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Meta!sica
Appunto di !loso!a completo su
tutta la meta!sica di Aristotele: il
signi!cato della meta!sica, essere e
sostanza, simbolo di materia
…continua
e
forma, scienza e conoscenza,
di Ali Q 15' di lettura
Mito (24471 punti) 5/5 (3)

Video appunto: Meta!sica

La Meta!sica di Aristotele
INTRODUZIONE:
Aristotele sostiene che esistono tre tipi di
scienze:
1) TEORETICHE: sono la meta!sica, la !sica e
la matematica. Queste scienze hanno per
oggetto il necessario (cioè ciò che non può
essere diverso da come è) e come scopo la
conoscenza disinteressata del vero.
2) PRATICHE: sono l’etica e la politica. Queste
scienze hanno per oggetto il possibile ed
indagano sul modo di agire dell’individuo.

3) POIETICHE: anche queste scienze hanno


per oggetto il possibile, e sono le scienze che
indagano nell’ambito della produzione di
opere ed oggetti.

Detto questo, la meta!sica è la scienza che


indaga le strutture profonde e le cause
ultime del reale, che vanno al di là dei sensi
o dello studio della !sica.
Aristotele chiamava però la meta!sica
“!loso!a prima”, non meta!sica: questo
nome gli fu infatti dato da Andronico di Rodi,
che riordinò le opere di Aristotele su questo
argomento “dopo le opere di !sica”. Nel
seguito, però, il termine “meta!sica” è
rimasto -anche perché molto appropriato-
ad indicare ciò che Aristotele chiamava
“!loso!a prima”.
Secondo Aristotele: “la meta!sica studia le
cause ed i principi primi, studia l’essere in
quanto essere, studia la sostanza, studia Dio e
la sostanza immobile”.
Tra queste, la de!nizione più importante è
forse la seconda: la meta!sica aristotelica
studia l’essere in quanto essere. Questa
de!nizione signi!ca che la meta!sica non
studia una particolare qualità dell’essere, ma
la realtà tutta: tutto l’essere ed ogni essere a
prescindere dai suoi attributi.
Tutte le altre scienze ne studiano invece solo
una parte. Esse sono infatti “!loso!e
seconde”, subordinate rispetto alla “!loso!a
prima”, che è il presupposto indispensabile
di ogni ricerca.

L’ESSERE E LA SOSTANZA:
La prima domanda che si pone la meta!sica
è: che cos’è l’essere?
Per Aristotele l’essere non ha un’unica
forma, ma ha una molteplicità di aspetti e
signi!cati. L’essere si manifesta dunque in
molti modi.

Secondo Aristotele gli innumerevoli modi in


cui l’essere può manifestarsi possono essere
raggruppati in 4 gruppi:
1) L’ESSERE COME ACCIDENTE;
2) L’ESSERE COME CATEGORIE;
3) L’ESSERE COME VERO;
4) L’ESSERE COME ATTO E POTENZA.

Occupiamoci prima del secondo punto.


Le categorie non sono altro che quelle
caratteristiche fondamentali che ogni essere
deve avere. Sono la sostanza, la qualità, la
quantità, la relazione, l’agire, il subire, il dove
e il quando, l’avere (cioè il suo stato) e il
giacere (cioè il suo essere in una certa
condizione).
Sono i modi fondamentali in cui la realtà si
presenta, i predicati fondamentali
dell’essere. Il più importante tra questi
predicati è la sostanza, perché le altre la
presuppongono: l’essere dunque essere per
poter avere delle qualità. La sostanza è
dunque il punto di riferimento di tutte le
altre categorie.
Questo spiega come l’essere non sia né
univoco, ma nemmeno equivoco o
omonimo.
In altre parole non è né completamente
unico né completamente diverso, perché
tutti i suoi attributi si riferiscono alla
sostanza dell’essere.
La sostanza è quindi la “via di mezzo” tra
l’essere e le categorie.

Ma se l’essere si identi!ca con le categorie, e


queste poggiano sulla sostanza, che cos’è la
sostanza? Non è semplice rispondere a
questa domanda.
L’oggetto della meta!sica è proprio questo.
Tutte le altre scienze studiano una
determina cosa spogliandola da tutte quelle
qualità non attinenti. Allo stesso modo la
meta!sica deve studiare l’essere non con i
suoi attributi (o categorie), ma la sua
sostanza: il suo essere in quanto è.

Per far questo occorre tener presente il


“principio di non contraddizione”, che si basa
su due precetti:
1) Non si può a"ermare e negare nello
stesso tempo uno stesso predicato intorno
ad uno stesso soggetto;
2) E’ impossibile che la stessa cosa sia e non
sia.
Questo vuol dire che ogni soggetto ha una
sua determinata natura che è necessaria
(cioè non può essere diversa). Questa
NATURA NECESSARIA altro non è che la
sostanza.
La sostanza è dunque l’essere dell’essere, il
suo signi!cato fondamentale.

LA SOSTANZA COME SINOLO


DI MATERIA E FORMA:
Un tipo di sostanza è dunque l’individuo, che
funge da soggetto alle varie categorie.
La sostanza è indipendente, mentre le
qualità ad essa attribuite ne sono
dipendenti. La sostanza è la “portatrice” degli
attributi.
L’essere, nella sua totalità, è dunque un
insieme di sostanze e le qualità che si
riferiscono a queste sostanze.
La sostanza è un SINOLO –cioè un’unione
indissolubile- di materia e forma.
La forma è la sua natura propria, la struttura
che rende tale la sostanza. Negli esseri
viventi, la forma è la specie a cui essi
appartengono.
La materia è invece ciò che la compone.
Nel sinolo la forma è ATTIVA, mentre la
materia è PASSIVA. Infatti è la forma a
plasmare la materia. Per questo possiamo
dire che la forma è l’essenza stessa della
sostanza.

Volendo ricapitolare:
1) La sostanza è l’essere dell’essenza e
l’essenza dell’essere;
2) L’individuo (una sostanza) è un sinolo di
materia e forma. La forma fa sì che il sinolo
sia quello che è.
3) La sostanza è la struttura !ssa ed
immutabile che de!nisce una cosa.

Da essa va invece distinto l’ACCIDENTE.


L’accidente è una qualità che la sostanza può
avere o non avere senza però cessare di
essere quella determinata sostanza. In altre
parole, è una caratteristica casuale o
fortuita.
Es. Socrate è un uomo (caratteristica
necessaria, perché non si può cessare di
essere tali) allegro, pallido…(accidente,
perché è una caratteristica che può mutare).

LA SCIENZA E LA
CONOSCENZA:
La sostanza è ciò per cui ogni essere è
necessariamente ciò che è, la sua
de!nizione.
La sostanza è qualsiasi cosa.
Se essa vale per ogni cosa, sono allora le
qualità a di"erenziare gli oggetti.
Pertanto Dio non è l’essere più importante
per la sua sostanza, ma per le sue qualità.

La sostanza è l’oggetto della scienza.


Tutte le scienza studiano infatti una diversa
forma della sostanza, e sono perciò tutte
ugualmente importanti.

Ciò che spinge alla scienza e alla conoscenza


è la meraviglia, ed esse consistono nel
rendersi conto delle cause delle cose.

Esse possono essere di quattro tipi:


1) MATERIALE: la materia di cui una cosa è
fatta;
2) FORMALE: l’essenza di una cosa;
3) EFFICIENTE: ciò che dà origine al
mutamento o alla quiete, ciò che origina
qualcosa;
4) FINALE: lo scopo.
Ma queste quattro cause non sono altro che
speci!cazioni della sostanza, quindi
dell’essere.
Nei processi naturali la causa formale,
e#ciente e !nale coincidono (come ad
esempio nei bambini, per i quali l’ “uomo
adulto” è causa formale, e#ciente e !nale).
Negli oggetti inanimati, invece, queste cause
sono tra loro di"erentissime.

Aristotele sottolinea che molti altri pensatori


precedenti avevano rilevati queste cause,
tuttavia essi hanno sempre insistito su uno
solo di essi, perdendo di vista le altre.
I platonici, per esempio, hanno rilevato solo
la causa formale delle cose, cioè le idee.
Contro di esse Aristotele muove però alcune
critiche:
1) Se le idee sono separate dalle cose, come
possono esserne la causa formale? Il
principio delle cose, infatti, non può che
risiedere dentro di esse, e il suo nome non
“idea”, ma “forma”.
2) Aristotele sostiene che non è possibile che
vi sia un’idea solo per ogni concetto e cosa:
le idee anzi devono essere in numero
maggiore. Deve infatti esistere l’idea di una
cosa e di tutti i suoi caratteri. In questo
modo, però, il lavoro del !losofo diventa
molto complicato. Aristotele sostiene
dunque che le idee, intese fuori dalle cose,
non sono altro che inutili “doppioni” che
rendono la spiegazione delle cose più
di#cile. Inoltre, se si analizzano bene le
teorie di Platone, dovrebbero esistere idee
anche per le cose negative e transitorie. Allo
stesso modo, tra cosa ed idea dovrebbero
esserci ancora un’idea, e tra le questa idea e
le altre idee, e così via all’in!nito.
3) Se le idee sono immobili, come si spiega il
moto delle cose?

LA DOTTRINA DEL DIVENIRE:


Precedentemente si è accennato al fatto che
l’essere è anche ATTO E POTENZA.
Spieghiamo cosa signi!ca.
Il divenire esiste di sicuro, proprio come
a"ermava anche Eraclito: un !ore sboccia,
un bambino cresce…ma come deve essere
pensato questo divenire?
Secondo Parmenide, il divenire è
impensabile, perché implicherebbe il
passaggio tra l’essere ed il non-essere.
Questo passaggio non è possibile, perché dal
nulla non può venir fuori nulla, e allo stesso
modo l’essere non può portare al nulla.
Per Aristotele, invece, il divenire non è che il
passaggio fra un modo di essere ed un altro.
Il divenire è dunque una modalità
dell’essere. Aristotele elabora dunque il
concetto di “potenza e atto”. La potenza è la
possibilità della materia di assumere una
certa forma. L’atto è il raggiungimento dello
scopo.
Possiamo dire dunque che la potenza sta
alla materia come l’atto sta alla forma.
Difatti la materia non ha possibilità di
assumere forme diverse. Quindi il divenire
parte dalla pura potenza di una certa forma,
e il punto di arrivo (l’atto) è l’assunzione di
tale forma. Il divenire è dunque formato da
potenza e atto, o, per usare le parole di
Aristotele, esso comprende materia,
privazione e forma.Tra potenza e atto, l’atto
è sicuramente più importante perché per
conoscere la potenza è necessario conoscere
anche l’atto.
L’atto non rappresenta che le “quattro
cause” della potenza. L’atto però, non è una
possibilità della potenza, ma una sua
“necessità”. La necessità è dunque il
principale strumento interpretativo
dell’essere.

Utilizzando le sue teorie sul divenire,


Aristotele riesce a spiegare anche il
“movimento” delle cose, che invece i
platonici non erano riusciti a fare.
Il movimento non è altro che il divenire delle
cose, e presuppone, delle quattro cause, la
CAUSA EFFICIENTE e la CAUSA FINALE.
Il movimento è dunque un passaggio da una
potenza ad un atto, proprio come il divenire.
Ma quali sono gli atti e le potenze “supreme”.
La potenza suprema è certamente la
MATERIA PRIMA o PURA POTENZA.
Essendo essa assolutamente indeterminata,
è una pura nozione teorica, che non può
essere conosciuta dal momento che nel
mondo esiste solo la materia già formata. E’
la base stessa del divenire.
Al polo opposto si trova invece la FORMA
PURA o ATTO PURO, cioè la perfezione
compiuta, una sostanza immobile e divina.

LA CONCEZIONE DI DIO:
La meta!sica, dice Aristotele, indaga l’essere
più alto e la causa suprema del cosmo: Dio.
Vediamo come Aristotele ne dimostra
l’esistenza: prendendo come punto d’inizio la
cinematica, egli sostiene che tutto ciò che è
in moto deve essere necessariamente mosso
da qualcos’altro. Questo qualcos’altro è a
sua volta mosso da qualcos’altro, e così via.
Ma dovrà per forza esistere il principio di
tutto questo, altrimenti il movimento
resterebbe inspiegato. Per cui, essendo
necessario trovare un punto d’origine, ci sarà
un PRICIPIO PRIMO e IMMOBILE che dia il via
a tutto questo.
Dio diventa dunque per Aristotele un
“motore immobile” che possiede i seguenti
attributi:
1) E’ atto puro, perché non è soggetto al
divenire, e non contiene quindi alcuna
materia (o potenza);
2) Poiché forma pura –e quindi senza
materia- è sostanza incorporea;
3) E’ eterno, essendo causa del movimento
dei pianeti e dell’universo, che sono eterni;

Nasce però una domanda: come può Dio far


muovere essendo immobile?
Questo perché Dio non è CAUSA EFFICIENTE,
ma FINALE delle cose. Pur rimanendo
immobile, dunque, conferisce alle cose una
forza calamitante che le fa muovere.
Ma come fa Dio a dare ordine al mondo?
Questo punto della meta!sica aristotelica è
sempre rimasto oscuro, sebbene si possa
dedurre, giacché la materia tende verso la
forma ed è spinta ad assomigliargli, che non
sia tanto Dio ad ordinare il mondo, ma
piuttosto che il mondo si auto-ordini.
L’essere è dunque un processo eterno per
assomigliare a Dio, che non si esaurisce mai,
perché niente potrà mai arrivare ad essere
puro atto.

Dio non è però unico: esso è solo il motore


del primo cielo. Un discorso analogo si può
quindi fare per tutti i cieli. Perciò ci saranno
tanti “motori immobili” quante sono le sfere
celesti.
Il rapporto tra questi dèi e il dio del primo
cielo non è chiaro, anche perché non
bisogna dimenticare che Aristotele aveva
una concezione politeista di base.
Per i pensatori dell’epoca molte cose sono
divine: l’anima, l’intelligenza…
Il monoteismo verrò portato solo dalla
mentalità ebraico-cristiana.
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