempio 12.2

Esempio 12.3

Do maggiore o La minore:
toni vicini
Estratto dal circolo delle quinte

Do maggiore e La minore: triadi dei toni vicini sulla scala

Si noti che:
• Su II, III, IV, V e VI grado del modo maggiore le triadi sono consonanti (maggiori o
minori) quindi possono essere a loro volta triadi di tonica di altre tonalità
• Sul VII grado del modo maggiore e sul II del modo minore la triade è diminuita
(dissonante), quindi non può essere tonica di nessuna tonalità. I conti tornano: 6
tonalità + 1 accordo diminuito, 7 gradi della scala.
• Nel modo minore la tonalità vicina costruita sul V grado è minore, diversamente dal
consueto accordo di V della scala armonica che è maggiore.

70
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
12. Tonalità vicine

V. Costruire lo specchietto delle tonalità vicine

Prendiamo una data tonalità maggiore, e inseriamo in una tabella 3X2 (3 colonne e 2 righe).
Esempio 12.4

Inseriamo i gradi dal I al VI della scala nell’ordine indicato nell’esempio. In tal modo
riproduciamo un frammento del circolo delle quinte, come nell’Es. 12.3.

Aggiungiamo 2 caselle laterali e 3 caselle inferiori, quindi:


nella casella di destra inseriamo il IV grado alzato cromaticamente di do M (o VI# di la min)
nella casella di sinistra il VII grado abbassato cromaticamente di do M (o IIb di la min)
nelle lunette inferiori inseriamo le 3 sensibili delle 3 tonalità minori relative.

Esempio 12.5

Nel caso si debba compilare lo specchietto di una tonalità minore, si consiglia di partire
ugualmente dalla sua relativa maggiore, affinchè nella riga superiore vi siano sempre le
tonalità maggiori, e sotto le tonalità minore.
Lo specchietto è quindi utilizzabile per entrambe le 2 tonalità relative.

71
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
12. Tonalità vicine

VI. Lettura e uso pratico dello specchietto

Data una tonalità, o la sua relativa minore, lo specchietto evidenzia: Esempio 12.6
• le tonalità ad essa vicine vicine e la loro disposizione (5a o
5a ). Il suo nucleo è infatti uno spaccato del circolo delle
quinte
• le 5 note alterate che in essa si possono normalmente
incontrare, e le tonalità vicine verso a cui esse spingono. Spaccato del circolo
delle 5e

Colonna centrale: le 2 tonalità di riferimento.


riferimento

Colonna sn : Colonna dx:


tonalità una 5a verso i b tonalità una 5a verso i #

Casella sn : Casella dx :
nota abbassata (VIIb del nota alzata (IV# del maggiore,
maggiore IIb del minore) VI# del minore), che porta
che porta alle tonalità della alle tonalità della colonna dx.
colonna sn.

Lunette inferiori: sensibili delle tonalità minori

Attenzione: lo specchietto indica le note alterate che hanno una funzione strutturale di
spinta verso una data area tonale, da non confondere con semplici cromatismi di abbellimento.

Esempio 12.8

72
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
12. Tonalità vicine

Osserviamo lo specchietto di re maggiore/si minore dell’esempio 12.9.


Qui si evidenzia come la presenza della nota sol# possa indicare una deviazione a destra del
circolo dell quinte, ovvero verso La maggiore/fa# minore. La concomitanza delle note sol# e
mi# è una indicazione chiara che rivela la tonalità di fa# minore. Mentre la presenza del solo
sol#, se prolungata e in concomitanza del re naturale diventerà segnale univoco della tonalità
di sol maggiore.

Esempio 12.9

VII. Specchietto allargato al VIb

Aggiungiamo 3 lunette nella parte superiore dello specchietto, in ognuna di esse inseriamo le
note delle lunette inferiori della colonna corrispondente, sostituendole con gli equivalenti
enarmonici del grado soprastante Es: da re# a mib.

Esempio 12.10
In tal modo sopra ogni
casella delle tre tonalità
maggiori abbiamo il
corrispondente VI grado
abbassato, ovvero quella
nota di colore minore
che a volte viene
utilizzata nel maggiore.
Allarghiamo dunque lo
spettro dei cromatismi
possibili a partire da una
data tonalità

73
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
13. Dominanti secondarie
I. Tonicizzazioni
Le tonicizzazioni sono cambiamenti di tonalità (modulazioni) molto brevi, a volte non durano
nemmeno il tempo di una pulsazione ritmica, che non intaccano il senso della tonalità
principale. Queste modulazioni avvengono sulle tonalità vicine della tonalità principale, ovvero
sui 5 gradi della scala, esclusa la tonica, sui quali vi sono triadi consonanti (maggiori-minori).
La tonicizzazione è una tecnica usata molto frequentemente, che serve non tanto a cambiare
tonalità, quanto ad enfatizzare in maniera particolare il passaggio ad uno degli accordi
consonanti diverso dalla tonica.

II. Dominanti secondarie


Per avere una tonicizzazione occorre creare artificialmente, con opportune alterazioni,
l’accordo di dominante del grado che si vuole tonicizzare. Questi accordi si chiamano
dominanti secondarie ( DS ).

Esempio 13.1

Le DS si indicano normalmente con 3 elementi:


V/ o D/ il grado da tonicizzare la corrispondente numerazione dello stato.
Es. V/IV 5 oppure D/IV 5 . In questo caso la dicitura è: quinto del quarto65 .
6 6

n.b. si può trovare anche la formula V 65 del V (W. Piston) o V 65 /V

III. Uso delle settime di dominante come DS


Per formare una DS occorre un accordo dominantico.
Il più comune è la settima di dominante.
Ricordiamo che la relazione tra D e T è di 5a giusta :
La D di un dato grado si trova rispetto ad esso una 5a giusta (sopra)
a
Un dato grado è D del grado che si trova una 5 giusta (sotto)
Occorre esercitarsi ad avere confidenza con questo tipo di relazione nelle diverse scale.

74
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
13. Dominanti secondarie

IV. Relazione di 5a giusta tra i gradi della scala maggiore

Nella scala maggiore ogni grado fa da D di un altro grado ed ha come D un altro grado.
Tuttavia:
• Il circolo di 5e giuste tra le note della scala non è un circolo chiuso.
• Gli estremi sono VII e IV grado (scala maggiore)
• Il IV è dominante di una nota estranea alla scala (es. Fa – Sib )
• Il VII ha per dominante una nota estranea alla scala (es Fa# - Si)

Il VII è D del III (es si – mi )


Il III è D del VI (es. mi – la)
Il VI è D del II (es. la - re)
Il II è D del V (es. re – sol)
Il V è D del I (es. sol –do )
Il I è D del IV (es. do – fa )
Esempio 13.2

Osservazioni:
• Il IV grado non è dominante di nessun grado della scala
• Il VII grado della scala non ha come dominante un grado della scala
• Sul VII grado vi è una triade diminuita quindi non può essere tonicizzato
• Le note estranee alla tonalità in relazione di 5a giusta con IV e VII sono le due note
alterate che portano alle tonalità vicine (vedi specchietto)
• Osservando il circolo di quinte della scala, si nota che proprio le note estreme, che
non hanno rapporto di 5e giusta, formano tra di loro la tensione di tritono:
“sensibile –controsensibile” dell’accordo di D (5e diminuita )
• I 5 gradi della scala maggiore su cui si possono formare le DS sono dunque:
VII, III, VI, II, I.

75
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
13. Dominanti secondarie

V. Trasformazione di un accordo diatonico in DS nel modo maggiore

Per trasformare in settima di dominante un accordo diatonico su VII, III, VI, II o I, occorre
formare una triade maggiore, aggiungendo una 7a minore. Cio’ comporta l’alterazione di una o
due note dell’accordo diatonico di partenza.
Nel’esempio 13.1 si nota la trasformazione dell’accordo diatonico in DS e la sua risoluzione
una 5a sul grado da tonicizzare.

Abbiamo dunque la catena dei 7 gradi collegati per 5a dell’ es. 13.1
VII III VI II V I IV
Iniziamo dal VII, che è è diminuito e non può essere tonicizzato, ovvero non ha una DS.
Di 7 sette gradi due non posono diventare DS:
il V , che è già D ( principale ) IV , che è D di un grado estraneo alla tonalità (sib) .

Esempio 13.1

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13. Dominanti secondarie

I 3 tipi di alterazione per formare settime di dominante come DS del modo maggiore:

Esempio 13.2

Alterazione della 3a e della 5a


(dell’accordo diatonico)
Costruendo una DS sul VII [D/III] (poco usata)
la triade diminuita diventa maggiore, si devono dunque
alzare cromaticamente 2 note: la 3a e la 5a della triade,
l’aggiunta della 7a minore non comporta invece nessuna
alterazione.

Alterazione della 3a
(dell’accordo diatonico) Alterazione della 7a
Costruendo una DS sui 3 gradi con triade minore: (dell’accordo diatonico)
II [D/V] , III [D/VI] , VI [D/II] Costruendo una DS sul I [D/IV]
la triade minore diventa maggiore, si alza dunque la 3a la triade è gia maggiore e non
della triade di 1 semitono cromatico, l’aggiunta della 7a serveno alterazioni, va invece
minore non comporta invece nessuna alterazione. creata la 7a minore abbassando
di un semitono il VII grado

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13. Dominanti secondarie

VI. Risoluzione delle DS


La risoluzione delle DS è identica ha quella di una normale settima di D con la sensibile che
sale alla tonica (momentanea) , e la 7a che scende di grado.

Esempio 13.3

VII. DS nel modo minore

Teoricamente anche nel modo minore le DS sono 5.


Tuttavia nella pratica sono due (vedi par.VIII): D/V e D/IV

Per formare D/V e D/IV nel modo minore si modificano i seguenti accordi :

Esempio 13.3
II grado [D/V]
La triade diminuita (II) diventa triade
maggiore alterando la 3a e la 5a , mentre
la 7a non va alterata.

I grado [D/IV]
La triade minore (I) diventa maggiore alterando la 3a, mentre la 7a non va alterata.
Va ricordato però che la 7a dell’accordo sul I grado è il VII grado, nel caso che questo sia
stato precedentemente alterato per formare un accordo di V, esso deve ritornare naturale
attraverso una alterazione esplicita.

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13. Dominanti secondarie

VIII. Le altre tre DS del minore non denominate come tali

La 7a di dominante costruita sulla St (VII naturale)


Esempio 14.3 corrisponderebbe al D/III del modo minore.
Questo accordo diatonico (senza alterazioni)
preferibilmente non viene definito come DS ma
semplicemente: VII o St. Qui non vi è infatti nessuna
intensificazione cromatica del carattere dominantico
dell’accordo diatonico, bensì il tipico sconfinamento del
modo minore verso la sua relativa maggiore ampiamente
descritto nel capitolo 11 (pag. 62-63).

In linea teorica nel modo minore esistono anche: D/VI e D/VII.


Diversamente dal D/III sarebbero accordi cromatici, ma difficilmente possono considerarsi
DS, perché di solito presuppongono una vera e propria modulazione.

IX. Alterazioni nelle DS


Ad eccezione per la D/III nel modo minore, che come visto si considera semplicemente St, le
DS si segnalano sempre per la presenza di una o due alterazioni cromatiche. Queste
alterazioni appartengono al gruppo delle 5 alterazioni delle tonalità vicine alla tonalità
d’impianto (specchietto toni vicini).

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13. Dominanti secondarie

X. DS con accordi diversi dalla settima di dominante

Le DS normalmente utilizzano le settime di dominante.


Tutti gli accordi dominantici (D e D) possono tuttavia svolgere tale funzione.
Possiamo avere DS con semplici triadi usando D e D :

Esempio 15.3
Triade maggiore come D del grado da
tonicizzare

Triade diminuita come D del grado da


tonicizzare

Esempio 16.3
Non si può però avere il D/IV in maggiore con una
semplice triade maggiore, senza settima alterata
non si distinguerebbe infatti dal semplice accordo
diatonico sul I grado.

Possiamo anche avere DS con settime di sensibile ( D )

Esempio 17.3
Nelle DS formate da una D la
fondamentale dell’accordo non
appartiene alle note della
tonalità. Essa è infatti la
sensibile del grado da
tonicizzare.

Quindi ad eccezione della D/IV del maggiore (costruita sul III grado diatonico della scala),
le fondamentali della DS con D sono sempre gradi alterati (sensibili artificiali).

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14. Accordi e Funzioni armoniche

I. Ogni grado armonico ha il suo accordo

Ogni tipo di scala (magg, min. ecc.) ha sempre lo stesso tipo di accordo su ognuno dei suoi
gradi. Ciò vale sia per le triadi che per le settime (e per gli accordi superiori).
E’ importante memorizzare tutti i tipi di triadi e di settime che si trovano sui diversi gradi
delle scale maggiori e minori.

II. Triadi-grado armonico nel modo maggiore

Nel modo maggiore vi sono:


1 triade dissonante (diminuita) che si trova sulla sensibile: D
6 triadi consonanti, che coincidono con le 6 tonalità tra loro vicine, ovvero:

3 triadi maggiori sui gradi principali: T SD D


3 triadi minori sui gradi: II III VI

Esempio 14.1

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14. Accordi e funzioni armoniche

III. Settime-grado armonico nel modo maggiore

Le settime del modo maggiore derivano dalle triadi corrispondenti:


Dalle 3 triadi minori derivano:
3 settime minori (-7 o 2asp) su II III VI con l’aggiunta di una 7aminore alla triade

Esempio 14.2

Dalle 3 triadi maggiori derivano:


1 settima di dominante (7 o 1asp) su D con l’aggiunta di una 7aminore alla triade
2 settime maggiori (maj7 o 4asp) su T e SD con l’aggiunta di una 7amaggiore alla triade
Dalla triade diminuita deriva:
1 settima semidiminuita (sd o 3asp) su D con l’aggiunta di una 7aminore alla triade

IV. Accordo-funzione nel modo minore

Il modo minore ha un panorama di accordi più complesso rispetto al modo maggiore.


La teoria prevede 3 scale (naturale , armonica, melodica) .
Teoricamente ci sono dunque 7 triadi o settime x 3 scale (21 triadi o settime).

Esempio 14.3

Memorizzare queste 3
scale armonizzate non
è molto funzionale.
Oltre agli accordi che
si ripetono, vi sono
accordi che raramente
si usano, ed alcuni che
praticamente non
vengono mai usati.
Conviene dunque
memorizzare gli 8
accordi (triadi e settime) più frequenti, ed poi individuare quelli usati con minor frequenza.

82
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14. Accordi e funzioni armoniche

V. Le triadi più comuni nel modo minore (scala di 8 note)

Il modo minore tonale nella pratica prevede l’uso di 8 note, ovvero la combinazione tra la
scala minore naturale e la minore armonica (tralasciando per il momento la scala minore
melodica con la quale le note diventerebbero 9).
Con 8 note le triadi possibili sono 10, nella pratica se ne usano però 8:

2 triadi minori I SD 4 triadi maggiori III D VI St 2 triadi diminuite II D

Esempio 14.4

VI. Le settime più comuni nel modo minore (scala di 8 note)

Dalle 8 triadi usate comunemente nel minore derivano 8 settime corrispondenti:

2 settime minori (-7 o 2aspecie) su T SD con l’aggiunta di una 7aminore alla triade
2 settime maggiori (maj7 o 4asp) su III VI con l’aggiunta di una 7amaggiore alla triade

Esempio 14.5

2 settime di dominante (7 o 1asp) su D St con l’aggiunta di una 7aminore alla triade


1 settima semidiminuita (sd o 3asp) su II con l’aggiunta di una 7aminore alla triade
1 settima diminuita (dim o 5asp) su D con l’aggiunta di una 7adiminuita alla triade

n.b. La settima dell’accordo di T non può essere preparata, quindi l’uso della settima è
possibile solo come nota di passaggio (vedi es.10.18 pag. 56).

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14. Accordi e funzioni armoniche

V
VII. Gli accordi
a tiipici della scala min
nore armo
onica

L’usso della scala


s melo
odica è abbastanza a limitato, a volte si trova solo comme movime ento
mellodico di passaggio.
p Nel caso in cui l’allterazione
e ascenden
nte del VII grado no
on sia nota
a di
passsaggio ma a nota di un accord do, la triad de utilizza
ata può essere: II SD VI# #. Di que esti
acccordi il più comune è la SD che e da minorre diventa maggiore..
Inooltre, poic ché il VI alzato
a
è sempre
s seeguito dal VII Essempio 14.6
alzaato, l’acco
ordo succe essivo
sarà sempre di D.

In
n la minore
e

Essempio 14.6

In do
o minore

cordo di v minore (sscala mino


VIII. Acc ore natura
ale)

La triade
t cosstruita sulla D è quasi sempre maggiore, ovvero è costruita a sulla scala armonica (o
mellodica) conn la sensibbile che dà
à all’accord
do la funzione di domminante.
Neii rari casi in cui il V è costruito sulla sc
cala natura
ale, la tria
ade è mino
ore. L’ acco
ordo, che non
è più
p domina antico, non n va alla tonica
t ma ha un and damento did passaggio portand dosi verso
o gli
acc
cordi con ill VI grado o naturale (SD II VI).
V

Essempio 14..7

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Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
15. Seste eccedenti

I. Funzione delle seste eccedenti

Gli accordi di sesta eccedente sono accordi singolari che vengono utilizzati per raggiungere
con particolare enfasi gli accordi di dominante (cadenze sospese).
Le 6e ecc. sono accordi propri del modo minore, tuttavia alcune volte vengono usate anche
nel modo maggiore con l’aggiunta delle opportune alterazioni.

II. D/D del minore con una sola alterazione

Le 6e ecc. si possono considerare delle


Esempio 15.1 Dominanti Secondarie del V grado del modo
minore, D/D o D/D, con una sola alterazione.

Sappiamo infatti che le D/D del modo minore


devono avere 2 alterazioni ascendenti:
IV grado, alzato per diventare sensibile del
V grado,
VI grado, alzato per mantenere il rapporto
di 3a minore con il IV# (fa#-la).

Esempio 15.2

Le 6e ecc. sono invece D/D che hanno


unicamente il

IV grado alterato;

il VI grado resta invece inalterato-minore


ed è sempre al basso

Tra il VI grado, sempre al basso, ed il IV alzato, in una della parti superiori, si forma un
intervallo di 6a eccedente da cui deriva il nome dei relativi accordi.

Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia 85


15. Seste eccedenti

III. Francese Tedesca Italiana

I tre tipi di 6e eccedenti sono sostanzialmente simili tra loro.


La differenza si può individuare osservando le tre D/D da cui essi derivano.

Esempio 15.3

La D/D43 con il VI minore al basso


diventa Sesta francese
La D/D 65 con il VI minore al basso
diventa Sesta tedesca
La D/D 6 con il VI minore al basso
diventa Sesta italiana

Data però la complessità della


numerazione, si preferisce numerare
gli accordi in questione con una sigla
derivata dal loro nome:

Sesta francese Fr Sesta tedesca Ted Sesta italiana It

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15. Seste eccedenti

IV. Intervalli di 3a diminuita e 6a eccedente

Come abbiamo visto tra il VI al basso ed il IV# si forma un intervallo di 6a eccedente.


Il rivolto della 6a eccedente è la 3a diminuita, che corrisponde a due semitoni diatonici.
La la 3a diminuita è la distanza tra il IV# ed il VI minore.

Esempio 15.4 Le 6a eccedenti sono gli unici accordi che,


nella disposizione teorica per terze, contengono
una
3a diminuita.

Esempio 15.5

Tuttavia, poiché gli accordi


hanno sempre il VI grado
minore al basso, la 3a diminuita
si presenta sempre come:
6e eccedente.

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15. Seste eccedenti

V. Costruire (e riconoscere) le 6e eccedenti con i gradi della scala

Poiché la definizione e la costruzione delle 6eeccedenti come accordi per terze è piuttosto
complessa suggeriamo un metodo pratico piuttosto insolito.

Le 6e eccedenti si possono costruire o riconoscere utilizzando direttamente i gradi della


scala minore naturale (o armonica) che li costituiscono.

Esempio 15.6

Punto di partenza è il basso che


coincide sempre con il VI grado
della scala minore (armonica o
naturale).

Esempio 15.7

Nelle altre voci vi è sempre il IV#


tipico di tutte le D/DEd il I grado

VI al basso, I , IV# sono dunque le tre note di base di tutti gli accordi di 6a eccedente.

Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia 88


15. Seste eccedenti

Aggiungendo alle 3 note base una quarta nota si differenziano i 3 tipi di accordi.

Esempio 15.8
Sesta italiana: I grado
Viene raddoppiata la tonica,
l’accordo è una triade

Esempio 15.9
Sesta francese: II grado
L’accordo è una settima , con il II
grado di fondamentale

Esempio 15.10
Sesta tedesca: III grado
L’accordo è una settima , con il
IV# grado di fondamentale

Riassumendo:
Sesta italiana: VI-IV#-I-I
Sesta francese: VI-IV#-I-II
Sesta tedesca: VI-IV#-I-III

N.B. il VI è sempre al basso, le altre tre note si possono distribuire liberamente nelle voci
superiori.

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15. Seste eccedenti

VI. Risoluzione delle 6e eccedenti

La normale risoluzione delle 6e eccedenti porta alla dominante.

Esempio 15.11
La risoluzione parte dalle due voci che formano l’intervallo
di 6aeccedente che risolvono obbligatoriamente con un
movimento contrario di 2 semitoni
quasi fossero due sensibili opposte che si aprono sull’ottava
del V grado.

Le altre due voci completano la risoluzione verso la dominante.


Tra le diverse possibili risoluzioni delle 6e eccedenti usate in letteratura le più comuni sono:
-Direttamente sul V grado
-Oppure su I64 di cadenza seguito dal V

In particolare:
Esempio 15.12

La Ted preferisce non risolvere direttamente sul


V perché in tal modo si fanno inevitabilmente
due 5e parallele.

Sebbene tali 5e siano tollerate, si preferisce


risolvere la Ted con I64 V.

Esempio 15.13

La It e la Fr invece tendono comunemente a


risolvere direttamente sul V

Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia 90


15. Seste eccedenti

VII. Le 6e eccedenti nel modo maggiore

Pur essendo accordi del modo minore , le 6e eccedenti si usano a volte come accordi cromatici
anche nel modo maggiore. L’effetto è quello di una enfatizzazione ancora più marcata del loro
carattere.
Cambiando modo gli accordi restano identici, bisogna però aggiungervi delle alterazioni
momentanee.
Nel modo minore l’unica alterazione momentanea è il IV#, nel modo maggiore bisogna invece:

- alterare in maniera discendente il III grado maggiore (solo nella Ted)


Esempio 15.14

e bisogna alterare sempre in maniera discendente il VI grado maggiore del basso.

Ricordiamo che III e VI sono i 2 gradi modali, ovvero che cambiano tra maggiore e minore.

Quindi, costruendo gli accordi partendo dai gradi della scala maggiore:

Esempio 14.15

in tutte le 6eeccedenti
dovremo sempre abbassare il
VI grado

Note di base: VIb-IV#-I

nella Ted dovremo abbassare


anche il III grado
Tedesca: VIb-IV#-I-IIIb

Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia 91


15. Seste eccedenti

VIII. Sesta Svizzera

Nella letteratura musicale la Ted in maggiore può essere scritta dai compositori in maniera
insolita, ovvero con il II# che sostituisce il IIIb.

E’ una differenza puramente grafica che però può confondere in sede di analisi.
L’accordo è quindi sempre lo stesso, ma la struttura originale viene ribaltata probabilmente
per evidenziare il cromatismo melodico II# III che si forma in una voce

Esempio 15.16

W. Piston ha coniato un nome singolare


per questo accordo: Sesta Svizzera,
poiché è la fusione di Tedesca e
Francese (forse non sapeva o si era
dimenticato che in Svizzera c’è anche la
lingua italiana…).

IX. Uso enarmonico della sesta Tedesca

Esempio 15.17

Data la equivalenza enarmonica tra l’intervallo di


6a eccedente e quello di 7a minore

l’intero accordo di Ted equivale enarmonicamente ad


una settima di dominante allo stato fondamentale.

Esempio 15.18

Qui la Ted di Do equivale al V di Reb.

Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia 92


15. Seste eccedenti

X. Modulare usando l’enarmonia tra Ted e D7

Una D7 e una Ted equivalenti hanno una grafia differente e risoluzioni completamente
diverse, ma tale coincidenza viene a volte viene sruttata per modulare a tonalità lontane.
I due accordi si possono unire in un unico accordo perno che fa da cerniera tra due tonalità.

Esempio 15.19 Una a settima di dominante


allo stato fondamentale può
essere accordo perno
diventando Tedesca di una
nuova tonalità.
Modulazione da Si- a Do+

Una settima di dominante allo stato fondamentale può essere accordo perno diventando una
Ted di una nuova tonalità.

Esempio 15.20

Modulazione da Si- a Do+

Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia 93

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