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GIOVANNI PASCOLI (1855-1912)

Secondo Pascoli l’uomo e il mondo sono avvolti nel mistero, che né la religione né la
scienza può svelare, e minacciati costantemente dal male, in tutte le sue forme. Solo
i poeti intuiscono il significato della vita perché una parte della loro anima rimane
fanciulla. Il poeta “fanciullino” conserva infatti, l’ingenuità di un bimbo ed è capace
di commuoversi. La poesia di Pascoli è dunque la poesia delle cose semplici e in essa
figurano molti caratteri del Decadentismo:
-la sfiducia nei valori della storia e della tradizione
-l’individualismo esasperato, quindi la solitudine e malinconia
-l’infanzia sentita come la sola età felice della vita
Pascoli, al contrario di Carducci, rifiuta gli schemi della poesia tradizionale:
-crea strofe e versi di misura inedita
-utilizza un linguaggio nuovo, formato da vocaboli quotidiani accostati a termini
letterari
- mira ad ottenere un’intensa musicalità dei versi, per esempio con le onomatopee

POESIA: LAVANDARE
«Nel campo mezzo grigio e mezzo nero A
resta un aratro senza buoi, che pare B
dimenticato, tra il vapor leggero. A

E cadenzato dalla gora viene C


lo sciabordare delle lavandare B
con tonfi spessi e lunghe cantilene: C

Il vento soffia e nevica la frasca, D


e tu non torni ancora al tuo paese! E
quando partisti, come son rimasta! D
come l'aratro in mezzo alla maggese.» E

ASSONANZA
ENJAMBEMEBNT
ONOMATOPEICO: scia…scia…
POESIA: LA MIA SERA

Il giorno fu pieno di lampi;


ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c'è un breve gre gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
trascorre una gioia leggiera.
Nel giorno, che lampi! che scoppi!
Che pace, la sera!

Si devono aprire le stelle


nel cielo sì tenero e vivo.
Là, presso le allegre ranelle,
singhiozza monotono un rivo.
Di tutto quel cupo tumulto,
di tutta quell'aspra bufera,
non resta che un dolce singulto
nell'umida sera.

È, quella infinita tempesta,


finita in un rivo canoro.
Dei fulmini fragili restano
cirri di porpora e d'oro.
O stanco dolore, riposa!
La nube nel giorno più nera
fu quella che vedo più rosa
nell'ultima sera.

Che voli di rondini intorno!


che gridi nell'aria serena!
La fame del povero giorno
prolunga la garrula cena.
La parte, sì piccola, i nidi
nel giorno non l'ebbero intera.
Nè io... e che voli, che gridi,
mia limpida sera!
Don... Don... E mi dicono, Dormi!
mi cantano, Dormi! sussurrano,
Dormi! bisbigliano, Dormi!
là, voci di tenebra azzurra...
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch'io torni com'era...
sentivo mia madre... poi nulla...
sul far della sera.

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a) IL DESIDERIO DI PACE → tutta la poesia è percorsa da un grande desiderio di pace:
Dopo una lunga e tormentata giornata arriva l’atteso momento, richiamato in ogni
strofa e quasi in ogni verso dal poeta, che aspetta solo pace e serenità. Ad esempio,
nei versi iniziali: “Il giorno fu pieno di lampi; ma ora verranno le stelle, le tacite
stelle.” Si percepisce in maniera marcata il sollievo, il conforto che Pascoli avverte
nelle stelle, che annunciano l’arrivo della sera, l’unico momento tranquillo del
giorno e l’unico che il poeta ha da sempre desiderato. Oppure: “Non resta che un
dolce singulto nell’umida sera.” Indica che l’unico rumore, che rimane dall’intera
giornata, è il singhiozzare di un ruscello mentre tutt’intorno tace…è la sera!
b) LA SERENITÀ DELLA VECCHIAIA → Stare lì, seduti su una morbida poltrona; fermi;
a guardare con occhi socchiusi, e consumati, dal tanto cercare un senso
nell’orizzonte infinito…Stare lì, con una tazza calda tra le dita, ormai tremanti e
arrugginite dal tanto lavorare…Stare lì, all’aperto, tra il velo roseo del cielo e le
rossastre nuvole…Stare lì, quando c’è pace…quando è sera.
c) LA CORRISPONDENZA FRA LA NATURA E LA VITA DEGLI UOMINI → Il giorno
tempestoso è la vita di Pascoli, tormentata da gravi sventure, mentre la sera, la
limpida sera, corrisponde alla pace e tranquillità da sempre desiderata.
d) IL DOLORE DELLA VITA → Il dolore della vita, le gravi sventure, i momenti più bui
sono rappresentati nella poesia da un violento temporale. In modo marcato nei versi
13-14; 22-23-24; 27-28-29-30-31.
e) LA NOSTALGIA DELL’INFANZIA → la nostalgia dell’infanzia è proprio una delle
caratteristiche del Decadentismo. È l’unica età sentita come momento di gioia e
questo appare chiaro negli ultimi versi della poesia: “Mi sembrano canti di culla, che
fanno ch’io torni com’era…sentivo mia madre…poi nulla…sul far della sera.” Come
se Pascoli si sentisse ancora cullato tra le braccia della madre, prima di coricarsi,
quindi…quando è sera.
f) LA BELLEZZA DELLA NATURA → La bellezza della natura appare in tutta la poesia:
“nel cielo sì tenero e vivo; allegre ranelle; dolce singulto; mia limpida sera; …” Tutte
espressioni che ci riconducono alla bellezza e alla pace che nella natura trovano vita,
soprattutto quando è sera.

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