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Non val

acqua al mio
foco Trombonata
gran

Frottola →

composizione diffusa nel 500 nelle corti


settentrionali

Poteva essere → 4 voci vocali


| voce vocale ,
e un
accompagnamento strumentale ( basso e Thor) e l' altro omesso .

Infatti vi furono a ristampe di Petrucci in


queste modalità .

Testo di carattere amoroso ottonari


struttura poetica detta Barzelletta →
una
ripresa di 4 versi ripetuta ad
ogni strofa con una struttura musicale ABO
strofe di 6 o 8 versi con struttura musicale
AA⑦
Questa frottola segue
la scansione tradizionale tranne per
il fatto che la ripresa e
riproposta in parte variata ⑦BA⑧À④!
Madrigale 500

durchkonporiet →
composizione non strofica →
enfatizzazione del
non vi sono elementi musicali ripetuti significato del testo

(
,
anche te elementi
solitamente da 3 a 8 voci ( più a 4 e a 6) compositivi detti
Madrigali sui

Q tale
scopo Bembo ridare
voleva

dignità musicale alla lingua italiana con

I primi madrigali sono


più simili alla frottola lo era quella greca
poiché ancora in sviluppo

[Rinascimento]
ispirarsi all' epoca
cerca di unire parola e musica alternando classica

contrappunto nelle parti spensierate e dinamiche Arcade lt


omofonia nelle parti meste e languide Bianco dolce
e
cigno

.

Successivamente oltre alla componente orizzontale Willaert


quella il testo I piansi canta
anche verticale viene
piegata per ,
or

Questo ha una forma più compatta ,


vi è l'alleanza tra contrappunto e omofonie anche se non nettamente
Zerbino suo discepolo → armonia min
,
magg o
.
.

C. De Rare →
iniziatore della seconda pratica discussa poi da Monteverdi ( Artrosi)
O sonno

singole parole del discorso

[
si concentra non sulle ma sul senso

utilizzando anche delle vere


raffigurazioni quasi pittoriche sulla musica

( Madrigalisni )

Le sezioni anaforiche seguono testo il ( Giovanni della casa)


l' armeria è oscurata da cromatismi indicare l' oblio
per

Wert
Misera non credeva

supera De Rare facendo in modo che anche la musica imitasse


l' inflessione del la
parlato declamazione
| rappresentativa
con


rappresenta con
precisione le lendini

Dalla Gerusalemme liberata → Erminia piange la morte di Tancredi per mano di Agente
Classicisti Manieristi
Palestrina e Marani De Venosa e burrasche
/ I

v
niitiiiitciinaiici a
gradi congiunti
solo e Pensoso
(del
solo le
)
prime 2 quartine
sonetto di Petrarca
Beltà che poi t' assenti ( semplice →
contrappunto
uditene armoniche

Esprime le emozioni attraverso arditezze


Per rappresentare il carattere Mesto del armoniche ritmiche e
sperimentazioni .

Testo la valori A passi di estrema complessità armonica


voce
superiore sole di nona a re

larghi con un cromatismo e allo stesso modo


,
susseguono parti di estrema semplicità
discende di quinta .
caratterizzati da contrappunti imitativi e melodie
Mentre le altre voci discendono velocemente diatonica
simbolo di disperazione

Esprimono tramite semplicità Esprimono tramite arditezze .

Impegna le ( la
sue composizioni di
grande soggettività uccide
moglie
Chiesa per espiare i
peccati
Il Cinquecento
L’incontro e la fusione del sofisticato linguaggio polifonico nordico con la sonorità
vocale propria della tradizione italiana sono gli aspetti che maggiormente
caratterizzano l’arte musicale del Rinascimento.
La teoria musicale del Rinascimento fu profondamente ricettiva nei confronti della
riscoperta del pensiero Classico Greco. Alcuni teorici rinascimentali erano fortemente
convinti che il linguaggio musicale del loro tempo fosse nettamente inferiore a quanto
era nell’antichità. Altri credevano che la pratica musicale moderna aveva raggiunto
uno stato di perfezione che tuttavia richiedeva una spiegazione razionale in base alle
speculazioni teoriche formulate dai Greci. La teoria del cromatismo di Nicola
Vicentino, si basava sulla convinzione he la musica comunemente eseguita dagli
antichi Greci fosse in realtà una mescolanza dei tre generi del tetracordo e non fosse
limitata al solo genere diatonico, come invece altri teorici sostenevano. Vicenzino
pertanto sollecitò i compositori a liberare la musica dalle strettezze diatoniche del
sistema modale.
Gioseffo Zarlino fu il teorico che più di ogni altro ebbe la capacità di interpretare con
razionalità d’indagine la tradizione teorica del passato considerata in relazione alla
realtà musicale del suo tempo, egli rappresenta la figura tipica dell’uomo
rinascimentale che avverte la necessità di approfondire le conoscenze sulla tradizione
del passato per intervenire a cambiare la realtà del mondo che ci circonda. Nei suoi
scritti teorici Zarlino dimostra di aver letto le principali opere di filosofia, teologia,
matematica, storia e letteratura dell’antichità classica e del Medioevo. Nelle Istitutioni
harmoniche riassume e accetta solo in parte i concetti della teoria musicale medievale,
rifacendosi invece alle teorie di Tolomeo nel tentativo di includere nella serie delle
consonanze pitagoriche (ottava, quinta e quarta) anche le terze e le seste, adoperate
frequentemente dai compositori del tempo. Fornì quindi delle regole precise per il
trattamento del testo in composizioni polifoniche vocali e stabilì razionalmente la
differenza tra consonanze e dissonanze, anche facendo ricorso a calcoli matematici,
fissò le premesse scientifiche dell’armonia accordale introducendo la concezione di
“accordo” in luogo di “intervallo”. Egli giustifica razionalmente le formazioni di
accordi maggiori e minori in base alla posizione rispettiva della terza (la concezione di
rivolto ancora non esiste). A Zarlino va anche il merito di aver contribuito alla
sostanziale sostituzione dei modi ecclesiastici cin la bimodalità del maggiore e del
minore.
Nelle corti settentrionali come Mantova, Ferrara e Urbino, e in Veneto si coltivò a fine
secolo il repertorio della musica profana sotto lo stimolo dei letterati umanisti. Fu
sicuramente la corte degli Este a Ferrara che, più di ogni altra e per quasi tutto il
secolo, divenne uno dei più importanti centri musicali d’Italia. Questo anche per la
numerosa cappella che possedeva. Il mecenatismo in questo senso fu denominato
Mecenatismo istituzionale, ovvero la musica aveva il ruolo di far risaltare lo status
symbol del mecenate. Questo nell’epoca umanistica si evolse in Mecenatismo
umanistico, ovvero secondo la filosofia classica di Aristotele ripresa in quel periodo,
la musica doveva far parte dell’educazione del signore e rientrava nel curriculum
formativo del perfetto uomo di corte. Alla musica infatti, nel suo legame
imprescindibile con la parola, veniva riconosciuto il potere espressivo e suasivo di
muovere gli “affetti” dell’animo, e la si riteneva quindi indispensabile per lo sviluppo
dell’uomo di corte.
Le corti che in questo periodo ebbero più importanza furono le costi di Mantova con
Isabella d’Este, sposa di Francesco Gonzaga, e Ferrara con Lucrezia Borgia, sposa di
Alfonso I d’Este. Cercarono entrambe di accaparrarsi il servizio dei maggiori
esponenti del tempo come Bartolomeo Tromboncino, il cui nome è legato soprattutto
alla composizione di Frottole. Altro esponente del genere della frottola e non solo, fu
Marchetto Cara che deteneva il ruolo di maestro di cappella a Ferrara.

La Frottola
È una composizione strofica sviluppatasi nelle corti settentrionali (Ferrara, Mantova e
Urbino) tra la fine del Quattrocento e i primi decenni del cinquecento, per declinare
definitivamente tra il 1520 e il 1530.
L’esecuzione poteva avvenire in due modi:

1. le quattro parti vocali venivano affidate ed un gruppo di cantori.


2. Erano eseguita a una voce solista (che cantava il cantus, la voce più acuta) ,
accompagnata da uno strumento (di norma il liuto) che suona le parti del tenor
e del bassus (la linea dell’altus veniva omessa).
Ciò dimostra che molte frottole erano concepite per canto accompagnato. Il genere
della frottola è quindi da ritenersi emancipazione diretta della lunga tradizione dei
cantori improvvisatori, poiché si presenta come prodotto finito (cioè scritto).
Lo stile musicale della frottola è decisamente indirizzato a far prevalere la linea del
canto sulle altre parti, destinate invece ad avere funzione di accompagnamento che
tende ad essere accordale, con un preciso senso della modalità maggiore e minore. La
linea vocale della parte superiore ha una condotta segnatamente sillabica, con qualche
breve melisma per mettere in evidenza le sillabe accentate delle parole. Più estese
fioriture melodiche potevano essere utilizzate verso la fine delle frasi.
I testi poetici del repertorio frottolistico sono di carattere amoroso. Lo schema poetico
più comunemente usato dalla frottola vera e propria, viene chiamato dagli studiosi
della letteratura chiamano “barzelletta” e che è di struttura metrica analoga alla ballata
trecentesca, tuttavia con una spiccata preferenza per il verso ottonario. La struttura
della forma musicale è sempre strettamente legata agli schemi letterari, essa è
composta da una ripetizione di quattro versi (ripetuti per intero o solo in parte , alla
fine di ogni strofa) e da una stanza, solitamete di sei o otto versi suddivisa in
mutazioni e volta. Sotto il profilo musicale , il tipo più comune di frttola ù costituito
da due episodi musicali (A B), ciascuno suddiviso i due frasi formano la scansione
AB(ripresa) AAB (strofa).
In particolare la frottola “Non val aqua al mio gran foco” di Bartolomeo
Tromboncino segue la scansione tradizionale della frottola, ma la ripresa è riproposta
in parte e leggermente variata seguendo quindi la scansione ABAABA’AABA’ etc.
Vi furono due versioni stampate da Petrucci una per quattro voci e una per canto
accompagnato da strumento.
Il madrigale
Genere che più in assoluto dominò lo scenario italiano del tempo fu il Madrigale.
Molto diverso dal quello del Trecento, è la forma specifica del Cinquecento, si tratta
di una composizione polifonica ed è un durchkomponiert, ovvero un componimento a
forma aperta, senza frasi ed episodi musicali ripresi, con versi endecasillabi e
settenari. Il nome proviene dall’omonimo breve componimento poetico in cui
endecasillabi e settenari sono liberamente rimati. Da 3 a 8 voci (ma spesso da 4 a 6)
hanno ciascuna indipendenza ritmica e melica, ma sono interdipendenti tra loro.
Lo scopo del Madrigale consiste di realizzare in maniera sonora il contenuto del testo,
tanto da utilizzare artifici compositivi detti Madrigalismi, ossia rappresentazioni
pittoriche di singole parole mediante la musica: un rapido melisma ad esempio per le
parole aria vento. Fino ad arrivare all’utilizzo della musica visiva, in cui tali artifici
anche grafici della notazione musicale, venivano utilizzati per tradurre visivamente
determinati concetti.
Riguardo tale scopo, Pietro Bembo elabora un’ideologia musicale e poetica. Da un
lato se i compositori si riferivano alla tecnica compositiva grazie ai trattati come
quello di Zarlino, in ambito poetico si rivolgevano al trattato di Torquato Tasso sulla
lingua toscana e a quello di Bembo Prose della volgar lingua, scritto nel tentativo di
ridonare alla poesia italiana specifiche qualità fonetico musicali (insite già nella lingua
greca) prima ancora che logiche dall’esempio del Canzoniere di Petrarca. Questo nel
tentativo di far rivivere la civiltà classica, carattere fondamentale del Rinascimento.
Questo tipo di trattati erano fondamentali per i Madrigalisti. “La poesia non è che un
embrione di creazione sonora”.
Le origini del madrigale si possono ritrovare a Roma e Firenze e lo sviluppo iniziale a
Venezia. I luoghi originari appunto erano i circoli umanistici di Roma e Firenze di cui
faceva parte lo stesso Bembo e i maggiori esponenti del genere madrigalistico ovvero
Verdelot e Arcadelt.
Un madrigale che fu pubblicato nel Primo libro di madrigali di Arcadelt, Bianco e
dolce cigno, con testo di Giovanni Guidiccioni. È uno dei primi madrigali, quindi
molto smile al genere della frottola ma con una cura del testo maggiore. Arcadelt
cerca di un ire il testo alla musica alternando sezioni di declamato corale omofoniche
per le frasi più languide e tristi, a sezioni in contrappunto per le frasi più dinamiche e
spensierate.
In un altro esempio di Madrigalista si pone come esempio della prima pratica, Willaert
a Venezia, mette in pratica la poetica di Bembo che costituiscono insieme ai mottetti la
sua opera capitale. I suoi madrigali sono tutti (tranne 1) su dei sonetti di Petrarca,
divisi in due parti (le due quartine in un madrigale e le due terzine in un altro). I suoi
madrigali hanno una forma piuttosto compatta e si nota l’alternanza tra sezioni
omofoniche e sezioni contrappuntistiche che in questo momento non vengono
separate nettamente (come per Arcadelt) ma vengono intrecciate tra di loro. Zarlino,
discepolo di Willaert, nel suo trattato dice di utilizzare armonie maggiori, riti veloci e
accordi di terza e quinta nelle parti allegre e euforiche e viceversa bisogna nelle parti
tristi e meste usare armonie minori, i ritmi lenti e accordi di terza e seste.
Ad esempio nel madrigale I piansi, hor canto nella frase “I piansi” viene usata una
tonalità minore e l’omofonia, mentre in “hor canto” vengono usate tonalità maggiori e
il contrappunto.
Vediamo una distinzione tra una prima e una seconda pratica. Nella prima pratica
l’armonia non era comandata ma comandante, cioè la parola era messa in secondo
piano per dar voce alle grandi strutture contrappuntistiche, si racchiudono quindi le
opere dei Fiamminghi mentre nella seconda pratica l’orazione (la parola, il testo) non
è più serva ma signora dell’armonia, cioè il testo prende sempre più importanza e la
musica dipenderà dal testo
Cipriano de Rore viene considerato colui che ci avvicina inizialmente alla seconda
pratica, il vero e proprio esponente sarà Monteverdi. Quest'ultimo che sarà il vero
attuatore della seconda pratica, dichiara che questa non è altro che un estenzione di ciò
che era avvenuto prima, ovvero la convivenza perfetta tra testo e musica.
De Rore fu discepolo di Willaert e anche lui fu alla guida della cappella di S. Marco.
Vediamo che lui a sua volta superi Willaert, come aveva fatto quest’ultimo con
Arcadelt, cercando di trasformare in maniera figurata il testo, ricreando non solo in
maniera musicale-armonica il contenuto del testo, ma anche in maniera figurata,
pittorica.
La polifonia di Willaert era articolata secondo unità metriche, mentre de Rore cerca di
articolare in immagini musicali il senso del discorso e non della singola parola,
modella quindi le frasi melodiche sulle unità sintattiche, le proposizioni armoniche
coincidono con quelle sintattiche.
Questo lo possiamo trovare nel suo secondo libro di madrigali stampato a Venezia nel
1557 su un sonetto di Giovanni della Casa dove in particolare si può rintracciare un
uso sistematico dell’enjambremant (figura retorica che consiste nel terminare il verso
nel verso successivo), non vi è quindi un verso che non passi uno nell’altro.
Attenzioniamo due quartine nel sonetto O Sonno o della quieta unida ombrosa di
Giovanni della Casa, in cui le sezioni omofoniche seguono il testo l’armonia e limpida
e ogni oscuramento è dato dall’utilizzo di note alterate per rendere ancor di più le
immagini dell’oblio.
Con de Wert si acquisisce quella che viene chiamata declamazione rappresentativa e
mozione degli affetti. Con lui i centri più importanti tornarono ad essere Ferrara e
Mantova e li conosce Torquato Tasso e fu infatti il primo a mettere in musica alcune
ottave della Gerusalemme Liberata prima ancora che sia pubblicata.
La musica di Wert esprime non solo con estrema precisione il contenuto del testo ma
anche il modo, tanto da imitare le inflessioni del parlato.
Dimostra tutto ciò nel madrigale sul testo del 19° canto della Gerusalemme Liberata
dove Erminia piange la morte di Tancredi per mano di Argante, un madrigale
nell’ottavo libro di madrigali a 5 voci del 1586.
Nel tardo rinascimento si distinguono due tipologie di compositori I classicisti e i
manieristi.
Quest’ultimi approfittano del solido equilibrio e della complessa stabilità della
costituzione musicali, sperimentano nuovi elementi eccentrici e introducono nuove
forme di tensione. I classicisti invece riassumono queste maniere nella semplicità
classica.
Della fazione dei Classicisti vi sono Palestrina e Luca Marenzio, mentre tra i
manieristi Gesualdo da Venosa e Luzzasco Luzzaschi.
Vediamo nel madrigale “Solo e pensono” di Marenzio su un sonetto di Petrarca, di cui
utilizza le due prime quartine, nel nono libro di madrigali a 5 voci. Qui il compositore
riesce ad esprimere il carattere mesto del testo mediante l’utilizzo efficace di
cromatismi nella voce del soprano che sale a note lunghe di una nona, semitono per
semitono, per poi ridiscendere di una quinta, mentre le altre voci discendendo
velocemente per arpeggi dissonanti rappresentano la disperazione.
Gesualdo dominato invece dalle emozioni e le tinte forti e travolgenti, che egli
esprime mediante l’uso di arditezze e stravaganze armoniche, ritmiche, melodiche
estreme, che si alternano e si oppongono a stati d’animo lieti e sereni, espressi
mediante la condotta polifonico-diatonica delle parti. Quindi a dei passi articolati in
una serie di accordi cromatici a valori lunghi di inaudita modernità fanno seguito, a
volte imprevedibilmente, episodi di estrema semplicità, caratterizzati da ritmi apidi da
contrappunti imitativi e melodie diatoniche, sembra avere un’articolazione del primo
madrigale cinquecentesco di Arcadelt ma con un nuovo risvolto armonico.
Beltà che poi t’assenti è il secondo madrigale del sesto libro di madrigali del 1616.
Altro manierista L. Luzzaschi fa stampare una raccolta di madrigali per cantare et
sonare composti per uno, due, tre soprani e cembalo. Qui per la prima volta venivano
trascritte sia le varie ornamentazioni che le cantanti dovevano eseguire, sia la parte del
cembalo trascritta per la prima volta per esteso. Inizia con un verso emblematico del
terzo atto del pastor fido di Guarini “O dolcissime amatissime d’amore”.

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