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CAPITOLO 3: APPLICAZIONE DELLA LEGGE

Titolo del capo II delle preleggi  “APPLICAZIONE DELLA LEGGE” = attività di scopo essenzialmente
pratico, volta a tradurre la previsione generale e astratta in una regola concreta riferita al singolo
caso, in gergo giuridico si parla di “sussunzione di un caso concreto in una fattispecie astratta”
(per “fattispecie normativa” si intende il modello astratto più appropriato ad inquadrare il caso
concreto in relazione agli elementi caratteristici di esso).
Il compito istituzionale di applicare e far rispettare la legge è affidato alla MAGISTRATURA, organo
specifico molto importante cui è affidata la garanzia sociale propria delle norme giuridiche.
Tuttavia l’applicazione della legge rimane un meccanismo logico utile ma non rigoroso, in quanto
entrano in gioco fattori non misurabili in maniera costante e precisa, con sbavature rispetto al
modello astratto prefigurato dalla legge  si caratterizza dunque come un giudizio, una
valutazione, una pesatura, che non potendo essere arbitrario e irrazionale non si esaurisce in una
semplice operazione, bensì avviene per gradi e approssimazioni successive. L’applicazione della
legge necessita di due momenti:
 INDIVIDUAZIONE della norma pertinente fra le tante che compongono l’ordinamento
 INTERPRETAZIONE della norma individuata che precisa il suo contenuto, ossia l’attività volta a
chiarire, nella stregua dei criteri legali, il significato delle disposizioni normative, nonché il
senso delle parole scritte e dei segni linguistici attraverso i quali è formulata la regola
sostanziale. A tale attività per raggiungere i suoi scopi interpretativi sono affidati tre compiti
fondamentali:
- Sciogliere le ambiguità del testo linguistico
- Colmare le lacune del sistema
- Rimediare all’invecchiamento delle disposizioni

Per far questo l’attività interpretativa, come si è detto, non è libera ma vincolata da criteri
fissati dalla legge espressi nell’art 12 disp. prel. ()  si tratta di regole conformate ad un
processo unitario secondo il quale non esistono interpretazioni diverse ma solo plurimi
strumenti di analisi del testo linguistico:
1) L’interpretazione deve tener conto del CRITERIO LETTERALE () secondo cui non si può
attribuire altro senso se non quello fatto palese dal significato proprio delle parole nel
linguaggio comune o tecnico; dunque l’interpretazione letterale della norma…
 deve essere globale non dovendo intendere le parole isolatamente bensì secondo
una connessione grammaticale e sintattica ma anche contestuale di modo che le parole
nel loro insieme abbiano un significato compiuto e razionale nel contesto
 deve essere sistematica in quanto la norma non vive da sola ma si inserisce in un
complesso sistema con il quale è coordinata in un significato coerente con le altre (la
Costituzione svolge oltre che un ruolo di limite esterno riguardo la legittimità delle leggi,
anche un limite interno che orienta l’interpretazione)
2) L’interpretazione deve tener conto del CRITERIO FUNZIONALE (), ossia di essere
vincolata dall’intenzione del legislatore, non inteso come organo o persona fisica, ma
come rinvio alla ratio, allo scopo della norma (alla funzione effettiva che esprime).
 È fondamentale considerare che il contenuto di una norma pur rimanendo
immutato il testo di legge, può modificarsi nel tempo per sopravvenire di nuove
disposizioni o per variazioni degli interessi ritenuti meritevoli di tutela rispetto alle
condizioni culturali ed economiche della società nel corso della storia; dunque tali
mutamenti le portano a distaccarsi dal legislatore che le ha create. Ne consegue
un’interpretazione naturalmente evolutiva che tende a modificare ed evolvere il
significato e la portata delle disposizioni
 Va considerato inoltre l’estensione dell’interpretazione di una norma, distinguendo
per metonimia tre tipi di interpretazione:
- Interpretazione estensiva, se si fanno rientrare nella norma ipotesi non previste in
essa ma sicuramente coerenti alla sua ratio
- Interpretazione restrittiva, se si escludono ipotesi che dovrebbero rientrare nella
previsione ma che in realtà esulano dallo scopo della norma stessa
- Interpretazione dichiarativa, quando si riconosce alla disposizione un significato
esattamente corrispondente al suo tenore letterale (sono escluse restrizioni ed
estensioni); tuttavia non esistono norme di legge che per quanto chiare non
necessitano di interpretazione!!!
3) L’interpretazione può fare ricorso all’ANALOGIA () quando per la risoluzione di
controversie non esiste una precisa disposizione per le cosiddette “lacune
dell’orientamento giuridico”, davanti alle quali un giudice non può denegare giustizia
per la mancanza di norme vige in questi casi il principio di completezza
dell’ordinamento, secondo cui l’interprete applica al singolo caso delle disposizioni che
regolano casi simili o materie analoghe = analogia legis (ammissibile soltanto se basata sui
seguenti presupposti: a) il caso in questione non deve essere previsto da alcuna norma; b) devono
ravvisarsi somiglianze tra la fattispecie disciplinata dalla legge e quella non prevista; c) il rapporto di
somiglianza deve concernere gli elementi della fattispecie nei quali si ravvisa la giustificazione della
disciplina dettata dal legislatore); se il caso rimane ancora dubbio si decide secondo i principi
generali dell’ordinamento giuridico dello Stato = analogia iuris (nel richiamare i principi
generali dell'ordinamento giuridico dello Stato, il legislatore ha inteso escludere il ricorso ai principi
del diritto naturale; quanto alla loro individuazione, la dottrina prevalente ritiene che essi vadano
identificati in norme ad alto grado di generalità di rango costituzionale, di tenore vago o di importanza
fondamentale per l'intero sistema giuridico)
Procedimento analogico= disciplina casi non previsti dalla legge sulla base del
riconoscimento di analogie (somiglianze di fondo fra diverse ipotesi) che consentono
l’omogeneità fra gli interessi così che la disciplina dettata per dei casi si presti a
disciplinare anche altri casi con la stessa ratio  procedimento delicato a causa del
rischio di operare arbitrariamente sulla base di una omogeneità che la legge vuole
escludere proprio attraverso il silenzio circa tali casi
Sono esclusi dal procedimento analogico:
- Norme penali (poiché sorge l’esigenza di certezza per così gravi sanzioni)
- Norme eccezionali (poiché sono volte a disciplinare casi specifici ben studiati e
regolati per introdurre deroghe alle regole generali, dunque non è detto che si
riscontrino in altre fattispecie)
Insieme a tali criteri opera un altro vincolo per l’attività interpretativa  l’“interpretazione
autentica” che promana dal legislatore ed è contenuta in un’apposita norma di legge, con
EFFICACIA RETROATTIVA (=chiarisce un significato preteso già insito fin dall’inizio nella
disposizione interpretata)
 APPLICAZIONE DELLA LEGGE NEL TEMPO
Art 11 disp prel {la legge non dispone che per avvenire: essa non ha effetto retroattivo}: si
pretende il rispetto di una regola di condotta una volta previamente conosciuto il tipo di
comportamento richiesto  tutela dell’esigenza di sicurezza del traffico giuridico, evitando che
una condotta con il tempo possa subire effetti diversi
Art 73 Cost e art 10 disp prel: tali norme prevedono che leggi e regolamenti entrano in vigore a
partire dal quindicesimo giorno successivo a quello della loro pubblicazione, la cosiddetta
“vacatio legis” (=“vacanza della legge” che consente ai destinatari delle norme di prenderne
conoscenza), salvo eccezioni che prevedono una vacatio più lunga, o l’immediata entrata in
vigore, o la disposizione dell’efficacia retroattiva (costituzionalmente vietata la retroattività per
le leggi penali come recita l’art 25 Cost)  una volta entrata in vigore la legge vincola i
destinatari e non assume alcun rilievo il fatto che essi la ignorino seppur senza colpa
(“ignorantia legis non excusat”; eccezione per le norme penali secondo l’art 5 cp)

Strettamente legato al rapporto legge-tempo è la SUCCESSIONE DELLE LEGGI, che pone il
problema della disciplina di situazioni che perdurano nel tempo, cioè di quelle circostanze
verificate sotto il vigore della precedente legge, che prolungano i loro effetti nella vigenza di
nuove regolamentazioni; per tali casi ci sono diversi tipi di interventi giuridici:
 osservanza norme di diritto transitorio (allegate al codice civile come “Disposizioni di
attuazione e transitorie”) che disciplina il passaggio dalla vecchia alla nuova norma.
In mancanza di norme di diritto transitorio che regolino la transizione…
 ci si affida alla teoria dei diritti quesiti, che prevede che la nuova legge non
toccherebbe i diritti ormai acquisiti in base alle vecchie disposizioni; tale teoria tuttavia
non consente di stabilire quali diritti possano dirsi ormai acquisiti e rischia così di
vanificare tutto il suo compito
 maggior seguito ha la teoria del fatto compiuto, secondo cui la nuova norma non tocca
gli effetti già prodotti in base alla vecchia normativa che rimangono validi ed efficaci,
ma i nuovi ulteriori effetti che ne derivano.
Le norme cessano di avere efficacia in seguito ad alcuni fatti:
o ABROGAZIONE  posta attraverso una disposizione normativa, di pari o superiore
grado, successiva a quella che si vuole abrogare; può essere espressa o tacita
Può aversi:
- per oggettiva incompatibilità con nuove disposizioni (per contrasto)
- perché nuove leggi regolano l’intera materia già regolata dalla legge anteriore (per
sostituzione)
o DICHIARAZIONE DI INCOSTITUZIONALITÀ
o REFERENDUM ABROGATIVO
o SCADENZA DEI TERMINI PREVISTI NEL TESTO NORMATIVO
DESUETUDINEpuò abrogare un uso, ma non può togliere efficacia alle leggi e regolamenti
 APPLICAZIONE DELLA LEGGE NELLO SPAZIO
Le norme del nostro ordinamento sono destinate ad avere efficacia nei confronti dei cittadini
italiani che ne sono i diretti e naturali destinatari; come si comportano le norme nei confronti
degli stranieri? È importante distinguere nell’ambito del diritto gli stranieri:
- i cittadini comunitari, i quali hanno la cittadinanza europea ossia di uno Stato
membro dell’U.E. (in base al Trattato di Maastricht); essi godono nello Stato ospite
di diritti civili e alcuni diritti politici
- gli extracomunitari, ossia i non facenti parte dell’U.E.,per i quali il decreto
legislativo n°286 del 1998 ha disciplinato l’immigrazione e la condizione giuridica
secondo il principio di reciprocità (art 16 disp prel).
Lo Stato garantisce agli stranieri i diritti fondamentali della persona umana, e riconosce allo
straniero regolarmente soggiornante la piena capacità di diritto privato, assicurando parità di
trattamento in ordine di tutela giurisdizionale, ai rapporti con la pubblica amministrazione e
all’accesso ai pubblici servizi. Il problema che si prospetta è in caso di conflitto, nel quale ci si
domanda: l’atto compiuto dallo straniero sarà regolato dalla legge italiana o dalla sua legge
nazionale nel caso di conflitto tra legislazioni? La legge applicabile si determina rispetto a
criteri di collegamento quali: a) la nazionalità del soggetto; b) il luogo in cui si trova la cosa o
nel quale l’atto è compiuto; c) scelta delle parti. A tal riguardo la legge n°218 del 1995 indica
che la legge straniera non è applicata laddove essa sia in contrasto con i principi fondamentali
che regolano la convivenza sociale.

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