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Teoria, tecnica, didattica

dell'esercizio fisico adattato alle


diverse fasce d’età

Docenti:

Matteo Quarantelli 
(M-EDF/01)

 Michele Panzarino
(M-EDF/02) 

Elvira Padua 
(M-EDF/02)

Trascrizione effettuata da
Laura Coramusi - Stefania Golemme -
Federico Giovannetti - Germano Bacchetta - Marco Boni - Mauro Capogrosso
AA 2020


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INDICE
MODULO 1 - CONOSCENZE GENERALI

LEZIONE 1 - Ricognizione introduttiva attività del processo formativo…………………………… pag 3


LEZIONE 2 - Parole e conoscenze imprescindibili……………………………… ……………………. pag 10
LEZIONE 3 - Movimento, attività fisica, esercizio fisico………………………………………………. pag 17
LEZIONE 4 - Esercizio fisico, training, adattamento, stress……………………………………….… pag 23
LEZIONE 5 - Esercizio fisico, carico motorio,parametri………………………………………….…… pag 28
LEZIONE 6 - Analisi del carico dell’esercizio fisico………………………………………………….… pag 34
LEZIONE 7 - Principi di progettazione del carico fisico (prima parte)……….. …………….……… pag 40
LEZIONE 8 - Principi di progettazione del carico fisico (seconda parte)……………………..…… pag 44
LEZIONE 9 - Basic Training Principles – Considerazioni pedagogiche……………………….…… pag 51
LEZIONE10 - Caratteristiche della seduta di training……………………………………… ………….. pag 57
LEZIONE11 - Quantità, intensità dell’esercizio fisico………………………….……………………….. pag 62
LEZIONE12 - Metodi per la sollecitazione allenante…………………………………………..……….. pag 68

MODULO 2 - CONOSCENZE RIGUARDO L’ESERCIZIO FISICO IN ETà EVOLUTIVA

LEZIONE 1 - Processo di allenamento in età EVOLUTIVA………………………………………..…………. pag 1


LEZIONE 2 - Analisi struttura della seduta in età evolutiva…………………………………………………. pag 8
LEZIONE 3 - Proposta di seduta ad orientamento coordinativo………………………… ………………… pag 15
LEZIONE 4 - Realizzazione di una seduta per imparare a gestire il disequilibrio…… ………………… pag 22
LEZIONE 5 - Realizzazione di una seduta per imparare a orientarsi in situazioni di pratica collettiva pag 28
LEZIONE 6 - Sedute per la sollecitazione della capacita di reazione e della rapidità di traslocazione pag 33
LEZIONE 7 - Proposta di seduta per la sollecitazione della forza……………………………………..…… pag 40
LEZIONE 8 - Proposta di seduta per la sollecitazione della forza veloce e della rapidità… …….……. pag 46
LEZIONE 9 - Proposta di seduta per la sollecitazione della DELLA RESISTENZA………….………..… pag 53

MODULO 3 - CONOSCENZE RIGUARDO L’ESERCIZIO FISICO IN ETà ANZIANA

Lezione 1 - Introduzione, I Processi Di Invecchiamento……………….……………………………….… Pag 1


Lezione 2 - Attività Motoria E Prevenzione Delle Cadute………………………………………………..… Pag 5
Lezione 3 - Introduzione All’ipertensione Arteriosa Osteoporosi E Obesità Nella Terza Età ……… Pag 10
Lezione 4 - Attività Motoria E Rachide……………….. ………………………………………..……………. Pag 13
Lezione 5 - Ergonomia Del Movimento E Rachide………………..………………………………….…….. Pag 18
Lezione 6 - Ginnastica Ergonomica…………………………………………………………………………… Pag 22
Lezione 7 - Introduzione Ai Test Motori………………………………………..……………………………… Pag 27
Lezione 8 - Ergonomia Nella Vita Di Relazione……………………………………………………………… Pag 28
Lezione 9 - Capire Il Tuo Livello Di Partenza (Auto Test In Presenza Di Un Tecnico)………………… Pag 32
Lezione10 - Esercitazioni Di Mobilità Articolare…………………………………………………….……….. Pag 35
Lezione11 - Attività Motoria E Tono Trofismo Nella Terza Età……………………………………………… Pag 38
Lezione12 - ALLUNGAMENTO MUSCOLARE NELLA TERZA ETÀ………………………………………… Pag 41

MODULO 4 - CONOSCENZE RIGUARDO L’ESERCIZIO FISICO IN ETà ADULTA

Lezione 1 - Il Ruolo Del Personal Trainer Per L’interazione Con Persone Di Eta’ Adulta….……… Pag 1
Lezione 2 - La Valutazione Della Postura E Del Body Mass Index……………………………………. Pag 6
Lezione 3 - Programmazione, documentazione, analisi del training load …………………………… Pag 11
Lezione 4 - Lo sforzo percepito, le scale di Borg…………………………………..……………….. …… Pag 16
Lezione 5 - LA Risposta Dell’esercizio Fisico Ed Il Suo Monitoraggio………………..……………… Pag 22
Lezione 6 - Proposte Di Test Di Valutazione Quantitativa……………………………………………….. Pag 27
Lezione 7 - Le Scelte Da Operare Per Definire Un Basic Training Program……………………..…… Pag 33
Lezione 8 - Ambiente All’aria Aperta, La Pratica Del Nordic Walking………………………………..… Pag 39
Lezione 9 - Ambiente All’aria Aperta, Avviamento Alla Pratica Del Running…………………………. Pag 44
Lezione 10 - Riferimenti Per La Pratica Di Esercizio Fisico In Sala Pesi………………………………. Pag 49
Lezione 11 - Linee Guida Per La Redazione Di Una Scheda Di Training……………………………….. Pag 53
Lezione 12 - Ricognizione Di Esericitazioni Fondamentali In Sala Pesi………………………………… Pag 58
Lezione 13 - Conoscenze Ed Orientamenti Per Il Training Della Capacita’ Di Forza…………………. Pag 64
Lezione 14 - Proposta Di Esercizio Fisico In Ambiente Acquatico, Acquagim………………………… Pag 71
Lezione 15 - Proposta Di Esercizio In Ambiente Acquatico, Hydrobike…………………………………. Pag 75

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Teoria Tecnica Didattica dell’Esercizio Fisico Adattato alle diverse fasce di età
Professor Matteo Quarantelli
MODULO 1 - CONOSCENZE GENERALI

Lezione 1 - Ricognizione introduttiva attività del processo formativo

Benvenuti alle attività dell'insegnamento di teoria tecnica didattica dell'esercizio fisico adattato alle
diverse fasce di età. In questa prima lezione andremo a realizzare una ricognizione di quelle che
sono le principali attività didattiche del processo formativo. Cercheremo di collocare questo
insegnamento all'interno di un più ampio percorso che è quello previsto dalla laurea magistrale in
scienze delle attività motorie preventive ed adattate.
Quindi abbiamo la possibilità di identificare il movimento come caratteristica umana in grado di,
non soltanto prevenire il decadimento di funzioni della nostra vita di relazione, ma di anticipare e,
se volete proprio di venire prima, di prevenire quelle che possono essere patologie correlate a tutte
le età della vita.
In passato soprattutto l’età anziana rappresentava un momento di involuzione biologica,
relazionale, sociale per le persone. Probabilmente un po' in tutti i continenti, in tutte le realtà della
nostra vita.
Oggi più probabilmente il cambiamento dello stile di vita, il cambiamento delle attività professionali
di relazione, ha condotto altre età ad essere soggetti ad una sorta di recrudescenza nel patrimonio
motorio, una sorta di decadimento delle proprie capacità di movimento. Ecco quindi che già nell'età
evolutiva, si è soliti identificare una serie di esigenze legate al movimento, non solo per favorire lo
sviluppo biologico, l'accrescimento fisico, lo sviluppo intellettivo, ma anche per contrastare
patologie che una volta erano sostanzialmente sconosciute.

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Pensate L’obesità in età infantile, il
diabete in età infantile, alcuni
problemi di carattere posturale che
oggi la nostra realtà sociale e
relazionale sembra aver generato in
maniera più evidente.
Il movimento però deve essere
interpretato in una logica molto
ampia, che ci porta ad introdurre
l'idea di adattamento, cioè di
movimento che viene adattato alle
esigenze della persona, che viene
adattato alle capacità che questa persona può esprimere al fine di sviluppare al massimo il suo
potenziale.
Quest'idea di adattamento sarà probabilmente l'elemento chiave che ci condurrà all'interno del
nostro processo formativo. La vera parola che apre tutti quegli scenari che questo tipo di
insegnamento potrebbe evocare presso ognuno di voi.
Questo percorso formativo che la laurea magistrale LM67 suggerisce e propone, ha in questi anni
costruito nuove abilità, competenze per la vera e propria strutturazione di nuove abilità e
competenze professionali, che vanno sia nella direzione di intercettare esigenze legate al
mantenimento di un buono stato di salute, sia alla ricerca del benessere.
Altre due parole: salute e benessere, stile di vita attivo che come vedrete, saranno probabilmente
piuttosto ricorrenti nelle nostre esposizioni, nelle nostre attività.

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Vediamo dunque di realizzare una sorta di fotografia di quello che potrebbero essere le attività del
nostro corso. Intanto identificando tre aspetti, se volete, centrali che da una parte identificano il
fatto che lo studente possa condurre un'attività di ricognizione, di conoscenze correlate al
movimento, all'esercizio fisico, all'attività fisica e alla strutturazione di un esercizio fisico adattato.
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Cioè sostanzialmente modificato in relazione a
quelli che possono essere l’esigenze delle
persone cui viene destinato e rivolto. Da
un'altra parte, oltre aspetti di carattere
conoscitivo, bisognerà soffermarsi, sviluppare
abilità e competenze in relazione alle
interazioni, cioè alla possibilità che lo studente
di questo percorso formativo, diventi poi un
operatore qualificato per progettare e condurre
attività motorie, programmi di esercitazione
fisica e, in qualche maniera, sia in grado di identificarne sia aspetti di carattere tecnico, che di
trasposizione didattica.
Come vedrete infatti, oltre all'aspetto un quantitativo legato alla quantificazione dell'esercizio fisico,
dovrà essere poi preso in esame l'aspetto di interazione con la persona. La possibilità di
immaginare l'esercizio fisico, non esclusivamente come il punto da cui partire per avviare un'attività
fisica continuativa finalizzata, ma anche per certi aspetti un punto di arrivo. Cioè vista come una
sorta di abilitazione della persona, magari sedentaria, che arriva ad avviare una pratica regolare,
che avvia una pratica che non sia più casuale, che non sia più lasciata semplicemente al sentire
personale.
Secondo aspetto sul quale dovremmo inevitabilmente soffermare la nostra attenzione, sia in
termini epistemologici, sia di ricognizione delle conoscenze, sia di identificazione di
metodi,riguarda l'esercizio fisico. In particolare dovremmo trovare un link, un collegamento tra la
metodologia dell'esercizio fisico e strategie di adattamento dello stesso in relazione a popolazioni
speciali, a popolazioni in età differente, con esigenze e traguardi assolutamente differenti.
Quindi dovremmo anche mettere in relazione le scelte, che l'operatore sportivo andrà a fare
insieme alla persona che dovrà essere protagonista di questa pratica di movimento, con quelli che
poi saranno traguardi effettivamente raggiungibili e, tempi, modalità, organizzazione per poterle
effettivamente raggiungere.
L’ultimo aspetto sul quale soffermerei la nostra attenzione è di fatto legato all'età della vita. Poiché
è indubbio che quelli che sono classificazioni che negli anni sono state immaginate per riconoscere
il percorso dell'esistenza dell’uomo, di fatto negli ultimi anni hanno subito profonde rivalutazioni.
Cercheremo di seguire una strada che accompagna quest'idea di identificazione di un'età, con
quelle tappe dello sviluppo motorio umano. In particolare io mi occuperò di condurvi all'interno
delle attività proposte per l'età evolutiva e per l'età adulta, mentre la collega professoressa Padua
si occuperà di quella che è l'età anziana o la tarda età anziana.

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Vediamo quali potrebbero essere degli obiettivi di questo insegnamento. Proviamo immaginare
quindi quale tipo di conoscenza sia indispensabile dover guadagnare.
Se l'esercizio fisico rimane l'elemento sul quale noi costruiamo e fondiamo sostanzialmente la
ricerca per la costruzione del nostro percorso formativo, dobbiamo immaginare quali siano le

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conoscenze riferibili e riconducibili alla progettazione, alla gestione, alla somministrazione e alla
successiva valutazione dell'esercizio fisico.
Il laureato dovrà essere in grado di identificare i compiti motori correlati all'esercizio fisico. Dovrà
essere in grado di averne una padronanza di carattere biomeccanico e tecnico. Dovrà essere in
grado di apprendere, produrre strategie di insegnamento, di training correlate alle abilità, allo
sviluppo motorio delle persone che gli vengono affidate.
Dovrà essere in grado quindi, una volta definito gli aspetti qualitativi, anche di determinarne aspetti
di carattere quantitativo ovvero: quali numero di ripetizioni, quale numero di serie, che tipo di
recupero o di pausa necessitano questo tipo di esercitazioni, soprattutto in relazione alle finalità
che l'esercizio fisico viene ad assumere.
L'ultimo aspetto, ma non meno importante, deve essere riconducibile a tutto ciò che ci consente di
dare un valore all'esperienza condotta, cioè di valutare l'effetto dell'esercizio fisico, valutare il grado
di efficacia dello stesso, valutare anche l'efficacia di un processo allenante, in relazione a
parametri che possono essere di carattere quantitativo prevalentemente, ma anche qualitativo.
Dovremmo quindi essere in grado di riconoscere le caratteristiche del carico motorio esterno o del
carico motorio interno. Dovremmo essere in grado di stabilire non solo quantità, ma anche
intensità dell'esercizio fisico.
Scopriremo quindi che vi sono delle conoscenze che lo studente di questo percorso formativo deve
assolutamente sviluppare, che potremmo in qualche modo considerare assolutamente
imprescindibili.
Il secondo aspetto che vorrei sottoporre alla vostra attenzione è legato all’interazione, cioè
l'interattività che la somministrazione, l’erogazione di esercizio fisico, comunque richiede.
L’operatore qualificato, il laureato in scienze delle attività motorie preventive e adattate deve
diventare anche in grado di relazionarsi con le persone che gli vengono affidate. Deve essere in
grado di riconoscere un percorso ragionevolmente graduale di sviluppo del training, ma anche
dell'apprendimento dei movimenti. Deve essere in grado di mettere in relazione gli aspetti di
carattere motorio con altri aspetti che sono di carattere non solo relazionale, ma anche emotivo e
affettivo.
Di fatto diventa, se volete, una dimensione pedagogica dell'intervento del nostro laureato, perché
non può, in qualche modo, esimersi dall'essere fondamentalmente anche educatore del
movimento.
Questo presupposto è strettamente correlato all'idea di evoluzione del movimento umano, di
strutturazione delle abilità di movimento che fanno parte dell'esperienza di vita dell'uomo e che
sono spesso riconducibili a motivazioni che la persona ha nel produrre attività di movimento.
L'ultimo aspetto non meno importante, è correlato a questi due primi punti; che ci porta
immaginare in quale modo il nostro laureato poi possa essere in grado di progettare percorsi
formativi, esperienze di esercizio fisico correlate a popolazioni che hanno caratteristiche speciali,
ma che sarà anche trattato in un ulteriore insegnamento che fa parte di questo percorso di laurea
della LM67, ma anche in relazione a quelle che possono essere le logiche della pratica di
movimento. Infatti è assai diverso immaginare quando il movimento viene svolto per fini
assolutamente legati al benessere della persona e all'acquisizione di fitness inteso in senso molto
ampio e generale. E’ invece altrettanto importante sviluppare abilità e capacità in relazione allo
sviluppo di prestazioni in un campo come quello dello sport agonistico, in cui il traguardo non è
esclusivamente l'aspetto di relazione con le altre persone, ma evidentemente va oltre la
sensazione del benessere personale, direttamente finalizzato all'acquisizione di risultati sportivi.
Vi è un ultimo aspetto che non può essere assolutamente trascurato, ed è quello che mette
sostanzialmente in relazione l'esperienza di questo tipo di operatore delle attività preventive e
adattate, con un'ampia popolazione di persone che non ha mai praticato con regolarità attività
motorie e o sportive, che deve essere avvicinata e facilitata ad avviare dei percorsi e che deve
essere sostenuta da una persona che, oltre che essere un esperto di movimento di esercizio fisico,
ne diventa un vero e proprio mentore.

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Possiamo quindi identificare dei traguardi in termini di conoscenze, soprattutto riferite alla
metodologia del training, cioè a quella che chiamiamo la metodologia dell’allenamento, cercando di

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prestare attenzione a non fare confusione tra allenamento e allenamento sportivo, che è un
ulteriore evoluzione di quello che è Il training fisico che ci porta nella direzione di stabilire con
certezza quale tipi di esercizio fisico, in relazione a quali tipi di età, a quali tipi di esigenze, a quali
tipi di traguardi da raggiungere.
Dovremo essere in grado di sviluppare conoscenze che ci consentano quindi di organizzare,
condurre, gestire, analizzare e valutare attività orientate al movimento. Un movimento che (lo
vedremo sempre meglio) non è casuale, ma assolutamente organizzato, intenzionale, strutturato,
finalizzato. In termini di competenza quindi, dovremmo essere in grado di acquisire strumenti per
organizzare, per gestire, per condurre, per progettare. Identificando cioè un processo nel suo
complesso che abbia sicuramente delle fasi interattive, ma abbia anche delle fasi pre attive, cioè
che intervengono prima di quella che è l’interazione, che la pratica dell'esercizio fisico
sostanzialmente richiede. Abbiamo anche delle fasi post attive, cioè che intervengono
successivamente e diventano importanti perché l'operatore può condurre, con tutti gli strumenti a
sua disposizione, delle valutazioni che siano quanto più coerenti rispetto agli obiettivi che va
riconoscendosi.

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Come vedete il traguardo
c o m p l e s s i v o i d e n t i fi c a u n a
competenza professionale che lo
studente piano piano viene ad
acquisire e che arricchisce,
integra, sviluppa il percorso
articolato e sviluppato lungo
l'attività della laurea triennale in
scienze delle attività motorie e
sportive.
Quali saranno le principali
strategie di interazione? Nel caso
nostro, trattandosi quindi di
un'università che utilizza la
tecnologia, un'interazione in presenza e soprattutto prevalentemente a distanza, saranno di
carattere sincrono o asincrono. Cioè in alcuni casi avranno la possibilità di svolgersi assolutamente
di persona,nell'immediatezza della comunicazione. In altri casi dovranno svolgersi attraverso
modalità asincrona e cioè nelle quali è colui il quale fruisce di questo servizio, non ne fruisce nello
stesso momento, ma in momenti successivi che sono evidentemente più adatti, più adeguati alle
sue esigenze. Se quindi noi avremo continuamente la possibilità di rimanere collegati anche
attraverso strumenti che la tecnologia oggi ci riconosce (quindi immaginate per esempio Skype,
oppure la possibilità di strutturare dei seminari via web) avremo anche la possibilità di continuare a
comunicare, interagire partendo dalla fruizione delle lezioni che saranno disponibili all'interno della
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piattaforma didattica; utilizzando le discussioni presenti nel forum del corso, realizzando delle
attività che in qualche maniera possono rappresentare un'integrazione di un approfondimento di
aspetti che siano stati trattati nel corso delle attività didattiche.

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Lo accennavo già precedentemente che il corso viene strutturato partendo da una sorta di
semplificazione. Vengono identificate tre grandi età della vita: l'età evolutiva, l'età adulta, l'età
involutiva che è quella corrispondente all’ età anziana ed, in particolare, accompagnerò questo
vostro percorso formativo nei primi due profili, cioè quelli relativi all'età evolutiva e all'età adulta.

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Come avverrà tutto questo, quale logica cercheremo di seguire? Intanto quella di identificare quelli
che sono vere proprie interazioni funzionali della persona. Perché la motricità è (se volete) il
risultato di molteplici funzioni biologiche, cognitive, motorie, sociali, emotive, affettive che
contribuiscono alla strutturazione di un percorso di sviluppo del movimento umano e, che
rispondono alle necessità di collocarsi all'interno dell’ambiente, di interagire con gli altri, di
strutturare delle esperienze, via via sempre più evolute, raffinate, in relazione a quelle che sono le
esigenze che la vita di relazione stessa di fatto ci impone.
Anche nella realizzazione di esercizio fisico, non potremo non avere una visione che passi
attraverso la correlazione che esiste fra queste funzioni, perché non saremo poi in grado di fornire
quello che poi diventerà il vero e proprio operatore esperto di attività motorie preventive e adattate,
gli strumenti più concreti di interazione, di servizio alla persona.

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Proviamo a questo punto a fare un ulteriore piccolo
passo in avanti e ad immaginare l'attività fisica (e
poi andremo anche ad accertarci che cosa
dobbiamo intendere con l'attività fisica) come un
momento importante della sua vita, come un
momento che contribuisce a arricchire la nostra
interazione, la nostra relazione con le altre
persone, che ci consente di vivere, in sostanza, di
finalizzare la nostra stessa esistenza.
Rispetto al passato l’attività fisica ha in qualche
maniera subito dei sostanziali cambiamenti; per
certi versi sì è molto sviluppata. Quindi se
interpretiamo il fenomeno della pratica sportiva
agonistica, l'eccellenza dello sport è rappresentata
da espressioni di movimento altamente sofisticate ed evolute.
D'altra parte, al contrario, possiamo notare che quello che è un'espressione media dell'attività
fisica, cioè quella che viene rappresentata nella nostra vita di relazione e nella nostra vita
quotidiana e che probabilmente ha subito un'involuzione molto importante. Questa involuzione è
legata ad uno stile di vita in cui sono subentrati strumenti che ci hanno consentito di ridurre il
lavoro meccanico, cioè ci hanno consentito di lavorare non in maniera manuale, ci hanno
consentito di spostarci in maniera molto più rapida, utilizzando le automobili, treni, aerei, e,
generando di fatto un'esigenza molto più contenuta rispetto anche solo un centinaio di anni fa
rispetto ai nostri progenitori.

Quello che ci interessa immaginare è, se si può stabilire una sorta di relazione tra l'attività fisica
(espressione di quelle che sono le attività non strutturate/spontanee della nostra vita quotidiana),
quelle derivanti da un vero e proprio training finalizzato, con uno stile di vita decisamente più attivo;
uno stile di vita in cui la persona diventa consapevole di questa sua minor possibilità di produrre
movimento, di ridurre quindi l'esigenza di lavoro meccanico nella sua normale esistenza.

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Questo ci consente quindi di immaginare che possa valere la pena pensare molto diversamente di
quanto evidentemente avveniva in passato, che ci sia necessità di creare un'abitudine al
movimento.
Oggi probabilmente noi siamo molto “allenati”, lo diciamo così tra virgolette, a stare seduti.
Dobbiamo invece, al contrario, riorientare la nostra esperienza di vita attraverso appunto attività
strutturate o destrutturate che rendano centrale l’esperienza del movimento, che in qualche
maniera ci sollecitino a riprendere la gratificazione di uno stile di vita più attivo che può
determinare un migliore stato di benessere.

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Cosa intendiamo con benessere? In
effetti deve essere un’interpretazione
di quello che in qualche modo sia
l’essere, inteso come esistere, lo stare
bene nel nostro percorso di vita. Quindi
è qualcosa che di fatto coinvolge tutte
le sfere della personalità umana e, che
caratterizza evidentemente ogni
persona nella sua specificità, nella sua
unicità. Quindi è evidente che quello
che può essere il benessere di una
persona nell'età evolutiva, possa essere
diversamente interpretato per una persona in età adulta o addirittura in età anziana.
La quantità e la qualità del movimento, diventano probabilmente fattori correlati a questa maggiore
o minore sensazione di benessere, che è strettamente correlata però anche a quella che è
l'evoluzione della vita dell’uomo. Come dire; cambiano le esigenze, cambiano le modalità di
interazione, cambiano le gratificazioni che la persona in qualche maniera viene ad accogliere a
sviluppare.

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Quest'ultima diapositiva vuole quindi rappresentare un po' una sorta di sintesi che identifica alcuni
aspetti chiave della vita dell'uomo di oggi nel III millennio. Identifica inoltre il movimento come
elemento importante per garantire la prossimità nelle relazioni sociali, per garantire una sorta di
gene della vita della persona, che in qualche maniera riempie, arricchisce l'esperienza legata al
tempo libero e, che si completa con altri momenti in cui la persona si dedica a un proprio personale
riposo oppure ad un'alimentazione adeguata e corretta.
Quindi il movimento come parte integrante della vita dell’uomo, come aspetto che informa più o
meno strutturata, deve essere più sollecitato rispetto al passato in relazione proprio all’evoluzione,
non sempre necessariamente positiva di quello che è l’esperienza di vita dell'uomo stesso.


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LEZIONE 2 - Parole e conoscenze imprescindibili

Ci troviamo all'interno del percorso formativo della Laurea Magistrale in Scienze delle Attività
Motorie Preventive ed Adattate.
Questo contributo vuole avvicinarsi all'idea che è alla base, che in qualche maniera rappresenta il
fondamento sul quale negli ultimi quarant’anni, all'incirca è stata costruita una scienza del
movimento adattato. Una scienza delle attività motorie adattate ed infine anche un'idea di
esercitazione fisiche adattate alle esigenze della persona.
Proveremo quindi a mettere in relazione l'attività fisica ad adattamenti in relazione alle esigenze
della popolazione, di alcune espressioni, in particolare della popolazione umana e cercheremo di
identificare in base a quelli che sono stati indirizzi di ricerca degli ultimi anni, di quelli che possono
essere gli adattamenti correlati a questo tipo di attività.

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Intanto cominciamo a identificare due
acronimi che sostanzialmente rappresentano
un'unica entità: APA e AFA sostanzialmente
esprimono, in lingua italiana oppure inglese o
in francese, l'Attività Fisica Adattata:
Adapted Physical Activity o Activité
Physique Adaptéz.
Questo ci porta ad immaginare quanto, più
probabilmente, molti contributi presenti oggi
nella letteratura scientifica, sia di carattere pedagogico che di carattere biomedico, facciano
riferimento a l'attività fisica adattata,

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Questo è il punto da cui dobbiamo
partire per ricostruirne anche
seppur rapidamente, forse in
maniera sommaria, una breve
indagine cronologica. Intanto
perché questa espressione è nata
come evoluzione dell'espressione
di educazione fisica, in quanto
l'educazione fisica sembra stata
identificata come l’insegnamento,
la strategia al servizio
dell'educazione del movimento e
attraverso il movimento, condotta
un po' in tutti paesi sia occidentali
che asiatici o nordamericani, piuttosto che sudamericani. Di fatto centrata molto sulla disciplina
stessa, sulla realizzazione delle attività di compiti motori, che rappresentano la disciplina.
Ecco quindi che, all'interno del processo formativo dell'educazione fisica, è stato sviluppato un
concetto di individualizzazione in base al quale, la persona era in grado di realizzare un percorso
più ampio, più articolato, più complesso oppure in realtà lo poteva fare in maniera molto più
limitata, cioè i traguardi erano traguardi individualizzati.
Non viene modificata l’attività, semplicemente viene modificato il percorso che, per alcuni, può
essere più ampio e articolato, per altri può essere più contenuto.
Se ci pensate è un modello che può essere direttamente riconducibile a una logica
prevalentemente di prodotto, quindi molto vicina per esempio alla pratica sportiva agonistica, la
pratica sportiva competitiva, la pratica sportiva di risultato.
Al contrario, l'attività fisica adattata nasce con il presupposto della personalizzazione, cioè del
consentire ad ogni persona di sviluppare proprie capacità, proprie abilità, proprie conoscenze e

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che diventano il vero traguardo. Quindi una logica più probabilmente orientata verso i processi,
verso la possibilità che si possa personalizzare l’attività, quindi modificarla, adattarla rispetto alle
esigenze delle persone.
In questo senso, se volete, è proprio un vero e proprio ribaltamento, un ribaltamento molto vicino a
esigenze, non di atleti, non di sportivi, non di praticanti continuativi assidui di prestazione, ma al
contrario di persone che sviluppano abilità di movimento prevalentemente per fini educativi, per fini
riconducibili alla propria esperienza di vita.
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Con l’Attività Fisica Adattata si struttura
in maniera sempre più evidente l'idea
che qualunque attività motoria possa
essere immaginata, sviluppata, prodotta,
condotta con degli adattamenti in grado
di esaltare le capacità cognitive e
motorie di ognuna delle persone cui
questa attività venga rivolta.
Immediatamente trovò grande appiglio e
appeal in una popolazione che allora
veniva identificata come il portatore di
handycap e, che oggi invece viene al
contrario identificata come quella del
persone diversamente abili, che avevano necessità di ricostruire un percorso di vita legato ad
interazioni con altre persone, ad esperienze socialmente e personalmente gratificanti e che
trovavano nella pratica del movimento e soprattutto una pratica anche sportiva, un traguardo molto
importante.
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Quale fu in effetti il vero e proprio
padre fondatore di questa attività?
In qualche maniera è un
neurochirurgo, un medico inglese
alle prese con gli effetti devastanti,
presso la popolazione inglese, di
quella che era stata la seconda
guerra mondiale, quindi con la
necessità di dover reintegrare molti
dei reduci della seconda guerra, a
quelle che erano le esigenze della
vita quotidiana, a una vita di
relazione che avesse anche dei
momenti importanti, anche
gratificanti, attraverso una pratica
che fosse impegnativa, che
stimolasse la persona sia sotto un profilo motorio, che intellettivo, cognitivo.
Ecco che si comincia a immaginare quanto una pratica sportiva possa diventare strumento per
accompagnare, integrare, sviluppare attività riabilitative.
Deve essere proprio identificato in Guttman colui il quale diede il via ad un fenomeno che oggi noi
conosciamo come sport Paralimpico e che trova le sue prime espressione in quelli che voi
chiamate i primi giochi per gli sportivi diversamente abili; quelli di Stoke Mandeville.
Successivamente già all’olimpiade estiva di Roma 1960 (Antonio Maglio - Direttore del centro
paraplegici INAIL) cominciò ad ospitare le prime competizioni dedicate a persone con disabilità
fisiche.
Questo percorso ha avuto fortunatamente negli ultimi cinquant’anni un'evoluzione molto
importante, sia con persone con disabilita fisica, sia con persone con disabilità intellettiva. Quindi
se siamo in grado oggi di parlare di giochi Paralimpici parliamo anche di Special Olympics.
Manifestazioni quindi che sono espressamente dedicate a persone con disabilità fisiche e o
mentali.
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Quest'idea dell'attività fisica
adattata comincia a farsi largo
però in un'epoca successiva e in
realtà non attraverso
l’esperienza che Guttman
cominciò ad avanzare e a
sostenere con le persone
diversamente abili o comunque
divenute disabili, ma attraverso
l'idea che uno studioso
canadese, Simard, sviluppò in
relazione all'esigenza di
stimolare l'attività delle persone
anziane in maniera decisamente
più efficace, per garantire loro condizione di vita decisamente più apprezzabile. Quindi in qualche
maniera l'attività adattata alle esigenze di una popolazione che avrebbe potuto trovare un
giovamento diretto.
In pochi anni quest’idea, questi studi, vennero fatti in europa molti congressi scientifici
svilupparono l'idea dell'attività fisica adattata e si trovò la possibilità di immaginare che questa
potesse divenire la chiave di accesso di molte persone che avevano sostanzialmente una serie di
problemi nella loro vita di relazione, nella loro vita all'interno di un ambiente per normodotati, a
garantirgli quindi l'attenzione di grandi organismi europei e mondiali, fino ad arrivare proprio alla
carta europea dello sport, che sostanzialmente sottolinea l'accesso delle persone disabili alla
pratica motoria sportiva e ne riconosce un particolare valore sociale.

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Di nuovo il Canada rappresenta, all'alba del terzo millennio, un nuova sede per un importante
d'ulteriore evoluzione dell'idea di attività fisica adattata, perché interpreta, sviluppa, struttura, quella
che era l'esperienza dell'educazione fisica, dell'educazione motoria, dell'educazione sportiva,
integrando il tempo libero, cogliendo i possibili collegamenti con tante altre espressioni di
movimento, dalla danza al fitness, alla riabilitazione, immaginando quanto fosse necessario
condurre una serie di nuovi studi che portassero a immaginare percorsi facilitanti, un nuovo
accesso delle persone a pratiche motorie in grado di arricchire, sviluppare, migliorare l'esperienza
di vita.
In questo senso contribuiscono ad identificare una nuova epistemologia per le scienze del
movimento, immaginando una serie di profili di ricerca assolutamente integrati.

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S8/14
Oggi (quindi) sono passati altri 15 anni all'incirca da quel momento e quest'espressione di attività
fisica adattata, ha trovato un ulteriore evoluzione. Proprio perché sulla base di queste esperienze,
molte professionalità in campo biomedico hanno immaginato di preparare dei percorsi integrativi
alle normali terapie, attraverso la pratica motoria, attraverso il movimento, attraverso l'esercizio
fisico.
Molto spesso vedrete che in quelle che sono le linee guida, le raccomandazioni che le grandi
organizzazioni sanitarie riconoscono in ogni paese, il movimento, l'esercizio fisico, l'attività fisica
vengono ad a guadagnare un rilievo, una rilevanza molto superiore a quella che veniva
riconosciuta precedentemente.
Questo nasce come, spesso accade per far fronte all'insorgere di nuove patologie legate
all’ipocinesia, cioè la mancanza di movimento, a stili di vita porco attivi, ad alimentazioni troppo
ricche rispetto quelle che siano le reali necessità biologiche evolutive della persona.

S9/14
Vediamo anche però che la stessa idea di adattamento è andata crescendo perché ci sì è
immaginati oggi, di introdurre l'idea che qualunque attività possa essere interpretata attraverso una
serie di variabili fisiche, piuttosto che motorie, piuttosto che cognitive, piuttosto che materiali, che
possano essere modificate, rivedute, correlate a quelli che siano risultati diversi rispetto a quello
che potrebbe essere utile o efficace in senso più ampio e generale. Quindi nasce l'idea che si
possa intervenire adattando qualunque attività in relazione ai bisogni della persona, in relazione a
degli scopi che un certo tipo di attività viene ad assumere.
Prenderemo spunto nuovamente dall'attività proposte alle persone diversamente abili per
inquadrare sostanzialmente tre profili. Un profilo è quello della pratica sportiva orientata al
confronto, alla competizione, al risultato. Un secondo profilo in cui la pratica diventa non solo più
sportiva, ma anche motoria in senso più ampio e che entra nella logica sociale di tempo libero. Ed
infine,immaginare una pratica motoria al servizio dell'integrazione della persona che possa avere
una serie di problemi. Problemi legati all'interazione con gli altri, problemi legati ad un proprio stato
di difficoltà.
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Questa prima classificazione ci porta a
mettere in relazione l'adattamento con
queste tre logiche. Questo modo di
procedere ci aiuta enormemente perché è
una prima grande strategia al servizio di
chi opera in questo campo per orientare le
proprie scelte, la propria organizzazione in
funzione non soltanto dei traguardi da
raggiungere, ma della logica che sottende
questo tipo di interventi.

S11/14
Vediamo che cosa accade per
esempio nella pratica sportiva. La
pratica che non ha un valore, una
rilevanza, un'efficacia diversa
rispetto a quella degli sportivi
normodotati, cosiddetti sportivi
atleti olimpici. E’ un’attività
parallela. Infatti gli atleti li
identifichiamo come paralimpici. E’
un’attività in cui l'adattamento è un
adattamento funzionale a livello di
disabilità fisica, che consente ad
ognuno di questi atleti di
gareggiare all'interno di CLASSI di
disabilità, quindi con altre persone che hanno esigenze e problemi molto simili alle loro, ma che
sottende maniera molto rigorosa quella che è una logica della pratica sportiva che è finalizzata ad
una competizione. E’ inoltre finalizzata alla ricerca di un risultato sportivo, ed evidentemente
finalizzata anche a tutte le attività che consentono di preparare, strutturare, organizzare la
prestazione di gara. Cioè tutte quelle attività che noi siamo soliti identificare attraverso il processo
di allenamento sportivo.
Rispetto all’idea iniziale di Guttman all’espressione dei giochi di Stoke Mandeville, oppure quelli
di Roma 60, oggi lo sport Paralimpico ho avuto un'evoluzione importantissima, non solo dal punto
di vista organizzativo, ma anche di riconoscibilità per fenomeni che diventano fenomeni ormai
importanti, globalizzati. Gli ultimi giochi Paralimpici di Londra 2012 sono stati un grande evento
sportivo. Sono stati un grande evento per grandi sportivi e sono stati anche un grande evento
mediatico.

S12/14
Un secondo profilo che andiamo ad
analizzare sottende una logica
leggermente diversa.
Abbiamo sempre una pratica di
movimento, abbiamo una pratica che
riconosciamo attraverso
un'espressione sportiva, ma in questo
caso da interpretare in maniera
diversa. Il traguardo, non è la
competizione, non è l’allenamento,
c i o è n o n è u n e s e r c i z i o fi s i c o
finalizzato, ma più probabilmente la
gratificazione che il movimento procura
e che procura in ambienti che siano ambienti che hanno una loro rilevanza sociale. Ecco per
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esempio, che abbiamo scelto l'esempio dell'ambiente acqua, proprio perché la piscina rappresenta
un punto di ritrovo delle persone, un punto nel quale le persone si confrontano in un liquido, quindi
con un'esperienza di movimento e di apprendimento, diversa rispetto ad altre, come dire, terrestri
e, rappresenta anche una condizione che, per alcune persone gravemente disabili sotto il profilo
fisico, diventa di facilitazione, cioè nell'acqua possono produrre una qualità di movimento ben
superiore a quella che è loro consentita nelle loro normali attività quotidiane. In questo caso la
logica è la logica della pratica natatoria. Quindi il traguardo è rappresentato da ciò che noi siamo in
grado di imparare. Di ciò che sottende una pratica natatoria in cui dobbiamo avere controllo del
nostro corpo nell'ambiente acqua, il controllo della respirazione, la coordinazione del tronco e degli
arti.
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Vediamo dunque il terzo profilo, che
in qualche maniera e quello che
potrebbe interessarci ulteriormente
perché, di fatto, è legato un bacino di
riferimento della nostra popolazione
molto più ampio. E’ legato a tutti
coloro i quali, sostanzialmente non
realizzano una pratica motoria,
perché in realtà non ne avvertono
l’esigenza. non si sentono motivati a
impegnarsi in qualcosa che per loro
rappresenta un impegno, rappresenta
in qualche modo non soltanto un elemento di fatica, ma anche di difficoltà nella relazione con altre
persone. In questo caso diventa molto importante il fatto che le persone comincino a scoprire,
attraverso la relazione con gli altri, attraverso la relazione che possono avere con l'operatore
esperto, la pratica motoria per poi saper riconoscere dentro la propria esperienza, il valore di
questa pratica, l'occasione che essa rappresenta e comincino ad ascoltare il proprio corpo ed a
riconoscere la gratificazione, la soddisfazione che questo tipo di esperienze possono comportare.
In questo caso probabilmente è una delle attività che ha il valore sociale più rilevante, che in molti
paesi sta prendendo spazio, molto più di quanto possono essere le pratiche più finalizzate.

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Vediamo però che ci può condurre un'operazione è leggermente diversa in cui l'operatore viene a
condurre un adattamento, non più in base alla possibilità di personalizzare l'attività mantenendo
una logica. La logica della pratica sportiva, del tempo libero, oppure dell'integrazione sociale.
Quanto invece di modificare le attività, di modificare le interazioni, di modificare i compiti motori,
regolamenti, materiali che vengano utilizzati in funzione di quelle che sono le possibilità di
movimento, le capacità delle persone coinvolte. Tipico esempio di questo è l'attività adattata che
viene condotta all'interno del nostro istituti scolastici, per integrare la persona diversamente abile
insieme alla sua classe. Possono essere condotte delle esperienze di esercitazioni o esperienza di
carattere ludico in cui tutta la classe, quindi anche la persona disabile viene coinvolta, in cui le
regole dell'interazione o della pratica vengono modificate, in relazione proprio alla possibilità di far
sentire la persona diversamente abile ugualmente protagonista, di far riconoscere ai suoi
compagni il valore, l’importanza della relazione con il compagno disabile. Questa esperienza in
Italia ha trovato una grandissima evoluzione, ha consentito di sviluppare delle vere proprie attività
integrate che consentano quindi, all’insegnante della scuola primaria, con la collaborazione
dell'insegnante di sostegno, di operare con tutta la classe, di definire situazioni di apprendimento
che coinvolgano tutti gli alunni, di immaginare quindi una programmazione legata alle possibilità di
apprendimento di tutta la classe. Quindi immaginate quanto questa nuova strategia integri l'idea di
programmazione per l’apprendimento, con la possibilità che viene data dall'adattare spazi, con
l'adattare regole di gioco, con l’adattare i materiali e interazioni a quelle che sono le reali esigenze
che questa situazione di fatto impone.
Questo genere di strategia, lo vedremo meglio, potrà essere importante anche in altre esperienze
che nel corso delle nostre attività didattiche andremo a identificare, proprio perché laddove una
qualunque attività motoria si rivolga ad un complesso di persone, necessariamente a una sua
dimensione collettiva, ma anche la necessità di avere una personalizzazione.
Quindi le esperienze che noi abbiamo in questa lezione sintetizzato attraverso l'evoluzione del
concetto di attività fisica adattata, saranno un validissimo supporto per immaginare un percorso in
cui diventerà più centrale l'identificazione di qualcosa di più finalizzato che siamo soliti identificare
come esercizio fisico.


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LEZIONE 3 - Movimento, attività fisica, esercizio fisico.

In questa lezione prenderemo in esame alcune espressioni che risultano essere dei veri e propri
riferimenti per la costruzione delle conoscenze correlate all’esercizio fisico, all’attività fisica, alla
realizzazione di programmi di training adattati alle esigenze della persona.
Questo tipo di analisi diventa importante al fine di acquisire un lessico scientificamente più corretto,
che ci faciliti la possibilità di entrare in relazione con altre professionalità nel campo biomedico per
esempio e, di dialogare con la certezza di significati, di costrutti e di concetti che vengano utilizzati.

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Partiamo con l’identificare con attività
motoria sostanzialmente quel complesso di
impulsi nervosi efferenti, che contribuiscono
all’esistenza in vita della persona, che non
sono rappresentati soltanto da attività in cui
l’apparato locomotore viene impegnato in
maniera massiva, ma in tanti altri momenti
della nostra giornata, momenti nei quali non
produciamo direttamente/volontariamente
un compito motorio.
E’ importante immaginare questo
meccanismo delicatissimo, regolato dal
sistema nervoso centrale e periferico, in relazione alla possibilità di produrre dei compiti legati al
movimento, utilizzando quella continua elaborazione di informazione di carattere sensoriale che
tutti gli analizzatori garantiscono alla persona.
In questo caso, per esempio, noi rappresentiamo un’attività umana ricorrente, (quello dello
scrivere), che assume in se una molteplicità di significati, di valori, di processi di carattere motorio,
di controllo del movimento, di controllo dello spazio a disposizione, dell’elaborazione di pensieri,
della relazione esistente tra la produzione di movimento e l’elaborazione del pensiero.

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Procedendo ulteriormente,
dobbiamo entrare in una
dimensione che è più vicina
anche alle attività che questo
insegnamento si propone. Cioè
centrare l’attenzione sulle
caratteristiche dell’esercizio
fisico. In particolare veniamo ad
introdurre una definizione di
attività fisica, cioè quella attività
che viene prodotta dal nostro
corpo, ovvero dal movimento,
dall’azione muscolare, che
genera una spesa energetica, cioè un dispendio energetico.
Questi aspetti sono realmente molto importanti, perché danno la misura in termini qualitativi e
quantitativi di quello che è il lavoro muscolare. Del lavoro muscolare necessario a produrre il
movimento del nostro corpo, dei nostri segmenti corporei e mette in relazione il lavoro meccanico
quindi, con una spesa energetica.
Queste attività sono parte della nostra vita, in alcuni casi sono finalizzati, in altri casi sono
strutturati, in altri casi sono assolutamente destrutturati, cioè fanno parte di quella che è la nostra
possibilità di interagire con altre persone all’interno dell’ambiente che è il nostro ambiente di vita.
Quindi sono le attività giornaliere con le quali noi siamo in grado di fare la spesa, piuttosto che
curare il nostro giardino, di tenere in ordine la nostra casa, piuttosto che occuparci e accudire i
nostri figli. Sono tutte le attività spesso correlate con il lavoro.

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Questo ci porta già ad una prima grande riflessione, perché lo abbiamo trattato già in precedenti
contributi, la vita dell’uomo di oggi è segnata da caratteristiche di lavoro, di attività lavorative molto
diverse rispetto al passato. Il lavoro manuale, il lavoro fisico è molto diverso rispetto al passato.
Molte meno persone conducono delle attività lavorative in cui c’è un dispendio energetico, un
lavoro meccanico veramente molto rilevante. Al contrario di quello che accadeva probabilmente
solo cinquanta anni fa, in una realtà sociale dove probabilmente il lavoro nel campo dell’agricoltura
era ancora molto diffuso, vi era molto lavoro di carattere metalmeccanico all’interno delle
fabbriche.
L’incidenza della tecnologia, l’utilizzo di strumenti, come oggi invece è molto presente, era in
definitiva assai ridotta. Ma era anche molto più ridotta l’incidenza nell’utilizzo di strumenti di
comunicazione, quali il telefono, quali il computer. Era molto più ridotto l’utilizzo dei mezzi per
recarsi al lavoro, perché molto spesso, attraverso una possibilità di utilizzare il cammino, si era in
grado di raggiungere il posto di lavoro.
In sostanza, l’attività fisica del terzo millennio, può essere rappresentata in maniera realisticamente
molto diversa da quella che probabilmente caratterizzava realtà sociali simile alla nostra qualche
decenni orsono. E’ stato in qualche maniera definito che oggi, la spesa energetica derivante da un
lavoro meccanico, legato all’attività della vita quotidiana, sia decisamente molto più contenuta di
quello che avveniva circa cent’anni orsono. Tanto che questo aspetto ha cominciato a diventare
oggetto di indagine, di ricerca, in molti campi del sapere umano in relazione a riconoscere quelle
che al contrario invece siano esigenze che derivano da questa minor necessità di movimento, di
lavoro muscolare, di lavoro meccanico e quindi di spesa energetica.

S4/12
Altra parola chiave, la inquadriamo
attraverso anche con un confronto tra le
immagini, è quella di esercizio fisico. In
questo caso noi immaginiamo un lavoro
muscolare, immaginiamo ancora una volta
una spesa energetica, immaginiamo
qualcosa che in fondo possa essere
riconducibile ad altre attività che prima
abbiamo presentato, ma che ha una
caratteristica che lo differenzia in maniera
sostanziale, è un’attività strutturata, è
u n ’ a t t i v i t à fi n a l i z z a t a , è u n ’ a t t i v i t à
intenzionale che viene prescelta per raggiungere una serie di traguardi. Traguardi che possiamo
identificare nella capacità di avere una maggiore efficienza fisica, piuttosto che un maggior
controllo motorio, che sono rappresentati dall’essere in grado di sviluppare delle abilità di
movimento più raffinate, ma anche in altri casi, più adeguate al tipo di vita e allo stile di vita che
cerchiamo di interpretare.
Questo confronto ci deve molto spingere, perché da una parte abbiamo analizzato che la nostra
vita è cambiata, che quello che una volta era parte della nostra quotidianità, si è sostanzialmente
molto ridotto.
Siamo, in qualche maniera diventati animali che si muovono di meno e che si impigriscono. Ripeto
quanto ho già avuto modo di affermare, diventiamo molto allenati a stare seduti. Siamo indotti a
percepire la soddisfazione del non realizzare il movimento.
L’esercizio fisico è una strategia che invece ci può riportare ad acquisire un maggior livello di
efficenza fisica, quindi a sentire una maggior necessità di completare la nostra esperienza
quotidiana, con attività che abbiano anche un impegno importante per il nostro apparato muscolo
scheletrico, e che quindi consentano alla persona di trovare un’ulteriore gratificazione nella sua
esperienza di vita.

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Molte organizzazioni di livello internazionale in tanti paesi si sono si sono occupati di attività fisica,
quale opportunità per la persona, per l'uomo di averne esperienza di vita realmente gratificante e
soddisfacente. Molte di queste interpretazioni sono nate da un famoso documento, che
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l'organizzazione mondiale della sanità
venne a pubblicare per identificare,
con l'attività fisica, qualunque genere
di sforzo fisico, di lavoro muscolare
esercitato dal nostro sistema muscolo-
scheletrico e che si traduca in un
consumo di energia superiore o molto
superiore rispetto quelli che sono
condizioni di assoluto riposo.
Ecco quindi che viene identificato
un'esperienza di sollecitazione
motoria, che non è più solo quella che
in passato veniva ricondotta con l'attività sportiva o con l'attività lavorativa e con il lavoro manuale,
ma consente di identificare altre attività che rappresentano parte del tempo libero e che ci
consentono però di condurre una vita decisamente più attiva, più adeguata al nostro essere
uomini.

S6/12
Questa è una piramide che dovrebbe rappresentare in qualche maniera, quelli che siano le reali
esigenze della vita e del movimento nella vita dell’uomo. In alto quindi nella porzione più contenuta
e ridotta dovrebbero esserci tutte le attività che in qualche maniera riducono l'esperienza di
movimento. Più ci allontaniamo dal vertice, più raggiungiamo la base, vediamo che l'area diventa
più importante e si riferisce alle attività quotidiane; alle Daily activitys di cui abbiamo parlato
precedentemente. Cioè quelle che rendono quotidianamente attiva la vita della persona.
Questo tipo di riflessione ci fa cogliere immediatamente come diversamente rispetto al passato,
l'attenzione delle grandi organizzazioni non è più solo ad un fenomeno, quello della pratica motoria
o sportiva con una bassa frequenza, con un'attività che ricorresse 2 - 3 volte alla settimana, ma è
molto più centrato sul creare uno stile di vita che preveda quotidianamente delle attività di
movimento. Queste attività di movimento prendono riferimento, non solo la vita quotidiana, ma
qualunque esperienza del movimento comprese quelle finalizzate, comprese quelle che possiamo
identificare in quanto strutturate, in quanto pianificate, in quanto intenzionale; l'esercizio fisico.
Maggiore è la frequenza delle attività, maggiore nel suo volume complessivo nell'arco della
settimana, maggiore può essere il beneficio in termini biologici, relazionali, sociali per la persona.

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S7/12
Perché in fondo si è arrivati a dover accogliere questo tipo di sollecitazioni? Perché molti studi
cominciavano, come già precedentemente suggerito, a mostrare che la prestazione motoria
umana aveva subito una recrudescenza, un'involuzione via via era sempre più importante.
Sono stati condotti molti studi, proprio per cercare di valutare, dare un valore alla capacità motoria
dell’uomo. Alcuni si sono rivelati particolarmente interessanti perché in grado di mettere in
relazione una capacità di movimento, in questo caso aerobica, rispetto a un trend di molti paesi
non solo europei, ma vorrei dire anche di altri continenti rispetto anche al genere.
Ne viene fuori un quadro dove si interpreta, a seconda dei casi e dell’età, una recrudescenza
particolarmente rilevante, che è stata notata soprattutto, ed è questo l'aspetto che si è immaginato
essere anche più pericoloso, soprattutto per le persone in età evolutiva, attratte sempre di più da
modelli di interazione con la tecnologia, piuttosto che con le altre persone attratte sempre di più da
un movimento generato dagli strumenti, piuttosto che quello sviluppato con il proprio corpo in
collaborazione con altre persone e finalizzato alla situazione, che da un punto di vista sociale è più
rilevante è quella di interazione in ambiente educativo o in un ambiente spontaneo.

S8/12
Nasce quindi l'esigenza di promuovere
il benessere della persona. Nasce
quindi la necessità, non solo di
sollecitare il movimento come
prevenzione, anticipazione, come
venire prima di aspetti di carattere
patologico, ma anche soprattutto per
integrare qualcosa che oggi, lo abbiamo
constatato, viene meno sempre di più.
Cioè il tempo di movimento spontaneo
o strutturato, in relazione a tante altre
attività della nostra vita quotidiana.
Fondamentalmente se noi immaginiamo
il bambino che frequenta la scuola primaria in una modalità a tempo pieno passa dalle 8:30 alle
16:30 di ogni giornata, praticamente impegnato in attività che hanno un elevato valore educativo e
cognitivo, ma non sempre necessariamente così soddisfacente dal punto di vista motorio. Oltre a
questo, molte delle attività che rappresentano il tempo libero di soggetti in età evolutiva, sono
legate all'utilizzo di strumenti che possono essere video giochi, che possono essere computer

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piuttosto che telefonini, che ingenerano ancora di più, l’evoluzione di abilità cognitive, ma anche la
riduzione di quel spontaneo, articolato, importante patrimonio di abilità di movimento.

S9/12
In questi ultimi anni, anche in
Italia, sono state fatte esperienze
molto significative per immaginare
quanto l'esercizio fisico, che in
passato veniva immaginato essere
pratica degli atleti, essere pratica
di coloro i quali volevano occuparsi
della cultura fisica, diventi un
aspetto importante per facilitare
l'acquisizione di un buon stato di
salute. Quindi il nostro sistema
sanitario nazionale ha cominciato
a prendere in considerazione
qualcosa che in passato non
rientrava all'interno di strategie di
intervento sulla nostra popolazione, perché non veniva rilevato come esigenza. Oggi quindi si
immagina, non soltanto di strutturare un percorso di prescrizione dell'esercizio fisico, cioè
individuazione del giusto, corretto tipo di esercizio da promuovere presso la popolazione di
riferimento, quanto anche venga rilevata la necessità della sua somministrazione, cioè di svolgere
un'attività in modo corretto con la supervisione e l'accompagnamento di persone esperte. Questo
ha apportato molte regioni, in particolare possiamo ricordare l'Emilia e la Toscana, in Italia
promuovere delle strategie di promozione della pratica motoria sportiva, di formazione, di operatori
che diventano operatori della salute, che diventano non tanto operatori della pratica motoria, ma
esperti di un esercizio fisico orientato ad un complesso di persone che in qualche maniera abbiano
necessità, esigenze, traguardi specifici.

S10/12
Parlando di salute diventa importante inquadrare il movimento. La necessità di produrre un'attività
che in qualche maniera impegni il nostro
apparato locomotore, generi una spesa
energetica all'interno di un fenomeno più
complesso che venga interpretato, non solo
come l'assenza della malattia o dell’infermità,
ma soprattutto come acquisizione di un sentire
un buon stato di salute, di rilevare, come
abbiamo immaginato prima, inquadrando
espressione benessere, lo stare bene in vita.

S11/12
In questo percorso che noi stiamo
realizzando gradualmente per
identificare l’espressione, i concetti,
le conoscenze che rappresentano
un po’ le fondamenta di questo
percorso, anche per il carattere
epistemologico, non possiamo
quindi che immaginare un ruolo per
l'operatore esperto, quindi
probabilmente per quello che è il
laureato in scienze delle attività
21
motorie preventive e adattate, come declinabile attraverso una serie di conoscenze e di
competenze di abilità professionali. Le parole chiave di queste abilità professionali, vengono
rappresentate dalle caratteristiche riconducibili al movimento ed al suo controllo, all'evoluzione
della coordinazione motoria, all’efficienza fisica correlata alle abilità motorie che vengono utilizzate,
al saper sostenere e sviluppare le motivazioni, i bisogni che ci portano a sollecitare il nostro
apparato locomotore ed infine, non meno importante, la necessità di accompagnare le persone
che avviano questo percorso di movimento, con l'atteggiamento del mentore che cerca di esaltare
capacità, processi che ogni persona possa sviluppare.
Quindi riportandoci a un'idea di personalizzazione che abbiamo visto essere elemento centrale dei
percorsi dell'attività fisica adattata.
Quest'operatore professionale, quindi, deve essere in grado di gestire con competenza
progettazione, conduzione, analisi e valutazione di processi e di prodotti legati all’esercizio fisico.
Probabilmente ad un esercizio fisico che sia riconducibile ad un'esperienza assolutamente
individuale ed unica che ogni persona possa esprimere. Quindi seppur nella dimensione collettiva
molti interventi legati all’attività motoria, possa esaltare la personalizzazione che diventa l'elemento
che arricchisce, esalta il valore di queste attività adattate.

S12/12
Completiamo quindi questa
ricognizione con l'elemento che
rappresenta un po' il termine ultimo, il
traguardo che le nostre riflessioni
possono avere identificato.
Cioè nell’identificare il cosiddetto EFA.
Acronimo che identifica l'esercizio
fi s i c o a d a t t a t o , c h e a i u t a a
comprendere quella pratica di
movimento regolare, continuativa,
frequente, non casuale, intenzionale,
nella quale vengono gestiti,
programmati, valutati, analizzati dei
parametri quali: il tipo di compito
motorio, il tipo di attività, il tipo di abilità connessa con l’esercizio, l'intensità della pratica, quindi
sostanzialmente in quale modo viene praticato quel tipo di compito motorio, per quanto tempo o
con quale frequenza. Anche in questo caso vedete che si può inquadrare, definire un acronimo con
TIDF (Tipo, Intensità, Durata, Frequenza), che ci consente di immaginare una dimensione
quantitativa e qualitativa da correlare all'esercizio adattato.
Nei prossimi contributi quindi andremo a esaminare quella che è la metodologia dell'esercizio
fisico, la metodologia del training, le variabili ed i parametri che noi possiamo identificare e che
portano l'operatore esperto a poter correlare la sua progettazione rispetto alle esigenze della
popolazione a cui deve far riferimento.
Tutte queste variabili consentono quindi all’operatore esperto, di modulare i suoi interventi in
funzione di una personalizzazione.

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LEZIONE 4 - Esercizio fisico, training, adattamento, stress
In questo capitolo ci occuperemo di identificare quei processi biologici, da cui noi possiamo trovare
sostanziale fondamento per inquadrare gli effetti che la pratica fisica e la pratica motoria induce
sull'organismo umano.
Sarà bene quindi cercare di condurre una ricognizione che ci consenta di mettere una relazione tra
l’esercizio fisico, il movimento, l’effetto, la pratica del movimento e la pratica motoria induce
sull'organismo umano.

S2/12
Possiamo cominciare a condurre questa
nostra piccola indagine, partendo da
un’evidenza. Cioè che l'organismo
umano sostanzialmente produce delle
variazioni, dei cambiamenti sempre in
una logica di disequilibrio cui segue il
ristabilimento dell’equilibrio.
In sostanza nel tentativo di ristabilire le
condizioni di equilibrio, si verifica un
fenomeno che viene chiamato
omeostasi. Sostanzialmente per quello
che è l'esperienza riconducibile a
questo campo delle attività motorie,
possiamo immaginarci un esempio: quando una persona conduce un lavoro muscolare, cioè
produce un lavoro meccanico impegnativo in cui molte masse muscolari, molti distretti corporei
sono impegnati, noi immediatamente possiamo verificare che l'attività contrattile genera una serie
di immediati cambiamenti, per cui aumenta la frequenza cardiaca, aumenta la temperatura
corporea e vi è una dispersione di calore. Sostanzialmente questa dispersione di calore è
funzionale alla contrattilità dei nostri muscoli, i quali in pratica rappresentano l'apparato effettore,
cioè l'apparato che ci garantisce la realizzazione e la finalizzazione dei compiti motori che ci siamo
posti in essere. In sostanza l'organismo reagisce ponendo in essere una serie di strategie che nel
tempo porteranno a ristabilire un equilibrio.

S3/12
Ecco quindi che dobbiamo
immaginare la risposta organica
ad uno stimolo come, appunto, il
tentativo di ristabilire un equilibrio.
L'attività fisica, l'attività muscolare,
e non solo essa, sostanzialmente
rappresentano degli stimoli per il
nostro apparato locomotore in
particolare, cui evidentemente il
complesso dei nostri processi
organici riconosce una serie di
risposte, in alcuni casi acute, in
altri casi assolutamente durature e croniche, cioè noi possiamo evidenziare una serie di risposte
che riconosciamo come aggiustamenti ed altri che invece impareremo ad inquadrare come
adattamenti.

S4/12
Quando inquadriamo l'espressione aggiustamento, dobbiamo immaginarci cioè quello che avviene
quasi immediatamente e che altrettanto in maniera rapida tende a scomparire, cioè sono degli
effetti che compaiono insieme all’avvio dell'attività fisica, ma che sostanzialmente vanno
riducendosi e terminando proprio con il completamento dell'attività stessa. Tali incrementi, per

23
esempio, si esprimono in termini di
aumento della frequenza cardiaca, del
consumo di ossigeno e della
ventilazione polmonare che si
riscontrano già dopo qualche decina di
secondi dall'avvio di un esercizio fisico.
Questo che cosa ci porta a pensare? Ci
porta a pensare che l'esercizio fisico,
quindi il lavoro muscolare, che è si
antigravitario, ma anche finalizzato alla
realizzazione di compiti ben definiti,
genera una serie di risposte organiche
che, in qualche maniera, possiamo
identificare e riconoscere e che hanno un carattere di durata limitata proprio all'attività motoria
stessa.

S5/12
Per esempio possiamo notare che quando
una persona avvia una pratica, per esempio
immaginiamoci una fase di Warm Up, di
riscaldamento con un'attività moderata,
quindi con una corsa a velocità ed intensità
moderata, viene prodotto un lavoro
meccanico che intanto ci consente e ci abilita
a sviluppare un'attività di corsa. Che ci abilita
a vincere la forza di gravità, ma che
possiamo leggere attraverso un aumento
della ventilazione polmonare, un aumento
della frequenza cardiaca, che diventano
funzionali al trasporto dell’ossigeno per via
ematica ai muscoli, che in maniera più significativa devono farsi carico di questo lavoro e quindi
della realizzazione di compiti motori connessi alla corsa. Naturalmente questo lavoro dell'apparato
cardiovascolare, per noi è già segnale che il sistema è andato fuori dall'equilibrio che invece, prima
dell'avvio dell’attività, avevamo potuto analizzare e valutare.

S6/12
Se appunto abbiamo notato che vi sono una
serie di effetti che hanno una durata limitata
e che comunque non hanno un aspetto
duraturo, cioè sostanzialmente terminano
con l'attività stessa. Abbiamo notato invece
che vi sono altri effetti che hanno
caratteristiche assolutamente più durature.
Sostanzialmente si cronicizzano, non sono
effetti di carattere acuto e non sono limitati a
pochi minuti o a poche ore. Tali effetti sono
generati da quello che noi inquadriamo
come il processo di allenamento, come
training e che sollecitano l'organismo a
rispondere in maniera adeguata a stimoli ricorrenti nel tempo innalzando sostanzialmente una
capacità prestativa. Cioè l'essere in grado di rispondere in maniera più efficace agli stimoli che
appunto si ripetono nel tempo.
Prima abbiamo analizzato un’ attività di corsa a velocità e intensità moderata, quindi una sorta di
corsa blanda che utilizzavamo come Warm Up. Leggiamo in termini di aumento della frequenza
cardiaca la risposta dell'apparato cardiovascolare, funzionale all'aumento del circolo ematico. Nel
tempo assisteremo ad un innalzamento meno consistente della frequenza cardiaca a parità di
24
esercitazione. Cioè il nostro organismo ha risposto in maniera stabile a un tipo di stimolo che
ricorre nel tempo. Questo avviene, non solo perché vi è un maggior controllo del movimento stesso
e una maggiore padronanza di carattere coordinativo, di regolazione e di controllo del movimento,
ma anche perché le strutture dell'apparato muscolo-scheletrico e dell'apparato cardiovascolare
hanno una capacità di risposta funzionale, proprio per quel tipo di stimoli.

S7/12
Ecco quindi che noi cominciamo a
riconoscere effetti duraturi e stabili
proprio quando dobbiamo leggere la
capacità che il nostro organismo ha di
ristabilire delle condizioni di omeostasi,
là dove siamo sottoposti a un lavoro
meccanico, quindi ad un importante
impegno dell'apparato cardiovascolare.
Cioè laddove vi siano delle prestazioni
particolarmente impegnative, in cui
l'organismo viene messo sotto
pressione, leggiamo questa risposta
adattativa nella misura in cui molto
rapidamente il nostro organismo sia in
grado di ristabilire delle condizioni di omeostasi.
Questo è importante perché induce indirettamente a valutare la capacità prestative di una persona
e gli effetti indotti da una pratica ricorrente. Questi aspetti si ricollegheranno poi in contributi che
saranno successivi a questi, nell’analizzare, valutare e valorizzare quello che intendiamo come
carico fisico, cioè quell'insieme di attività e quell'insieme di stimoli che durante la pratica fisica e la
pratica motoria sollecitano il nostro organismo.

S8/12
Questo tipo di conoscenze prendono quale
spunto importante, una ricerca che ormai
particolarmente importante nella storia della
scienza dell’uomo, che un endocrinologo: Hans
Selye sviluppò identificando quella che chiamò
sindrome generale di adattamento. Cioè la
capacità delle cellule del nostro organismo
hanno di reagire a stimoli, anche quelli derivanti
dall'esercizio fisico.

S9/12
Questi fattori che possono agire sul
nostro apparato cardiovascolare e
sull'apparato locomotore, agiscono su
quella che è l'attività delle nostre cellule
e diventano dei veri e propri stressors,
cioè degli agenti stressanti. Possono
avere varia natura, possono essere
intesi come l'esercizio fisico parte della
nostra esperienza, ma possono essere
generati da altre sollecitazioni dovute per
esempio la temperatura: calda o fredda;
generate da situazioni di grande fatica e
agiscono sul nostro organismo
generando due generi di risposte.

25
S10/12
Una prima di carattere specifico. L’esempio più ricorrente potrebbe essere l'infiammazione come
l'effetto di una causa legata ad un
agente chimico che per esempio
venga a contatto con la nostra pelle.
La seconda possibilità di risposta è
a s p e c i fi c a i n q u a n t o , m a g a r i
presenta elementi comuni a diversi
tipi di stressors. Dove si colloca la
pratica fisica? Dove si colloca
l'esercizio fisico? Per alcuni aspetti
all’interno delle risposte di carattere
specifico, per altri aspetti fra quelli di
carattere aspecifico.

S11/12
Cos'è lo stress? E’ la risposta
alle azioni degli stressors e,
soprattutto, la reazione che
l'organismo organizza e stabilizza
nel tempo.
Noi siamo soliti utilizzare la parola
stress nella vita di relazione
identificando una serie di elementi
che generano risposte non
positive, cioè nelle quali la
persona sostanzialmente produce
una serie di comportamenti
ritenuti non a lei favorevole. In
realtà, molto più probabilmente, tantissimi sono gli adattamenti che il nostro organismo genera in
relazione ad una molteplicità di stressors e che quindi non hanno una valenza esclusivamente
negativa, ma al contrario assolutamente positiva. L’esercizio fisico ne è un esempio molto
importante.
Abbiamo già in queste lezioni notato che nella vita di relazione, le condizioni sociali del terzo
millennio vengono valutate fondamentalmente con un elemento di rischio, cioè con un potenziale
stressors negativo, perché la mancanza di movimento e la mancanza di esercizio fisico,
un'alimentazione e stile di vita non corretti generano degli adattamenti che, in questo caso,
dobbiamo interpretare come non favorevoli al mantenimento di un buono stato di salute. Ecco
quindi che questo tipo di sollecitazioni, che all'inizio di una pratica motoria o sportiva sono
particolarmente impegnative per il nostro organismo, appaiono poi invece nel tempo gradualmente
molto più tollerate in virtù, appunto, di questa capacità di adattamento, cioè di produrre delle
risposte che sono durature nel tempo e di fatto facilitano la pratica dell'esercizio fisico.

S12/12
L'esercizio fisico diventa quindi un agente
stressante che può contribuire a
completare la vita della persona e
completarla attraverso una serie di
adattamenti che il nostro organismo viene
a subire. Fondamentalmente è lo
strumento che ci porta a migliorare delle
prestazioni fisiche. E’ la ripetizione di
compiti motori ben definiti, di cui vi sia
una completa padronanza coordinativa e
motoria in senso più ampio, e che sono
funzionali quindi alla realizzazione di
26
prestazioni ben definite.
Con questo naturalmente non ci riferiamo soltanto a prestazioni che sono finalizzate, come
potrebbero essere quelle di un danzatore, di un ballerino, piuttosto che di uno sportivo. Ci riferiamo
anche alle prestazioni intese come le prestazioni della vita di relazione, alla capacità di essere in
grado di condurre una vita in qualche maniera più dinamica, all'interno della quale la porzione
dedicata al movimento, nell'attività quotidiana, aumenta in maniera significativa.
In questo caso, quello che noi possiamo considerare una vera e propria forma di allenamento è
l'acquisire una serie di pratiche che siano ripetute, ricorrenti e finalizzate.
Per esempio se vogliamo contribuire ad aumentare il metabolismo basale del nostro organismo,
probabilmente un'attività condotta anche a velocità e intensità moderata, quotidianamente può
contribuire ad aumentare il fabbisogno calorico giornaliero. Immaginate per esempio il fatto di poter
camminare quotidianamente per più di 30, 40 minuti, rappresenta uno stimolo ben tollerato dalla
struttura dell'apparato locomotore e sostanzialmente facilmente riproducibile, che sollecita /stimola,
non solo l’aumento del nostro metabolismo basale, ma aumenta il lavoro meccanico, il lavoro
muscolare soprattutto della muscolatura che garantisce la locomozione umana.
Questa è una prima base sulla quale noi potremmo andare a costruire strategie di training fisico
che siano più orientate e meglio strutturare.
Qualunque attività motoria e fisica, se volete anche qualunque attività umana, conosce una serie di
principi che ne rappresentano la migliore realizzazione.
Sicuramente, a proposito dell'esercizio fisico, andremo a parlare di gradualità, proprio perché non
può essere introdotto nell'attività quotidiana della persona in maniera troppo importante rispetto a
quanto possa essere tollerato dell'organismo della persona coinvolta. Ciò significa che dobbiamo
considerare l'esercizio fisico come lo strumento che l'esperto di movimento, il laureato in scienze
motorie, il personal trainer, ha a sua disposizione per interagire con gli altri e che quindi deve
essere progettato e poi somministrato in relazione alle capacità motorie del soggetto, alla sua
capacità di regolazione di controllo del movimento, alla sua tolleranza a questo tipo di
sollecitazione.
Questa riflessione diventa importante, proprio perché abbiamo immaginato che l'esercizio fisico è
uno stressors e che quindi agisce su tutto l'organismo umano. Agisce quindi non solo su processi
biologici e biochimici, ma induce anche una serie di risposte di carattere psicologico legate alla
maggiore o minore tolleranza di un impegno motorio. Quindi dobbiamo immaginare una serie di
indicatori che ci aiutino a costruire/ a progettare le nostre routine di allenamento in relazione
all'idea che ci siamo potuti costruire di esercizio fisico quale stressors. A maggior ragione poi
perché noi inseriamo queste conoscenze in un percorso che ci orienta verso l'adattamento
dell'esercizio fisico, quindi una sorta di ponderata valutazione di quanto esercizio e quale esercizio
possa essere utilizzato dalle persone che a noi si affidano. Proseguiremo quindi cercando di
collegare all’esercizio fisico un concetto molto importante che è quello di carico fisico.

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LEZIONE 5 - Esercizio fisico, carico motorio,parametri
Questo capitolo sarà dedicato a prendere dei riferimenti ragionevolmente sicuri, certi e stabili per
evidenziare, far emergere alcune conoscenze correlate alla metodologia dell’allenamento. In
particolare, dal significato attribuito all'espressione esercizio fisico, noi dovremo andare a
estrapolare alcuni aspetti che di fatto andranno a caratterizzare la costruzione anche di carattere
epistemologico ,delle conoscenze collegate all’allenamento, al training.
Questa scelta viene operata in funzione di consentire a tutti gli studenti, a tutti coloro che fruiscono
delle attività di questo insegnamento, di parole chiave, di concetti e di conoscenze riconducibili poi
ai principali settori di ricerca scientifica correlati all'esercizio fisico, all’allenamento, alla
metodologia dell’allenamento.
Nelle scorse lezioni abbiamo centrato l'attenzione sulla caratteristica principale di esercizio fisico
quale attività umana non casuale, ripetuta nel tempo, progettata, ben definita e finalizzata.
Ne abbiamo definito un valore intrinseco nell'esperienza di movimento che la persona viene a
condurre e nella partecipazione attiva, non soltanto di tutto il complesso che non riconosciamo
come apparato locomotore, ma di tutti i processi organici che garantiscono la vita dell’uomo.
Quindi all'esercizio fisico noi abbiamo attribuito una serie di rilevanti profili di conoscenza e quindi
evidentemente anche di ricerca.

S2/12
Uno degli elementi da cui
dobbiamo evidentemente
partire per condurre questo
ulteriore passo in avanti è
quello di sforzo fisico. Infatti
molti degli studi dedicati
all’allenamento, molti degli
studi dedicati all'esercizio
fi s i c o , p a r t o n o p r o p r i o
dall'evidenziare il ruolo che
assume questo maggior
impegno che caratterizza
un'attività di movimento
dell'uomo e la differenzia dalla normale attività condotte nella vita di relazione o comunque nella
vita quotidiana. Si vuole mettere cioè in rilievo una partecipazione mentale psichica e soprattutto
fisica in una misura decisamente più importante rispetto a quelle che sono normali attività
quotidiane.
Questo ci aiuta quindi a identificare tutti i processi, non solo cognitivi, ma anche esecutivi, che
garantiscono la realizzazione di compiti di movimento che sono finalizzati. Sono finalizzati anche
alle attività quotidiane, ma nell'accezione che noi abbiamo riconosciuto all’esercizio, sia fisico che
adattato, al raggiungimento del benessere della persona e all'attivazione di percorsi di vita
decisamente più attivi.
Con sforzo fisico dobbiamo comunque intendere l'impegno che l'apparato locomotore e l'apparato
cardiovascolare in particolare, debbono esprimere per la realizzazione di compiti motori che
richiedono un rilevante impegno ed un coinvolgimento significativo di grandi masse muscolari.
Anche in questo caso la sollecitazione che ci arriva non è banale, perché dobbiamo in qualche
maniera prevedere che per la realizzazione del compito, all'interno del quale, noi possiamo
individuare lo sforzo fisico, una buona parte dei nostri segmenti corporei e quindi del complesso
muscolo-scheletrico, venga impegnato.

S3/12
Ecco quindi che un impegno dell'apparato locomotore si traduce in uno sforzo fisico che genera un
lavoro meccanico che di fatto è finalizzato alla realizzazione di compiti motori.
In qualche modo questo ci aiuta a comprendere quali caratteristiche dovrebbe avere l'esercizio
fisico per essere così riconosciuto e, quali scelte dovranno essere identificate dall'operatore

28
esperto nella costruzione di routine, di
programmi, di attività motorie adattate,
di programmi di allenamento
periodizzazione dell’allenamento.
Questa chiave di lettura è una chiave di
lettura che ha un profilo legato
all'attività dei processi organici
prevalentemente coinvolti, ha una sua
rilevanza in una chiave di lettura di
controllo e di regolazione del
movimento, ha un ulteriore profilo che è
quello della meccanica e della
biomeccanica di compiti motori che si andranno ad eseguire. Questo perché di fatto il nostro
operatore esperto, dovrà essere in grado di progettare un esercizio che in qualche maniera si
adatta e quindi è personalizzato alle caratteristiche, alle capacità e alla mobilità della persona che
lo deve realizzare.
In questo caso quindi la sua valutazione non è una valutazione di carattere generale aspecifico,
ma direttamente posta in relazione alla personalizzazione dell'esercizio fisico. Questo porterà
quindi l'operatore esperto a dover condurre una serie di valutazioni, di analisi, che gli permettano
di comprendere quale tipo di personalizzazione e quindi, poi di erogare e di somministrare
proposte di esercitazione adeguate e correlate a quello che è il livello di capacità della persona
interessata.

S4/12
Elemento quindi che noi dobbiamo
collegare all'idea di sforzo fisico, di lavoro
meccanico o di esercizio è quella di carico,
di Load, perché rappresenta quel
complesso di impegni e di attività che sono
richieste alla persona e quindi anche le
sollecitazioni che vengono provocate dalla
persona che si muove, che pratica, che si
allena, che si esercita.
Fondamentalmente noi utilizzando la
parola esercizio introduciamo l'idea di
ripetere più o meno ciclicamente, per una durata più o meno ampia, un compito motorio che ha
sostanzialmente una struttura che non è particolarmente variabile.
Questo ci porta a immaginare non soltanto quel tipo di indagine che noi dobbiamo fare per poi
rilevare le caratteristiche in maniera diretta o indiretta dell'esercizio fisico, ma anche di quanto
questo tipo di proposta effettivamente sia adeguata alla persona cui viene rivolta.
Tre elementi ci consentono di immaginare che cosa è rappresentato in termini di esercizio fisico.
La quantità del lavoro che viene prodotto nel senso di aspetti che siano quantificabili e misurabili,
che hanno una rappresentazione in termini di compiti motori, che si ripetono in un tempo, che si
ripetono un certo numero di occasioni, che rappresentano degli eventi che possiamo
sostanzialmente avere sotto controllo.
Un secondo aspetto assolutamente rilevante è la risposta che il nostro organismo riconosce a quel
tipo di sollecitazione, ossia quale tipo di intensità viene prodotta in relazione al tipo di esercizio che
stato progettato. Questo elemento è un elemento che ci fa ragionare già in termini di qualità del
compito, intesa non solo come capacità di regolare e controllare il movimento, ma anche di
erogarlo con una maggiore e più intensa, a volte anche più frequente, partecipazione dell'apparato
locomotore.
Ecco quindi che l’ultimo punto della definizione della natura o tipo di lavoro che viene realizzato, sì
ricollega a questi due primi aspetti, sia in termini di definizione delle abilità motorie connesse con
l'esercizio fisico prescelto sia anche dell’intensità a cui questo viene realizzato. Procedendo nel
nostro corso vedremo che in realtà poi ci sono degli elementi legati anche alla situazione, cioè alla
interazione che la persona ha con l’ambiente.
29
Un ambiente che può essere strettamente chiuso, cioè direttamente riconducibile all’esercitazione,
al tipo di esercizio fisico proposto.
Può invece essere un ambiente in cui è necessaria una forte interazione con altre persone, in cui
gli analizzatori sensoriali vengono posti decisamente sotto una forte stimolazione. Ecco quindi che
nella determinazione del carico ci renderemo conto che rispetto a fattori di carattere quantitativo e
qualitativo, dovremmo in qualche modo introdurre l'idea di quel carico cognitivo che era presentato
dall'interazione nell'ambiente in funzione della realizzazione di un compito o di compiti legati
all'esercizio proposto.
La situazione sportiva ne è un esempio particolarmente rilevante perché porta a pensare che
frequentemente esiste un’ interazione fra i praticanti. Frequentemente i processi cognitivi vengono
sollecitati al pari di processi di carattere esecutivo. Quindi in questo caso debba essere introdotto
una modalità di valutazione che debba tener conto del carico non solo in termini fisici, ma in
un'accezione più ampia come carico motorio complessivo, quindi all'interno del quale rientra anche
l'aspetto di carattere cognitivo.

S5/12
Ecco quindi che immediatamente
dobbiamo immaginare come il carico
rappresenta l'insieme di attività,
contenuti e mezzi impiegati per
sviluppare delle sollecitazioni, cioè per
stimolare delle risposte che il nostro
organismo possa realizzare. Risposte
che saranno di carattere organico e di
carattere muscolare e saranno anche
legate alla capacità di elaborare/
recepire delle informazioni e poi
prendere delle decisioni. Come vedete
una serie di sollecitazioni che non sono
soltanto di carattere fisico, ma evidentemente anche di carattere cognitivo.
Nel tempo queste sollecitazioni debbono ripetersi, debbono avere un andamento graduale, ma via
via sempre più importante per generare delle trasformazioni funzionali, cioè fare in modo che
l'individuo utilizzi al meglio le risorse a sua disposizione, rispetto alla prestazione che deve porre in
essere.

S6/12
Abbiamo già un primo modo, per esempio, per
analizzare l'attività di una persona che in
questo caso realizza una pratica che noi
riconosciamo come Nordic Walking, cioè quella
che in italiano conosciamo come camminata
nordica e cioè una camminata in ambiente
naturale che viene condotta con l'ausilio anche
di due ulteriori punti di appoggio che sono dati
dai bastoncini.
In questo caso il lavoro dell'apparato
locomotore è funzionale ad una traslocazione,
quella che avviene durante la camminata.
L'abilità motoria è prevalentemente stimolata (sollecitata) perché avviene in un ambiente che non è
necessariamente normato come è l'ambiente naturale.
Molto spesso si trovano percorsi con dei dislivelli o con caratteristiche che richiedono alla persona
un forte adattamento alla situazione.
In questo caso il carico di lavoro può essere interpretato anche in termini di tempo del lavoro
meccanico, cioè il tempo riconducibile all'attività di Nordic walking.
Il prodotto sarà l'esito della durata di questa pratica. Quindi non lo avremmo potuto leggere in
termini di fatica, ma in questo caso, la chiave di lettura dell’effetto che rileverà la persona
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impegnata, sarà il maggiore o minore stato di fatica a quel tipo di sollecitazione. E’ possibile
tradurlo anche come aver condotto un percorso misurabile in maniera quantitativa, cioè in termini
di metri oppure di chilometri.

S7/12
Ecco quindi che questo primo esempio ci
introduce l’idea che noi possiamo dare al carico.
Una caratteristica che è un aspetto esterno,
quello che è l'External Load. Sostanzialmente è
una descrizione dettagliata delle attività e dei
mezzi a prescindere da quello che poi sarà
effettivamente l'effetto prodotto sull’organismo. In
questo caso appena citato potremmo prendere in
considerazione tre ore di camminata come
l'aspetto quantificabile. Potremmo mettere in
relazione questi tre ore di camminata con un
prodotto in termini di chilometri percorsi, per
esempio 5 km. Potremmo mettere in relazione il tempo e lo spazio determinando quindi anche una
velocità di spostamento. Avremo una serie di informazioni che in qualche maniera ci daranno
un'idea anche di quello che è il suo carico complessivo. Quindi se io ho lavorato per tre ore e ho
realizzato 5 km quello è un ordine di grandezza che comincia interessarmi. Quello che non so,
analizzando solo questi aspetti, è quale sia stata la risposta fisiologica e metabolica per ognuna
delle persone a cui questo tipo di esercitazione possa essere stata prodotta. Perché facilmente,
ancorché siano persone che abbiano una buona dimestichezza con la pratica motoria, con
l’allenamento, con l'esercizio fisico, si possa ottenere risposte in realtà diverse che dipendono da
fattori fisiologici correlati all'età dei soggetti, alla loro struttura fisica, alla loro composizione
corporea e ad una serie di fattori che possono condurre quindi a determinare un carico diverso. La
valutazione che si potrà dare di carico sarà in termini di quantità di lavoro per intensità che si è
generata ( C = Q x I).

S8/12
Quindi se da una parte è possibile agire in
termini di descrizione e di valorizzazione,
cioè di dare un valore a delle quantità,
(come una durata nel tempo, dei metri
percorsi, dei kg che vengono sollevati,
piuttosto che il numero di ripetizioni o di
serie,ecc..) per avere sotto controllo e per
poter riuscire non solo a progettare, ma poi
a realizzare e successivamente valutare
l'impatto nell'esercizio fisico, si dovrà avere
una serie di informazioni che in qualche modo mi aiutino anche a capire quale tipo di effetti, questo
tipo di esercizio fisico abbia generato.

S9/12
Quindi da una parte si dovrà conoscere quella
che è l'intensità di un lavoro, che può avere una
duplice chiave di lettura. Da una parte può
essere inquadrata a priori strutturando una serie
di scale, che consentano di stabilire quando un
esercizio è moderato o debole piuttosto che
mediamente impegnativo o molto impegnativo.
Dall'altra è molto importante che l'operatore
esperto o l'allenatore sia in grado di determinare
che tipo di intensità abbia generato un certo tipo
31
di esercitazione, perché il connubio fra la quantità e l’intensità dell'esercitazione consente di
valutare l'entità del carico.
Da una parte l'operatore esperto o l'allenatore non può essere soltanto in grado di definire l'aspetto
esterno del carico, ma dovrà essere in grado di anticiparne, in qualche misura, gli effetti e di
valutare l'intensità che quel tipo di carico andrà a produrre.
Questo, per una serie di motivi, perché da una parte l'intensità del lavoro può essere eccessiva in
relazione alle quantità che vengono prodotte e al tipo di competenza che la persona impegnata è
in grado di utilizzare. Dall’altra parte può succedere esattamente il contrario: che il tipo di intensità
cui viene condotto un’ esercitazione in sostanza sia realisticamente poco significativa.
Di fatto l'allenatore esperto, nel caso di alcune attività che hanno dei parametri di riferimento
spazio/tempo, può generare automaticamente una sua valutazione, perché il tempo utilizzato per
compiere una certa prestazione, che si può rappresentare in termini di una distanza percorsa, è
già indicatore di una percentuale rispetto alla migliore prestazione possibile. E’ anche
sostanzialmente vero che questo non ci fornisce ancora un dato rispetto alla risposta che
l'organismo ha avuto in quella situazione.
Quindi paradossalmente è possibile realizzare una prova con un tempo superiore alle normali
capacità del praticante, ma invece andandolo a verificare avere una risposta organica che sia stata
addirittura superiore e questo perché il praticante può essersi rivelato in non buone condizioni
fisiche, stanco o, addirittura con problematiche di salute, cioè probabilmente ammalato.

S10/12
Dobbiamo quindi essere in grado di
immaginare quali siano gli effetti che
l'esercizio genera sul nostro organismo,
quindi il complesso di reazioni che si
producono nell'organismo e che vanno ad
interessare i vari sistemi dell’uomo.

S11/12
Abbiamo una serie di indicatori che di
fatto ci aiutano a comprendere in
maniera molto rapida e che in parte
possono essere analizzate all’Interno di
un laboratorio, in altri casi, come si dice,
analizzate direttamente in campo.

La frequenza cardiaca è un indicatore


che in tempi passati poteva essere
rilevata in maniera assolutamente
empirica, oggi può essere invece
oggetto di un'indagine attraverso cardio-frequenzimetri relativamente precisi, che anche in campo
forniscono delle informazioni molto importanti, perché l'attività del nostro cuore è indicatore, di
fatto, dell'effetto che l'esercizio produce. Per altro verso anche il consumo di ossigeno
rappresenta, in relazione con il lavoro che viene prodotto, un'indagine che sia in laboratorio che in
campo, viene condotta per analizzare le prestazioni, soprattutto le prestazioni degli sportivi.
Ulteriormente possiamo considerare anche il grado di concentrazione del lattato ematico come
indicatore della capacità dell'organismo di rispondere a sollecitazioni, probabilmente di carattere
molto elevato.

S12/12
Tutto questo ci porta assai velocemente a immaginare l'importanza di dare un valore e di saper in
qualche maniera prevedere non soltanto la quantità di compiti motori che l'esercizio fisico andrà a

32
sollecitare, ma anche soprattutto l'entità della
risposta che il soggetto o la persona
impegnata andrà a generare.
Questo ci aiuta e ci consente da una parte, di
avere sotto controllo un processo basato su
una serie di fattori di ripetitività nel tempo.
D’altra parte ci consente di rilevare con grande
attenzione in quale modo l’organismo delle
persone che si esercitano e si allenano,
risponde all'esercizio fisico.
Questi valori mettono l'operatore esperto,il
laureato in scienze motorie, all'allenatore o personal trainer, nella condizione di poter finalizzare
questa valutazione a una successiva rivalutazione e riprogettazione del processo di allenamento.
Contrariamente a quello che probabilmente avveniva anche non lontano passato, oggi si è molto
più attenti a strutturare dei processi e dei programmi allenanti in relazione non solo a obiettivi
lontani nel tempo, quindi di lungo termine, ma in realtà anche molto vicini al tempo, proprio perché
si cerca di regolare l'effetto stressante dell’esercizio e dell'allenamento, alle condizioni che la
persona che pratica attività, vive in tutte le fasi della sua vita.

33
LEZIONE 6 - Analisi del carico dell’esercizio fisico

In questa lezione andiamo ad esaminare uno degli aspetti che ci consentono di completare la
nostra riflessione iniziale sulle caratteristiche dell'esercizio fisico. Ci siamo posti il problema di
riconoscerne una definizione. Abbiamo in qualche maniera cercato di identificare gli aspetti salienti
che rappresentano un'attività fisica e di movimento da parte dell’uomo, che viene condotta
generando uno sforzo fisico rappresentabile in misura superiore a quello che accade nelle normali
attività della vita quotidiana. Abbiamo visto che questo tipo di sollecitazione ripetuta nel tempo e
finalizzata, genera un adattamento biologico che può essere rappresentato come risposta cronica
allo stimolo ripetuto. E’ quindi parte integrante di una sindrome di adattamento che l'endocrinologo
Selye evidenziò come processo biologico fondamentale della “specie”.
Abbiamo anche visto che poi l'esercizio fisico deve essere rappresentato in termini di carico di
lavoro, cioè sostanzialmente di complesso di attività, di contenuti, di mezzi e quindi anche di effetti
che un'esercitazione fisica, quindi la ripetizione di compiti motori, genera nell'organismo di una
persona.
Questi collegamenti ci portano quindi alla necessità di immaginare quale ruolo venga ad assumere
colui il quale organizza, definisce, eroga e somministra l'esercizio fisico, perché fondamentalmente
si trova a scegliere, non solo dei compiti, non solo degli esercizi che immagina correlati a un
obiettivo da raggiungere, ma si trova poi continuamente nella necessità di valutare se queste
scelte ottengono una serie di risposte, effettivamente correlate con quelli che erano i traguardi o
obiettivi da raggiungere. Quindi se da una parte l'operatore esperto deve essere pienamente
consapevole della capacità di controllo e di regolazione del movimento da parte della persona che
si esercita, dall'altra parte deve anche compiutamente immaginare che quel tipo di esercizio,
condotto in un certo numero di ripetizioni, in un certo tempo e con una certa quantità di
sovraccarichi, generi una risposta per l'organismo che induca nel tempo degli adattamenti. Deve
essere ulteriormente anche in grado di determinare questo per poi personalizzare questo tipo di
proposte, perché come abbiamo visto durante il percorso del nostro insegnamento, le attività
diventano preventive ed adattate nella misura in cui l'operatore sia in grado di generare un
adattamento che personalizzi le proposte, cioè che si è adeguato alle capacità e alle abilità che la
persona ha di estrinsecare un movimento finalizzato.

S2/12
Vediamo allora in quale modo si può analizzare realisticamente, compiutamente e concretamente
quello che è l'impegno fisico e di movimento
che viene richiesto alle persone.
In questo caso partiamo da una situazione di
prestazione sportiva che è una particolare
espressione di esercizio fisico non soltanto
perché si tratta di un’attività collettiva, nella
quale la valorizzazione di ogni singola
prestazione dei partecipanti è già di per sé un
problema, ma poi perché è riconducibile ad
una serie di eventi che vengono e possono
essere di fatto classificati, ordinati e misurati.

S3/12
In questo caso l'indagine quantitativa ci porta per esempio
ad immaginare quanto il calciatore sia impegnato durante il
match, cioè cercare di rappresentare quello che il suo costo
energetico, quello che è rappresentato dalle attività che
conduce in un tempo e per un certo numero di ripetizioni.
Una delle chiavi di lettura, quella che veniva utilizzata non
soltanto per i praticanti agonisti (cioè i calciatori/ gli atleti)
ma anche per il direttore di gara, ufficiale di gara/ l'arbitro
era quella di interpretare tutte le attività di traslocazione
34
della persona all'interno del campo sportivo. Quindi non solo fasi di cammino, ma anche nelle
varie fasi di corsa a velocità diverse.
Vi sono poi fasi che invece rappresentano sostanzialmente una sosta, un'interruzione dalle fase di
traslocazione, fino a prendere in considerazione non soltanto la corsa realizzata in avanti, ma
anche quella realizzata all'indietro o lateralmente. Questo ci fornisce già un primo quadro di una
serie di eventi che caratterizzano la prestazione calcistica, che non sono sempre solo riconducibili
al possesso e alla conduzione della palla e ad un'abilità del gioco (come tirare, passare o ricevere
la palla), ma anche alla partecipazione del gioco che in qualche modo può essere riconducibile alla
traslocazione e quindi ad una serie di abilità (prevalentemente di camminata e/o di corsa), che
caratterizzano la prestazione dell’atleta.
E’ normale che se noi all'interno di un Match rileviamo un elevato numero di sprint, cioè di attività
condotte a più di 20 km all’ora, possiamo immaginare che probabilmente è un sottotipo di match
che sia stato particolarmente impegnativo per le squadre impegnate. Se rileviamo questo dato in
uno degli atleti, in uno dei giocatori collocati in una zona difensiva possiamo immaginarci che quel
tipo di prestazione era correlata a “quel tipo di situazione ben definita”.
Questo tipo di informazioni di fatto ci consentono di avere un primo quadro che facilita il lavoro
dell'allenatore e o dei preparatori fisico/atletico in relazione al monitoraggio delle prestazioni (e
quindi allo stato generale di forma fisica dei praticanti), ma anche la chiave di lettura e,
indirettamente, dello stato di affaticamento in una certa situazione del match.

S4/12
Vediamo cosa accade se riusciamo ad ottenere ulteriori informazioni. In questo contributo ci
dedicheremo ad uno degli aspetti e che
in qualche maniera rappresenta una
risposta che il nostro organismo genera
in relazione al manifestarsi dell'esercizio
fisico. E’ la risposta che da sempre viene
rilevata non soltanto da chi pratica, ma in
maniera relativamente empirica è facile
anche da chi lo affianca e che è
rappresentata dal numero di battiti che in
ogni minuto vengono generati prima,
durante e dopo l'esercizio fisico.
Queste informazioni contribuiscono
decisamente a far comprendere e in
quale situazione viene avviato l’esercizio, quale tipo di risposta viene riconosciuta dall'apparato
cardiovascolare, in relazione alla produzione di un lavoro meccanico e quindi alla completa
soddisfazione dei compiti motori che rappresentano l’esercitazione.
Naturalmente questo è anche un indicatore del maggiore o minore impegno che la persona
interessata riesce ad esprimere.
Deve essere evidentemente anche una misura di quella che è la variabilità umana, perché di fatto,
avremo modo di verificare, all'interno della popolazione non soltanto potremmo apprezzare delle
differenze in relazione al genere piuttosto che all’età, ma anche al livello di capacità di rispondere
all'esercizio fisico o meglio al livello di allenamento.
Uno degli elementi da cui in passato molti fisiologi partirono per studiare l'esercizio fisico, era
quello di determinare una massima capacità di frequenza cardiaca. Dobbiamo a Kenneth Cooper
molti studi fatti sul comportamento dell'apparato cardiovascolare durante l'esercizio fisico. Molti di
questi studi sono diventati molto famosi perché condotti anche con gli astronauti che negli Stati
Uniti preparavano le missioni spaziali. Essi sono stati di grande aiuto per aprire molti e successivi
studi, non solo nel campo della medicina del lavoro e dello sport, ma anche della pratica motoria e
sportiva.
La valutazione fatta da Cooper metteva in relazione l’età dei soggetti con una frequenza
massima teorica di 220 BPM (battiti per minuto), cioè la capacità teorica che il cuore sano di un
adulto avrebbe di contrarsi in 60 secondi.

35
Questo tipo di informazione si modifica se noi la potessimo valutare nel corso dell'evoluzione
biologica umana e, dovessimo andare ad analizzare, per esempio, il cuore di un soggetto di una
persona in età evolutiva (che ha un muscolo ancora relativamente poco sviluppato e che quindi è
soggetto a una contrazione molto più frequente), piuttosto che le condizioni del muscolo cardiaco
di una persona che abbia delle patologie. Facciamo riferimento a persone adulte e sane.
In questo caso noi arriviamo a stabilire che la massima teorica capacità di un quarantenne di
produrre un esercizio fisico, consenta di attivarsi fino a 180 battiti per minuto. In questo senso è la
frequenza cardiaca massimale in termini percentuali il 100%.

S5/12
Questo tipo di indagine cosa va a valutare?
Che se si doveva costruire un esercizio fisico
in termini di percentuale rispetto alla
frequenza massimale, si otteneva un
risultato che era da mettere in relazione con
questi dati. In questo caso è un soggetto di
vent'anni; se noi volessimo stabilire il 65%
della frequenza cardiaca massimale (e
quindi farlo esercitare a quel profilo), noi
avremo una risposta pari a 130 BPM.

S6/12 (KARVONEN)
Questo tipo di valutazione è stata molto
importante per avviare in qualche modo
una prima indagine anche sul campo,
su quelle che erano le possibilità di
esercizio fisico cardiovascolare.
Tuttavia non teneva in considerazione
una variabilità nella popolazione
umana, generata da numerosissimi
fattori e che non consentiva di
affrontare in termini generali una serie
di scelte che invece ( come abbiamo
visto) devono essere indirizzate verso un’ individualizzazione o, in alcuni casi, verso una
personalizzazione dell’esercizio fisico.
Abbiamo avuto quindi in età successive anche altri lavori che ci hanno aiutato a comprendere in
quale modo potesse essere meglio analizzata la capacità di contrazione muscolare e di
contrazione del muscolo cardiaco. Di fatto in studi di Martti KARVONEN, fisiologo finlandese, ci
hanno aiutato a capire che molte delle informazioni da mettere in relazione per costruire quella che
poteva essere una zona di esercitazione efficace, dipendevano in buona sostanza dalla capacità
del soggetto allo stato di riposo. In sostanza era necessario comprendere che tipo di frequenza
avesse allo stato di riposo, partendo dall'idea che è, (dopo aver analizzato le frequenze di atleti, di
persone sedentarie, di persone in età evolutiva, in età adulta e in età anziana ecc), il punto di
partenza della nostra indagine, in maniera
molto eterogenea.
Questo permetteva di pensare che una
qualunque forma di esercitazione fisica,
dovesse esser messa in relazione
appunto a questa variabilità cardiaca.

S7/12
In questo caso Karvonen introdusse l'idea
di riserva di frequenza cardiaca come
una differenza tra la frequenza cardiaca
teorica massimale e la frequenza di
36
riposo. In questo caso è stata introdotta un'operazione in più, perché, una volta stabilita una
frequenza massima teorica, viene sottratto il valore della frequenza riposo.
Una frequenza a riposo che ci dà un'idea di quanto in sostanza le attività della vita quotidiana,
vengano espresse attraverso delle variazioni della frequenza, che rientrano in un campo
riconducibile a questo.

S8/12
Rispetto al lavoro di Cooper quindi viene
introdotto un elemento in più, cioè si
analizza un dato che è da mettere in
stretta relazione poi con il complesso
lavoro di valutazione dell’esercizio.
Ecco quindi che al mattino, allo stato di
riposo, è possibile rilevare la frequenza
cardiaca, magari utilizzando un
cardiofrequenzimetro, soprattutto in una
situazione in cui si sia goduto di un riposo
abbastanza importante e significativamente sereno. Questo dato è molto importante, perché
laddove le ore di riposo siano state relativamente poche, oppure nelle giornate precedenti il carico
di lavoro fisico e mentale sia stato particolarmente rilevante, le risposte in termini di frequenza a
riposo saranno assolutamente diverse.
Altro fattore che può essere di carattere limitante, potrebbe essere il fatto che il soggetto non si
trova in buone condizioni fisiche perché, per esempio uno stato febbrile genera un innalzamento
della frequenza cardiaca.
Grazie a Karvonen introduciamo l’idea che sia diverso sollecitare una persona che a riposo abbia
70/60 BPM rispetto a quello che potrebbe accadere per un atleta che, in una disciplina di
endurance, arriva anche a 40 BPM.

S9/12
Questo elemento di riconoscimento
della variabilità per noi deve essere
essenzialmente correlato poi
all'idea che abbiamo riconosciuto
alla costruzione di questo corso,
cioè alla capacità dell'operatore
esperto, di mettere in relazione
un’idea di esercizio, il fine o il
traguardo da raggiungere rispetto ai
valori individuali della persona cui
l'esercizio è rivolto e, alle possibilità
di raggiungere questi traguardi
personalizzando l'esercizio alla realtà che la persona è in grado di vivere e di esprimere.
Ecco quindi che è la prima espressione che ci conduce nel campo dell'analisi della prestazione
motoria, è anche quella semplicemente di analizzare la frequenza cardiaca nel tempo. Di
analizzarla non solo a riposo, ma durante l’esercizio.
L'esercizio fisico dovrebbe portare in un tempo particolarmente significativo, una serie di risposte
che non sono più soltanto acute, ma che diventano croniche; cioè
- una maggiore capacità contrattile e una maggior forza del muscolo cardiaco
- la possibilità di mettere una maggiore quantità di sangue nel flusso ematico
- la possibilità di avere una maggiore quantità di ossigeno a livello muscolare e quindi la capacità
di avere un tessuto muscolare che abbia una capacità di contrazione più significativa che genera
una risposta motoria più importante.
Quest’ultima è rappresentata come la capacità che il nostro organismo ha di adattarsi a stimoli
che si ripetono.

37
Quindi fondamentalmente, uno stimolo ricorrente ripetuto nel tempo, andrà via via a decrescere le
risposte. Ne è un esempio l'aumento della frequenza cardiaca che il nostro organismo andrà a
generare in risposta allo stesso stimolo. Una riduzione della risposta è un segnale dell'avvenuto
adattamento.
Vedremo poi, quando studieremo il fenomeno della super compensazione, che dovremmo
agganciare a questo traguardo la riprogettazione del nostro lavoro, la riprogettazione
dell’allenamento in relazione ad un livello di equilibrio che si è evidentemente innalzato.

S10/12
Valutando quindi l'idea portata da
Karvonen, dobbiamo introdurre
l'idea di una frequenza cardiaca
target, cioè di una frequenza che
rappresenti in qualche maniera il
risultato che l'esercizio fisico deve
andare ad ottenere, in relazione ad
una capacità del soggetto che è
sostanzialmente variabile. In questo
caso, introduciamo l’ idea che anche
se l'esercizio fisico deve sollecitare
la massima frequenza cardiaca in
percentuale, le risposte che noi avremmo dalle persone coinvolte probabilmente non saranno del
tutto omogenee. Al contrario se vorremmo avere lo stesso tipo di risposta in termini di frequenza
cardiaca, dovremo adattare l'esercizio al tipo di persona che lo sta praticando.
Quindi se noi dovessimo nello stesso momento relazionare una persona molto allenata ed una che
lo è relativamente di meno, ci potremmo aspettare risposte diverse che richiedono evidentemente
di intervenire ed adattare, o nell'un caso o nell'altro, l'esercitazione e quindi il carico del lavoro a
questo tipo di esigenza.
In questo caso moltiplicando la frequenza cardiaca di riserva per una percentuale dello 0,65
e nuovamente sommando il dato della frequenza cardiaca riposo, otteniamo un valore che è
assai diverso, molto più alto. Questo mette in relazione la capacità dell'organismo di lavorare a
riposo ( o in una situazione di relativo impegno fisico), con quello che è invece la sollecitazione
durante l’esercizio.

S11/12
Mettendo a confronto queste due
strategie e mettendo a confronto quindi
anche due formule, si ottengono
risultati realisticamente molto diversi.
Nel caso suggerito da Cooper
arrivammo a 130 battiti per minuto, nel
caso di Karvonen invece arriviamo a
151 battiti per minuto.
Questa seconda situazione è di fatto
più realistica, è più vicina alle esigenze
di chi si allena. E’ più vicina
evidentemente a farci riflettere sulla necessità di adattare l'esercizio alle potenzialità della persona.
Paradossalmente quindi per una persona che a riposo ha 60 BPM, 151 BPM rappresentano il
65%. Per una persona allenata invece, (che quindi ha un apparato cardiovascolare molto allenato),
questa risposta non rappresenterà quella percentuale, ma rappresenterà una percentuale
decisamente più alta. Per un atleta allenato con pulsazione a riposo di 40BPM, lo 0,65 corrisponde
a 144 BPM perché fondamentalmente la base di partenza, cioè il dato della frequenza cardiaca a
riposo, è decisamente più basso.
Quindi otteniamo risposte diverse in soggetti che mostrano una variabilità cardiaca che di fatto
hanno un'esperienza è una capacità di prestazione sostanzialmente non paragonabile.

38
S12/12
L'esercizio fisico quindi deve
essere oggetto di una valutazione
che non possa essere troppo
s u p e r fi c i a l e o troppo
approssimativa, ma che tenga in
considerazione quella che è la
capacità dell'operatore di scegliere
gli esercizi, il numero di ripetizioni e
serie, ma anche di mettere in
relazione queste scelte, per
esempio, con i tempo di recupero o
con le pause fra un'esercitazione
l’altra ed il tempo tra una esercitazione la successiva. Occorre quindi una valutazione complessiva
di un processo di allenamento nel corso di un periodo molto ampio. Perché? Perché la capacità di
esercizio é di fatto da mettere in relazione a quelle che sono le capacità complessiva del soggetto
della persona che ha una propria vita di relazione, una propria vita lavorativa e, quindi con buona
probabilità, deve coniugare l'esercizio fisico all'interno di un'esperienza di vita in cui sicuramente
produce altre attività che egualmente possono essere rappresentati in termini di costo energetico.
Un costo energetico derivante non solo da un lavoro meccanico / fisico, ma spesso e volentieri
anche da un lavoro mentale. Come capite diventa indispensabile che la persona che ha
esperienza in questo campo si impadronisca degli strumenti dell’analisi, della valutazione, della
progettazione, proprio perché lo scopo deve essere quello di mettere in relazione le proprie scelte
con la capacità delle persone che si esercitano al fine di raggiungere i traguardi che si sono
proposti. Ecco quindi che ancora una volta vige l'idea di esercizio fisico adattato alla persona.
Bisogna adattarlo alla persona perché si può trovare in età differenti della sua vita, con esperienze
diverse, con pratica di movimento diversa ecc .
Ecco quindi come sia importante e necessario che il laureato in scienze motorie/il personal trainer/
l’allenatore, abbia le giuste conoscenze e competenze.

39
LEZIONE 7 - Principi di progettazione del carico fisico (prima parte)

Il contributo di questa lezione è dedicato all'inquadramento e alla definizione di quelli che vengono
conosciuti nella teoria e metodologia dell’allenamento e nella metodologia dell'esercizio fisico
come dei veri e propri principi. Cioè degli orientamenti che favoriscono le scelte di coloro i quali
oltre a prescrivere, devono poi somministrare l'esercizio fisico. Questi orientamenti si rivolgono a
tutti coloro i quali si trovano ad essere operatori esperti di campo cioè: istruttori, insegnanti e
allenatori che attraverso la pratica motoria, sollecitano la persona, il suo l'apparato locomotore e
cardiovascolare e li stimola a produrre un lavoro, a generare uno sforzo fisico orientato non solo al
benessere della persona stessa, ma anche ad un vero e proprio allenamento ad esempio sportivo.
E’ importante che l’operatore esperto possa selezionare una serie di scelte.
Abbiamo infatti già parlato di come un'attività fisica debba essere strutturata, programmata ed
organizzata in relazione a traguardi da raggiungere. Abbiamo anche evidenziato l’importanza da
parte dell’allenatore, di non somministrare l’esercizio in maniera casuale.
Questo professionista del movimento deve dunque essere in grado di costruire delle competenze
che favoriscano il proprio agire e favoriscano l'interazione con le persone. Che consentano, in
buona sostanza, di sviluppare un corretto approccio metodologico.

S1/12
Partiamo in realtà dal punto in cui ci siamo soffermati nei precedenti contributi, cioè
nell'immaginare l'esercizio fisico come uno sforzo che il nostro organismo viene a condurre
durante quello che noi chiamiamo esercizio, cioè una pratica ripetuta, regolata, finalizzata e non
casuale. In realtà questo di fatto avviene
non solo nell’attività fisica, ma in molte
attività che siano anche lavorative e che,
essendo lavorative, prevedano
manipolazione di oggetti, con grande lavoro
muscolare da parte della persona che sia
impegnata e coinvolta. Abbiamo visto che
con la parola Load (carico) noi andiamo ad
identificare l'insieme delle attività e degli
esercizi e degli stimoli cui viene sottoposto
l’organismo che risponde in maniera acuta e
successivamente in maniera cronica, alla
ripetitività degli stimoli.
Abbiamo visto che l'esercizio fisico, questo fenomeno, questo processo importante che
identifichiamo come allenamento, è rappresentato molto bene dall'espressione “ripetizione”. La
ripetizione di questi stimoli di fatto consente di stabilizzare degli adattamenti che evidentemente
non possono essere troppo poco frequenti, non possono essere assolutamente estemporanei,
casuali e di fatto non rispondere a un requisito di continuità nel tempo.
Abbiamo visto infatti che questo fenomeno ha un’evoluzione, cioè consente di modificare quella
che è la vita cellulare ed è in gran parte soggetto ad una sorta di recrudescenza (cioè viene
riportato al livello di partenza), se
viene interrotto o se viene
sospeso troppo a lungo.

S3/12
Questo adattamento deve essere
interpretato come una risposta
fisiologica che deve essere
indotta dall'esercizio fisico e che
solleciti l'organismo in maniera
armoniosa e adeguata alle
persone per cui viene destinato.
Questo ci porta a ragionare sul
40
fatto che questo genere di fenomeno, deve essere generato da stimoli che in qualche maniera
possano adeguatamente sollecitare l’organismo. Ciò significa che la quantità, il tipo e l'intensità
devono andare a centrare un target ben definito. Non possiamo immaginare quindi che questo tipo
di sollecitazione avvenga in maniera troppo blanda oppure, al contrario, in maniera eccessiva.
In entrambi i casi possiamo osservare che avviene una risposta adattativa che non è funzionale ad
un corretto processo di evoluzione biologica. In un caso parleremo di sotto-allenamento, nel caso
opposto di sovrallenamento. L’attenzione che noi oggi cominciamo a dedicare a questo,
coinvolge non soltanto i processi biologici, non soltanto la fisiologia dell'esercizio fisico, ma anche
un vera e propria pedagogia del movimento, pedagogia dell'esercizio fisico, proprio perché deve
indurre l'operatore esperto o il laureato in scienze motorie ad immaginare quale sia il profilo
corretto cui l'intervento dell'esercizio fisico è orientato e destinato.
Un intervento troppo importante può generare un sovrallenamento. Un intervento troppo contenuto
può non essere stimolo adeguatamente sufficiente. Ecco quindi che non basta essere esperti di
attività di movimento, non basta essere esperti di principi dell'esercizio fisico. Dobbiamo essere
anche in grado di mettere in relazione queste conoscenze con le persone a cui questo tipo di
proposte viene dedicato.

S4/12
Vi è un collegamento quasi immediato con il
concetto di allenabilità, cioè quel margine
che caratterizza ogni persona nell’esprimere
un potenziale in relazione agli stimoli che
riceve. Si è osservato infatti che a stimoli
che venivano ad essere assimilabili
all'interno di una popolazione, si potevano
notare fattori di ricettività superiore o
inferiore all'interno di questa stessa
popolazione.
Di fatto più la persona si rivela allenabile, più il carico fisico derivante dall’esercizio potrà avere un
impatto relativamente più importante, più efficace, cosicché si possano evidenziare progressi
anche più significativi.
Questo che ci porta a pensare che nella definizione di un piano di attività, probabilmente all'avvio
di un processo allenante, noi abbiamo un margine e un potenziale da esplorare che può essere
molto grande. Solo con il tempo si può effettivamente comprendere quanto la persona cui questo
processo allenante è destinato, può tollerare l’evoluzione e l'incremento del carico stesso.
Al contrario, vi sono situazioni dove invece la persona esperta o all'allenatore deve anche
inquadrare e comprendere quando si è vicino al raggiungimento del massimo potenziale della
persona. Questo perché la tolleranza fisiologica, organica e psicologica, determina poi la
possibilità che la persona possa migliorare, evolvere le proprie prestazioni o al contrario vederle
sostanzialmente stabilizzate.

S5/14
Il punto da cui ci muoviamo quindi è
fondamentale nella comprensione di tutto il
complesso delle conoscenze legate al
training, all’allenamento, all'esercizio fisico
e alla risposta agli stimoli derivanti
dall'esercizio fisico. Cioè dobbiamo mettere
in relazione le quantità, intensità e densità
dello sforzo fisico e il successivo tempo in
modalità di riposo di recupero. Il fatto che
esista un’alternanza fra il carico fisico e il
recupero, è sostanzialmente la base sulla quale si fonda la metodologia dell'esercizio fisico, poiché
di fatto, il carico genera laddove sia somministrato con correttezza, l'abbassamento di una
prestazione fisica cui poi segue, con un adeguato periodo di riposo e di recupero, una reazione di
compensazione che nel tempo si manifesta come un innalzamento della capacità prestativa. Cioè
41
della capacità che la persona ha di produrre quello stesso esercizio fisico con maggiore efficienza
ed efficacia, sfruttando delle riserve funzionali che via via vengono ad aumentare.

S6/12
In particolare quindi ragioniamo sul
principio della super compensazione.
Cioè quel particolare fenomeno che ci
consente di leggere l'adattamento
all'esercizio in diverse fasi. In una
prima fase è quella che corrisponde
alla pratica motoria quindi all'insieme
delle sollecitazioni fisiche e motorie.
Una seconda che é rappresentata
dalla fase di recupero in cui la capacità
prestativa appare decisamente ancora
più ridotta rispetto al livello di partenza.
Una fase successiva invece questo
livello iniziale, appare decisamente
superato e cioè vengono create delle
riserve funzionali.
Molto spesso nel breve periodo, più che assistere ad un vero e proprio fenomeno di super
compensazione, in realtà possiamo contare sul fatto che la persona che è impegnata nell'esercizio
fisico, in realtà ha imparato a realizzare con un maggiore controllo il movimento che è alla base
dell’esercizio. Quindi i primi periodi dell'esercitazione sono rappresentati già rapidamente da un
miglioramento della prestazione che non è tanto legato a questo fenomeno di carattere biologico,
quanto piuttosto da un maggiore controllo del movimento, un più efficace utilizzo dei propri
segmenti corporei.

S7/12
Il carico fisico di fatto deve essere immaginato in
termini crescente, proprio perché se abbiamo
immaginato che avvenga una compensazione
superiore al livello di partenza, qualora la
prestazione e quindi il carico, la quantità, l’intensità
e la densità dell'impegno richiesto alla persona
rimanga stabile, sostanzialmente non genera
l’ulteriore compensazione eccedente.
Ecco quindi che alla base della metodologia dell'esercizio fisico deve intervenire un elemento
ulteriore che preveda, in un ragionevole lasso di tempo, che vi siano delle variazioni. Variazioni che
in questo caso ci possano permettere di aumentare ulteriormente la capacità prestativa
aumentando quindi quelle che sono l'unità del carico allenante.

S8/12
Questo progresso del carico però non ha
una capacità di crescita sostanzialmente
indeterminabile, poiché si è potuto notare,
studiando le prestazioni degli atleti più
evoluti, cioè coloro i quali si applicano a
tempo pieno, che un impegno fisico, uno
sforzo fisico massimale estremamente
impegnativo, può in qualche maniera
avere una tolleranza che arriva o può
arrivare fino a circa 25 ore settimanali.
Valori ulteriori, ad oggi, vengono ritenuti eccessivi perché generano evidentemente un vero e
proprio stato di depressione della prestazione, cioè non si risolvono in termini particolarmente
efficaci.
42
Questo che cosa ci porta a pensare? Che questo fenomeno nel tempo, ha un suo fine corsa, cioè
ha un termine che può essere raggiunto in esperienza realisticamente particolarmente lunga, cioè
destinata ad essere adeguatamente digerita in circa almeno 10 anni di pratica continua.
In questo caso dobbiamo anche saper interpretare questo possibile rischio, per non incorre in quei
fenomeni di sovrallenamento che abbiamo anticipato precedentemente. Il carico fisico deve essere
quindi progettato, prescritto e somministrato in relazione ai progressi che la persona può condurre,
non solo da un punto di vista strettamente biologico o fisiologico, ma anche da un punto di vista
della tolleranza mentale, psicologica e personale ad un un impegno.
In buona evidenza, praticare quattro ore giornaliere per sei giorni/settimana con un'elevata
intensità, genera uno stato di affaticamento del nostro organismo realmente molto importante, che
può essere tollerato solo da persone che magari possono esclusivamente occuparsi del proprio
allenamento. Parliamo quindi di sportivi che praticano a tempo pieno, che non hanno altre attività
nella propria vita. Tutto deve essere affrontato necessariamente con cautela ponderazione. Inoltre
dobbiamo tenere presente che vi devono essere anche delle cautele che vanno proprio a garantire
l'integrità della persona, a garantire che l'apparato cardiovascolare in primis possa sostenere un
tipo di lavoro così impegnativo e prolungato nel tempo. Lo sport e l’esercizio fisico praticato con
moderazione, aiuta certamente ad incrementare il buon stato di salute, al contrario, se diventa
troppo impegnativo (o addirittura eccessivo), può anche mettere a rischio lo stato di salute. Ecco
quindi che coloro i quali si occupano di esercizio fisico o di pratica fisica debbono mettere in
relazione questi tipi di sforzi con le cautele che gli specialisti della medicina dello sport e gli
specialisti in campo cardiovascolare ci possono suggerire.

S9/12
Non è casuale quindi dover immaginare
che si debba costruire un vero e proprio
profilo temporale della persona che si
allena. Bisogna immaginare se questo
profilo temporale possa venire in tempi
realisticamente vicini, cioè a scadenze
brevi, o magari si debba fare riferimento
all'anno solare o ai mesi della pratica o
ancora se invece debbano essere intese
come più anni di attività.
Questo ci porta all'idea che in un arco
temporale molto grande, una persona
possa via via condurre delle esperienze
più rilevanti, sia da un punto di vista del controllo del movimento, che da un punto di vista della
crescita ed evoluzione del carico fisico. D’altra parte però, dopo un periodo di inattività, è bene che
la progressione del carico possa essere un elemento centrale nella nostra somministrazione.
Diventa dunque importante riprendere non esattamente dal punto da cui si è terminato il proprio
ciclo precedente, ma è necessario rimettere e ricondizionare la persona che è impegnata
nell'esercizio fisico.
Ancora una volta dobbiamo, non solo avere conoscenze correlate alla biologia, alla fisiologia e alla
medicina dello sport, ma anche alla metodologia del movimento e alla metodologia dell’esercizio
fisico, perché solo questa fitta rete di conoscenze ci può garantire di agire in qualità di operatori
esperti con correttezza, buon senso e particolare efficacia.

S10/12
Vediamo quindi che nel tempo il
carico fisico deve progredire e che
questa progressività può avere
duplice tipo di andamento. Da una
parte lineare, quindi sostanzialmente
prevedendo che nel tempo il carico
aumenti sostanzialmente e senza
soluzione di continuità, oppure
43
attraverso il raggiungimento di vere proprie tappe. Questa seconda ipotesi parrebbe anche quella
in qualche maniera più sostenibile, perché dà tempo all'organismo e alla persona, di metabolizzare
l'esercizio fisico e di metabolizzare il livello di sforzo fisico che viene raggiunto.

S11/12
E’ importante immaginare che
nell'età della vita, l'atteggiamento
dell'operatore nei confronti della
persona possa in qualche maniera
cambiare.
Se per gli adulti l'esercizio fisico è
infatti funzionale ad una capacità di
prestazione ben definita, una
prestazione riconducibile allo sport,
al wellness o ad altri traguardi
prefissati, nel caso di persone in età
evolutiva, soprattutto quella in età
infantile, l’intervento dell'operatore è orientato a sviluppare il potenziale motorio della persona che
è in accrescimento; una fase molto importante della sua evoluzione biologica.
E’ una persona che sta costruendo le proprie abilità di movimento. Pertanto occorre cambiare la
strategia, i traguardi e la modalità di prescrizione e di somministrazione poiché, non tutte le
caratteristiche biologiche dell'organismo sono sostanzialmente evolute come sarà poi nell'età
adulta. Molto spesso risulta assolutamente inutile sollecitare caratteristiche che ancora non sono
proprie della persona in età evolutiva, così come occorre cambiare le strategie che portano alla
costruzione dell'esercizio fisico. Nelle prossime lezioni si fornirà una descrizione più dettagliata
relativa alle necessità di una costruzione mirata e funzionale.

S12/12
L'ultimo contributo di questa
lezione, è un elemento che ci
consente di completare questa
ricognizione e definisce un primo
complesso di principi, correlati alla
metodologia dell'esercizio fisico.
Ci riferiamo a tutto ciò che fa
riferimento alla continuità degli
stimoli legati all'esercizio fisico.
Laddove infatti noi siamo in grado
di assistere ad un'interruzione e
quindi ad una sospensione
dell'attività motoria e dell'attività
fisica, vediamo che vi sono risposte organiche ben evidenti. Laddove invece osserviamo per
esempio una persona che sia stata immobilizzata (per esempio) da un ingessatura, notiamo che il
tessuto muscolare della zona che è stata immobilizzata ha avuto una sensibile riduzione. Ecco che
nell'esperienza umana, quindi non solo quella legata all'allenamento e al training ma a tutta la
nostra vita di relazione, il movimento ha una funzione perché sollecita cellule, tessuto muscolare e
genera quindi una serie di risposte che sono molto specifiche al tipo di sollecitazione. Dobbiamo
quindi immaginare un processo allenante che non abbia soluzione di continuità. Il rischio che
corriamo infatti è di ridurre quel vantaggio, incremento e super compensazione che è generata
dalla sollecitazione fisica e motoria.

44
LEZIONE 8 - Principi di progettazione del carico fisico (seconda parte)

Proseguiamo nella analisi di questi orientamenti metodologici, cercando di porre ulteriore


attenzione alla dimensione di evoluzione che il processo allenante assume in relazione al crescere
o al decrescere dell'esercizio fisico. Andiamo a focalizzarci quindi sull'incremento delle
sollecitazioni che il nostro organismo e le persone vengono a sostenere. Dobbiamo infatti
immaginarlo come qualcosa di molto simile ad altri cicli di vita; cicli biologici nei quali l'organismo
risponde a sollecitazioni generando un adattamento proporzionale al tipo di sollecitazioni ricevute.
Questo ha una componente, una dinamica evolutiva incrementativa appositiva (complementare).
Può avere però anche una sua dinamica in senso negativo perché, laddove vi sia un eccesso in
termini quantitativi e qualitativi di stimoli alla risposta che l'organismo genera, non
necessariamente diventa funzionale all'incremento della prestazione, ma più probabilmente a un
decremento prestativo.
Soffermeremo la nostra attenzione anche sul significato di prestazione motoria.
Con questo termine ci riferiamo a quello che sarà la progettazione e la somministrazione
dell'esercizio fisico, perché di fatto non è possibile immaginare l'esercizio fisico, senza costruire le
caratteristiche e gli aspetti essenziali dei compiti motori che sono ad esso correlati.

S2/12
Partiamo da un concetto, quello di
variabilità.
Questo concetto è stato oggetto di
osservazione prima, di indagine, di
studio e di ricerca successivamente,
in relazione alla metodologia
dell’allenamento, propria soprattutto
della pratica sportiva.
Infatti nella pratica sportiva non sono
state studiate e analizzate solo le
prestazioni di chi, come accade per
esempio nell’atletica leggera deve
realizzare una determinata prova
soggetta da condizioni prevalentemente di carattere temporale, ma anche alle prestazioni
riconducibili a situazioni collettive. Queste situazioni collettive richiedono un'interazione
attraverso il gioco. Immaginate sport di squadra che vengono rappresentati come i cosiddetti
“giochi sportivi”: il calcio, la pallavolo, la pallacanestro, la pallamano che in qualche maniera
richiedono la collaborazione l'interazione tra compagni di squadra.
Queste situazioni richiedono l'identificazione di specifiche prestazioni che assumono caratteristiche
assai diverse tra i diversi componenti la squadra. Inoltre prevedono all'interno della prestazione
stessa, una serie di compiti motori condotti in un regime che non è perfettamente ciclico e/o
ripetitivo (sempre uguale a se stesso), ma al contrario aciclico, legato a variazioni in termini di
velocità, di esecuzione di impegno motorio, di forza fisica espressa e di fatto anche di capacità di
recupero. Questo perché in molti di questi casi, la prestazione dell'atleta deve essere garantita per
un arco temporale sufficientemente importante. Quindi non è soltanto determinante essere dei
buoni praticanti all'inizio della competizione, ma probabilmente anche nelle sue parti conclusive.
Questo ha portato a riflettere sul fatto che non vi era una univocità nel genere e nelle modalità di
somministrazione di esercizio fisico, ma al contrario andavano sollecitati diversi metabolismi
energetici in situazioni che rappresentavano particolari compiti motori correlati. Questo di fatto è
stato puoi anche collegato al tempo che ognuno di questi metabolismi in qualche modo ha nella
ricostituzione del proprio potenziale. Quindi il fatto di poter introdurre una variabilità, meglio
rappresentavano le esigenze prestative.
Aver introdotto una variabilità, ha posto poi un problema che verrà affrontato da noi anche
successivamente, di una corretta successione di carichi all'interno di quella che l'unità di base
del training, cioè la seduta di allenamento.

45
S3/12
Corretta successione è un'idea che
porta a dover ragionare sul fatto che le
scelte, condotte dall'operatore esperto,
generano di fatto una sequenza di
sollecitazioni che deve essere
ponderata, perché devono essere in
funzione dei traguardi di carattere
coordinativo, piuttosto che organico
muscolare ad essa riconducibili laddove
la successione venga in qualche
maniera interpretata in maniera poco
funzionale alla prestazione e al progetto
di allenamento, è immaginabile che
questo “empasse” generi una minore riuscita di quello che è il progetto complessivo
dell’allenamento.
Questi due principi: variabilità e corretta successione vanno immaginati in stretta relazione.

S3/12
Introduciamo (consentite questo
piccolo gioco di parole) una “fisio-
logica” nel senso di una logica che stia
alla base delle scelte che vengono
condotte per costruire una corretta
successione all'interno della nostra
seduta di training, all'interno di un arco
temporale che può essere
rappresentato dalla settimana, dal
mese, dall'anno di esercizio fisico.
Che cosa accade? Che dopo un
periodo di riposo o di recupero
l'organismo risulta essere, in via di
massima, sufficientemente riposato. Questo rende possibile l'introduzione di sollecitazioni che per
esempio richiedano una maggiore attenzione e concentrazione del soggetto .
Tutte le attività di esercizio fisico che richiedono anche un elevato controllo del movimento, devono
essere ricondotte quindi ad una fase di attività in cui il soggetto sia sufficientemente riposato.
Al contrario, al termine di una seduta ci possiamo aspettare che la persona sia affaticata e quindi
sia più ragionevolmente preferibile introdurre attività relativamente meno impegnative sia da un
punto di vista organico muscolare, che da un punto di vista di controllo del movimento stesso.
Questo vale a maggior ragione se i destinatari del nostro intervento sono poi persone di contenuta
esperienza motoria , cioè quelle che magari sono più vicine all'essere considerate dei sedentari.

Nel caso invece di praticanti di grande esperienza e soprattutto in contesti che sono quelli dello
sport competitivo, si è soliti anche produrre delle scelte che paradossalmente vanno al contrario;
cioè che prevedano all'introduzione di attività che richiedono grande attenzione e concentrazione,
in una fase in cui la persona sia già sufficientemente affaticata. Questa scelta nasce con
l'intenzione di abituare la persona allo stress che deriva dalla affaticamento, ad abituare la persona
a reagire comunque in una condizione nella quale comunque rileva il proprio affaticamento.
Cioè lo si allena anche alla situazione che è generata dalla fatica, dallo stress. Questo è funzionale
però ad una prestazione di gara, una prestazione competitiva.
Si possono immaginare però anche molti altri campi dell'agire umano.
Immaginate un chirurgo in una sala operatoria; deve spesso prendere delle decisioni in un
momento di forte stress generato dall’affaticamento, dallo stress emotivo e, nonostante questo,
deve ponderare le sue valutazioni, deve farsi aiutare dei membri del suo staff, deve poter
riconoscere il suo affaticamento, ma nonostante questo deve agire con ragionata ponderazione.

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S5/12
Raggiungiamo quindi l'idea che oltre ad
un’ efficace alternanza fra l'esercizio fisico
ed il recupero; (tra il carico di lavoro, il
carico allenante e il recupero), possiamo
immaginare che questo tipo di
sollecitazione vada molto personalizzata.
Perché? Perché lo stesso tipo di scelta, lo
stesso tipo di esercizio proposto ad una
collettività di persone, può generare in
alcuni casi una risposta sufficientemente
adeguata rispetto al traguardo da raggiungere. In altri casi la risposta è eccessiva cioè ulteriore
rispetto al traguardo da raggiungere, mentre in altri casi è relativamente poco efficace.
Parliamo quindi di allenamento e di training laddove l'organismo venga sollecitato.
Se attraverso la rilevazione della frequenza cardiaca, ci rendiamo conto che la risposta della
persona all'esercizio fisico è relativamente contenuta, possiamo trarre due indicazioni:
1) il soggetto è relativamente allenato, quindi risponde in maniera adeguata a quel tipo di
stimolo (che per lui può essere considerato relativamente moderato);
2) il tipo di stimolo o la realizzazione dell'esercizio è relativamente contenuto. Possiamo
immaginare per esempio un'attività in cui introduciamo un esercizio basato sulla corsa continua,
che genera una risposta relativamente contenuta dell'apparato cardiovascolare. Possiamo
quindi immaginare che quell'attività venga condotta ad un'intensità che noi dobbiamo inquadrare
come moderata ma, se l'obiettivo dell'allenatore era in realtà ottenere una risposta che fosse più
che moderata/vigorosa dobbiamo immaginare che quel tipo di sollecitazione venga condotta ad
un ritmo troppo blando, oppure che la scelta dell'allenatore riguardo il ritmo di esecuzione non
sia stata funzionale al traguardo da raggiungere.

Nell'ambito proprio di chi pratica le palestre, il fatto di vedere il soggetto accalorato, sudato con il
viso sensibilmente arrossato, è già un segnale di una risposta organica decisamente significativa.
Questa cosa ci porta a pensare che la sollecitazione riconosciuta attraverso l'esercizio, sia stata
funzionale al traguardo di carattere generale.

S6/12
Introdotta l'idea di efficacia del carico
fisico, possiamo parlare quindi dei
profili di efficacia, cioè la variabilità
nella popolazione, la cui risposta
all'esercizio può essere generata in
maniera assai diversa. Se
confrontiamo prestazioni di una
persona poco avvezza al movimento,
la andremo a riconoscere come
sedentaria. Una persona che al
contrario pratica con grande
continuità e che ha una lunga esperienza, la riconosciamo come atleta.
Che cosa si è soliti osservare? Che lo stesso tipo di esercizio, con le stesse modalità di
esecuzione, con fattori sostanzialmente simili in termini di quantità, di intensità e densità
dell'esercizio, genera risposte assai diverse. Quindi un'attività di corsa relativamente moderata ad
una velocità di sei minuti al km, rappresenta per una persona sedentaria uno stimolo che già
raggiunge il suo target di allenamento. Nel caso della persona allenata invece può essere
considerata come un’utile andatura che riporta ad un'attività di riscaldamento, cioè un'attività
introduttiva a quella che sostanzialmente è la sua attività principale.
Questo ci fa molto pensare, perché da una parte introduce l'idea che l'allenamento della persona
sedentaria, ha un suo target di ingresso già al 30% della frequenza cardiaca massimale, cioè
relativamente contenuto. Nel caso di una persona particolarmente evoluta e allenata,questo target
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diventata tale quando viene raggiunto il 70%, quindi con una percentuale di frequenza cardiaca
assai più rilevante.
Dobbiamo immaginarci che dietro la figura della persona sedentaria o quella molto allenata, di fatto
vi siano tessuti, strutture, organi che hanno una funzionalità assai diversa, che hanno una risposta
agli stimoli indotti dall'esercizio fisico, assai diversa. In un caso sono già efficaci nel produrre degli
adattamenti nel tempo, nell'altro caso integrano, accompagnano il processo allenante, ma non
sono già più un traguardo da raggiungere. Questo ci porta a dover riflettere che non è possibile
immaginare un esercizio fisico che non venga in qualche maniera adattato e personalizzato
all'esigenza della persona.
Molto spesso nel campo del movimento, nel campo dell'esercizio fisico e nel campo sportivo si
creano dei gruppi omogenei, in relazione proprio alla possibilità di proporre ai gruppi attività che
possano in qualche maniera essere tollerate, digerite con risposte più o meno simili.
Al contrario, quello che si cerca di evitare è che persone con livelli di qualificazione differente
vengano inserite in programmi allenanti che sarebbero per gli uni o per gli altri assolutamente
inadeguati.
E’ fondamentale inoltre il rispetto che l'operatore o l'allenatore deve avere per la persona (il
praticante); infatti se il soggetto è sedentario, probabilmente ha bisogno non solo di un sostegno
metodologico/tecnico da parte dell’allenatore, anche di un aiuto fortemente pedagogico. Differente
è il rapporto con l'atleta che ha già acquistato una sufficiente autonomia ed è in grado di gestire
situazioni per lui relativamente impegnative.

S7/12
Arriviamo sempre di più a immaginare quindi
che scelte ponderate, non casuali,
caratterizzino l'agire dell’allenatore, anche
distribuendo nel tempo attività, impegno,
esercizio che le persone affidate debbono
andare a sviluppare.
Entriamo quindi in una dimensione della
progettazione dell'esercizio fisico in
relazione, non soltanto alle esigenze della
persona, quindi un adattamento in funzione
della personalizzazione, ma anche di una
gestione temporale che consenta di
rispettare quei cicli biologici che prima abbiamo presentato.
Di fatto, alla base vi è quella alternanza fra il carico fisico, l’esercitazione, lo sforzo fisico e quella
fase che, generata da un minor impegno fisico, dà un'attività che ci riporta verso quel
quell'omeostasi fondamentale per la vita biologica della persona. Abbiamo quindi necessità di
organizzare dei periodi di allenamento, una periodizzazione del carico fisico in relazione ad una
distribuzione ponderata nel tempo in funzione delle disponibilità della persona.
E’ molto diverso avere a disposizione un atleta che quotidianamente può dedicare due sedute alla
pratica fisica, la pratica motoria, l'allenamento sportivo, piuttosto che avere una persona che
pratica due volte in una settimana perché oltre alla pratica motoria, ha anche esigenze legate al
proprio lavoro, alla propria famiglia, ai propri spostamenti.

S8/12
Introduciamo quindi all'idea di dover
distribuire nel tempo le attività in
relazione a traguardi che siano vicini (in
tempi relativamente brevi, rappresentati
da poche sedute di training), ad una
dimensione più articolata/più importante
che è quella identificata dal cosiddetto
mesociclo.
Il mesociclo è il complesso di più
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microcicli.
Infine abbiamo una dimensione temporale
decisamente più ampia, costituita da più
mesocicli e rappresenta i traguardi lontani,
cioè quelli che ci poniamo in un arco
temporale che normalmente è riconducibile
ad un anno di attività.
Questa dimensione è di fatto una grande
semplificazione che ci aiuta a ragionare e ci
aiuta ad organizzare nel tempo le attività.
Queste attività devono ovviamente essere
monitorate perché correlate alla
personalizzazione. E’ importante progettare
nel tempo l’esercizio, le attività, ma è
altrettanto importante vedere se il nostro
progetto segue l'evoluzione biologica,
mentale psicologica della persona che si
allena. Non possiamo immaginarlo come un
processo produttivo vero e proprio. In realtà
va continuamente monitorato e valutato in
funzione di quello che poi la vita della
persona, il tempo e la disponibilità che essa
possa dedicare alla pratica.

S9/12
Occorre quindi parlare del processo di adattamento, cioè quel processo generato da una serie di
eventi che si ripetono in maniera abbastanza ciclica. Vi è una fase in cui noi siamo a riposo, cioè
stato di quiete, una successiva fase in cui abbiamo un avvio dello sforzo fisico. Successivamente
abbiamo un momento, probabilmente il più importante, in cui noi raggiungiamo quella zona di
allenamento rappresentata anche in termini di target nell'analisi della frequenza cardiaca, che è il
vero obiettivo dell’organizzazione del nostro lavoro.
La parte successiva è il tentativo di ritornare ad una fase di equilibrio, di omeostasi, cioè di
riavvicinarsi a uno stato di quiete.
In realtà laddove la prestazione sia
relativamente moderata, genera una
risposta organica che si esaurisce in tempi
relativamente brevi, laddove invece il
lavoro sia molto più intenso ed
impegnativo, non rappresenta la
conclusione da seduta, la quale determina
il cessare degli effetti che gli stimoli
allenanti hanno avuto sul nostro
organismo.
Studieremo più avanti l'effetto che noi
riconosciamo come effetto post-esercizio.

S10/12
Se vogliamo interpretarlo in termini di seduta di allenamento e vogliamo esprimerla attraverso un
esempio concreto, laddove il nostro sia un programma orientato alla endurance della persona,
avremo una prima fase, (quella sostanzialmente che precede l'avvio delle attività), che è una fase
di riposo. Una seconda fase che è il nostro Warm up, cioè la fase in cui avviamo i processi organici
e mentali che ci predispongono alla prestazione vera e propria. Abbiamo poi una parte dedicata
all’endurance-training vero e proprio. Infine abbiamo una fase di defaticamento, che è una sorta di
raffreddamento, se la parte iniziale invece era da interpretare con riscaldamento.
Tutto ciò che noi andiamo a concepire in termini di prestazione legata all'esercizio fisico, può avere
una caratteristica di fatto simile a questa.
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Vedremo che in realtà in altri generi di attività, la struttura della seduta può avere caratteristiche
leggermente diverse. L'aspetto che risulterà essere determinante è quanto allenamento sia
dedicato alla sollecitazione dei grandi apparati dell'organismo e quanto invece alla capacità di
controllo e coordinazione del movimento.

S11/12
Introduciamo il concetto di seduta di allenamento. La seduta di allenamento diventa l'elemento
base sulla quale l'allenatore o l'operatore esperto va a strutturare il proprio percorso di interazione.
Diventa la raccolta ordinata, razionale, graduale di sollecitazioni che vengono proposte alla
persona. E’ correlata sia ad aspetti di allenamento, quindi il training fisico, ma anche di
apprendimento del movimento, anche di apprendimento specifico laddove questo sia funzionale,
per esempio ad una prestazione ben definita.
E’ il momento all'interno del quale diventa coerente il progetto che è stato immaginato per la
persona. Cioè è il momento in cui mettiamo in relazione il traguardo da raggiungere e quindi, per
esempio, la sollecitazione dell'apparato cardiovascolare con le scelte di esercizi di attività che
vengono proposte.

S12/12
Infine dobbiamo proprio immaginarla
come l'unità di base e che ci
consente di costruire un impianto di
analisi quantitativa ma anche
qualitativa del training, perché ci
consentirà in qualche maniera di
interpretare, misurare e quantificare
tutte le attività, tutte le esercitazioni
e, anche la risposta che le persone
avranno riconosciuto a questo tipo di
esercitazioni.
La seduta quindi diventa, nella
metodologia del training, l'anello di una catena molto lunga e che costruisce l'idea di eventi che si
ripetono ciclicamente, in funzione di tappe e traguardi normalmente riconducibili a comportamenti
che le persone interessate vengono ad adottare.

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LEZIONE 9 - Basic Training Principles – Considerazioni pedagogiche

In questa lezione analizzeremo alcuni aspetti importanti per la metodologia dell’allenamento; dove
si avvicinano la dimensione fisiologica dell'esercizio fisico, alla fase di interazione tra l'allenatore e
l’allenato. Oltre alla necessità di ragionare in termini di fattori che caratterizzano il carico fisico
(quantità, qualità, intensità dell’esercizio), consideriamo quindi anche altri aspetti che
contribuiscono ad integrare una dimensione cognitiva e comportamentale. Non dobbiamo
dimenticare infatti che l’esercizio fisico è una pratica che gradualmente trova una sua “digeribilità »
presso la persona. Questo livello di digeribilità ha una propria specificità sia in termini di
allenabilità, quindi del livello di tolleranza all'esercizio fisico che ogni persona ha, ma anche in
termini proprio di sopportazione (lasciatemi utilizzare questa espressione) di attività che sono
molto impegnative, proprio perché nell'essere impegnative, generano una risposta adattativa. Non
possiamo quindi immaginare qualcosa che semplicemente non diventi più impegnativo per
assecondare magari una pratica, di fatto, più accessibile. Dobbiamo fare in modo che una pratica
impegnativa diventi accessibile, tollerata, condivisa e compresa.

S2/12
Noi andremo ad analizzare fattori non
soltanto per rilevare statisticamente che
genere di esercizio sia, ma anche per
essere in grado di mettere in relazione
questi fattori misurabili, con la risposta
alla sollecitazione che il soggetto
presenta nel tempo.
Parliamo di fattori in termini di volume,
(cioè di quantità totale dell'esercizio), in
termini temporali (di durata) del singolo
esercizio, della sollecitazione o di un
insieme di sollecitazioni piuttosto che in
termini di intensità.Quest’ultimo si riferisce all’azione di un certo tipo di esercitazione con il livello
massimale di intensità rilevata. E’ importante inoltre valutare quella che è la densità tra il tempo di
sforzo fisico di lavoro e il tempo di non lavoro (quella che noi consideriamo “pausa”, necessaria per
recuperare) Tanto più noi riusciamo ad analizzare questi fattori, quanto più riusciamo anche a
leggere indirettamente quella che è la risposta che ha la persona all'esercizio fisico.
Molto spesso un esercizio fisico mal tollerato che genera una risposta eccessivamente
impegnativa da parte l’organismo, rappresenta un segnale di uno stato di affaticamento.
Rappresenta inoltre un segnale di basso livello di funzionalità dell'apparato cardiovascolare, una
bassa capacità meccanica del nostro apparato locomotore ed infine rappresenta un’inadeguata
reazione dell’organismo a causa della sua compromessa funzionalità.
Se noi dovessimo, per esempio, rilevare la risposta all'esercizio di una persona che abbia le
proprie coronarie ostruite, vedremo che la capacità del cuore sul flusso sanguigno è meno
efficace, pertanto per generare lo stesso tipo di lavoro meccanico, il cuore deve lavorare molto di
più. Ecco che la risposta del muscolo cardiaco diventa indirettamente il segnale che qualcosa
potrebbe non essere nei limiti della norma.

S3/12
Si devono avere non soltanto
conoscenze biologiche, fisiologiche o
mediche-sportive, ma anche una serie di
orientamenti generati dall’indagine/dallo
studio che sono dedicati al
comportamento umano. Occorre
progettare e pianificare in maniera più
adeguata, razionale e funzionale; in altri
termini occorre una personalizzazione.

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S4/12
L’efficacia dell’attività del nostro allenatore,
inteso proprio come mentor del proprio
atleta, consiste nella sua capacità di
conoscere e riconoscere non soltanto le
proposte allenanti, l'esercizio fisico ed i
suoi fattori, ma anche di tutto ciò che
rappresenta il controllo del training e quindi
tutti quelli che possono essere i test di
valutazione, oppure delle scelte che
portano a confrontare e competere.
La conoscenza genera consapevolezza, noi dobbiamo parlare di esperienza reale, di qualcosa che
la persona sia in grado di sentire, comprendere e misurare.
Bisogna valutare l’impatto che l'esercizio fisico ha sulla persona, non soltanto rispetto ad aspetti
legati all’esecuzione del movimento, piuttosto che alla funzionalità dei grandi apparati del nostro
organismo, ma anche sul tipo di risposta che l'esercizio provoca in termini cognitivi, in relazione
con gli altri piuttosto che con se stessi.

S5/12
La consapevolezza deve poi portare
gradualmente a garantire quella che
per l'atleta evoluto è un avere una
propria autonomia, cioè la possibilità
di riconoscere quello che nel tempo
viene generato dall’allenamento.
Quindi gli effetti e le caratteristiche
dei processi di sviluppo quindi, saper
riconoscere quello che accade
attraverso, non solo all'aspetto
esterno del carico, delle
esercitazioni, ma soprattutto
attraverso le sensazioni personali, la rilevazione dell’intensità, dell'attività e dei processi organici
che vengono attivati.
E’ altrettanto importante quindi che l'atleta sia consapevole che esista una metodologia per
l'esercizio fisico, che vi siano dei principi da rispettare per realizzare in maniera più efficace e
coerente le attività in funzione di traguardi da raggiungere. E’ importante poi che possa essere in
grado di confrontare la propria esperienza con quella fatta da altre persone e che sia in grado di
analizzare una propria prestazione con altre prestazioni. Inoltre deve essere in grado di osservare
e analizzare anche in modo analitico quello che accade nella situazione della pratica.
Il fatto di stimolare l’atleta a rilevare le proprie sensazioni piuttosto che osservarsi, lo porta a
crescere, non soltanto dal punto di vista prestativo, ma anche come persona che è in grado di
mettere in relazione emozioni, attività, pensieri e valutazioni.

S6/12
Correlato al principio della
consapevolezza è anche il principio
dell’evidenza, perché ci porta a dover
dare una piena efficacia all'evoluzione
della persona che si muove. Questo
perché dà un valore all'acquisizione di
nuove abilità in termini di movimento,
ma anche di conoscenza. Si diventa più
competenti quando siamo in grado di
comprendere quanto siamo riusciti ad
abilitarci nel tempo.

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Queste abilità sono fortemente correlate fra di loro e mettono insieme non soltanto il sistema
motorio (quello che di fatto produce lavoro meccanico), ma anche quello che ci consente di
acquisire informazioni, di elaborarle e quindi anche di prendere delle decisioni.
L’allenatore deve fare in modo che la persona sia in grado di osservare situazioni non soltanto in
relazione al miglioramento della sua prestazione, ma anche come capacità di confrontarsi con altre
persone.
Grazie alla redazione di tabelle, si cerca di valutare quello che lo sforzo che l'atleta o il praticante
percepisce subito dopo aver terminato l'esercizio fisico.
Sì è visto che questa informazione è molto importante, ma che nel tempo paradossalmente va
anche modificandosi, non solo perché cambia la personale percezione di risposta alla
sollecitazione, ma anche perché cambia la personale valutazione di quello che è la propria
prestazione. Queste valutazioni possono portare ad immaginare che la persona di fatto cambi e
quindi abbia esigenze che nel tempo si evolvono; di conseguenza cambia anche la sua capacità di
rielaborare l'esperienza condotta.

S7/12
Un altro fattore che ci riporta
all'interazione tra l'allenatore e
l'atleta, è quello di generare sempre
più una consapevolezza tra quello
che sono le attività di esercizio fisico
ed il necessario tempo dedicato al
recupero. Questo perché è il
processo biologico che sta alla base
dell’adattamento ed ha bisogno di
certezze, di una serie di tempi che
debbano essere rispettati. La
persona che pratica, deve essere
consapevole del fatto che non debba
esserci troppo poco tempo tra un'attività di carico la successiva, ma non debba neanche
essercene troppo.
Questa sua esperienza deve essere interpretata in maniera molto più estensiva, cioè il carico fisico
non è solo quello che deriva dall'esercizio fisico, magari finalizzato, ma è anche quello che è
generato dall'insieme delle attività quotidiane.
Il recupero non è soltanto il tempo che passa tra uno stimolo e l’altro, tra un esercizio e l'altro, tra
una seduta e la successiva, me anche tutto ciò che è rappresentato da altre attività. Quindi
paradossalmente una persona potrebbe avere esperienze di vita dove tre sedute a settimana di
esercizio fisico è distribuito in un arco temporale molto ben scandito, per cui la prima il lunedì, la
seconda è mercoledì e la terza venerdì, possono essere assolutamente tollerabile perché il
complesso di vita condotta da quella persona e la sua tolleranza all'esercizio glielo consentano.
Potrebbero esservi situazioni dove invece questo stesso modello, nonostante funzionino in alcuni
soggetti, possano generare in altri un sovrallenamento in relazione al fatto che minore è la
tolleranza all'esercizio fisico o si ha una maggiore incidenza di un affaticamento derivato per
esempio da una vita di relazione particolarmente impegnativa. Ecco quindi che nasce l'idea che la
vita della persona non è soltanto da interpretare solo in termini del tempo dell’esercizio, ma deve
essere letta interpretata nella sua complessità.

S8/12
Un aspetto che abbiamo avviato precedentemente era identificato in quello che è l'entità del
carico, identificato come sovraccarico. L’entità di questo valore, ha una notevole rilevanza nella
costruzione di una progettazione, che deve essere ragionevole rispetto ai traguardi che si sono
prefissati.
Queste capacità di gestire il carico infatti è molto correlabile a fattori di tempo disponibile, La
persona che ha più tempo libero, si può permettere di avere una pratica più impegnativa, più
duratura, più lunga.

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E’ inoltre strettamente correlato al
periodo della vita, all'età della vita e
alle caratteristiche individuali, non
solo in termini di genere, ma anche
di biotipo.
Laddove vi siano esperienze
relativamente modeste bisogna
procedere con gradualità, mentre
laddove l'esperienza sia stata
invece molto rilevante, si può
procedere in maniera più spedita,
prestando però attenzione alla
memoria del praticante e considerare il termine delle sue attività precedenti. Se per un paio di anni
l’atleta ha interrotto la sua pratica di esercizio fisico, la sua mente sarà disponibile a ritornare a due
anni prima, ma il suo organismo non sarà probabilmente più in grado di tollerare la stessa
quantità /intensità di lavoro o tempi di recupero gestiti durante l’ esperienza precedente.
Ulteriore elemento da mettere in relazione con la capacità di costruire un carico di lavoro, è lo
stato di salute, quella che si potrebbe interpretare come la fitness cioè la forma fisica della
persona impegnata. Se NON è ottimale; la quantità/l'intensità dell'esercizio fisico deve essere
rimodulata. Molto spesso capita, come accennato anche precedentemente, di valutare che uno
stato di salute venga quasi evidenziato dà una risposta in termini prestativi meno efficace rispetto a
valori consueti.
La ricerca della forma fisica della fitness, spesso funzionale, dove in realtà la pratica dell'esercizio
fisico è finalizzata alla costruzione di quelle abilità che sono proprie della situazione sportiva.
Quindi è normale che chi pratica tennis/pallamano/sci alpino/vela, debba avere uno stato di fitness
ideale rispetto ai compiti motori che debba produrre, deve essere “sport specifica”, ossia specifica
per quel particolare sport.
Abbiamo visto che, in ogni caso, l'entità del carico dovrebbe essere immaginata come un
fenomeno in aumento e questo aumento deriva da una gestione ponderata dei fattori volume,
intensità, durata e densità del lavoro. Non necessariamente devono essere incrementati
contemporaneamente, ma molto più probabilmente con una scelta ponderata, uno per volta.

S9/12
Un altro degli aspetti che ben si
ricollegano alla riflessione e alle
considerazioni pedagogiche, è il
principio della gradualità. Perché?
Perché la gradualità ci porta ad
immaginare una serie di eventi che si
adattano alla persona cui l'esercizio
fisico viene dedicato e destinato. Ci
porta ad immaginare come la scelta
dell'allenatore sulla seduta di
allenamento, sulla frequenza, sulla
variazione del carico fisico nel tempo,
debba essere interpretata in relazione alla specificità della situazione in cui si trova. Non è facile
immaginare un'esperienza da esperti, un'esperienza da allenatore senza metterla in relazione alla
situazione, all’ambiente, alle persone a cui la sua professionalità viene destinata.
Un conto è essere allenatore di atleti a tempo pieno, un conto è operare da allenatore con persone
che avviano un percorso di allenamento, un conto è lavorare con persone in età evolutiva che
imparano e si allenano, diverso è lavorare con persone che in realtà sono in età adulta e che
prevalentemente si allenano.
La gradualità quindi diventa non soltanto una gestione ponderata, ragionevole, metodologicamente
corretta dei fattori che abbiamo correlato all'esercizio fisico, ma anche alla tollerabilità che
l’esercizio, il carico di lavoro hanno presso la persona a qui viene destinato.

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S10/12
Un altro degli elementi che prendiamo
in considerazione è la frequenza degli
impegni che la persona viene ad
assumere in termini di esercizio fisico.
Perché vi sia, non soltanto una
numerosità, ma anche una ripetitività
degli stimoli, bisogna che questi stimoli
si possano ripetere in un arco
temporale ragionevole, in modo che il
vantaggio della sollecitazione, non vada
perdersi in un tempo di recupero
eccessivamente ampio.
Se quindi in un percorso di avvio della pratica motoria, addirittura si può partire da una dimensione
dedicata a soggetti sedentari di una volta settimana o di due volte a settimana, arriviamo ad
interpretare invece le esigenze di sportivi di alto livello, a tempo pieno, che probabilmente arrivano
a fare addirittura 12 13 sedute di training settimanale. Questo per noi diventa importante sia in
termini di progettazione del programma, ma anche di messa in relazione del programma con
l'esigenza della persona.
Molto spesso il fatto di immaginare qualcosa che sia più frequente, viene interpretato come più
impegnativo dalla persona con poca esperienza, ma magari più tollerabile da un punto di vista
organico. Paradossalmente è più facile immaginare 15 minuti al giorno di camminata ad un ritmo
relativamente impegnativo, piuttosto che è un'ora e mezza realizzata un'unica volta per settimana.
Questo aspetto legato alla gestione della frequenza, non ha solo una rilevanza in termini di
adattamento alle sollecitazioni, non soltanto organiche, ma evidentemente anche muscolari, ma
anche una grande rilevanza in termini di comportamenti delle persone che, se sono all'avvio di un
percorso di training, devono imparare ad aumentare la frequenza dei loro impegni.

S11/12
Relativamente riconducibile a
questo discorso, è un discorso di
progressività,perché
fondamentalmente sia in termini di
intensità o volume dell’impegno, ma
anche di tolleranza dell'impegno
stesso, diventa importante pensare
che la persona possa raggiungere
gradualmente e progressivamente
un impegno fisico, motorio, mentale
e psicologico via via sempre più rilevante. Quindi l'allenatore deve porsi come un attento
osservatore delle persone che praticano, al fine di mettere in relazione comportamenti e risposte
organiche al lavoro proposto e, di fatto non intervenire in anticipo rispetto al raggiungimento di una
tappa del processo di allenamento. La progressività spesso viene dispersa all'interno di
progettazioni di attività che non tengano in considerazione la variabilità personale. Occorre
considerare che non tutti rispondono alle sollecitazioni indotte dall’esercizio fisico allo stesso
modo, perché non tutti sono in grado di produrre il medesimo tipo di risposta, sia dal punto di vista
organico che meccanico/muscolare.
Quindi anche all'interno di una popolazione di soggetti sedentari, magari obesi, rischiamo di
progettare attività simili che in realtà non hanno lo stesso tipo di efficacia, in relazione al fatto che
sono relativamente graduali e progressivi per alcuni, ma lo sono molto meno per altri.

S12/12
Dobbiamo quindi esaurire questo ulteriore passaggio delle nostre ricognizioni, riconducendo l'idea
della continuità. Continuità in termini non soltanto di adattamento fisiologico, ma continuità anche
in termini di capacità di conservare l'esercizio fisico nel tempo, di non essere indotti quindi
all’interruzione, non soltanto per ragioni legate a motivi di carattere personale, ma magari ad una
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cattiva gestione di quello che è il carico
di lavoro.
Molto spesso le persone interrompono le
loro attività, non solo perché non sono
più in grado di gestire il tempo libero a
propria disposizione ma anche perché
non riescono più a tollerare il tipo di
impegno a loro. In pratica non si riesce
più ad accordare l’elemento personale con quello che è la progettazione. Al contrario, uno dei primi
traguardi importanti è proprio costruire la continuità, fare in modo che la persona che ha avviato un
percorso non lo interrompa se non per motivi rilevanti.

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LEZIONE10 - Caratteristiche della seduta di training

In questo capitolo prenderemo in esame una serie di valutazioni e decisioni che l’allenatore va a
prendere, in relazione alle strategie, agli obiettivi, alle attività che intende sviluppare, realizzare
con le persone, atleti o persone in formazione motoria e sportiva.

S2/12
La persona che si occupa di esercizio
fisico infatti deve sempre inquadrare
quel processo che non è soltanto
biologico ma, come abbiamo visto, ha
anche una serie di implicazioni di
carattere psicopedagogico. Da una
parte, parliamo dell’allenatore come
un vero e proprio somministratore
dell’esercizio, dall’altra parliamo
dell’allenatore come un vero e proprio
tecnico, inteso come persona esperta
di movimento, esperto di attività motoria finalizzate.
Pensiamo allo sport, pensiamo ad attività di espressione corporea come la danza. Di fatto rimane
centrale nell'esperienza di quest'operatore esperto, il fatto di coniugare elementi di carattere
qualitativo, con altro di carattere quantitativo.
In linea di principio l’aspetto che riesce a inquadrare questo tipo di intervento è la definizione di
traguardi, di obiettivi dell'allenamento ed in particolare quella relazione che esiste tra
caratteristiche organico muscolare della persona che si allena, e le caratteristiche del movimento
dei compiti motori che andrà a realizzare.
Di fatto comunque parliamo di allenamento quando il movimento è un movimento finalizzato,
quando la sollecitazione per l'intero organismo della persona comporta una serie di risposte in
forma acuta o successivamente anche cronica, che di fatto ben si attagliano a quella che abbiamo
dato come definizione di allenamento.

S3/12
Tuttavia, non tutte le attività legate
a l m o v i m e n t o fi n a l i z z a t o ,
strutturato, organizzato, ponderato
hanno poi caratteristiche simili,
poiché possiamo notare che, di
fatto, se in ognuna di esse
vengono ad intervenire processi
biologici, si possono identificare
una serie di comportamenti delle
persone, si possono identificare
delle prestazioni, che sono
sicuramente osservabili e
misurabili, oggetto quindi di un’analisi.
E’ altrettanto vero però che le caratteristiche delle prestazioni, gli obiettivi dell'allenamento
correlato cambiano in maniera assai profonda.
In definitiva vediamo che le strategie di allenamento, possono assumere di fatto caratteristiche
andamenti e in qualche maniera forme differenti.
Tutto quello che ha un obiettivo, una sollecitazione di carattere organico/muscolare assume un
certo tipo di organizzazione e di struttura. Notiamo invece quanto sia differente una struttura di
training orientata ad una pratica che non è solo più rivolta all'esercizio fisico, ma anche
all’interazione sportiva. Tutte le situazioni di gioco collettivo sportivo, pur avendo al proprio interno
delle attività riconducibili all’esercizio, sono inquadrabili per le caratteristiche di interazione tra le
persone e, soprattutto , per la qualità e il tipo di attività che viene svolta.

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Un terzo elemento viene rappresentato poi da un modello che è rappresentato dalle attività
orientate all'educazione fisica, all'educazione motoria, e che non soltanto prendono in
considerazione aspetti legati all’abilitazione, cioè allo sviluppo di abilità di movimento o alla
sollecitazione delle capacità motorie, ma di fatto vengono a mettere in relazione aspetti di carattere
esecutivo, cioè prettamente motorio con altri di carattere cognitivo.
Sono strutturate in funzione della comunicazione e relazione fra i praticanti e il loro insegnante.
Ecco quindi che ancora una volta probabilmente dobbiamo identificare una struttura delle attività,
una struttura della seduta di training, differente rispetto a quella da cui siamo partiti.

S4/12
La prima che prendiamo in considerazione,
è centrata sull'esercizio in tutte le attività
riconducibili allo sport, in cui sia richiesto
un impegno dell'apparato muscolo-
scheletrico. Un costo energetico importante
deriva fondamentalmente da un'attività che
viene realizzata da grandi masse del nostro
corpo. In questo caso la seduta ha una
caratteristica di andamento parabolico,
cioè con una quantità di attività e con
un'intensità della stessa che è via via
crescente e, raggiunta in una fase centrale
un valore di picco, gradualmente va
riducendosi.

S5/12
Un secondo esempio sono
strutture di allenamento in cui
l'obiettivo non sia solo l'esercizio
fisico, ma sia invece anche una
prestazione motoria.
Ecco quindi che si introduce
qualcosa che precedentemente
non era così altrettanto evidente,
cioè il fatto che la persona non
finalizza l'esercizio fisico al
movimento, ma in realtà finalizza
i suoi compiti motori alle finalità della situazione di gioco, alle finalità della collaborazione con i
compagni, alle finalità che sono imposte espressamente da una situazione che è assai mutevole e
che è fortemente definita proprio dalla quantità e dalla variabilità degli stimoli all'interno
dell’ambiente.
In questo caso il movimento diventa sì un traguardo, ma un traguardo funzionale alle dinamiche
della situazione, alle dinamiche del gioco, alle dinamiche legate alla realizzazione di una
prestazione di gara.

S6/12
Ulteriormente possiamo immaginare
un livello ulteriore rispetto a una
prestazione legata al movimento,
laddove l'obiettivo dell'operatore sia
all'apprendimento motorio. E’ la
situazione tipica dell'educazione
fisica, dell'educazione motoria, che è
assolutamente centrata sulla qualità
dello sviluppo dei processi organici,
cognitivi e processi motori, che sono
58
fondamento per lo sviluppo di un movimento. Questo movimento deve essere qualitativamente
voluto, consapevole e introduttivo rispetto ad altre attività che, come abbiamo visto nell'esempio
precedente, sono assolutamente finalizzate.
La strategia dell’insegnante in questo caso si basa sul favorire attività proposte in forma di gioco,
piuttosto che di esercizi di carattere educativo, quindi molto orientato alla consapevolezza,
all’acquisizione e strutturazione delle abilità di movimento.

S7/12
Proviamo ad analizzare le caratteristiche
della seduta di training che è più orientata ad
attività ad elevato impegno energetico e
muscolare.
In questo caso noi possiamo identificare
delle fasi diverse all'interno della seduta, che
hanno caratteristiche, obiettivi, modalità
assolutamente diverse fra loro.
Da una parte vi è una fase che è di
introduzione di messa in moto, che è una
sorta di riscaldamento funzionale, di
preparazione alla pratica più impegnativa/
intensa. Questa fase impegnativa, sarà parte di una seconda fase che è più da intendere come il
vero complesso di traguardi che la seduta si pone. In questo caso non solo dobbiamo considerare
la quantità di tempo che viene utilizzato all'interno della seduta, ma in essa andiamo a riconoscere
gli aspetti principali dell'evoluzione degli esercizi proposti, sia in termini di qualità dell'esercizio che
intensità dello stesso. E’ la fase durante la quale il carico allenante, il training load può essere
apprezzato e percepito in maniera più importante.
In una fase conclusiva invece, l'obiettivo sarà quello di ritornare uno stato di quiete, cioè di
riavvicinare ad uno steady state, quindi una sorta di punto di equilibrio dell'organismo che è stato
sollecitato attraverso l’esercizio.
Questo tipo di attività ha molti obiettivi; da una parte di carattere organico, dall'altra anche proprio
di parte di ritorno a quelle che sono le normali attività che la persona poi va a condurre non solo
da un punto di vista fisico, ma anche mentale.
Andremo poi ad analizzare nel dettaglio le caratteristiche di diversi tipi di sedute di training in
funzione di obiettivi diversi e quindi anche modalità di esercizio differenti, sia in una fase di
introduzione della seduta, che nella sua parte principale, che nella sua parte conclusiva
defaticante.

S8/12
Vediamo un pochino più nel dettaglio,
perché in qualche modo è bene
concepire con certezza l'esercizio fisico
anche attraverso una definizione chiara
di attività sia da un punto di vista
motorio che cognitivo.
Il Warm up, ossia il riscaldamento,
detto anche messa in moto, la “Mise en
Train”, ha come obiettivo quella di
avvicinare i processi organici coinvolti
direttamente nel movimento nella fase
principale del training, ed esporlo ad un
minor numero di eventuali rischi. Questi rischi derivano dalla capacità di produrre movimento in
quantità ed intensità più elevata rispetto a quella che un soggetto possa avere (probabilmente
anche a causa di una ridotta esperienza sportiva).
Di fatto quindi è il graduale inserimento di attività che via via diventano più impegnative, che
richiedono una maggiore attenzione e che hanno un costo energetico crescente.

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S9/12
La seconda parte che abbiamo
definito parte principale del nostro
training, rappresenta il training
goals, cioè gli obiettivi e traguardi
che l'allenamento pone. Deve essere
strettamente correlata con gli obiettivi
che l'operatore identifica essere
propri per la persona o per le persone
che si sono affidati. In questo caso vi
deve essere da un punto di vista
metodologico una scelta di
esercitazioni, una scelta di modalità di
erogazione degli esercizi , funzionale
al traguardo da raggiungere.
Vedremo poi che la gestione del carico allenante attraverso l'esercizio fisico è un qualcosa che
richiede un intervento selettivo, sistematico, metodico da parte dell’allenatore.
Cioè deve porsi una serie di interrogativi e trovare una risposta o una serie di risposte che siano
coerenti con il progetto che ha inquadrato. L’allenatore in questo caso diventa anche tecnico, nella
misura in cui le esercitazioni che propone presentino una serie di compiti motori, durante i quali
viene messa anche fortemente a disagio quella che è la capacità di controllare, gestire, adattare il
movimento. Ecco quindi che oltre una componente di carattere quantitativo subentra anche una
componente carattere qualitativo, poiché la possibilità di realizzare l’esercizio, quindi di ripetere
ciclicamente una serie di compiti motori, diviene possibile laddove la persona impegnata abbia un
pieno controllo del movimento che produce.

S10/12
L'ultima parte è una parte di grande
rilevanza perché deve consentire di
riportare la persona ad un stato di
equilibrio. Questo ritorno a livelli di
carattere basale è un ritorno
graduale che avviene attraverso
esercitazioni via via di costo
energetico più contenuto, di impegno
muscolare meno rilevante; (cool
down). In molti casi, laddove le
esercitazioni della frase principale
siano di grande intensità, è probabile
che questa fase in cui i processi metabolici rimangono attivi, non si concluda durante il
defaticamento, ma possa proseguire addirittura per diverse ore.
Studieremo che questo fenomeno è legato agli effetti post-esercizio.
E’ stato studiato in maniera molto attenta perché ha dato modo di capire che anche nelle fasi
successive ad un lavoro meccanico, quindi un esercizio fisico molto importanti, il nostro organismo
deve continuare a tener vive una serie di processi che
garantiscono in maniera relativamente lenta il ritorno
poi al valore basale.
Strategie che sono state valutate anche in casi di
procedure di allenamento dedicate a soggetti magari
in sovrappeso.

S11/12
Questa è l'immagine che rappresenta questa
evoluzione parabolica della nostra seduta. Ci consente
di fotografare molto bene è quella che è l'evoluzione in
termini quantitativi e l'intensità dell’esercizio. Ci danno
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la misura che la parte principale nella nostra seduta è rappresentata dalla area centrale, quella dei
training in goals, che deve essere gestita in relazione proprio ai traguardi che la seduta stessa si
viene a porre. Questo modello è un modello che in linea di massima rende efficace il processo
allenante, in relazione ad adattamenti generati dal fenomeno della super compensazione.
Tutte le attività motorie potrebbero o dovrebbero avere in sé anche caratteristiche di questo
genere. Vedremo successivamente che in alcune fasi dell'evoluzione del movimento dell'uomo,
diventa necessario coniugare un modello di questo genere, anche ad esigenze di evoluzione,
strutturazione delle abilità di movimento, quindi alla necessità di dover riadattare una struttura
come questa ad altre caratteristiche che sono magari più proprie delle persone che vengono
coinvolte.

S12/12
Dobbiamo quindi immaginare che
l'operatore che vuole strutturare
con coerenza il suo intervento
allenante , debba agire secondo
una successione di eventi che
rappresenti una logica. Una logica
per la quale la persona che si
allena, all'inizio del training sarà
probabilmente non affaticata ma
avrà necessità di attivare i processi
metabolici che favoriscono la
contrazione muscolare. Dovrà
inoltre gestire una fase in cui dovrà sollecitare le risposte motorie che richiedono un'attivazione
neuromuscolare immediata, quindi attività legate alla rapidità piuttosto che alla forza.
In una fase successiva invece potranno essere introdotti altri elementi che vengono ad esprimere
meglio la propria efficacia, in relazione al fatto che il soggetto di fatto sia già in parte non solo
pronto ad un impegno rilevante, ma sia in parte già affaticato. Questo fa sì che si possa andare a
sollecitare aspetti legati alla resistenza in termini di durata del compito motorio, in regime di
rapidità ,oppure in regime di importante contrazione muscolare.
Infine l'ultima parte di questa logica successione di eventi, quindi anche di sollecitazione, deve
essere dedicata alle attività che in qualche modo vanno definitivamente ad affaticare la persona
che non ha poi successivamente ulteriori attività. Quindi in questo caso possono deprimere
ulteriormente quelle che sono le scorte energetiche della persona impegnata, potendo di fatto
contare su un periodo di recupero adeguato.

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LEZIONE11 - Quantità, intensità dell’esercizio fisico

In questa lezione andremo a valutare le caratteristiche ed i fattori dell'esercizio; in particolare


andremo a quantificare gli aspetti legati alla determinazione del carico fisico.
Questo elemento risulta essere di particolare interesse e rilievo proprio perché l'operatore lo
inquadra in un processo che ha un'evoluzione in termini temporali e, progressivamente, anche in
termini di impegno della persona che viene coinvolta.
Dobbiamo immaginare la necessità che l’allenatore ha nel realizzare un'attività di progettazione.
Deve poter anticipare caratteristiche, effetti, rilevanza dell'impegno generato dallo sforzo fisico,in
modo da mettere in relazione quello che è un'operazione di personalizzazione dell'esercizio fisico
ed un aspetto di gestione nel tempo del carico stesso.
Per sviluppare un processo che generi una serie di adattamenti nel tempo, è necessario che venga
superata una soglia che noi identifichiamo con una soglia allenante. La soglia allenante è ciò che
produce un effettivo abbassamento del livello prestativo delle persone che si allenano e fa
riferimento ad una sorta di soglia di sovra-allenamento, oltre la quale l'effetto delle nostre
esercitazioni risulterebbe eccessivo.
Non è quindi banale immaginare che l'allenatore esperto, debba monitorare costantemente
l’andamento di quantità ed intensità, proprio per determinare la rilevanza del carico all'interno di
una programmazione. Questa programmazione dovrà ai principi di base del training; in particolare
legati non soltanto alla continuità, ma anche alla gradualità della somministrazione del carico fisico.

S2/12
L'esercizio che viene proposto deve
essere in grado sia di attivare processi
energetici, organici e muscolari, sia in
grado di stimolare gli aspetti di carattere
cognitivo ma anche di carattere esecutivo.
Gli esercizi devono essere considerati
tollerabili dall’organismo, tollerabili dalla
persona.
Dobbiamo avere l’idea di quanto
l’organismo possa effettivamente digerire
e sostenere un impegno motorio rilevante,
ma anche avere conoscenze di carattere
pedagogico; l'esercizio fisico deve andare
gradualmente a sollecitare un potenziale di movimento. Infatti accade molto spesso che persone
sedentarie o in una fase di avviamento della loro pratica, faticano a mantenere anche la frequenza
adeguata, ma l'impegno non è soltanto fisico, ma richiede anche di un impegno mentale.
Ecco quindi che noi dobbiamo proporre proposte di allenamento all'interno di una sorta di range
ideale, cioè in grado di sollecitare positivamente le risposte dell’organismo e di non sovraffaticarlo,
cioè fare in modo che le risposte generino effettivamente, in tempi ragionevolmente brevi, gli
adattamenti che ci si propone.

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Ecco che va immaginato un percorso
assai lungo, un percorso che ha
sicuramente un limite in termini
quantitativi , che non deve essere oggetto
così frequente di impegno da parte del
praticante. Tutto ciò che rappresenta un’
espressione di maggior impegno legato
ad attività, è rappresentata in termini di
8-10 sedute per settimana. Questo
diviene possibile laddove la maturità della
persona sia dal punto di vista personale
che fisico, sia tale che le sollecitazioni
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derivanti dall’allenamento, la capacità di recupero, il grado di corretta alimentazione, generino una
effettiva e positiva risposta all’esercizio.
Quando immaginiamo più di una seduta giornaliera di esercizio fisico, con una durata
particolarmente rilevante, dobbiamo pensare quali e quante risorse, non solo energetiche ma
anche mentali, questo tipo di processo richiede. E’ importante immaginare quanto l'apparato
locomotore sia sottoposto ad uno stress meccanico importante.
Stiamo parlando di attività che generano di fatto uno sforzo fisico importante, che richiede di fatto
la partecipazione non solo di numerosi gruppi muscolari, ma anche l’attivazione di processi
energetici ed organici che possono garantire l'effettiva realizzazione dell’esercizio.
Raggiungere quindi una quota di 20 ore di allenamento a settimana, rappresenta un po' quello che
è un limite che la fisiologia ha immaginato possa esistere per un esercizio fisico massimale o sub
massimale.
E’ evidente che laddove il peso del carico fisico vada a ridursi, non solo in termini quantitativi ma
anche di intensità, è probabile che questo renda possibile ugualmente il fatto che una persona
possa esercitarsi. Abbiamo delle attività non necessariamente legate allenamento, ma che sono
attività fisiche,attività manuali, attività che comunque hanno un importante lavoro meccanico e che
vengono condotte anche per più di 20 ore a settimana, ma questo accade in un regime in cui
l'intensità dell'impegno fisico viene drasticamente a ridursi.

S4/12
Vediamo quali possono essere le
strategie per far crescere il carico fisico.
L’aspetto prevalente per tutti ricercatori
era la necessità di dover far crescere
l'esercizio in termini quantitativi, più che
di intensità dello sforzo. Questo perché
garantisce all'organismo di recepire in
maniera più graduale le sollecitazioni
che derivano dall’esercizio e, quindi, di
generare anche dei successivi benefici
che favoriscano poi un ulteriore
aumento della quantità dell'intensità dell'esercizio stesso.
Molto spesso questo elemento viene un po' trascurato, per cui si pensa che in tempi molto brevi e
coincidenti anche in pochi mesi, un soggetto che praticamente è sedentario possa arrivare a
praticare esercizio fisico molto impegnativo per un elevato numero di ore.
Di fatto si è visto che è un semplice passaggio di livello, quindi passare da 6 ore di pratica
settimanale a 12 ore di pratica settimanale, richiedono non meno di un applicazione di due anni di
tempo.
Molto spesso, nelle pratiche legate all’esercizio fisico realtà si tende ad accelerare (soprattutto
nelle proposte dedicate a persone in età evolutiva) questo cambiamento, proprio perché
l’evoluzione organizzativa della pratica dedicata ai più giovani, spesso lo richiede.
Da un punto di vista della definizione dei migliori benefici legati all’esercizio, questa strategia
invece richiede una maggiore gradualità.

S5/12
Correlato a questo aspetto vi è poi la
modalità con la quale si intende
effettivamente far crescere la quantità di
esercizio.
Questo può avvenire sostanzialmente
attraverso due differenti strade: da una
parte l’aumento quantitativo della singola
unità allenante; dall'altra aumentando
invece le unità durante la pratica
settimanale. Da una parte aumenta il
volume, ma sostanzialmente rimane
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inalterata la frequenza delle sedute, dall'altra invece aumenta la frequenza delle sedute pur
mantenendo sostanzialmente invariato il numero e la quantità delle esercitazioni.
Si è visto che questa seconda strategia come maggiormente premiante, perché si fonda sul fatto
che l'organismo nel tempo adattatosi a tollerare quel ordine di grandezza in termini quantitativi, in
realtà ricostruisce le sue riserve energetiche più rapidamente e quindi può essere modificato il
fattore frequenza delle sedute in maniera assolutamente adeguata. Può quindi contare sul fatto
che nella gestione complessiva di un piano settimanale, possa aumentare per esempio un'unità di
training, ma anche conseguentemente lo stato di affaticamento del soggetto. Questo stato di
affaticamento, deriva non soltanto dall'aumento delle quantità, ma anche dal minor tempo a
disposizione per il recupero tra una seduta e la successiva.
Tuttavia questo è di fatto assolutamente propedeutico ad una crescita successiva, anche in termini
di intensità dell'esercizio, consentendo quindi di sviluppare quella ideale tolleranza all'esercizio che
è straordinariamente importante.

S6/12
Veniamo adesso ad analizzare un altro
aspetto che è più legato alla qualità del
training: l'intensità dell'esercizio fisico.
Questo è il fattore sostanzialmente che
più deve essere oggetto di un'attenta
valutazione da parte dell’operatore, in
relazione alla risposta individuale della
persona all’esercizio, in seguito della
quale l’operatore agirà adattando e
personalizzando l'esercizio fisico.
Abbiamo già visto che i diversi fisiologi
nella seconda metà del novecento,
hanno studiato l'andamento della
frequenza cardiaca. Grazie all'evoluzione degli studi di Karvonen inoltre, si è messo in relazione la
personale risposta in termini di frequenza cardiaca a riposo,che ogni persona ha all'interno del suo
ciclo biologico.
Questo ha permesso di mettere in relazione questo elemento con la possibilità di esercitarsi, la
possibilità quindi di generare una serie di risposte all'esercizio diversa, in relazione proprio a
questo dato basale.
Quello che ci interessa oggi, è analizzare in quale modo possiamo identificare la risposta
all'esercizio fisico in relazione ad un valore percentuale rispetto a quello che è l'intensità
massimale che può essere sostenuta da una persona.

S7/12
Analizziamo quindi questa griglia che ci consente di identificare una serie di indici di intensità.
Questi indici ci permettono di identificare in termini percentuali e di risposta, in termini di frequenza
cardiaca, se la sollecitazione derivante da un esercizio fisico sia più moderata o più impegnativa.
Avremo così la possibilità di identificare l'intensità della frequenza cardiaca.
Parleremo di intensità debole laddove rappresenti una risposta pari al 20% della frequenza
cardiaca massimale; leggera
laddove ci troviamo in un ambito fra
il 20 e il 40% della frequenza
cardiaca massimale; media laddove
raggiungiamo fino al 60% della
frequenza cardiaca massimale; forte
laddove ci avviciniamo verso
l'esercizio fisico più impegnativo,
quello che può essere rappresentato
con l'80% della frequenza
massimale. Intensità massimale
sarà quella che è rappresentata fra
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80 e circa il 100% della risposta teorica della persona all'esercizio fisico. In questo senso vedete
che la frequenza cardiaca target, cioè il riferimento in termini di risposta di esercizio fisico, cresce
in maniera evidente.
Questa griglia di fatto ci è già di grande aiuto, perché ci permette di avere dei riferimenti certi non
discutibili, rispetto alla progettazione e alla successiva somministrazione di esercizio fisico, perché
mette in relazione l’attività contrattile del muscolo cardiaco, l'attività dell'apparato cardiovascolare
con un esercizio che ha caratteristiche di intensità via via crescente.

S8/12
Potremmo adottare in
alternativa altre griglie, come
questa di Fox & Mathews,
che riportano anche altri valori
legati per esempio al consumo
di ossigeno, produzione ed
accumulo di acido lattico.
I d e n t i fi c a n o i n o l t r e l a
possibilità che la persona
possa realizzare una durata
massimale, rappresentata
proprio dalla relazione che
esiste tra l'esercizio, la quantità dell'esercizio e l'intensità dello stesso.
Più l'esercizio appare massimale, quindi estremamente intenso, e più la durata possibile viene a
ridursi. Al contrario, laddove l'esercizio risulti più leggero la durata appare relativamente più
importante.
Qual è la chiave di lettura che noi dovremmo avere?
Avere delle indicazioni ci aiuta a stabilire degli ordini di grandezza. Questi ordini di grandezza
vanno poi messe in relazione, (come abbiamo visto precedentemente), con la maturità della
persona, la sua esperienza in termini di allenamento, di capacità di controllo del movimento, di
effettiva elasticità e forza dell'apparato locomotore.
Una lettura che non tenga in considerazione fattori personali rischia di avere una ridotta efficacia,
rispetto al riferimento che ci viene dato da una griglia che in qualche modo rappresenta un punto di
riferimento e di ispirazione.

S9/12
Arriviamo quindi ad immaginare che il carico
allenante, il training load, possa essere
valutato; cioè si possa riconoscerne le
caratteristiche in termini di durata, di
quantità, di intensità.
Questo diventa un'operazione molto
importante perché favorisce l'idea che si
possa personalizzare l’esercizio, si possa
personalizzare la seduta di training, si possa
personalizzare un programma allenante in
relazione alle esigenze della persona.
In questo si può immaginare come adattare l'esercizio fisico in relazione di obiettivi che sono
strettamente correlati con la persona che l'esercizio deve praticare.
Ancora una volta, dobbiamo immaginare che oltre a conoscenze di carattere fisiologico, biologico,
traumatologico legato alla medicina dello sport, l'operatore esperto debba essere in qualche
maniera un vero proprio un metodologo, cioè conoscitore di metodi in grado di sollecitare il nostro
organismo e quindi raggiungere degli obiettivi ben definiti.
L’operatore deve essere metodologo anche nella misura in cui riesce ad adattare le attività che ha
selezionato, in relazione ai metodi più coerenti con i traguardi da raggiungere.
Diviene importante la sua esperienza in termini di insegnamento, in quanto si troverà sicuramente
a dare alle persone che allena, una consapevolezza concreta del percorso che stanno svolgendo,
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della relazione che esiste fra quantità ed intensità dell’esercizio, e della gestione del carico di
allenamento nel tempo.

S10/12
Vediamo quindi che sostanzialmente noi siamo
in grado di descrivere in termini quantitativi
una seduta di training, cioè in qualche modo
possiamo essere in grado di mettere in
relazione delle esercitazioni, delle quantità, dei
tempi e l'intensità a cui queste vengono
realizzate.
E’ importante presentare attività che siano
orientate al fitness della persona, cioè a un
uno stato di forma generale in grado di
stimolare soprattutto processi energetici e
metabolismi, quale quello aerobico. In questo
caso potremmo avere una prima fase con esercizi ad intensità debole o leggera che durino fino a
15 minuti. Una parte poi che è quella principale, quella dei traing goal, in cui l’intensità
dell'esercizio cresce e arriva ad essere leggera o media per un tempo pari a 30 minuti, ed una fase
di defaticamento, di sostanziale ritorno allo stato di quiete, che nuovamente può essere
quantificato in termini di intensità debole o leggera e nuovamente pari a circa 15 minuti.

S11/12
Realizzando un'operazione che è anche una
semplificazione e che quindi va presa
assolutamente come analisi empirica, noi
potremmo mettere in relazione una durata,
quindi una quantità in termini di tempo con
l'intensità relativa a quella quantità.
Quindi, per esempio, se in una fase di
riscaldamento vi sono delle fasi ad intensità
leggera le moltiplicheremo per lo 0’2. Altre fasi
ad intensità superiore vanno moltiplicate per 0,4.
Questo ci dà un valore, in questo caso rappresentato da 4,5, che è l'entità del carico fisico
corrispondente a quella fase della nostra seduta. Ragionando e operando nuovamente nello
stesso modo, riusciamo a stabilire un ordine di grandezza in termini di carico fisico dell'intera
seduta arrivando ad una quota quella di 24, che è una misura sia in termini quantitativi che
qualitativi dell'esercizio realizzato.
Questo ci dà la misura di che cosa possa rappresentare quella seduta e ci può aiutare a capire
quanto sia la risposta all’esercizio della persona che è direttamente coinvolta. In particolare
quanto la risposta all'esercizio fisico sia riconducibile ad un'intensità di quel genere oppure no.
Ecco quindi che noi possiamo mettere a confronto quella che è una progettazione, con quella che
poi è la reale risposta della persona o delle persone all’esercizio. Più il livello di adattamento
all'esercizio sarà elevato, più probabilmente questo
tipo di risposta sarà ragionevolmente centrata. Meno
il livello di adattamento di esercizio è riconosciuto e
più avremo una risposta in termini di frequenza
cardiaca, superiore di quella che potevamo aver
progettato.

S12/12
Utilizzando questo criterio (assolutamente empirico)
di definizione del carico allenante, è possibile
inquadrare un progetto in termini anche temporali,
cioè costruire una struttura in termini di microcicli
settimanali o pluri-settimanali, contando su un
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andamento crescente o decrescente del carico. Si stabilisce una frequenza che rappresenta il
tempo necessario alla persona per metabolizzare l’affaticamento generato dalla seduta di
allenamento.
Ragionando in questi termini di progettazione e di controllo della prestazione durante l’esercizio,
l’operatore potrà monitorare efficacemente il tipo di attività proposta ed il tipo di risposta
all'esercizio fisico che le persone a lui affidate andranno a sviluppare.
Soprattutto l’operatore potrà rendersi conto di quanto sia aderente a questi principi di base
dell’allenamento, la proposta che si è immaginato.
Molto spesso operare senza gestire nel tempo un andamento (per esempio crescente) del carico
allenante, genera sostanzialmente una stabilizzazione della capacità prestativa.
Questa cosa per certi versi non consente un'evoluzione in termini di ulteriore adattamento.
Ecco quindi che laddove in una prospettiva di crescita dell'esperienza della persona che si allena,
immaginiamo anche di progredire/di accrescere l’impegno, in altre situazioni possono esserci
programmazioni che siano al contrario basate su mantenimento dell'esercizio in relazione alla
possibilità/esigenze particolari del soggetto.
Non bisogna dimenticare quindi, una volta che il soggetto ha raggiunto dei risultati anche con una
certa fatica, che essi devono essere stabilizzati.

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LEZIONE12 - Metodi per la sollecitazione allenante

In questa lezione completeremo questo modulo i dedicato alle caratteristiche dell'esercizio fisico
con riferimenti che gli studiosi hanno individuato per costruire una sorta di metodologia
dell'esercizio fisico, una metodologia dell’allenamento.
Un fattore che gradualmente è sembrato emergere durante le ricognizioni condotte nelle nostre
lezioni è parso essere quello della sistematicità, dell'organicità, del rigore con il quale l'allenatore
viene ad operare sia in una fase di progettazione dell’esercizio fisico, che di somministrazione e
successivo controllo degli effetti indotti dall’esercizio.
Non dobbiamo dimenticare infatti che nell'esercizio fisico rappresenta una sollecitazione che deve
essere oggetto di una valutazione, cioè gli deve essere riconosciuto un valore sia in termini
quantitativi che qualitativi e deve essere possibile conoscere quale tipo di effetto induca sulle
persone qui viene rivolto.
Nel tempo si è sempre immaginato una metodologia orientata ad un allenamento anche in forma
collettiva, cioè immaginava che l'esercizio producesse in tutti coloro a cui era destinato effetti
sostanzialmente analoghi. In questi ultimi vent'anni si è maturata, al contrario, l'esigenza di
ragionare in termini opposti, cioè di personalizzare, adattare l'esercizio fisico alle esigenze della
persona a cui è destinato.
Ecco quindi che ancora più che nel passato, diventa importante avere gli strumenti adeguati per
raggiungere i traguardi più funzionali al progetto personalizzato. Non vi è dubbio quindi che debba
essere dedicato un vero e proprio approfondimento a quelli che sono i metodi riconducibili al
processo di allenamento.

S2/12
Questo aspetto ha un profilo duplice, da
una parte introduce l'idea che scegliere il
metodo più adeguato ci porti a
raggiungere dei traguardi e degli obiettivi
sostanzialmente certi e stabili, dall’altra
ci offre l'idea che debbano essere
definite e seguite procedure piuttosto
rigorose, poiché l’allenamento, di fatto,
deve produrre un tipo adattamento
neurofisiologico
Noi analizziamo questo tipo di attività sia
in termini esclusivamente correlati alla produzione di un lavoro meccanico, sia in termini di qualità
e tipologia di compito che viene ad essere un prodotto. L'operatore esperto, deve essere in grado
di conoscere, adottare e selezionare i metodi per raggiungere i traguardi dell’allenamento, cioè
deve essere in grado di identificare le corrette procedure e le modalità esecutive che più
favoriscono il raggiungimento di obiettivi di carattere motorio.

S3/12
Questa diapositiva ci permette di immaginare quello che potrebbe essere una visione semplificata
di una serie di modalità legate all'esercizio fisico.
Queste modalità sono correlate alla
continuità o alla discontinuità
dell'esercizio e legate alla possibilità di
utilizzare modalità di esercizio che
abbiano, in termini di quantità e di
intensità, percentuali assolutamente
differenti. Possiamo vedere per
esempio, che attraverso una
rappresentazione grafica, noi vediamo
essere molto importante in termini di
volume (quantità), l'esercizio fisico
condotto attraverso alcune proposte
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legate a metodi di carattere continuo o ad intervalli. Aspetti legati all'intensità invece risultano
essere più importanti utilizzando altre modalità legate per esempio all'esercizio intermittente.
E’ bene quindi passare in rassegna, seppur in questo caso in modo molto sintetico, le
caratteristiche di queste diverse modalità.

S4/12
L’esercizio Continuo
E’ quello che più appare vicino all'esperienza
delle persone che hanno nella pratica motoria
un riferimento meno importante.
E’ una ripetizione di esercitazioni in forma
ciclica che hanno una durata variabile,
possono essere strettamente correlate
all’esperienza, al tempo a disposizione e alla
tolleranza delle persone a cui sono destinate.
Le attività legate alla corsa, legate all'utilizzo di
una bici, in una situazione outdoor oppure
indoor rappresentano molto bene questa modalità di esercizio.
Una variante che può essere introdotta è quella legata al cosiddetto Farltlek, in cui l'intensità risulta
essere variabile, meno costante rispetto al caso precedente. In relazione al cambiamento delle
caratteristiche dell’ambiente all’interno nel quale vengono svolte le attività in forma continua; il
nostro organismo è costretto ad aumentare o ridurre il lavoro muscolare e l'intensità dello stesso,
in funzione della risposta che risulti essere più adeguata.

S5/12
L’esercizio intervallato
Una seconda modalità prevede che
oltre la pratica, vi siano
sostanzialmente delle ulteriori attività in
cui la persona interessata è a riposo.
La durata delle pause è
sostanzialmente correlata all'idea che
non venga realizzato un vero e proprio
recupero completo, ma che ogni volta
la persona possa partire da un livello di
frequenza cardiaca relativamente più
alto rispetto alla situazione di base.
In questo caso l'esercizio può essere relativamente più tollerato dalla persona in quanto a delle
frazioni più brevi. Non è particolarmente lungo; da un punto di vista meccanico e muscolare risulta
essere meno stressante proprio perché non prevede un volume particolarmente importante.
In questo caso però l'alternanza fra lavoro e pausa, fra il carico e recupero, viene fatta in una
condizione dove l'intensità dell'esercizio può anche crescere in maniera importante. Quindi non
siamo più in situazioni dove, secondo la tabella di Karvonen, possiamo gestire un tipo di Intensità
leggera o media, ma probabilmente riusciamo ad andare su livelli di stimolo più rilevante.
Anche questo tipo di attività intervallata può avere in realtà una modalità maggiormente estensiva,
in cui l'intensità è più contenuta così come le pause tra una attività e la successiva, oppure
intensiva laddove invece il lavoro risulti essere più breve e l'intensità dell'esercizio maggiore con
pausa di recupero adeguata a questo tipo di sforzo.

S6/12
L’interval training.
E’ un metodo nato attraverso l'esperienza di allenatori di atletica leggera ed ha trovato poi, nel
lavoro dei fisiologi, una riconoscibilità e una sua validità che lo ha fatto considerare un'esperienza
importante. Integra sia aspetti di carattere quantitativo, che altri di carattere qualitativo. Questi
periodi che vengono gestiti, di pausa fra un'attività e la successiva, possono avere
sostanzialmente una dimensione attiva o passiva, in relazione al fatto che il soggetto interrompa
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totalmente qualunque tipo di attività fisica,
oppure ne svolga una di intensità molto
leggera, ma che comunque prevede di
mantenere la persona in movimento.
Può essere condotta con tutte quelle
attività, attraverso quelle abilità di
movimento, che consente una ripetizione
ciclica di compiti, quindi la corsa, il
ciclismo, il canottaggio o comunque tutte
le corrispondenti attività che si possono
svolgere in ambito indoor. Per cui pensiamo a quello che può essere riprodotto sul nastro
trasportatore sul Tapis Roulant, piuttosto che utilizzando una macchina per il Rowing (vogatore).

S7/12
Abbiamo visto che ci possono
essere diverse possibilità di
recupero tra un'attività e la
successiva, quindi dobbiamo
immaginare percorsi diversi
sia da un punto di vista
strettamente fisiologico, che
da un punto di vista anche
metodologico. La scelta
operata dall'allenatore è
sicuramente finalizzata alla
miglior risposta da parte della
persona che viene allenata.
L'estrema variabilità che noi possiamo trovare all'interno della popolazione adulta, ci potrebbe
spingere ad adottare una scelta, oppure un’altra, quindi ad un adottare una pausa attiva, una
pausa passiva. in relazione al tipo di esperienza, al tipo di traguardi che una persona ha raggiunto.
In alcuni casi anche in relazione alle modalità e all'ambiente in cui l'esercizio fisico si svolge.
Per esempio durante esercitazioni che si svolgono in un ambiente outdoor nel periodo invernale,
risulta essere difficile sostanzialmente interrompere qualunque tipo di attività laddove la
temperatura esterna si riveli particolarmente bassa.

S8/12
L’esercizio intermittente
L'esercizio è intermittente laddove
l'intensità dello sforzo fisico varia.
Va r i a i n p e r i o d i d i t e m p o
relativamente contenuti brevi e
consente di alternare un impegno
dell'apparato locomotore più
rilevante ad altre fasi dove poi
l’impegno va smorzando e
riducendo. E’ un'attività
estremamente impegnativa, che ha
una quantità complessiva molto più
ridotta rispetto ad altre e contiene degli elementi che la rendono particolarmente interessante. In
un breve periodo sollecita una risposta di potenza da parte l'apparato cardiovascolare, genera
elevata attenzione nella persona che pratica, in termini proprio di alternanza fra esercitazioni
impegnative ed altre che siano un poco più moderate.
L’esempio che viene riportato, mette in relazione un'attività di salti in quantità contenuta, con
un'attività condotta ad intensità leggera o relativamente moderata, per un periodo di tempo pari a
20 secondi. Questo ci consente quindi di stimolare una risposta dell'apparato locomotore in termini
meccanici, in termini di contrazione rapida della muscolatura degli arti inferiori, e poi avere un
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adeguato tempo in cui un ulteriore stimolo, di intensità più contenuta, viene a completare questo
ciclo.
Questa forma di esercizio è anche quella che più si avvicina alle situazioni di gioco sportivo, di
gioco motorio. E’ quindi quella che probabilmente si sceglie più favorevolmente anche in soggetti
in età evolutiva che vengono ad acquisire nuove competenze dal punto di vista motorio, che in
questo modo hanno la possibilità di sollecitare l'apparato cardiovascolare.

S9/12
Alternanza di intensità
Il vantaggio di questo tipo di esercizio
è che contiene le fasi ad elevata
intensità o elevatissima intensità a
pochi secondi e, abbina a queste fasi
così intense altri che lo sono
decisamente meno. Un allenamento
degli sportivi molto interessante era il
cosiddetto allenamento 15:15 che
metteva in relazione un esercizio
fisico massimale/ sub-massimale,
della durata di 15 secondi, ad una
fase successiva pari ad altri 15 secondi ad intensità molto più moderata e contenuta.
Nasce dall'esperienza condotta in Francia da un noto tecnico del dell'atletica leggera e ha un suo
tempo di realizzazione che risulta essere più contenuto rispetto alle proposte viste
precedentemente. Il grande vantaggio è di riuscire, in un tempo relativamente breve, a sollecitare
molto la risposta in termini di potenza dell’apparato cardiovascolare e, in parallelo, migliorare
l'efficacia di abilità di movimento. Migliora la risposta motoria in termini di coordinazione Inter- e
intra- muscolare, laddove vengano utilizzate per esempio delle fasi di esercitazione molto intensa.
Questo permette, laddove si lavori utilizzando l'impulso generato durante una corsa, di migliorare
anche la capacità di generare un impulso, quindi fondamentalmente di intervenire in termini di
forza esecutiva.

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E’ importante anche in questo caso
immaginare che il tempo di lavoro
dedicato ad un'esercitazione di questo
genere, va drasticamente riducendosi
rispetto al metodo continuo o quello
intervallato. In questo caso arriviamo ad
avere dei periodi che possono andare da
9 fino a 15 minuti circa, in cui la
proporzione fra lavoro massimale o
comunque sottomassimale e quello
decisamente a intensità più moderata, è
estremamente variabile in relazione alla durata complessiva dell’esercitazione, agli obiettivi che
questo tipo di lavoro si propone. Molto spesso è una modalità di lavoro che accompagna per
esempio attività di riscaldamento dedicate a gruppi che svolgono programmi di educazione fisica,
perché riescono adessere ben tollerati grazie a questa alternanza frequente fra esercitazioni più
impegnative ed altre che lo sono decisamente meno.

S11/12
Metodo delle ripetizioni.
Completiamo questa nostra ricognizione con le attività orientate verso l'allenamento di
muscolazione.
La prima che è definita come il metodo delle ripetizioni, cioè quella strategia che prevede
l'allenamento di abilità motorie in condizione di velocità di esecuzione particolarmente importante e
per cui oltre ad aspetti di carattere energetico, organico e muscolare sia rilevante proprio iI
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controllo e la qualità del movimento
che venga prodotto.
Sono basate sul fatto che questo
tipo di ripetizioni possono essere
condotte solo alla condizione che il
soggetto abbia recuperato e
ricostituito le sue scorte
energetiche in maniera completa.
Quindi in relazione alla durata della
prova da ripetere, il tempo di
recupero verrà a crescere. Più sarà
importante l'esperienza del
soggetto impegnato e il suo livello di
allenamento e più questo tempo potrà essere leggermente contenuto.
E’ un tipo di metodo che viene utilizzato prevalentemente per le esercitazioni in regime di velocità
forza rapida ed ha, anche in questo caso, una maggiore intensità oppure estensione, cioè in
relazione alla durata delle singole frazioni che compongono l’esercizio, l’esercizio stesso assume
caratteristiche di maggiore intensità o estensibilità.

S12/12
Metodo della competizione.
Completiamo il nostro lavoro
orientandoci ad un ulteriore metodo di
esercitazione che è molto vicino a
situazioni particolari,non
necessariamente correlate ad
un'esperienza diciamo accessibile a tutti.
Identifica infatti tutto ciò che avvicina la
persona che si allena alla prestazione
competitiva, oppure ad una prestazione
legata ad un’ esecuzione di un test.
Potrebbero essere numerosissimi gli esempi di ciò che potrebbe appunto replicare una situazione
molto specifica. In una pratica sportiva la realizzazione di quello che è per esempio un Mach; un
test match , riproduce fedelmente la situazione/l’oggetto vero e proprio dell’allenamento che deve
essere migliorato dallo sportivo.
Nel caso della prova test invece possiamo realizzare una serie di compiti ad intensità e difficoltà
crescente, che ci danno la misura di quanto la persona sia in grado di produrre una prestazione a
valori di consumo di ossigeno che vanno incrementandosi.
Quello che abbiamo cercato di fare con questa lezione è quindi di inquadrare in quanti modi sia
possibile produrre un esercizio fisico, in relazione a degli sforzi fisici che hanno caratteristiche
diverse. Queste caratteristiche possono fare riferimento al metabolismo aerobico oppure
anaerobico, che sollecitino espressioni intensive oppure estensive, che siano fondate su lunghi e
continuativi ciclici periodi di lavoro oppure, al contrario, su periodi di lavoro relativamente brevi,
ripetuti un elevato numero di volte in accompagnamento in altrettante pausa.
Tutto ciò che noi abbiamo inquadrato, rappresenta una delle modalità che possono andare meglio
a sollecitare le capacità motorie dell'uomo.
Dovremmo poi identificare l'esercizio fisico ed il suo adattamento al tipo di sollecitazione motoria,
fisiologica che si vuole sviluppare e, selezionare quindi il metodo più appropriato per le persone cui
questo genere di pianificazione è immaginato.

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INDICE
MODULO 1 - CONOSCENZE GENERALI

LEZIONE 1 - Ricognizione introduttiva attività del processo formativo…………………………… pag 3


LEZIONE 2 - Parole e conoscenze imprescindibili……………………………… ……………………. pag 10
LEZIONE 3 - Movimento, attività fisica, esercizio fisico………………………………………………. pag 17
LEZIONE 4 - Esercizio fisico, training, adattamento, stress……………………………………….… pag 23
LEZIONE 5 - Esercizio fisico, carico motorio,parametri………………………………………….…… pag 28
LEZIONE 6 - Analisi del carico dell’esercizio fisico………………………………………………….… pag 34
LEZIONE 7 - Principi di progettazione del carico fisico (prima parte)……….. …………….……… pag 40
LEZIONE 8 - Principi di progettazione del carico fisico (seconda parte)……………………..…… pag 44
LEZIONE 9 - Basic Training Principles – Considerazioni pedagogiche……………………….…… pag 51
LEZIONE10 - Caratteristiche della seduta di training……………………………………… ………….. pag 57
LEZIONE11 - Quantità, intensità dell’esercizio fisico………………………….……………………….. pag 62
LEZIONE12 - Metodi per la sollecitazione allenante…………………………………………..……….. pag 68

Trascrizione effettuata da
Laura Coramusi - Stefania Golemme -
Federico Giovannetti - Germano Bacchetta - Marco Boni - Mauro Capogrosso
AA 2020

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