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Tolkien e le isole

di Enrico Spadaro

Introduzione

Il 15 settembre 1966 iniziava l’ultimo viaggio all’estero del-


la vita di J.R.R. Tolkien. Con la moglie Edith s’imbarcarono al
porto di Southampton per una crociera che li avrebbe portati nel
cuore del Mediterraneo, fino alle acque del Mar Egeo. Secondo
le ricostruzioni di Christina Scull e Wayne G. Hammond, ripor-
tate da Oronzo Cilli nel suo Tolkien e l’Italia, il 22 settembre la
nave costeggiò la maestosa isola vulcanica di Stromboli, fulcro
dell’arcipelago eoliano. Lo Stromboli in perenne eruzione non
poté che colpire l’animo di Tolkien, al punto che questi lo equi-
parò allo stesso Monte Fato: “Mordor era [stata] trovata”, sotto-
linea il resoconto di un incontro tra Clyde Samuel Kilby e Dick
Plotz nel 1968, in cui il primo riportava le parole di una lettera
di Tolkien in merito proprio a tale visione del vulcano.1 Eppure
non si trattava della prima isola vulcanica che Tolkien aveva la
possibilità di ammirare. Egli era infatti nato a Bloemfontein, in
Sud Africa, e nel 1895, all’età di soli tre anni affrontò il primo
grande lungo viaggio in mare, che l’avrebbe condotto in In-
ghilterra. Durante la traversata dell’Atlantico, la nave fece tre
soste: Tenerife, Madeira e Lisbona. Le prime due sono isole
vulcaniche, ed è probabile che tali immagini restarono fin da
subito impresse nella mente del giovane Tolkien. È curioso il
fatto che durante sia il primo che l’ultimo viaggio in mare che
egli compì siano presenti delle isole vulcaniche: in una delle
prime bozze riguardanti i viaggi di uno dei personaggi cardine

1 O. Cilli. Tolkien e l’Italia – Il mio viaggio in Italia. Rimini: Il Cerchio,


2017, p. 104.

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della mitologia tolkieniana, Earendel, questi raggiunge proprio
un’isola montuosa in cui si trova una città meravigliosa.2 John
Garth ipotizza che questa visione ricalchi proprio i primi ricordi
di Tolkien di quel viaggio lungo l’Oceano Atlantico, identifi-
cando in Tenerife il primo embrione dell’Isola Solitaria di Tol
Eressëa.3
Il mare riveste senz’altro un ruolo fondamentale nell’evol-
versi del Legendarium e Tol Eressëa è solo una, pur essendo
la più importante e la più ricca d’interpretazioni, delle isole
di cui la geografia della Terra di Mezzo è ricolma. Tolkien si
sentiva profondamente britannico, e la Gran Bretagna è un’i-
sola: è ormai assodato, nonostante le smentite date dallo stes-
so autore in lettere, commenti e prefazioni, che le vicende che
caratterizzano la vita di Tolkien ne influenzano gli scritti. Per
comprendere con efficacia un autore, occorre leggerne tutti gli
scritti, confrontarli, rapportarli e nel caso di Tolkien, non solo
è necessaria una disamina che raccoglie sia produzione acca-
demica che letteraria, ma anche una relazione tra biografia e
l’universo fantastico di Arda, tra Mondo primario e Mondo
secondario. Nelle seguenti pagine si cercherà di esaminare il
rapporto che esiste tra il professore di Oxford e le isole, inclu-
dendo sia la propria vita che l’opera letteraria.

Vivere le isole

“Io sono nato in Sicilia e lì l’uomo nasce isola nell’isola e


rimane tale fino alla morte, anche vivendo lontano dall’aspra
terra natia circondata dal mare immenso e geloso” – così si
esprimeva Luigi Pirandello in occasione della morte di Gio-
vanni Verga.4 Pur non essendoci alcun legame concreto tra
2 J.R.R. Tolkien. Racconti perduti. Milano: Bompiani, 2002, p. 319.
3 J. Garth, The Worlds of J.R.R. Tolkien. Princeton and Oxford: Princeton
University Press, 2020, p. 65.
4 in Michele Sabatino. Tra la mia perduta gente. Lettere e poesie, epilogo.
Enna: La Moderna Edizioni, 2006.

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Pirandello e Tolkien, entrambi sono isolani e vivere su isola
rappresenta un’esperienza tutt’altro che banale, che in qual-
che modo ha segnato la carriera e la vita di entrambi. La Gran
Bretagna e la Sicilia non saranno forse piccole isole o atolli
sperduti nell’oceano, ma racchiudono anch’esse le peculiarità
di ogni terra che si trova in mezzo al mare e nei secoli si sono
sempre distinte per la loro peculiare insularità.
Le isole sono spesso considerate come un microcosmo se-
parato dal resto del continente: essere circondati dal mare costi-
tuisce un modo diverso, probabilmente più autentico, di vivere
la propria vita, in cui si sviluppa un senso di comunità maggiore
tra le popolazioni, e il capitale sociale è senz’altro più ricco; il
legame con la natura e l’ambiente circostante si fa più intenso.
La vita è tutta racchiusa in un’isola. Le isole ispirano, fornisco-
no agli uomini nuovi strumenti per affrontare l’esistenza e agli
artisti sensazioni particolari, in cui la creatività trova una linfa
vitale diversa e forse anche più intensa. Non è un caso che la
maggior parte dei miti classici trova la sua ambientazione nelle
isole del mar Mediterraneo ed è proprio su un’isola che l’arte,
la poesia, la musica raggiungono vette creative inimmaginabili.
Che cosa c’è di speciale nel vivere in un’isola? È sufficien-
te chiederlo a coloro che sono costretti ad abbandonare la pro-
pria isola, per cui un senso di nostalgia li attanaglierà costan-
temente, insieme al forte desiderio di ritornare sulle sponde
natie. Riprendendo la citazione pirandelliana, è facile ricordare
una delle prime poesie composte da Tolkien, L’isola solitaria.
Era solo un giovane membro dell’esercito britannico: giunto
in territorio francese dove avrebbe preso parte alla celebre bat-
taglia delle Somme nel 1916. In questo componimento, egli
descrive la traversata della Manica esprimendo tutta la propria
malinconia a causa della partenza dall’Inghilterra.5
5 In una nota a p. 34 dei Racconti Ritrovati (Bompiani, 2000), Christopher
Tolkien si riferisce proprio a questa poesia composta a Étaples nel giugno 1916,
come ribadito nella lettera 43, indirizzata a Michael Tolkien: “May found me cros-
sing the Channel (I still have the verse I wrote on the occasion!) […].”

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Circa 550 milioni di persone vivono in territori insulari, e
ben 106 siti riconosciuti dall’UNESCO patrimonio mondiale
dell’umanità si trovano su isole o sono essi stessi isole, come
nel caso delle Isole Eolie o delle Isole Canarie menzionate in
precedenza.
L’insularità è senz’altro un tratto centrale che permette l’e-
voluzione di specie animali e vegetali: numerose isole sono
chiari esempi di endemismo e Charles Darwin realizzò i suoi
studi più significativi proprio in un arcipelago, quello delle Ga-
lapagos, osservandone i molteplici animali presenti. Inoltre dal
punto di vista antropologico, le isole rappresentano il luogo ide-
ale per la progressiva affermazione di un’identità nazionale – e
ancora il caso della Gran Bretagna risulta centrale in relazione
all’impianto mitologico che Tolkien tenterà di delineare – e di
una specificità culturale. Se poi ci focalizziamo prettamente
sugli aspetti economici, l’ambito principale del settore terzia-
rio è oggigiorno l’industria del turismo, che si focalizza prin-
cipalmente sulle isole, identificate come meta preferita nonché
luoghi mitici ed esotici per le popolazioni occidentali. Un’espe-
rienza che potrebbe persino riportare indietro nel tempo fino
all’opera che è considerata come il primo romanzo moderno
della letteratura inglese, vale a dire Robinson Crusoe (1719) di
Daniel Defoe, finanche a diverse opere teatrali, poetiche e mu-
sicali ispirate proprio da isole o ambientate su isole. Tutti questi
elementi contraddistinguono il campo interdisciplinare degli
Island Studies.6 Lo studio delle isole in quanto tali, e tutte le
implicazioni che sono ad esse collegate, mira a fornire valuta-
zioni complete e olistiche delle condizioni e delle questioni che
hanno un impatto sulle isole e sulla vita delle isole. I lavori che
confluiscono in tale campo si orientano intorno a riflessioni sui
meccanismi di produzione antropologico-culturale delle isole
come luoghi e sulla messa in discussione dei rapporti spaziali
riferiti alla condizione di insularità.7
6 https://www.islandstudies.ca, 6/1/2021.
7 G. Baldacchino. The Coming of Age of Island Studies, in Tijdschrift voor

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Godfrey Baldacchino, uno dei primi teorici di tali studi sot-
tolinea la propria preferenza per il termine islandness rispetto
a insularity, in quanto quest’ultimo implica indirettamente un
senso di separazione ed isolamento. Una delle immagini più
comuni che viene data della Gran Bretagna è proprio il fat-
to di essere sempre stata una island nation, distinta dal resto
del continente europeo, e i fatti storici più recenti che hanno
portato alla fuoriuscita del Regno Unito dall’Unione Europea
sembrano tendere verso questa rappresentazione delle isole
britanniche. Eppure, il mare può essere considerato soprattut-
to come un fattore di collegamento: fin dagli albori della ci-
viltà le principali reti commerciali che si sono venute a creare
tra i popoli si sono intessute proprio attraverso il mare. Invece
di essere un muro invalicabile, questo rappresenta l’elemento
che rende la Gran Bretagna accessibile e ne ha sempre garan-
tito la sopravvivenza e quindi la prosperità. La popolazione
del Regno Unito oggi è costituita da genti provenienti da di-
verse parti del mondo e nei secoli le invasioni dei Celti, degli
Angli, dei Romani, dei Danesi, dei Normanni, così come le
ondate di immigrazione dalle colonie dell’Impero britannico
hanno ricoperto un ruolo importantissimo nella costituzione
dell’odierna società britannica. A causa della geografia marit-
tima che le contraddistingue, le isole britanniche sono sempre
state un crocevia e un miscuglio di culture, ed è proprio il
mare, quale strumento di raccordo con il resto del mondo sia
dal punto di vista commerciale che culturale, che ha permesso
lo sviluppo e l’evoluzione del Regno Unito. Essere una na-
zione “isolana”, cioè costituita da isole, non significa pertanto
isolamento o separazione, bensì collegamenti, scambi, incon-
tri e spostamenti. È allo stesso tempo causa e conseguenza
dell’influenza del mondo sulla Gran Bretagna e viceversa.
Queste caratteristiche che si ritrovano sotto certi aspetti in
tutte le isole del mondo, specialmente le più grandi e le più
ferventi dal punto di vista culturale – basti pensare alla Sicilia
Economische en Sociale Geografie. July 2004.

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stessa, in quanto centro del Mediterraneo e punto d’incontro
e sintesi di numerose culture – rivestono una fondamentale
importanza nello sviluppo del Legendarium di Tolkien, il cui
intento iniziale, com’è noto, non era altro che la creazione di
una mitologia per il proprio paese, l’Inghilterra. Tutte le isole
che si ritrovano negli scritti del professore di Oxford presen-
tano caratteristiche correlate alle isole britanniche, così come
verrà mostrato nelle pagine seguenti.

Il mare e le isole

La lingua inglese fornisce forse una terminologia più ap-


propriata e specifica nell’opposizione tra inlander, “che vive
nell’entroterra”, e islander, “che vive su un’isola”, vale a dire,
più semplicemente, “isolano”. Il primo termine potrebbe ren-
dersi con “continentale”, facendo riferimento a quella opposi-
zione tra isole e continente tanto rimarcata nel Mediterraneo
dai sardi o dai corsi, per esempio. Tolkien era senza dubbio un
islander, un “isolano”, e le pagine del Legendarium mostra-
no quanto fosse centrale il mare nella struttura della propria
opera. Diverse e numerose sono le isole che Tolkien descrive
attraverso la geografia dell’universo di Arda, da quelle minori
alle più importanti, come Tol-Eressëa e Númenor, le cui storie
affascinano i lettori di Tolkien.
Tra le isole minori figurano alcune che si trovano lungo il
corso dei fiumi o tra le acque dei laghi della Terra di Mezzo:
Almaren è una di queste. Era posta proprio al centro del Gran-
de Lago e, poiché nella concezione geografica di Tolkien, i
mari e le terre erano inizialmente simmetrici, l’isola occupava
proprio il punto più centrale della Terra di Mezzo, come è pos-
sibile notare tra le pagine dell’Atlante della Terra di Mezzo,
redatto da Karen Wynn Fonstad,8 nella sezione riguardante
8 K. W. Fonstad. The Atlas of Middle-earth. Boston-New York: Houghton
Mifflin Company, p. 2.

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la Prima Era. L’isola comparve dopo la prima guerra contro
Melkor e venne scelta dai Valar come loro dimora, essendo
collocata nel punto in cui la luce delle Due Lampade irradiava
maggiormente. Nel 3450 degli Anni dei Valar (Valar Years),
Melkor, che aveva intrapreso la costruzione della terribile for-
tezza di Utumno, attaccò i Valar e distrusse le Due Lampade.
Le conseguenze sulla geografia della Terra di Mezzo furono
nefaste: la simmetria originaria del mondo fu spezzata e il
Grande Lago, così come l’isola al suo interno, scomparvero
nel cataclisma generale.9
Le isole ricoprono un ruolo sempre rilevante nella Terra
di Mezzo, sia dal punto di vista geografico che storico. E gli
eventi della storia di Arda influiscono significativamente sulla
conformazione dei territori insulari. Tra questi, occorre ricor-
dare le Isole Incantate, conosciute anche come Isole Magiche
(Enchanted Isles o Magic Isles). Esse costituivano un arcipe-
lago che formava una catena di isole che i Valar posero nel
Belegaer, il grande mare, per proteggere le terre del reame
beato di Valinor dopo la fuga dei Noldor all’inizio della Pri-
ma Era. La loro creazione era parte del Nurtalë Valinóreva, il
cosiddetto Occultamento di Valinor, che seguì la partenza dei
Noldor, ed esse servivano per l’appunto da barriera contro chi
tra gli Elfi Esiliati volesse far ritorno sulle terre di Aman, e in
seguito contro i mortali che intendessero navigare verso ovest.
Le isole erano incantate proprio perché chiunque vi mettesse
piede sarebbe sprofondato in un sonno profondo. L’evoluzio-
ne e la posizione di tali isole è legata alle terre ad esse vicine,
in particolare a quelle due isole che più di ogni altre caratte-
rizzano gli eventi della mitologia che Tolkien voleva redigere
e che sono profondante influenzate dalla sua stessa vita, vale a
dire Tol-Eressëa e Númenor.

9 J.R.R. Tolkien. Il Silmarillion, cap. I, “L’inizio dei Giorni”.

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L’isola solitaria

Nel giugno del 1916 Tolkien giunse in terra francese per


unirsi all’esercito britannico durante la Grande Guerra. Come
detto sopra, ad Étaples compose dei versi d’addio all’Inghil-
terra, identificata proprio come l’isola solitaria degli Elfi,
Tol-Eressëa. La febbre da trincea costrinse il giovane soldato
a rientrare in patria e il viaggio di ritorno, nel novembre del-
lo stesso anno, sembra ricalcare la storia con cui ha inizio il
Book of Lost Tales, in cui il marinaio Eriol giunge proprio al
centro della Lonely Isle e presta ascolto alle leggende degli
Elfi.
I primi tentativi di scrivere una poesia sul mare e sulle
onde risalgono ad una visita a St. Andrews in Scozia all’ini-
zio degli anni ’10, per poi dare origine nel 1914 al componi-
mento The Tides, che riprendeva il tempo passato in estate in
Cornovaglia dal giovane Tolkien. Quelle terre diventarono
poi meta preferita di tutta la famiglia Tolkien per le successi-
ve vacanze estive. Ma il potere del mare si era già impadro-
nito dell’animo di Tolkien: in quegli anni cominciava infatti
la stesura dei diversi componimenti dedicati a Éarendel10,
che dai versi in antico inglese del Christ di Cynewulf11, di-
ventava l’immagine della stella del vespro riconducibile
proprio al pianeta Venere, facilmente osservabile dalle spon-
de della Cornovaglia in direzione ovest proprio nelle sere
d’estate.
Tolkien, preso dal fervore narrativo e mitologico, decise
di comporre una sorta di Odissea nei mari del nord: i viaggi
di Éarendel negavano l’esistenza del continente americano
in luogo di una sorta di paradiso terrestre presente ad occi-
dente, con ampi riferimenti alla mitologia vichinga, che si
rifletteva persino nella cosmologia che Tolkien aveva ini-
10 Il viaggio di Éarendel, la stella della sera, in J.R.R. Tolkien. Racconti
perduti, p. 326.
11 “éalà! éarendel, engla beorhtast / ofer middangeard monnum sended”.

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zialmente concepito, come si può vedere nello schema com-
positivo a forma di nave I Vene Kemen.12
Veleggiando verso occidente, un marinaio si sarebbe sicu-
ramente imbattuto prima nelle Isole Magiche e infine proprio
nell’isola solitaria di Tol-Eressëa. La volubilità delle conce-
zioni di Tolkien riguardo al proprio universo narrativo ci met-
te davanti a diverse versioni e caratterizzazioni riguardanti
quest’isola così misteriosa ed affascinante. Nelle prime stesu-
re che formano i Racconti perduti, l’isola solitaria s’identifica
del tutto con la Gran Bretagna: se si osserva il lessico che
Tolkien redige per il Quenya, al lemma “Tol-Eressëa” trovia-
mo proprio il termine England, per il quale Tolkien intendeva
la totalità dell’arcipelago britannico. La terra natale, per cui il
giovane filologo stava tentando di costituire un’origine miti-
ca, assume le caratteristiche di una terra benedetta, una terra
promessa e magica, equiparata al regno delle fate. È quindi
comprensibile che, sempre nella stessa poesia composta nel
1916 in Francia, Tolkien aspirasse al ritorno in patria e
descrivesse un’intensa nostalgia per una città in particolare,
vale a dire Warwick. È qui che aveva passato i momenti più
felici con Edith e si erano infine sposati nel marzo dello stesso
anno. Nel componimento Kortirion among the trees, del no-
vembre 1915, Warwick corrisponde proprio a “Kortirion sfi-
gurata” e il castello della città viene chiamato “torre di Ingil”.
Questi altri non è che il fondatore dell’incantevole città, la cui
terra prende il nome di “Ingilnóre”, in cui è facile riscontrare
una somiglianza linguistica con “England”. E non è solo que-
sto l’elemento autobiografico presente nella primissima con-
cezione di Tol-Eressëa: Tavrobel, uno dei villaggi dell’isola è
stato identificato da Christopher Tolkien con Great Haywood
nella contea di Stafford, dove,(togliere virgola?) Tolkien fu
assegnato in vista della partenza per la Francia e dove ritornò
per trascorrere la convalescenza in quella che nei Racconti

12 J.R.R. Tolkien.Racconti Ritrovati, p. 97.

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perduti è chiamata la “Casa dei Cento Comignoli”13. Inoltre,
diversi nomi elfici che si riferiscono a questo primo periodo
di composizione rimandano a luoghi importanti nella vita di
Tolkien: Estirin è Exeter14, Tol Withernon è Withernsea, in cui
trascorse la primavera del 1917, e Fladweth Amrod è Gipsy
Green, che fu dimora della famiglia Tolkien nel 191815.
I Racconti ritrovati cominciano con l’arrivo di Eriol sull’I-
sola solitaria, che potrebbe benissimo simboleggiare il ritor-
no di Tolkien dalla Francia. Gli Elfi raccontano al marinaio
la loro storia e l’inizio del declino della loro stirpe coincide
con l’arrivo dal continente delle prime invasioni: gli Elfi sva-
niscono col progressivo insediarsi degli uomini mortali. Ma
i “Racconti perduti” forniscono alle città inglesi un passato
storico e mitico, carico di sacralità e incanto. Probabilmente
Tolkien aspirava al “recupero” – per citare le sue stesse parole
nel saggio Sulle Fiabe (recovery) – di immagini più pure, li-
bere dal velo e dalla bruttezza della vita moderna, che si può
raggiungere solo grazie alla fantasia.
L’evolversi di Tol-Eressëa in Gran Bretagna segna il
passaggio dal mito alla storia vera e propria: Eriol diviene
parte del popolo anglosassone, padre di Hengest e Horsa, i
due condottieri di origine germanica che nel V secolo d.C.
avrebbero invaso proprio le isole britanniche. Eriol si sa-
rebbe poi unito in matrimonio con l’elfa Naimi e avrebbe
generato Heorrenda. Secondo il primo racconto mitologico
di Tolkien, a ciascun figlio di Eriol sarebbe spettato il con-
trollo di tre città, Warwick, Oxford (Taruithorn) e Great
Haywood. I “Racconti perduti” sarebbero così stati redatti
da Eriol e Heorrenda, diventando così il libro custode della
tradizione anglosassone. Eppure, Tolkien presto si accorse
di alcune incongruenze – e sappiamo che talvolta qualche
13 Ibid., p. 210.
14 Tolkien frequentò l’Exeter College a Oxford.
15 Tolkien realizzò delle illustrazioni, High Life at Gipsy Green, in cui mo-
strava stralci di vita quotidiana con Edith e il primogenito John.

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incoerenza appare nelle sue opere16 – soprattutto riguardante
le concordanze temporali con il Mondo Primario e la proge-
nie di Eriol, Hengest e Horsa. Ragion per cui, negli sviluppi
successivi della mitologia, Tol-Eressëa e la Gran Bretagna
diventarono due isole separate.
In questa stesura che risale agli anni ’20, gli Elfi, che risie-
dono in entrambe le isole, chiamano i territori britannici Lu-
thany o Lúthien. È questa la storia di Ælfwine d’Inghilterra,
che si ritrova in conclusione dei Racconti perduti17. Il prota-
gonista è un anglosassone del nono-decimo secolo d.C., di-
scendente di Eärendil, che salpa dalle coste inglesi in seguito
alle invasioni danesi e giunge proprio a Tol-Eressëa. Se si
escludono alcuni racconti di Tolkien ambientati in età con-
temporanea, apparentemente slegati dalla mitologia princi-
pale18, questa è l’unica narrazione che presenta gli Elfi che
vivono in un’epoca in cui il Cristianesimo si era già diffuso.
La Gran Bretagna rappresenta l’ultimo baluardo degli Elfi
nelle terre mortali, i quali sono tuttavia costretti a partire ed
abbandonarla a causa delle invasioni citate in precedenza.
Partono dal porto di Lionesse, nelle terre sperdute del Be-
lerion, quasi a presagire la futura conclusione de Il Signore
degli Anelli con la partenza finale dei portatori degli Anelli
dai Rifugi Oscuri, o a riecheggiare la leggendaria parten-
za di Re Artù verso Avalon. “Belerion”, termine usato da
Diodoro Siculo per descrivere la punta estrema della Gran
Bretagna, rappresenta il punto più occidentale della Corno-
vaglia – il luogo che Tolkien amava visitare in estate – e
indica infatti la “Land’s end”, dove tramonta il Sole e finisce
la terra. Il nome “Belerion” rimanda foneticamente a “Be-
leriand”, la regione nord-occidentale della Terra di Mezzo
durante la Prima Era, e inoltre era storicamente abitato da
16 http://tolkiengateway.net/wiki/Mistakes_and_inconsistencies_in_
Tolkien%27s_works, 26/01/2021.
17 J.R.R. Tolkien. Racconti perduti, pp. 372-585.
18 Cfr. The Lost Road e The Notion Club Papers.

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popolazioni di origine celtica, cui Tolkien prestava adesso
grande importanza e dava centralità nello sviluppo della mi-
tologia.
Non a caso Ælfwine, il cui nome significa “amico degli
elfi”, è figlio di madre celta e di padre anglo-sassone, il quale
cade in battaglia durante l’invasione vichinga di Warwick. Il
nome che Tolkien dà a quest’ultimo è Déor, che è anche il pro-
tagonista di un poema di quarantadue versi in antico inglese
riportato nell’Exeter Book.19 In questo manoscritto della tra-
dizione anglosassone, oggetto di studio dello stesso Tolkien,
sono riportati alcuni dei componimenti che più l’hanno affa-
scinato ed ispirato, quali Widsith, The Seafarer, The Wande-
rer. Storia, mitologia, biografia e vita accademica di Tolkien
si fondono mirabilmente nel Legendarium.
“Þæs ofereode, þisses swa mæg” – Quello è passato, pas-
serà anche questo – è un verso che si ripete nel lamento di
Déor20, e sembrerebbe indicare una ciclicità degli eventi sto-
rici, nonché sottolineare le qualità dei diversi personaggi mi-
tologici e leggendari che il poema elenca. Tolkien potrebbe
essere rimasto affascinato da tale ciclicità, tipica del mito, e
che si ripete negli eventi che caratterizzano Il Silmarillion, la
lotta contro Melkor e nella continua riscrittura ed elaborazio-
ne del Legendarium. Questa versione si conclude con l’arrivo
di Ælfwine sull’Isola solitaria, che diviene pertanto una sorta
di paradiso terrestre distaccato e lontano dalla Gran Bretagna.
Tolkien elaborò a partire dal 1926 nuove idee riguardo alle
origini mitiche delle isole britanniche, come si può leggere in
Sketch of the Mythology, seconda sezione del quarto libro del-
la History of Middle-earth21, in cui l’autore cerca di dare una
prima forma apparentemente completa a quello che diverrà il
19 Pur non essendo indicato, il titolo comunemente assegnato è Lamenton di
Déor.
20 W.W. Lawrence, “The Song of Deor”, in Modern Philology, Jul., 1911,
Vol. 9, No. 1 (Jul., 1911), The University of Chicago Press, pp. 23-45, https://www.
jstor.org/stable/432698, 26/1/2021.
21 The Shaping of Middle-earth.

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“Silmarillion”. Le guerre e la violenza di Morgoth provocano la
disgregazione delle terre del Beleriand22 da cui avrebbe origine
l’isola di Lúthien (il nome dato in precedenza proprio all’In-
ghilterra), che ancora una volta gli Elfi abbandonano per rag-
giungere Tol-Eressëa ad ovest. I riferimenti diretti alla geogra-
fia dell’Inghilterra sembrano quasi del tutto scomparire, segno
dell’evoluzione del pensiero di Tolkien, che si avvicina sempre
più alla sub-creazione di un Mondo Secondario piuttosto che
al desiderio iniziale di delineare una mitologia per il proprio
Paese. Il successivo sviluppo del Legendarium e l’irruzione
degli hobbit sulla scena cambieranno totalmente le prospettive
dell’autore e spetterà adesso al lettore “applicare” la storia alle
proprie interpretazioni.
È indubbio che Tol-Eressëa per le sue caratteristiche e per
la centralità in seno alla mitologia resti uno dei territori cardine
dell’universo di Arda ed il fatto che sia un’isola non è casuale,
come abbiamo visto. L’iniziale associazione con l’Inghilterra,
inoltre, è un altro segnale dell’intrusione di elementi biografici
nell’opera letteraria di Tolkien. Uno dei nomi con cui gli Elfi
chiamano le isole britanniche è Lúthien o Luthany: Tolkien,
da buon filologo, assegnava un’enorme importanza ai nomi
e ognuno di essi celava intense profondità di significato e
rimandi concettuali. Il giovane Tolkien avrà probabilmente
letto il nome Luthany in un componimento di Francis Thom-
pson (1859-1907), poeta contemporaneo a lui caro: “In the
land of Luthany, and the tracts of Elenore.”23 L’adattamen-
to e la rielaborazione delle fonti è un tratto peculiare della
22 Tolkien amava i cosiddetti pun, “giochi di parole”, soprattutto tra lingue,
inventando parole in Quenya o Sindarin che potessero evocare a parole inglesi:
potrebbe essere il caso di “Beleriand” che rimanda al sopra citato “Belerion”. La
storia del Beleriand ha forti somiglianze con quella della Cornovaglia, per cui po-
trebbe essere una spiegazione plausibile. In merito si veda: Pi. H. Berube “Bilin-
gual Puns in The Lord of the Rings” in Mythlore, Vol. 37, No. 1 (133) (Fall/Winter
2018), pp. 213-216.
23 Francis Thompson, The Mistress of Vision, https://www.poemhunter.
com/poem/the-mistress-of-vision/, 29/1/2021.

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sub-creazione tolkieniana – basti pensare a Kullervo e Túrin –
e col termine Luthany o Lúthien s’intendeva inizialmente l’a-
micizia tra gli elfi ed Ælfwine, il cui nome significa appunto
“amico degli Elfi”. L’Inghilterra aveva pertanto un’aura di sa-
cralità poiché rappresentava il luogo dell’amicizia tra Uomini
ed Elfi, nonché la terra promessa fonte di libertà, inizialmente
per il Eärendel e in seguito per Tolkien, durante l’esperienza
in guerra sul continente. “Amico” e “Libertà” in inglese sono
rispettivamente “friend” e “freedom”, le cui radici semantiche
in antico inglese, “fréon” e “fréogan” sono strettamente legate
e rimandano sia alla sfera affettiva (“to love”) che a quella
della liberazione (“to free”, “to release”). Il racconto e il lai
di Beren e Lúthien rappresentano una sorta di liberazione per
Tolkien stesso,24 e l’associazione di nomi tra l’Inghilterra, il
personaggio elfico ch’egli identifica con la sua amata Edith e
la sfera dell’amore permette di sottolineare ancora una volta
la profonda relazione tra la vita di Tolkien, la carriera accade-
mica e la produzione letteraria.

L’isola della Stella, ovvero del Dono

Il mare può tuttavia rivelarsi spaventoso ed impetuoso,


soprattutto nel caso di burrasche e tempeste, cui la Gran Bre-
tagna non è mai stata esente. La violenza del mare inquietò
sempre l’animo di Tolkien, fin dal suo primo viaggio dal Su-
dafrica all’Inghilterra, cui fece seguito l’anno successivo la
morte del padre. Nei primi soggiorni estivi in Cornovaglia,
i disegni e le illustrazioni del giovane Tolkien mostrano sia
acque calme e tranquille che flutti che si scagliano veemen-

24 La versione in versi è intitolata The Lay of Leithian, Release from Bon-


dage, da cui la facile associazione tra l’utilizzo del termine Leithian per la Gran
Bretagna e il significato di terra di liberazione (“release”), come si può leggere al
lemma free nell’Oxford English Dictionary.

226
ti sulla costa.25 Nel 1917, di ritorno dalla Francia, Tolkien,
in convalescenza per la febbre da trincea, fu assegnato ad un
accampamento militare a Kilnsea nello Yorkshire: studi e ri-
cerche tendono ad identificare i “ridings” di questa regione
con i “farthings” della Contea, nonché con altri luoghi della
Terra di Mezzo.26 Quei territori erano e sono costantemente
preda di burrasche e mareggiate. La violenza del mare entrava
così prepotentemente negli scritti di Tolkien: il 1936 fu un
anno caratterizzato da numerose inondazioni e segnò anche la
fine del regno di Edoardo VIII, che abdicò il 10 dicembre. Fu
proprio in quell’anno, stando alle ricostruzioni del figlio Chri-
stopher, che Tolkien decise di dar voce all’incubo che costan-
temente lo tormentava: un’onda gigantesca che travolgeva e
distruggeva ogni cosa.

“[C]ominciai un libro mai finito che doveva ter-


minare con la presenza del mio eroe nel crollo di At-
lantide. Questa avrebbe dovuto chiamarsi Númenor, la
Terra dell’Occidente.”27

In seguito alle lunghe chiacchierate con C.S. Lewis riguar-


do alla creazione di storie e leggende, veniva concepita l’isola
di Númenor, per scacciare in qualche modo il “complesso di
Atlantide” che attanagliava Tolkien. Diverse sono le versioni
in cui Tolkien racconta a proposito della storia di quest’isola
leggendaria, la cui evoluzione e successiva caduta rappresen-
tano un ulteriore passaggio fondamentale della mitologia. In
seno alla cosmologia di Arda, la distruzione di Númenor in-
troduce un sostanziale cambiamento, in quanto Ilúvatar rende
25 W. G. Hammond and C. Scull. J.R.R. Tolkien. Artist and Illustrator. Bos-
ton, New York: Houghton Mifflin Company, 1995, p. 25.
26 M. Flowers. “Tolkien in East Yorkshire, 1917-18: A Hemlock Glade,
Two Towers, The Houses of Healing and a Beacon”, in Croft & Röttinger (eds.).
“Something has gone crack”. Zurich: Walking Tree Publisher, 2019, pp. 121-150.
27 J.R.R. Tolkien. La realtà in trasparenza. Lettere. Milano: Bompiani,
2001, lettera 257 del 1964.

227
sferico il Mondo e allontana Valinor e Tol-Eressëa, renden-
dole inaccessibili. Solamente attraverso un cammino diritto
(Straight Way), che riprende la leggenda della Navigatio san-
cti Brendani e degli immrama irlandesi, si sarebbe potuto rag-
giungere le Terre Imperiture.
Alla pari di Tol-Eressëa, Númenor e la sua storia s’in-
trecciano profondamente con il Mondo Primario e presenta-
no diversi aspetti autobiografici. Se le prime due versioni de
La caduta di Númenor furono composte nella seconda metà
degli anni ’30 e si ritrovano nel quinto libro della History of
Middle-earth28, è nelle pagine de Il Silmarillion, nell’Akal-
labêth, pubblicato nel 1977, che i lettori poterono finalmente
conoscere la storia di quest’isola, che i Valar decisero di do-
nare agli Uomini che combatterono contro Morgoth. I nomi
ad essa assegnata sono naturalmente significativi, tra cui
spicca Elenna, da “elen”, “stella” in Quenya, a causa della
forma di stella a cinque punte dell’isola, o Andor, “la Terra di
Dono”. Númenor rappresenta forse la terra promessa di cui
gli Uomini sono meritevoli e i primi secoli di storia di questa
civiltà ne sono l’esempio più emblematico: i Dúnedain sono
“saggi e gloriosi e in tutte le cose più simili ai Primogeniti
di ogni altra stirpe di Uomini, […] e la luce dei loro occhi
era come di stelle splendenti”.29 L’isola era stata “sollevata”
dalle profondità del Mare dal Vala Ossë e al centro si ergeva
il monte Meneltarma, “Pilastro del Cielo”, sacro a Ilúvatar.
In più di un’occasione durante la lunga, gloriosa e infine
tragica storia della civiltà Númenóreana, il Meneltarma ha
eruttato, quasi ad indicare l’ira di Eru, in principio venerato
e poi rinnegato dai Dúnedain. L’isola, pertanto, può essere
interpretata come un’isola vulcanica e rimandare nuovamen-
te ai ricordi di Tolkien di Tenerife e alla successiva visione
di Stromboli.
28 J.R.R. Tolkien. The Lost Road and Other Writings. New York: Del Rey,
1987, pp. 1-38.
29 J.R.R. Tolkien. Il Silmarillion, p. 327.

228
Se Tol-Eressëa poteva rappresentare inizialmente l’In-
ghilterra degli albori e la sua scoperta da parte di Eriol, e
poi Ælfwine il collegamento tra Mondo Primario e Mondo
Secondario, Númenor diviene forse l’immagine più eviden-
te dell’Impero Britannico. La saggezza e la gloria spingono
infatti i Númenóreani a non accontentarsi dei doni concessi
loro e intraprendono una politica espansionistica nella Terra
di Mezzo, in cui fondano diverse colonie. Impossibilitati a ve-
leggiare verso il tanto agognato Occidente, in cui giace Tol-
Eressëa, i Númenóreani si dirigono ad Est e assumono ben
presto il controllo del Belegaer, il Grande Mare. Inizialmente
sono dediti al commercio con le popolazioni insediate sulle
coste della Terra di Mezzo, e nasce una profonda amicizia con
Gil-Galad e gli Elfi, che si rivelerà decisiva nella lotta contro
Sauron. In seguito, tuttavia, viene intrapresa la costruzione
di porti e insediamenti, anche grazie alla Gilda dei Venturieri
fondata dal principe Aldarion. I viaggi e le peripezie dell’ere-
de al trono, più innamorato del mare che della propria terra,
caratterizzano uno degli scritti dei Racconti Incompiuti, Al-
darion ed Erendis, in cui si narra proprio dell’espansione in
mare e sulla Terra di Mezzo, e della travagliata storia di amore
tra i due protagonisti del racconto. Erendis patirà e soffrirà la
lontananza del marito, come una donna che attende invano il
ritorno del proprio uomo. Pur avendo una fine pressoché tragi-
ca, con la separazione dei due e la morte di Erendis, la distan-
za e le pene che quest’ultima è costretta a vivere potrebbero
nuovamente ricalcare aspetti biografici della vita di Tolkien,
cui, com’è noto, fu fatto divieto di vedere e scrivere ad Edith
dal proprio tutore, padre Francis X. Morgan. All’indomani del
loro matrimonio, la guerra e il mare che separava l’Inghilterra
e la Francia rappresentarono un ulteriore motivo di distanza
tra Tolkien e la sua amata.
Ritornando alla storia di Númenor, assistiamo a un’espan-
sione coloniale che segue proprio la falsariga dell’imperiali-
smo ottocentesco: da amici degli Uomini della Terra di Mezzo,

229
i Dúnedain si trasformano in conquistatori veri e propri, affib-
biandosi il titolo di portatori di civiltà, alla stessa stregua degli
Europei, come testimoniano le cronache della colonizzazione
britannica in Africa e Asia. La superbia e l’aspirazione all’im-
mortalità li condurrà infine a contrastare i Valar e gli Elfi e,
grazie al decisivo contributo di Sauron, giunto sull’isola come
ostaggio del re nell’anno 3261 della S. E. e poi diventatone
principale consigliere, l’attacco alle Terre di Aman li porterà
alla distruzione, riprendendo così la mitica storia di Atlanti-
de, da cui Tolkien stesso aveva ricavato il nome Atalantë, la
Caduta. L’Impero Britannico si dissolverà progressivamente
sulla carta all’indomani della Seconda guerra mondiale.
Come detto, Tolkien iniziò a delineare i primi elementi
delle vicende di Númenor nel 1936, anno in cui cominciarono
ad essere evidenti le politiche militari e dittatoriali di Hitler,
con la rimilitarizzazione della Renania, violando così il tratta-
to di Versailles del 1919; inoltre l’Italia fascista annetteva l’E-
tiopia e la Gran Bretagna attraversava una crisi politica cul-
minatasi con la sopra citata abdicazione di Edoardo VIII. La
Seconda guerra mondiale era alle porte e un clima di tensione
si stava diffondendo in Europa: se da un lato questi aspetti te-
tri e oscuri sembrano riflettersi nei primi capitoli de Il Signore
degli Anelli, dall’altro è nelle pagine della Caduta di Númenor
(The Fall of Númenor) che compare per la prima volta il nome
di Sauron – nello specifico nella seconda versione, sostituen-
do il Sûr della prima – così come il nome di Gil-Galad, la
terra di Mordor e la prima concezione dell’Ultima Alleanza
tra Uomini ed Elfi al termine della Seconda Era, come sottoli-
nea chiaramente Christopher Tolkien nei commenti al testo.30
È curioso come in quelli stessi anni Tolkien stesse scrivendo
e ultimando il suo primo romanzo, Lo Hobbit, in cui viene
menzionata la figura del Negromante, che si rivelerà essere
lo stesso Sauron. Ancora una volta, nonostante Tolkien abbia
sempre negato che la sua opera potesse riprendere eventi del
30 J.R.R. Tolkien. The Lost Road and Other Writings, pp. 33-36.

230
Mondo Primario a lui contemporanei, è innegabile che questi
influenzino le concezioni e gli sviluppi della mitologia.
La centralità di Númenor si ritrova anche nel fatto che la
sua storia, presentata come accennato in precedenza in diverse
versioni,31 è associata a due dei racconti, anch’essi incompiu-
ti, più affascinanti mai ideati da Tolkien, The Lost Road e The
Notion Club Papers. Non è questa la sede per discutere di tutti
gli interessanti aspetti che si rivelano nelle pagine di questi due
scritti, ma è significativo notare come siano gli unici ambientati
nel XX secolo e che sono direttamente collegati alla mitologia
principale. Inoltre, gli elementi autobiografici abbondano, anzi
potremmo dire che sono centrali nei rispettivi scritti. Se il pri-
mo racconto, composto proprio nel 1936 ha come personaggi
principali un padre e un figlio, che risiedono sulle coste della
Cornovaglia e sono attirati dalle lingue e dai mondi del pas-
sato, il secondo si svolge nel contesto di un circolo letterario
oxoniense, con evidenti riferimenti agli Inklings e caratteriz-
zazioni tipiche dei suoi membri, come svelano gli appunti e gli
schemi iniziali di Tolkien. Il passaggio dal Mondo Primario a
quello Secondario è un punto cardine dei due racconti e que-
sto può avvenire grazie allo strumento delle lingue artificiali
che concepiscono i rispettivi protagonisti, Alboin Errol e Alwin
Arundel Lowdham. I loro nomi altro non sono che una moder-
nizzazione dell’antico inglese Ælfwine e del Quenya Elendil:
quest’ultimo personaggio apparirà in sogno ad Alboin per con-
vocarlo sull’isola di Númenor. E inoltre è proprio attraverso i
sogni che Alwin Arundel Lowdham riceve le visioni dell’isola
dei Dúnedain prossima alla caduta per opera della gigantesca
onda devastante che inquietava lo stesso Tolkien.
L’americana Verlyn Flieger ha analizzato nel suo A Que-
stion of Time: J.R.R. Tolkien’s Road to Faërie i collegamenti
31 Oltre l’Akallabêth, ricordiamo le prime due versioni di The Fall of
Númenor che sono contenute nel quinto libro della History of Middle-earth, The
Lost Road and Other Writings, mentre la terza versione così come il racconto The
Drowning of Anaûnê sono state pubblicate nel nono volume, Sauron Defeated.

231
spazio-temporali e le relazioni tra il Mondo Primario e quello
Secondario per quanto riguarda l’esperienza dei sogni. È
indubbio che le visioni oniriche, tra cui si aggiungono anche
quelle dei protagonisti de Il Signore degli Anelli, rivestano un
ruolo non trascurabile nella concezione mitologica di Tolkien.
L’isola di Númenor, che alla pari di altri luoghi della Terra di
Mezzo, rappresenta un mondo a sé stante, nasce e si costrui-
sce attraverso i sogni. Se l’Isola Solitaria, Tol-Eressëa, carat-
terizza i primi anni di gestazione del Legendarium, dal 1914
in poi, l’isola di Elenna e le vicende del popolo di Númenor,
dalla seconda metà degli anni ’30, assumeranno una posizione
di rilievo nello spirito creativo di Tolkien. È innegabile, alla
luce di quanto scritto sopra, che entrambe le isole presentino
diverse caratteristiche riconducibili sia all’Inghilterra che alle
isole che il professore di Oxford ammirò durante la propria
vita.

Al Mare, al Mare!32

Con quest’invocazione, una volta distrutto l’Anello e ri-


trovatisi i membri della Compagnia, inizia il canto di Legolas
che tende verso il mare. E le ultime parole dell’elfo presagi-
scono quella che sarà la conclusione del romanzo, nonché il
destino del suo popolo: E dolce l’Isola Perduta che a partire
incoraggia, / Ad Eressëa, Elfica Dimora che mai alcuno sco-
prire potrà, / Ove non cadon le foglie: terra della mia gente
per sempre sarà!33 Così come accade per gli abitanti di un’i-
sola, il mare attira intensamente i personaggi di Tolkien, li
chiama con forza e li spinge ad attraversare i flutti (I will pass
the wide waters lonely sailing nel testo originale inglese). È
quello che accade a Tuor, il primo uomo a vedere il mare: e,
32 J.R.R. Tolkien. Il Signore degli Anelli. Milano: Bompiani, 2000, III, VI,
p. 1142.
33 Ibidem.

232
contemplando Belegaer, il Grande Mare, ne restò ammaliato,
e il suo fragore e il desiderio per esso sempre gli rimasero nel
cuore e nell’orecchio […]34. Il figlio di Tuor, Eärendil, ripren-
de il nome antico inglese Ēarendel, che Tolkien legge com’è
noto nel Christ di Cynewulf, e tra le plausibili origini del ter-
mine si riscontra la radice ear, che ha proprio il significato di
“onda, mare”.
Nel campo di ricerca che riguarda le isole, i cosiddet-
ti Island Studies di cui sopra, il mare è inevitabilmente un
elemento di primo piano, svolgendo, come detto a proposito
della Gran Bretagna, una funzione sia di separazione che di
unione tra isole e continente. In Tolkien ritroviamo tutti questi
aspetti, che sono mutuati dal suo essere e sentirsi profonda-
mente inglese. Sono tanti i punti di contatto tra la biografia
e l’opera del professore di Oxford: i tre grandi racconti della
mitologia, di recente pubblicati in singoli volumi, I figli di
Húrin, Beren e Lúthien e La Caduta di Gondolin, ricalcano
momenti e passaggi che hanno segnato la vita di Tolkien. E
se la Grande Guerra è ormai al centro degli studi biografici
riguardanti in creatore della Terra di Mezzo, quasi come se
Tolkien e la Grande Guerra di Garth avesse aperto un nuovo
filone di studi, numerosi altri aspetti biografici, antropologi-
ci e spirituali sono riscontrabili nel concetto di isola e nelle
isole che caratterizzano l’universo di Arda. Il Legendarium
comincia con un viaggio in mare e l’arrivo presso l’isola di
Tol-Eressëa e si conclude proprio con una nave che salpa dalla
Terra di Mezzo alla volta della stessa isola, chiudendo, an-
che se non definitivamente, dato lo stato d’incompiutezza e
di continua evoluzione delle leggende, il cerchio mitologico
dell’Inghilterra, un’isola.
In queste poche pagine, si è tentato di fornire un primo
spunto di riflessione in merito al rapporto tra Tolkien e le
isole, ma si potrebbero sviluppare ulteriori analisi, letture ed
interpretazioni, che porterebbero forse ad introdurre Tolkien
34 J.R.R. Tolkien. Il Silmarillion, pp. 299-300.

233
all’interno degli Island Studies. Un nuovo argomento a favore
della tesi per cui il nostro autore faccia parte a pieno titolo di
quella letteratura mondiale, Weltliteratur, teorizzata da Goe-
the.

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