Gli autori si ispirano ed imitano il mondo classico, perché nell’imitazione non c’è solo la copia dell’aspetto formale
(concetti come armonia, simmetria, tematiche mitologiche, …) ma anche il recupero dell’aspetto civile e morale, il
ritorno ad un certo mondo, che si basava su certi ideali, valori, virtù.
L’Europa sta vivendo dei cambiamenti, e poi anche rivoluzioni, fondamentali. Un nuovo mondo spinto da un nuovo
modo di pensare, incarnato perfettamente dal neoclassicismo. È il secolo dei lumi e della ragione, gli artisti neoclassici
sono illuministi e il neoclassicismo è pregno di valori illuministi. La ragione torna ad essere al centro delle scelte,
questo periodo infatti è logico, laico. Il nuovo compito degli artisti è istruttivo.
Simbolo emblematico dell’illuminismo è l’enciclopedia, cioè la scelta di racchiudere in dei libri in ordine alfabetico
tutto il sapere umano.
ARCHEOLOGIA: nasce una nuova dimensione dell’archeologia, che consiste nello scoprire, preservare,
studiare oggetti di un’epoca antica. Lo studio del passato la storia diventa una disciplina filologica. Iniziano,
quindi, le prime campagne di archeologia, che riportano alla luce cose mai viste, pensate perdute: ex.
Ercolano (1738) e Pompei (1748).
Ercolano e Pompei sono città romane ai piedi del Vesuvio di cui si parla in libri antichi. Iniziando a leggere e a
decidere dove scavare esattamente, si trovano due intere città, suscitando l’entusiasmo neoclassico. Grazie a
questo entusiasmo si diffondono anche i viaggi soprattutto nella nostra penisola: il Gran Tour (viaggio di anni
intrapreso da giovani ricchi che visitano l’Italia, concludendo a Roma, Pompei o Ercolano.) Roma torna così ad
essere un’importante città per l’arte;
ESTETICA: disciplina prodotto del ragionamento illuminismo, che studia e definisce la bellezza. La ricerca della
bellezza esisteva già, ma nel 700 l’estetica diventa una branchia autonoma. Il primo testo di estetica è di Kant,
Critica del giudizio, in cui indaga sul bello e come l’uomo si relaziona con esso. Secondo Kant il concetto di
bello è insito nell’uomo, ma non è la ragione la prima ad entrare in gioco, bensì il giudizio, che è il primo
modo di avvicinarsi alla conoscenza (nonostante il giudizio non sia conoscenza).
LA STORIA DELL’ARTE: diventa una specifica disciplina con un obiettivo. Questo mestiere esisteva già (Vasari),
ma ora viene studiata in modo logico, cronologico, per criteri estetici, con ordine nel giudizio. Il primo storico
dell’arte è Joachim Winckelmann. Egli inizia a sistemare le biblioteche e viene mandato a Roma per lavorare
per un cardinale. Qui rimane per sempre, in quanto a Roma può sviluppare il suo amore per la storia e per
l’arte. Durante questa sua permanenza a Roma, inizia a scrivere delle opere di storia dell’arte: Storia dell’arte
nell’antichità, Considerazioni sull’imitazione delle opere greco-romane. In questi libri sostiene che l’arte
greco- romana, ma soprattutto quella greca, è stata un riferimento importantissimo per la storia dell’arte ed è
quindi perfetta per essere imitata. Egli è quindi il primo teorico del neoclassicismo. L’arte più grande è per lui
la statuaria della Grecia classica.
I valori più importanti del mondo classico da recuperare sono:
1. Il bello ideale: è lo l’obiettivo della produzione artistica. La bellezza non esiste nel nostro mondo, va
idealizzata con il filtro razionale (riprende la kalokagatia, mimesis, imitazione della Grecia antica)
2. Nobile semplicità: c’è nobiltà solo nella semplicità, al contrario del barocco
3. Quieta grandezza: solo in condizione di quiete esce la grandezza, quindi senza sentimenti
Il Neoclassicismo è importante anche come espressione dell’illuminismo che sta preparando un
cambiamento in Europa;
È importante perché è pluridisciplinare (pittura, scultura, architettura ex Piermanini, la scala, palazzo reale di
Monza)
È la prima corrente artistica internazionale, si sviluppa negli stessi anni in quasi tutta Europa, Nord America e
Russia. Un esempio di architettura neoclassica America è Capitalhill, la Casa Bianca e Thomas Jefferson, il
terzo presidente d’America è uno dei più grandi architetti. In Russia, un esempio è San Pietroburgo, che viene
ricostruita da architetti italiani, specialmente bergamaschi (Giacomo Quareghi).
Le capitali del neoclassicismo sono Roma (aspetto storico, culturale) e parigi (aspetto ideale, filosofico)
ANTONIO CANOVA
Antonio Canova è il massimo artista (scultore) ed espressione del
Neoclassicismo in Italia. Egli raccoglie in modo precisissimo i dettagli
del passato, ma interpreta anche il suo tempo.
TESEO E IL MINOTAURO-1783
È considerata la prima scultura Neoclassica di Canova:
scultura classica, a tutto tondo, di marmo bianco e
rappresenta un contenuto mitologico.
In quest’opera Canova riprende l’ arte greca,
specialmente la nudità e la kalokagatia
Teseo è un eroe della tradizione greca che riuscì a
sconfiggere il Minotauro, tenuto da Minosse
dell’labirinto di Knosso, sfamato con dei ragazzi. Tra
questi ragazzi c’è Teseo, che, però, non vuole farsi
uccidere. Arianna, figlia del re, si innamora di Teseo e lo
aiuta a sconfiggere il Minotauro e ad uscire dal labirinto.
In questa scultura, Canova ci mostra la sconfitta del
Minotauro. Una cosa interessante è il rapporto tra le
due figure, non c’è lotta: Teseo è un uomo ed è quindi
superiore al Minotauro. Essendo già riuscito a
sconfiggerlo, si siede trionfante sulla bestia,
mostrandosi come entità superiore, un esempio è il
bastone usato per sconfiggere il Minotauro, che nella
scultura è raffigurato come un bastone di comando.
AMORE E PSICHE-1793
Amore e psiche è la scultura che incarna perfettamente
cosa è il neoclassicismo. È una scultura a 360°, di
marmo bianco, in cui viene ripresa una tematica
mitologica (il mito di Amore e Psiche). Il mito è ripreso
da Apuleio, l’asino d’oro.
Interessante è l’affinità tra questa scultura e i dipinti
ritrovati in alcune domus di Ercolano in quel periodo.
Ciò rende il contenuto molto attuale, nonostante sia
antico.
Canova scolpisce il momento più importante, quando i
due si trovano e si abbracciano.
Canova ha composto e progettato la scultura dando
importanza al punto di vista frontale, utilizzando un
chiasmo (forma a x), creando una relazione tra i due
(dall’ala sinistra fino alla fine del corpo di Psiche;
dall’ala destra, lungo il busto di Psiche fino alla gamba di Amore). Queste due linee s’ incrociano al centro
dell’opera, dove ci sarebbe dovuto essere il bacio.
Ad enfatizzare la relazione tra i due
personaggi c’è anche una serie di due
cerchi, due anelli intersecati tra loro,
composti dalle loro braccia: uno è
costituito dalle braccia di Psiche,
mentre l’altro da quelle di Amore, che
con un braccio copre volontariamente
il seno di Psiche e con l’altro le
accarezza il viso.
Altri aspetti classici ripresi da Canova
sono la perfezione formale, la gysmon
(nudità) e il drappeggio che ricopre le
nudità di Psiche.
Va ribadita anche la qualità tecnica di
Canova: le figure sono perfette, lisce,
ci illude che questa situazione sia vera, un pezzo di pietra che ci sembra carne.
Però in questa scultura mancano le emozioni, la passione, perché non sono competenza dalla ragione. Per
questo non ci bacino, si abbracciano ma secondo ideali geometrici.
PROCESSI DI LAVORAZIOINE
Canova non improvvisa (ex. Michelangelo): egli progetta con un metodo, un rigore per trasportare l’idea all’opera
finale, tramite un metodo razionale.
Per questo suo forte legame con Parigi troviamo la principale differenza
tra David e Canova: donano un senso diverso al ruolo dell’artista, infatti
per David il poeta ha un ruolo sociale ed etico: educare, indicare la via,
definire dei lavori, ritornando a dare importanza al contenuto, mentre Canova decideva un mito in funzione dello
sviluppo della scultura dal bello ideale. Canova è più estetico, mentre David è più etico. David era infatti anche un
uomo politico, che prende posizione.
Nasce e cresce in Francia, dove si iscrive alle belle arti e si studia ancora l’arte roccocò, ma entra anche a
contatto con la ripresa dell’antichità e comprende che potrebbe essere una bella idea.
Si iscrive al concorso Prix de Rome, che consiste nella possibilità di vincere 5 anni di studio a Roma presso le
belle arti, spesato dallo stato francese. Le belle arti francesi di Roma si trova nel Palazzo Mancini in via del
Corso (che poi verrà spostato nella villa Medici).
Perde però il premio per due anni e lo vince il terzo nel 1775, segnando una svolta per la sua carriera.
Durante il viaggio visita diverse città italiane, dove inizia a comprendere che non conosceva nulla dell’arte
antica, perciò questo soggiorno romano gli permette di vedere davvero l’arte (“come un operazione di
cataratta”). Si convince così ad abbandonare il roccocò.
Lo colpiscono principalmente Raffaello (la facilità con cui Raffaello gestiva dipinti con tante persone,
l’eloquenza narrativa) e Caravaggio (dove trova tutto il senso della pittura, soprattutto l’uso della luce, le
ombreggiature e la potenza umana).
Incontra anche però la contemporaneità, infatti a Roma arrivano anche Canova e Winckelmann,
comprendendo che quel linguaggio è que4llo definitivo del suo tempo.
Quando torna a Parigi inizia una crisi umana, decide quindi di tornare a Roma per altri 5 anni, in cui accoglie
altri stimoli, conoscenze ed iniziare a dipingere. Nel 1785 dipinge la sua prima vera opera neoclassica: Il
giuramento degli Orazi
Quando scoppia la Rivoluzione francese, scendi in strada per divulgare le idee rivoluzionarie, diventa quindi un
impegnato uomo politico, ma comprende che può farlo anche attraverso la sua arte. Con lo scoppio inizia una
produzione cronachistica, disegna e racconta cosa succede (ex. giuramento della Pallacorda, Maria Antonietta al
patibolo)
Verso l’inizio dell’Ottocento, dopo la vittoria rivoluzionaria, David si schiera insieme a Napoleone, diventando il suo
ritrattista ufficiale. Il ritratto più celebre è sicuramente Napoleone al passo del gran San Bernardo.
Egli inizialmente preferisce tinte chiare e con immagini frivole, infatti egli ha studiato il Rococò, ciò gli premette di
entrare nell’accademia reale e di avvicinarsi al re in persona. Egli diventa, infatti, nel 1799-1800 il ritrattista ufficiale
dell’imperatore Carlo IV e della sua famiglia ed inizia a vivere a Madrid a contatto dei poteri forti, soggetti principali
della sua critica. Quando accetta l’incarico, mantiene comunque la sua autonomia e distacco, senza svendere i suoi
valori e i suoi ideali. Questa è una tra differenza da Canova e David, che diventarono degli addetti al culto dei potenti.
LA MAJA VESTIDA-1805
In questo periodo trova altre commissioni,
sempre nella corte: Manuel Godoy, uno dei
ministri spagnoli più importanti, nonché
l’amante della regina, gli commissiona un
ritratto di un’altra amante.
LA MAJA DESNUDA
La tela, la posa, l’ambientazione è
uguale, ma mancano i vestiti. È cioè una
versione non più censurata del ritratto
precedente: da una parte è un più
diretto richiamo alla Venere, ma anche
in questo caso non è un nudo
idealizzato, non vengono usato delle
proporzioni di perfezione.
Probabilmente Godoy non permette a
Goya di vedere l’amante nuda, quindi
deve basarsi sul dipinto precedente. Infatti, alcuni elementi non sono credibili: un esempio è il seno, che
riprende precisamente la forma di quella vestida, ma nella versione desnuda è una posizione irreale.
L’assurdità è che probabilmente la prima immagine è più maliziosa, grazie al “vedo non vedo” degli abiti.
Godoy, inoltre, chiede una cornice in modo che i due dipinti non possono essere visti contemporaneamente,
ma che si sovrappongano, in modo da modificarla in base ai visitatori che riceve.
A seguito del periodo spensierato presso la corte spagnola, nel 1808 c’è una svolta: Napoleone decide di invadere la
Spagna, ponendo inizio alla guerra di indipendenza, per farsì che la Spagna non cada sotto la dominazione francese.
Inizia così un periodo di guerra, di fucilazioni, di distruzione. Carlo IV scappa e la monarchia cade; il fratello di
Napoleone è messo a comandare la Spagna fino al 1814 con il congresso di Vienna. Goya, essendo profondamente
spagnolo, risente molto di questa situazione. Il primo dubbio è morale: la cosa che più lo ferisce è che il popolo che
vuole conquistare la sua patria è francese, nei quali ideali egli si è istruito e affidato. Umanamente, però, Goya
reagisce, recuperando dei valori: capisce che c’è bisogno di dire qualcosa e sviluppa un impegno civile, a difesa della
Spagna, della vita, della libertà e della pace. Egli capisce e sostiene che la guerra è il prodotto del sonno della ragione,
applicando questo principio a ogni guerra, non sono a quella di conquista di Napoleone.
L’ultimo periodo della vita di Goya è caratterizzato da pessimismo: accetta che il reale è incomprensibile, sbagliato e
smette di lottare per l’umanità. Ciò accade a causa della drammatica situazione politica della Spagna, ma anche per
quella personale di Goya. La sua salute peggiora fino a diventare totalmente sordo. Questo lo porta a dedicarsi più a
se stesso rispetto agli altri: si chiude sempre più in se stesso, nei suoi drammi, perdendo la lucidità, fino a decidere di
rinchiudersi in casa, la cosiddetta Quinta del Sordo. Purtroppo, questa casa non esiste più, ma possiamo
immaginarcela così: piccola casa a due piani, dove Goya dipinge direttamente sulle pareti della strada, come se
tornasse allo stato di natura e primordiale, per questo sono chiamate “Le tinte nere”, ma
anche perché i colori più ricorrenti sono scuri. Questi dipinti sono stati salvati e si trovano
in dei musei.
Non riesce più a sopportare la vita chiuso in casa in Spagna e decise quindi di trasferirsi a Bordeaux in Francia,
dove muore.