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VITTORIO ALFIERI

La vita
Di origine aristocratica, famiglia molto ricca, nato ad Asti (piemontese), faceva parte
del regno sabaudo. Il padre morì presto, la madre si risposò
Educato nell’accademia militare di Torino, così come si faceva per tutti i giovani
nobili aristocratici.
Egli, però, non proseguì la carriera militare ma si allontanò da questa, poiché
riteneva non fosse utile per la sua formazione.
Viaggiò molto, a quel tempo i giovani agiati compivano il gran tour: intorno ai 18/20
anni i giovani economicamente benestanti viaggiavano per tutta Europa (anche
nelle corti: corte di Versailles a Parigi, corte di Prussia, di Austria. Viaggiò in Spagna,
Scandinavia, Russia). Parini, viaggiando, ebbe modo di frequentare i salotti buoni.
Era sempre insoddisfatto, sia di sé sia degli ambienti che frequentava.
Criticava il servilismo dei cortigiani che vivevano nelle regge (ad esempio nella
corte di Maria Teresa d’Austria critica l’inchino fatto da Metastasio alla regina)
Pensiero un po’ contraddittorio: egli era un aristocratico.
Critico anche nei confronti delle istituzioni politiche che egli incontra durante il
viaggio.
Ebbe una vita frenetica, ma infine si legò a Maria Luisa Stolberg (moglie di un
pretendente del regno di Inghilterra) fu legame duraturo, durò fino alla morte.
Concluso il gran tour, Alfieri torna in Italia, si allontana dal Piemonte e va a vivere a
Firenze, in Toscana.
La lingua ufficiale del regno sabaudo era il francese. Alfieri parlava francese, non
italiano.
Alfieri decide di “spiemontizzarsi”, ossia di non appartenere più al regno sabaudo,
rinunciando alla ricca eredità della sua famiglia, eredità che cede alla sorella, in
cambio di un vitalizio con cui potrà vivere bene per tutto il resto della sua vita.
In questo momento Alfieri inizia a dedicarsi agli studi, con l’intento di conoscere la
lingua italiana (fiorentina). Da quando arriva in Toscana, egli non parlerà più una
parola di francese. Vuole imparare l’italiano.
Alfieri studia la lingua italiana fiorentina sia attraverso gli autori più importanti, sia
attraverso la lingua fiorentina parlata da tutti.
Alfieri scrive tante tragedie ispirandosi a quelle della classicità (riprende il mito, la
tragedia greca), opere politiche, rime (testi poetici, sonetti). Scritte tutte in italiano
fiorentino. Tragedia disinventata: Alfieri non inventa i protagonisti, i personaggi
sono ripresi da tragedie già esistenti
Alfieri si rifà a contenuti già noti.
Atteggiamenti aristocratici: Alfieri si sente non compreso ma nello stesso tempo in
lui c’è un forte individualismo (contrapposto all’ideale di cosmopolitismo che
dovrebbe avere chi viaggia). Ad esempio le commedie erano scritte per essere lette
ma non rappresentate: Alfieri non voleva che le sue tragedie venissero messe in
scena, le faceva rappresentare nelle sue corti davanti a pochi eletti.
Personaggi alfieriani (nelle tragedie)= personaggi privi di pace, che scavano tanto
nella loro interiorità, lottano in se stessi, non trovano mai un equilibrio nella loro
interiorità.
I personaggi (soprattutto i protagonisti delle tragedie di Alfieri) presentano tutti
sempre la stessa caratteristica: lo scavo interiore. Non avviene un’evoluzione del
personaggio, ma il personaggio non trova la sua serenità d’animo, riflette Alfieri
stesso.
Alfieri si scaglia contro ogni forma di assolutismo, (perchè l’assolutismo reprime la
libertà individuale) tirannia (Criticava il servilismo dei cortigiani che vivevano nelle
regge) e in realtà è un personaggio che lotta con se stesso, che non trova pace con
se stesso.
Nei suoi scritti politici (della tirannide) ritiene che l’uomo è incatenato da coloro che
sono i tiranni ed è come se questa tirannia fosse in se stesso: Alfieri non riesce a
trovare quella libertà a cui aspirerebbe tanto.
Alfieri è un personaggio TITANICO: nella mitologia i titani sono i giganti che cercano
di scalare l’Olimpo per togliere il potere a Zeus. I titani combattono con tutte le loro
forze contro quello che è il potere tirannico di Zeus. I titani, pur consapevoli di
essere sconfitti, quindi di non riuscire mai a sconfiggere Zeus, continuano a
combattere alla ricerca della libertà.
TITANISMO= continua lotta nella ricerca di una libertà (anche interiore) nei
confronti di un potere assoluto (prigionia in cui si trova l’uomo stesso).
Ribelle ad ogni forma di oppressione politica/interiore.
Sfida continua contro ciò che limita la libertàindividuale e colletiva, anche nella
consapevolezza della sconfitta.
SENTIMENTO DEL SUBLIME= fascino per i paesaggi nordici, Scandinavi (ci sono
condizioni avverse alla vita umana).
La natura così intatta, i boschi fitti, il cielo sempre grigio presenti in questi paesaggi
destano nell’uomo un senso di paura, angoscia e, secondo Alfieri, ciò che fa paura
suscita un sentimento superiore a quello che provoca il “bello”: il sentimento del
sublime.
La natura non è una natura serena, rigogliosa, tranquilla, ma una natura/un
ambiente difficile: un ambiente difficile, in cui bisogna resistere, bisogna
combattere.
Criticava il servilismo dei cortigiani che vivevano nelle regge
Alfieri: sopraffatto da una forza interna che sente in sé per cui non è mai soddisfatto
di sé stesso.
Egli vuole combattere contro tutto e tutti ma in fondo quella di Alfieri è una lotta
interiore.
Tragedie
Scritte in versi, scritte per essere lette ma non rappresentate: Alfieri non voleva che
le sue tragedie venissero messe in scema le faceva rappresentare nelle sue corti
davanti a pochi eletti (atteggiamento aristocratico): rappresentazioni private
Ci sono tre momenti nella scrittura di una tragedia:
-inventare= anche ispirandosi a tragedie antiche
-stendere= scrivere in prosa il contenuto della tragedia
-verseggiare= trasformare la prosa in versi, avviene uno ‘scarto’ di parole rispetto
alla prosa. La singola parola assume importanza: il linguaggio di Alfieri nelle tragedie
è un linguaggio frammentato, scarno, secco, deciso
Vengono rappresentate passioni estreme
Stile aspro e tragico: usa contorsioni sintattiche, asprezze fonetiche e neologismi
Saul
Argomento biblico
Saul è un re ebraico, deve combattere contro i Filistei, ma ormai è vecchio, non ha
più le forze
è assistito da un consigliere Abner (cugino di Saul).
Ha come suo antagonista David (il genero), colui che combatte contro il gigante
Golia, e Micol (figlia di Saul).
Saul, anche se non ha più le forze, ormai vecchio, ripensa a quanto era valoroso da
giovane, ma in lui rimane la voglia di primeggiare su tutto e tutti (infatti caccia anche
Davide che vorrebbe aiutarlo mentre combatte con i Filistei)
Titanismo nei confronti di se stesso, ma soprattutto nei confronti di Dio (i sente
abbandonato, non si sente più protetto o privilegiato)
Abner fa credere a Saul che è lui a poter sconfiggere il nemico ma in realtà egli è
consapevole di non avere più quelle capacità che aveva un tempo.
Saul compie una vera e propria lotta interiore che lo porta a giungere alle estreme
conseguenze: manda via i figli, è assalito da incubi notturni, la sua lotta interiore si
manifesta sempre al buio. Tutto ciò lo porterà al suicidio (sconfitta, non c’è più il
titanismo)
Il suicidio si può intendere in due modi: o come una sconfitta dell’eroe, o come la
ricerca di quell’estrema libertà che viene negata addirittura da Dio.
Il disagio di Saul si manifesta al buio (notte= momento di riflessione)
Simboleggia la lotta contro le incertezze: solitudine e lotta interiore
La fine di Saul
Saul ha perso ormai completamente la ragione: è perseguitato dal fantasma
Achimelec, il sacerdote che ha fatto uccidere. Allontana da sè i figli, ripete di volersi
dare la morte. Al sopraggiungere dell’esercit dei Filistei, però, dinnanzi alla notizia
che i suoi figli maschi sono morti e al pericolo di perdere Micol, Saul all’improvviso
recupera la propria ragione, la dignità perduta e la propria dignità regale,optando
per un suicidio riparatore: la morte ora risulta l’unico rimedio per salvare gli affetti,
espiare i peccati e consegnare la corona a David.
La scena iniziale è caratterizzata da moment di follia, frenesia guerriera. Nelle ultime
due scene avviene un cambio di registro in cui Saul recupera la sua lucidità, la
ragione peduta e la calma interiore
Mirra
Non tratta argomenti politici, ma amorosi
Tematica dell’incesto: Mirra è innamorata del padre Ciniro, prova una passione
d’amore nei confronti del padre, certamente non ricambiata, anche lei condotta al
suicidio dai suoi sentimenti estremi.
Mirra si vergogna di ciò che prova, il segreto rimane tale per gran parte della
tragedia, viene svelato solo alla fine dei 5 atti.
Mirra, per placare la passione che prova nei confronti del padre decide di sposare il
re dell’Epiro ma, quest’ultimo, una volta scoperto che Mirra è innamorata del padre,
si toglie la vita.
Mirra, mentre torna a casa svela al padre i suoi sentimenti e, sovrastata dalla
tristezza e dalla depressione si toglie la vita.
La figura di Mirra è moderna: lei non pensa minimamente di consumare l’amore che
prova verso il padre, è come se non lo confessasse neanche a se stessa (mancano
soliloqui)
Amore concepito come una dipendenza su cui non si ha alcun potere
Figura tormentata, sofferente (in modo differente dal Saul: c’è anche l’aspetto del
re, della cession e del potere
Le rime
raccolta di testi che si ispirano al Canzoniere di Petrarca, ma il linguaggio di Alfieri è
molto diverso rispetto a quello dolce di Petrarca
Diario in cui la vita dello scrittore si accumula giorno per giorno, fedele alla
quotidianità degli avvenimenti ma senza aspirare a costruire un disegno unitario e
coerente.
Influenza di Petrarca, Dante, Stilnovo
Modernità: introspezione psicologica
Testo drammatico: ricco di movenze dialogiche, incisi, sbalzi tonali
Tacito orror di solitaria selva
Sonetto tratto dalle rime
Ci sono degli aspetti che richiamano anche Alfieri preromantico (sentimento
dell’orrore, sublime)
Selva: luogo solitario, fitto, la selva suscita il sentimento del sublime (=una dolce
tristezza, una triste gioia)
Riferimento alla sua epoca: il suo tempo è definito vile, oppresso dalla tirannide,
Alfieri trova pace solo nei luoghi solotari. (Richiama Petrarca, ma mentre Petrarca
fuggiva dalle sofferenze amorose, Alfieri fugge dall’oppressione del suo tempo)
Sol nei deserti tacciono i miei guai (=solo nei luoghi solitari si annullano i miei dolori)
Alfieri non si sente adeguato al suo tempo, ciò suscita una sorta di ribellione, non di
accettazione
GOTICO PREROMANTICO= I preromantici e poi i romantici provano il senso del
sublime nella solitudine, in luoghi bui, tenebrosi, nebbiosi, che suscitano paura
Nonostante la paura si prova un senso di piacevolezza: forma di piacere in qualcosa
che suscita paura
La vita, Anni di rabbia e ribellione (lettura)
Autobiografia
Alfieri legge molto i ritratti di Plutarco (storico che scrive in greco che mette a
confronto un generale romano con un generale greco).
Alfieri tende sempre ad una vita eroica, sublime, a delineare un carattere forte.
Nella vita, però egli ci mostra anche quelle che sono le sue debolezze, i suoi
comportamenti.
Alfieri, sin da quando stava nell’accademia militare, si dimostra ribelle, non riusciva
ad adeguarsi alle regole. Più veniva punito, più reagiva con veemenza e con un senso
di ribellione.
Ci vuole dimostrare che egli non si è mai sottomesso ad alcuna forma di dispotismo
(né nell’ambiente militare, politico, nei confronti di se stesso)
Quando Alfieri si trovava nel collegio militare (sappiamo che era nobile,
aristocratico, ricco) era accompagnato da un cameriere che lo seguiva
continuamente, e che doveva proteggerlo (come un precetto). Il fatto di avere un
cameriere che lo seguisse non era un privilegio, ma una particolarità riservata solo
ad Alfieri, in quanto era molto piccolo.
Alfieri, però dava al suo cameriere delle mance, così che egli potesse lasciargli fare
ciò che voleva.
Riflessione generale: l’uomo per natura non si accontenta mai, e Alfieri stesso ancor
meno degli altri.
Alfieri veniva punito molte volte, ma nonostante ciò continuava a ribellarsi e, una
volta finita la punizione, a fare ciò che voleva.
Alfieri sin da ragazzino si dimostra veramente ribelle.
Alfieri voleva essere come gli altri, non avere un protettore.
Alfieri si dimostra moderno quando dice di essere lo scherno degli altri (deriso dagli
altri)
Alfieri, quando veniva messo in punizione, non chiedeva mai di essere liberato (era
ostinato, testardo)

Vittorio Alfieri: illuminista o pre-romantico?


Alfieri, vissuto nella seconda metà del Settecento, appartiene a un’epoca in cui
emergono culture, ideologie, poetiche e gusti letterari diversi e spesso conflittuali:
Illuminismo, Neoclassicismo, Pre-romanticismo.
Mario Fubini
Colloca con sicurezza Alfieri nel perodo illuminista.
In particolare egli riconosce la presenza dei lumi nel culto alfieriano della libertà e
dell’uguaglianza fra gli uomini e anche nel cosmopolitismo.
Alfieri, secondo Mario Fubini, condivide il tratto fondante dell’illuminismo: la
persuasione che il mondo debba e possa essere cambiato, sconfiggendo il
pregiudizio e l’errore nei diversi campi del sapere e della vita pratica.
L’illuminismo è inteso anche come rinascita dell’umanità, ricondotta alla ragione e
alla libertà.
Leonello Vincenti
Trova delle affinità con il movimento pre-romantico che, in opposizione alla
razionalità dei lumi, intendeva liberare le passioni e dare espressione alle zone più
tempestose e turbate della sensibilità.
Vincenti mette in risalto anche il fatto che Alfieri concepisce diversamente la morte
e il rapporto tra amore e morte.
Affinità: incapacità di ritrovarsi nel mondo che li circonda, bisogno di libertà,
dinamismo, attivismo, vivacità della vita sentimentale, amore di ogni grandezza,
fortissimo sentire di sè.
Differenze:
-Pre romantici: la morte significa la liberazione dall’individuazione, il dissolversi del
Tutti.
Un altro sentimento che allarga la limitatezza umana al Tutto è l’amore.
Amore e morte sono concepiti come affini, simili.
-Alfieri: aspirazione alla morte dei personaggi alfieriani. L’impedita volontà diviene
volontà di morte.

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