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INDICE

INTRODUZIONE pag. 3

1. LA GESTIONE DEL PROGETTO: SVILUPPO STORICO pag. 5

1.1 L’approccio gestionale nella progettazione industriale pag. 5

1.1.1 Il diagramma di Gantt pag. 6

§ La struttura del diagramma di Gantt pag. 7

1.1.2 Un’evoluzione del diagramma di Gantt: il grafico PERT pag. 8

1.2 Gli approcci gestionali nei progetti di cooperazione allo


sviluppo pag. 9
1.2.1 Il Logical Framework Approach pag.11

§ La Matrice Quadro Logico pag.13

2. ILPROJECT CYCLE MANAGEMENT:TEORIA E APPLICAZIONE


NEL SISTEMA U.E. pag.15

2.1 L’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) pag.15


2.2 Il Project Cycle Management pag.16
2.1.1 Definizione di PCM e teorie alla base della Metodologia pag.16

§ Una metodologia partecipativa pag.17

§ Una metodologia Objective Oriented pag.18

2.2.2 Il Project Cycle Management nell’Unione Europea pag.19


2.2.3 Struttura del PCM come recepito dall’Unione Europea pag.19

§ La Programmazione pag.20

§ L’identificazione pag.21

 
§ Formulazione e Finanziamento dell’iniziativa pag.22

§ La Realizzazione pag.26

§ La fase di valutazione e verifica pag.27

3. UN CASO STUDIO: IL PROGETTO COCOA CARIBE pag.29

3.1 Il programma PRO INVEST pag.29

3.1.1 Il bando di finanziamento:


EuropeAid/127539/C/ACT/Multi pag.30

3.2 Il progetto Cocoa Caribe pag.33

§ Il contesto d’azione del Progetto pag.33

§ Gli Obiettivi del Progetto e il criterio di Rilevanza pag.35

§ Il piano d’azione e il criterio di fattibilità pag.36

§ Il Piano di Finanziamento e il criterio di Sostenibilità pag.39

CONCLUSIONI pag.40

Indice delle figure pag.42

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA pag.43

 
INTRODUZIONE 
 

Il presente lavoro nasce da una considerazione maturata durante uno stage nel
2008 nell’organizzazione non governativa “Un ponte per …”1: il mio difetto di
conoscenza di metodologie applicative nell’ambito della progettazione per lo
sviluppo. Confrontandomi con le persone che lavorano dentro quest’attore non
statale, e che nella loro pluriennale esperienza lavorativa hanno operato
attraverso la presentazione di progetti a vari enti finanziatori, pubblici e privati,
mi sono reso conto dell’importanza e della varietà delle metodologie e delle
conoscenze che accompagnano la presentazione di un progetto. Da questa
premessa è nata in me la necessità di cercare di colmare questo mio gap
informativo attraverso lo studio e la ricerca di queste metodologie applicative.
Più specificatamente l’oggetto del mio interesse si è concentrato sulla
metodologia del Project Cycle Management- PCM (Gestione del ciclo di
progetto T. d. A.) che come si vedrà, rappresenta l’applicazione di un metodo
scientifico al servizio delle pratiche gestionali. Nella scrittura di questo elaborato
è stato seguito un approccio volto a passare in rassegna le principali teorie alla
base della “scienza del management”. L’intento dello scrivente però è stato
quello di affrontare non solo l’aspetto teorico degli argomenti esposti, ma anche
di ricercare l’applicazione pratica delle teorie oggetto di studio.

Nella stesura del lavoro, nel primo capitolo, si è cercato di ricavare lo sviluppo
storico e metodologico che ha portato all’uso del PCM. Sono state analizzate le
metodologie e le tecniche, sviluppatesi innanzitutto nel campo industriale, che
hanno preceduto logicamente l’adozione del Project Cycle Management- P.C.M.;
è stato indagato l’utilizzo di tale metodologia da parte di alcune organizzazioni
ed istituzioni internazionali.

                                                            
1
 www.unponteper.it

 
Nel secondo capitolo viene analizzata la natura e la struttura della metodologia
P.C.M.; viene studiata la sua applicazione ed importanza nel sistema
dell’erogazione dei fondi, promossi dai bandi dell’Unione Europea, per singoli
progetti. Tale analisi è stata effettuata tramite lo studio dei documenti ufficiali
dell’Unione Europea, in particolare di alcuni manuali operativi. Nello sviluppo
del capitolo, inoltre, vengono analizzati i criteri di eleggibilità dei progetti in base
alle procedure ed ai criteri utilizzati nel sistema dei finanziamenti dell’Unione
Europea.

Il terzo e ultimo capitolo è rappresentato dall’esame di un caso studio: un


progetto presentato all’Unione Europea, nell’ambito dei finanziamenti del
programma PRO INVEST riguardanti l’area Africa- Caraibi- Pacifico- ACP,
dall’Istituto Italo Latino Americano2. Questo progetto è volto a favorire
l’introduzione del know how necessario allo sviluppo di nuove tecniche di
coltivazione del cacao nella fascia equatoriale del continente americano.
L’utilizzo di questo caso studio risulta utile per riassumere alcune degli
argomenti oggetto di analisi nella tesi.

                                                            
2
 http://www.iila.org/IILA/54/31/Cooperazione‐attivitaIT.html

 
CAPITOLO I

LAGESTIONE DEL PROGETTO: SVILUPPO STORICO

In questo primo capitolo analizzeremo lo sviluppo storico di alcune metodologie


e tecniche che hanno preceduto l’invenzione e l’adozione dello strumento del
Project Cycle Management (PCM).

1.1 L’approccio gestionale nella progettazione industriale.

Lo sviluppo della gestione di progetto nasce dalla necessità di razionalizzazione


del lavoro industriale, che ha avuto impulso, all’inizio del ventesimo secolo,
dalle teorie di Frederick Taylor riguardanti il miglioramento dell’efficienza nella
produzione industriale; tali teorie costituiscono il fondamento del management
scientifico, cioè il tentativo di applicare una metodologia scientifica al
management delle organizzazioni industriali. Secondo Taylor (1911) l'obiettivo
di un progetto può essere conseguito più facilmente migliorando il processo
utilizzato per il raggiungimento dell'obiettivo stesso. Questo scopo può essere
raggiunto tramite la razionalizzazione e la specializzazione dei ruoli nel processo
produttivo. Il Taylor propone un nuovo sistema di gestione e di direzione che
viene da lui chiamato task management ossi basato sull’attribuzione di compiti
prefissati e ben definiti.

Taylor è molto chiaro nell’esporre l’intento della sua opera, come emerge
chiaramente dalle sue parole “This paper has been written […] to try to convince
the reader that the remedy for (this) inefficiency lies in systematic management,
[…] to prove that the best management is a true science, resting upon clearly
defined laws, rules, and principles[…]”3.

                                                            
3
 TAYLOR F. (1919), The principles of scientific management, Introduzione, pag.7, HARPER & BROTHERS 
PUBLISHERS, New York.  
Questo testo è stato scritto:[…] per provare a convincere il lettore che il rimedio di (questa) inefficienza 
risiede nella gestione sistematica[…]per provare che la migliore gestione è una vera scienza, fondata su 
chiare e definite leggi, regole, e principi.” (T.d.A) 

 
Le teorie di Taylor, sulle quali non ci soffermeremo, sono alla base degli sviluppi
che saranno esposti nei primi paragrafi del capitolo, dove sono state analizzate le
teorie e le tecniche utilizzate soprattutto per lo sviluppo di progetti industriali.
1.1.1 Il diagramma di Gantt

Henry Gantt collabora con Taylor dal 1887 al 1893 nell’elaborazione delle teorie
fondanti il management scientifico. Il maggior contributo di Gantt è
l’introduzione, nella scienza della gestione, di una schematizzazione grafica delle
attività, concorrenti allo sviluppo di un progetto, costruita sull’asse temporale.
Seguendo le parole di Clark “Mr. Gantt concentrated his attention on the
development of a method of charting which would show a comparison between
performance and promises. 4”, tale comparazione non è statica, ma si sviluppa in
chiave dinamica tramite un diagramma temporale. L’idea centrale degli studi di
Gantt, secondo Clark (1923), è quella di fornire un valido aiuto ai processi
decisionali e gestionali in campo industriale visualizzando la chiara relazione tra
attività e tempi in maniera dinamica, nelle parole di Clark “The Chart itself
becomes the moving force for action”.5

I vantaggi del diagramma di Gantt sono esposti da Clark “The Gantt chart
compares what is done with what was done – it keeps the executive advised as to
the progress made in the execution of his plan, and if the progress is not
satisfactory it tells the reason why.6” Risulta quindi chiara l’utilità di
quest’approccio, perché, secondo Clark (1923) soddisfa due elementi
fondamentali nella gestione di un progetto:

                                                            
4
CLARK W., (1923), The Gantt Chart, prefazione, pag. iii; THE RONALD PRESS COMPANY, New York;  
 “Il signor Gantt concentrò la sua attenzione sullo sviluppo di un metodo di schematizzazione che 
mostrasse la comparazione tra risultati e promesse.” (T.d.A.)  
5
 CLARK W., Ivi pag. 5 
“ È il diagramma stesso che diventa la forza motrice dell’azione.”  
6
 CLARK W., Ivi, pag. 4 
“Il diagramma di Gantt compara ciò che viene fatto con quanto è stato fatto – porta a conoscenza il 
direttore dei progressi compiuti nell’esecuzione del suo piano, e se il progresso non è soddisfacente ne 
spiega la ragione” (T.d.A.) 

 
a) Aiuta, attraverso la schematizzazione, ad avere una visione globale
dell’andamento del progetto e la sua coerenza con il piano progettuale.

b) Visualizza chiaramente i punti critici discordanti dal piano progettuale.


L’attenzione del project manager si può quindi rivolgere alla risoluzione
di tali problemi all’interno dello sviluppo successivo del progetto.

§ La struttura del diagramma di Gantt

Secondo quanto descritto da Clark (1923) il diagramma è costruito su due assi,


sui quali viene costruita una matrice dati. L’asse orizzontale rappresenta la
funzione tempo. L’asse orizzontale è suddiviso in colonne che descrivono le
unità temporali considerate nel progetto (ore, giorni, mesi).

L’asse verticale rappresenta la funzione attività. L’asse verticale è suddiviso


nelle righe della matrice, nelle quali vengono inserite, nello sviluppo del
progetto, le attività e le mansioni in senso sequenziale. Le barre orizzontali di
lunghezza diversa, costruite sulla matrice, indicano l’arco temporale di ogni
attività; si può verificare una sovrapposizione di tali barre, indice di una
contemporaneità di esecuzione delle attività. Un diagramma di Gantt permette
dunque la rappresentazione grafica di un calendario di attività. Ad ogni attività
inoltre possono essere associati uno o più attributi: risorse, umane e materiali;
costi, fissi e variabili7.

Secondo Gantt (1919) lo scopo precipuo della sua teoria è la razionalizzazione di


costi e di tempo nel processo industriale, necessità sorta durante le opere per la
riconversione e la ricostruzione industriale successive alla prima guerra
mondiale. Questa suo intento è premiato nella progettazione e nella gestione
delle fasi di costruzione della diga di Hoover, negli Stati Uniti, tra il 1931 e il
1936. Inoltre l’uso di tale metodologia è andato a beneficio della gestione del
progetto Manhattan durante la seconda guerra mondiale. I diagrammi di Gantt
sono utilizzati in generale nella gestione dei progetti, si sono evoluti e sono
                                                            
7
 Un esempio di diagramma di Gantt è riportato a Pag. 34.  

 
diventati più complessi attraverso la tecnologia informatica, e sono ancora oggi
un valido strumento di razionalizzazione all’interno del project management.

 1.1.2 Un’evoluzione del diagramma di Gantt: il grafico PERT 


Il grafico PERT (acronimo inglese di Program Evaluation Review Tecnique) è
stato sviluppato nel 1958 da uno studio di consulenza ingegneristica, per
rispondere ad una commessa della marina statunitense, riguardante l’armamento
con i missili Polaris dei sottomarini nucleari. Secondo Stevenson (1996), l’analisi
PERT fornisce alle imprese, tramite un supporto grafico che riporta le varie
attività coinvolte in un progetto, una stima di quanto tempo occupa lo sviluppo di
ogni parte del progetto. Appare quindi evidente la connessione logica con quanto
espresso dalla tecnica del diagramma di Gantt, entrambe le tecniche lavorano
lungo il fattore tempo. La differenza tra le due tecniche è espressa da Stevenson
(1996) quando analizza la peculiarità innovativa del PERT, che si sostanzia nel
provvedere una rappresentazione visiva delle più importanti attività del progetto
e soprattutto la sequenza nella quale dovrebbero essere completate. Gli insiemi di
più attività posizionate sequenzialmente, sono denominati “sentieri”, e
costituiscono la rete di grafici che formano il PERT; l’innovazione più
importante risiede nell’interdipendenza che si verifica tra tutte le attività che
concorrono al completamento di un progetto. Il “sentiero” più importante è
quello che Stevenson denomina “critico”, perché “the critical path is the most
important part of the diagram for managers since it determines the completion
date of project8."”; un eventuale ritardo nelle attività posizionate su questo
sentiero causerebbe uno slittamento della data di termine del progetto. I vantaggi
e gli svantaggi gestionali di questa tecnica sono rimarcati da Stevenson (1996):

                                                            
8
 STEVENSON W.J. (1996), Production‐Operations Management., Pag. 42,  5th ed. McGraw‐Hill, San 
Francisco 
“Il sentiero critico è la parte più importante del diagramma per i direttori dal momento che determina la 
data di completamento del progetto”(T.d.A.) 
 

 
a) Aiuta i manager ad identificare le attività necessarie al rispetto dei tempi
di consegna del progetto, focalizzando quindi l’importanza di tenere sotto
controllo tali attività.

b) Il pericolo maggiore, per i manager, è quello di disporre in modo erroneo


le attività od omettere attività fondamentali per il progetto.

1.2 Gli approcci gestionali nei progetti di cooperazione allo sviluppo

Le metodologie di gestione del progetto sono state introdotte nell’economia dello


sviluppo, alla fine degli anni ’60, dall’ufficio della cooperazione allo sviluppo
statunitense (USAID). Per comprendere tale introduzione in questo periodo, non
si può non far riferimento alla situazione mondiale di quegli anni e del successivo
ventennio. Nel corso degli anni sessanta, in concomitanza con il processo di
decolonizzazione che ha avuto inizio nel decennio precedente, si moltiplicano le
iniziative internazionali alla “ricerca delle soluzioni più idonee ai problemi dei
Paesi del Terzo Mondo. In particolare, nel 1961 fu lanciato il primo decennio
delle Nazioni Unite per lo sviluppo9.”. Come sottolinea Zupi (2003) in questo
primo decennio la soluzione adottata, e ritenuta più idonea sia dai Paesi in Via di
Sviluppo (PVS) che dagli stati donatori, fu quella dell’aumento dell’erogazione
di risorse, in forma di doni, crediti agevolati o di crediti commerciali. In realtà,
con i processi di spreco interno e la scarsa redistribuzione delle risorse,
quest’approccio comportò un incremento del debito e il sostanziale fallimento
degli intenti prefissati. Zupi scrive: “di conseguenza, in assenza di un’idonea
pianificazione dello sviluppo da parte degli stessi governi dei PVS, i capitali
trovavano impieghi improvvisati ed improduttivi e, nella maggior parte dei casi
comunque non di immediato riscontro.10”. Appare chiaro quindi l’intento

                                                            
9
 ZUPI M. (2003) , in Il debito estero nei paesi in via di sviluppo – problemi e prospettive; di PASCA DI 
MAGLIANO, QUARTO, ZUPI ; Pag 34 UTET,  Torino. 
10
 ZUPI(2003), ivi, Pag.35 

 
dell’USAID di sviluppare ed introdurre una metodologia che desse risposta
all’inefficienza della programmazione e alle necessità di monitorare i progetti di
sviluppo.

Durante gli anni settanta, si aggravò il tasso medio di crescita del debito verso
l’estero dei PVS, e si preparò il terreno fertile per le successive crisi debitorie
degli anni ottanta. Come ricorda Zupi (2003), le cause di tali crisi possono essere
ricercate, in parte, nei rincari dei prezzi delle materie prime, soprattutto del
petrolio. Con l’aumento dei prezzi del greggio, cui diedero seguito le crisi
energetiche del 1973-1974 e del 1978-1979, ebbe inizio un forte flusso di prestiti
da parte di banche commerciali private, diretto verso i Paesi in via di Sviluppo,
desiderosi d’ingenti quantità di capitale. Questo flusso, durato circa un decennio,
portò molti PVS, soprattutto latino americani, alla non solvibilità dei loro debiti,
e addirittura a dichiarare bancarotta.

Negli anni ottanta, vi è la proliferazione di attori non statali, molti provenienti


dalla società civile, nella partecipazione ai progetti di sviluppo. L’introduzione
sistematica di metodologie di gestione del progetto, nasceva in parte dalla
moltiplicazione degli attori che a vari livelli iniziavano a concorrere alle
iniziative di cooperazione internazionale: le ONG, i sindacati, le piccole, medie e
grandi imprese, gli Enti locali, le diverse amministrazioni centrali. In questo
contesto risultava quindi necessario un coordinamento e una concertazione tra
questi enti, soprattutto dal momento in cui, come afferma l’Organizzazione
Interregionale Cooperazione Sviluppo (2005), tali soggetti potessero essere
beneficiari dei finanziamenti destinati dagli stati come Aiuto Pubblico allo
Sviluppo (APS).

I due approcci-strumenti maggiormente utilizzati nei progetti di cooperazione


allo sviluppo che prevedono la partecipazione o la gestione diretta d’istituzioni
(locali, nazionali ed internazionali) sono:

a) Il Logical Framework (Sistema del Quadro Logico), che sarà oggetto di


analisi nel prossimo paragrafo.
10 

 
b) Il Project Cycle Management (Gestione ciclica del progetto) che sarà
oggetto di studio nel prossimo Capitolo.

Questi due approcci sono tra loro estremamente correlati, dato che il LF è
stabilito in alcune fasi specifiche del PCM.

1.2.1 Il Logical Framework Approach

Il Logical Framework Approach (LFA), è stato codificato per la prima volta


negli Stati Uniti da Leon J. Rosenberg, sotto mandato dell’ USAID. Nel 1989, è
stato introdotto per la prima volta in un documento ufficiale in Europa,
dall’agenzia per la cooperazione allo sviluppo norvegese (NORAD). Il manuale
del NORAD ha dato un significativo contributo allo sviluppo e all’utilizzo di
questa tecnica nella gestione delle iniziative di cooperazione dei paesi europei.
Secondo la definizione nel manuale del NORAD, il quadro logico è “[…] an
analytical tool for objectives-oriented project planning and management.11” Il
Logical Framework, come affermano alcuni manuali applicativi (NORAD 1989;
Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo –DGCS 1995; Swedish
International Development Cooperation Agency –SIDA 1996; World Bank –WB
1998 ); descrive un progetto di cooperazione allo sviluppo, come una sequenza
ipotetica di eventi collegati, che possono essere analizzati e descritti.
Questi eventi, nel metodo tradizionale del Quadro Logico, seguendo
l’impostazione del SIDA (2004), sono divisibili in nove passaggi:

1) Analisi del Contesto: è necessario conoscere ed analizzare il contesto in


cui il progetto è inserito. Per fare questo bisogna indagare sui punti di
forza e le criticità interne ed esterne al contesto.

2) Analisi degli stakeholders12.: il quadro logico segue un approccio


partecipativo. Bisogna sondare quali e quanti attori siano interessati al
                                                            
11
 NORAD, (1999), The Logical Framework Approach (LFA)‐ Handbook for objectives oriented planning, 
Pag.4;NORAD PUBLICATIONS, Oslo. 
[…]uno strumento analitico per  la gestione e progettazione per obiettivi del progetto (T.d.A) 
12
 Il termine fa riferimento alla teoria degli stakeholders (Stanford University, 1963.) 
11 

 
progetto specifico di sviluppo. I portatori d’interessi, in genere, possono
essere suddivisi in: beneficiari, operatori, amministratori, finanziatori.

3) Analisi dei problemi: prima di iniziare un progetto, bisogna individuare


con la collaborazione degli stakeholders i problemi, studiandone gli effetti
e le cause. Tale analisi è fondamentale affinché il progetto sia considerato
utile e quindi finanziabile.

4) Analisi degli Obiettivi: una volta analizzati i problemi si possono iniziare


a delineare scenari futuri tramite la formulazione di obiettivi. Essi sono
divisi in tre livelli:

a) Gli obiettivi generali, in genere sono degli obiettivi socio-economici di


sviluppo, definiti a livello di politica o di programma. Essi vengono
soddisfatti nel lungo periodo, tramite il raggiungimento di diversi
obiettivi specifici.

b) Gli obiettivi specifici: sono obi-ettivi che rappresentano gli scopi


particolari del progetto. Essi vengono conseguiti nel breve periodo, in
ragione della soddisfazione dei risultati attesi

c) I Risultati Attesi: sono gli outputs previsti dalla realizzazione degli


interventi. Devono essere oggettivamente riscontrabili, in quanto
stabiliscono i servizi che i beneficiari ricevono dal progetto, e
realizzabili in un tempo definito.

5) Il piano di attività: l’insieme degli interventi elaborati per il


conseguimento degli obiettivi. Essi sono definiti considerando i bisogni e
la disponibilità di capitale.

6) Il piano delle risorse: prima dell’inizio di un progetto è fondamentale


calcolare gli inputs necessari alla messa in opera del progetto. Questi
mezzi sono catalogabili in: risorse umane, risorse temporali e risorse
finanziarie.

12 

 
7) Gli Indicatori: Servono a misurare l’andamento dei lavori e del
raggiungimento degli obiettivi previsti.

8) Analisi e Gestione dei Rischi: il gruppo di progetto deve identificare,


analizzare e rispondere, con un piano di gestione del rischio, agli eventuali
fattori di rischio che possano minare il successo del progetto.

9) Analisi delle Condizioni iniziali: qualsiasi progetto di sviluppo è inserito


in un contesto istituzionale, non modificabile, del quale si deve tenere
conto. Nell’analisi delle istituzioni bisogna privilegiare l’individuazione
dei fattori non favorevoli o favorevoli all’attuazione del progetto.

Una novità importante che emerge da questi passaggi, è l’approccio


partecipativo che persegue questa metodologia. Infatti, secondo quanto
sottolinea il manuale operativo della DGCS “Il QL può essere elaborato da
singoli soggetti o enti, tuttavia è essenziale che partecipino alla fase di
elaborazione, gli attori e portatori di interesse che intervengono nell’azione di
cooperazione.13”.

§ la matrice quadro logico

Lo strumento più importante, nella metodologia che si è analizzata nel corso del
paragrafo, è la matrice del quadro logico. Essa riassume graficamente gli eventi
che costituiscono le fasi di un progetto. È strutturata, nella forma descritta dal
manuale del SIDA (2004), dall’intersezione di quattro colonne e cinque righe
come rappresentato nell’esempio sottostante.

                                                            
13
 Ministero degli Affari Esteri‐Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo, (1995), Gestione del 
ciclo del progetto;Pag 97; Proval, Roma 

13 

 
  Logica d’Intervento  Indicatori  Fonti di  Condizioni 
Verifica 

Obiettivo         
Generale 

Scopo Specifico         

Risultati         

Attività         

Risorse         

Figura 1.1 Matrice Quadro Logico elaborazione dell’autore

Seguendo il manuale dell’OICS (2005), le sue funzioni emergono nei diversi


momenti del ciclo progettuale: nelle fasi preliminari, visualizza graficamente la
logica e la consequenzialità degli interventi e sottolinea i rischi connessi al
progetto; durante la fase di esecuzione e al termine del ciclo di progetto, è
utilizzata per verificare la coerenza dei lavori e dei risultati ottenuti, con quanto
ipotizzato in fase di programmazione. Quasi la totalità degli organismi
internazionali ha reso obbligatorio l’impiego di questa matrice per la
partecipazione al sistema dei finanziamenti. L’Unione Europea, ad esempio, dal
1993, ne ha codificato l’utilizzo in diversi manuali operativi, ritenendola uno
strumento utile in sede di valutazione dei progetti.14

                                                            
14
 Cfr. European Commission, February 1993, Project Cycle Management, Integrated Approach and 
Logical Framework‐Manual, Brussels. 

14 

 
CAPITOLO II
ILPROJECT CYCLE MANAGEMENT:TEORIA E
APPLICAZIONE NEL SISTEMA U.E.
 

Nel secondo capitolo, dopo una breve analisi sulla natura del finanziamento
pubblico allo sviluppo, si opererà lo studio della metodologia del Project Cycle
Management, all’interno dell’Unione Europea l’organizzazione sovranazionale
che eroga più aiuti pubblici allo sviluppo al mondo15.

2.1 L’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS)

La storia dei finanziamenti ufficiali ai PVS ha inizio dopo la seconda guerra


mondiale, con l’istituzione della Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo
Sviluppo. La definizione di APS è stata coniata dall’ufficio del Development
Cooperation Directorate (DCD-DAC) che lavora all’interno dell’Organizzazione
per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE). Secondo il DAC16 si
definiscono APS, quei flussi di capitale erogati verso un gruppo di paesi
beneficiari, che vengono individuati triennalmente da quest’ ufficio, e verso
istituzioni economiche internazionali che si occupano di sviluppo. Per essere
considerati APS, questi capitali devono provenire da istituzioni internazionali,
nazionali o locali; inoltre devono prevedere una quota di dono non rimborsabile
pari almeno al 25 per cento del totale. Il criterio più importante però è quello
della finalità dell’aiuto, che deve essere indirizzato verso lo sviluppo economico
e il miglioramento dei livelli di benessere.

                                                            
15
 Oltre il 56% del totale degli aiuti pubblici allo sviluppo finanziati dai maggiori paesi industrializzati, 
sono erogati dall’U.E. e dai suoi paesi membri. (Fonte OECD/DAC 2008) 
http://webnet4.oecd.org/dcdgraphs/ 
16
 Cfr. http://www.oecd.org/dataoecd/21/21/34086975.pdf

15 

 
Le due tipologie, come ricorda Pasca di Magliano (2002), per raggruppare i
finanziamenti pubblici sono: il programme financing e il project financing.

Nel programme financing i capitali sono indirizzati verso piani di sviluppo che
sostengano la crescita e riequilibrino la bilancia dei pagamenti. In genere non si
ha una destinazione vincolata dei capitali.

Il project financing eroga capitali verso singoli progetti che portino sufficienti
garanzie di ritorno agli investimenti stanziati. L’approccio è quello di coordinare
una serie di progetti in un più ampio piano di sviluppo. Quest’obiettivo è
raggiungibile individuando e realizzando i singoli progetti; i capitali,
evidentemente, in questa tipologia d’intervento sono vincolati in una determinata
destinazione d’uso. Quest’ultima precisazione è fondamentale se si considera,
come sottolinea Pasca di Magliano, che: “le preferenze dei PVS sono andate
sempre al programme financing per la piena libertà di utilizzo dei capitali
ottenuti. Il project financing, al contrario, per i connessi vincoli d’impiego, dà
adito a timori di perdita di sovranità e lascia talvolta il sospetto che i progetti così
finanziati soddisfino più gli interessi dei prestatori che non quelli dei
beneficiari.17”.

2.2 Il Project Cycle Management

2.2.1 Definizione di PCM e teorie alla base della Metodologia.

Il sostanziale fallimento di molti programmi di sviluppo, con conseguente perdita


dei capitali investiti, ha introdotto la necessità di sviluppare strumenti volti a
garantire in primo luogo una maggiore efficacia dei progetti e dei programmi e
anche un miglioramento complessivo dei meccanismi di gestione dei programmi
stessi. Questo insieme di strumenti è noto a livello internazionale come Project
Cycle Management. Secondo la definizione del manuale dell’OICS “Con il
termine ciclo del progetto si intende la sequenza delle fasi di pianificazione,
                                                            
17
 PASCA DI MAGLIANO R., 2002, Povertà e sviluppo, teorie ed esperienze a confronto; Pag 405;SEAM, 
Formello,  
 

16 

 
analisi, formulazione, gestione e valutazione di un intervento di sviluppo18”
A volte le iniziative di sviluppo falliscono per la loro povera programmazione e
perché non tengono conto di alcuni fattori importanti. La metodologia PCM, che
si svolge tramite il ciclo di progetto, consente di considerare tutti gli aspetti delle
iniziative di sviluppo, in particolare il coinvolgimento dei c.d. portatori
d’interesse.

§ Una metodologia partecipativa

Il coinvolgimento degli stakeholders è ritenuto uno dei punti di forza del PCM,
come evidenzia un rapporto annuale della Commissione Europea- C.E.
“successful projects were characterized by their clear reference to the national
context and the existing needs and demands of stakeholders19”. L’approccio che
segue il Ciclo del Progetto parte dai bisogni dei beneficiari, piuttosto che
dall’offerta di capacità tecniche o di disponibilità di fondi da parte dei donatori.
Come sottolinea il manuale della German Technical Cooperation-GTC (1996) lo
scopo della cooperazione allo sviluppo dovrebbe essere quello di far partire un
processo virtuoso interno di auto-aiuto, processo che può prendere le mosse
tramite il coinvolgimento dei c.d. Gruppi Bersaglio. Questa necessità risulta
fondamentale, come evidenzia Rossi (2006), se si confronta un’analisi comparata
delle valutazioni realizzate dalla Commissione Europea dal 1998 al 2002, la
quale riguarda sessantasei progetti nei paesi Africa Caraibi Pacifico- ACP e
dimostra che i maggiori vincoli al successo sono legati alla mancanza
d’identificazione precisa dei beneficiari (gruppi-bersaglio). Il PCM tramite gli
strumenti propri del quadro logico20, metodologia che è oggetto, come si vedrà,
                                                            
18
 OICS,(curato da Marco Zupi) ,2005, Manuale di formazione: Le nuove opportunità della cooperazione 
decentrata;Pag.408; Roma. 
19
 European Commission-EuropeAid, 2002, Annual Report 2001 on EC development policy and the
implementation of the external assistance; Pag.185; Brussels.
“I progetti vincenti sono stati caratterizzati dal loro chiaro riferimento al contesto nazionale e alle
necessità e domande esistenti dei portatori d’interesse”(T.d.A.)
20
Vedi Supra, Pag.9.

17 

 
di una delle fasi del ciclo di progetto, dirime questo problema costituendo una
metodologia partecipativa. “Participation” afferma la GTC “means the active
involvement of individuals, social groups and organisations in the planning and
decision-making processes that affect them.21

§ Una metodologia Objective Oriented

Come ricorda Rossi (2004) la metodologia PCM è orientata verso gli scopi che
un’iniziativa persegue, l’accento è posto sui risultati e sugli obiettivi, più che
sulle attività. Se a causa di cambiamenti nelle condizioni di contesto, le attività
rischiano di non dar luogo ai risultati e agli obiettivi previsti, la logica del PCM
suggerisce di adeguare le attività, mantenendo fisse le mete cui tendere.
Il PCM si avvale, infatti, del c.d. strumento ZOPP, elaborato dalla German
Technical Cooperation alla fine degli anni 80, partendo e ampliando le intuizioni
della Logical Framework Analysis, di cui è un’evoluzione. L’approccio dello
ZOPP prevede uno schema sistematico per strutturare i processi di pianificazione
dell’intervento, partendo dalla base essenziale dell’analisi degli obiettivi. Come
sottolinea la GTC (1996), questo strumento è utilizzato in ogni fase del ciclo di
progetto e perciò costituisce un elemento fondamentale e caratterizzante del
Project Cycle Management.

2.2.2 Il Project Cycle Management nell’Unione Europea

L’Unione Europea ha recepito questo insieme di strumenti, in diverso modo e


con intensità variabile a seconda delle Direzioni Generali, a partire dal
1992, e producendo un proprio manuale operativo per l’utilizzo del PCM e del
Quadro logico nel 1993. La Commissione Europea come sottolinea il manuale
(2001) applica il PCM al fine di garantire qualità, efficacia ed efficienza al suo
sistema di aiuti internazionali. L’organo europeo infatti riconosce che il metodo
                                                            
21
Deutsche Gesellschaft für Technische Zusammenarbeit (GTZ ) GmbH ,(1996), Project Cycle
Management (PCM) and Objectives-Oriented Project Planning (ZOPP),Guidelines ;Pag. 8; Unit 04,
Strategic Corporate Development, Berlin.
“Partecipazione significa il coinvolgimento attivo di individui, gruppi sociali ed organizzazioni nei
processi di pianificazione e decisionali di cui sono oggetto”(T.d.A.)

18 

 
del PCM migliora “[…] the management of external co-operation actions –
projects and programmes of all kinds – by taking better account of essential
issues and framework conditions in both designing and implementing projects
and programmes22”. La validità di questa metodologia a livello comunitario è
testimoniata dal suo utilizzo corrente in numerose iniziative dell’Unione
Europea. Essa è alla base della gestione di alcuni programmi (es. LIFE23) o di
alcuni filoni di finanziamento a livello di cooperazione euro mediterranea
(MEDA) e mondiale (Europe Aid).

2.2.3 Struttura del PCM come recepito dall’Unione Europea

Il Project Cycle Management è stato codificato nella sua struttura e nei principi
dalla Commissione Europea in diversi manuali operativi editi nel 1993, 2001,
2002, 2004.

Il ciclo di progetto, come riporta il manuale, è suddiviso nelle cinque fasi


riportate nella figura (2.1) sottostante:

Programmazione

Valutazione/Verifica Identificazione

Realizzazione Formulazione/Finanziamento

Figura 2.1 Il Ciclo di Progetto Elaborazione dell'Autore  

                                                            
22
 European Commission‐EuropeAid Co‐operation Office, March 2001,Manual‐Project Cycle 
Management;Pag.1,  Brussels 
“[…] (Migliora) La gestione delle iniziative di cooperazione esterna– progetti e programmi di ogni genere 
– tenendo in maggior considerazione, nella designazione e implementazione di progetti e programmi, le 
questioni essenziali e le condizioni strutturali. (T.d.A.) 
23
 Strumento Finanziario dell’Unione a supporto di progetti di conservazione naturale e ambientale. 
(Fonte http://ec.europa.eu/environment/life/) 

19 

 
La durata e la complessità di ogni fase varia secondo la natura del progetto e
ciascuna fase dovrà essere interpretata alla luce delle caratteristiche dei soggetti
coinvolti e delle relazioni fra di essi. Bisogna sottolineare che il Ciclo del
progetto è una struttura adottata tanto dagli enti finanziatori quanto dai soggetti
esecutori (agenzie, ONG, enti locali, ecc.). I diversi passi del ciclo hanno quindi
un contenuto diverso secondo l’istituzione che li realizza. Quest’appunto è
importante, perché, per ragioni di efficienza e trasparenza, la stessa Commissione
Europea rimarca la necessità della ricerca di una sinergia tra il suo ruolo di ente
finanziatore ed i soggetti esecutori che accedono ai bandi di finanziamento; tale
sinergia può essere raggiunta, in primis, solo tramite un’integrazione di
“linguaggio” e di strumenti.

Come evidenzia il manuale operativo della C.E. (2004), i principi che muovono
le fasi del ciclo di progetto sono tre:

a) Le regole guida e le procedure decisionali sono stabilite propriamente in


ogni fase. Tali regole e procedure si devono, altresì, conformare ai criteri
di rilevanza, fattibilità, effettività e buona gestione.

b) Le fasi sono progressive ed esiste un rapporto di propedeuticità. Questo


significa che il passaggio alla fase successiva può avvenire solo con il
completamento della fase precedente.

c) La pratica continua di monitoraggio e verifica deve rappresentare uno


spunto e un feedback utile per l’elaborazione di nuove iniziative, e risorsa
per l’apprendimento istituzionale.

Dopo aver fissato questi criteri, possiamo quindi analizzare ogni fase.

§ La Programmazione

Nella fase di programmazione bisogna procedere ad una attenta analisi


ambientale, sulla scala in cui l’intervento va ad incidere, rilevando i problemi, i
contrasti e le opportunità che l’iniziativa di cooperazione può creare.

20 

 
Quest’attenta analisi preliminare deve tener conto degli indicatori socio-
economici fondamentali per stilare un quadro del territorio in cui andrà ad
operare il piano di sviluppo. La verifica di questi indicatori socio-economici ha lo
scopo di delineare gli obiettivi e le priorità dell’intervento, ed è essenziale nella
fase della richiesta di un finanziamento per rimarcare la necessità e la qualità
della proposta. La Commissione, a tale proposito raccomanda la redazione dei
c.d. country strategy papers-CSP, che vengono elaborati in collaborazione con
gli enti governativi interessati dall’azione di cooperazione. Questi documenti
sottolineano l’importanza degli organi politici nel delineare le modalità
d’impegno e le priorità degli interventi. In particolare il manuale dell’Unione
Europea rimarca la necessità di “Identify a strategy for E(uropean)C(ommision)
development assistance  which takes account of the […]ongoing or planned
activities of other donors.24”

La fase di Programmazione si avvale degli strumenti tipici del Logical


Framework Approach, che sono stati analizzati nel capitolo precedente, al quale
si rimanda.

§ L’identificazione

La fase d’identificazione è lo stadio in cui i problemi, gli interessi e le aspettative


reali dei portatori d’interesse vengono analizzati e valutati alla luce di quanto
emerso nel country paper prodotto durante la programmazione.

Gli obiettivi principali in questa fase, come riporta il manuale della C.E. (2004),
sono: la redazione d’idee progettuali che siano, per quanto possibile, aderenti ai
principi e le priorità della Commissione; un’analisi di fattibilità di questi
interventi; la stesura di un piano finanziario da sottoporre nella fase di
presentazione del progetto. Questi obiettivi devono essere raggiunti tenendo

                                                            
24
 European Commission‐EuropeAid Co‐operation Office, (March 2004) ,Aid delivery Methods, Project 
Cycle Management, guidelines; Volume 1 Pag.35,  Brussels 
“ (necessità di) identificare una strategia per l’assistenza allo sviluppo della commissione europea che 
tenga in conto delle attività in corso o pianificate da altri donatori”(T.d.A) 

21 

 
conto della natura partecipativa del PCM. Come ricorda la Commissione “The
source of project ideas may come from a variety of sources, most importantly
from prospective implementing partners.[…]Local ownership of, and
commitment to, potential projects is a key quality assessment criterion.25”
Per promuovere la partecipazione bisogna tenere in considerazione alcuni
semplici principi: il rispetto della cultura e la valorizzazione delle conoscenze e
abilità locali; assicurare non una mera partecipazione al progetto ma una marcata
influenza sullo stesso; promuovere un processo di apprendimento e di
trasferimento di conoscenze che non sia solo un prodotto collaterale
dell’intervento, ma che diventi costitutivo dello stesso. Azione preliminare e
necessaria per ottenere tale obiettivo è quella di effettuare un efficace
stakeholders analysis26. Oltre a questo documento, la Commissione raccomanda,
prima di procedere alla fase successiva, di stilare: un documento di analisi dei
problemi; un report di altre iniziative eventualmente in atto o in
programmazione; una preliminare descrizione del progetto con relativa gerarchia
di obiettivi; un preventivo dei costi e delle risorse disponibili; un rapporto
preliminare sulla sostenibilità socio-economica ambientale dell’iniziativa; un
piano di lavoro per la fase di Formulazione.

Al termine di questo processo d’identificazione si definisce la tipologia di


progetti su cui iniziare a lavorare, coerentemente con le priorità definite in fase di
programmazione.

§ Formulazione e Finanziamento dell’iniziativa

Una volta terminate con successo le due fasi preliminari, si procede alla fase di
redazione del progetto. Esso è stilato con l’ausilio di personale tecnico

                                                            
25
 European Commission‐EuropeAid Co‐operation Office ,(2004),ivi. Pag. 27 
“La fonte delle idée di un progetto può provenire da una varietà di fonti, in modo preminente dai 
potenziali partners attuatori.[…] Una direzione locale ed impegnata nei progetti potenziali, risulta un 
criterio di valutazione chiave.”(T.d.A) 
26
 Vedi Supra, Pag.9 

22 

 
specialistico del settore, che esegue uno studio di fattibilità. In questa fase il
livello di coinvolgimento e di responsabilità dei diversi portatori d’interesse
dipende da diverse condizioni: il livello d’integrazione e coinvolgimento che si
vuole raggiungere con le istituzioni locali e la capacità degli stakeholders di
partecipare al processo di progettazione.

Gli obiettivi propri di questa fase sono: la redazione di un piano dettagliato in


relazione ai definitivi studi di fattibilità e l’elaborazione di un piano finanziario.
Al raggiungimento di tali scopi concorrono i documenti redatti durante la fase
d’identificazione, che nella formulazione del progetto devono essere ampliati e
confermati. Durante la progettazione bisogna prevedere: una metodologia di
monitoraggio e di valutazione, tramite precisi indicatori che verranno utilizzati
durante e in sede di verifica dell’iniziativa; una delineazione degli strumenti e
principi di gestione e di coordinamento del progetto.

Gli strumenti che possono essere utilizzati per la scrittura del progetto, indicati 
dalla Commissione, sono: 

1. L’approccio  del  Quadro  Logico  con  l’utilizzo  della  relativa  matrice 


riassuntiva del progetto.

2. La rappresentazione matriciale della gestione del rischio

3. La descrizione del modus operandi previsto, volto all’ottenimento 
dello scopo partecipativo.

4. Il prospetto della proposta di finanziamento.

È necessario evidenziare quanto sia fondamentale la fase di progettazione. Un


progetto di qualità rappresenta la condicio sine qua non per avere l’opportunità di
accedere ad un finanziamento. Come ricordano nel loro volume Roberto Carpano
e Vincenzo Naso (2001) esiste una notevole differenza tra il voler partecipare e la
progettazione efficace. Quest’affermazione, sottolinea Rossi, è suffragata dai dati
che emergono da alcuni programmi di finanziamento dell’Unione Europea: “Per

23 

 
il quinto programma Quadro solo il 22.5% dei 6185 progetti presentati era stato
negoziato, mentre per il Programma Leonardo tale percentuale crollava al 5.6%
dei 767 progetti presentati.”27 Una volta scritto il progetto passa al vaglio
dell’Unione Europea.

Quest’argomento apre una breve analisi sulle forme di finanziamento concesse


per la cooperazione esterna, dalla Commissione. Gli ultimi principi guida che
regolano le erogazioni di aiuti e stabiliscono le tipologie di contratto sono
contenuti in un manuale pratico pubblicato dalla Commissione Europea nel 2008.

Il requisito d’idoneità fondamentale è quello della nazionalità della persona fisica


o giuridica candidatasi al bando di finanziamento. Essa come recita il testo del
manuale28, deve provenire da: uno stato membro della Comunità Europea; uno
stato membro dell’area economica europea (E.E.A.);un paese candidato ufficiale,
beneficiario delle procedure di pre-adesione; un paese che è diretto beneficiario
dell’aiuto previsto nel corrispettivo bando; un P.V.S. presente nella lista del
DAC29, nel caso di un contratto finanziato all’interno di un programma settoriale
dell’Unione; un’organizzazione internazionale; i paesi che sono beneficiari
dell’instaurazione di un rapporto reciproco di accesso all’ aiuto esterno; altri
Paesi terzi in deroga, secondo diposizioni della C.E. . Gli altri criteri sono fissati
di volta in volta nei testi dei bandi. I più importanti da ricordare sono i criteri di
attinenza: all’oggetto e al settore interessato dal bando; all’area geografica
beneficiaria del finanziamento; alla valutazione d’idoneità (economica e
giuridica) del candidato, compiuta preliminarmente dall’unità di analisi dei rischi
della Commissione.

                                                            
27
 ROSSI M. in un intervista a Roberta d’Eramo in 
http://db.formez.it/storicoarchivionews.nsf/ForpaPubblicheNotiziePerTipo/787358a8d727576dc1256d2
c002c95b1?OpenDocument  
28
 European Commission‐EuropeAid Co‐operation Office,(2008), Practical Guide to Contract procedures 
for EC external actions; Pag. 12, Brussels. 
29
 Vedi Nota 16, Pag,13 

24 

 
I contratti erogati dalla Commissione sono di diversa natura e seguono differenti
procedure. Tali procedure, che regolano le gare d’appalto, possono essere
riassunte in: bandi a procedura aperta e ristretta; bandi a negoziato competitivo;
bandi a procedura negoziata.

I bandi a procedura aperta sono pubblicati sulle gazzette ufficiali dell’Unione


Europea, degli Stati Membri, e degli Stati dell’area Africa, Caraibi, Pacifico
(ACP). Possono partecipare al bando tutti i soggetti interessati, secondo i criteri
che abbiamo in precedenza esposto; in questo tipo di contratti non è possibile
alcuna negoziazione. I bandi a procedura ristretta, invece, prevedono la
partecipazione di un numero ristretto di soggetti, selezionati secondo le
qualifiche, che vengono invitati a presentare le loro proposte. Nei bandi a
negoziato competitivo, gli attori concorrenti sono decisi dalla commissione che
assegna l’appalto al concorrente, che a parità delle condizioni prescritte dal
bando, offre la soluzione economicamente più conveniente. Infine la procedura
negoziata è utilizzata in casi eccezionali per contratti di servizio, solo quando si
verifica una situazione di estrema urgenza. I finanziamenti dei bandi possono
andare a parziale o totale copertura dei costi del progetto, secondo le procedure
stabilite in ogni testo. I finanziamenti generalmente non sono erogati in un’unica
tranche ma tramite pagamenti rateizzati e condizionati dall’andamento dei lavori.

Il testo del manuale della Commissione (2001), recita che questa fase termina
quando, dopo essere stata vagliata da un comitato interno, la proposta finanziaria
viene approvata. Quindi “A formal agreement with the partner Government or
another entity is then signed by both including essential financing
implementation arrangements.”30  Ovviamente solo se il progetto riceve
l’approvazione si procede alle fasi successive.

                                                            
30
 European Commission‐EuropeAid Co‐operation Office, (March 2001),Manual‐Project Cycle 
Management;Pag.3,  Brussels 
“Viene quindi firmato un contratto formale con il Governo o altra entità partner, che include gli accordi 
essenziali sull’attuazione del finanziamento” (T.d.A.) 

25 

 
§ La Realizzazione

Nella fase di realizzazione, palesemente, l’obiettivo centrale è il raggiungimento


pratico degli obiettivi elaborati nelle fasi precedenti. Questa è la fase centrale e
più critica del ciclo di progetto, si può affermare senza dubbio alcuno, che le altre
fasi sono di semplice supporto alla fase di realizzazione. La condicio sine qua
non per il buon esito di questa fase critica è una corretta gestione del progetto.

La fase di realizzazione è divisa comunemente, come ricorda il manuale della


C.E. (2004), in tre periodi:

a) Il periodo di avvio: in questo periodo si concludono le ultime procedure


contrattuali e si revisiona il piano progettuale; si mobilizzano le risorse
umane e capitali e s’instaurano le relazioni lavorative con gli stakeholders.

b) Il periodo d’implementazione: in questo periodo si dispongono sul campo


le risorse umane e capitali; si realizzano le attività; si attua un
monitoraggio continuo con redazione di report; si revisiona il progetto alla
luce dell’esperienza maturata.

c) Il periodo di ritiro graduale: in questo periodo avviene il passaggio della


gestione del progetto ai partner locali; ci si assicura che sia avvenuto un
effettivo trasferimento delle competenze e che il progetto continui a essere
sostenuto nelle spese correnti e tramite piani di mantenimento.

In questa fase bisogna tenere conto di altri due parametri, sottolineati già in
precedenza, che sono: un monitoraggio continuo del progetto e la stesura
frequente di rapporti di aggiornamento dei lavori. Il monitoraggio continuo dei
lavori è un onere che compete ai responsabili contraenti del progetto.
Quest’attività è fondamentale, ai fini del prosieguo dei lavori, perché serve a
visualizzare i progressi ed eventualmente ad aggiornare e correggere l’impianto
progettuale. L’attività di monitoraggio soddisfa inoltre la produzione di rapporti
dettagliati sull’andamento delle attività, richiesti periodicamente dall’ufficio di
valutazione della C.E.; queste relazioni sono importanti per avere un quadro

26 

 
preciso degli obiettivi raggiunti e dei rimedi per venire contro le eventuali
difficoltà incontrate; infine provvedono alla trasparenza necessaria che dovrebbe
accompagnare ogni intervento finanziato con fondi pubblici.

Una volta terminata la fase di realizzazione, l’iniziativa è valutata e verificata.


§ La fase di valutazione e verifica

L’ultima fase del ciclo di progetto comprende la pratica di valutazione. In realtà,


tale pratica, ricorre ,come il monitoraggio, all’interno di tutto il ciclo di progetto.
Come sottolineato in numerosi documenti dell’Unione Europea, essa è necessaria
al mantenimento del clima di fiducia con il pubblico; con tale pratica, infatti, si
rende conto pubblicamente, tramite documenti facilmente accessibili, dei risultati
e degli impatti ottenuti dalle attività finanziate con i fondi dell’Unione. Inoltre, la
valutazione, è un canale utile di acquisizione di conoscenze e di esperienza
perché fornisce un quadro globale di cosa abbia funzionato o no nell’iniziativa.
Come afferma un documento del DAC “The aim (of evaluation) is to determine
the relevance and fulfillment of objectives, developmental efficiency,
effectiveness, impact and sustainability.”31 L’OECD, ha definito diversi criteri
che devono guidare l’attività di valutazione, che sono stati recepiti dall’Unione.
Essi sono: l’imparzialità e l’indipendenza del processo di valutazione dai
processi di elaborazione, gestione e realizzazione delle politiche di sviluppo; la
credibilità e la trasparenza. Oltre a questi principi la commissione ha ritenuto, in
questa fase, di dover ricercare: la collaborazione degli stakeholders e dei partners
locali, in modo da assicurare un più ampio spettro di prospettive e vedute che
arricchiscano tale processo; un feedback utile per la governance locale,
interessata dall’iniziativa di sviluppo. L’attività di valutazione, all’interno del
sistema U.E. come riporta il manuale (2004), è operata dall’Ufficio di
Valutazione che ha sede a Bruxelles. Quest’ufficio opera, in piena indipendenza,
                                                            
31
  OECD/DAC, (1998): Review of the DAC Principles for Evaluation of Development Assistance, Pag.114, 
Paris. 
“Lo scopo (della valutazione) è di determinare la rilevanza e il raggiungimento degli obiettivi, l’efficienza 
dello sviluppo, l’effettività, l’impatto e la sostenibilità.” 

27 

 
sotto la guida dei responsabili valutatori che hanno il compito di: selezionare gli
argomenti che devono essere valutati e delineare il modo e secondo quali linee
guida operare durante il processo di valutazione; assicurare, al termine del
processo, la produzione di una relazione finale, correlata dalla divulgazione delle
raccomandazioni e dei risultati del processo di valutazione. Le linee guida, sulle
quali si deve basare l’attività valutativa, sono ricavate o dagli obiettivi dei singoli
progetti, o sulla base delle priorità della commissione riguardo a specifici focus
geografici, settoriali e di strumenti finanziari. Altra componente fondamentale,
nell’ufficio di valutazione, è il gruppo dei valutatori. Questo gruppo lavora a
supporto del responsabile valutatore, operando un rapporto di mediazione tra i
diversi consulenti e rielaborando i documenti finali di valutazione, in modo che
abbiano un impatto positivo nella preparazione e realizzazione dei successivi
progetti di sviluppo.

Differente dall’attività di valutazione, è quella di verifica formale del rispetto


delle norme legali e di bilancio. Questa verifica viene effettuata in collaborazione
da specialisti esterni e interni alla Commissione Europea. L’obiettivo è quello di
verificare: la legalità e la regolarità delle spese effettuate durante il ciclo di
progetto; se i fondi stanziati siano stati utilizzati in modo economico ed
efficiente; se i fondi stanziati siano stati utilizzati effettivamente per gli scopi
indicati nella proposta progettuale. Al termine dell’attività di verifica, viene
prodotta una relazione finale che contiene le linee guida utilizzate nella redazione
del documento, e quindi le decisioni prese al termine dell’iter di valutazione.

28 

 
CAPITOLO III

UN CASO STUDIO: IL PROGETTO COCOA CARIBE


Nel corso di questo capitolo analizzeremo, per completare con un esempio
pratico le analisi svolte nella parte precedente, un progetto presentato dall’Istituto
Italo Latino Americano (IILA), all’indirizzo del programma di finanziamento
“PRO INVEST” dell’U.E. .

3.1 Il programma PRO INVEST

Prima di analizzare concretamente la proposta progettuale è opportuno


individuare e collocare l’ambiente istituzionale dentro il quale tale proposta è
stata formulata.

Il programma PRO INVEST32, come si legge nel sito internet istituzionale


dell’ufficio che ne coordina le attività, è stato lanciato dall’Unione Europea nel
2002. Tale programma è gestito da un’unità autonoma all’interno del Centro per
lo Sviluppo imprenditoriale (CDE), sotto la supervisione dell’ufficio dell’Europe
AID. La realizzazione di questo programma è realizzata, in coordinamento, dai
due comitati che costituiscono la struttura principale dell’unità: il Comitato
Ispettivo, formato dai rappresentanti del segretariato, dalle organizzazioni
regionali e dagli investitori privati dei paesi ACP, nonché dai rappresentanti della
banca europea degli investimenti. Il secondo organo è il Comitato Consultivo dei
Finanziatori, di cui fanno parte i più importanti rappresentanti dei settori
finanziari europei e delle agenzie europee d’investimento.

Il programma ha lo scopo di finanziare e monitorare interventi di sviluppo, rivolti


verso il Paesi ACP, che abbiano l’obiettivo di promuovere il settore
imprenditoriale e il trasferimento del know how necessario allo sviluppo di tali
iniziative. Oltre a ricercare l’instaurazione di rapporti tra realtà produttive
europee con realtà imprenditoriali dei paesi ACP, l’ approccio che persegue il
PRO INVEST è quello di limitare, quanto più possibile, l’accrescimento della
                                                            
32
 http://www.proinvest‐eu.org/ 

29 

 
dipendenza, soprattutto tecnologica, dei PVS interessati dal programma, nei
confronti dei paesi industrializzati. La dipendenza tecnologica, come sottolinea
tra gli altri Meir Merhav (1969), produce sottosviluppo. L’economista Israeliano
rifiuta la teoria che lo sviluppo “consista principalmente nel trapiantare una
tecnologia avanzata in un’economia arretrata” perché essa “è incapace di
svilupparla tramite un processo endogeno, come risultato del proprio processo
evolutivo33”. Questo aspetto , afferma Merhav, contribuisce a creare
sottosviluppo perché non incide nella creazione di capitale umano nel PVS, che
sono incapaci quindi di manipolare tali tecnologie e sviluppare propri percorsi
evolutivi autonomi. Come sottolinea Pasca di Magliano “il capitale fisico non è
di per se sufficiente quando è bassa la qualità del capitale umano locale; e ,
poiché questa è generalmente molto bassa nelle regioni depresse, il suo
miglioramento diventa fattore strategico, indispensabile alla stessa formazione di
capitale34.”Il programma PRO INVEST, s’inserisce in un più ampio approccio
allo sviluppo elaborato dagli economisti e recepito dalle istituzioni internazionali,
volto alla diminuzione efficace della dipendenza dai Paesi Avanzati per far
partire un processo di sviluppo endogeno. A questo proposito, ricorda Pasca di
Magliano, il Fondo Monetario Internazionale sorveglia l’impiego degli aiuti
pubblici allo sviluppo, in modo che non siano coinvolti in progetti che
accrescano la dipendenza dei PVS dall’estero.

3.1.1 Il bando di finanziamento: EuropeAid/127539/C/ACT/Multi

Il progetto esaminato come caso studio nel prossimo paragrafo, è stato presentato
nell’ambito del bando di finanziamento del programma PRO INVEST,
classificato come EuropeAid/127539/C/ACT/Multi35. Per fini di analisi e di
                                                            
33
 MERHAV M. , (1973),  Dipendenza tecnologica e sottosviluppo, Pag.18; Einaudi, Torino. 
34
 PASCA DI MAGLIANO R., (2002), ivi, Pag 214. 
35
 https://webgate.ec.europa.eu/europeaid/online‐services/index.cfm?do=publi.welcome vedi 
reference N°.127539 

30 

 
completezza, risulta necessario individuare le linee guida e gli obiettivi del
bando.

Gli obiettivi di questo bando, come si legge nel testo, sono:

1. Il rafforzamento delle istituzioni intermediarie, per migliorare il dialogo


tra il settore pubblico e privato;

2. Lo sviluppo di servizi di ausilio al rafforzamento e al capacity building in


campo imprenditoriale, nel contesto d’intervento;

3. La promozione di investimenti e di accordi tra diverse imprese operanti


nel medesimo settore;

4. La creazione di una rete di organizzazioni intermediarie.

I criteri di idoneità dei candidati contraenti, seguono le regole generali dei


contratti dell’U.E. , di cui si è esposto in precedenza.36Bisogna ricordare che i
criteri fondamentali rimangono sempre la rilevanza, l’effettività, e la sostenibilità
dell’azione. Come criterio d’idoneità specifico, il bando prescrive invece
l’adozione di documenti di bilancio per valutare l’eleggibilità delle spese. Nel
testo, inoltre, è presente un elenco dettagliato dei costi non finanziabili. Come
scritto nel capitolo precedente, la candidatura ad ogni bando di finanziamento
erogato con fondi europei, deve essere presentata utilizzando gli strumenti e le
metodologie del Project Cycle Management. Nel modulo di presentazione del
bando del PRO INVEST, quindi, sono presenti in allegato i modelli da compilare
per presentare la candidatura: la matrice quadro logico; il prospetto della
proposta di finanziamento, con denuncia di tutte le fonti di finanziamento e delle
rispettive quote sul budget totale; uno schema che rappresenti il piano delle
attività su una scala temporale37.

                                                            
36
 Vedi Supra, Pag 22. 
37
 Vedi Diagramma di Gantt, Pag 5. 

31 

 
Nel bando, per rispettare la trasparenza della valutazione, sono elencate le
procedure che sono utilizzate nella selezione dei candidati contraenti.
Queste procedure sono divise in quattro fasi

1. La sessione di apertura delle proposte e del controllo formale di validità


delle candidature presentate. In questa fase vengono scartati i progetti
presentati oltre le scadenze fissate che non rispondono ai criteri essenziali
regolatori del bando.

2. La valutazione del documento riassuntivo concettuale. In questa fase viene


analizzato il documento, redatto dal candidato contraente, nel quale
vengono riassunti le specificità dell’intervento. La valutazione verte sulla
verifica del rispetto dei criteri di rilevanza,effettività e sostenibilità
dell’azione, sui quali vengono assegnati i punteggi che andranno a
costituire una prima graduatoria, e una prima selezione.

3. La valutazione dell’intera proposta progettuale. In questa fase vengono


valutati nel dettaglio, i documenti che compongono il progetto, con
particolare attenzione alla proposta finanziaria e alle attività ideate per la
fase di realizzazione dell’iniziativa progettuale. Durante questa fase viene
stilata la graduatoria provvisoria in base ai punteggi assegnati ad ogni
progetto.

4. Il controllo conclusivo di eleggibilità. In questa ultima fase viene


effettuata l’ultima verifica d’idoneità, in base ad alcuni documenti richiesti
al soggetto contraente: stato giuridico e natura del contraente; lo statuto, se
si tratta di ente privato, o la legge istitutiva se si tratta di ente pubblico;
situazione finanziaria dell’anno precedente; riconoscimento giuridico
dello statuto, se si tratta di un ente privato; lo storico, se esiste, delle
iniziative analoghe realizzate dal candidato contraente.

Una volta terminate queste procedure, le proposte di finanziamento ottengono


l’erogazione dei fondi. Il programma PRO INVEST ha a disposizione un budget

32 

 
di 17.5 milioni di euro. La quota erogabile è pari all’80% delle spese totali, se il
richiedente è un soggetto proveniente da un paese della Comunità Europea; nel
caso in cui il richiedente provenga da un paese ACP, la quota erogabile è pari al
90% del totale.

3.2 Il progetto Cocoa Caribe

L’iniziativa oggetto di studio, in questo paragrafo, è un progetto elaborato


dall’IILA. Quest’istituto, che ha il rango di organizzazione internazionale in base
ad una convenzione internazionale ratificata nel 1966, vede la partecipazione
dell’Italia e delle venti repubbliche dell’America Latina. In base alla
convenzione, l’organizzazione si pone la finalità di individuare e risolvere i
problemi di sviluppo in campo culturale, scientifico, economico, tecnico e sociale
dei paesi membri, tramite l’instaurazione di rapporti di scambio e collaborazione
tra gli stessi. L’esperienza dei progetti realizzati dall’IILA, mostra quanto il
campo d’azione dell’istituto sia stato indirizzato verso una cooperazione allo
sviluppo, basata principalmente sullo scambio e la trasmissione di know how.

Il progetto Cocoa Caribe nasce nell’ambito di quest’indirizzo d’azione, che ben


si concilia con gli scopi perseguiti dal programma PRO INVEST. La
presentazione del progetto, come abbiamo visto in precedenza, può avvenire solo
una volta completate le fasi di programmazione e identificazione, documentate
nella premessa dell’azione progettuale.

§ Il contesto d’azione del Progetto

Il progetto Cocoa Caribe, intende realizzare la sua azione nel settore


dell’industria del cacao e del cioccolato. Come evidenzia la premessa del
progetto, circa l’80% della produzione mondiale del cacao di qualità “Fino” e
“Aroma” è concentrata nell’area tropicale del continente Americano; queste due
qualità di cacao, che sono le più pregiate e ricercate sui mercati internazionali,
vengono prodotte da piccole e medie imprese agricole. L’attività di produzione
del cioccolato, avviene per opera di imprese europee. La logica interdipendenza
delle due industrie è evidente, ed il settore industriale che produce cioccolato
33 

 
rivolto ad un mercato di nicchia, ha ancora ampissimi margini di sviluppo. Uno
sviluppo frenato in parte dagli alti costi delle materie prime, dovuti ai numerosi
passaggi d’intermediazione, che fanno lievitare di sette volte il costo finale
rispetto al prezzo corrisposto ai piccoli produttori; in parte frenato da una
produzione, di queste due qualità di cacao, che non riesce a soddisfare a pieno la
domanda industriale. La scarsa offerta, come afferma il progetto dell’IILA, è da
ricercare nell’utilizzo di tecnologie obsolete di produzione, nell’ampiezza
relativa delle imprese produttrici e in necessari interventi di sviluppo, anche nel
contesto sociale dove operano le aziende, soprattutto nel campo dell’istruzione e
della formazione imprenditoriale. I contesti analizzati e riassunti nei c.d. country
papers, sono stati quelli del Belize, della Repubblica Domenicana e di Haiti, che
sono i primi tre paesi coinvolti in via sperimentale nel progetto dell’IILA.

Scarsa  redditività  delle  Piccole  e  Medie


aziende Agricole produttrici di Cacao 

Organizzazioni  Struttura 
intermediarie non  Imprenditoriale 
idonee  non idonea 

Azioni Speculative   Formazione e  Scarsa  Grandezza 


Supervisione  Formazione  relativa 
delle imprese Settoriale dell’impresa
Estraneità al  Assente
contesto 
Basso Livello  Scarso sviluppo 
D’Istruzione  tecnologico 

Figura 3.1 Albero dei Problemi, Elaborazione dell'Autore su dati IILA

Per ottenere quest’analisi, son stati utilizzati gli strumenti oggetto di studio nel
secondo capitolo. In particolare è stata effettuata una stakeholders analysis e sono
stati elaborati i country papers, riassuntivi, della realtà socio-economica,dei
problemi e delle opportunità che il contesto ambientale offre. La stakeholders

34 

 
analysis ha portato all’individuazione di alcuni attori interni ed esterni al contesto
di riferimento, operanti nel settore e quindi interlocutori per la programmazione e
l’eventuale implementazione degli interventi. I partners locali individuati sono
organizzazioni di piccoli/medi produttori agricoli, università (UWE- University
of West England in Grenada), camere di commercio(CCIH- Chamber of
Commerce and Industry of Haiti, BCCI – The Belize Chamber of Commerce and
Industry) ed enti nazionali e regionali per lo sviluppo agricolo ed economico
(CARDI – Caribbean Agricultural research and Development Institute,  CABA-
Caribbean Agribusiness Association, IICA – Inter-American Institute for
Cooperation on Agriculture, CEDAF- Centro Dominicano Desarrollo
Agropecuario y Forestal, CEI- Centro de Exportacion e Inversion de la
Republica Dominicana). I partners internazionali sono stati individuati in
associazioni operanti nel no profit ed organizzazioni non governative che
promuovono il c.d. commercio equo e solidale (FCO - Fine Chocolate
Organization BRE Archimede Salerno), centri per lo sviluppo d’impresa (CIPE –
Center for International Private Enterprise).

§ Gli Obiettivi del Progetto e il criterio di Rilevanza

Dopo aver presentato il contesto ambientale ed i Partners coinvolti, possiamo


analizzare gli obiettivi dell’iniziativa di sviluppo. Nella proposta progettuale è
data molta enfasi allo sviluppo delle organizzazioni intermediarie, necessarie al
commercio del cacao. Organizzazioni che devono essere quanto più interne al
contesto di produzione, in modo da porre in diretto contatto le piccole e medie
aziende agricole, con le imprese artigiane del cioccolato europee. Come si evince
dal testo della proposta progettuale, l’iniziativa dell’IILA, promuove i seguenti
obiettivi specifici:

1. La formazione teorica e l’addestramento di, almeno, un’organizzazione


intermediaria proveniente da ciascun paese ACP partecipante, a proposito
di temi concernenti il cacao e la promozione del settore nel paese di
provenienza;
35 

 
2. La formazione pratica e l’addestramento per gli organizzazioni
intermediarie e per le piccole e medie imprese, produttrici di cacao nei
paesi ACP coinvolti;

3. L’incontro finanziario tra diverse piccole e medie imprese, che hanno


migliorato la loro produzione di cacao in termini di qualità, e piccole e
medie imprese europee di artigiani cioccolatieri, in modo da stabilire e
mantenere rapporti economici saldi e dare supporto al progetto38;

4. Affidare la supervisione dell’azione alle organizzazioni intermediarie.

Analizzando gli obiettivi della proposta progettuale, l’ente finanziatore PRO


INVEST valuta il rispetto del principio della rilevanza dell’intervento. In sede di
selezione dei progetti, viene valutata: la rilevanza dell’analisi dei problemi
rispetto ai bisogni e agli impedimenti presenti nel contesto d’intervento, in
particolare nei beneficiari finali; la pertinenza della proposta con le priorità e gli
obiettivi descritti nelle linee guida.

§ Il piano d’azione e il criterio di fattibilità

L’intervento dell’IILA, è articolato in quattro fasi.

La prima fase prevede la creazione di un rapporto di collaborazione con le


organizzazioni intermediarie, identificate durante la stakeholders analysis. In
questa fase si svolgono i corsi, organizzati dall’IILA e dai suoi partners (FCO,
ARCHIMEDE), per lo sviluppo delle capacità necessarie all’implementazione
del progetto. In particolare la formazione intende fornire, sotto la supervisione
della Fine Chocolate Organization, gli strumenti necessari allo sviluppo
imprenditoriale nel settore del cacao, quali: le nuove tecniche agricole per la
coltivazione ;gestione delle fasi di raccolta, fermentazione, essiccazione e
trasporto del prodotto; nozioni di marketing e delle strategie per la promozione
del prodotto;nozioni di amministrazione aziendale, pianificazione finanziaria e

                                                            
38
 A proposito, vedi supra. Pag.22, ultima fase della realizzazione. 

36 

 
modalità di accesso al credito; creazione di legami diretti con i trasformatori
finali.

Nella seconda fase, sotto la supervisione dell’IILA, viene offerta la possibilità


alle organizzazioni intermediarie, di realizzare nel pratico quanto appreso durante
la prima fase di formazione, tramite la realizzazione di tre corsi indirizzati alle
piccole e medie imprese interessate dall’iniziativa progettuale:

1. Il primo corso verte sulle fasi del processo di produzione del cacao, la
coltivazione,l’essiccazione e la fermentazione;

2. Il secondo corso verte sul trasferimento delle tecnologie, utilizzate nella


preparazione del prodotto;

3. Il terzo corso verte sulla fase di commercializzazione del prodotto e sulla


gestione dell’impresa agricola.

Nella terza fase vengono organizzati incontri economici tra le piccole e medie
imprese caraibiche, e le piccole e medie imprese cioccolatiere europee.
L’obiettivo di questa terza fase è l’instaurazione di rapporti di collaborazione
duraturi tra i diversi soggetti imprenditoriali. Inoltre viene pubblicizzata
mediaticamente l’iniziativa, per ricercare la creazione di un circolo virtuoso che
coinvolga le economie e la società civile, dei paesi oggetto dell’azione
progettuale.

Nella quarta e ultima fase, avviene il passaggio definitivo dell’iniziativa sotto la


supervisione delle organizzazioni intermediarie. L’IILA e i suoi partners, oltre a
monitorare lo stato dell’intervento, si fanno promotori di altri progetti che
possano migliorare la produzione di cacao e consolidare lo scambio e la
promozione commerciale delle piccole e medie imprese latino-americane. La
descrizione del piano d’azione è obbligatoria perché, in sede di valutazione della
proposta, è valutato il criterio di fattibilità del progetto. La valutazione di
fattibilità, come evidenzia il bando, avviene tramite l’attribuzione di due
punteggi: il primo è attribuito all’identificazione e l’analisi dei problemi; il

37 

 
secondo è attribuito sul piano delle attività proposte, in base alla loro praticabilità
e consistenza rispetto agli obiettivi, agli scopi e ai risultati attesi. Il piano
d’azione, di durata biennale, è sintetizzato nel grafico di Gantt sottostante.

1° Anno 

                     1°Semestre                 2°Semestre   

Attività  1° Mese  2°  3°  4°  5°  6°  7°  8°  9°  10°  11°  12°  Partners 
Realizzatori 

Passo 1. IILA, FCO,


Preparazione IICA
(Individuazione
delle
organizzazioni
intermediarie- OI)

Realizzazione IILA, FCO,


intervento di IICA, BRE
Capacity Building ARCHIME
per le OI DE

Preparazione IILA, FCO,


intervento di IICA, BRE
Capacity Building ARCHIME
per le piccole e DE, OI
medie imprese,
ACP

Realizzazione IILA, FCO,


intervento di IICA, BRE
Capacity Building ARCHIME
per le piccole e DE
medie imprese,
ACP

Preparazione IILA, FCO,


dell’incontro tra le IICA, BRE
piccolo e medie ARCHIME
imprese, ACP/EU DE, OIM

Realizzazione IILA, FCO,


dell’incontro tra le IICA, BRE
piccolo e medie ARCHIME
imprese, ACP/EU DE

2°Anno 

                     1° Semestre                 2°Semestre   

Activity  Mont 14  15                    Partners 


h 13  Realizzatori 

Monitoraggio Fine del IILA, FCO,


(Follow Up) progetto IICA

Figura 3.2 Grafico di Gantt del Progetto COCOA‐CARIBE, Elaborazione dell'Autore su dati IILA

38 

 
§ Il Piano di Finanziamento e il criterio di Sostenibilità

Il progetto Cocoa Caribe, richiede per la fase di start up, il finanziamento, da


parte dell’ente PRO INVEST, per la quota dell’80% delle spese totali
dell’intervento come riportato nella tabella sottostante.

Totale delle Spese Idonee Ammontare richiesto alla % del finanziamento delle Spese
Autorità Contraente Idonee per la realizzazione
(A)
dell’intervento
(B)
(B/Ax100)

EUR <659.000> EUR < 527.000> % <80%>

Figura 3.3 Piano di Finanziamento del Progetto COCOA‐CARIBE, Elaborazione dell'Autore su dati IILA 

L’intervento dell’IILA, come si legge nel testo della proposta, intende portare le
piccole e medie imprese beneficiarie, all’auto sostenibilità finanziaria
dell’azione. Questa è ottenibile nella fase di realizzazione del progetto, una volta
avvenuto il miglioramento delle tecniche agricole per la produzione del cacao ed
una volta che le piccole e medie imprese caraibiche ed europee, abbiano
instaurato un rapporto commerciale diretto. Queste due condizioni, verificabili
solo una volta avviato il progetto,intendono soddisfare il criterio di sostenibilità
dell’azione. Il criterio della sostenibilità, viene valutato in base a due punteggi
che vertono: il primo sull’identificazione dei principali rischi, prima dell’inizio
del progetto e lungo il periodo di realizzazione; il secondo sulla verifica di
sostenibilità a lungo termine sui gruppi e sui beneficiari finali.

39 

 
Conclusioni

La ricerca esposta, è stata svolta con l’intento di affrontare un argomento non


marginale per chi aspira a lavorare nel campo dello sviluppo.
Non si è voluto affrontare,nella ricerca, come già affermato nell’introduzione,
una tematica puramente teorica, ma piuttosto si è voluto ragionare su un aspetto
applicativo, cercando le numerose connessioni con la scienza dello sviluppo.

Nel primo capitolo sono stati messi in luce la nascita, le motivazioni e


l’evoluzione, di quella che Taylor nel 1911, definiva la scienza gestionale.
Disciplina, che dagli anni sessanta dopo il fallimento delle metodologie
tradizionali, è stata adattata e messa al servizio della scienza dello sviluppo.
La tematica della progettazione è, come si è visto, cruciale per avviare
concretamente iniziative di sviluppo. Nel corso della trattazione è stata esposta
l’applicabilità della disciplina nel sistema dell’Unione Europea e il modo in cui
da essa è stata recepita, individuando le linee guida e le normative in uso che
regolano l’accesso ai finanziamenti. Come emerso dai rapporti dell’Unione
Europea e sottolineato da Rossi39, la qualità della progettazione è fondamentale
per l’accesso a tali finanziamenti. La scelta di analizzare i temi trattati all’interno
del sistema U.E. è stata dettata da due ragioni. La prima risiede nell’importanza
delle erogazioni della cooperazione europea, che come già evidenziato in
precedenza, ne fanno il primo ente finanziatore al mondo. La seconda è data dalla
prossimità geografica rispetto allo scrivente, che essendo venuto a conoscenza
delle esperienze degli operatori del settore, non può non vedere nell’Unione
Europea un’opportunità per la realizzazione di quanto appreso nell’itinerario
accademico.

L’obiettivo principale di questo scritto, è stato quello di informare il lettore, e


formare lo scrivente, proprio sulla necessità di comprendere l’importanza della
qualità nella progettazione; intento perseguito tramite l’analisi dei principali

                                                            
39
 Vedi Supra, Pagg. 21 e 22. 

40 

 
strumenti che costituiscono il ciclo di progetto che sono stati esposti teoricamente
nei primi due capitoli, e praticamente nella presentazione del caso studio nel
terzo capitolo. La scelta del caso studio è ricaduta sul progetto dell’IILA perché
ha offerto la possibilità di analizzare un’iniziativa di sviluppo, sia dalla parte
dell’ente finanziatore che dalla parte del soggetto che ha presentato la sua
proposta progettuale.

Infine posso concludere con una riflessione personale. Ritengo che il tema della
qualità della progettazione, in Italia, debba essere evidenziato maggiormente
nella sua importanza, come elemento rilevante che divide la volontà di
partecipare e il saper partecipare. Tale considerazione è nata durante la ricerca
bibliografica, dove forse, per poco zelo, ho riscontrato la scarsità delle fonti
italiane sull’argomento della progettazione nelle iniziative di sviluppo. Bisogna,
altresì ricordare come, negli ultimi anni, siano stati avviati alcuni corsi di
formazione ed insegnamenti interni ai corsi di laurea, che promuovono
l’apprendimento delle teorie e delle tecniche della progettazione.

Nel corso dell’elaborazione della tesi ho cercato di affrontare la tematica della


progettazione proprio come un sapere, una scienza di cui ho provato a ricavare le
principali regole e teorie, per poterla in futuro governare come strumento di
lavoro essenziale.

41 

 
INDICE DELLE FIGURE

Figura 1.1 Matrice Quadro Logico Pag. 14.

Figura 2.1 Il Ciclo di Progetto Pag. 19.

Figura 3.1 Albero dei Problemi Pag. 34.

Figura 3.2 Grafico di Gantt del Progetto COCOA-CARIBE Pag. 38.

Figura 3.3 Piano di Finanziamento del Progetto COCOA-CARIBE Pag. 39.

42 

 
BIBLIOGRAFIA

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Development Assistance, Paris.

43 

 
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opportunità della cooperazione decentrata, Roma

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SITOGRAFIA

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http://www.iila.org/IILA/54/31/Cooperazione-attivitaIT.html

http://www.oecd.org/dataoecd/21/21/34086975.pdf

http://www.proinvest-eu.org/

https://webgate.ec.europa.eu/europeaid/online-
services/index.cfm?do=publi.welcome

www.unponteper.it

44 

 
Ringraziamenti

In primo luogo desidero ringraziare il dottor Lorenzo Tordelli dell’Istituto Italo


Latino Americano per avermi fornito il materiale relativo al caso studio.

Infine voglio ringraziare quanti hanno creduto e credono in me ogni giorno, e


malgrado tutto mi hanno supportato nel raggiungimento di questo primo ed
importante obiettivo.

45 

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