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Identità.

Sophia Miller. Gruppo sanguineo A positivo, 35 anni.

Background

Non si conoscono precisamente il luogo e la sua data di nascita, i primi anni della sua vita ha vissuto in
un orfanatrofio di Sao Paulo (Brasile). Era stata trovata ancora in fasce davanti ad un tempio shintoista
nel quartiere giapponese della grande metropoli. Si sospettava che fossi la figlia indesiderata di qualche
residente della zona, nonostante avesse tratti prevalentemente caucasici.

Alla età di 5 anni tramite una associazione fu adottata da una famiglia italo americana residente nello
stato del Maine negli USA. Il padre ingegnere elettronico, la madre cuoca in un ristorante italiano. Era
un copia segnata da anni di disperati tentativi di avere figli e che finalmente riuscivano a coronare il
loro sogno di avere una famiglia completa e perfetta, e ci riuscirono, almeno in apparenza, agli occhi di
amici, parenti e anche per i servizi sociali che li seguivano sembravano veramente la famiglia modello.

E la bambina vi si inserì in modo perfetto. Timida, silenziosa, quasi come una ombra, non faceva i
capricci né si lagnava, era obbediente e intelligente.

Non capirono mai che dietro a quel comportamento così “adulto” si trovava una bambina talmente
spaventata e bisognosa di attenzione e affetto al punto di annullarsi come singolo pur di inserirsi nel
contesto in cui si trovava.

Con il passare degli anni però la patina di perfezione iniziò a sgretolarsi. La madre sempre più
ossessionata dalla apparenza iniziò a soffrire di attacchi di panico e depressione. Il padre dall’altro
canto era come straniato dalla vita in famiglia, qualsiasi pretesto era valido per restare anche giorni
lontano da casa, che fosse per lavoro o per stare con gli amici. Sophia invece, cercava ancora di
soddisfare gli altissimi standard dei suoi genitori, ma non era più una bambina e la donna che maturava
dentro di lei iniziava a ribellarsi. Iniziarono i primi conflitti, soprattutto fra lei e la madre. All’inizio
solo qualche discussione sui diversi punti di vista, poi dei veri scontri quando la ragazza decideva di
fare qualcosa contrario al parere della madre.

La rottura definitiva successe quando si scoprì che da diversi anni il padre aveva una amante. Con il
divorzio Sophia decise che era il momento anche per lei di staccarsi da quellavita. Aveva da poco
raggiunto la maggiore età e aveva concluso il college con ottimi voti. Poteva prendere in mano la sua
vita e si sentiva pronta.

Visse per diverso tempo vagabondando, America del Nord, poi America del Sud, una parte
dell’Europa, vivendo di espedienti, alloggiando nei posti più disparati e con le persone più diverse e di
ogni estrazione sociale, alcuni uomini e anche qualche donna cercarono un rapporto più intimo, ma
Sophia riusciva a mantenerli a distanza, persino quelli più insistenti; e se la situazione diventava
veramente insostenibile prendeva il suo zaino, il sacco a pelo e caricato tutto in spalla se ne andava. Era
fiera da questa indipendenza, anche se nel profondo del suo cuore sentiva un profondo vuoto che cercò
anche di riempire, ma il suo disperato bisogno di affetto e la tendenza ad idealizzarle spesso la
portavano a legarsi alle persone più sbagliate, con conseguente fallimento.

Ovviamente con il passare degli anni questa vita iniziò a pesarle e improvvisamente come era iniziato
finì il suo vagabondare.

Di ritorno negli Stati Uniti, trovò un lavoro in un negozio di antiquariato e restauro, poteva sembrare un
lavoro noioso per tanti altri, ma lei era affascinata, le piaceva tantissimo avere a che fare quelli oggetti
che se solo potessero parlare, chissà che storie racconterebbero, pensava lei. Dopo un breve periodo di
affiancamento il suo capo comprese che Sophia aveva un talento naturale per scovare dei pezzi di
valore in mezzo ad un intero lotto di cianfrusaglie ed era anche bravissima nel restauro, imparando con
grande velocità le tecniche e sviluppando anche delle proprie.

Tutto sembrava andare per il meglio per lei, quando improvvisamente sparì.

Specie e Razza

Umana?

Descrizione Fisica

Dagli occhi vagamente a mandorla si sospetta un discendenza orientale, ma le caratteristiche con i


popoli dell’oriente si ferma qui. Quelli stessi occhi sono di un castano che alla luce del sole diventano
verde muschio. I capelli lisci, finissimi, castani e tagliati a caschetto asimmetrico, più che incorniciare,
spesso ricadono intorno al viso dai tratti regolari formando una specie di barriera agli sguardi altrui.

Alta 1,65mt, non robusta, fisico asciutto, ma nemmeno tonico come di qualcuno abituato a fare sport.

Descrizione Caratteriale

Una forte razionalità, nonostante le marcate dotti creative. Osserva e riflette. Parla poco in generale e
meno ancora di sé stessa, è convinta che la dimostrazione delle sue debolezze possano essere usate
come arma contro di lei dalle persone malintenzionate.

Perfezionista e rigida più con sé stessa che con gli altri. Al contrario dei genitori, non ha la convinzione
di sapere tutto ed avere ragione su tutto, non importa se le cose non sono fate come vuole lei,
l’importante è che siano fate bene.

Ama gli animali più degli umani.

Capacità, Abilità, Poteri

Portata ai lavori manuali, ha grande pazienza e caparbietà quando decide di portare a termine un
lavoro. Capacità di trovare soluzioni anche molto creative dove altri andrebbero in crisi. Sa ascoltare
senza giudicare. Molti che la conoscono la considerano una persona matura, forte e affidabile.

Incapacità, Inettitudini, Punti deboli

Poco portata alla matematica. Ha paura del buio e della acqua profonda. A volte si dimostra un po’
indolente nelle cose che non destano il suo interesse. Tende a idealizzare le persone, ma è cosciente di
questo difetto e cerca di controllarlo. Si considera una persona debole e a volte anche troppo
accondiscendente.

Note Generali: Abitudini, Attività, Professioni, Residenze, Compagni, Familiari, ecc...

Vive da sola in un piccolo appartamento nella periferia della città di Great Falls nel Montana. Da poco
ha perso il suo cane Spike, morto all’età di 9 anni per un tumore. Ha contatti telefonici occasionali con
i genitori che hanno costituito nuove famiglie e vivono ancora nel Maine. Esce qualche weekend con i
colleghi di lavoro, ma non ha amicizie profonde. Il suo ultimo fidanzato rissale a molti mesi prima.

Capitoli

Qui si inserisce, sotto SPOILER, una lista dei Capitoli nei quali appare.

Spin-Off
Prologo2

Sophia canticchiava seguendo in modo non particolarmente intonato il pezzo


rock che scaturiva dalla radio dell’auto.
Con una rapida occhiata allo specchietto retrovisore si assicurò che il camion era
appena dietro di lei. Nel camion si trovavano tre suoi colleghi, forse un po’ meno
entusiasti di lei di iniziare a lavorare così presto, ma era necessario, nonostante
la loro destinazione fosse a soli 40 minuti di distanza, avevano una quantità di
roba da recuperare in quella casa che ci avrebbero messo l’intera giornata.
Con un sorriso lei aumentò il volume della autoradio e riconobbe che da tanto
non si sentiva così bene, non che avesse motivo di lamentarsi della sua vita, ma
c’era un qualcosa di indefinito che la faceva sentirsi euforica e questa sensazione
aveva avuto origine cinque giorni prima, quando era stata chiamata per valutare
gli oggetti di quella strana casa.
La casa si trovava a Dutton, un piccolo e modesto centro, non più di un
agglomerato di modeste case per la classe operaia della zona.
Vedendola per la prima volta Sophia non poté evitare una esclamazione di
meraviglia. Era una costruzione dell’inizio del 900, in stile Vittoriano, a tre piani,
l’ultimo dei quali mansardato. Era visibile da lontano, svettando quasi come un
castello sopra tutte le abitazioni intorno.
Ma quello che l’affascinò di più fu la sua atmosfera decadente e abbandonata. Era
chiusa da più 20 anni, praticamente da quando era morta la vecchia proprietaria.
Il suo unico figlio e erede non la voleva vendere, ma neanche abitarci, cercò nelle
sue possibilità di mantenerla abbastanza decorosa, ma si vedeva che gli anni
avevano lasciato un segno. Ora la eredità era passata alle mani del nipote, che
meno sentimentale e più interessato ai guadagni aveva già iniziato a vendere
tutto il vendibile. Lentamente la casa stava subendo un processo di cannibalismo
che Sophia aveva presenziato rare volte.
La prima volta in cui era stata lì aveva visto una ditta specializzata che smontava
i cornicioni e gli archi di legno pregiato di cui era composta la bella veranda.
Arrivando quella mattina vide che stavano smontando le porte e le imposte e da
un cartello conficcato nell’aiuola incolta di fianco alla abitazione si leggeva che
una grossa dita di costruzioni aveva già comperato il terreno e che all’inizio della
prossima settimana tutto l’edificio sarebbe stato abbattuto.
Fra gli operai che andavano avanti e indietro. Sophia individuò il suo cliente,
concentratissimo in una conversazione al cellulare la salutò da lontano e poi le
fece segno di entrare e iniziare.
Raggiunta dai suoi colleghi, Sophia li guidò dentro la casa.
All’interno non era ancora arrivata la devastazione, ovviamente aspettavano la
rimozione dei preziosi mobili e suppellettili per iniziare a smontare anche
l’interno.
Voltandosi verso i suoi ragazzi Sophia li istruii sugli accordi fatti con il cliente.
Quali mobili e oggetti portare via e come sistemarli al meglio nel camion.
-Mi raccomando ragazzi, state molto attenti, alcuni di questi mobili valgono tanto
e il capo non sarà contento di trovarli rovinati perché avete deciso di risparmiare
nell’imballaggio-.
Non osarono ribattere, sapevano che Sophia era una perfezionista e che già
giorni prima del trasporto vero e proprio ogni pezzo scelto era stato valutato e
catalogato e ogni difetto esistente accuratamente documentato.
-Mentre caricate questi, io vado in biblioteca e inizio a impacchettare i libri.-
disse prendendo una scatola vuota di cartone.
Una volta in biblioteca si guardò intorno, sentiva una lieve malinconia pensando
a quella bellissima casa resa al suolo per lasciare posto all’ennesimo centro
commerciale o a una serie di insulse villette a schiera. Quanti sogni, delusioni,
gioie, dolori di qualcuno, anzi, di una intera famiglia erano raccolte in ogni
stanza? Apparteneva ancora ai tempi in cui spesso si nasceva e si moriva fra le
mura domestiche.
Sovrappensiero indossò un paio di guanti di lattice ed iniziò a prelevare dagli
scafali i libri che aveva già selezionato e valutato, con cura li appoggiò sulla
imponente scrivania di mogano che dominava il centro della stanza. Alcuni di
quelli volumi erano davvero pregiati, prime edizioni di classici della letteratura
americana e un paio pure con la dedica firmata dall’autore, ovviamente dovevano
essere passate al vaglio di uno esperto, paragonandole alle firme riconosciute
ufficialmente, ma all’apparenza sembravano proprio originali.
Era una biblioteca molto ben fornita, si vedeva che in famiglia la lettura era un
hobby molto apprezzato, ma di libri di valore c’erano solo una ventina.
Poi uno ad uno li avvolse nella carta velina e si guardò intorno cercando la
scatola di cartone che aveva portato. La vide per terra vicino alla porta di
ingresso della stanza. Girò intorno alla scrivania, forse perché ancora un po’
sovrappensiero, oppure per la fretta si mosse in modo un po’ goffo, ma mentre
avanzava il piede destro si impigliò sulla gamba del pesante mobile e prima che
potesse rendersene conto di quello che era successo Sophia capì che la caduta
era inevitabile.
Usò entrambi le mani per attutire il colpo e il soffice tappeto diede il suo
contributo, quindi alla fine l’unica cosa a farle veramente male fu il suo orgoglio,
nonostante, per fortuna, non ci fosse nessuno a testimoniare il fatto, Sophia era
comunque la più severa giudice di sé stessa.
Sentì lo imbarazzo iniziale diventare curiosità quando sentì sotto la mano destra
una depressione in quel punto del tappeto, o meglio sembrava che tavola di
parquet sembrava che avesse ceduto.
Con un sospiro Sophia si rimise in piedi e alzando il tappeto cercò di capire il
danno che aveva fatto, non che temesse chi sa cosa, alla fine la casa stava per
essere rasa al suolo e anche se il parquet fosse in ottime condizioni e
recuperabile, una tavola che si rompe in quel modo sicuramente sarebbe stata da
buttare.
In effetti la tavola incriminata era in pessime condizioni, il che era strano perché
tutte le altre intorno erano in apparenza ben conservate, ma non fu quello a
destare maggiormente il suo interesse. Attenta a non ferirsi con le schegge di
legno Sophia mise la parte i pezzi della tavola e guardò dentro al buco cercando
di capire se i suoi occhi la stavano ingannando, oppure se vedeva veramente
quello che credeva di vedere.
Nell’intercapedine pieno di ragnatele, polvere e quant’altro, fra il basamento di
cemento della casa e la struttura di sostegno del parquet stesso, lei vedeva un
oggetto di forma irregolare, lungo e stretto.
Con ancora i guanti in lattice indossati cercò di ripulire il misterioso fagotto dallo
strato di sporcizia, non fu difficile perché era talmente spesso e compatto che
veniva via come una coperta.
Con estrema cura la ragazza la afferrò con entrambi le mani e la appoggiò
davanti a sé. Aveva una strana sensazione, un misto di nervosismo e di euforia.
Seguendo una specie di impulso si alzò e chiuse a chiave la porta della biblioteca,
non sapeva spiegarsi perché lo facesse, non era da lei, soprattutto perché nel suo
lavoro era vietato toccare oggetti non precedentemente selezionati e valutati
assieme al cliente, a limite avrebbe dovuto chiamarlo per chiedere il permesso di
controllare quel fagotto, inoltre chiudersi a chiave per ficcanasare fra i suoi
oggetti potrebbe addirittura costarle il posto di lavoro.
Sophia però non si pose il problema, sembrava che la parte razionale del suo
cervello si trovasse a miglia e miglia di distanza, la sentiva dire qualcosa,
rimproverarla, ma era così facile ignorarla che inginocchiandosi di fianco al
fagotto impolverato iniziò a esaminarlo.
Nonostante la patina di sporcizia di cui era impregnato Sophia identificò la
tipologia di tessuto, era seta, sicuramente di origine orientale, il colore originario
poteva essere una tonalità pastello, anche se adesso era quasi marrone di
sporcizia. Doveva essere enorme come stoffa perché qualunque cosa avvolgesse
non lasciava capire la forma che aveva, inoltre era strettamente legata con
diversi obijimi. Con infinita pazienza Sophia iniziò a slegarli, fu un lungo e
faticoso lavoro, anche perché preferiva farsi saltare una unghia piuttosto che
tagliarli o rovinarli, non la preoccupava nemmeno il tempo che ci avrebbe messo,
non sapeva spiegare come, ne’ perché, ma era convinta che nessuno sarebbe
venuto a cercarla o interromperla, ne era certa.
Man mano che i legacci venivano tolti e la vera natura dell’oggetto iniziò a
rivelarsi Sophia si sentì sopraffare da una fortissima emozione.
-Ma è un kimono!-esclamò aprendo i lembi della veste, ma quello che le mozzò il
fiato fu scoprirne cosa avvolgeva: una antica katana.
Osservandoli da vicino Sophia notò un’altra particolarità inspiegabile. Era
relativamente sicura che fossero originali, sicuramente erano molto antichi e
considerando la quantità di sporcizia di cui erano ricoperti si trovavano in quel
intercapedine praticamente dalla epoca della costruzione della casa, solo una
cosa lei non era capace di darsi una spiegazione, come potevano essere così ben
conservati? Dalla esperienza che aveva con oggetti simili, sapeva che un kimono
o una katana, lasciati in quelle condizioni sarebbero irrimediabilmente rovinati,
invece quel kimono era sporco e macchiato e in alcuni punti si era sgualcito il
pregiato ricamo che rappresentava delle gru in volo, ma per il resto non c’erano
segni di muffa, rosicchiamento di insetti o topi. Prese la katana e tenendola con
entrambi le mani la osservò da vicino, il tsukamaki era abbastanza rovinato ma
dall’uso, non dal tempo e dall’abbandono, il samegawa era quasi integro, così
come la saya di legno che presentava come unico segno il nero della laccatura un
po’ opacizzato e scrostato in certi punti.
Tenendola in orizzontale davanti a sé, Sophia avvolse la tsuka con la mano destra
e tirò … in quel momento si sentì travolgere da una emozione indescrivibile,
davanti ai suoi occhi scomparve la biblioteca e dopo un accecante lampo di luce…
Sophia si guardò intorno sconvolta, si trovava in campo aperto, una sorta di
radura, intorno scorgevano gruppi di alberi, alcuni campi coltivati e qualche
modesta costruzione contadina, una soave brezza le smuoveva i capelli e le
fronde verdi, mentre nel cielo azzurro si intravedevano delle candide nuvole
bianche. In violenta contrapposizione con questa placida atmosfera c’era il mare
di corpi straziati disseminati tutto attorno.
Sophia era sotto shock, la mente completamente vuota. Dovunque posasse il suo
sguardo vedeva solo carneficina. Sentiva filtrarsi attraverso il tessuto dei
pantaloni una viscida umidità proveniente dal terreno sotto di sé e temeva che
non fosse acqua. L’unico suo pensiero razionale fu quando i suoi occhi si
fissarono sul viso di uno dei cadaveri, era poco più di un ragazzo e i suoi
lineamenti congelati nella morte erano contorti dalla sofferenza e dal dolore, ma
era inequivocabilmente un’orientale e dalla inconfondibile armatura che
indossava, Sophia capì che era un samurai, anzi, erano tutti samurai.
Solo ora la ragazza se ne accorse che aveva ancora in mano la katana sfoderata a
metà . La lama, solo leggermente opacizzata dal tempo, ma senza alcun segno di
ruggine riflesse il suo sguardo. Senza pensarci Sophia la rinfoderò con un colpo
secco e nuovamente quel lampo di luce l’accecò .
Quando riaprì gli occhi era di nuovo al chiuso, ma non era la biblioteca, era una
specie di mansarda polverosa e piena di mobili…

(Ciao Xardas, a questo punto non so bene come continuare io e se vuoi farlo tu
perché forse hai le idee più chiare di me per quanto riguarda l’inserimento di
Sophia nel gruppo)
P.S. Chiedo perdono per gli errori grammaticali, mi sono fatta aiutare dal
correttore di Word, ma sappiamo che non è infallibile!

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