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Victor Hugo – Hernani

Prefazione edizione Florence Naugrette


Poche settimane fa, l'autore di questo dramma scriveva a proposito di un poeta prematuramente
scomparso: "In questo momento di risse e dispute letterarie chi sono da compiangere, quelli che
muoiono o quelli che combattono? Indubbiamente è triste assistere alla dipartita di un poeta di
vent'anni, vedere una lira che s'infrange, un avvenire che svanisce: ma il riposo non è pur
qualcosa? Non sarà permesso a quegli uomini il cui nome è incessantemente coperto di calunnie,
d'ingiurie, di odii, di gelosie, di sordidi intrighi e bassi tradimenti; uomini leali contro cui si
combatte una guerra sleale; uomini pronti a sacrificarsi animati da un unico scopo, quello di dotare
il loro paese di una libertà supplementare, la libertà dell'arte e dell'intelligenza; uomini laboriosi
che vogliono solo proseguire in pace un'opera di coscienza, vittime da una parte di vili
macchinazioni di censura e di polizia e, dall'altra, troppo spesso in balia dell'ingratitudine degli
spiriti stessi per cui lavorano... non sarà loro permesso di volgere qualche volta il capo con invidia
verso quelli che sono caduti alle loro spalle e dormono nella tomba? Invideo, diceva Lutero nel
cimitero di Worms, invideo quia quiescunt. Ma, in fondo, cosa importa? Giovani, facciamoci
coraggio! Per quanto vogliano renderci difficile il presente, l'avvenire sarà magnifico! Il
romanticismo, che tante volte viene frainteso, non è altro (è questa la sua definizione autentica)
che il liberalismo in letteratura, se si voglia considerarlo come puro pragmatismo. È una verità
ormai condivisa da tutte le anime oneste, che non sono poche e presto - dato che l'opera è molto
avanzata - il liberalismo in letteratura non sarà meno popolare del liberalismo in politica. La libertà
nell'arte, la libertà nella società, ecco il duplice fine cui devono tendere tutti gli spiriti logici e
coerenti; ecco la duplice bandiera che raduna - tranne poche intelligenze che non mancheranno di
ricredersi - tutti i giovani forti e pazienti di oggi e anche, con la gioventù guidata dal fior fiore della
generazione che ci ha preceduti, tutti quei saggi anziani che, dopo il primo momento di diffidenza
e esame circospetto, hanno riconosciuto che quello che fanno i loro figli è la diretta conseguenza
di come loro stessi hanno agito, e che la libertà letteraria è figlia della libertà politica. Questo
principio è quello dominante nel nostro secolo, il principio che prevarrà. Gli ultras di ogni genere,
sia classici che monarchici, si daranno da fare inutilmente a rimettere in piedi, pezzo per pezzo, il
vecchio regime, la società e la letteratura: qualsiasi progresso civile, qualsiasi sviluppo delle
intelligenze, ogni passo sulla strada della libertà farà crollare tutto quello che avranno accumulato.
In definitiva, i loro sforzi reazionari saranno stati utili perché, in rivoluzione, ogni movimento fa
avanzare. La verità e la libertà hanno questo di positivo: tutto ciò che si fa per loro e contro di loro
è ugualmente utile. Attualmente, dopo tante cose ammirevoli fatte dai nostri padri e constatate
dai nostri occhi, ci ritroviamo liberi della vecchia forma sociale: perché non dovremmo liberarci
della vecchia forma poetica? A un popolo rinnovato una nuova arte. Pur ammirando la letteratura
di Luigi XIV, tanto confacente alla sua concezione della monarchia, questa Francia del
diciannovesimo secolo cui Mirabeau ha dato la libertà e Napoleone la sua potenza saprà avere la
sua letteratura". Si perdoni all'autore di questo dramma di aver citato sé stesso: le sue parole
hanno così scarso potere di incidersi negli animi che avrebbe spesso bisogno di ripeterle.
D'altronde oggi non è fuor di luogo riproporre ai lettori le due pagine che abbiamo trascritto. Non
perché questo dramma meriti lontanamente di essere citato come arte nuova o poesia nuova,
tutt'altro. Anche se è indiscutibile che il principio della libertà in letteratura ha fatto un passo
avanti e si registra un progresso non nell'arte - questo dramma è troppo poca cosa - ma nel
pubblico. Si deve ammettere che, almeno da questo punto di vista, una parte dei pronostici che
abbiamo indicato più sopra si è avverata. C'era effettivamente pericolo - a cambiare tanto
bruscamente di auditorio - ad arrischiare sul palcoscenico dei tentativi finora esclusivamente
affidati alla carta che sopporta tutto: il pubblico dei lettori è molto diverso dal pubblico degli
spettatori e si aveva timore di veder respingere da quest'ultimo le stesse cose che il primo aveva
accettato. Non è accaduto nulla di tutto questo. Il principio della libertà letteraria, già compreso da
chiunque sia abituato a leggere e a pensare, è stato ugualmente accettato da quella folla
immensa, avida delle pure emozioni dell'arte, che invade ogni sera i teatri parigini. La voce alta e
possente del popolo, che somiglia a quella di Dio, ormai pretende che la poesia inalberi lo stesso
vessillo della politica: TOLLERANZA E LIBERTÀ. E ora venga il poeta! Il pubblico c'è. La libertà il
pubblico la vuole identica alla sua essenza più pura: in perfetto accordo con l'ordine nello stato e
con l'arte in letteratura. La libertà possiede una saggezza che le è propria, senza la quale non può
dirsi completa. Che le vecchie regole di d'Aubignac muoiano insieme alle vecchie consuetudini di
Cujas, questo è un bene; che a una letteratura di corte succeda una letteratura di popolo, è ancora
meglio; ma è soprattutto necessario che una ragione interiore non sia assente da tutte queste
novità. Che il principio della libertà continui a progredire, ma che continui a migliorare. Nella
letteratura, come nella società, non ci devono essere etichette ma neppure l'anarchia: ci vogliono
delle leggi. Né tacchi rossi, né berrette rosse. Ecco ciò che vuole il pubblico, e ha ragione. Per
quanto ci riguarda, per stima nei confronti di quel pubblico che ha accolto con tanta indulgenza un
tentativo che ne meritava così poca, oggi noi gli presentiamo il dramma esattamente com'è stato
rappresentato. Forse verrà il momento di pubblicarlo come è stato concepito dall'autore,
indicando e discutendo le modifiche che la scena gli ha fatto subire. Questi dettagli di critica non
sono affatto privi d'interesse e certo hanno un valore didattico ma oggi sembrerebbero pedanti: la
libertà dell'arte è ammessa, la questione principale è risolta, perché perdere del tempo su
problemi secondari? Del resto, prima o poi, torneremo sull'argomento e ne parleremo
diffusamente, distruggendo con le nostre testimonianze e la nostra dialettica la censura
drammatica, il solo ostacolo alla libertà del teatro, oggi che non ne esistono più da parte del
pubblico. Cercheremo, a nostro rischio e pericolo, per devozione alle cose dell'arte, di descrivere i
mille abusi di questa piccola inquisizione dello spirito che, come l'altro Santo Uffizio, ha i suoi
giudici segreti, i suoi carnefici mascherati, le sue torture, le sue mutilazioni e la sua pena di morte.
Faremo a pezzi, se potremo, quelle fasce in cui la polizia ci imprigiona: è una vergogna che il teatro
del diciannovesimo secolo debba ancora esserne avvolto! Oggi ci deve essere posto solo per la
riconoscenza e per i ringraziamenti. Ed è al pubblico, dal profondo del cuore, che l'autore di
questo dramma presenta i suoi. Quest'opera, non di talento ma dettata dalla coscienza e dalla
libertà, è stata generosamente protetta contro mille ostilità dal pubblico, perché il pubblico è
sempre coscienzioso e sempre libero. Siano dunque rese grazie al pubblico e a tutti quei giovani
che hanno portato il loro aiuto e il loro favore all'opera di un giovane sincero e indipendente come
loro! È soprattutto per loro che io lavoro perché sarebbe il mio più alto titolo di merito essere
applaudito da questa aristocrazia di giovani, intelligente, logica, coerente, davvero liberale sia in
politica che in letteratura, nobile generazione che non si rifiuta di aprire entrambi gli occhi alla
verità e di ricevere la luce dall'uno e dall'altro lato. Quanto all'opera in sé, l'autore non ne parlerà.
Accetta le critiche che sono state avanzate, le più severe come le più lusinghiere, perché da tutte si
può ricavare una lezione. Non osa pensare che tutti abbiano immediatamente compreso il
dramma, di cui il Romancero General costituisce la chiave. Consiglia tuttavia chiunque abbia
provato ostilità nei confronti della sua opera, di andarsi a rileggere Le Cid, Don Sanche, Nicomède
o, meglio ancora, tutto Corneille e tutto Molière, quei grandi e ammirevoli poeti. Una lettura simile
- sempre, ovviamente, che tengano presente l'immensa inferiorità dell'autore di Ernani - forse li
renderà meno severi nei confronti di tutto ciò che ha potuto irritarli nella forma o nella sostanza
del dramma. Probabilmente è ancora prematuro giudicarlo. Ernani è solo la prima pietra di un
edificio che esiste già nello spirito del suo autore ma che, solo una volta completato, permetterà di
inferire sul valore del dramma. Forse un giorno sarà approvata l'intuizione che gli ha suggerito di
collocare, come l'architetto di Bourges, un portale quasi moresco nella sua cattedrale gotica.
Nell'attesa, egli è consapevole di aver fatto ben poco. Speriamo che il tempo e le forze non gli
vengano meno per completare la sua opera! Che avrà un valore, solo quando sarà terminata. Egli
non appartiene alla razza di quei poeti privilegiati che possono morire o interrompersi prima di
aver finito, senza pregiudizio per la loro fama, e non appartiene nemmeno alla razza di quelli che
restano grandi lasciando la loro opera incompiuta, uomini fortunati di cui si può dire ciò che diceva
Virgilio di Cartagine appena iniziata: i lavori interrotti restano in sospeso: muri che erigevano le
loro potenti minacce.
Breve introduzione su Hugo
Victor Hugo (Besançon, 26 febbraio 1802 – Parigi, 22 maggio 1885) è stato uno scrittore, poeta,
drammaturgo e politico francese, considerato il padre del Romanticismo in Francia. I suoi scritti
giunsero a ricoprire tutti i generi letterati, dalla poesia lirica al dramma, dalla satira politica al
romanzo storico e sociale, suscitando consensi in tutta Europa.
Informazioni generiche sull’opera
Hernani, o L'Onore Castigliano, è un'opera teatrale (dramma romantico) in cinque atti di Victor
Hugo, inaugurata nel "Théâtre Français" di Parigi il 25 febbraio 1830. Con i suoi elementi gotici e la
sua enfasi sull'amore naturale, è un'opera fondamentale del movimento romantico e segna l'inizio
del Romanticismo nel teatro francese, già introdotto da Hugo con il suo Cromwell del 1827.
Riassunto degli atti
La prefazione
Hugo riafferma quanto esposto nella Prefazione del Cromwell: è necessario superare le regole del
teatro classico e affermare l'ambizione estetica della nuova generazione, il Romanticismo. Hugo
chiede anche, e soprattutto, che venga valorizzato il pubblico, il pubblico vero, il popolo, perché è
il popolo e la massa dei cittadini che rendono immortali le opere e fanno la storia. Sembra
evidente dunque la scelta di rappresentare le vite di uomini e donne comuni, emarginati, reietti,
che vivono lontano dalla società.
Infine, la poesia deve avere lo stesso motto della politica: Tolleranza e Libertà.
Nella celebre Prefazione del Cromwell, Hugo affronta il nuovo tema romantico del contrasto
dialettico tra il sublime e il grottesco, che voleva riuniti il bello e il brutto, il sublime e il grottesco
alla ricerca dell'armonia dei contrari.
L'azione principale si svolge in Spagna nel 1519 (da febbraio ad agosto)
Atto I: Il re (Saragozza, una camera da letto presso il palazzo del duca Don Ruy Gomez de Silva,
notte)
Il re di Spagna Don Carlos si introduce di notte nella camera di Doña Sol, di cui è segretamente
innamorato. Nascosto in un armadio, il re assiste all'incontro tra Doña Sol e Hernani, un bandito.
Hernani, figlio di un uomo decapitato per ordine del padre di Don Carlos, ha giurato di vendicare la
morte del padre. Doña Sol ama Hernani ma è stata promessa in moglie a suo zio, Don Ruy Gomez
de Silva.
Don Carlos esce dal suo nascondiglio e i due rivali si apprestano a battersi in duello, quando il
vecchio duca bussa alla porta. Don Ruy Gomez de Silva si indigna vedendo due uomini nella
camera di sua nipote. Il re si scopre il volto, si presenta, giustifica la sua presenza e fa passare
Hernani per un uomo del suo seguito. Poi dice che l'ora è grave, perché l'imperatore Massimiliano,
suo ascendente, è appena morto e dunque lui è venuto a consultare Don Ruy Gomez de Silva, suo
fedele suddito: è opportuno avanzare la propria candidatura al trono del Sacro Romano Impero?
Rimasto solo, Hernani, che ha incontrato il figlio dell'assassino di suo padre, esprime tutto il suo
odio e medita vendetta.
Atto II: Il bandito (Saragozza, un patio del palazzo de Silva)
Il giorno seguente, a mezzanotte, Don Carlos (il futuro Carlo Quinto) si trova in un cortile del
palazzo di Don Ruy, sotto la finestra di Doña Sol. Egli vuole rapire la ragazza, la quale, ingannata
dall'oscurità e convinta che si tratti di Hernani, lo raggiunge. A questo punto, nel clou del
rapimento, arriva Hernani e sfida a duello il re. Questi si rifiuta, sprezzante, ritenendo Hernani un
plebeo. In cambio di una sfida a duello, il re chiede al bandito di assassinarlo: Hernani si rifiuta di
assassinarlo, insiste per battersi in duello, quindi risparmia la vita al re e gli dà il suo mantello
affinché possa attraversare senza pericolo la truppa di banditi suoi amici. Hernani è convinto di
essere l'unico ad avere il diritto di uccidere il re in duello (La mia inesorabile vendetta rende
inviolabile il tuo capo per chiunque, tranne me). Don Carlos, a queste parole, decide di vendicare il
suo onore perduto: Hernani non potrà riscattare alcuna pietà, verrà giustiziato.
Rimasti soli, Hernani e Doña Sol si scambiano parole d'amore. Ma i soldati del re stanno già dando
la caccia al bandito. Hernani si congeda da Doña Sol e raggiunge la sua truppa.
Atto III: Il vegliardo (Il castello de Silva, sulle montagne d'Aragona)
Alcune settimane dopo, nel salone del castello del duca de Silva, sulle montagne, il vecchio duca
Don Ruy Gomez de Silva sta per sposare Doña Sol, la sua giovane nipote. Sono in corso i
preparativi del matrimonio. Il duca è soddisfatto, tanto più che gli comunicano la probabile morte
di Hernani. Il giorno delle nozze un pellegrino bussa alla porta del castello de Silva.
Alla vista di Doña Sol in abito da sposa, il pellegrino si strappa le vesti e rivela la sua identità: è
Hernani.
Sulla testa di Hernani pende una taglia, ma la legge dell'ospitalità è sacra: colui che ospita ha il
dovere di protezione perché l'ospite è mandato da Dio. Don Ruy Gomez de Silva decide di
proteggere il bandito e fa barricare il castello sbarrando il portone d'accesso.
Hernani e Doña Sol restano soli e chiariscono ogni malinteso. La giovane donna mostra al bandito
il pugnale che lei stessa ha sottratto al re. Hernani e Doña Sol si scambiano parole d'amore e si
abbracciano. Don Ruy Gomez, vedendo i due innamorati, si esprime con durezza sul
comportamento di Hernani ma, in nome dell'onore, si rifiuta ancora di tradire il suo ospite. In quel
momento le trombe annunciano l'arrivo del re. Don Ruy Gomez nasconde Hernani in un posto
segreto che solo lui conosce, dietro al suo ritratto.
Il re entra nel castello e si infuria quando apprende che Don Ruy Gomez sta nascondendo il
bandito. Don Carlos propone al duca di scegliere: o Don Ruy accetta di consegnare Hernani o lui
stesso sarà ucciso. Il duca esita, ma alla fine rifiuta di consegnare Hernani. Il re, impressionato da
tanta fedeltà alla legge dell'ospitalità, decide di portar via solo Doña Sol. Partito Don Carlos, Don
Ruy Gomez e Hernani complottano per uccidere il re. Hernani, per gratitudine nei confronti di Don
Ruy Gomez che gli ha salvato la vita, si mette al suo servizio e gli offre la propria vita, giurandolo
sulla testa del suo defunto padre. Gli offre un corno: nel momento in cui sarà suonato, Hernani
troverà la sua morte.
Atto IV: La tomba (Palazzo di Aquisgrana, presso la tomba di Carlo Magno)
Due mesi dopo, nel giugno del 1519, ad Aquisgrana (capitale del Sacro Romano Impero), Don
Carlos attende i risultati dell'elezione imperiale. Intanto sventa un complotto contro la sua vita e
scopre che tra i congiurati ci sono Don Ruy Gomez e Hernani. Quest'ultimo, designato per
l'assassinio de re, rifiuta di cedere il posto a Don Ruy Gomez, che gli propone di sciogliere il patto.
Eletto imperatore, Don Carlos perdona i congiurati e annuncia il matrimonio di Doña Sol con
Hernani. A questo punto Hernani rivela la propria identità: dichiara di essere Giovanni d'Aragona,
uomo di nobile stirpe ma nato in esilio, e decide di abbandonare il suo progetto di vendetta.
Atto V: Le nozze (Saragozza, su una terrazza del Palazzo d'Aragona)
Qualche settimana dopo, a Saragozza, nel palazzo di Hernani, che ormai è diventato Don Giovanni
d'Aragona, hanno luogo le nozze di Doña Sol e di Hernani. Don Ruy Gomez, implacabile, viene a
esigere il rispetto del patto fatale. Si sente suonare da lontano il corno: l'epilogo è alle porte.
Hernani non può tirarsi indietro, ha l'obbligo di rispettare il patto, per il giuramento sul padre,
l'onore, la virilità e il coraggio. Doña Sol, non potendo accettare una simile sorte angusta, si
avvelena; Hernani la segue, bevendo dalla stessa fiala letale.
Don Ruy Gomez, ormai dannato, si uccide con un pugnale.
Spiegazione del professore
Lezione 17
ATTO I: SCENA I
Nel dramma romantico viene meno l’unità di luogo singolo. La prima scena è molto breve ma ci
sono molte cose da mettere in evidenza. Il primo atto, come gli atti successi, ha un titolo che è “Il
re”. Il secondo s’intitola “Il bandito”, il terzo atto “Il vegliardo”, il quarto “La tomba” e l’ultimo atto
“Le nozze”. Ogni atto ha un titolo e si svolge in un luogo diverso (ci sono 5 luoghi diversi in cui si
svolge questo dramma), ma l’unità di luogo viene riproposta nel singolo atto poiché non ci sono
cambi di scena, ogni atto si svolge in un unico luogo. Hugo dà tanta importanza all’atto come unità
spaziale, tutto si svolge in un unico luogo, unità anche temporale e tematica. Il titolo conferisce
un’unità tematica al singolo atto (ad esempio altri autori romantici saranno più radicali come
Musset nel Lorenzaccio, dramma che non era destinato ad essere rappresentato, in cui ci sono
diversi cambi di scena all’interno degli atti, con una molteplicità di luoghi superiori). Viene subito
indicato dopo il titolo “Le roi (Il re)” dove ci troviamo: Saragozza (Spagna), in una camera da letto.
Spazio non diverso dalle tragedie classiche, essendo chiuso e ristretto (è una stanza) in cui si
svolgono tutti gli eventi del primo atto. Nel corso della pièce progressivamente si riempie di
personaggi (inizialmente occupata solo da due personaggi, ogni nuova scena comporta l’entrata in
scena di nuovi personaggi, arriva prima Don Carlos, poi Doña Sol, nella seconda scena Hernani, poi
Don Ruy con i suoi servi). Lo spazio ristretto con tanti personaggi è una novità rispetto alla tragedia
classica dato che i personaggi erano molto pochi, di solito sulla scena non erano più di tre o
quattro. All’inizio del libro c’è la lista dei personaggi, nel dramma romantico, è lunghissima per
porre l’accento sull’eccezionalità del genere che dà spazio alle masse. Iniziano ad apparire le
comparse, cioè personaggi che compaiono in un’unica scena e che non si ripresenteranno più
(cosa che nel teatro classico non accadeva). Cosa importante: si mescolano personaggi di classe
sociale diversa, sia altolocati che popolo (avveniva pochissimo nel teatro classico, soprattutto nella
tragedia i personaggi erano tutti altolocati).
Sulla caratterizzazione dello spazio scenico c’è da dire che è molto più strutturato e complesso (nel
teatro classico non si sapeva nulla della stanza in cui si incontravano i personaggi, il testo e
neanche le didascalie non dicevano nulla del mobilio, se c’erano ingressi, finestre o porte, era tutto
molto vago). Lo spazio scenico, nel dramma romantico, inizia a diventare protagonista, molto
presente nel testo e nelle didascalie in cui ci sono più indicazioni; nella prima scena, ci sono
diverse aperture e ingressi menzionati. Il personaggio di Don Carlos, fa il suo ingresso da un
passaggio particolare, la serva sente bussare dall’escalier dérobé, una scala nascosta, è la prima
apertura menzionata che porta alla petit porte che dà accesso alla stanza, da cui entrano coloro
che non vogliono dare nell’occhio. Poi c’è l’ingresso principale della stanza, da cui entrerà Doña Sol
e Don Ruy (il padrone di casa). Ci sono già due porte, questo consente di far entrare i personaggi
da luoghi diversi. C’è poi una finestra, in una didascalia viene descritta con delle tendine cremisi,
poi la ritroveremo nel secondo atto poiché ci sposteremo fuori e la vedremo dall’esterno. Sullo
spazio si ha una complessità maggiore, che causa degli effetti di sorpresa, i personaggi possono
entrare di sorpresa, senza farsi vedere, oppure nascondersi. Interessante è la presenza di un altro
spazio: il piccolo armadio in cui si nasconde Don Carlos, da cui uscirà improvvisamente poiché
stava soffocando, all’arrivo Hernani, dando luogo ad un effetto sorpresa ed è anche abbastanza
comico. È comico anche che all’arrivo di Don Ruy, i due (Don Carlos e Hernani) sono poi tentati di
nascondersi insieme nell’armadio.
C’è il tema del segreto e del nascondiglio, elementi tipici del melodramma (da cui il dramma
romantico attinge molte cose), ma anche del genere romanzesco gotico (in cui sono presenti molti
spazi labirintici e segreti). Altra cosa interessante di questa prima scena è il registro / tono stilistico
dominante che è comico, seppur siamo in un dramma che avrà una tragica fine, in cui moriranno
tutti. Il comico affiora in più riprese nella scrittura di Victor Hugo (anche quando Don Carlos si
prende gioco della vecchia Doña Josefa e viceversa), nonostante sia un autore molto serio. Il tema
comico qui presente è quello del “vecchio innamorato” Don Ruy (tema che ritroveremo anche in
Molière). Il tema del vecchio innamorato è anticipato in questa scena in cui Don Carlos si riferisce
a Don Ruy come un vecchio decrepito e innamorato che pretende di sposare Doña Sol. La scena
successiva sarà invece molto più lirica, poiché parleranno i due innamorati Hernani e Doña Sol.
Le didascalie sono di più rispetto al teatro di Racine e Corneille, non molto lunghe, ma continue.
Sono importanti poiché il dialogo, in questa scena, non è molto sviluppato, quindi è una scena
equilibrata tra didascalie e dialogo. I personaggi scambiano battute brevi, rapide e incalzanti. Le
didascalie registrano e descrivono proprio il movimento in scena dei personaggi e le loro
espressioni. L’autore vuole avere un controllo, attraverso le didascalie, sul modo in cui gli attori poi
reciteranno questa scena. La recitazione degli attori, il loro movimento sulla scena, la loro
gestualità sono importanti quanto il dialogo. Cosa che ovviamente non valeva nel teatro classico.
Appunto, il teatro romantico è un teatro pieno di movimento, ci sono personaggi che entrano in
scena, ci sono duelli -come vedremo già dalla scena successiva-, personaggi che si nascondono e
poi improvvisamente riappaiono; si tratta di movimenti quasi tipici della pantomima, cioè conta
molto il fatto che, per es., don Carlos ad un certo punto fa uno sguardo truce a dona Josefa per
spaventarla, lei indietreggia spaventata, lui la blocca, le ferma la mano con la sua. Insomma, c’è un
gioco diciamo scenico che ricorda un po’ la pantomima, questo genere tutto basato sul movimento
e sulla gestualità degli attori (proprio perché non c’è il dialogo). Dunque, innanzitutto, le didascalie
hanno questa funzione: registrare il movimento e la gestualità degli attori. Ad esempio la funzione
della prima didascalia è quella di descrivere la scena (cosa è presente sul palcoscenico, cioè una
stanza, è notte, c’è una lampada sul tavolo) e continua sui personaggi. La descrizione dello spazio
scenico continua anche dopo (tende cremisi della finestra, quelques fauteuils; poi compare la
petite porte dérobée à droite) -> quindi c’è, attraverso la didascalia, una descrizione dello spazio
scenico, che viene strutturato in tutti i suoi elementi. E c’è già, no, questo elemento del
movimento del personaggio sulla scena, “Doña Josefa ferme les rideaux, met en ordre quelques
fauteuils-> evidentemente aspetta qualcuno: c’è Hernani che è atteso dalla sua padrona, Doña Sol.
Poi “elle écoute, ecc.”.
Altra cosa da dire è che in un’altra didascalia vediamo una data. Il teatro romantico è un teatro
storico, e anche questo è un dramma che si svolge nel 1519. Che data è il 1519? È la data
dell’elezione di Carlo V al soglio imperiale, Carlo V d’Asburgo, diventa imperatore del Sacro
Romano Impero, nel 1519, era già re di Spagna, e aggiunge al regno di Spagna anche il trono
imperiale, quindi è una data importante. E don Carlos, uno dei personaggi del dramma, è proprio il
futuro Carlo V; è già re di Spagna, ma non è ancora salito al trono imperiale. Però, verremo poi a
sapere, che è appena morto il nonno, l’imperatore Massimiliano, per cui una successione comincia
a diventare probabile. Quindi, siamo in un’epoca ben precisa e le didascalie hanno anche una
funzione di proiettare il pubblico in quell’epoca, attraverso per esempio la moda e l’abbigliamento:
noi vediamo che l’abbigliamento dei personaggi è descritto in maniera abbastanza precisa e con
riferimento appunto a delle mode di quell’anno (1519) oppure a delle mode già invecchiate per
quell’epoca. Per esempio, don Carlos è vestito, quando si toglie il mantello, “il laisse voir un riche
costume de velours et soie à la mode castillane de 1519” -> “lascia intravedere un ricco costume di
velluto e di seta alla moda castigliana del 1519”; invece, doña Josefa “è una vecchia vestita di nero
con il corsetto/ bustino del suo vestito ricamato di giaietto alla moda di Isabella la Cattolica” (su
nella didascalia che qui nel testo in pdf è scritto in grande). Mentre don Carlos è vestito alla moda,
lei è vestita alla moda della nonna, secondo una moda ormai superata da tempo, perché Isabella la
Catholique è la nonna di don Carlos. La vecchia doña Josefa segue ancora una moda un po’
superata. Comunque siamo proiettati, anche attraverso didascalie, in un’altra epoca storica.
Allora, a cosa servono anche le didascalie? Da una parte, appunto, a caratterizzare, a ricostruire
l’ambientazione storica del dramma attraverso tocchi di colore locale (delle mode,
dell’abbigliamento, ecc.); dall’altra servono a caratterizzare i personaggi, i personaggi vengono
certo caratterizzati da quello che dicono, dal dialogo, da quello che accade, ma anche dalle
didascalie. Per esempio, di don Carlos si dice che “porta un ricco costume di velluto e di seta alla
moda castigliana del 1519” -> questo non è soltanto un dato aneddotico, ma serve anche a
caratterizzare già il personaggio.
Come viene caratterizzato il personaggio di Don Carlos in questa scena, se volessimo in qualche
modo definirlo? Cosa ci è andato a fare nella stanza da letto di Doña Sol? È entrato nella sua stanza
per dichiarare il suo amore, poi si troverà davanti Hernani, anch’egli innamorato di Doña Sol. Don
Carlos è più violento rispetto ad Hernani (già dal primo momento “afferrandola per un braccio”.
Viene presentato anche attraverso i suoi discorsi, attraverso quello che dice come un cinico don
Giovanni che è interessato alla conquista amorosa, ma, insomma, è disposto a fare a metà con
Hernani (nella scena successiva dice “Hernani dividiamocela”). Per cui è presentato, nella prima
scena, come un Don Giovanni un po’ cinico. E però, il suo essere vestito alla moda castigliana del
1519, ci dice anche che è un po’ un damerino, un donnaiolo alla moda.
Gli abiti mettono in evidenza le differenze di classi sociali, anche se qui è meno evidente che in altri
testi perché la presenza di personaggi popolari è meno importante qui, in Hernani, che non in altri
drammi di Victor Hugo. Quindi, diciamo che è meno evidente, però, sicuramente don Carlos si
presenta come un damerino preoccupato dei suoi abiti, infatti, ad un certo punto, quando esce
dall’armadio dice “stavo sgualcendo la mia veste alla moda francese”. Quindi, anche attraverso la
didascalia, il personaggio si in qualche modo rivela per quello che è.
Doña Josefa è un personaggio ai limiti del comico, che viene definita con una parola precisa che
Don Carlos usa: “duègne” (parola che viene dallo spagnolo, francesizzata) = una donna di una certa
età che ha il compito di sorvegliare una donna più giovane che potrebbe cadere in tentazione. E la
duègne dovrebbe impedirle gli incontri amorosi. Quindi il personaggio della duègne è un
personaggio un po’ comico, un personaggio basso. E, in questa scena, sembra addirittura essere
caratterizzata come una strega. Questo poi lo vedremo leggendo.
Hernani non compare in questa scena, ma nella scena successiva. Vediamo come è vestito: “Entre
Hernani. Grand manteau, grand chapeau.” (didascalia in basso, a pag. 8) -> Tutti i personaggi
quando arrivano indossano un grande un mantello e un cappello per nascondersi. Questo è un
altro elemento tipico del dramma romantico: i travestimenti, i personaggi che appaiono travestiti e
poi si svelano. Quindi, questo tema anche della doppia identità o dell’identità tenuta segreta.
Quindi: grande mantello, grande cappello. Sotto, un costume da montanaro dell’Aragona, grigio,
con una corazza di cuoio, una spada, un pugnale e un corno alla cintura. Dunque, Hernani,
verremo presto a sapere che è un bandito, una specie di brigante che è a capo di una banda di
briganti che terrorizzano l’Aragona; però, la sua vera identità non è questa. Hernani non è il suo
vero nome. Hernani in realtà è un grande di Spagna, è un personaggio appunto dell’altissima
nobiltà spagnola che, per contrasti con la casa reale, è costretto a nascondersi, a nascondere la sua
identità. E quindi, il suo modo di abbigliarsi, è in relazione con la sua duplice identità, perché da
una parte ha un costume da montanaro dell’Aragona, ma dall’altra ha una corazza di cuoio con
una spada, queste ultime indicano la sua attività militare, che lo lega alla sua classe sociale di
appartenenza (quella nobiliare), però, oltre alla spada, ha anche un pugnale e se la spada è, come
dire, attributo tipico della classe nobiliare -pensate al Cid, e all’importanza della spada nel Cid- il
pugnale invece è più un’arma da corpo a corpo, da brigante. Quindi, anche gli oggetti che i
personaggi maneggiano sono simbolici e si legano all’identità dei personaggi. E poi c’è anche il
corno su cui torneremo più in là. Per quanto riguarda gli oggetti, invece, nella prima scena, quali
sono gli oggetti che ad un certo punto tira fuori don Carlos? Estrae una borsa e una spada. E,
diciamo, propone con un’ironia abbastanza cruda a doña Josefa di scegliere l’una o l’altra. E
dunque cosa rappresentano la borsa e la spada? Le due armi di cui si serve don Carlos per ottenere
ciò che vuole. Da una parte, la minaccia di morte= la spada; e dall’altra, la corruzione, il denaro di
cui si serve per comprarsi la benevolenza di doña Josefa. Quindi, anche questi due attributi
caratterizzano Don Carlos come un cinico. E in tutta la prima parte del dramma Don Carlos è
caratterizzato in questo modo: come un cinico Don Giovanni, anche come un ambizioso dal punto
di vista politico, ma, appunto, un’ambizione rivestita di cinismo. Mentre, poi, vedremo che il
personaggio di Don Carlos ha anche un’evoluzione spettacolare, nel IV atto, quando poi diverrà
Carlo V, diventerà imperatore. Ha una sorta di trasformazione che lo magnifica e lo rende, in
qualche modo, un personaggio nuovo che scopre la grandezza del ruolo che è chiamato a svolgere.
Volevo insistere sull’importanza di alcuni oggetti simbolici -> Molto più presenti gli oggetti,
questa dimensione un po’ fisica, che nel teatro classico. E poi, sempre nelle didascalie, abbiamo
alcuni elementi che rimandano alla luce e all’oscurità. Tutta la pièce, tutte le scene, tutti gli atti di
Hernani si svolgono di notte. Quindi, è una pièce che si svolge interamente in notturna e abbiamo,
quindi, degli effetti chiaro-scurali: la lampada posta sulla tavola che, sicuramente, alla
rappresentazione c’era e illuminava, creava dei bagliori, degli effetti di chiaro-scuro. Quindi, c’è
un’attenzione a questi aspetti dell’illuminazione. C’è una continuità in tutta la pièce su questo tono
del notturno, che ha a che fare, se vogliamo, con l’atmosfera romantica.
Allora passiamo a questo punto alla traduzione. Traduciamo anche le didascalie.
Elle ferme les rideaux…: “si sentono questi due colpi alla piccola porta nascosta che sta sulla
destra”.
Le repliche, le frasi del personaggio di doña Josefa sono intervallate dai colpi battuti alla porta da
qualcuno che evidentemente ha fretta di entrare.
Elle ouvre…
Serait-ce dejà lui. -> “Che sia già lui.” -> Chi è questo lui? È Hernani che era atteso da doña Sol.
C’est bien à l’èscalier dérobé: “Viene dalla scala segreta”.
Vite, ouvrons: “Apriamo presto”.
“Come! Signor Hernani, non siete voi. Aiuto! Al fuoco”! -> Inizialmente doña Josefa reagisce con
paura e don Carlos le ordina di fare silenzio: “Due parole di più duègne e siete morta!”.
C’è un’altra didascalia che mette in luce i gesti dei personaggi.
Il la regarde fixemente, elle se tait effrayée: “Lui la guarda fissamente, e lei, tace, spaventata”.
Quindi le didascalie in questa parte sono, appunto, più ricche, più sviluppate che non il dialogo.
E qui, invece, abbiamo finalmente una réplique un po’ più lunga da parte di Don Carlos: “Suis-je
chez dona Sol? Fiancée au vieux duc De Pastrana, son oncle, un bon seigneur, caduc, vénérable et
jaloux? Dites ! La belle adore un cavalier sans barbe er sans moustache encore, et reçoit tous les
soirs, malgré les envieux, le jeune amant sans barbe à la barbe du vieux. Suis-je bien informé?” ->
Da notare che questa è una scena di éxposition -si direbbe nei termini del teatro classico-: il
pubblico deve essere informato un po’ del contesto, di quelli che sono i personaggi, della
situazione di partenza. Non abbiamo però in questa scena i lunghi récits che sarebbero tipici del
teatro classico, ma le informazioni vengono date in maniera molto più dinamica, appunto
attraverso queste domande di don Carlos che attendono una risposta, una conferma da parte di
doña Josefa.
“Sono a casa di doña Sol? La fidanzata del vecchio Duca di Prastaña, suo zio, un buon signore,
caduc= decrepito, venerabile e geloso”. -> Fin dall’inizio, le parole di don Carlos sono all’insegna
dell’ironia, del cinismo: il modo in cui caratterizza il personaggio di don Rui, in maniera così ironica
e piuttosto sprezzante. Quindi: “Fidanzata al vecchio duca di Prastaña, suo zio” -> veniamo a
sapere che c’è uno zio, che viene caratterizzato come “vecchio innamorato” (vieillard amoureux) -
> figura tradizionale del repertorio comico che ritroveremo in Molière, per esempio Arnolphe de
l’Ecole de femme. Quindi, suo zio è “un buon signore, decrepito/caduco, venerabile e geloso” ->
quindi c’è questa triade di aggettivi tutti perfidi, nel modo in cui viene caratterizzato il Duca. Poi:
“Parlate/dite! La bella -si riferisce a doña Sol- adora un cavaliere senza barba e senza baffi ancora”.
Qui abbiamo la presentazione di Hernani e veniamo a sapere che è un giovane cavaliere senza
barba e senza baffi, quindi giovane appunto. E che tra i due c’è un amore ricambiato, i due si
vedono regolarmente tutte le sere. “A dispetto dell’invidia (malgré les envieux) riceve tutte le sere
il giovane amante senza barba in barba al vecchio (à la barbe du vieux)”.
In pochi versi è riassunta tutta la fase iniziale e i personaggi principali. Ci sono tre uomini
innamorati della stessa donna, quindi rivali: Hernani è il giovane cavaliere di cui lei è innamorata e
che ricambia; poi c’è il vecchio Don Ruy ovvero suo zio; e infine Don Carlos, colui che ci parla.
Victor Hugo pensava di dare come sottotitolo alla pièce in un primo momento “tres para una”
quindi questo tema della rivalità tra uomini per questa donna centrale fin dall’inizio. Don Carlos si
rivolge a Doña Josefa chiedendo conferma “sono bene informato?”, pero lui sa già. La scuote per il
braccio e dice “vuoi deciderti a rispondere”, lei “mi avete vietato di dire due parole, Signore” nelle
parole di Doña Josefa c’è dell’ironia nei confronti di Don Carlos “infatti ne voglio una sola, si, no”. A
poco a poco quindi vengono aggiunte informazioni in questo dialogo fatto di botta e risposta
secco.
“La tua padrona è Doña Sol de Silva”
“si”
“il duca è il suo vecchio promesso, è assente in questo momento”
“si”
“senz’altro lei aspetta il suo giovane”
“si”
“che mi venga un colpo”
“si”
“quindi è qui che avverrà l’incontro”
“si”
“nascondimi qua”
Sono tutte risposte brevissime, spesso monosillabiche che spezzano totalmente il ritmo
tradizionale dell’alessandrino. Qui Victor Hugo va molto oltre quello che dicevamo con Racine.
Modo estremamente audace di rompere il verso. Quattro brevissime battute che formano
l’alessandrino. “degnatevi signora di scegliere tra questa borsa e questa mano” il “signora” è
ironico. Doña Josefa prende immediatamente la borsa, che fa capire che anche se dovrebbe
prendersi cura di Doña Sol e del suo onore in realtà è molto facilmente corruttibile, anche il suo
personaggio è comico.
“siete quindi il diavolo” dove appare anche la superstizione del personaggio appartenente alla
classe popolare.
“si”
“entrate qui” e apre un armadio stretto. Don Carlos entra e esamina l’armadio e lei lo chiude
immediatamente. È qui che Doña Josefa viene descritta come strega da Don Carlos.
“è forse questa la scuderia dove metti il manico di scopa che ti serve da cavalcatura?” una strega
che cavalca la scopa. Metafora ironica in cui il personaggio di Doña Josefa diventa una strega. Don
Carlos ci si rannicchia con difficoltà. Doña Josefa replica sconvolta
“un uomo qui!” ironico dato che in quella stanza un uomo c'è tutte le notti.
“è forse una donna quella che attendeva la tua padrona?” Don Carlos viene quindi chiuso
nell’armadio. Pronuncia una frase già detta prima.
“se dite una parola siete morta”
“chi è quest'uomo, Gesù, se chiamassi, ma chi? Tranne me e la signora tutti dormono nel palazzo.
L’altro arriverà e la cosa non mi riguarda, ha la sua spada e che il cielo ci preservi dall’inferno.
Dopotutto non è un ladro” quest’ultima frase la pronuncia sentendo il peso della borsa piena di
soldi che don Carlos le ha appena consegnato.
Entra Doña Sol vestita di bianco nella stanza e Doña Josefa nasconde la borsa.
Scena molto movimentata giocata sulla sorpresa e la rapidità: entrata di Don Carlos nella stanza e
dialogo a risposte rapide. Elemento della pantomima: le risposte dei personaggi sono punteggiate
di didascalie che ci dicono come i personaggi si muovono nella scena, i gesti contano quasi quanto
le parole. I versi sono molto frammentati e quindi c'è un’estrema audacia dal punto di vista
metrico e un’altra cosa che colpì moltissimo all’epoca furono gli enjambements molto audaci
rendendo il ritmo dell’alessandrino meno riconoscibile, diverso dal passato. Fin dal primo verso
Hugo ostenta questa caratteristica della sua diversificazione, che all’epoca non venne presa molto
bene né dal pubblico né dagli attori che dovevano recitare questi versi ed erano abituati a seguire
gli alessandrini tradizionali. Questi versi invece suonano discordanti e disarmonici. Vorrei
annunciare i motivi tematici principali che verranno orchestrati nel corso del primo atto che poi
restano motivi fondamentali per tutta la pièce. Il primo è l’amore tra Hernani e Doña Sol,
ricambiato, alla fine del primo atto infatti si danno appuntamento per fuggire insieme. La
prospettiva per Doña Sol però se fugge con Hernani è quella di riunirsi a una banda di ribelli ma
comunque promette di seguire Hernani anche in queste condizioni, con la prospettiva di una
morte probabile. Il secondo motivo viene fuori già nella seconda scena, ovvero la vendetta di
Hernani contro il Re. Veniamo a sapere già dalla prima scena in maniere vaga che Hernani non è
un bandito in origine e Hernani non è nemmeno il suo vero nome, in realtà appartiene a una
famiglia nobile di alto lignaggio. La sua vera identità verrà svelata in maniera dettagliata nel quarto
atto. Vuole attuare questa vendetta perché suo padre venne giustiziato dal padre di Don Carlos,
dato che era un oppositore politico, tema anche di vendetta che si tramanda di padre in figlio. In
più occasioni Hernani avrà l’occasione di uccidere il re ma non lo farà. Per certi versi il suo
personaggio ricorda il Cid, un po’ come Rodrigo, Hernani è diviso tra l’amore e la vendetta. Poi c’è
il terzo motivo, politico, ovvero l’elezione imperiale. Veniamo a sapere fin dalla prima scena che
l'imperatore Massimiliano è morto e quindi si pone il problema della successione. Nell’impero
Romano gli imperatori venivano eletti da una Dietam imperiale ovvero da un consiglio di principi
tedeschi. Ci sono vari pretendenti al trono imperiale: Francesco I re di Francia, il Duca di Sassonia e
Don Carlos. Don Carlos parla a lungo di questioni politiche con Don Ruy nell’ultima scena del primo
atto e si capisce la sua ambizione al trono imperiale, disposto a tutto pur di ottenerlo. Don Carlos è
il tipico personaggio del dramma romantico perché inizialmente caratterizzato in un certo modo
ma poi subisce una trasformazione, evoluzione psicologica resa possibile dal fatto che non si
rispetta più l'unità di tempo. Gli eventi si svolgono durante vari mesi e non ore, per questo
l’evoluzione è plausibile.
Lezione 18
Abbiamo visto vi è questo tema dell’amore tra Hernani e Doña Sol, con l’intenzione di
quest’ultima di fuggire da Don Ruy per unirsi alla banda di briganti di Hernani, che darà poi luogo
anche ad un fallito tentativo di rapimento perché Don Carlos, una volta venuto a conoscenza di
tale progetto decide di tentare lui stesso di rapire Doña Sol, prima che lei fugga con Hernani; poi vi
è il tema della vendetta, tema naturalmente molto antico, che si ricollega al teatro precedente, in
particolare al Cid. Hernani, come personaggio, ha diversi punti di contatto con il Cid e richiami
impliciti o espliciti a Rodrigue. Quindi la rivalità tra le due famiglie, quella del re e quella di
Hernani, legata alla doppia identità di Hernani, perché abbiamo visto che egli è sì un bandito e un
fuorilegge, ma la sua identità è quella di un membro di una grande famiglia nobiliare spagnola (egli
declinerà in maniera esplicita la sua identità soltanto nel quarto atto: Don Giovanni d’Aragona ).
Infine vi è il tema politico, quindi l’elezione al soglio imperiale con la rivalità tra tre pretendenti,
Francesco I e il duca di Sassonia, a cui si unisce Don Carlos, che punta anch’egli all’elezione
imperiale. Questi sono i motivi tematici del primo atto. Prima di passare al quarto atto, che è un
momento di svolta su cui ci concentriamo particolarmente, vorrei dire due parole sulla scena
successiva (seconda scena del primo atto), interessante anche in confronto con la precedente
perché immediatamente siamo all’interno di un dramma romantico, quindi un codice letterario
radicalmente diverso rispetto a quello che abbiamo visto nella tragedia classica (Racine, Corneille),
quindi sin dall’inizio ci scontriamo con la grande novità del dramma romantico che è la mescolanza
dei registri, dei toni, dei livelli di stile. Questo è evidente nel passaggio tra prima e la seconda
scena perché la prima scena era caratterizzata da un tono prevalentemente comico (non
esclusivamente) perché lo scambio di battute molto rapido tra Don Carlos e Dona Josepha è
improntato ad un prevalente tono comico. Nella seconda scena si cambia subito registro perché
entra prima Doña Sol e poi subito dopo Hernani, che era anche lui atteso, arriva dalla petite porte,
coperto da un mantello ed un largo cappello, che poi si toglie e appare il suo costume (vestito da
montagnard, ma con la corazza); dunque entrano i due innamorati e vi è un duetto d’amore e il
registro stilistico è diverso, si innalza ed abbiamo dei versi d’amore (il tono diviene lirico). Ma la
scena è lunga e dunque all’interno della stessa abbiamo toni e registri diversi: dapprima vi è il
lirismo dello scambio tra i due innamorati, poi Don Carlos, che era nascosto nell’armadio, si
mostra e qui comincia lo scontro, dapprima verbale, poi fisico con Hernani perché i due
incrociano le spade, dunque vi è un inizio di duello che poi non viene portato avanti. Il duello
comincia sulla scena, quindi il tono da lirico si fa più epico; è una scena più d’azione quella tra
Hernani e Don Carlos. Subito dopo bussa alla porta Don Ruy (egli era fuori casa e si presenta
all’improvviso), dunque i tre rivali per il possesso e l’amore di Doña Sol, si ritrovano tutti e tre nella
stessa stanza. L’arrivo di Don Ruy suscita immediatamente panico perché essi non sanno se aprire,
se non aprire, se nascondersi entrambi nell’armadio; quindi il tono ridiviene comico. Vedete quindi
come all’interno di una stessa scena vi è un passaggio costante da un registro all’altro: questa è la
marca tipica del dramma romantico, che per certi versi recupera alcune caratteristiche del
melodramma, il quale si afferma in Francia verso la fine del ‘700, convivendo poi con il dramma
romantico. Quest’ultimo eredita alcune caratteristiche dal melodramma, ma non sono
esattamente la stessa cosa: il dramma romantico ha ambizioni letterarie molto maggiori. Il
melodramma è un genere di consumo, cioè che si rivolge ad un pubblico popolare, borghese,
senza grandi ambizioni letterarie; mentre il dramma romantico pretende di recuperare gli aspetti
più vivi del melodramma, ma con un’ambizione letteraria molto maggiore, quindi si vuole rivolgere
ad un pubblico anche di scrittori, intenditori, i giovani romantici, che all’epoca erano un po’
l’avanguardia della letteratura. A partire da questa seconda scena (che non leggiamo per intero,
ma solo alcuni frammenti) vorrei commentare alcuni aspetti e farvi capire la novità del linguaggio
teatrale di Victor Hugo. Siamo nell’ambito del dialogo amoroso tra Hernani e Doña Sol (prima
parte della scena), però il modo in cui si esprime la passione amorosa è assolutamente nuovo
rispetto alla tradizione sei-settecentesca: è molto più immediato. Il linguaggio utilizzato dai due
innamorati è molto più immediato, vicino alla lingua quotidiana, cosa che all’epoca suscitava
sconcerto siccome si era abituati ad ammantare i sentimenti di perifrasi nobili, espressioni sublimi,
cercando di innalzare il registro stilistico. Qui invece ritroviamo frasi banali, comuni, quelle che
qualsiasi coppia di innamorati potrebbe pronunciare molto banalmente (almeno alcune perché poi
vi sono anche alcune espressioni più ricercate).
Vi fornisco un esempio. É soprattutto Doña Sol che pronuncia delle frasi di grande semplicità, che
però esprimono in maniera molto immediata l’emozione, il bisogno di occuparsi della persona
amata persino nelle cose più concrete. Quando lei vede entrare Hernani, tutto bardato, però
bagnato perché fuori piove,
Doña Sol, toccando i suoi vestiti, dice:
Jésus ! Votre manteau ruisselle. Il pleut donc bien ?
(Gesù! Il vostro mantello è fradicio. Piove forte allora?)
Questa è una frase di una banalità assoluta, mai un innamorato del teatro Raciniano avrebbe
potuto
pronunciare una frase così banale, triviale, che si riferisce proprio ad aspetti molto banali del
quotidiano.
Qui, invece, frasi del genere cominciano ad entrare in letteratura perché esprimono un pàthos,
un’emozione vera, sincera. Inoltre subito dopo lui risponde:
Je ne sais.
(Non lo so.)
e lei ancora:
Vous devez avoir froid ?
(Dovete avere freddo?)
Anche questa è una frase che appartiene allo stesso tipo di registro e qui entrano delle
considerazioni notate per la prima volta da Erich Auerbach, grande critico letterario tedesco
all’interno del suo grande libro “Mimesis”. Il realismo nella letteratura occidentale”, quando dice
che la letteratura dell’‘800 scopre il quotidiano (dà quindi espressione in letteratura agli aspetti
anche più quotidiani dell’esistenza, non più soltanto attraverso il filtro della comicità). Quindi
Auerbach dice che prima dell’‘800 si poteva parlare di un mantello fradicio, ma lo si poteva fare
solo in generi comici, magari facendo ridere di un personaggio tutto bagnato all’interno di una
commedia, mentre qui tali elementi quotidiani entrano anche nella letteratura più seria e non
fanno affatto ridere, non vi è nulla di comico in tali dettagli. In questo periodo, quindi, la
letteratura (sia il romanzo, che il teatro) scopre gli aspetti più fisici, quotidiani, triviali della vita, ma
non più necessariamente filtrati dal comico.
Continua con:
Ôtez donc ce manteau.
(Toglietevi allora questo mantello.)
Vi è un breve scambio quindi interamente su questo tono.
Anche il linguaggio dell’amore cambia: quando Hernani esprime il suo amore per Doña Sol, lo fa in
termini estremamente semplici. Ad esempio al verso 40:
J’ai tant besoin de vous pour oublier les autres !
(Ho tanto bisogno di voi per dimenticare gli altri!)
Una frase di questo tipo è impensabile all’interno dello stile nobile che dominava nel teatro di
Racine ad esempio, in cui l’amore per esprimersi ha bisogno di adeguarsi ad un codice di dignità
stilistica. Qui vi sono anche i gesti: lei gli tocca i vestiti, lui la stringe tra sue braccia, cose
impensabili precedentemente. Ma anche all’interno di questo dialogo vi sono i toni più vari,
perché subito dopo Hernani è preso da un impeto di collera, non nei confronti di Doña Sol, ma nei
confronti di Don Ruy (assente in quel momento) e pronuncia una sorta di invettiva (cioè si scaglia
verbalmente contro qualcuno). Qui Hernani pronuncia dei versi sprezzanti nei confronti di Don
Ruy, ma con un’invettiva linguistica degna di Shakespeare (si sente la sua influenza). Vi è
un’immagine molto audace a partire dal verso 79:
Ô l’insensé vieillard, qui, la tête inclinée, Pour achever sa route et finir sa journée, A besoin d’une
femme, et va, spectre glacé, Prendre une jeune fille ! ô vieillard insensé ! Pendant que d’une main il
s’attache à la vôtre, Ne voit-il pas la mort qui l’épouse de l’autre ? Il vient dans nos amours se jeter
sans frayeur ! Vieillard, va-t’en donner mesure au fossoyeur !
(Oh folle vecchio, che, con la testa inclinata, per concludere la sua strada e terminare la sua
giornata, ha bisogno di una donna, e, spettro ghiacciato, va a prendersi una ragazza! Oh vecchio
folle! Mentre con una mano si lega alla vostra, non vede forse la morte che lo sposa dall’altra?
Viene a gettarsi senza paura nel nostro amore! Vecchio, vai a dare le tue misure al becchino!)
Qui il vecchio Don Ruy nell’invettiva di Hernani, diviene uno spettro gelido che sposa con una
mano Doña Sol e con l’altra la morte. Quindi vi è quest’immagine molto ardita, una specie di
ricercata metafora, dove però si esprime un tono molto diverso rispetto al dialogo amoroso che vi
è appena stato.
Passiamo ora al quarto atto, che è un momento di svolta, di passaggio fondamentale innanzitutto
perché Don Carlos (uno dei protagonisti della pièce) ha una sorta di trasformazione (metamorfosi)
che si annuncia in un lunghissimo monologo, di cui leggeremo una parte e si compie nella scena
quarta, dopo l’annuncio della sua elezione. È nel quarto atto che il pubblico, ma anche Don Carlos
viene a sapere di essere stato eletto alla fine al soglio imperiale (è divenuto Carlo V). Con questa
svolta (elezione al soglio imperiale) è come se Don Carlos avesse la rivelazione di sé stesso, di cos’è
veramente. Il personaggio nei primi atti appare come un Don Giovanni, un cinico, un ambizioso,
poi, sviluppando alcune caratteristiche già presenti in precedenza, diviene qualcos’altro:
l’imperatore. Qui abbiamo una delle novità del dramma romantico di mettere in scena dei
personaggi che evolvono nel tempo e quest’evoluzione non si può manifestare se non su tempi
lunghi e qui abbiamo un dramma in cui gli eventi non si svolgono più nelle 24 ore del teatro
classico, ma su una diacronia molto più ampia. Fino ad ora il personaggio di Don Carlos era un don
Giovanni da un lato ed ambizioso dall’altra. In lui vi è una duplice ambizione: amorosa e politica ed
in entrambi i campi egli si comporta in maniera estremamente cinica (egli è pronto a tutto per
conquistare sia Doña Sol, che l’impero). In questi due campi in cui la sua azione si dispiega, egli
mette in atto tutti i mezzi che ha a sua disposizione con grande energia e cinismo. Fin dalla prima
scena il suo atteggiamento con Donna Josepha è quello di mostrargli la borsa piena di soldi da una
parte e la spada dall’altra. Lo stesso atteggiamento, egli ha in politica: lo si vede nel dialogo che ha
con Don Ruy nel primo atto, Don Carlos è pronto a qualsiasi compromesso per ottenere l’impero,
anche a fare delle promesse al Papa, che, sa già tradirà poi in seguito. Quindi è come se il cinismo
fosse un po’ l’altra faccia della grandezza del personaggio che ha energia, coraggio, affronta
Hernani senza paura, anche quando si trova disarmato dinanzi a lui (questo lo si vede nel secondo
atto). Dunque primo dato importante: l’evoluzione del personaggio di Don Carlos, quindi l’atto
quarto è un atto politico, in cui la questione politica (già presente nel primo atto), passa in primo
piano e ciò è evidente anche dal luogo in cui questo si svolge. Il quarto atto si svolge a Aix-la-
Chapelle, termine francese per indicare Aquisgrana, centro politico del Sacro Romano Impero. Per
l’esattezza questa scena si svolge nello spazio sotterraneo dove si trova la tomba di Carlo Magno,
quindi nelle cantine che racchiudono la sua tomba ad Aquisgrana. Il sotterraneo dà l’idea
dell’atmosfera gotica, da romanzo gotico o storico alla Walter Scott e poi siamo immersi nelle
tenebre perché ci troviamo in questo spazio sotterraneo e allo stesso tempo nel cuore del Sacro
Romano Impero al momento dell’elezione imperiale, proprio in quel momento si sta riunendo
l’assemblea di principi tedeschi che deve eleggere il nuovo imperatore quindi si crea una sorta di
legame diretto fra Carlo Magno che è il fondatore del Sacro Romano Impero e il nuovo Carlo
Magno che è Don Carlos quindi Aquisgrana è ovviamente un luogo simbolico di grande importanza
politica. Don Carlos si trova nei sotterranei della tomba di Carlo Magno perché ha scoperto che c’è
una congiura in atto di nobili spagnoli contro di lui, anche per impedirgli di accedere al soglio
imperiale e quindi egli, insieme alle sue guardie si reca sul posto in attesa che arrivino i congiurati
per poterli arrestare, coglierli sul fatto. Quindi all’inizio ci troviamo con Don Carlos che discute con
alcuni dei suoi uomini ma i congiurati non sono ancora arrivati, poi Don Carlos pronuncia un
lunghissimo monologo dialogando con la tomba di Carlo Magno poi arrivano i congiurati e Don
Carlos con le sue guardie li fa tutti prigionieri. Quindi si pone il problema se debba punirli
condannandoli a morte oppure se debba fare un atto di clemenza e graziarli. Nel corso del
monologo appare ancora incerto, cerca in qualche modo un consiglio da parte di Carlo Magno e
alla fine dell’atto prende improvvisamente una decisione e pronuncia l’atto di clemenza che
sancisce la metamorfosi del personaggio di Don Carlos e appunto capisce che la principale virtù
dell’imperatore non è la capacità di punire ma è invece la clemenza e questo è un momento di
svolta fondamentale per il personaggio di Don Carlos. Da questo punto di vista egli ha un
precedente teatrale, a cui Hugo guarda in maniera molto evidente, che è un personaggio di
Corneille (abbiamo detto che il principale modelli di Hugo è Corneille molto più di Racine e qui
appunto Don Carlos si ispira certamente al modello di Augusto in Cinna, perché anche lì Augusto,
alla fine della pièce quando vede che tutte le persone a lui più vicine lo hanno tradito decide di
compiere un atto di clemenza e graziare tutti e questa scelta lo trasfigura e conquista i congiurati )
quindi è proprio evidente questa metamorfosi del personaggio di Don Carlos. Verso (quando si
rivolge a Carlo Magno) “est-tu contente de moi, J’ai bien depullé le misère du Roi?” Mi sono
spogliato definitivamente delle miserie del Re quindi non sono più il re che ero prima, sono
diventato l’imperatore e quindi diciamo è come se avessi assunto un’identità nuova più elevata. Il
fulcro di questa scena è il lunghissimo monologo che precede l’arrivo dei congiurati, questo fa
capire che (la volta scorsa insistevo sul fatto che il teatro di Hugo almeno nella prima scena di Don
Carlos da importanza ai gesti, movimenti, personaggio forse più che alle parole, quindi è un teatro
in cui conta molto questo aspetto visivo più dell’azione) è capace di dar voce e utilizzare un
procedimento tradizionale come il monologo portandolo all’estremo, qui infatti abbiamo un
monologo lunghissimo che difficilmente si trova nel teatro classico e Hugo da estrema importanza
alla parola poetica. Questo monologo serve a dare accesso all’interiorità del personaggio, ci
troviamo in un momento di passaggio esistenziale, il personaggio esprime le sue convinzioni, le
sue idee politiche ma esprime anche le sue esitazioni, paure, dubbi, proprio nel momento in cui sa
che probabilmente sta per salire al soglio imperiale quindi sta per raggiungere il livello più alto del
potere umano. Quindi ci sono questi due elementi nel monologo, la visione politica e
l’espressione di una debolezza umana, di dubbi, esitazioni che sono propri dell’essere umano di
fronte alla difficoltà, la grandezza della missione che si trova a svolgere. Il grande modello per
Victor Hugo è Amleto, quindi in Hernani utilizza moltissimi modelli e mette insieme diverse
tradizioni teatrali. Però i due modelli principali per quanto riguarda il personaggio di Don Carlos
sono Augusto di Corneille da una parte per la trasfigurazione finale e l’Amleto di Shakespeare
perché al momento di accedere al soglio imperiale Don Carlos ha delle esitazioni che esprime con
versi che a tratti riecheggiano quelli del famosissimo monologo di Amleto “to be or not to be…”. Ci
sono delle riprese alla lettera quindi la paura della morte la paura di non essere all’altezza etc. Don
Carlos è come se assommasse in sé Augusto e Amleto. E da questo punto di vista è molto
importante che lui pronunci questo monologo rivolgendosi a Carlo Magno. Lui è lì di fronte
all’ingresso del sepolcro di Carlo Magno e si rivolge a lui, si aspetta che dalla sua tomba arrivi una
sorta di ispirazione che lo guidi e questo è un aspetto che torna anche in altri punti di questo
dramma, anche ad esempio nel terzo atto Don Ruiz chiede consiglio agli antenati , quindi c’è
questa presenza delle grandi ombre dei morti, delle ombre degli antenati che possono forse
consigliare i vivi. Questo quindi nel terzo atto c’è, quando Don Ruis disperato si rivolge ai ritratti
degli antenati che ornano il suo Palazzo e chiede loro come deve comportarsi. Quindi la tomba qui
non è soltanto sfondo ma è proprio un interlocutore muto per il personaggio di Don Carlos che in
qualche modo osserva la sua vita, le cose umane dalla prospettiva della tomba. L’idea è che la
tomba riveli la verità delle cose umane. Questa situazione consente di osservare con uno sguardo
estraniato che relativizza in qualche modo sia la situazione politica che quella umana. Carlo Magno
rappresenta la continuità ideale imperiale che secondo Don Carlos è superiore al principio
monarchico. Bisogna considerare che nell’Europa dell’epoca (Carlo V) c’è un Impero che ha
vocazione universale e ci sono le monarchie (francese, inglese, spagnola). Nel discorso che fa Don
Carlos lui molto chiaramente esprime la superiorità dell’idea imperiale rispetto al principio
monarchico sulla base del fatto che la funzione di Re è ereditaria, invece formalmente che l’impero
si basi sul principio elettivo, c’è una dieta, consenso di principi che elegge l’imperatore, non c’è
ereditarietà. Quindi per Don Carlos che gli parla, e che è in qualche modo anche il portavoce di
Victor Hugo, il principio elettivo è più valido del principio ereditario. Qui c’è anche un messaggio
politico ai francesi della sua epoca, Victor Hugo da giovane è monarchico, un sostenitore dei
Borbone nella Restaurazione. Negli anni 20 ha una evoluzione sempre più netta nel liberalismo è,
un’idealizzazione della Rivoluzione e di Napoleone, erede della Rivoluzione. C’è quindi una
idealizzazione di Napoleone nella figura di Victor Hugo e in qualche modo vediamo già qui
rappresentata nel personaggio di Carlo V, è come se Carlo V raffigurasse quello che poi sarà per i
francesi Napoleone. È come se mentre i Re sono ereditari, l’imperatore è come se fosse
l’espressione più diretta della volontà di dio e del popolo. Victor Hugo attraverso il personaggio di
Don Carlos esprime una superiorità del principio elettivo anche se per quella fase storica
l’imperatore è eletto dai principi, dice Hugo in quell’ elezione in qualche modo si manifesta il
volere di Dio, Dio può decidere di orientare l’elezione in un modo o nell’altro, quindi l’imperatore
è la vera espressione della volontà di Dio. Il Dio interpreta anche il volere popolare. È un
ragionamento un po’ contorto. All’epoca di Hugo l’idea imperiale era un’idea percepita come
radicalmente diversa rispetto a quella monarchica: le monarchie erano appunto il pilastro della
Restaurazione, l’aderenza ad un ordine antico, l’impero era invece nato dalla Rivoluzione,
Napoleone era l’imperatore dei francesi, in qualche modo espressione di una volontà della
Nazione quanto fosse imperatore assoluto. Quello che dice Carlo Magno riflette molto con una
modernità politica, con la concezione politica dei Francesi del primo 800, che rimpiangono
Napoleone e molti di loro, essendo liberali, sperano in una rivoluzione prossima.
THEATRE HERNANI - VICTOR HUGO TEXTE N° 3
Scene II, Don Carlos, Seul
“- Oh ! Si j'allais faillir
En sentant sous mes pieds le monde tressaillir !
En sentant vivre, sourdre, et palpiter la terre !
- Puis, quand j’aurai ce globe entre mes mains qu'en faire ?
Le pourrai-je porter seulement ? Qu'ai-je en moi ?
Être empereur, mon Dieu ! j'avais trop d'être roi !
Certes, il n'est qu'un mortel de race peu commune
Dont puisse s'élargir l'âme avec la fortune”
Qui siamo verso la fine del monologo, c’è una lunghissima parte precedente in cui lui rappresenta
il mondo, la società umana come una grande piramide organizzata in maniera gerarchica e al cui
culmine ci sono due poteri: il papa e l’imperatore, che rappresentano le due vette massime del
potere umano. Rappresenta questa visione cosmica, questa piramide paragonata alla torre di
Babele, che però rischia di crollare da un momento all’altro, poiché la struttura sociale non è
perenne, immobile ma è soggetta alla possibilità di rivoluzioni. Qui è Victor Hugo che parla più che
Carlo V, infondo siamo più nella Francia dell’800 che nella Spagna del ‘500. All’immagine di questa
piramide che può crollare da un momento all’altro, le esitazioni di Carlos si fanno esplicite.
Traduzione:
“-Oh! Se fallissi/Se dovessi fallire
Sentendo sotto i miei piedi il mondo trasalire!
Sentendo vivere, sgorgare, e palpitare la terra!
-Poi, quando avrò questo globo nelle mie mani che fare?
Potrò anche solo portarlo? Che cosa ho in me?
(frase enigmatica: quali sono le mie qualità/capacità? Richiamo evidente ad Amleto=dubbio,
esitazione,
capacità di agire)
Essere imperatore, Mio Dio! Era troppo già essere re!
Certo, non c’è che un mortale/solo un mortale di estrazione poco comuni
Può sentirsi allargare l’anima insieme alla fortuna”
(quando si diventa imperatori si estende la propria fortuna m deve espandersi anche l’anima,
acquisire doti
fuori dal comune)
Abbiamo questa idea di fallimento che si potrebbe legare a un possibile cedimento di questo
edificio dove
al culmine si trova Don Carlos.
Mais, moi ! qui me fera grand ? qui sera ma loi ?
Qui me conseillera ?
Ma, io! Chi mi farà grande? Quale sarà la mia legge?
Chi mi consiglierà?
“Il tombe à deuxgenouxdevant le tombeau.
Charle Magne ! C’est toi !
Ah ! Puisque Dieu, pour qui tout obstacle s'efface,
Prend nos deux majestés et les met face à face,
Verse-moi dans le coeur, du fond de ce tombeau,
Quelque chose de grand, de sublime et de beau !
Oh ! par tous ses côtés fais-moi voir toute chose,
Montre-moi que le monde est petit, car je n'ose
Y toucher. Montre-moi que sur cette Babel
Qui du pâtre à César va montant jusqu'au ciel,
Chacun en son degré se complaît et s'admire,
Voit l'autre par-dessous et se retient d'en rire.
Apprends-moites secrets de vaincre et de régner,
Et dis-moi qu'il vaut mieux punir que pardonner !”
Traduzione:
Cade su due ginocchia/si inginocchia davanti la tomba. (cerca ispirazione, una guida, colui che le
dia una legge)
Carlo Magno! Sei tu!
Ah! poiché Dio, per cui tutti gli ostacoli scompaiono,
Prende le nostre due maestà e le mette faccia a faccia,
Infondimi nel cuore, dal fondo di questa tomba,
Qualche cosa di grande, di sublime e di bello!
Oh! Fammi vedere ogni cosa da tutti i suoi lati,
Mostrami che il mondo è piccolo, distante
E toccarlo. Mostrami che su questa torre di Babele
Che dal pastore a Cesare va salendo fino al cielo, (la torre di Babele è una torre che gli uomini
costruiscono per arrivare al cielo, esempio della volontà degli uomini di equipararsi a Dio)
Ciascuno al suo livello si compiace e si ammira,
Vede quello che gli sta sopra e si trattiene dal riderne.
(idea che lo sguardo di chi sta in basso relativizza la superiorità di chi sta in alto. Guardare il potere
con gli occhi di chi sta in basso, non dimenticare lo sguardo che il popolo rivolge a chi sta in alto,
poiché esso non ha volontà politica però ha la sollevazione popolare)
Insegnami i tuoi segreti per la vittoria e per regnare,
E dimmi che è meglio punire che perdonare!
In questo momento cerca conforto, cerca cosa sia preferibile. In questo momento non avrà
risposta, solo alla fine del IV atto, improvvisamente, sceglierà la clemenza, dopo che Hernani avrà
declinato la sua identità. In questo complotto sono coinvolti sia Hernani che Don Rui entrambi
hanno motivi di collera e di vendetta nei confronti di Don Carlos. Don Carlos dopo aver scoperto
chi sono i congiurati, alla fine decide per la clemenza, anche se già qui la manifesta, ha quasi
impressione che senta la voce di Carlo Magno, i suoi passi.
Lezione 19
Riprendiamo i personaggi:
Hernani è un personaggio duplice perché ha una doppia identità: quella del bandito/proscritto e
quella del nobile. Da una parte il proscritto è in conflitto con l’ordine sociale e dall’altra però è
fiero dei suoi titoli e della sua ascendenza da nobiliare. Questa duplicità noi l’abbiamo vista fin dal
primo atto dov’è incarnata da due oggetti che lui porta:
1. La spada da una parte che il simbolo della sua identità nobiliare
2. Il pugnale dall’altra che è l’arma del bandito.
Questa pièce come tutte le pièce teatrali di Hugo è piena di travestimenti, cambi d’identità, infatti
più volte il personaggio di Hernani appare in scena con un mantello che copre le fattezze . Questa
duplice identità è simboleggiata anche dai due nomi: Hernani da una parte che è il nome del
bandito e Don Juan D’Aragon che è il nome dell’aristocratico. Più volte Hernani fa riferimento a
questo doppio nome con cui lui si confronta: all’inizio tutti lo chiamano Hernani, visto nel 4 atto
svela in maniera molto teatrale la sua vera identità, dichiarando tutti i titoli che egli possiede
tornando ad essere Juan D’Aragon. Alla fine del 5 atto riprende il suo nome (Hernani) nel
momento dello scioglimento tragico dicendo a Dona Sol “Chiamatemi Hernani, questo nome fatale
non ho finito”; questa doppia identità è presente per tutta la tragedia. Abbiamo da una parte il
motivo del bandito con questa ricca sinonimia, molteplicità di termini che utilizza Hernani per
definire la sua posizione marginale di qualcuno che è stato messo al bando dalla società, con
questa forte componente tipica del personaggio ed eroe romantico. Nel verso 667 utilizza 3
termini: “Sono bandito, sono proscritto, sono funeste” e parla della fatalità che lo perseguita,
infatti in un celebre discorso (Tirades) che pronuncia davanti a Dona Sol nel 3 atto: “Porto la
sventura di coloro che mi circondano”, quindi si parla del tema del bandito e quello della Noblesse.
Questo essere aristocratico si manifesta attraverso l’adesione ad un codice aristocratico dell’onore
(tutto sommato lo stesso che trovavamo in Corneille). Che significa che Hernani ad un certo punto
nel 2 atto ha la possibilità di uccidere il Re che è la persona che lui più detesta e di cui cerca di
vendicarsi, però quando si trova difronte ad un uomo disarmato il suo codice di onore gli
impedisce l’omicidio anche se il re offre la sua vita ad Hernani perché non vuole affrontarlo in
duello, Hernani si rifiuta di ucciderlo a sangue freddo, vuole ucciderlo ma in duello. Questo fa
parte del codice d’onore, segno di appartenenza all’aristocrazia. Altro segno del codice d’onore,
che è un anticipo della fine, Hernani si uccide perché ha dato la parola d’onore che lo farà, non
può venire meno ad un giuramento fatto anche se va a suo discapito.
Don Ruy appartiene all’alta aristocrazia, antica nobiltà feudale. L’atto in cui è più presente è il 3
atto e lì siamo nel suo castello, non più nella sua dimora a Saragozza. Siamo sempre nel suo
castello ma sui monti dell’Aragona. Come tutti gli aristocratici Don Ruy ha la sua casa cittadina e le
sue terre con castello. Tutto l'atto si svolge in una grande sala dove appesi alla parete ci sono i
ritratti dei suoi antenati che rappresentano per lui una guida, un'ispirazione; lui parla con questi
ritratti quando si trova in un momento di grande dilemma per prendere ispirazione. Don Ruy è un
personaggio molto complesso, sfaccettato, anche forse non del tutto riuscito perché è
sicuramente un antagonista, l'antagonista di questa pièce, dei due giovani, (perché è lui che si
oppone alla loro unione e determinerà l'esito tragico della vicenda), però in realtà compie degli
atti di eroismo nel corso della pièce che lo trasformano momentaneamente in un aiutante (per
usare un termine della tradizione narratologica). Nel terzo atto, per esempio, che è il suo atto in
qualche modo, rifiuta di consegnare Hernani a Don Carlos, al sovrano, il quale con il suo esercito si
reca nel castello di Don Ruy: ha saputo che Hernani, il bandito, è lì e intima a Don Ruy di
consegnarlo. Don Ruy non può farlo per il codice d'onore che gli dice che, un ospite, anche se non
sapeva la sua vera identità, non si può tradire consegnandolo a qualcuno che ha intenzione di
giustiziarlo. Si rifiuta ostinatamente di consegnarlo, anche se questo vuole dire di fatto esporre la
propria vita e consegnare Dona sol, la persona a cui tiene maggiormente (perché Don Carlos di
fronte ai rifiuti, prima lo minaccia di morte, poi lo perdona, ma si prende Dona Sol) Don Ruy pur
trovandosi in questo dilemma, rifiuta di tradire il suo codice d'onore. È un personaggio complesso,
quasi comico per certi aspetti, appartiene alla tradizione del vieillard amoureux, è un tipo comico
che appartiene alla tradizione della commedia, lo troviamo nell'école des Femmes; però c'è anche
un altro filone che è quello del père noble, il padre nobile, come per esempio Don Diègue nel Cid.
Don Rui è un po' a metà strada tra il personaggio comico e il personaggio tragico: alcuni discorsi
sono un po' patetici, un po' comici (come quando dichiara il suo amore a dona sol in termini
ridicoli), però per altri versi non è comico, ha un suo codice d'onore che rispetta.
V ATTO
Qui chiariremo l'enigma del corno.
Ogni atto si svolge in un luogo diverso, qui non siamo più in Germania come nel IV, ma siamo di
nuovo a Saragozza, in Spagna, nel palazzo che abiteranno Hernani e Dona Sol.
I due si sposano alla fine del IV atto, Don Carlos perdona i congiuranti, tra cui anche Hernani, e nel
suo caso, non solo lo perdona e gli concede salva la vita, ma gli restituisce anche i suoi titoli
nobiliari (che gli erano stati tolti a causa di quella disputa antica tra i due padri), e gli concede la
mano di Dona sol. Don Carlo diventa il modello del buon imperatore, riconosce le qualità di
Hernani e decide di farlo tornare alla sua vecchia identità di Jean d'Aragon, Giovanni d'Aragona;
decide di dargli la mano di Dona sol, la donna da lui amata, e conferirgli delle alte onorificenze, in
particolare la toison d’or (Toson d’oro: grande onorificenza concessa dai re di Spagna). Il V atto si
svolge la sera dopo la celebrazione del matrimonio, durante la festa delle nozze.
È il motivo teatrale delle nozze tragiche, inizia in maniera positiva, come se dovesse finire
felicemente: Dona sol e Hernani si sono sposati, si apre per loro un destino inatteso di felicità, ma
l’esito sarà diverso. Il motivo delle nozze tragiche è tipico del teatro di questo periodo , anche
dell'opera in musica, all'interno della letizia e della gioia della festa di nozze, si sviluppa la minaccia
che grava e che poi si concretizza.
La minaccia è rappresentata, fin dalle prime battute di questa festa, dalla presenza di questo
personaggio ignoto, di cui nessuno conosce l'identità, vestito di nero e con una maschera. Una
specie di figura infernale, inquietante, silenziosa, che non si mescola agli invitati. Il personaggio in
questione è proprio Don Ruy, il quale ha perso tutto, ha perso soprattutto Doña Sol, di cui era
profondamente innamorato, e che quindi è alla ricerca di vendetta.
Don Ruy ha con sé il corno di Hernani. Lui gliel’aveva consegnato alla fine del terzo atto, perché
Don Ruy l’aveva salvato non consegnandolo al re, però nonostante gli avesse salvato la vita era
comunque intenzionato a battersi con lui e ad ucciderlo per l’amore e la rivalità di Doña Sol.
Hernani in quel momento, alla fine del terzo atto, era disposto anche a farsi uccidere, ma prima
vuole andare a salvare Doña Sol, la quale era stata rapita dal re, quindi Hernani dice:
- concedimi soltanto il tempo di salvare Doña Sol e poi mi ucciderai.
Quindi gli consegna il suo corno come pegno di questa promessa e gli dice:
- quando tu suonerai il corno io verrò da te e mi lascerò uccidere.
Hernani ha quindi fatto un giuramento al quale non può più sottrarsi.
In questo quinto atto si passa facilmente da un registro all’altro, registri sempre stilistici, tonali
(mélange).
La prima parte dell’atto è essenzialmente comica, c’è uno scambio di battute tra gli invitati, ci sono
allusioni alla prima notte di nozze e poi c’è un momento di pausa, i due innamorati rimangono soli
(Doña Sol e Hernani) e c’è un duetto lirico, è una scena d’amore, il linguaggio di Victor Hugo qui
diventa estremamente poetico, lirico e poi c’è il finale drammatico con la fine tragica dei due
amanti. Don Ruy lo mette davanti a due scelte, morire con la spada o col veleno ed Hernani, per
non venir meno al giuramento fatto a Don Ruy, sceglie il veleno. Doña Sol cerca disperatamente di
convincerlo, gli strappa il veleno dalle mani e beve metà del liquido ed Hernani successivamente
farà lo stesso. I due amanti muoiono (come Romeo e Giulietta) e, perché anche Doña Sol muore,
anche Don Ruy si uccide.
Leggiamo il duetto lirico, andando a soffermarsi sull’utilizzo da parte di Hugo di tutti i toni e registri
possibili. Qui siamo in un momento di pausa, la festa è finita e gli invitati se ne sono andati,
rimangono gli innamorati che si trovano su una terrazza del palazzo, una balaustra che dà sul
giardino, è un luogo di transizione tra l’interno e l’esterno, ci sono elementi naturali: la natura , un
giardino, la notte, la luna, è quindi una situazione propizia al lirismo, ed è un momento di pausa,
anche narrativa e dà l’impressione che tutto possa ancora finire bene, ma è ingannevole perché a
breve ci sarà il tragico capovolgimento. È un momento di ironia tragica. Commentato da Hernani:
“tornare sui miei passi quando ero alla porta del cielo”. (lettura del testo) Cominciamo dal verso
1948, c’è una brevissima didascalia che dice: essi si spostano dalla balaustra e Doña Sol pronuncia
questi versi, è il momento della prima notte di nozze ….
È un momento di quiete, di pausa, anche di pausa narrativa. L’azione, sempre così concitata in
Hernani, per un momento si placa, e si ha l’impressione che tutto possa ancora finire bene. È un
momento di quiete ingannevole prima del finale tragico: il momento in cui i due personaggi sono
più felici, poco prima del tragico capovolgimento. Infatti, proprio mentre i due si scambiano frasi
d’amore, si sentirà il suono del corno suonato da Don Ruy: è un elemento di ironia tragica.
Questo improvviso ribaltamento viene commentato dallo stesso Hernani che dice a verso 2042
“Revenir sur mes pas à la porte du ciel!”
Tornare sui miei passi quando ero già alla porta del cielo!
= stava per accedere ad una sorta di paradiso in terra, una vita felice con Dona Sol; c’è un
rovesciamento di situazione che è tipicamente melodrammatico.
Leggiamo la scena a partire da verso 1941 (Atto V, scena 3). C’è una brevissima didascalia: i due si
avvicinano alla balaustra che dà sul giardino.
In questo passaggio Hugo è poeta lirico.
Elle va à la balaustre
DOÑA SOL :
Mon duc, rien qu’un moment !
Le temps de respirer et de voir seulement.
Tout s’est éteint, flambeaux et musique de fête.
Rien que la nuit et nous. Félicité parfaite !
Dis, ne le crois-tu pas ? sur nous, tout en dormant,
La nature à demi veille amoureusement.
La lune est seule aux cieux, qui comme nous, repose.
Et respire avec nous l’air embaumé de rose !
Regarde : plus de feux, plus de bruit. Tout se tait.
La lune tout à l’heure à l’horizon montait
Tandis que tu parlais, sa lumière qui tremble
Et ta voix, toutes deux m’allaient au coeur ensemble,
Je me sentais joyeuse et calme, ô mon amant,
Et j’aurais bien voulu mourir en ce moment !
Mio duca, solo un momento!
Il tempo di respirare e di vedere solamente.
Tutto si è spento, fiaccole e musica della festa.
Nient’altro che la notte e noi. Una felicità perfetta!
Dì, non credi? Su di noi, mentre dormiamo /mentre (la natura) dorme [ambiguità],
la natura a metà (= sveglia/addormentata) veglia amorevolmente.
La luna è sola nei cieli, che come noi, riposa.
E respira con noi l’aria profumata di rosa!
Guarda: niente più fuochi, niente rumore. Tutto tace.
La luna poco fa saliva l’orizzonte
Mentre tu parlavi, la sua luce tremante
E la tua voce, tutte e due mi arrivavano al cuore,
mi sentivo gioiosa e calma, oh mio amante,
Avrei voluto morire in quel momento!
[Adesso leggiamo anche la risposta di Hernani: è un duetto che potrebbe essere degno di un’opera
lirica, la stessa opera si presta molto ad essere trasformato in opera lirica, e lo farà Verdi (il suo
Hernani, tratto da Hugo, è una delle sue opere più importanti).]
HERNANI:
Ah ! qui n’oublierait tout à cette voix céleste ?
Ta parole est un chant où rien d’humain ne reste.
Et, comme un voyageur, sur un fleuve emporté,
Qui glisse sur les eaux par un beau soir d'été
Et voit fuir sous ses yeux mille plaines fleuries,
Ma pensée entraînée erre en tes rêveries !
Ah! Chi non dimenticherebbe tutto a questa voce celeste (=di Dona Sol)?
La tua parola è un canto in cui non rimane nulla di umano.
E come un viaggiatore, trascinato su un fiume,
che scivola sulle acque in una bella sera d’estate
e vede fuggire sotto i suoi occhi mille rive fiorite,
il mio pensiero trascinato erra nelle tue fantasticherie!
[C’è una sorta di rêverie comune ai due amanti. Nella seconda parte (giù) invece il tono si fa più
cupo, come se ci fosse il presentimento che questa felicità non sia destinata a durare. Ci sono dei
segnali di morte che cominciano ad emergere nel dialogo tra i due.]

DOÑA SOL:
Ce silence est trop noir, ce calme est trop profond.
Dis, ne voudrais-tu point voir une étoile au fond ?
Ou qu’une voix des nuits, tendre et délicieuse,
S’élevant tout-à-coup, chantât ?…
Questo silenzio è troppo nero. Questa calma è troppo profonda.
Dimmi, non vorresti vedere una stella in fondo (al cielo)?
[Dona Sol è spaventata dalle tenebre così fitte, senza stelle]
O (non vorresti) che una voce delle notti, tenera e deliziosa,
elevandosi all’improvviso, cantasse?
[Qui invece Dona Sol si augura di sentire una voce delle notti, ossia il canto dell’usignolo]
HERNANI, souriant
Capricieuse ! Tout à l’heure on fuyait la lumière et les chants !
Capricciosa!
Poco fa fuggivi la luce e i canti!
DOÑA SOL.
Le bal ! Mais un oiseau qui chanterait aux champs ! Un rossignol perdu dans l’ombre et dans la
mousse, Ou quelque flûte au loin !… Car la musique est douce, Fait l’âme harmonieuse, et comme
un divin choeur, Éveille mille voix qui chantent dans le coeur ! Ah ! Ce serait charmant !
On entend le bruit lointain d’un cor dans l’ombre.
Dieu ! Je suis exaucée !
Fuggivo) il ballo! Ma non un uccello che cantasse nei campi!
Un usignolo perduto nell’ombra e nel muschio,
O qualche flauto in lontananza!... Perché la musica è dolce,
rende l’anima armoniosa, e come un coro divino,
sveglia mille voci che cantano nel cuore!
Ah! Sarebbe bellissimo!
Si sente il suono di un corno in lontananza nell’ombra
Dio! sono esaudita!
[Nel momento in cui evoca il canto dell’usignolo o uno strumento che rompa questo silenzio, sente
il suono del corno, e crede che il suo desiderio sia stato esaudito. Ovviamente lei non sa niente
della storia del corno e del giuramento fatto da Hernani, quindi c’è un quiproquo: non è in grado di
interpretare il vero significato del suono del corno, e mentre Hernani si dispera, lei non
comprende le sue reazioni.]
Commento: Ci sono tante cose che si devono dire. Prima di tutto che si tratta di un momento di
pausa dell’azione, e questo è sottolineato più volte: è la stessa Dona Sol che chiede “rien qu’un
moment ! / Le temps de respirer et de voir seulement.”. C’è un momento contemplativo: i due si
affacciano alla balaustra, guardano e ascoltano. Quindi questo brano lirico è allo stesso tempo un
canto di due amanti che cantano all’unisono (l’elemento musicale è molto presente), ed una
visione.
Vediamo meglio questi due elementi: il canto e la musica.
La parola di Dona Sol, la sua voce, è un canto per Hernani: lui stesso lo dice all’inizio della pagina
successiva “Ah ! qui n’oublierait tout à cette voix céleste ?/ Ta parole est un chant où rien
d’humain ne reste.».
Tutto il brano Hugo lo costruisce come una specie di sinfonia, a cui partecipa un po’ tutta la
natura. Prima c’è il silenzio: Dona Sol insiste sul fatto che tutto si sia spento (la musique de fete /
plus de bruit / Tout se tait), però poi si augura di sentire altre voci che si uniscano alla loro, come
quella di un usignolo che canti nella notte (l’usignolo è il tipico uccello della poesia romantica: il
nightingale di Keats; c’è in Romeo e Giulietta), o un flauto lontano. Perché la musica “rende
l’anima armoniosa, e come un coro divino, sveglia mille voci che cantano nel cuore!”. Tutto il brano
insiste su questi valori musicali. E alla fine Dona Sol spiega anche qual è la funzione della musica
secondo lei: placare le pene dell’animo e parlare al cuore.
C’è poi l’elemento della vista con la ripetizione della parola voir (“Regarde!”).
I due quindi, affacciati alla balaustra, ascoltano e guardano. E c’è una parola in part che viene
usata da Hernani: rêverie, che significa “sogno ad occhi aperti / visione”. Parola che vi dovrebbe
ricordare les rêveries di Rousseau (Rêveries d'un promeneur solitaire), in cui è molto importante la
dimensione naturale, e il rapporto dell’io con la natura. Sarà una parola chiave in tutta la
produzione poetica di Hugo: una delle sue poesie più belle, nella raccolta Les feuilles d’automne, si
intitola “la pente de la rêverie” (= l’inclinazione alla rêverie), del 1831. La parola rêverie è una
contemplazione della natura, e anche una contemplazione spirituale attraverso non l’occhio fisico,
ma l’occhio interiore: una sorta di vagabondaggio della mente: una visione. Quindi in questo
brano ci sono queste due dimensioni: il canto e la visione.
E poi c’è la natura, abbondantemente antropomorfizzata e spiritualizzata. Sono evocate figure
femminili personalizzate che emanano dolcezza, che cullano i personaggi: la luna (associata ad
attività umane: riposarsi, respirare, e interagisce con i personaggi), la natura per l’appunto (di lei si
dice che veille amoreusement) è una figura femminile che emana dolcezza, la notte che sembra
dialogare con i due. È un frammento di poesia della natura, tipicamente romantica, in cui sembra
che la natura partecipi silenziosamente alla felicità dei due amanti.
Poi ci avviciniamo ad una poetica pre-simbolista: Hugo ha dei momenti in cui anticipa quella che
sarà la poesia simbolista. Per esempio i due personaggi mescolano le loro notazioni visive (la luce,
la tenebra) con quelle uditive (il silenzio, il rumore, la musica) e olfattive (l’air embaumé de rose),
siamo vicini alla sinestesia (che diventerà una figura retorica chiave per Baudelaire, Rimbaud).
Sinestesia: l’associazione la di due parole che appartengono a campi sensoriali diversi.
Come a verso 1951:
Tandis que tu parlais, sa lumière qui tremble
Et ta voix, toutes deux m’allaient au coeur ensemble,
La luce (dimensione visiva) e la tua voce (dimensione uditiva) mi andavano al cuore, quindi si
fondevano insieme in qualche modo. C’è l’effetto coniugato di sensazioni di tipo diverso.
Poi è un momento di felicità: c’è tutto il campo semantico della felicità: joyeux, joie, felicité; della
quiete: respirer, repose; della morte: come abbiamo detto prima, all’interno di questa quiete
apparente ci sono dei segnali che annunciano la fine tragica dei due amanti. Come aveva detto
Dona Sol prima di questa scena (non lo abbiamo letto), verso 1940:
Vois-tu ? c’est la joie, Et je pleure
Questa è per noi la gioia, ed io piango. Una specie di presentimento di morte che però non è
cosciente nei personaggi. E lo dice poi “j’aurais bien voulu mourir en ce moment »
La morte sembra la agita, ma allo stesso tempo la attrae.
Hugo anticipa anche elementi che saranno propri del teatro simbolista: ad esempio il teatro
dell’autore Belga molto importante Maeterlink, che scrive un testo Pelléas et Mélisande in cui
appunto, all’interno di immagini felici, si trovano anche presagi di morte.
C’è poi l’aspetto propriamente musicale dei versi. Abbiamo detto le altre volte che i versi di Hugo
sono molto spezzati, il ritmo varia costantemente, è frantumato, ci sono enjambements costanti, è
una versificazione mossa e drammatica. Qui invece cambia totalmente e Hugo si mostra capace di
variare le sue soluzioni: c’è una piena corrispondenza tra sintassi e metro: quasi ogni frase,
soprattutto nella prima parte, corrisponde a un verso. Il ritmo è più lento, da cantilena e con degli
effetti fonici particolarmente riusciti: alcune allitterazioni (= ripetizioni degli stessi suoni in più
parole vicine) come la ripetizione di suoni nasali (n,m) particolarmente dolci, in particolare nei due
ultimi versi “Je me sentais joyeuse et calme, ô mon amant, / Et j’aurais bien voulu mourir en ce
moment !”
Questo momento di felicità prefigura quella che sarà la morte quasi contemporanea dei due
amanti, che anche nel momento nella morte si uniscono: il veleno che bevono entrambi li porta ad
avere una sorta di visione comune poco prima di morire.

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