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continuano a coltivare la terra con i metodi e la fatica materiale del loro antenati
medioevali.
Con tutta la sua opera nel T arco di quasi sessant'anni di lavoro Olmi ha
sempre mostrato come il cinema potesse confribuire in maniera potente a
ridisegnare le geografie della memoria, a riportare Tattenzione su luoghi e azioni
da ricordare al di ñiori degli spazi pubblici, nella vita quotidiana, per ritrovare,
anche nel gesto più semplice del seminare, o del legare un fralcio di vite o nel
misurare i propri passi lungo un sentiero, il senso e l'anima di una storia
profonda a rischio di sprofondamento. E questa lezione la si ritrova e riconosce
in non pochi film delle ultime stagioni.
Questa duplice presenza della consapevolezza di vivere in una situazione
catasfrofica unita alla voglia di guardare oltre Torto di casa, o almeno di
ricominciare a esplórarlo ponendosi interrogativi diversi per frovare strade
inédite al vedere e al testimoniare cinematográfico, cosi ben rappresentati da
Olmi e dal suo magistero morale e professional, mi sembra il miglior viatico al
discorso che intendo fare sulTattuale cinema italiano.
Discorso che, pur nella drammatica restrizione degli scenari economici e
produttivi e in un quadro politico, morale ed económico in discesa libera e
vicino al collasso, in cui lo stato sembra volersi liberare definitivamente della
zavorra di tutte le forme e istituzioni culturali che gravano sul suo bilancio, vede
un cinema che, nel pieno rispetto della tradizione, riannodando fili di una trama
e di un ordito di cui sembravano perdersi i legami, pare rinnovare Tattenzione
per le tematiche civili, riscoprendo punti di connessione e tensione morale
comuni, puntando a dilatare le coordinate e T orizzonte immaginativo come, a
mió parère, non era mai successo nel trentennio precedente.
Per fortuna le cose, anche in situazioni di crisi, cambiano di continuo in
senso positivo e non pochi processi di trasformazione in atto nel cinema italiano
sono visibili o awengono sotto fraccia, creando anche prese di coscienza e
passaggi comuni obbligati.
In effetti, se da una parte la fine del presente decennio ha aperto inediti
fronti di crisi e ulteriori fonti di preoccupazione — ponendo il cinema italiano di
fronte a tagli pesanti nelle sowenzioni e ad attacchi da parte di Ministri e
personalité di govemo, che lasciano trasparire un orientamento contrario ad ogni
forma di sostegno económico (rispetto alia cui violenza a freddo la mai
dimenticata lettera di Andreotti a De Sica appare, tutto sommato, di tono bonario
e patemalistico) ^ — dalTaltra ha mostrato la capacité di soprawivenza e
adattamento alTambiente d'un sistema alimentato dal valore aggiunto di
un'etica civile rifrovata e dalTesplorazione coraggiosa di nuovi temi e nuove
possibilité produttive.
Un cinema che per anni è sembrato incapace di rinnovarsi, toma ora a
interrogarsi suUe proprie radici e cerca, con i modesti mezzi economici di cui
Oltre la sala
Prendiamo in considerazione le sale. La proliferazione malthusiana del 3D con
400 sale attrezzate che hanno rastrellato, con 11 titoli su oltre 500 in
distribuzione, il 10% degli incassi, ha sotfratto le sale più importanti al cinema
nazionale. Nelle città Temorragia delle sale è continuata (nonostante dal Fondo
Único per lo Spettacolo del Ministero siano stati tolti 3 milioni di euro da
assegnare al restauro di sale in centd con meno di 10.000 o 20.000 abitanti),
menfre si è assistito alia crescita costante dei multiplex colonizzati dal cinema
americano. È un dato di fatto che le nuove generazioni di spettatod non amano il
cinema italiano in sala e, se lo guardano, preferiscono usare canali per la visione
altemativi. Se da un lato è quasi impossibile per un film d'esordio andaré in un
multiplex, dalTaltro si accetta il dato che la sala non è più il luogo "sacro" e
único della visione cinematográfica e che i piccoli film possono trovare altri
percorsi e raggiungere pubblici consistenti attraverso i festival, i circuiti d'essai,
le televisioni, i canali satellitari, le vidéocassette, i DVD, Internet.... Se si
riprende a pensare a prodotti europei che nascano in un quadro di forze
produttive europee, ci si accorge che la vita di un piccolo film, potra, alia fine,
ripagare i produttori e consentiré loro di pensare a nuove awenture. Un piccolo
film puô vivere a lungo e raggiungere pubblici di tutto dspetto, al di ñiori della
sala. È il caso di // vento fa il suo giro di Giorgio Diritti, ma anche il film,
borderline tra documentarlo e fiction, di Pietro Marcello, storia d'amore tra un
carcerato e un transessuale che lo attende, ambientata nei caruggi di Genova e
costata meno di 100.000 euro.
D'altra parte il leitmotiv della presenza dominante del cinema americano è
confermato dai dati. Dal 2000 i film americani in prima uscita sfiorano ogni
armo le 200 unità, oscillando tra quote del 45% e del 70% del mercato. Negli
ultimi anni, anche se le quote si sono un po' ddotte a favore del cinema europeo.
Cinema italiano oggi: eredità, tradizione, orizzonti narrativi, forme deila speranza 37
la presenza crescente del 3D fa volgere la bilancia degli incassi a favore dei film
Made in USA.
In ogni caso, la rivoluzione del digitale in atto fa si che per Fera della
pellicola sia suonata l'ultima campana e per i prodotti in digitale, i cui costi
dsultano inferiori a quelli della pellicola, il mercato della sala non sia più lo
sbocco nattirale e si aprano gli immensi territori del consumo domestico. Questo
diventa ima carta a favore del cinema nazionale poichè favodsce la flessibilità in
atto del sistema aprendo immense possibilità al cinema di basso budget. In
questa prospettiva, certamente "piccolo è bello", ma bisogna anche riprendere a
pensare in grande a livello produttivo.
Giuseppina Manin, "Mappa dell'Italia che attrae le cineprese" in Corriere della sera
f24gennaio2010), p. 15.
Citato in Marco Spagnoli, "LOCATIONS / I Talenti che scelgono la Puglia" in Cinema
& Video Intemazionale, 1-2 (gennaio-febbraio 2010), http://www.cinemaevideo.it/
content/index.php?action=read_cnt&id_cnt=2501&tipo=libro (consultato il 23 aprile
2012).
Cinema italiano oggi: eredità, tradizione, orizzonti narrativi, forme della speranza 39
più giovane Diritti), o avvertendone, come aveva fatto Amelio, fin da // ladro di
bambini, la perdita, la realté che le mille e una Italia possono offrire alTocchio
della macchina da presa è ancora un patrimonio di sconfinate proporzioni, in cui,
pur nelTinevitabile registrazione del degrado (nel caso del recenti disastro
ecológico del Parco Lambro inondato da un fiume di petrolio, Olmi non ha
potuto fare a meno di reagire sulle pagine del Corriere della Sera^) è ancora
possibile ritrovare la bellezza, la storia, il ricordo lontano di un rapporto
armónico tra uomo e natura.
' Ermanno Olmi, "II Lambro, il Po e la nostra stupidité" // Corriere della Sera, 25
febbraio 2010, p. 001.029.
40 Gian Pietro Brunetta
Storie di famiglia
Da Verdone a Rubini, da Tomatore a Ozpetek, da Avati a Virzi, da Amelio a
Veronesi a Salvatores a Soldini, a Luchetti e alla più giovane Nina di Majo di
Matrimoni e altre catastrofi, senza contare gli esempi precedenti di Moretti del
Caimano, altro elemento connettivo è quello della famiglia, della sua
42 Gian Pietro Bnmetta
spazio ai sentimenti, ai valori, alia forza dei legami che constata, con toni ora
drammatici, ora amari, ora agrodolci, la scomparsa del senso civico e il trionfo
delTindividualismo e del privato. C'è come un nuovo lavoro di scavo e di
perlustrazione di rapporti vecchi e nuovi tra le mura domestiche di cui si sta
facendo carico la generazione dei quarantenni e cinquantenni, cercando di
ritrovare oltre la superficie immediata del riso nuove profondità di senso legate
alla società presente. L'ultimo film di Veronesi, Genitori e figli..., eommedia
amara sulla difficoltà dei rapporti di oggi in famiglia e fiiori, gioca a sua volta
con gli stereotipi del genere di cui ne awerte Tinsufficienza, senza perô riuscire
a liberarsene. II film registra il collasso tra i modi di comunicazione
generazionale, ma anche dà voce ai giovani con un'attenzione che i film di
successo di questi anni, tratti dai libri di Moccia non avevano affatto. La crescita
delTattenzione per i problemi delle generazioni che affrontano i primi problemi
sentimentali e si affacciano sul mondo del lavoro, cercando di rendersi autonomi
senza tuttavia voler crescere, è un ulteriore segnale dei mutamenti in atto nel
cinema che si muove nel grande álveo delTeredità della eommedia. Questo
cinema sembra andaré alia ricerca di autori nuovi, di nuove modalità produttive,
di una nuova sintonia con la letteratura contemporánea con cui si sono creati
rapporti assai produttivi (di cui non intendo occuparmi in questa sede), di nuovi
volti e di nuove forme di affabulazione, ma deve soprattutto fare i conti con un
pubblico nuovo e diverso rispetto a quello che determinava il successo della
eommedia negli anni sessanta.
In genere evito di prendere in considerazione le osservazioni di giomalisti
prestati alia critica cinematográfica, ma Curzio Maltese ha fatto su la
Repubblica, parlando di questo film, un'osservazione da non cestinare: "Gli
italiani di oggi non sembrano più altrettanto disponibili a guardarsi nello
specchio come lo erano nei decenni passati".^ Perô il cinema non rinuncia a
giocare con gli specchi e le sue possibilità affabulatorie.
maschere, sulla disonestá, sul disprezzo delTaltro e delle leggi. Ma vale anche
per Salvatores del nerissimo e disperato Come Dio comanda (a cui segue in
perfetta controparte la luminosa commedia Happy Family, tutta giocata sulla
leggerezza e sui molti omaggi dalla tradizione della commedia a Fellini, come si
è detto, a Woody Allen, a Bunuel, agli omaggi privati e personali, ai richiami del
pensiero stoico ed epicúreo con la splendida riñessione sulTetemité del mare)
come per la fragedia della strage di Marzabotto raccontata da Giorgio Diritti nel
suo secondo film, L 'uomo che verra.
Il canto che chiude il film di Diritti, una ninna nanna intonata dalla piccola
Martina, per il fratellino appena nato che lei ha salvato, nascondendolo nel
bosco e trovandogli un po' di latte e che ora tiene tra le braccia, è uno straziante
e palpitante inno alia vita. Per tutto il film Martina non ha pronunciato una sola
parola, ma atfraverso i suoi occhi innocenti in cui si è depositata in maniera
incancellabile la vicenda di cui è stata vittima la piccola comunité di Montesole,
sui Monti di Marzabotto nel 1944, riviviamo oggi fino al suo climax, la fragedia
della sfrage compiuta dalle SS di una comunité di ben ottocento persone, fra
donne, uomini e bambini. Il film racconta questa cameficina, mostrandoci
Tindifferenza della morte al lavoro, muovendosi con calma, all'inizio, nei tempi
circolari del mondo contadino, ricostruendone i ritmi secondo la lezione di Ohni
e Pasolini e immettendo, in questi tempi, quelli lineari e irreversibili della storia
in cui, per il fatto di indossare una divisa, persone qualsiasi e normali si
frasformano di colpo in assassini spietati, in belve umane. Diritti non si pone nel
fiusso della storia indossando le vesti del giudice, non prende posizione pro o
confro, ma effettua una vera e propria ^ / / immersion nel mondo rappresentato;
mondo fatto di valori solidi, che ci fa sentiré Timportanza di ogni gesto, la
ricchezza racchiusa in quel povero mondo contadino e porta anche noi, grazie
alia geniale capacité di ricostruzione di ambienti di Giancarlo Basili,
sinesteticamente dentro a questo mondo, nella sua dignité, nella sua moralité
religiosa e nel patrimonio dei suoi affetti.
Qualcosa di simile alio spirito che ha animato Tomatore, ma con risultati
meno felici, si pu6 rifrovare ne // grande sogno di Placido, sempre prodotto
dalla Medusa, ambientato nel 1968, fra sogni individuali di riscatto dal mondo
contadino e sconfri tra pulsioni rivoluzionarie e sentimentali, confraddizioni di
classe e impossibilité di conciliare le ragioni del cuore e della politica.
Pur raccontate con regisfri diversi e con un'interessante rifiessione
metalinguistica sul cinema, passando dal cómico, al melodrammatico alia
fragedia, le storie appena ricordate vogliono spingerci a riconoscere di quei
particolari awenimenti e di quei personaggi i segni di una storia più grande che
giunge a lambire il presente, imponendo domande più che offrire risposte.
E interessante notare la contaminazione stilistica e lingüistica, la perdita dei
confini fra cinema di finzione e documentado, la mescolanza dei regisfri e un
ritomo d'attenzione per i generi, a cui da decenni il cinema d'autore sembrava
aver voltato le spalle. Da Salvatores a Mazzacurati, da Giordana a Capotondi, da
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solitudine, tra macerie di ogni tipo, si riconosce tm'esigenza comune, che invita
a ritrovare e dmettere insieme sentimenti, forme di comunicazione elementare,
capacita di aprirsi e spingersi oltre frontiera, di riportare in campo valori che si
ritengono perduti.
COSÍ, assieme al decentramento realizzativo e produttivo, si assiste a tma
potente spinta di allargamento e alia dislocazione dei teatri dell'azione, alia
creazione di ponti ideali, al bisogno di confrontarsi con l'Altro per ritrovare
un'identità sempre più sfùggente: autori di diverse generazioni, da Fabio Carpi
ad Amelio, da Olmi a Valeria Bnmi Tedeschi, da Crialese e Saverio Costanzo a
Francesca Archibugi e Marco Bechis, hanno scelto il mondo come set. Li ha
spinti non la lógica della nécessita della delocalizzazione per conteneré i costi, o
per trovare dei luoghi e delle facce ormai scomparsi nell'Europa occidentale e
tanto meno una perdita del senso di identità nazionale, ma una diversa
percezione di questa identità e dei nuovi problemi con cui ci si deve misurare e
la metabolizzazione di una pulsione maturata nel tempo: l'esempio di Amelio
che, agli inizi degli anni novanta, è andato in Albania a girare Lamerica ha avuto
una funzione trainante nell'affabulazione dei decenni successivi. Negli ultimi
dieci anni non si è trattato solo di trovare delle location esotiche per risparmiare
suUe spese. Olmi ha scelto il Montenegro come set per Cantando dietro i
paraventi, Bemardo Bertolucci è tomato a Parigi per girare The Dreamers,
ambientato nel '68, Gian Vittorio Baldi è andato a Serajevo per girare
Nevrijeme-Il temporale, film mai uscito in sala. Marco Bechis, fin dai primi anni
novanta, aveva ambientato il film d'esordio in Patagonia per poi girare in
Argentina i titoli più recenti, fino a La terra degli uomini rossi ambientato in
Brasile nel Mato Grosso do Sul. Fabio Carpi ha fatto attraversare l'Europa ai
due protagonisti di Nobel IGnobel, Daniele Luchetti ha girato in Grecia Dillo
con parole mie, e Francesca Comencini, ha voluto ambientare in parte negli Stati
Uniti la torbida vicenda di abusi familiad di La bestia nel cuore. Al sogno
americano di milioni di emigrati italiani Emanuele Crialese ha dedicato
Nuovomondo. Vittorio De Seta, dopo tm trentennio di inattività, ha girato, tra
infinite difficoltà, Lettere dal Sahara, un film suU'odissea degli immigrati
clandestini che con natanti di fortima affrontano il viaggio dalle coste afi-icane a
quelle siciliane per poi muoversi in un paese ostile come animali braccati.
Amelio ha girato in Germania Le chiavi di casa e in Ciña La Stella che non c 'è.
Marco Pontecorvo ha ambientato a Bucarest il suo Pa-ra-da, omaggio ad un
artista da strada e al suo tentativo di salvare decine di bambini da tm destino di
miseria, droga e prostituzione.
Enzo Monteleone era andato qualche anno fa in Afi-ica per ricostmire la
battaglia di El Alamein e Francesca Archibugi per Lezioni di voló ha tentato di
far interagire la vicenda dei suoi protagonisti con la realtà dell'India. Anche
Private, di Saverio Costanzo, girato in territorio palestinese, con una troupe
ridotta all'osso, puó essere preso ad esempio di tm cinema che sta ritmovandosi
e ha le carte in regola per affrontare le sfide del cinema intemazionale. Luigi
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Cecinelli per Visions, suo film horror d'esordio, è andato a girare negli Stati
Uniti.
Molte anime coesistono dunque nel cinema italiano oggi; una localista,
Taltra che vuole sentirsi parte della nuova comunità europea, una che vuole
spingersi aU'incontro con immaginari diversi non più ignorabili, una che
prospetta la fiisione tra culture e mondi diversi...
Costanzo, Alina Marazzi di Un 'ora sola ti vorrei e Vogliamo anche le rose, che
partendo da film di famiglia e materiali d'archivio, riesce a ricostmire storie
collettive dove investimento emotivo, créativité e originalité non enfrano in
confiitto con la cura e Tesattezza nella documentazione e nella selezione dei
materiali. E come non ricordare Sabina Guzzanti che, dopo alcune prove non
proprio convincenti, con Draquila affronta Tinchiesta sul dopo terremoto
delTAquila, fomendo alio spettatore non pochi elementi e documenti (fra cui
quello della telefonata agghiacciante tra due costmttori-awoltoi che, a caldo, a
terremoto avvenuto da pochi minuti, descono a gioire per il bottino che si
prospetta loro) per capire come giomo dopo giomo, in maniera quasi
inawertibile, ma progressiva e irreversibile, si stiano minando le basi della
costituzione della Repubblica italiana muovendo il paese verso forme di
limitazione delle liberté personali e di modifica dei poteri di cui nessuno sembra
rendersene ben conto. Il sinossi del film di Guzzanti evidenzia che: "Per i
privilegi di pochi, per le leggi ad personam, per Tappropriazione indebita dei
fondi pubblici, per la cormzione, per le caste, per i servizi negati ai cittadini, per
la speculazione edilizia, TItalia frema e si sgretola lentamente".' Va a medto
della regista aver contenuto la presenza delTatfrice e del suo fregolismo e aver
tentato di realizzare un buon esempio di cinema di analisi partigiana, magari non
condivisibile in tutto, ma che va a toccare dei sensi di cittadinanza e di etica
civile che sembrano sempre più a rischio di spadzione.
È necessario soffermarsi per un attimo anche sul familismo
cinematográfico, altro elemento di aggregazione fra le vade generazioni: un
gmppo consistente di nuovi sceneggiatori, scenografi, operatori e direttod delle
luci, e soprattutto attori ha modificato in maniera profonda il paesaggio
realizzativo e si muove con molto senso di appartenenza e capacité di
adattamento ai modi di registi differenti; alia dnfiisa ricordo in pdmis Valeria
Golino, che ha avuto più di tutte le atfrici della sua generazione la capacité di
credere nei giovani registi, Monica Bellucci, star intemazionale, Francesco
Favino e Riccardo Scamarcio, Alessio Boni, Luca Zingaretti, Margherita Buy,
Valeria Bruni Tedeschi, Stefano Accorsi, Raoul Bova, Kim Rossi Stuart, Laura
Morante, Toni Servillo, Alessandro Gassman e Filippo Timi, Caterina Murino,
Valedo Mastandrea, Neri Marcoré e Isabella Ferrad, Vittoria Puccini, Alba
Rohrwacher, Valeria Solarino, Maya Sansa, Giovanna Mezzogiomo, Daniela
Piazza, Stefano Dionisi, Jasmine Trinca, Luca Argentero, Laura Chiatti, Barbara
Bobulova, Alessandro Preziosi, Nicole Grimaudo, Elio Germano, Claudio
Santamaria, Fabrizio Gifrini, Emilio Solfrizzi... Mi spiace di non riuscire a
ricordare tutti e mi scuso per le involontarie omissioni.
Da ultimi, e non certo minori, Paolo Sorrentino del Divo e Matteo Garrone
di Gomorra, due autori giunti alia loro piena maturité e consapevolezza dei
q _
Sinossi citata da http://www.cinemaitaliano.info/draquilalitaliachetrema (consultato il
23 aprile 2012).
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propri mezzi, che vedo alla testa di questo nuovo "Quinto stato
cinematográfico", affamato, con i segni della difficoltà e degli ostacoli e in cui
vedo confluiré ad un livello alto i caratted identitari del cinema italiano, la
tradizione e l'innovazione, la lezione dei maestri e la forte carattedzzazione
individúale, l'energia e la voglia di guardare avanti e d'accettare le sfide
intemazionali che sempre hanno aiutato il cinema italiano nei momenti di
difficoltà. Se II divo lavora sul gioco delle maschere del potere, cercando di
trovare un vareo capace d'illuminare l'aspetto umano d'un protagonista della
vita italiana, il film, tratto dal libro di Roberto Saviano, appare come un'opera di
fantascienza per la capacita di proiettare sul futuro del mondo l'ombra d'un
microcosmo, capace di espandersi quasi in base al principio della fissione
atómica.
Mi piace finiré questa specie di slalom gigante che ha toccato diversi piani e
punti del territorio, sempre cercando di dannodare le parti col filo della
speranza, con una frase detta di recente da Amelio, che mi sembra un ottimo
viatico in questo preciso momento, che mi tocca e commuove per la sua forza e
determinazione e per una fede che non viene mai meno, nonostante tutto:
"Finché ci sarà un solo spettatore io continuerô a fare cinema".
Opere citate
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