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Gian Pietro Brunetta

Cinema italiano oggi:


Eredità, tradizione, orizzonti narrativi, forme della speranza

Oltre gli scenari della crisi


Con questo rápido sguardo d'insieme intendo offrire una serie di rifiessioni
sulTallargamento degli orizzonti e sugli elementi vitali delle crisi che si sono
succedute e inanellate con andamenti e ritmi più o meno prevedibili, cercando di
sgrovigliare i nodi cmciali e spingermi oltre gli scenari delle crisi stesse che, in
modo crónico, accompagnano la storia di questa grande cinematografia, di cui
con orgoglio continuo a rivendicare la cittadinanza e con senso utópico a voleme
vedere qualche luce in fondo al tunnel.
Vorrei servirmi come leitmotiv delle forme ironiche, timide, malinconiche,
ma anche aggressive e utopiche della speranza, ehe mi appare al presente come
un elemento connettivo visibile e misurabile, capace di sostenere i molti stress
presenti e prossimi ventud.
II mio intervento vuole stabilire una mappatura e rete con punti e
connessioni tra autori, problemi e registri differenti e ridefinire le coordinate d'
un territorio su cui le dure resfrizioni economiche di fatto non sembrano ddurre
le dinamiche, limitare le tensioni creative, il rinnovamento in atto, le aperture e
spedmentazioni verso direzioni e modalità produttive duttili, capaci d'adattarsi a
nuovi ambienti, a nuove forme e canali distributivi.
Anche se la semplice descrizione del presente puô presentarsi con un
aspetto sñiggente intendo osservarla come se si trattasse d'una struttura
poliedrale formata, analizzabile nelle sue componenti più visibili e connesse;
una struttura per molti aspetti préoccupante, ma tutt'altro che tendente
alTimplosione, alTinghiottimento in un buco ñero e alla riduzione
autodistruttiva; una realtà in continuo cambiamento, alTintemo d'uno scenario
in stato di sofferenza, colpito da varie patologie da eui non si puô prescindere
per qualsiasi analisi si voglia condurre.
Tra tutti i periodi in eui ho lavorato agli aggiomamenti delle mie tre diverse
storie del cinema italiano, questo mi sembra offrire una situazione caótica,
incerta, liquida, direbbe Bauman, dove si possono delineare nuovi orizzonti e
misure di scala, non solo a carattere dduttivo e tendente al minimalismo, mettere
in luce eredità féconde, ristabilire connessioni, cogliere tensioni, tendenze e
dinamiche positive.
Qualsiasi tipo di diagnosi è reso difficile dai mutamenti continui degli attori
e fattori in gioco, dalla precadetà delle forze e dei vincoli, dalla disomogeneità
degli elementi da aggregare e confrontare. Alcuni dati sono certi in senso
Annali d'italianistica 30 (2012). Cinema italiano contemporáneo
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assoluto: il cinema, grazie anche al 3D e ai successi di film come Avatar, è


riuscito in genérale a capovolgere, negli ultimi tempi, le profezie che lo davano
per morto, destinato a essere soppiantato definitivamente dalla televisione e da
altre possibilità d'uso. Non solo: grazie alia prova di forza del film di James
Cameron, il cinema sembra voler daffermare d'essere ancora l'arte del nuovo
millennio, la forma espressiva più capace di racchiudere i proñimi, le atmosfere
e lo spidto di tin'epoca e far vivere e rivivere tutti i tempi, passati e fiittiri. E
insieme una volontà di continuare a vivere come fiicina di sperimentazione e
luogo di memoria, ma anche di riuscire a raccontare e ricreare la storia nel suo
aspetto pluridimensionale: la stoda materiale e immateriale, evenemenziale e
immaginativa, pubblica e privata, l'utopia e il disincanto, le dimensioni plurime
del tempo, la grande Stoda e quella invisibile, le metamorfosi della Memoria,
che ti restituiscono l'importanza comunicativa del gesto e la polisemia dello
sguardo che attivano potentemente i netironi specchio dello spettatore.
Negli ultimi tempi il cinema sembra daffermare con successo i propri poteri
prometeici, le ambizioni di Creatore di un numero infinito di Mondi e la Potenza
narrativa ed espressiva. Non solo non vengono recisi i legami con la tradizione,
ma ci si proietta nel fiituro con piena consapevolezza d'un enorme e fecondo
patrimonio comune. L'energia che emana da Avatar, anziehe cannibalizzare e
coventrizzare una cinematografia appartenente a un civiltà meno avanzata,
sembra rivitalizzare il sistema, ripopolare le sale, toccare in modo benéfico
anche film che con quest'opera non hatmo nulla in comune. II cinema toma in
sala, dscopre la sua capacita di ricreare le emozioni e il senso di meraviglia che
accompagnavano le prime folie di spettatori di fi-onte al Voyage dans la lune di
Méliès nel 1902, la cui magia non a caso intéressa Martin Scorsese, che intende
ricreare gli studi, le invenzioni e le meraviglie del cinema dei primi tempi.
Avatar è uscito in Italia il 15 gennaio 2010 in 925 sale e il primo giomo ha
incassato 2 milioni di euro. Dopo quattro settimane ha superato i 54 milioni,
battendo il record d'incassi di tutti i tempi. Nelle stesse settimane perô sono
usciti almeno 5 titoli italiani che, senza mettersi in concorrenza, ci aiutano a
misurare la temperatura del cinema nazionale dei primi mesi dell'anno e ad
avvertire una nuova fiducia nel cinema e nella sua vitalità. Io loro e Lara, di
Verdone, Baciami ancora di Muccino, La prima cosa bella, di Virzi, L 'uomo
che verra di Diritti, II figlio più piccolo di Avati. A fine febbraio, nel primo
week-end, Genitori efigli. Agitare beneprima dell'uso di Giovanni Veronesi ha
superato gli incassi di Avatar.

For se il cinema non c'è più, ma...


La situazione agli occhi di molti autori fino a poco tempo fa appariva ben
diversa e quasi compromessa per sempre. In tin'intervista concessa nel 1995 a
Reset, Bemardo Bertolucci affermava: "Mai come in questo momento mi
sarebbe difficile spiegare ai ragazzi come faccio, come si fa a fare un film... Il
cinema era un'eredità comune, ora è come non esistesse più e tocca
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reinventarlo". ' AlTintervistatore dichiarava d'awertire il senso di perdita delle


radici e il fatto che il cinema, ormai figlio della televisione, non aveva più un
linguaggio riconosciuto dalle nuove generazioni. Anni dopo, il 27 maggio 2006,
Ermanno Qlmi, in un'intervista a la Repubblica, alia domanda di Claudio
Magris, se esistesse ancora il cinema, rispondeva; "Non ho saputo rispondere.
Esistono bei film, bravi attori, grandi registi, ma forse il cinema non c'è più, non
conta più". ^ Qlmi giungeva a questa constatazione — che potrebbe farsi
sintonizzare, oltre che con Bertolucci, con quanto diceva vent'anni prima Fellini
dopo una visita a una sala cinematográfica senza spettatori - al termine della
lavorazione di Centochiodi e dopo aver annunciato che non avrebbe più
realizzato film di finzione.
Tuttavia, alTindomani di questa dichiarazione si awenturava in due nuovi
progetti cinematografici, col sólito entusiasmo da esordiente e la sólita capacita
di rimettersi in gioco: alle porte di Milano iniziava le riprese d'un documentario
da realizzarsi nel tempo necessario a Renzo Piano di creare, negli spazi degli
stabilimenti della Falck di Sesto San Giovanni, con Taiuto del premio Nobel
Cario Rubbia, una nuova idea di città utópica, fatta di torri di vetro, sottili e
leggerissime, una specie di laboratorio per la rivitalizzazione nel futuro per tutte
le aree industriali europee. E, nello stesso periodo, si metteva alia testa d'un
gruppo di registi, Mario Brenta, Maurizio Zaccaro, Franco Piavoli, per realizzare
il documentario Terra madre, uscito in sala nel 2009, opera ideata e realizzata a
difesa di una committenza virtuale di milioni di contadini sparsi nel mondo.
Terra madre, pur dichiarando in modo esplicito la causa per cui si batte, è,
come sempre nel caso di Qlmi, Qpera Mondo, poema e monumento alia realtà
materiale e ai denominatori mitologici comuni delle civiltà contadine diffuse nei
continenti. Ma è anche documento profetico; è un film che, mentre rivendica la
piena cittadinanza cinematográfica, annulla i confini tra documentario e finzione
e ripropone un'idea alta delle ñinzioni e dei poteri del cinema. Ha la capacita di
far vibrare corde profonde di carattere universale — come la soprawivenza
della vita sul pianeta — ha la forza di cogliere con la macchhia da presa il senso,
il tempo e il valore sacro dei gesti contadini nei confi-onti della terra; è un'opera
pontificale, nel senso più ampio del termine, in quanto stabilisée moite
connessioni tra cinema, economia globalizzata, cultura materiale,
immaginazione del ñituro, indicando molte strade féconde per un rinnovato uso
cinematográfico del documentario, non solo al cinema italiano. Nel 2009 Qlmi
ha portato a termine un altro documentario {Rupi del vino) tutto girato da lui;
una sorta di poema virgiliano in onore dei viticultori della Valtellina che

' Reset, n. 15, marzo 1995, p. 15.


^ Curzio Maltese, "Intervista a Ermanno Olmi: La fabbrica diventa un film", citato in
http://www.micciacorta.it/archivio/articolo.php?id_news=218 (Consultato il 23 aprile
2012).
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continuano a coltivare la terra con i metodi e la fatica materiale del loro antenati
medioevali.
Con tutta la sua opera nel T arco di quasi sessant'anni di lavoro Olmi ha
sempre mostrato come il cinema potesse confribuire in maniera potente a
ridisegnare le geografie della memoria, a riportare Tattenzione su luoghi e azioni
da ricordare al di ñiori degli spazi pubblici, nella vita quotidiana, per ritrovare,
anche nel gesto più semplice del seminare, o del legare un fralcio di vite o nel
misurare i propri passi lungo un sentiero, il senso e l'anima di una storia
profonda a rischio di sprofondamento. E questa lezione la si ritrova e riconosce
in non pochi film delle ultime stagioni.
Questa duplice presenza della consapevolezza di vivere in una situazione
catasfrofica unita alla voglia di guardare oltre Torto di casa, o almeno di
ricominciare a esplórarlo ponendosi interrogativi diversi per frovare strade
inédite al vedere e al testimoniare cinematográfico, cosi ben rappresentati da
Olmi e dal suo magistero morale e professional, mi sembra il miglior viatico al
discorso che intendo fare sulTattuale cinema italiano.
Discorso che, pur nella drammatica restrizione degli scenari economici e
produttivi e in un quadro politico, morale ed económico in discesa libera e
vicino al collasso, in cui lo stato sembra volersi liberare definitivamente della
zavorra di tutte le forme e istituzioni culturali che gravano sul suo bilancio, vede
un cinema che, nel pieno rispetto della tradizione, riannodando fili di una trama
e di un ordito di cui sembravano perdersi i legami, pare rinnovare Tattenzione
per le tematiche civili, riscoprendo punti di connessione e tensione morale
comuni, puntando a dilatare le coordinate e T orizzonte immaginativo come, a
mió parère, non era mai successo nel trentennio precedente.
Per fortuna le cose, anche in situazioni di crisi, cambiano di continuo in
senso positivo e non pochi processi di trasformazione in atto nel cinema italiano
sono visibili o awengono sotto fraccia, creando anche prese di coscienza e
passaggi comuni obbligati.
In effetti, se da una parte la fine del presente decennio ha aperto inediti
fronti di crisi e ulteriori fonti di preoccupazione — ponendo il cinema italiano di
fronte a tagli pesanti nelle sowenzioni e ad attacchi da parte di Ministri e
personalité di govemo, che lasciano trasparire un orientamento contrario ad ogni
forma di sostegno económico (rispetto alia cui violenza a freddo la mai
dimenticata lettera di Andreotti a De Sica appare, tutto sommato, di tono bonario
e patemalistico) ^ — dalTaltra ha mostrato la capacité di soprawivenza e
adattamento alTambiente d'un sistema alimentato dal valore aggiunto di
un'etica civile rifrovata e dalTesplorazione coraggiosa di nuovi temi e nuove
possibilité produttive.
Un cinema che per anni è sembrato incapace di rinnovarsi, toma ora a
interrogarsi suUe proprie radici e cerca, con i modesti mezzi economici di cui

Franco, Andreotti, La vita di un uomo politico, la storia di un 'época 49.


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dispone, di allargare o modificare le proprie ottiche e gli scenari dell'azione e di


accogliere le sfide della globalizzazione, anche ricorrendo alie forme più
elementad di bricolage produttivo, narrativo e stilistico.

// 2009, un anno buio con qualche luce


Se partiamo dall'osservazione dei dati dal punto di vista económico, il 2009 si
presenta come un armo da dimenticare, con un segno meno per tutti gli indici:
dai tagli ai contributi statali (l'investimento pubblico è sceso dal 21% al 12,8),
alia diminuzione di numero di film prodotti (97 nell'ultimo anno contro i 123
del 2008), alia perdita di spettatori in sala (nella prima parte del 2009 i biglietti
staccati per i film nazionali sonó stati solo 12 milioni, owero un quarto del
numero complessivo, con una diminuzione di ben otto punti percentuali).
Va ricordato che i primi drastici tagli erano stati inflitti dal govemo
Berlusconi già nel 2005. Nel corso di quell'anno, si effettuava una riduzione del
40% del Fondo Único per lo Spettacolo, passando da 464 milioni a 300 milioni
di euro. Va anche detto che la scelta del govemo italiano di ddurre gli
investimenti per la cultura andava in controtendenza rispetto a quella di molti
paesi europei, Spagna, Francia, Gran Bretagna, in cui ¡'incremento degli
investimenti nel settore è sempre stato costante. II venir meno del sostegno e
investimento in un valore fondante l'identità italiana artistica e non solo, del
secólo corso, ha prodotto ulteriod impovedmenti collaterali. Un paese che ha
goduto e gode ancor oggi di un patrimonio di competenze e professionalità non
secondo a nessuno e che, per quanto riguarda il cinema, sembrava caduto in uno
stato catalettico, ha visto quasi spadre i fondi necessad per la soprawivenza dei
vari organi dello spettacolo dal momento che Berlusconi e i suoi ministri
considerano spettacolo e cinema vma spesa improduttiva per lo stato e non un
investimento cultúrale. E, soprattutto, vedono il cinema come una roccaforte
ancora nelle mani dei nemici politici che si puo combattere facendo venir meno i
viveri di prima nécessita. Certo gli sprechi ci sono stati, le clientele pure, ma
molti film che non hanno reso al botteghino segnano comunque il percorso
creativo del cinema italiano di questi anni e, in molti casi, hanno rappresentato
positivamente il paese in piccoli e grandi festival intemazionali ottenendone non
pochi riconoscimenti.
Proprio in quest'ottica, non puramente economicistica, vanno registrati
alcuni motivi di soddisfazione per l'accoglienza della mostra parigina su Fellini
(poi passata in Italia al Mambo di Bologna), per il recentissimo successo di
critica e pubblico di alcuni film sul piano intemazionale (di recente Newsweek
ha collocato La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana tra i dieci migliod
film del decennio appena trascorso"*), per 1' omaggio a Sergio Leone del Festival
Lumière di Lione, per le standing ovations ai capolavori del neorealismo del

^ David Ansen, "Most Memorable Movies" http://2010.newsweek.com/top-10/most-


memorable-movies/the-best-of-youth.html (consultato il 23 aprile2012).
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pubblico del Lincoln Center di New York, ma anche il successo al Festival di


Los Angeles di Happy Family di Salvatores; per i dconoscimenti ottenuti dagli
autori invitati a Berlino, da Ozpetek di Mine vaganti, a Io sono I'amore di Luca
Guadagnino, a Cosa voglio di più di Soldini, a La bocea del lupo di Pietro
Marcello, per il meritato premio a Elio Germano a Carines per La nostra vita di
Daniele Luchetti, per T accoglienza genérale da parte del pubblico italiano nei
confronti di alcuni titoli che mi affretterô tra poco a ricordare.
In questa sorta di altemanza bipolare tra stati di depressione ed euforia per
gli insuccessi e chiusure del mercato e i succès d'estime, per la constatazione di
una nuova creatività visibile e le crescenti restrizioni economiche, il presente
obbliga a dflettere sulle perdite come sulle appartenenze, sulle prospettive, sulle
radici, eredità, odzzonti, sul disincanto, ma anche sulle speranze.
Il quadro che voglio proporre è, da una parte, coperto da moite ombre;
dalTalfra, illuminato da non poche luci o fosfeni.

Oltre la sala
Prendiamo in considerazione le sale. La proliferazione malthusiana del 3D con
400 sale attrezzate che hanno rastrellato, con 11 titoli su oltre 500 in
distribuzione, il 10% degli incassi, ha sotfratto le sale più importanti al cinema
nazionale. Nelle città Temorragia delle sale è continuata (nonostante dal Fondo
Único per lo Spettacolo del Ministero siano stati tolti 3 milioni di euro da
assegnare al restauro di sale in centd con meno di 10.000 o 20.000 abitanti),
menfre si è assistito alia crescita costante dei multiplex colonizzati dal cinema
americano. È un dato di fatto che le nuove generazioni di spettatod non amano il
cinema italiano in sala e, se lo guardano, preferiscono usare canali per la visione
altemativi. Se da un lato è quasi impossibile per un film d'esordio andaré in un
multiplex, dalTaltro si accetta il dato che la sala non è più il luogo "sacro" e
único della visione cinematográfica e che i piccoli film possono trovare altri
percorsi e raggiungere pubblici consistenti attraverso i festival, i circuiti d'essai,
le televisioni, i canali satellitari, le vidéocassette, i DVD, Internet.... Se si
riprende a pensare a prodotti europei che nascano in un quadro di forze
produttive europee, ci si accorge che la vita di un piccolo film, potra, alia fine,
ripagare i produttori e consentiré loro di pensare a nuove awenture. Un piccolo
film puô vivere a lungo e raggiungere pubblici di tutto dspetto, al di ñiori della
sala. È il caso di // vento fa il suo giro di Giorgio Diritti, ma anche il film,
borderline tra documentarlo e fiction, di Pietro Marcello, storia d'amore tra un
carcerato e un transessuale che lo attende, ambientata nei caruggi di Genova e
costata meno di 100.000 euro.
D'altra parte il leitmotiv della presenza dominante del cinema americano è
confermato dai dati. Dal 2000 i film americani in prima uscita sfiorano ogni
armo le 200 unità, oscillando tra quote del 45% e del 70% del mercato. Negli
ultimi anni, anche se le quote si sono un po' ddotte a favore del cinema europeo.
Cinema italiano oggi: eredità, tradizione, orizzonti narrativi, forme deila speranza 37

la presenza crescente del 3D fa volgere la bilancia degli incassi a favore dei film
Made in USA.
In ogni caso, la rivoluzione del digitale in atto fa si che per Fera della
pellicola sia suonata l'ultima campana e per i prodotti in digitale, i cui costi
dsultano inferiori a quelli della pellicola, il mercato della sala non sia più lo
sbocco nattirale e si aprano gli immensi territori del consumo domestico. Questo
diventa ima carta a favore del cinema nazionale poichè favodsce la flessibilità in
atto del sistema aprendo immense possibilità al cinema di basso budget. In
questa prospettiva, certamente "piccolo è bello", ma bisogna anche riprendere a
pensare in grande a livello produttivo.

Nascita del federalismo produttivo: le Film Commission


Dagli anni ottanta Cinecittà non è più il luogo privilegiato della produzione
nazionale. Il progressivo decentramento produttivo ha visto, poco a poco, alcuni
registi uscire dai confini nazionali e, soprattutto per certe produzioni a carattere
storico che richiedevano mobilitazioni di masse considerevoli di comparse, si è
accentuata la realizzazione di buona parte, se non di interi film, nei paesi
dell'Est. Si prenda, come esempio. Cantando dietro i paraventi di Olmi, ma
anche il recente Barbarossa di Martinelli. I film italiani prodotti dalla
televisione girati nell'Europa Orientale sono decine. Se esaminiamo i dati degli
primi cinque anni dal 2000 scopriamo che su 591 film 142 sono in coproduzione
e, di questi, 75 in coproduzione maggioritada. L'arco dei paesi con cui si sono
verifícate delle coproduzioni è ampio e comprende, oltre alia Francia, Gran
Bretagna, Spagna e Germania, la Svizzera, l'Ungheria, il Portogallo, la Turchia,
la Romania, il Belgio, la Grecia, 1'Austria, 1'Albania. II futuro è destinato a
muoversi lungo questa linea, sia per i prodotti cinematografici che per quelli
televisivi.
II fenómeno nuovo e recente si registra quando, dalla fine degli anni
novanta, Cinecittà esplode come una cometa e nascono le Film Commission
regionali. In Italia la prima Film Commission nasce in Piemonte del 2000 e
presto gli effetti di una fiction televisiva come Elisa di Rivombrosa si vedono
dalla crescita esponenziale dei turisti che visitano il castello di Agliè. Una
recente ricerca della Fondazione Rosselli ha messo in evidenza come il
crescente sostegno produttivo da parte delle diverse Film Commission, dalla
Puglia al Friuli, dalla Sicilia al Piemonte, soppedsca ai tagli delle sowenzioni
da parte del Ministero. Tra il 2006 e il 2008 si registrano ben 2766 produzioni
che le diverse Film Commission hanno contribuito a far decollare sia nel campo
della finzione cinematográfica che in quella della Tv: per la precisione 447 film
destinati alie sale, 1190 documentari, 282 fiction, 9 soap opera, 150 corti, 440
spot e 240 videoclip. La sola Film Commission del Piemonte, che ha indicato la
strada a tutte le altre nell'arco di un decennio, ha sostenuto circa 350 produzioni,
creando possibilità di lavoro a circa 90.000 comparse, 2000 attori professionisti
e 5000 tecnici. La ricaduta sul territorio è stata valutata nell'ordine di 250
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milioni di euro. "A Torino", ha dichiarato il presidente della Film Commission


Steve Della Casa, "sta nascendo una generazione di addetti ai lavori, tecnici,
attori, cameramen che potrarmo dire la loro in ñituro". II Cineporto nato in
Piemonte consente, quando lavora a pieno ritmo, di ospitare fino a cinque
produzioni in contemporánea. Anche TApulia Film Commission ha lavorato
bene negli ultimi tempi nel Cineporto creato nelTarea della Fiera del Levante.
"Dal primo febbraio 2010, usando fondi europei, nascerà un circuito, curato da
noi" — ha dichiarato il presidente Qscar Jarussi — "di 20 sale impegnate in una
programmazione di qualità. Tanti piccoli Cinema Paradiso 11 dove di sólito
chiudono".^
In Puglia, quasi mesmerizzati dalla sua luce, solo negli ultimi mesi hanno
girato a Lecce Qzpetek {Mine vaganti); a Polignano a mare, Germaro Nunziante
{Cado dalle nubi); Nico Cirasola {Focaccia Blues) in varie località; Mario
Martone {Noi credevamo) nei castelli di Deliceto e Bovino; e ancora Michèle
Placido, Daniele Vicari e Alessandro Piva, Edoardo Winspeare e Alessandro Di
Robilant. "In Puglia si respira ancora il gusto e la magia del cinema"* ha
dichiarato la produttrice Donatella Botti.
Altre regioni che si sono mosse in questa direzione sono la Sicilia (che ha
prodotto film di Faenza, Pasquale Scimeca, Donatella Maiorca, Marco Amenta,
Angelo Longoni, Simona Izzo, oltre alia fortunatissimna serie di Montalbano
diretta da Alberto Sironi), ma anche il Friuli Venezia Giulia (dove hanno girato
Salvatores e Molaioli, Zaccaro e Tomatore, fino al recente film televisivo di
Paolo Turco La città dei matti, sulTesperienza psichiatrica di Basaglia), la
Toscana, TEmilia Romagna, la Basilicata, dove è stato appena realizzato con im
budget minimo Basilicata coast to coast di Rocco Papaleo, delizioso omaggio
alia tradizione della eommedia monicelliana e del road movie Americano, dove
dalla prima alTultima imagine la terra lucana entra non solo come semplice
product placement. E gli effetti sulTindotto económico non si sono fatti
aspettare.
E evidente che venendo a mancare le sowenzioni govemative il futuro della
produzione dovrà sempre più ricorrere al sostegno delle sowenzioni regionali
alie quali potra, in cambio, offrire grandi opportunità di ricaduta económica
moltiplicando per n volte ogni euro investito.
Inoltre se i registi non usano il territorio come semplice sfondo pubblicitario
ma, guidati dalla presenza numinosa di Zavattini valorizzano il paesaggio
cercando di coglieme l'anima (come ha insegnato a fare Qlmi o fa Piavoli e il

Giuseppina Manin, "Mappa dell'Italia che attrae le cineprese" in Corriere della sera
f24gennaio2010), p. 15.
Citato in Marco Spagnoli, "LOCATIONS / I Talenti che scelgono la Puglia" in Cinema
& Video Intemazionale, 1-2 (gennaio-febbraio 2010), http://www.cinemaevideo.it/
content/index.php?action=read_cnt&id_cnt=2501&tipo=libro (consultato il 23 aprile
2012).
Cinema italiano oggi: eredità, tradizione, orizzonti narrativi, forme della speranza 39

più giovane Diritti), o avvertendone, come aveva fatto Amelio, fin da // ladro di
bambini, la perdita, la realté che le mille e una Italia possono offrire alTocchio
della macchina da presa è ancora un patrimonio di sconfinate proporzioni, in cui,
pur nelTinevitabile registrazione del degrado (nel caso del recenti disastro
ecológico del Parco Lambro inondato da un fiume di petrolio, Olmi non ha
potuto fare a meno di reagire sulle pagine del Corriere della Sera^) è ancora
possibile ritrovare la bellezza, la storia, il ricordo lontano di un rapporto
armónico tra uomo e natura.

Cinema deipadri e cordoni ombelicali


Nel 2009 sono uscite sul mercato 355 nuove pellicole di cui meno d'un terzo
italiane, Tanno precedente sono state prodotte 123 opere italiane e coprodotte
31. Di queste, una cinquantina ha ottenuto i contributi statali, ma il mercato
premia solo qualche tipo di pellicola e, in genere, le commedie prodotte in
occasione delle feste natalizie. Se pero allarghiamo lo sguardo alie société
cinematografiche di produzione, distribuzione ed esercizio, iscritte alTalbo
nelTultimo decennio, colpisce il numero di imprese registrate (quasi 7000 nel
2007 di cui attive ben 6500); imprese che, con ogni probabilité, non durano
neppure lo spazio di un film e che per anni redigono i bilanci d'esercizio in cui
le voci hanno soprattutto un valore simbólico, ma non vengono cancellate, data
la difficolté delTiter burocrático per Tiscrizione. Poiché i numeri a disposizione
portano a una sovrastima della situazione reale diventa pressoché impossibile
fondarsi su dati certi, ma è comunque possibile distinguere tra aziende in letargo
o virtuali (quasi 2000), piccole imprese individuali con un giro d'affari che non
supera i 300 mila euro, imprese che raggiungono fatturati da un milione di euro,
quelle che raggiungono i 5 milioni e le produzioni dominanti, costituite da RAÍ e
Mediaset e da poche altre, che superano i 200 milioni annui.
Se Tindustria cinematográfica resta un settore in costante difficolté
económica, soprattutto per quanto riguarda il settore produttivo, anche solo a
scorrere Telenco di alcuni film della presente stagione e senza voler entrare, in
prima battuta, nel mérito della qualité, la sensazione è quella di un cinema
tutt'altro che in camera di rianimazione, un cinema che si interroga di nuovo, e
con forza, sulle proprie radici e identité, che aspira alia globalizzazione, vuole
riprendere il posto che gli compete sul piano intemazionale, affiancando ai
maestri autori giovani dotati d'una personalité ben individuabile, più liberi dai
condizionamenti ideologici e al tempo stessi più coinvolti dalTesigenza di
affrontare tematiche civili alia luce di un'etica capace di guardare, prima di
tutto, al bene comune.
Penso subito a Baària di Tomatore, prodotto dalla Medusa con uno sforzo
produttivo che non ha eguali negli ultimi anni (35 milioni di euro, due anni di

' Ermanno Olmi, "II Lambro, il Po e la nostra stupidité" // Corriere della Sera, 25
febbraio 2010, p. 001.029.
40 Gian Pietro Brunetta

dprese, una ricostruzione in Tunisia di una copia perfetta di Bagheria, la città


del regista), che mostra un cinema ancora capace di pensare in grande e che, in
qualche modo, sembra voler riprendere, rivolgendosi ad un ideale spettatore
sparso in tutti i continenti, in chiave di stoda ambientata in Sicilia e vissuta in
un'ottica fortemente autobiográfica, il Novecento di Bertolucci. Non tutto
convince in questo affresco, che nel suo gigantismo e nel potente respiro épico,
tocca corde profonde ed intime del regista (forse perché troppo "invaso" dalla
música di Morricone, o perché troppo preoccupato di restituiré in senso
mimetico ogni suono, rumore, colore, odore, profiimo, gesto), ma di sicuro
colpisce la rivendicazione del senso d'appartenenza della storia siciliana alla
storia d'Italia tra fascismo e anni di piombo e l'omaggio al sogno utópico di
milioni di italiani che harmo creduto nella possibilità di cambiare le cose nella
società ed hanno inseguito per tutta la vita le loro piccole o grandi utopie.
Partendo da memode individuali e di famiglia Tomatore vuole tomare a fare
dello schermo il luogo positivo e privilegiato di una memoria italiana condivisa,
fatta di dolore, sangue, fame e miseria, ma anche di grande volontà di costruire
per il bene di tutti e in fùnzione di un futuro migliore.
Nessuno degli autori di un film degli ultimi anni, come vedremo, sembra
voler recidere il légame con la tradizione dei maestri. Qualche anno fa, vedendo
opere come // caimano di Moretti, // regista di matrimoni di Bellocchio, Anche
libero va bene, film d'esordio di Kim Rossi Stuart o L'amico di famiglia di
Paolo Sorrentino, si poteva cogliere subito il dnnovarsi dei processi di
metabolizzazione della lezione del cinema italiano del passato, da Fellini per
Moretti, a Visconti per Bellocchio e a De Sica per Kim Rossi Stuart fino alla
tradizione della commedia all'italiana per Sorrentino. Questi film ci davano
ancora il senso, più che della presenza di un cordone ombelicale col cinema del
dopoguerra, del trapianto di una quantità di cellule staminali che garantivano a
un corpo malato la possibilità e la speranza in una ripresa di piena vitalità. Per
molti film degli ultimi anni, si ha l'impressione di trovarsi ancora di fronte a una
sorta di ágape, di banchetto ininterrotto con il corpo mistico e il sangue di
Rossellini, Zavattini, Visconti, Rosi, Fellini, Antonioni, Olmi e Pasolini. Ad
esempio, con Le Quattro volte il giovane Frammartino fa rivivere, non nelle
forme facili del citazionismo, ma come vera e propda transustanziazione del
modo di narrare di De Seta o Luigi Di Gianni nel suo modo di usare la macchina
da presa come elemento vivente, testimone della coesistenza di tempi, cicli e
forme di vita indipendenti e connessi in uno stesso spazio.
Dal canto loro, i film di Bellocchio e Moretti costituiscono una rifiessione
importante e una presa d'atto delle restrizioni delle misure di scala del cinema
italiano, dell'impossibilità di pensare di confrontarsi oggi col cinema di Visconti
o Fellini e soprattutto con le loro possibilità produttive per un giovane autore.
Ma questi film sonó anche una diehiarazione di fede nelle possibilità
affabulatode e di testimone del cinema all'interno di un paesaggio produttivo e
tecnológico del tutto nuovo, inimmaginabile solo alcuni anni fa.
Cinema italiano oggi: eredità, tradizione, orizzonti narrativi, forme della speranza 41

Più di tutti il fantasma di Pasolini continua a far sentiré la sua presenza in


modo pervasivo nelTopera dei giovani scrittori e in quella di molti registi da
Giordana ad Amelio fino a Diritti, mentre in passato si notava in Corsicato,
Martone, Capuano, Cipri e Maresco, Grimaldi. Corsicato, tomato al cinema
dopo sei anni di silenzio con // seme della discordia, non sembra aver alcuna
intenzione di tagliare il cordone ombelicale col cinema di Almodovar con cui ha
iniziato la carriera da aiuto regista. Se il mondo di Pasolini ha segnato in modo
visibile più di un campo della cultura degli ultimi decenni, non sono pochi i
legami e le eredità cinematografiche sottintese o che vengono esplicitamente
riconosciute anche oggi, da quelle in genérale della poética ed etica del
neorealismo (si veda inizio e fine di Sangue pazzo di Giordana) a quelle più
specifiche di De Sica, Fellini, Antonioni, Germi, Rosi, De Seta, Olmi ai maestri
della commedia. Come, poi, non riconoscere il ritomo delTombra di Visconti,
non solo per Tinfiuenza sul cinema di Scorsese, ma anche per il debito che si
pu6 notare in Tomatore, in Ozpetek, o nel più giovane Guadagnino che assume
come secondo nume tutelare anche Bertolucci. Fellini, fin dal nome del
protagonista in crisi creativa, Guido, proietta la sua ombra su Giulia non esce la
sera di Giuseppe Piccioni, film di cui si awertono anche non pochi sentori
antonioniani. E fa sentiré anche la sua presenza in Happy Family di Salvatores
se non altro, banalmente, per Tapparizione di Sandra Milo. Carlo Verdone usa i
generi popolari; più perô che alla commedia di Monicelli, Comencini, Risi e
Scola e ai modelli del cinema di Sordi nel suo ultimo film Io loro e Lara,
sembra ispirarsi a Eduardo De Filippo di Napoli milionaria. L'Italia degli anni
duemila, di cui alcuni caratteri comuni sono ben rappresentati dalla sua famiglia,
appare al missionado in crisi di dtomo dalTAfrica come un paese devastato,
ricoperto di macerie, con poche speranze di rinnovamento. In questo film, della
sua piena maturité d'attore e regista, Verdone sembra voler riannodare i fili con
tutta la tradizione del cinema italiano e della grande arte attoriale. Su un registro
diverso, ma ponendosi di fronte a un paesaggio di rapporti sociali e umani
contemporáneo non molto dissimile, in cui il mondo di colpo crolla addosso ai
protagonisti di L'ultimo bacio, giunti aile soglie dei quarant'anni, si pone
Muccino di Baciami ancora. Muccino ha rafforzato, grazie ai successi dei film
girati in America, la sua capacita di dirigere gli attori, di raccontare in modo
fluido, di collegare in modo coerente i fili di moite storie, forse pensando anche
ad Altman, oltre che alla tradizione della commedia, in una frama e un ordito
narrativo fatto di moite scene madri e di continui e più o meno prevedibili colpi
di scena.

Storie di famiglia
Da Verdone a Rubini, da Tomatore a Ozpetek, da Avati a Virzi, da Amelio a
Veronesi a Salvatores a Soldini, a Luchetti e alla più giovane Nina di Majo di
Matrimoni e altre catastrofi, senza contare gli esempi precedenti di Moretti del
Caimano, altro elemento connettivo è quello della famiglia, della sua
42 Gian Pietro Bnmetta

disgregazione in apparenza irreversibile, della sua forza, dei suoi poteri


distruttivi ma anche della sua capacita salvifica. Tutta declinata al negativo è la
rappresentazione della famiglia di Un giorno perfetto di Ozpetek: ipocrisia,
menzogne, solitudine, tradimenti, violenza materiale e morale, assenza di
qualsiasi senso di solidadetà e di capacita di uscire dalla dimensione dell'io,
sono solo alcuni elementi di un paesaggio in cui sembrano assenti gli spiragli di
luce. Diverso il film successivo, girato in Puglia, con il quale Ozpetek tenta di
dscoprire la famiglia tradizionale. È un film che gioca sugli stereotipi e sul
bisogno di rimetterli in discussione, di rimisurare tutti i rapporti serenamente e
gioiosamente, pensando al bene dell'individuo, ma anche ai nuovi equilibri
sociali, aile sfumature e a nuove combinatorie possibili nei rapporti affettivi,
sentimentali e sessuali. Salvatores gioca invece con grande leggerezza e senza
complessi con il Pirandello dei Sei personaggi, immettendoci in una storia ideata
da uno scrittore/sceneggiatore insicuro e pieno di fobie che porta lo spettatore a
contatto con il suo laboratorio creativo e, ad un certo punto, viene a sua volta
risucchiato alla stoda ed eterodiretto dai personaggi. C'è un piacere nella
sperimentazione che trova forse il momento più alto nel modo in cui interpreta e
accompagna visivamente — quasi facendo sua settant'anni dopo la lezione di
Mary Ellen Bute — l'esectizione dei nottumi di Chopin ritrovando tma Milano
nottuma in bianco e nero, mágica, in apparenza deserta, ma abitata dalle cose,
dai palazzi, dai mezzi di trasporto e quindi piena di vita. Ozpetek e Salvatores
giocano anche coi ruoli e ad un certo punto affi-ontano entrambi il tema della
morte con spidto epicúreo, portando personaggi e spettatore a una serena
dfiessione sul tempo del vivere. Con la morte, il destino, l'elaborazione del lutto
e i modi in cui la vita puó e deve continuare, si misura anche Luchetti in La
nostra vita, muovendosi in tma realtà che presenta un'emorragia inarrestabile di
valori e che puó ritrovarli propdo ricorrendo ai forti vincoli di un familismo che
offre anche la possibilità di recuperare tma qualche rotta dell'etica perduta.
Siamo comunque in una dimensione in cui il pubblico, il senso civico, il
rispetto delle leggi esteme e interiori appaiono come realtà residuali di altre ere.
L'unica salvezza possible è nel privato. Se la scelta stilistica di Luchetti che più
colpisce è quella di un uso della macchina da presa che, da subito, cerca di avere
un contatto forte con i suoi personaggi e di catturare l'anima del protagonista nel
suo tentativo di rifarsi contro la ferocia del destino, muovendosi in modo caótico
e disperato dentro a vari spazi dell'illegalità, Soldini, con Cosa voglio di più,
racconta una piccola storia di comune adulterio stabilendo a sua volta un
rapporto rawicinato con i corpi dei suoi due protagonisti, con la forza
irresistibile della passione física, ma anche con il loro dover fare i conti con la
vita vera di ogni giomo all'estemo della squallida camera di motel dove si
incontrano appena possono. Grazie ad alcuni sceneggiatod, da Rulli e Petraglia
a Doriana Leondeff, si ritrova quasi il piacere di raccontare storie comuni con
dtmi e prosodie di ima dolente épica quotidiana che non rinuncia a interrogarsi
sul senso del vivere, che ricorre a una rappresentazione antieroica, in cui si ddà
Cinema italiano oggi: eredità, tradizione, orizzonti narrativi, forme della speranza 43

spazio ai sentimenti, ai valori, alia forza dei legami che constata, con toni ora
drammatici, ora amari, ora agrodolci, la scomparsa del senso civico e il trionfo
delTindividualismo e del privato. C'è come un nuovo lavoro di scavo e di
perlustrazione di rapporti vecchi e nuovi tra le mura domestiche di cui si sta
facendo carico la generazione dei quarantenni e cinquantenni, cercando di
ritrovare oltre la superficie immediata del riso nuove profondità di senso legate
alla società presente. L'ultimo film di Veronesi, Genitori e figli..., eommedia
amara sulla difficoltà dei rapporti di oggi in famiglia e fiiori, gioca a sua volta
con gli stereotipi del genere di cui ne awerte Tinsufficienza, senza perô riuscire
a liberarsene. II film registra il collasso tra i modi di comunicazione
generazionale, ma anche dà voce ai giovani con un'attenzione che i film di
successo di questi anni, tratti dai libri di Moccia non avevano affatto. La crescita
delTattenzione per i problemi delle generazioni che affrontano i primi problemi
sentimentali e si affacciano sul mondo del lavoro, cercando di rendersi autonomi
senza tuttavia voler crescere, è un ulteriore segnale dei mutamenti in atto nel
cinema che si muove nel grande álveo delTeredità della eommedia. Questo
cinema sembra andaré alia ricerca di autori nuovi, di nuove modalità produttive,
di una nuova sintonia con la letteratura contemporánea con cui si sono creati
rapporti assai produttivi (di cui non intendo occuparmi in questa sede), di nuovi
volti e di nuove forme di affabulazione, ma deve soprattutto fare i conti con un
pubblico nuovo e diverso rispetto a quello che determinava il successo della
eommedia negli anni sessanta.
In genere evito di prendere in considerazione le osservazioni di giomalisti
prestati alia critica cinematográfica, ma Curzio Maltese ha fatto su la
Repubblica, parlando di questo film, un'osservazione da non cestinare: "Gli
italiani di oggi non sembrano più altrettanto disponibili a guardarsi nello
specchio come lo erano nei decenni passati".^ Perô il cinema non rinuncia a
giocare con gli specchi e le sue possibilità affabulatorie.

Piccole luci di speranza


Altro denominatore comune a tutti i film recenti, pur diversissimi tra loro, è il
bisogno di indicare un punto di luce in fondo al tunnel, una via d'uscita in una
situazione di perdita di tutte le bussole morali e ideologiche, di trasmettere, al di
là di qualsiasi situazione caótica, drammatica o trágica, un segno di speranza.
Questo vale per Verdone come per Virzi, per Muccino, per Qzpetek, per
Luchetti, per il giovane Marco Pontecorvo, come per Avati degli Amici del bar
Margherita e del recente II figlio piii piccolo, vero elogio delle anime candide,
degli "idioti" e dei poveri di spirito da contrapporre a un mondo in cui il nuovo
decálogo che regola tutti i rapporti sociali sembra basarsi sul gioco delle

* Recensione, Curzio Maltese, "Genitori e ñgli". La Repubblica, 24 febbraio 2010,


http://trovacinema.repubblica.it/film/critica/dettaglio/genitori-figli-agitare-bene-prima-
delluso/386303/387846 (consultato il 23 aprile 2012).
44 Gian Pietro Brunetta

maschere, sulla disonestá, sul disprezzo delTaltro e delle leggi. Ma vale anche
per Salvatores del nerissimo e disperato Come Dio comanda (a cui segue in
perfetta controparte la luminosa commedia Happy Family, tutta giocata sulla
leggerezza e sui molti omaggi dalla tradizione della commedia a Fellini, come si
è detto, a Woody Allen, a Bunuel, agli omaggi privati e personali, ai richiami del
pensiero stoico ed epicúreo con la splendida riñessione sulTetemité del mare)
come per la fragedia della strage di Marzabotto raccontata da Giorgio Diritti nel
suo secondo film, L 'uomo che verra.
Il canto che chiude il film di Diritti, una ninna nanna intonata dalla piccola
Martina, per il fratellino appena nato che lei ha salvato, nascondendolo nel
bosco e trovandogli un po' di latte e che ora tiene tra le braccia, è uno straziante
e palpitante inno alia vita. Per tutto il film Martina non ha pronunciato una sola
parola, ma atfraverso i suoi occhi innocenti in cui si è depositata in maniera
incancellabile la vicenda di cui è stata vittima la piccola comunité di Montesole,
sui Monti di Marzabotto nel 1944, riviviamo oggi fino al suo climax, la fragedia
della sfrage compiuta dalle SS di una comunité di ben ottocento persone, fra
donne, uomini e bambini. Il film racconta questa cameficina, mostrandoci
Tindifferenza della morte al lavoro, muovendosi con calma, all'inizio, nei tempi
circolari del mondo contadino, ricostruendone i ritmi secondo la lezione di Ohni
e Pasolini e immettendo, in questi tempi, quelli lineari e irreversibili della storia
in cui, per il fatto di indossare una divisa, persone qualsiasi e normali si
frasformano di colpo in assassini spietati, in belve umane. Diritti non si pone nel
fiusso della storia indossando le vesti del giudice, non prende posizione pro o
confro, ma effettua una vera e propria ^ / / immersion nel mondo rappresentato;
mondo fatto di valori solidi, che ci fa sentiré Timportanza di ogni gesto, la
ricchezza racchiusa in quel povero mondo contadino e porta anche noi, grazie
alia geniale capacité di ricostruzione di ambienti di Giancarlo Basili,
sinesteticamente dentro a questo mondo, nella sua dignité, nella sua moralité
religiosa e nel patrimonio dei suoi affetti.
Qualcosa di simile alio spirito che ha animato Tomatore, ma con risultati
meno felici, si pu6 rifrovare ne // grande sogno di Placido, sempre prodotto
dalla Medusa, ambientato nel 1968, fra sogni individuali di riscatto dal mondo
contadino e sconfri tra pulsioni rivoluzionarie e sentimentali, confraddizioni di
classe e impossibilité di conciliare le ragioni del cuore e della politica.
Pur raccontate con regisfri diversi e con un'interessante rifiessione
metalinguistica sul cinema, passando dal cómico, al melodrammatico alia
fragedia, le storie appena ricordate vogliono spingerci a riconoscere di quei
particolari awenimenti e di quei personaggi i segni di una storia più grande che
giunge a lambire il presente, imponendo domande più che offrire risposte.
E interessante notare la contaminazione stilistica e lingüistica, la perdita dei
confini fra cinema di finzione e documentado, la mescolanza dei regisfri e un
ritomo d'attenzione per i generi, a cui da decenni il cinema d'autore sembrava
aver voltato le spalle. Da Salvatores a Mazzacurati, da Giordana a Capotondi, da
Cinema italiano oggi: eredità, tradizione, orizzonti narrativi, forme della speranza 45

Martone a Bellocchio, da Muccino ad Avati, da Verdone a De Maria a Molaioli


della Ragazza del lago, negli ultimi anni i generi si daffacciano e contdbuiscono
a ridare fiducia al cinema, consentono alia tradizione di mostrare la sua vitalità e
la sua capacita di adattarsi alle nuove condizioni produttive e narrative.
Con i gened e la storia si confronta anche l'ultimo film di Marco
Bellocchio, Vincere. Si fratta della ricostruzione d'una vicenda cancellata per
volontà del dittatore: quella della prima moglie e del figlio di Mussolini, di cui
lui stesso, una volta giunto al potere, cerca di disfarsi, confinando la donna in un
manicomio e affidando il figlio a un'altra famiglia, che ne copre la vera identità.
Oltre a servirsi in maniera originale di materiali d'epoca, film e documentari
Luce, montati da Francesca Calvelli, e confermando le sue doti di direttore
d'attori, Bellocchio vuole spingere a una riflessione sulla periodicità dei modi e
dei mezzi con cui si esercita il potere, ied come oggi, innovando i propri modi
narrativi, servendosi di moduli melodrammatici, a cui aveva fatto ricorso
Giordana con Sangue pazzo, ricostruzione della parabola della coppia divistica
Osvaldo Valenti e Luisa Ferida, della loro passione travolgente e dell'effimera
scalata al successo. Ambientati nella prima parte del Novecento, questi film
colpiscono anche per la capacita di mostrare concordanze e cordspondenze con
l'oggi.
Ispirato a un episodio mai esplorato fino in fondo della vita di Puccini è
Puccini e la fanciulla di Paolo Benvenuti, film in cui il regista, dopo una
rigorosa documentazione su fonti e testimonianze inédite, esplora nuove
possibilità del racconto per immagini, in cui il rigore formale e la scelta di
rinunciare del tutto alla parola, puô produrre spaesamento nello spettatore, ma
anche vera e propria sensazione di ammirato stupore per la densità e ricchezza
semántica e la miniera di dmandi iconografici in ogni scena o inquadratura.
Benvenuti è, assieme a Piavoli, un punto di riferimento indispensabile per gli
autori giovani che vogliono considerare il lavoro cinematográfico ancora come
un terreno di ricerca e sperimentazione.
Ispirato invece al libro del terrorista Patdzio Peci, è Prima linea di Renato
De Maria, che cerca di intrecciare con equilibrata distanza la stoda d'amore di
due terrodsti, la follia che sembrava guidare le loro azioni distruttive e il
fallimento del loro sogno di attacco alie istituzioni dello Stato. Lo sforzo di
evitare ogni tipo di coinvolgimento e di concatenare le azioni non impedisce di
cogliere il senso complessivo del fallimento per la mancanza di ideali e di
motivazioni nel progetto terroristico, sia genérale che di quell'ultima frangia
residuale. Tra i non molti titoli che hanno affrontato il tema, da Colpire al cuore
di Amelio ai film di Giordana, Bertolucci, Bellocchio, ecc, questo piccolo film
ha richiamato l'attenzione anche per il suo uso pubblico al momento del lancio
(negli ultimi anni era già successo con // caimano di Moretti, Gomorra di
Garrone e // Divo di Sorrentino) e le molte polemiche e prese di posizione non
in fùnzione di un discorso critico cinematográfico. Questo fenómeno, che non
piace al critico cinematográfico, puô essere letto come una dappropriazione di
46 Gian Pietro Brunetta

poted a cui la televisione sembra aver dnunciato e una dvendicazione di


identità.
Anche La prima cosa bella di Paolo Virzi deompone i frammenti d'una
petite histoire événementielle di una mamma insofferente nei confronti dei
vincoli della soeietà italiana anni sessanta-settanta che, a suo modo, si dbella e
cerca di trovare se stessa, condizionando pero per sempre il destino dei figli, per
farci dflettere sulToggi, sulla soeietà liquida, sulla fragilità dei sentimenti e sulla
persistenza di legami che anche le circostanze più awerse non spezzano. Se nel
film di Tomatore Tatmosfera è restituita dai colod, odod e suoni, menfre le
musiche si sovrappongono e invadono e odentano lo spazio emotivo dello
spettatore (qualcosa del genere awiene anche in Ozpetek che usa vade musiche
note per accrescere il climax emotivo), in quello di Virzi le musiche ne
costituiscono quasi l'anima profonda, Telemento sentimentale guida del film.
Rápidamente possiamo ancora citare opere diverse, di buona qualità, che si
concenfrano sui drammi individuali come ha fatto Cdstina Comencini in Lo
spazio bianco, cercando di esplorare quella zona incerta tra speranze e
disperazione di una neomamma che assiste alla lotta per la soprawivenza della
propda flglia nata prematura e tenuta in vita in un'incubatrice. Tra i titoli
notevoli o degni d'attenzione si dcordano Happy Family di Gabdele Salvatores,
L 'uomo ñero di Sergio Rubini, La nostra vita di Gabdele Luchetti, Mine vaganti
di Ferzan Ozpetek, Viola di mare di Donatella Maiorca, lo e Marilyn di
Leonardo Pieraccioni, Piombofuso di Stefano Savona (girato con la telecamera
di un telefonino) premiato a Locamo. Esordi o opere seconde come Good
Morning Aman di Claudio Noce, La doppia ora di Giuseppe Capotondi, Oggi
sposi di Luca Lucini, Videocracy di Edk Gandini, Dieci inverni di Gaetano
Mieli, Pa-ra-da di Marco Pontecorvo, Cosmonauta di Susanna Nicchiarelli, //
colore delle parole di Marco Simon Puccioni, Cado dalle nubi di Gennaro
Nunziante (alT 8° posto della classifica degli incassi del 2009) e il già citato La
bocea del lupo di Pietro Marcello che ha ottenuto un premio al Festival di
Berlino.

Dagli Appennini al Mato Grosso


Dopo gli anni novanta, sembra daffiorare Tesigenza di dmisurare i rapporti col
mondo da parte delTIndividuo, che, di colpo si frova proiettato in una situazione
di imprevedibile caos della Stoda, di crollo delle idéologie e del bisogno di
reinterrogarsi sul senso del vivere e su quello di appartenenza e identità. Sono
gli anni della dpresa d'un nuovo impegno culttirale e civile, del bisogno di
dappaesamento in un paese che si sta perdendo e insieme delTesigenza di
duscire a costruire ponti verso alfre realté. Sono gli anni della dconquista dei
valod, dei poted dello sguardo, di una sorta di verginité visiva che consenta,
come nel dopoguerra, di vedere le cose come se fosse per la prima volta e della
capacité di comunicare con le immagini, anche in mancanza di appropdati
stmmenti linguistici. In una realté in cui un individuo terremotato si aggira in
Cinema italiano oggi: eredità, tradizione, orizzonti narrativi, forme della speranza 47

solitudine, tra macerie di ogni tipo, si riconosce tm'esigenza comune, che invita
a ritrovare e dmettere insieme sentimenti, forme di comunicazione elementare,
capacita di aprirsi e spingersi oltre frontiera, di riportare in campo valori che si
ritengono perduti.
COSÍ, assieme al decentramento realizzativo e produttivo, si assiste a tma
potente spinta di allargamento e alia dislocazione dei teatri dell'azione, alia
creazione di ponti ideali, al bisogno di confrontarsi con l'Altro per ritrovare
un'identità sempre più sfùggente: autori di diverse generazioni, da Fabio Carpi
ad Amelio, da Olmi a Valeria Bnmi Tedeschi, da Crialese e Saverio Costanzo a
Francesca Archibugi e Marco Bechis, hanno scelto il mondo come set. Li ha
spinti non la lógica della nécessita della delocalizzazione per conteneré i costi, o
per trovare dei luoghi e delle facce ormai scomparsi nell'Europa occidentale e
tanto meno una perdita del senso di identità nazionale, ma una diversa
percezione di questa identità e dei nuovi problemi con cui ci si deve misurare e
la metabolizzazione di una pulsione maturata nel tempo: l'esempio di Amelio
che, agli inizi degli anni novanta, è andato in Albania a girare Lamerica ha avuto
una funzione trainante nell'affabulazione dei decenni successivi. Negli ultimi
dieci anni non si è trattato solo di trovare delle location esotiche per risparmiare
suUe spese. Olmi ha scelto il Montenegro come set per Cantando dietro i
paraventi, Bemardo Bertolucci è tomato a Parigi per girare The Dreamers,
ambientato nel '68, Gian Vittorio Baldi è andato a Serajevo per girare
Nevrijeme-Il temporale, film mai uscito in sala. Marco Bechis, fin dai primi anni
novanta, aveva ambientato il film d'esordio in Patagonia per poi girare in
Argentina i titoli più recenti, fino a La terra degli uomini rossi ambientato in
Brasile nel Mato Grosso do Sul. Fabio Carpi ha fatto attraversare l'Europa ai
due protagonisti di Nobel IGnobel, Daniele Luchetti ha girato in Grecia Dillo
con parole mie, e Francesca Comencini, ha voluto ambientare in parte negli Stati
Uniti la torbida vicenda di abusi familiad di La bestia nel cuore. Al sogno
americano di milioni di emigrati italiani Emanuele Crialese ha dedicato
Nuovomondo. Vittorio De Seta, dopo tm trentennio di inattività, ha girato, tra
infinite difficoltà, Lettere dal Sahara, un film suU'odissea degli immigrati
clandestini che con natanti di fortima affrontano il viaggio dalle coste afi-icane a
quelle siciliane per poi muoversi in un paese ostile come animali braccati.
Amelio ha girato in Germania Le chiavi di casa e in Ciña La Stella che non c 'è.
Marco Pontecorvo ha ambientato a Bucarest il suo Pa-ra-da, omaggio ad un
artista da strada e al suo tentativo di salvare decine di bambini da tm destino di
miseria, droga e prostituzione.
Enzo Monteleone era andato qualche anno fa in Afi-ica per ricostmire la
battaglia di El Alamein e Francesca Archibugi per Lezioni di voló ha tentato di
far interagire la vicenda dei suoi protagonisti con la realtà dell'India. Anche
Private, di Saverio Costanzo, girato in territorio palestinese, con una troupe
ridotta all'osso, puó essere preso ad esempio di tm cinema che sta ritmovandosi
e ha le carte in regola per affrontare le sfide del cinema intemazionale. Luigi
48 Gian Pietro Brunetta

Cecinelli per Visions, suo film horror d'esordio, è andato a girare negli Stati
Uniti.
Molte anime coesistono dunque nel cinema italiano oggi; una localista,
Taltra che vuole sentirsi parte della nuova comunità europea, una che vuole
spingersi aU'incontro con immaginari diversi non più ignorabili, una che
prospetta la fiisione tra culture e mondi diversi...

Un nuovo paesaggio autoriale


II nuovo paesaggio autoriale, oltre a confortarci per un profondo rinnovamento
in atto, include registi di varie generazioni che sembrano aver finalmente trovato
piani e punti d'appoggio comuni, come non succedeva nei decenni precedenti.
Si ricordano registi ancora attivi, come Maselli (che con Le ombre rosse sembra
ancora volersi serviré del cinema per fare un'autocritica politica in stile PCI anni
cinquanta sui fallimenti dei vari movimenti a sinistra del Partito Democrático) o
Lizzani, o i fratelli Taviani, o Tinto Brass che sta cercando di trasformare in 3D
il suo Caligola degli anni settanta, o De Seta, Piavoli, Quilici e Qlmi, nonostante
le sue dichiarazioni di voler uscire di scena; o iperattivi come Avati, in grado di
portare a termine uno o due titoli Tanno, o capaci di esercitare un ruólo
magistrale, come Bellocchio o Amelio, e soprattutto una fitta schiera di autori
ben individuati e distinti nel territorio, da Moretti a Giordana a Salvatores, da
Tomatore a Soldini a Paolo Benvenuti, a Mimmo Calopresti, a Marco Bechis a
Davide Ferrado, Francesca Comencini, Monteleone, Piccioni, Martone,
Mazzacurati, Placido, Luchetti, Qkpetek ... E conforta non poco constatare che
s'ingrossa sempre più la schiera di autori più giovani o giovanissimi su cui vale
la pena di investiré e che già con le loro opere prime hanno mostrato un talento e
una personalità degne d'attenzione. Pensó ad Antonello Grimaldi di Caos
Calmo, Salvatore Mereu di Sonetàula, a Riccardo Milani di Piano, solo, sulla
breve vita del geniale pianista Luca Flores, a Giarmi Zanasi di Non pensarci, a
Marco Pontecorvo di Pa-ra-da, ad Arma Negri di Riprendimi, a Giarmi di
Gregorio di Pranzo di Ferragosto, a Michelangelo Frammartino, che dopo il
sorprendente // dono conferma il suo talento con il secondo film Le quattro
volte, dove la macchina da presa diventa creatura, organismo vecchio e nuovo,
dotato di cuore e anima, di sguardo plurimo, creando una creatura ibrida capace
di sintonizzarsi e connettersi con i ritmi e le manifestazioni sensibili di tutte le
forme viventi e di riscrivere quasi seicento anni dopo un nuovo Libro della
natura in forma audiovisiva. Pensó poi a Emanuele Crialese, Stefano Pasetto,
Salvatore Maira, Daniele Gaglianone, Marco Turco, Valerio Jalongo, che ha
tentato col documentario Di me cosa ne sail di fare il punto sul cinema italiano
e sulle sue crisi presenti e passate, sulla grandezza della Hollywood sul Tevere e
sulla scomparsa delle sale urbane e sulTangoscia che prende chi si spinge
alTintemo di Cinecittà difi-onteal Teatro cinque dove frotte di ragazzine urlano
e invocano i loro divi che partecipano alia trasmissione Amici di Maria De
Filippi e dichiarano "Fellini, no' so chi sia...". Ma pensó inoltre a Saverio
Cinema italiano oggi: eredità, tradizione, orizzonti narrativi, forme della speranza 49

Costanzo, Alina Marazzi di Un 'ora sola ti vorrei e Vogliamo anche le rose, che
partendo da film di famiglia e materiali d'archivio, riesce a ricostmire storie
collettive dove investimento emotivo, créativité e originalité non enfrano in
confiitto con la cura e Tesattezza nella documentazione e nella selezione dei
materiali. E come non ricordare Sabina Guzzanti che, dopo alcune prove non
proprio convincenti, con Draquila affronta Tinchiesta sul dopo terremoto
delTAquila, fomendo alio spettatore non pochi elementi e documenti (fra cui
quello della telefonata agghiacciante tra due costmttori-awoltoi che, a caldo, a
terremoto avvenuto da pochi minuti, descono a gioire per il bottino che si
prospetta loro) per capire come giomo dopo giomo, in maniera quasi
inawertibile, ma progressiva e irreversibile, si stiano minando le basi della
costituzione della Repubblica italiana muovendo il paese verso forme di
limitazione delle liberté personali e di modifica dei poteri di cui nessuno sembra
rendersene ben conto. Il sinossi del film di Guzzanti evidenzia che: "Per i
privilegi di pochi, per le leggi ad personam, per Tappropriazione indebita dei
fondi pubblici, per la cormzione, per le caste, per i servizi negati ai cittadini, per
la speculazione edilizia, TItalia frema e si sgretola lentamente".' Va a medto
della regista aver contenuto la presenza delTatfrice e del suo fregolismo e aver
tentato di realizzare un buon esempio di cinema di analisi partigiana, magari non
condivisibile in tutto, ma che va a toccare dei sensi di cittadinanza e di etica
civile che sembrano sempre più a rischio di spadzione.
È necessario soffermarsi per un attimo anche sul familismo
cinematográfico, altro elemento di aggregazione fra le vade generazioni: un
gmppo consistente di nuovi sceneggiatori, scenografi, operatori e direttod delle
luci, e soprattutto attori ha modificato in maniera profonda il paesaggio
realizzativo e si muove con molto senso di appartenenza e capacité di
adattamento ai modi di registi differenti; alia dnfiisa ricordo in pdmis Valeria
Golino, che ha avuto più di tutte le atfrici della sua generazione la capacité di
credere nei giovani registi, Monica Bellucci, star intemazionale, Francesco
Favino e Riccardo Scamarcio, Alessio Boni, Luca Zingaretti, Margherita Buy,
Valeria Bruni Tedeschi, Stefano Accorsi, Raoul Bova, Kim Rossi Stuart, Laura
Morante, Toni Servillo, Alessandro Gassman e Filippo Timi, Caterina Murino,
Valedo Mastandrea, Neri Marcoré e Isabella Ferrad, Vittoria Puccini, Alba
Rohrwacher, Valeria Solarino, Maya Sansa, Giovanna Mezzogiomo, Daniela
Piazza, Stefano Dionisi, Jasmine Trinca, Luca Argentero, Laura Chiatti, Barbara
Bobulova, Alessandro Preziosi, Nicole Grimaudo, Elio Germano, Claudio
Santamaria, Fabrizio Gifrini, Emilio Solfrizzi... Mi spiace di non riuscire a
ricordare tutti e mi scuso per le involontarie omissioni.
Da ultimi, e non certo minori, Paolo Sorrentino del Divo e Matteo Garrone
di Gomorra, due autori giunti alia loro piena maturité e consapevolezza dei

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Sinossi citata da http://www.cinemaitaliano.info/draquilalitaliachetrema (consultato il
23 aprile 2012).
50 Gian Pietro Brunetta

propri mezzi, che vedo alla testa di questo nuovo "Quinto stato
cinematográfico", affamato, con i segni della difficoltà e degli ostacoli e in cui
vedo confluiré ad un livello alto i caratted identitari del cinema italiano, la
tradizione e l'innovazione, la lezione dei maestri e la forte carattedzzazione
individúale, l'energia e la voglia di guardare avanti e d'accettare le sfide
intemazionali che sempre hanno aiutato il cinema italiano nei momenti di
difficoltà. Se II divo lavora sul gioco delle maschere del potere, cercando di
trovare un vareo capace d'illuminare l'aspetto umano d'un protagonista della
vita italiana, il film, tratto dal libro di Roberto Saviano, appare come un'opera di
fantascienza per la capacita di proiettare sul futuro del mondo l'ombra d'un
microcosmo, capace di espandersi quasi in base al principio della fissione
atómica.
Mi piace finiré questa specie di slalom gigante che ha toccato diversi piani e
punti del territorio, sempre cercando di dannodare le parti col filo della
speranza, con una frase detta di recente da Amelio, che mi sembra un ottimo
viatico in questo preciso momento, che mi tocca e commuove per la sua forza e
determinazione e per una fede che non viene mai meno, nonostante tutto:
"Finché ci sarà un solo spettatore io continuerô a fare cinema".

Université degli Studi di Padova

Opere citate
AA.VV, Rapporto. II mercato e ¡'industria del cinema in Italia 2008, Roma, Fondazione
Ente dello Spettacolo, 2008.
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Bertozzi Marco, // miraggio del reale: per una mappa del cinema documentario italiano,
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Brunetta Gian Piero, // cinema italiano contemporáneo. Da La Dolce via a Centochiodi,
Roma, Laterza, 2008.
Franco, Massimo, Andreotti, La vita di un uomo politico, la storia di un 'época. Milano:
Mondadori, 2008.
Perretti Fabrizio e Giacomo Negro, Economia del cinema. Milano, Etas-RCS, 2005.
Sitney P. Adams, Vital Crisis in the Italian Cinema, Austin, Texas University Press,
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Sorlin Pierre, Gli italiani al cinema. Immaginario e identità di una nazione, Mantova, Tre
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Zagarrio,Vito, La meglio gioventù. Nuovo cinema italiano 2005-2006, Venezia,
Marsilio, 2006.
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