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DOÑA SOL:
Ce silence est trop noir, ce calme est trop profond.
Dis, ne voudrais-tu point voir une étoile au fond ?
Ou qu’une voix des nuits, tendre et délicieuse,
S’élevant tout-à-coup, chantât ?…
Questo silenzio è troppo nero. Questa calma è troppo profonda.
Dimmi, non vorresti vedere una stella in fondo (al cielo)?
[Dona Sol è spaventata dalle tenebre così fitte, senza stelle]
O (non vorresti) che una voce delle notti, tenera e deliziosa,
elevandosi all’improvviso, cantasse?
[Qui invece Dona Sol si augura di sentire una voce delle notti, ossia il canto dell’usignolo]
HERNANI, souriant
Capricieuse ! Tout à l’heure on fuyait la lumière et les chants !
Capricciosa!
Poco fa fuggivi la luce e i canti!
DOÑA SOL.
Le bal ! Mais un oiseau qui chanterait aux champs ! Un rossignol perdu dans l’ombre et dans la
mousse, Ou quelque flûte au loin !… Car la musique est douce, Fait l’âme harmonieuse, et comme
un divin choeur, Éveille mille voix qui chantent dans le coeur ! Ah ! Ce serait charmant !
On entend le bruit lointain d’un cor dans l’ombre.
Dieu ! Je suis exaucée !
Fuggivo) il ballo! Ma non un uccello che cantasse nei campi!
Un usignolo perduto nell’ombra e nel muschio,
O qualche flauto in lontananza!... Perché la musica è dolce,
rende l’anima armoniosa, e come un coro divino,
sveglia mille voci che cantano nel cuore!
Ah! Sarebbe bellissimo!
Si sente il suono di un corno in lontananza nell’ombra
Dio! sono esaudita!
[Nel momento in cui evoca il canto dell’usignolo o uno strumento che rompa questo silenzio, sente
il suono del corno, e crede che il suo desiderio sia stato esaudito. Ovviamente lei non sa niente
della storia del corno e del giuramento fatto da Hernani, quindi c’è un quiproquo: non è in grado di
interpretare il vero significato del suono del corno, e mentre Hernani si dispera, lei non
comprende le sue reazioni.]
Commento: Ci sono tante cose che si devono dire. Prima di tutto che si tratta di un momento di
pausa dell’azione, e questo è sottolineato più volte: è la stessa Dona Sol che chiede “rien qu’un
moment ! / Le temps de respirer et de voir seulement.”. C’è un momento contemplativo: i due si
affacciano alla balaustra, guardano e ascoltano. Quindi questo brano lirico è allo stesso tempo un
canto di due amanti che cantano all’unisono (l’elemento musicale è molto presente), ed una
visione.
Vediamo meglio questi due elementi: il canto e la musica.
La parola di Dona Sol, la sua voce, è un canto per Hernani: lui stesso lo dice all’inizio della pagina
successiva “Ah ! qui n’oublierait tout à cette voix céleste ?/ Ta parole est un chant où rien
d’humain ne reste.».
Tutto il brano Hugo lo costruisce come una specie di sinfonia, a cui partecipa un po’ tutta la
natura. Prima c’è il silenzio: Dona Sol insiste sul fatto che tutto si sia spento (la musique de fete /
plus de bruit / Tout se tait), però poi si augura di sentire altre voci che si uniscano alla loro, come
quella di un usignolo che canti nella notte (l’usignolo è il tipico uccello della poesia romantica: il
nightingale di Keats; c’è in Romeo e Giulietta), o un flauto lontano. Perché la musica “rende
l’anima armoniosa, e come un coro divino, sveglia mille voci che cantano nel cuore!”. Tutto il brano
insiste su questi valori musicali. E alla fine Dona Sol spiega anche qual è la funzione della musica
secondo lei: placare le pene dell’animo e parlare al cuore.
C’è poi l’elemento della vista con la ripetizione della parola voir (“Regarde!”).
I due quindi, affacciati alla balaustra, ascoltano e guardano. E c’è una parola in part che viene
usata da Hernani: rêverie, che significa “sogno ad occhi aperti / visione”. Parola che vi dovrebbe
ricordare les rêveries di Rousseau (Rêveries d'un promeneur solitaire), in cui è molto importante la
dimensione naturale, e il rapporto dell’io con la natura. Sarà una parola chiave in tutta la
produzione poetica di Hugo: una delle sue poesie più belle, nella raccolta Les feuilles d’automne, si
intitola “la pente de la rêverie” (= l’inclinazione alla rêverie), del 1831. La parola rêverie è una
contemplazione della natura, e anche una contemplazione spirituale attraverso non l’occhio fisico,
ma l’occhio interiore: una sorta di vagabondaggio della mente: una visione. Quindi in questo
brano ci sono queste due dimensioni: il canto e la visione.
E poi c’è la natura, abbondantemente antropomorfizzata e spiritualizzata. Sono evocate figure
femminili personalizzate che emanano dolcezza, che cullano i personaggi: la luna (associata ad
attività umane: riposarsi, respirare, e interagisce con i personaggi), la natura per l’appunto (di lei si
dice che veille amoreusement) è una figura femminile che emana dolcezza, la notte che sembra
dialogare con i due. È un frammento di poesia della natura, tipicamente romantica, in cui sembra
che la natura partecipi silenziosamente alla felicità dei due amanti.
Poi ci avviciniamo ad una poetica pre-simbolista: Hugo ha dei momenti in cui anticipa quella che
sarà la poesia simbolista. Per esempio i due personaggi mescolano le loro notazioni visive (la luce,
la tenebra) con quelle uditive (il silenzio, il rumore, la musica) e olfattive (l’air embaumé de rose),
siamo vicini alla sinestesia (che diventerà una figura retorica chiave per Baudelaire, Rimbaud).
Sinestesia: l’associazione la di due parole che appartengono a campi sensoriali diversi.
Come a verso 1951:
Tandis que tu parlais, sa lumière qui tremble
Et ta voix, toutes deux m’allaient au coeur ensemble,
La luce (dimensione visiva) e la tua voce (dimensione uditiva) mi andavano al cuore, quindi si
fondevano insieme in qualche modo. C’è l’effetto coniugato di sensazioni di tipo diverso.
Poi è un momento di felicità: c’è tutto il campo semantico della felicità: joyeux, joie, felicité; della
quiete: respirer, repose; della morte: come abbiamo detto prima, all’interno di questa quiete
apparente ci sono dei segnali che annunciano la fine tragica dei due amanti. Come aveva detto
Dona Sol prima di questa scena (non lo abbiamo letto), verso 1940:
Vois-tu ? c’est la joie, Et je pleure
Questa è per noi la gioia, ed io piango. Una specie di presentimento di morte che però non è
cosciente nei personaggi. E lo dice poi “j’aurais bien voulu mourir en ce moment »
La morte sembra la agita, ma allo stesso tempo la attrae.
Hugo anticipa anche elementi che saranno propri del teatro simbolista: ad esempio il teatro
dell’autore Belga molto importante Maeterlink, che scrive un testo Pelléas et Mélisande in cui
appunto, all’interno di immagini felici, si trovano anche presagi di morte.
C’è poi l’aspetto propriamente musicale dei versi. Abbiamo detto le altre volte che i versi di Hugo
sono molto spezzati, il ritmo varia costantemente, è frantumato, ci sono enjambements costanti, è
una versificazione mossa e drammatica. Qui invece cambia totalmente e Hugo si mostra capace di
variare le sue soluzioni: c’è una piena corrispondenza tra sintassi e metro: quasi ogni frase,
soprattutto nella prima parte, corrisponde a un verso. Il ritmo è più lento, da cantilena e con degli
effetti fonici particolarmente riusciti: alcune allitterazioni (= ripetizioni degli stessi suoni in più
parole vicine) come la ripetizione di suoni nasali (n,m) particolarmente dolci, in particolare nei due
ultimi versi “Je me sentais joyeuse et calme, ô mon amant, / Et j’aurais bien voulu mourir en ce
moment !”
Questo momento di felicità prefigura quella che sarà la morte quasi contemporanea dei due
amanti, che anche nel momento nella morte si uniscono: il veleno che bevono entrambi li porta ad
avere una sorta di visione comune poco prima di morire.