Sei sulla pagina 1di 48

CARATTERISTICHE, ORIGINE, PROCESSI, TOSSICITA’,

PREVENZIONE E PROTEZIONE

SANT’ARCANGELO
OTTOBRE 2012
Cos’è l’ H2S
Nome:
acido solfidrico
Idrogeno solforato
Solfuro di diidrogeno
Codice CAS (Chemical Abstracts Service – classifica univocamente circa 65 milioni di
composti chimici): 7783-06-4

Principali caratteristiche chimico-fisiche:


Densità: 1,5392 kg/mc
Limite di esplosione: 4,3-45,5% in volume
Temperatura di autoignizione: 270°C
Acido debole (solubile in acqua 4 g/l a 20°C – pH 4,5) “l’aceto ha pH 3”
Gas a temperatura ambiente
Incolore
Odore uova marce
Altamente velenoso
In natura l'acido solfidrico si forma per
decomposizione delle proteine contenenti zolfo da
parte dei batteri, si trova pertanto nei gas di
palude, nel petrolio greggio e nel gas naturale. Insieme ai mercaptani, è il
responsabile dello sgradevole odore delle feci e delle flatulenze.

metantiolo
L'acido solfidrico è anche il sottoprodotto di alcune attività industriali quali
l'industria alimentare, la depurazione delle acque tramite fanghi, la
produzione di coke, la concia dei pellami e la raffinazione del petrolio.

Data la sua natura acida, reagisce con gli alcali e intacca i metalli. In presenza di
aria umida è uno dei pochi acidi capaci di aggredire l'argento, che si copre in sua
presenza di una patina nera di solfuro d'argento.

La presenza di acido solfidrico (o di ioni solfuro) viene rilevata per reazione con
acetato di piombo, formando solfuro di piombo, nero e insolubile.

(CH3COO)2Pb + H2S → 2CH3COOH + PbS ↓


L’idrogeno solforato è coinvolto in tutte le operazioni di estrazione, trattamento,
stoccaggio, lavorazione e trasporto del petrolio e del gas naturale e può essere rilasciato
nell’aria in quantità più o meno abbondanti, a causa di perdite accidentali, o in continuo.
L’idrogeno solforato può essere immesso nell’aria anche per irregolarità nel funzionamento
dei pozzi, che possono accidentalmente rilasciare petrolio a causa di quelli che in inglese
vengono chiamati “well blowouts” (scoppiamenti dei pozzi), dovuti al mancato
funzionamento delle valvole di sicurezza.
Allo stato naturale, il petrolio `e un composto di idrocarburi e di altri elementi, quali zolfo,
ossigeno ed azoto.
Una miscela tipica di petrolio contiene circa l’84% in peso di carbonio, il 14% di idrogeno,
fra l’1 e il 3% (fino al 8-10%) di zolfo e tracce di azoto, ossigeno, minerali e sali. Delle
sostanze sulfuree le predominanti sono l’idrogeno solforato, i solfati e i disolfiti (dove una
o due molecole di zolfo sono chimicamente legate ad un idrocarburo) e lo zolfo puro.
In particolare, il petrolio viene definito ‘leggero’ se la concentrazione di zolfo ´e inferiore
all’ 1%, mentre viene detto ‘pesante’ se le concentrazioni sulfuree sono più elevate. La
presenza di zolfo rende il petrolio molto più viscoso. Ciò richiede una maggior lavorazione
del grezzo per rendere i suoi derivati di uso comune (benzina, gasolio, oli lubrificanti, etc.)
conformi agli standard commerciali e ambientali.
Idrocarburi saturi
(paraffine-isoparaffine e cicloparaffine) 80%

butano
ciclopentano
Idrocarburi insaturi

butene

Idrocarburi aromatici

benzene antracene
Composti dello ZOLFO presenti nel petrolio

Idrogeno solforato H2S


Mercaptani R-SH
Solfuri R-S-R
Disolfuri R-S-S-R
Polisolfuri R-Sn-R
Tiofeni ed omologhi ciclici e aromatici
Ragioni che rendono necessario l’allontanamento dello zolfo dal petrolio:
- la combustione dei derivati del petrolio (benzina e altri carburanti) dove lo zolfo non è
stato eliminato produce l’emissione di SO2 (diossido di zolfo) nell’atmosfera, gas
fortemente inquinante.
- alle alte concentrazioni lo zolfo impedisce ai derivati petroliferi, in particolare alla
benzina, di raggiungere il numero di ottani necessario per il buon funzionamento dei
motori.
- a causa della elevata viscosità del petrolio con alto contenuto di zolfo, il suo trasporto via
oleodotto è più difficile e costoso.
- la presenza di zolfo rende inoltre il greggio fortemente corrosivo e tende a danneggiare
gli oleodotti.
Si preferisce dunque procedere alla DESOLFORAZIONE in loco, nei pressi del luogo di
estrazione. Tipica reazione di desolforazione è la seguente:

C2H5SH + H2 → C2H6 + H2S

L’idrogeno solforato viene trasformato in zolfo attraverso la reazione:

H2S + 0,5O2 → S + H2O (processo Claus)

La resa di conversione in zolfo arriva al 97%; l’idrogeno solforato residuo viene


bruciato con produzione di SO2
LIMITI ALLE EMISSIONI IN ATMOSFERA: Riferimenti legislativi
Per quanto riguarda l’inquinamento da idrogeno solforato, come inquinante di origine
industriale la normativa vigente non prevede dei limiti di concentrazione nell’aria ambiente
ma piuttosto dei limiti di emissione degli stessi in base alle diverse attività produttive. Tali
limiti di emissione in atmosfera sono stabiliti dal D.M. 12 luglio 1990. Il decreto classifica
le sostanze allo scopo di suddividere gli inquinanti rilevati in aria ambiente in funzione
della loro pericolosità. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) fissa dei limiti per
idrogeno solforato per la tutela della salute della popolazione.
Le emissioni da idrogeno solforato sono regolamentate per l’inquinamento atmosferico in
ambito industriale dal D.P.R. n.322 del 15 aprile 1971.

COSA DICE IL DPR n.322 del 15 aprile 1971


Il DPR n.322 del 15 aprile 1971 (in Suppl.ordinario alla Gazz. Uff. n. 145 del 9 giugno)
“Regolamento per l'esecuzione della legge 13 luglio 1966, n. 615, recante provvedimenti
contro l'inquinamento atmosferico, limitatamente al settore delle industrie”, all’articolo 8
indica i limiti che non devono essere superati per le immissioni degli stabilimenti in area
industriale.
Riguardo all’idrogeno solforato si ha:
Concentrazione di punta a 1013 mbar, 25°C:
ppm 0,07 – durata prelievo 30 min – frequenza in 8 ore: 1
Concentrazione media a 1013 mbar, 25°C:
ppm 0,03 – durata prelievo in ore: 24
Effetti dell’H2S a varie concentrazioni nell’aria
TOSSICITA’
L'acido solfidrico è considerato un veleno ad ampio spettro, ossia può danneggiare diversi
sistemi del corpo (simile al cianuro).

NOTA BENE: ad alte concentrazioni paralizza il nervo olfattivo rendendo


impossibile la percezione del suo sgradevole odore e può causare incoscienza nell'arco di
pochi minuti.
Un'esposizione a bassi livelli produce irritazione agli occhi e alla gola, tosse, accelerazione
del respiro e formazione di fluido nelle vie respiratorie. A lungo termine può comportare
affaticamento, perdita dell'appetito, mal di testa, disturbi della memoria e confusione.
I modi con cui l’H2S entra nel corpo umano sono tre:
1) per inalazione attraverso i polmoni;
2) per via orale, specialmente dalla digestione di sostanze
contaminate assorbite nel tratto intestinale, prima fra tutte
l’acqua;
3) attraverso la pelle.
Scala degli effetti sul corpo umano del solfuro di idrogeno
espressa in parti per milione
(1 molecola di H2S tra 999.999 altre molecole = 1 ppm)
0,05 ppm è la soglia di riconoscimento, la concentrazione a cui il 50% degli esseri umani può
percepire il caratteristico odore del solfuro di idrogeno, normalmente descritto come odore di
uova marce (in pratica si riesce a percepire la presenza di una molecola su 200 milioni di
molecole)
Meno di 10 ppm è il limite di esposizione senza danni 8 ore al giorno.
•10–20 ppm è il limite oltre il quale gli occhi vengono irritati dal gas.
•50–100 ppm causano danni alla vista.
•100–150 ppm paralizzano il nervo olfattivo dopo poche inalazioni, impedendo di sentire
l'odore e quindi di riconoscere il pericolo
•320–500 ppm causano edema polmonare con elevato rischio di morte (intossicazione acuta)
•oltre 500 ppm danni al sistema nervoso centrale. La respirazione accelera facendo inalare
ancora più gas e provocando iperventilazione (apnea)
•800 ppm è la concentrazione mortale per il 50% degli esseri umani per 5 minuti di
esposizione (LD50).
Concentrazioni di oltre 1000 ppm causano l'immediato collasso con soffocamento, anche
dopo un singolo respiro, paralisi, morte.
In generale l’H2S può causare vertigini, svenimenti, confusioni, mal di testa,
sonnolenza, tremori, nausea, vomito, convulsioni, pupille dilatate, problemi di
apprendimento e concentrazione, perdita di conoscenza. Fra i danni di natura
polmonare i sintomi ricorrenti sono edema polmonare, rigurgiti di sangue, tosse,
dolori al petto, difficoltà di respirazione. Più specificatamente:

Danni per inalazione:


Alle basse concentrazioni: tosse, mancanza di respiro, raffreddori, bronchite,
affaticamento, ansietà, bronchite, irritabilità, mancanza di concentrazione, difetti
della memoria e dell’apprendimento, modifiche nel senso dell’olfatto e nelle
capacità motorie, mancanza di fiato, danni ai polmoni, anche permanenti.
Alle alte concentrazioni: edema polmonare (anomalo accumulo di liquido nei
polmoni che li porta a gonfiarsi), collasso cardiaco, paralisi dell’olfatto e morte.

Danni alla pelle:


Il contatto diretto con H2S allo stato liquido può causare il congelamento
permanente della pelle, presenza di vesciche e morte dell’epidermide. Spesso
l’esposizione prolungata alle basse dosi può anche causare pruriti e irritazioni.
Danni agli occhi:
Una delle conseguenze più comuni di una esposizione all’H2S è l’irritazione degli
occhi, anche ad esposizioni basse. Fra i sintomi più comuni: lacrimazione,
congiuntiviti, bruciori, sensibilità alla luce ulcerazione e mancanza di messa a fuoco
Questi effetti a volte sono irreversibili.

Danni al sistema nervoso e respiratorio


Alle basse concentrazioni si registrano: danni ai tempi di reazione, equilibrio,
riconoscimento cromatico, velocità e coordinamento motorio. Si registrano elevati
livelli di irritabilità, stati di depressione, confusione, perdita di appetito, mal di
testa, scarsa memoria, svenimento, tensione, ansia ed affaticamento.

L’idrogeno solforato è solubile in acqua e ha una vita media di 2 giorni prima di


essere degradato causando tra l’altro il fenomeno di bioaccumulo negli organismi
marini. L’idrogeno solforato presente nell’aria vi permane per circa 20-100 giorni
prima di trasformarsi in SO2 . Questa sostanza è responsabile delle piogge acide,
l’acqua piovana acida causa danni alle membrane e ai tessuti vegetali causando
danni o la morte di alberi e piante. La pioggia acida corrode anche monumenti ed
edifici.
Il Regolamento (CE) n. 1272/2008, contiene le indicazioni di
pericolo relative alle sostanze chimiche.
In Italia l'Istituto Superiore di Sanità ha fatto sue queste
indicazioni, redistribuendole in due pubblicazioni.
In particolare abbiamo due elenchi:

FRASI H (elenco dei pericoli) – ex frasi R


CONSIGLI P (consigli di prudenza) – ex frasi S
FRASI H PER L’IDROGENO SOLFORATO
H220: gas altamente infiammabile
H280: può esplodere se riscaldato
H330: letale se inalato
H400: molto tossico per gli organismi acquatici
CONSIGLI P PER L’IDROGENO SOLFORATO
P210: tenere/conservare lontano da indumenti/…/materiali combustibili
P260: non respirare la polvere/i fumi/i gas/la nebbia/i vapori/gli aerosol
P273: non disperdere nell’ambiente
P304+340: in caso di inalazione: trasportare l’infortunato all’aria aperta e
mantenerlo a riposo in posizione che favorisca la respirazione
P315: consultare immediatamente il medico
P377: in caso d’incendio dovuto a perdita di gas, non estinguere a meno che non
sia possibile bloccare la perdita senza pericolo
P331: non provocare il vomito
P405: conservare sotto chiave
P403: conservare in luogo asciutto
Punti di monitoraggio dell’H2S nell’area industriale di Viggiano in Val d’Agri
(fonte ARPAB)
STRUMENTI DI CAMPIONAMENTO

Campionatori passivi
Il campionatore passivo è un dispositivo in grado di catturare gli
inquinanti presenti nell’aria senza far uso di aspirazione forzata,
sfruttando il solo processo fisico della diffusione molecolare degli
inquinanti.
All’interno del campionatore è presente una sostanza, cioè un
adsorbente specifico per ogni inquinante, in grado di reagire con
la sostanza da monitorare. Il prodotto che si forma in seguito alla
reazione si accumula nel dispositivo, la successiva analisi in
laboratorio permette di determinare quantitativamente l’inquinante
accumulato.
Un tipo di campionatore passivo è il radiello.
Il radiello è costituito da una cartuccia adsorbente , una piastra di
supporto ed un corpo diffusivo.
La cartuccia adsorbente è diversa a seconda dell’inquinante da
rilevare. Il radiello viene successivamente posizionato all’interno di
box che lo preserva dagli agenti atmosferici. La durata di
esposizione può variare da una a due settimane in relazione alla
cartuccia utilizzata. Dopo l’esposizione, la cartuccia adsorbente
viene analizzata in laboratorio con tecniche specifiche. Il grande
vantaggio di tale tecnica è la facilità di
impiego, che non richiede l’utilizzo di
pompe, l’assenza di dispendi energetici,
la facilità di collocazione e i costi
relativamente bassi. La sua elevata
sensibilità permette di ottenere risultati
accurati con esposizioni di poche ore o
di alcune settimane.

Tipica stazione di monitoraggio con radielli


Particolare attenzione bisogna rivolgere ai luoghi o spazi
confinati, laddove i rischi di avvelenamento risultano
particolarmente esaltati, tanto che è stato di recente emanata una
legge dedicata all’argomento, si tratta del DPR 177/2011.
Per spazio confinato si intende un qualsiasi ambiente limitato, in
cui il rischio di morte o di infortunio grave è molto elevato a causa
della presenza di sostanze o condizioni di pericolo.
Gli spazi confinati sono identificabili per la presenza di aperture di
dimensioni ridotte o inesistenti, come nel caso di:
serbatoi; silos; recipienti adibiti a reattori; sistemi di drenaggio
chiusi; reti fognarie.
Altri tipi di spazi confinati, sono:
cisterne, vasche, camere di combustione all'interno di forni,
tubazioni, ambienti con ventilazione insufficiente o assente…
Non è possibile fornire una lista completa (DVR).
Art. 66. D.L.vo 81/2008 Lavori in ambienti sospetti di
inquinamento:
E' vietato consentire l'accesso dei lavoratori in pozzi neri, fogne,
camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e recipienti,
condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas
deleteri, senza che sia stata previamente accertata l'assenza di
pericolo per la vita e l'integrità fisica dei lavoratori medesimi,
ovvero senza previo risanamento dell'atmosfera mediante
ventilazione o altri mezzi idonei. Quando possa esservi dubbio sulla
pericolosità dell'atmosfera, i lavoratori devono essere legati con
cintura di sicurezza, vigilati per tutta la durata del lavoro e, ove
occorra, forniti di apparecchi di protezione. L'apertura di accesso a
detti luoghi deve avere dimensioni tali da poter consentire l'agevole
recupero di un lavoratore privo di sensi.
COME SI E’ DETTO, prerogativa paradossale dell’idrogeno
solforato è quella di essere percepito a basse concentrazioni (8-50
ppm) con un fastidioso odore di uova marce e non a dosi più alte (50-
100 ppm) per il subentrare di paralisi del centro olfattivo; viene meno
in tal modo quello che potrebbe essere un segnale di rischio.
Il valore limite di esposizione dell’H2S è di10 ppm.
Recentemente, alcuni Stati americani hanno abbassato la soglia
massima di presenza di H2S nell’atmosfera, considerati i problemi
ambientali e di salute connessi, fino a valori di 0,03 ppm e 0,02 ppm.

L’idrogeno solforato è presente alla voce 28 della


nuova tabella delle malattie professionali (DM 9 aprile
2008) e nell’elenco delle malattie professionali con
obbligo di denuncia (DM 27/4 2004 e s.m.i.).
Misure di prevenzione:
-maggiore consapevolezza dei rischi da parte dei
lavoratori,
-formazione e addestramento specifici,
-procedure di lavoro sicure, chiare e condivise,

Misure di protezione:
disponibilità di attrezzature idonee (rilevatori di gas e
DPI appropriati, autorespiratori).
La sorveglianza sanitaria osserva la normativa del
D.Lgs. 81/2008 per il rischio chimico:

art. 224: Misure e principi generali per la prevenzione dei


rischi da agenti chimici;
art. 229: Sorveglianza sanitaria per agenti. chimici
classificabili come: molto tossici, tossici, nocivi,
sensibilizzanti, corrosivi, irritanti, tossici per il ciclo
riproduttivo, cancerogeni, rischi da agenti chimici e
mutageni di categoria;
art. 230: Cartelle sanitarie e di rischio
(aggiornamento) e informativa al lavoratore.
Valore limite di soglia
Concentrazione di una sostanza aerodispersa al di sotto della quale si ritiene che la
maggior parte dei lavoratori possa rimanere esposta ripetutamente giorno per giorno
senza effetti negativi per la salute. I TLV (Treshold Limit Values), possono essere
espressi in ppm (parti per milione) o in mg/mc. La formula di conversione è:

TLV in mg/mc = (TLV in ppm)(PM grammi)/24,45


dove:
24,45 = volume molare in litri,
PM = peso molecolare in grammi.

I TLV sono pertanto valori limite di soglia e concentrazioni massime accettabili.


I TLV vengono indicati annualmente dall’ACGIH (American Conference of
Governmental Industrial Hygienists) e sono raccomandati anche dall’ Associazione
Italiana degli Igienisti Industriali per l’Igiene Industriale e per l’Ambiente (AIDII). I TLV
si suddividono in TLV-TWA, TLV-STEL e TLV-C. Questi limiti non costituiscono una
linea di demarcazione netta fra concentrazione non pericolosa e pericolosa, né un indice
relativo di tossicità, ma servono come orientamento per la prevenzione dei rischi per la
salute negli ambienti di lavoro.
TLV - TWA (Time Weighted Average)
Per i composti aerodispersi rappresenta la concentrazione mediata nel tempo per una normale
giornata lavorativa di otto ore ed una settimana lavorativa di 40 ore, per una vita lavorativa
(40 anni), alla quale tutti i lavoratori possono essere esposti ripetutamente, giorno dopo
giorno, senza effetti avversi.

TLV - STEL (Short Term Exposure Limit)


Per i composti aerodispersi rappresenta la concentrazione alla quale i lavoratori possono
essere esposti con continuità per un breve periodo di tempo senza soffrire di irritazione, danni
tissutali cronici od irreversibili, narcosi di grado sufficiente ad incrementare il rischio di
infortuni, impedire l’autosoccorso o ridurre l’efficienza lavorativa. Non è un limite di
esposizione indipendente e separato, bensì affianca ed integra il TWA quando si
sono riscontrati effetti acuti da parte di una sostanza per la quale gli effetti tossici sono
primariamente di natura cronica. I valori STEL sono raccomandati solo ove gli effetti tossici
sono risultati da un’alta esposizione per breve termine in uomini o animali.
Il valore STEL è definito come un valore mediato in un tempo di 15 minuti che non deve mai
essere superato durante la giornata lavorativa.
Esposizioni tra il TWA e lo STEL non dovrebbero essere più lunghe di 15 minuti e non
dovrebbero avvenire più di quattro volte al giorno, con intervalli tra un’esposizione e la
successiva non inferiori a 60 minuti.
TLV - C (Ceiling)
La concentrazione che non dovrebbe essere superata durante nessun momento
dell’esposizione lavorativa neppure istantaneamente. Nella pratica dell’igiene industriale,
se la misurazione ad ogni istante non è fattibile, il TLV - C può essere accertato
campionando ogni 15 minuti, tranne che per quelle sostanze che possono causare
irritazione immediata con brevi esposizioni.
Per alcune sostanze, ad esempio gas irritanti, solo il TLV - C può essere rilevante. Per altre
sostanze possono essere rilevanti una o due categorie, sulla base della loro azione
fisiologica. È importane osservare che se uno di questi limiti di soglia viene superato si
presume che esista un potenziale pericolo da queste sostanze.

Acido solfidrico (proposte di modifica 2007) TLV-TWA (10 ppm) (14 mg/m3) Irrt Rspr, ssnc
(idrogeno solforato) TLV-STEL (15 ppm) (21 mg/m3)

(proposta di modifica a TLV-TWA 1 ppm; TLV-STEL 5 ppm)

VALORI LIMITE DI SOGLIA DELLE PRINCIPALI SOSTANZE PRESENTI NEGLI AMBIENTI DI


LAVORO OGGETTO DEL PRESENTE DOCUMENTO
GUIDA RIPORTATI NELLE LISTE DELL’AMERICAN CONFERENCE OF GOVERNMENTAL
INDUSTRIAL HYGIENISTS (ACGIH, 2007)

Irrt Rspr = irritante respiratorio


Ssnc = sistema nervoso centrale
Il D.Lgs. 81/08 contiene un elenco di dispositivi di protezione individuale che
possono essere raggruppati nelle seguenti categorie:

• Dispositivi di protezione della testa;


• Dispositivi di protezione dell'udito;
• Dispositivi di protezione degli occhi e del viso;
• Dispositivi di protezione delle vie respiratorie;
• Dispositivi di protezione delle mani e delle braccia;
• Dispositivi di protezione dei piedi e delle gambe;
• Dispositivi di protezione della pelle;
• Dispositivi di protezione del tronco e dell'addome;
• Dispositivi dell'intero corpo;
• Indumenti di protezione.

In alcuni dei casi considerati potrebbe anche rendersi necessario l’impiego di


indumenti fosforescenti.
Art. 75 D.Lgs 81/08 - Obbligo d’uso -
• I DPI devono essere prescritti quando non sia possibile attuare
misure alternative
• Il lavoratore è obbligato ad utilizzare correttamente tali
dispositivi ad averne cura, a non apportarvi modifiche, a segnalarne i
difetti, a sottoporsi a formazione ed addestramento specifico
• Art. 18, comma 1, lettera d): Sanzionata la mancata fornitura dei
DPI
• Art. 18, comma 1, lettera f): Il datore di lavoro richiede
l’osservanza delle disposizioni aziendali
sull’uso dei DPI
• Art. 19, comma 1, lettera c): Il preposto vigila sull’osservanza
delle disposizioni
Dal DVR derivano Rischi non controllabili alla fonte?
La “mansione” dalla quale residua un rischio necessita di un
DPI specifico MIRATO E INDIVIDUALE
RICORDATO CHE
L’Idrogeno solforato: E’ un gas tossico, oltre che nei casi
precedentemente visti, si sviluppa in tutte quelle combustioni in cui
bruciano materiali contenenti Zolfo, come lana, gomma, pelli, la
carne ed i capelli.
Ha odore caratteristico d’uova marce; ma tale sensazione sì ha alle
prime inalazioni, scompare in poco tempo.
Esposizioni tra lo 0.04% e lo 0.07% per più di un’ora possono essere
pericolose in quanto provocano vertigini e vomito.
In percentuali maggiori diventa molto tossico ed attacca il sistema
nervoso provocando affanno e blocco della respirazione.
TLV – Concentrazione 10 ppm.
I sintomi più facilmente distinguibili IN CASO DI
INTOSSICAZIONE DA GAS possono essere i seguenti:
- vertigini e progressiva perdita dell’equilibrio;
- sensazione di pesantezza nella parte frontale della testa;
- formicolio alla lingua ed alle estremità delle dita di mani e piedi;
- difficoltà di parola, fino all’impossibilità di emettere suoni;
- riduzione della capacità di effettuare sforzi fisici e di coordinare i
movimenti;
- diminuzione della coscienza e di talune caratteristiche sensitive,
particolarmente il tatto.

1. SE SI AVVERTE L’ODORE CARATTERISTICO DI UOVA MARCE:


-AVVERTIRE IMMEDIATAMENTE IL PREPOSTO
-INDOSSARE LA MASCHERA PROTETTIVA
-SEGUIRE LE PROCEDURE DI EMERGENZA
2. SE SI AVVERTE UN MALORE: (i sintomi dell’intossicazione
precedentemente descritti):
-PORTARSI IMMEDIATAMENTE IN UN LUOGO PROTETTO (come
previsto nelle procedure)
-STENDERSI CON I PIEDI RIALZATI RISPETTO ALLA TESTA
-AVVERTIRE IMMEDIATAMENTE IL PREPOSTO
-NON AGITARSI

3. SE BISOGNA SOCCORRERE UN INFORTUNATO:


-MUNIRSI DI DPI PRIMA DI INTERVENIRE
RICORDA! Prima di entrare per prestare assistenza, i soccorritori
devono indossare i previsti DPI.
-STENDERE L’INFORTUNATO CON I PIEDI RIALZATI RISPETTO
ALLA TESTA
-DARE L’ALLARME
-AVVERTIRE IMMEDIATAMENTE IL PREPOSTO
Gli Autorespiratori (A.R.) sono un importante ed indispensabile
“dispositivo di protezione individuale di III Cat.“ per le vie respiratorie.

I DPI sono divisi in tre categorie, in funzione del tipo di rischio:


•I categoria - rischio lieve - autocertificato dal produttore
•II categoria - rischio significativo come ad esempio occhi, mani, braccia, viso- prototipo certificato
da un organismo di controllo autorizzato e notificato
III categoria - comprende tutti i DPI per le vie respiratorie e protezione dagli agenti chimici
aggressivi - prototipo certificato da un organismo di controllo autorizzato e notificato, e controllo
della produzione

L’aria che respiriamo è una miscela di gas costituita da:


20,94% di ossigeno - 78,09% di azoto
0,03% di anidride carbonica - 0.93% di argon - 0.01% di altri gas
inoltre può contenere fino al 7% di vapore d’acqua.

Sia la percentuale d’ossigeno (che non deve scendere di sotto alle 17%), che
l’aria può facilmente variare le proprie caratteristiche alla presenza d’eventuali prodotti di
combustione o rilascio di gas o sostanze di varia natura (tossici, nervini, ecc).

NOTA: ad esempio, la percentuale maggiore di vittime da incendi non è provocata dalle


fiamme, come si potrebbe pensare, ma bensì dalle inalazioni di sostanze tossiche o di gas
nocivi scaturiti dagli stessi incendi (prodotti di combustione).
I dispositivi con i quali si difendono le vie respiratorie, sono di tre specie:

1. Maschere a filtro, con le quali si obbliga l’aria dell’ambiente


prima di entrare nella maschera (fase d’inspirazione) ad attraversare
un filtro, il quale trattiene le sostanze nocive scaricando in fase
d’espirazione direttamente all’esterno.
I filtri possono essere:
Monovalenti, Polivalenti, Universali. Prerogativa, importante è che
la percentuale d’ossigeno presente nell’aria non deve mai
scendere al sotto del 17 %– 19%.
2. Autorespiratori, sono apparecchi per la respirazione che isolando completamente
l’operatore dall’ambiente esterno, rappresentano il mezzo protettivo più sicuro per
procedere ad operazioni di salvataggio e d’emergenza in genere, in ambienti contaminati.
Essi si dividono in:
A ciclo chiuso: isolano completamente l’operatore dall’ambiente
esterno non permettendo alcuno scambio;
A ciclo aperto: isolano completamente l’operatore,
che viene alimentano mezzo riserva d’aria (bombola),
scaricando in ambiente (espirazione).

3. Erogatori d’aria, dispositivi che alimentano l’operatore


con aria prelevata da punti lontani da quello inquinato
(compressore, rete, ecc).
I RILEVATORI PORTATILI privi di manutenzione d’una durata di 1
anno assicurano la protezione contro le concentrazioni pericolose
di IDROGENO SOLFORATO (H2S).
Sono strumenti certificati ATEX oltre che CE.

Di formato compatto e leggero possono essere portati in modo


confortevole in tutte le situazioni.
Sono dotati di display LCD con interfaccia grafica configurabile
per indicare il nome del gas ed il suo valore.
La registrazione continua degli avvenimenti, tra cui gli ultimi 15
allarmi, è una caratteristica standard di questi apparecchi.

Dati caratteristici
Gas rilevati: H2S
Range di misura 0-500 ppm
Incrementi: 0,1 ppm
Allarmi: Vibrante, visivo e sonoro (95 db)
Alimentazione 1 x Batteria al Litio
Dimensioni esterne (L x H x P):
mm 48.3 x 81.3 x 27.9
Peso (g) 72
Articolo 2 - Definizioni
1. Ai fini ed agli effetti delle disposizioni di cui al presente Decreto Legislativo si
intende per:
a) «lavoratore»: persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge
un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o
privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere,
un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari.

e) «preposto»: persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti


di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli,
sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute,
controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un
funzionale potere di iniziativa;
Articolo 19 - Obblighi del preposto
1. In riferimento alle attività indicate all’articolo 3, i preposti, secondo le loro attribuzioni
e competenze, devono:
a) sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro
obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza
sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione
individuale messi a loro disposizione e, in caso di persistenza della inosservanza,
informare i loro superiori diretti;
b) verificare affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni
accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
c) richiedere l’osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso
di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato
e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
d) informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e
immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di
protezione;
e) astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di
riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave
ed immediato;
f) segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei
mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni
altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a
conoscenza sulla base della formazione ricevuta;
g) frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto dall’articolo 37.
Sanzioni
Penali
Sanzioni per il preposto
• Art. 19, co. 1, lett. a), c), e) ed f): arresto fino a due mesi o ammenda da 400 a 1.200 euro
[Art. 56, co. 1, lett. a)]
• Art. 19, co. 1, lett. b), d) e g): arresto fino a un mese o ammenda da 200 a 800 euro [Art. 56,
co. 1, lett. b)]
Richiami all’Art. 19:
- Art. 18, co. 3-bis - Art. 166, co. 1 - Art. 171, co. 1 - Art. 179, co. 1 - Art. 263, co. 1 - Art.
283, co. 1
7. I dirigenti e i preposti ricevono a cura del datore di lavoro, un’adeguata e
specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in
materia di salute e sicurezza del lavoro. I contenuti della
formazione di cui al presente comma comprendono:
a) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi;
b) definizione e individuazione dei fattori di rischio;
c) valutazione dei rischi;
d) individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e
protezione.
Articolo 78 - Obblighi dei lavoratori
1. In ottemperanza a quanto previsto dall’articolo 20, comma 2, lettera h), i lavoratori
si sottopongono al programma di formazione e addestramento organizzato dal datore
di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi dell’articolo 77 commi 4, lettera h), e 5.
2. In ottemperanza a quanto previsto dall’articolo 20, comma 2, lettera d), i lavoratori
utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente all’informazione e alla
formazione ricevute e all’addestramento eventualmente organizzato ed espletato.
3. I lavoratori:
a) provvedono alla cura dei DPI messi a loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa.
4. Al termine dell’utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in materia di
riconsegna dei DPI.
5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al
preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro
disposizione.
TITOLO IX - SOSTANZE PERICOLOSE
CAPO I - PROTEZIONE DA AGENTI CHIMICI

Articolo 221 - Campo di applicazione


1. Il presente capo determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori
contro i rischi per la salute e la sicurezza che derivano, o possono derivare, dagli
effetti di agenti chimici presenti sul luogo di lavoro o come risultato di ogni attività
lavorativa che comporti la presenza di agenti chimici.
2. I requisiti individuati dal presente capo si applicano a tutti gli agenti chimici
pericolosi che sono presenti sul luogo di lavoro, fatte salve le disposizioni relative
agli agenti chimici per i quali valgono provvedimenti di protezione radiologica
regolamentati dal Decreto Legislativo del 17 marzo 1995, n. 230(N), e successive
modificazioni.
3. Le disposizioni del presente capo si applicano altresì al trasporto di agenti
chimici pericolosi….. omissis
Articolo 222 - Definizioni
1. Ai fini del presente capo si intende per:
a) agenti chimici: tutti gli elementi o composti chimici, sia da soli sia nei loro miscugli,
allo stato naturale o ottenuti, utilizzati o smaltiti, compreso lo smaltimento come rifiuti,
mediante qualsiasi attività lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente o no e siano
immessi o no sul mercato;
b) agenti chimici pericolosi:
1) agenti chimici classificati come sostanze pericolose ai sensi del Decreto Legislativo
3 febbraio 1997, n. 52(N), e successive modificazioni, nonché gli agenti che
corrispondono ai criteri di classificazione come sostanze pericolose di cui al predetto
Decreto. Sono escluse le sostanze pericolose solo per l’ambiente;
2) agenti chimici classificati come preparati pericolosi ai sensi del Decreto Legislativo
14 marzo 2003, n. 65(N), e successive modificazioni, nonché gli agenti che rispondono
ai criteri di classificazione come preparati pericolosi di cui al predetto Decreto. Sono
esclusi i preparati pericolosi solo per l’ambiente;
3) agenti chimici che, pur non essendo classificabili come pericolosi, in base ai
numeri 1) e 2), possono comportare un rischio per la sicurezza e la salute dei
lavoratori a causa di loro proprietà chimico-fisiche, chimiche o tossicologiche e
del modo in cui sono utilizzati o presenti sul luogo di lavoro, compresi gli agenti
chimici cui è stato assegnato un valore limite di esposizione professionale;
c) attività che comporta la presenza di agenti chimici: ogni attività lavorativa in cui
sono utilizzati agenti chimici, o se ne prevede l’utilizzo, in ogni tipo di procedimento,
compresi la produzione, la manipolazione, l’immagazzinamento, il trasporto o
l’eliminazione e il trattamento dei rifiuti, o che risultino da tale attività lavorativa;
d) valore limite di esposizione professionale: se non diversamente specificato, il limite
della concentrazione media ponderata nel tempo di un agente chimico nell’aria
all’interno della zona di respirazione di un lavoratore in relazione ad un determinato
periodo di riferimento; un primo elenco di tali valori è riportato nell’ALLEGATO
XXXVIII;
e) valore limite biologico: il limite della concentrazione del relativo agente, di un suo
metabolita, o di un indicatore di effetto, nell’appropriato mezzo biologico; un primo
elenco di tali valori è riportato nell’ALLEGATO XXXIX;
f) sorveglianza sanitaria: la valutazione dello stato di salute del singolo lavoratore in
funzione dell’esposizione ad agenti chimici sul luogo di lavoro;
g) pericolo: la proprietà intrinseca di un agente chimico di poter produrre effetti nocivi;
h) rischio: la probabilità che si raggiunga il potenziale nocivo nelle condizioni di
utilizzazione o esposizione.
Articolo 226 - Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze
1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 43 e 44, nonché quelle previste dal
Decreto del Ministro dell’interno in data 10 marzo 1998, pubblicato nel S.O. alla
Gazzetta Ufficiale n. 81 del 7 aprile 1998, il datore di lavoro, al fine di proteggere la
salute e la sicurezza dei lavoratori dalle conseguenze di incidenti o di emergenze
derivanti dalla presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro, predispone
procedure di intervento adeguate da attuarsi al verificarsi di tali eventi. Tale misure
comprendono esercitazioni di sicurezza da effettuarsi a intervalli connessi alla
tipologia di lavorazione e la messa a disposizione di appropriati mezzi di pronto
soccorso.
2. Nel caso di incidenti o di emergenza, il datore di lavoro adotta immediate misure
dirette ad attenuarne gli effetti ed in particolare, di assistenza, di evacuazione e di
soccorso e ne informa i lavoratori. Il datore di lavoro adotta inoltre misure adeguate
per porre rimedio alla situazione quanto prima.
3. Ai lavoratori cui è consentito operare nell’area colpita o ai lavoratori indispensabili
all’effettuazione delle riparazioni e delle attività necessarie, sono forniti indumenti
protettivi, dispositivi di protezione individuale ed idonee attrezzature di intervento che
devono essere utilizzate sino a quando persiste la situazione anomala.
4. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per approntare sistemi d’allarme e
altri sistemi di comunicazione necessari per segnalare tempestivamente l’incidente o
l’emergenza.
5. Le misure di emergenza devono essere contenute nel piano previsto dal Decreto di
cui al comma 1. In particolare nel piano vanno inserite:
a) informazioni preliminari sulle attività pericolose, sugli agenti chimici pericolosi, sulle
misure per l’identificazione dei rischi, sulle precauzioni e sulle procedure, in modo tale
che servizi competenti per le situazioni di emergenza possano mettere a punto le
proprie procedure e misure precauzionali;
b) qualunque altra informazione disponibile sui rischi specifici derivanti o che possano
derivare dal verificarsi di incidenti o situazioni di emergenza, comprese le informazioni
sulle procedure elaborate in base al presente articolo.
6. Nel caso di incidenti o di emergenza i soggetti non protetti devono immediatamente
abbandonare la zona interessata.

Potrebbero piacerti anche