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IL POSITIVISMO

L'Italia nella seconda metà dell'ottocento subisce un processo di unificazione, con le guerre di indipendenza
e con la spedizione dei mille; inevitabilmente poi ci sono i problemi del dopo unità, quindi vi è il problema
dell'accentramento o decentramento dello Stato, il problema del divario economico tra nord e sud, un
divario enorme, e il problema di una massa popolare analfabeta, inoltre il diritto al voto è un diritto
censitario, ovvero legato al possedimento di beni e di immobili. Vi è un'Italia che a fine secolo vuole
partecipare alle imprese coloniali del resto d'Europa, e si accinge all'impresa coloniale con il governo Crispi,
che poi si rivelerà un disastro. Il 1800 si chiude con il famoso episodio delle manifestazioni legate al rincaro
del prezzo del pane, che portano il generale Bava Beccaris a sparare sulla folla, e in seguito il re Umberto I
gli darà anche una medaglia. In seguito, un anarchico appositamente venuto dall'America spara Umberto I.
In seguito ci sarà poi l'età giolittiana.

In tutto questo bisogna dire che l'Europa si avvia verso la Belle Epoque, un'epoca di progresso, com’era
stata la seconda rivoluzione scientifica, ci sono state tante scoperte, come i primi voli, l'invenzione del
telefono, il telefono senza fili, tutte novità che avevano portato alla convinzione che ci si stesse avviano
verso un'epoca di progresso e di fiducia nella scienza e in tutto quello che era concreto e positivo. In
qualche modo, dal punto di vista culturale, potremmo dire che è una reazione agli ultimi romantici dell'800,
che continuavano a scopiazzare i grandi modelli, senza dare un contributo nuovo alla letteratura. In tutto
questo, succede che il simbolo della svolta verso la Belle Epoque fu l'imperialismo, le grandi potenze, in
particolare la Germania appena unificata, la Gran Bretagna e la Francia, che conquistano colonie in tutto il
mondo. Dal punto di vista culturale possiamo dire che questa è l'età del positivismo: positivo in senso di
realistico, concreto, e soprattutto in senso di fiducia verso il progresso.

Il positivismo è una corrente che non possiamo definire solamente filosofica, o che tantomeno caratterizza
soltanto l'aspetto politico-culturale; possiamo invece definirlo un movimento trasversale, perché ci sono
nuove scienze che si sviluppano. La caratteristica principale del positivismo è la fiducia nella scienza, la
convinzione che la scienza sia alla base di tutte le conoscenze, qualsiasi sapere che non è basato sul metodo
scientifico è da escludere, in primo luogo la metafisica. E con questo nascono anche nuove forme di
scienze; in questo periodo abbiamo la teoria dell'evoluzione di Darwin, ma anche la nascita di nuove idee,
che possono essere considerate superate oggi, ma che in realtà già allora rappresentavano una novità. Un
esempio lampante di come la scienza stia cambiando in questo periodo è quello di Cesare Lombroso, un
medico che si occupò di studiare la mente criminale, cercando di scoprire che cosa fa scatenare nell'uomo
l'istinto criminale. Lui era convinto che questa predisposizione al crimine fosse una predisposizione
genetica, tanto che addirittura stabilì un nesso tra l'aspetto di una persona e la sua predisposizione al
crimine. Oggi sappiamo che non è assolutamente così, anzi potremmo dire che l'istinto criminale si sviluppa
più per un carattere ambientale che genetico. Lombroso aveva stabilito che le persone con la faccia
schiacciata, il naso largo e gli occhi piccoli avessero maggiore probabilità di diventare criminali, perché dal
loro crimine si capiva che avevano il gene della criminalità. L'aspetto che però è rimasto ancora oggi, è che
Lombroso fu il primo a capire che la criminalità, essendo di origine genetica, non doveva essere solo punita
ma doveva essere soprattutto curata.

In questo periodo c'è come un ribollire di tendenze scientifiche che si basano sulle novità e sulle scoperte
del tempo. Inevitabilmente questo ricade anche sulla letteratura, infatti troviamo vari esponenti che si
collegano alle tendenze positivistiche, ad esempio Carducci, che sarà considerato per molti anni un maestro
della lettera italiana. Carducci, soprattutto nella gioventù fu molto appassionato a queste tendenze del
progresso, e compose un Inno a Satana, per liberarsi alle superstizioni religiose. Un altro aspetto che si lega
a questa nuova atmosfera positivistica è il movimento della scapigliatura, che si lega al disordine, a un clima
di ribellione ai canoni del romanticismo e che si collega a un clima di protesta e in cui c'è bisogno di
qualcosa di nuovo.
RAPPORTI CON L'ILLUMINISMO
Il positivismo si configura come una ripresa originale del programma illuministico all'interno di una nuova
situazione storico-sociale post-rivoluzionaria.

I principali elementi di affinità tra positivismo e illuminismo, possono essere riassunti nei seguenti tre punti:

1) fiducia nella ragione e nel sapere, concepiti come strumenti di progresso al servizio dell'uomo e del
miglioramento sociale;

2) esaltazione della scienza a scapito della metafisica e di ogni altro tipo di sapere non verificabile;

3) visione tendenzialmente laica ed immanentistica della vita.

Differenze: 1. Mentre l'illuminismo si configura come riformismo di carattere rivoluzionario (posto in atto
dalla Rivoluzione francese), il positivismo si presenta come un riformismo anti-rivoluzionario, che pur
lottando contro la vecchia tradizione politica e culturale, è fondamentalmente contrario alle nuove forme
rivoluzionarie rappresentate dal proletariato e dalle dottrine socialiste.

2. Diversità del modo di rapportarsi alla scienza e alla filosofia: rispetto alla prima, gli illuministi vedono nel
sapere sperimentale un mezzo per dissolvere le antiche credenze della metafisica e della religione, mentre
nei positivisti, il richiamo alla scienza tende a una riedificazione di certezze assolute, esplicitamente
presentate come la forma "moderna" e "positiva" delle antiche religioni e metafisiche.

Caratteristiche che lo accomunano al romanticismo


La più importante di tali caratteristiche è l'idealizzazione della scienza, che si traduce in una esaltazione del
sapere positivo, assunto a unica verità ed unica guida della vita umana, in tutti i campi. Come i romantici e
gli idealisti tendevano a caricare la poesia o la filosofia di significati assoluti, così i positivisti tendono ad
attribuire alla scienza una portata assoluta, con atteggiamenti analoghi alla fede religiosa.

LA SCAPIGLIATURA
Il centro propulsore della Scapigliatura è Milano, che in questi anni è inoltre la capitale ialiana dell’editoria e
del giornalismo, attraverso cui gli scrittori possono trovarvi occasioni di lavoro attraverso collaborazioni con
giornali e quotidiani: scrivere su riviste e giornali consente di raggiungere un pubblico più ampio di quello
che si limitava alla lettura dei libri.

Il termine ‘’scapigliatura’’ assume il significato di ‘’vita spensierata e moralmente equivoca’’. Il termine,


utilizzato in riferimento al movimento di giovani scrittori e intellettuali milanesi, compare per la prima volta
in un articolo pubblicato da Cletto Arringhi, che ricollegava il termine italiano scapigliatura a quello francese
‘’bohème’’, che significa vita zingaresca. La bohème di Guccini, infatti, è un'opera lirica che riguarda proprio
la vita di questi artisti che vivono in soffitte parigine dove ci sono donne di facili costumi, artisti che
conducono una vita miserevole allo stesso tempo intessuta di arte.

Questi poeti hanno in comune il bisogno di trasgredire e di ribellarsi a quello che era il romanticismo e le
regole della società, sentono il bisogno di creare qualcosa di alternativo; hanno in comune una vita
sregolata dedita all'alcol e alla vita, dove spesso si ammalano giovanissimi o si suicidano. Sono i cosiddetti
'poeti maledetti', come se in qualche modo avessero la sorte segnata. Loro vorrebbero una società diversa:
in parte si oppongono al progresso, in parte si accorgono che il progresso è inevitabile; per cui, vorrebbero
una società in cui ci fosse la libertà individuale e la possibilità di esprimere se stessi senza avere regole e
senza avere canoni da seguire. In letteratura la loro opposizione diventa soprattutto contro Manzoni;
nell'800 Manzoni era considerato un mostro sacro della letteratura italiana, era quello che aveva scritto il
primo romanzo in lingua italiana, era quello che era diventato senatore del regno d’Italia, era un
personaggio pubblico, che faceva parte della vita di tutti i giorni, era considerato un idolo della letteratura.
Perciò, loro si sentono allo stesso tempo figli di Manzoni e ribelli da Manzoni, come figli che si ribellano ai
padri.

La scapigliatura è un movimento che riguarda anche l'arte, dove c'è il rifiuto delle regole e il rifiuto
dell'ordine costituito, il bisogno di costruire una propria strada. Alla fine, bisogna dire che i prodotti letterati
degli scapigliati non sono di altissima qualità, ma allo stesso tempo la scapigliatura è un punto di sviluppo
importante, perché si sviluppa a Milano, il crocevia tra quelle che sono le caratteristiche letterarie dell'Italia
dopo l'unità e quella che invece è la letteratura che si sviluppa in Europa. La scapigliatura è un punto di
passaggio a quella che poi sarà la letteratura francese degli inizi del 900, con un grande personaggio che è
Baudelaire, che è considerato il padre del decadentismo pur non facendo parte del decadentismo. Da
Baudelaire gli scapigliati riprendono innanzitutto il concetto di noia che Baudelaire chiama spleen; non si
parla di noia leopardiana, legata all'impossibilità di raggiungere la felicità, lo spleen è noia che riguarda
l'insoddisfazione umana intessuta di disgusto per la vita stessa. Ecco perché questi poeti, rifacendosi al
concetto di spleen di Baudelaire, esaltano la loro vita sregolata: loro vivono di notte e dormono di giorno, si
dedicano all'alcol, all'assenzio, agli oppiacei, e muoiono quasi tutti giovanissimi e senza soldi, in soffitte
fredde maleodoranti. Però, sono senz'altro un punto di passaggio, un momento in cui la letteratura italiana
si sprovincializza, perde il suo carattere nazionale e si apre a quello che è il mondo della letteratura
europea.

Gli scapigliati sono attratti dall’orrido e dal mistero, il loro obbiettivo è quello di suscitare nel lettore
disgusto e raccapriccio. L’ossessione per il macabro e la morte possono essere considerati sintomi di un
rapporto problematico con la vita: l’orrido è perciò segno di una profonda disperazione.

CARDUCCI
Carducci è stato nel suo tempo, cioè fine 800, prima osteggiato perché considerato uno libertario e un
rivoluzionario e poi in un secondo tempo considerato il 'vate' ovvero quasi un poeta, l'esponente più alto
della letteratura italiana di fine ottocento. Poi nel periodo fascista è stato inserito nei manuali scolastici
come un poeta di cui non si poteva tralasciare niente e che doveva essere studiato in maniera
approfondita; le sue poesie venivano studiate a memoria a partire dalle scuole elementari. nel dopo guerra
c'è stata la discesa per Carducci nel senso che alcuni critici tra cui lo stesso Natalino Sapegno, uno dei critici
più importanti del 900, l'hanno definito un poeta minore, mentre altri hanno messo in luce le
contraddizioni del suo pensiero. Perciò Carducci è stato relegato in un angolino tant'è che ancora adesso in
molte scuole Carducci non viene studiato. Tuttavia a Carducci bisogna riconoscere di aver segnato un'epoca
e che alcuni aspetti della sua letteratura sono molto importanti. il suo pensiero poetico è quello che ha
influenzato gli autori che sono venuti dopo come Pascoli e D'Annunzio.

Giosuè Carducci nasce a Valdicastello nel 1835 dove vive un’adolescenza spensierata nella Maremma
toscana. Egli è un esponente della media borghesia: il padre, un liberale con un passato dai trascorsi
carbonari, è un semplice medico di base (allora chiamato 'medico condotto'). Quando quest’ultimo perdi il
lavoro a causa delle sue idee politiche, Giosuè si trasferisce con la famiglia a Firenze, dove studia alle scuole
dei Padri Scolopi, a Pisa, e dove si laurea in filosofia e filologia.
Come abbiamo detto il padre era un carbonaro (la carboneria era quella società segreta che prima
dell'unità d'Italia aveva organizzato vari moti rivoluzionari); la carboneria era legata agli ambienti un po' più
estremi della sinistra per cui erano ambienti rivoluzionari, democratici e repubblicani. Dopo la carboneria
c'è stata l'unità d'Italia di cui il giovane Carducci era un fautore, un sostenitore delle imprese risorgimentali
e si infiammò particolarmente per Garibaldi, però non partecipò a nessuna di queste imprese. Sicuramente
eredita dal padre le idee democratiche e rivoluzionarie. Però, bisogna dire che c'è uno spirito un po' diverso
in Carducci, perché è il primo intellettuale che non ha alle spalle una situazione di famiglia nobiliare; se
pensiamo agli altri poeti, ricordiamo che Manzoni era figlio di un conte, altrettanto Leopardi. Quindi, in un
certo senso Carducci è anche l'interprete di quelle che sono le esigenze della medio-borghesia di fine
secolo, una borghesia che voleva l'unità d'Italia, ma era una borghesia non rivoluzionaria.

Nel 1856 Carducci trova lavoro come insegnante presso il ginnasio di San Miniato e successivamente, nel
1859, dopo essersi sposato e aver avuto cinque figli, ottiene la cattedra di letteratura italiana all’Università
di Bologna.

Col passare degli anni, dopo l'unità d'Italia, Carducci vive la contraddizione tra i suoi grandi ideali di
rivoluzione e di democrazia e quella che era la realtà dell'Italia di fine 800, un'Italia moderata, l'Italia della
famosa destra storica, un'Italia conservatrice, che semplicemente si limita ad estendere al territorio
nazionale la legislazione piemontese, un'Italia che non dà spazio a grandi riforme rivoluzionare, che cerca di
modernizzare il Paese, ma sempre con una tendenza moderata. Questo porta Carducci a cambiare la
visione che aveva riguardo al ruolo storico della monarchia e tale ‘’conversione’’ si ha definitivamente con
l’incontro con la regina Margherita, e fa sì che Carducci cominci a scrivere contro quest'Italia.

La notizia inizia a spargersi, suscitando scandalo e polemiche a non finire. Con questo cambiamento di
pensiero, Carducci, visto fino ad allora come l'intellettuale che vedeva la differenza tra quelli che erano i
grandi ideali di libertà e di azione del Risorgimento e quella che era la mediocrità dell'Italia che lo
circondava, il popolo si sente tradito, in particolare gli alunni di Carducci che avevano condiviso gli ideali del
loro professore.

Il riconoscimento generale verso Carducci visto come poeta è attestato anche dal fatto che gli è stato
conferito il premio Nobel per la letteratura nel 1906.

Possiamo dividere il pensiero di Carducci in varie fasi.

La prima fase è quella giovanile, durante la quale Carducci difende gli ideali di libertà, di democrazia e di
rivoluzione; difende il progresso, avvicinandosi al Positivismo dell'epoca, si avvicina alla concezione che la
scienza e il progresso sono da esaltare, tant'è che prende addirittura posizione contro il Romanticismo.
Carducci di romantico aveva visto solo la seconda fase, il famoso secondo Romanticismo, che è
sopraggiunto dopo Leopardi, e che riguardava vari autori minori, come Prati e Aleardi, che si limitavano
semplicemente a scopiazzare le tematiche romantiche e in particolar modo quelle che erano le strutture
poetiche leopardiane, senza aggiungere niente di originale, per cui era solo una poesia di imitazione.
Inoltre, durante questa prima fase Carducci ha una scarsa dimestichezza con quelle che sono le letture
europee.

Durante questa prima fase Carducci scrive delle raccolte poetiche dal forte spirito antimonarchico, perché
lui, che aveva una matrice di sinistra estrema, non riusciva ad accettare quella che era la soluzione
monarchica moderata, e anticlericale, perché era ostile al Papa in una maniera ferma perché il Papa era
quello che si opponeva al completamento dell'unità d'Italia, infatti Roma non era capitale in quanto c'era il
Papa. Addirittura lui scrive l'Inno a Satana che fu motivo di contestazione per lui, perché quindi esaltava il
progresso contro quelle che erano le superstizioni e la religione, quasi in risposta al Papa del tempo che
aveva scritto il Sillabo, una specie di lettera aperte in cui diceva di non riconoscere lo stato italiano e che i
cattolici non solo non dovevano candidarsi, ma non dovevano neanche partecipare alla vita politica.

Nella seconda fase abbiamo un Carducci che cambia atteggiamento, che ritorna sui propri passi, e che dopo
l’incontro con la regina Margherita di Savoia, alla quale dedica anche una poesia, diventa filo-monarchico
perché pensa che in quella situazione la monarchia sia l’unica soluzione adatta. Addirittura egli sostiene il
governo Crispi che si era avventurato nell'impresa coloniale che si rivelò un disastro a fine secolo. Quindi
Carducci passa da essere favorevole al popolo e alle masse ad arrivare a dire in una delle sue liriche che il
popolo può anche andare a morire nelle guerre nelle colonie.

Dobbiamo ricordare che Carducci aveva un carattere molto difficile, facilmente si lasciava andare ad impulsi
e momenti istintivi. Addirittura dai racconti dei suoi allievi di università pare che lui lanciasse per aria i
quaderni degli allievi se il compito non gli piaceva o non era fatto bene, a volte faceva mettere un alunno di
fronte a lui gli diceva tutto quello che aveva sbagliato facendolo vergognare di fronte agli altri; era
temutissimo, ma era considerato anche un modello per le sue idee. Quando però c'è questa involuzione del
pensiero, molti si ribellano, perché il Carducci che nella prima fase aveva avuto anche delle sanzioni per le
sue idee troppo rivoluzionarie adesso era diventato un conservatore.

Carducci non è stato solo un poeta, ma anche un grande conoscitore di classici, non solo contemporanei,
ma anche i classici del passato; infatti, ha studiato a fondo Dante, Petrarca, Boccaccio, scrivendo saggi e
critiche. Tuttavia bisogna riconoscere che non c'è coerenza nelle sue idee perché i suoi cambiamenti sono
troppo radicali per poter essere accettati come una semplice evoluzione; per esempio nel caso di Leopardi
abbiamo visto che il pessimismo si è evoluto ma nel caso di Carducci non si parla più di evoluzione ma di
involuzione.

Carducci ha scritto anche dei discorsi ufficiali per l'Italia del tempo, discorsi pronunciati a volte anche in
parlamento per esempio scrisse il discorso per la morte di Garibaldi; ecco perché è considerato il vate
dell'Italia di fine secolo.

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