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2
Conversazioni bartoliane
in ricordo di Severino Caprioli
a cura di
Ferdinando Treggiari
ISBN 978-88-392-1024-1
DIEGO QUAGLIONI
Prefazione 11
FERDINANDO TREGGIARI
Conversare di maestri 15
PAOLO MARI
Letture bartoliane e ‘bartolismo’ 27
ADOLFO GIULIANI
Bartolo senza Bartolismo 59
STEFANIA ZUCCHINI
La cattedra di Bartolo a Perugia 87
ANTONELLA SATTIN
Bartolo in tipografia: le edizioni veneziane del Cinquecento 145
ANDREA BARTOCCI
Bartolo da Sassoferrato lettore del ‘Liber minoricarum decisionum’ di Bartolo 167
PAOLA MAFFEI
‘Bartoli vera effigies’. Il ritratto di Bartolo nel Trionfo della morte di Palermo
e nuove ricerche sulle tradizioni iconografiche bartoliane 183
BIANCAMARIA BRUMANA
Bartolo e la musica. Un documento iconografico 205
MARIO ASCHERI
Il piacere di concludere una giornata bartoliana 215
Immagini a colori
183
Paola Maffei
Premessa
1
Numerosi ritratti di Bartolo sono stati censiti da J.L.J. van de Kamp, Bartolus de Saxoferrato
1313-1357, Amsterdam 1936, pp. 247-270 e tavole (il volume, in versione ridotta e senza
apparato iconografico, era precedentemente apparso in trad. ital. in «Studi Urbinati», 9, 1935,
pp. 3-165, ove alcuni cenni sul sepolcro e sull’effigie a pp. 99-103); e integrati e ripartiti in tre
famiglie da F.F. Mancini, “Habebat oculos veluti fixos et speculationi diu intentos”. Contributo
allo studio dell’iconografia bartoliana, in Bartolo da Sassoferrato nel VII centenario della
nascita: diritto, politica, società. Atti del L Convegno storico internazionale (Todi-Perugia, 13-
184 Paola Maffei
1. Il Trionfo palermitano
1.1 L’affresco
16 ottobre), Spoleto 2014, pp. 707-724 + XXIV tavole. Allo stato attuale delle conoscenze le
più antiche immagini risultano essere quelle nelle miniature: van de Kamp p. 260 e figure V, VIa
e VIb (sulla seconda delle quali cfr. infra nota 40). Testimoni dell’iconografia bartoliana furono
esposti in occasione di una mostra a Basilea: G. Kisch, Bartolus und Basel, Basel 1960 (Basler
Studien zur Rechtswissenschaft, 54), pp. 88-90 e tavole. Non enumero le singole pubblicazioni
dove si trovano riprodotti e/o segnalati sporadicamente alcuni fra i ritratti di Bartolo.
2
Sul personaggio si veda M.A. Russo, Matteo Sclafani: paura della morte e desiderio di
eternità, in «Mediterranea. Ricerche storiche», 3 (2006), pp. 39-68; e, della stessa, I testamenti
di Matteo Sclafani (1333-1354), in «Mediterranea. Ricerche storiche», 2 (2005), pp. 521-560,
ambedue anche on-line nel sito http://www.storiamediterranea.it/.
3
Per la vastissima bibliografia sull’affresco – della quale ho consultato un’ampia scelta – si
veda l’accurato elenco nel volume Il “Trionfo della Morte” di Palermo. L’opera, le vicende
conservative, il restauro, Palazzo Abatellis, Palermo, luglio-ottobre 1989, Palermo 1989,
pp. 86-88. Lo studio più recente sull’affresco è di E. De Castro, Il Trionfo della morte e
la “dissidenza radicale” della cultura figurativa a Palermo e nella Sicilia occidentale intorno
alla metà del Quattrocento, in Antonello e la pittura figurativa del Quattrocento nell’Europa
mediterranea, a cura di M.A. Malleo, Palermo 2006, pp. 91-125, ove ulteriore bibliografia
(sono grata alla prof.ssa Teresa Pugliatti per avermi generosamente donato il volume).
4
Non vi è accordo nemmeno sul numero ‒ uno o più maestri? ‒ e sulla provenienza, né è
chiaro se le numerose influenze pittoriche derivino da viaggi compiuti dal o dai pittori oppure
Bartoli vera effigies 185
fig. 1
derivino da modelli disponibili a Palermo. Fra i nomi proposti per l’affresco vi sono – sulla
base di scritte poi abrase – il giovane Antonello da Messina e Guillaume Spicre (con data
1462): G. Consoli in vari articoli fra i quali Antonello e Spicre. Un’ipotesi sul “Trionfo della
morte” di Palazzo Sclafani, in «Cronache di archeologia e di storia dell’arte», 5 (1966), pp. 134-
149, e poi da ultimo in http://www.giuseppeconsoli.it/introduzione/. Vi è Gaspare Pesaro:
G. Bresc-Bautier, Artistes, Patriciens et Confréries. Production et consommation de l’oeuvre
d’art à Palerme et en Sicile Occidentale (1348 - 1460), Rome 1979 (Publications de l’École
française de Rome, 40), pp. 93-97 (da p. 84 sul Trionfo); non convinta dell’attribuzione al
Pesaro è De Castro, Il Trionfo della morte e la “dissidenza radicale”, p. 111. E vi è il Pisanello:
M. Cutaia, L’autore del trionfo della morte di Palermo è il Pisanello? Palermo 1983 (ringrazio
l’autore che, con squisita sollecitudine, mi ha fatto dono del suo studio). Per un quadro sulle
attribuzioni si veda M.G. Paolini, Il “Trionfo” oggi, in Il “Trionfo della Morte” di Palermo.
L’opera, pp. 19-40: pp. 37-38. Riguardo ai forti punti di contatto con la cultura pittorica
toscana presenti nell’affresco, a Palermo la pittura seguiva una tradizione legata a correnti
pisano-senesi ed era ivi attivo nei primi tre decenni del XV secolo il pittore senese Niccolò
di Magio: F. Campagna Cicala, La pittura in Sicilia, in La pittura in Italia. Il Quattrocento, II,
pp. 478-487: pp. 478-479. Le accentuate comunanze stilistiche del trionfo palermitano con il
trionfo del Camposanto di Pisa (al quale è accomunato anche dalla presenza di un Giudizio
186 Paola Maffei
9
Come lo studio sugli abiti e sui gioielli dei personaggi che animano l’affresco: J. Bridgeman,
The Palermo Triumph of Death, in «The Burlington Magazine», nu. 868 (luglio 1975), pp.
480-484; G. Cantelli, Aspetti della moda in Sicilia nel Rinascimento, in Il costume nell’età del
Rinascimento, a cura di D. Liscia Bemporad, Firenze 1988. Per inciso rilevo che nell’ultimo
testamento conosciuto di Matteo Sclafani, dettato il 6 settembre del 1353, si elencano
orecchini, coroncine, smalti, reticelle per capelli, ornati di perle e pietre preziose: Russo, I
testamenti, p. 561.
10
Così i contributi riguardanti il restauro e la conservazione ovvero la tecnica pittorica,
raccolti nel volume Il “Trionfo della Morte” di Palermo. L’opera.
11
L’autore è un omonimo, quanto al cognome, di Matteo, il grande personaggio committente
del palazzo: G. Sclafani, Una pagina di storia siciliana illustrata da un grande toscano del
300 (Ipotesi sul Trionfo della morte della Galleria Nazionale di Sicilia), Pisa 1978; ipotesi
nuovamente proposta, con precisazioni, in Il Trionfo della morte di Palazzo Sclafani a
Palermo. Suo significato e possibili riferimenti col Trionfo della morte del Camposanto Pisano,
in Predicatori e poeti = «Memorie domenicane», nuova serie, 33 (2002), pp. 213-225. Si
vedano anche, dello stesso autore, Il significato storico di uno scorcio del Cappellone degli
Spagnoli in Santa Maria Novella, in Libri di vita, libri di studio, libri di governo (Savonarola e
Giorgio Antonio Vespucci) = «Memorie domenicane», nuova serie, 28 (1997), pp. 475-480 e Il
Trionfo della morte del Camposanto di Pisa, in Agiografia e iconografia dalla città al chiostro =
«Memorie domenicane», nuova serie, 32 (2001), pp. 421-428 + 4 tavole.
12
L’autore sviluppa questa proposta osservando che la magnifica scultura che sormonta
il portone di palazzo Sclafani, raffigurante un’aquila che artiglia un agnello, è opera dello
scultore pisano Bonaiuto di Michele (per la quale cfr. C. Di Fabio, Gli scultori del monumento
del cardinale Luca Fieschi nella cattedrale di Genova. Precisazioni e proposte, in Arnolfo di
Cambio: il monumento del cardinale Guillaume De Bray dopo il restauro = «Bollettino d’arte»,
volume speciale, Serie VII (2009), pp. 263-288: p. 270 fig. 21 e p. 272).
13
Sclafani, Il Trionfo, pp. 215-216, ove a nota 9 ricorda G. Ortalli, “...pingatur in palatio...”:
La pittura infamante nei secoli XIII-XVI, Roma 1979 (Storia 1). Ancor più interessante per il
nostro tema S.Y. Edgerton, Pictures and Punishment: Art and Criminal Prosecution during
the Florentine Renaissance, Ithaca, NY, 1985. Da ultimo sulla pittura infamante si vedano gli
studi raccolti in Images of Shame. Infamy, defamation and the ethics of oeconomia, edited by C.
Behrmann, Berlin 2016, in particolare quelli di G. Ortalli, M. Ferrari, G. Milani.
14 Questi i fatti che, a suo parere, sarebbero all’origine dell’affresco: dopo la rivoluzione del
Vespro l’isola aveva continuato ad essere teatro di scontri fra Angioini e Aragonesi; nel 1347
le due parti trovarono un accordo («pace di Catania») che tuttavia non andò a buon fine per
l’opposizione del papato avignonese, ciò che spiegherebbe l’animosità espressa dall’affresco
verso le alte cariche ecclesiastiche. Io aggiungo che altri fatti, sempre legati alle contese
fra angioini e aragonesi per la travagliatissima isola, avrebbero potuto provocare un forte
188 Paola Maffei
risentimento: «nel 1339, in seguito all’ultimatum del papa Benedetto XII per la consegna
dell’isola a Roberto d’Angiò ed all’ennesimo rifiuto di Pietro [d’Aragona], viene comminata
la scomunica e la Sicilia è colpita dal terzo interdetto; tra i nobili scomunicati» vi è anche il
nostro Matteo Sclafani: cfr. Russo, Matteo Sclafani: paura della morte, pp. 46-47, che trae i
nomi degli scomunicati da C. Mirto, Il regno dell’isola di Sicilia e delle isole adiacenti, I: Dalla
nascita (1282) alla peste del 1347-48, Messina 1997, p. 223.
15
Paolini, Il “Trionfo” oggi, p. 28.
16
Per la scarpa si veda Cutaia, L’autore del Trionfo, figg. 53-59 e testo.
17
Sulla «parola dipinta» e sulla sua funzione si veda la miscellanea Visibile Parlare. Le scritture
esposte nei volgari italiani dal Medioevo al Rinascimento, a cura di C. Ciociola (Pubblicazioni
dell’Università degli Studi di Cassino, sezione Atti, convegni, miscellanee 8), compresa
l’illuminante prefazione del curatore e, fra i molti studi raccolti, in particolare quello di G.
Pozzi, Dall’orlo del “visibile parlare”, pp. 15-41. Fra i lavori specificamente relativi ai tituli
negli affreschi ricordiamo Un ciclo di tradizione repubblicana nel Palazzo Pubblico di Siena.
Le iscrizioni degli affreschi di Taddeo di Bartolo (1413-1414), a cura di R. Funari, Siena 2002
(Accademia Senese degli Intronati, Fonti di storia senese), e il recentissimo G. Ammannati,
Pinxit industria docte mentis. Le iscrizioni di Virtù e Vizi dipinte da Giotto nella Cappella
degli Scrovegni, Pisa 2017 (Le Edizioni della Normale). Sono grata all’amico prof. Roberto
Farinelli per i suggerimenti.
Bartoli vera effigies 189
fig. 2
fig. 3
fig. 4 fig. 5
190 Paola Maffei
21
Che, in considerazione delle numerose e varie suggestioni stilistiche presenti nel suo
capolavoro, potrebbe aver molto visitato, secondo alcuni studiosi al seguito di Niccolò
Tedeschi nei viaggi compiuti per partecipare al concilio di Basilea: Paolini, Il “Trionfo” oggi,
p. 34 e bibliografia ivi citata.
22
In tal senso Paolini, Il Trionfo della Morte di Palermo, p. 332; Paolini, Il “Trionfo” oggi, p.
23; per Bartolo in particolare: Cutaia, L’autore del Trionfo, tavv. 60-66 e testo.
23
Cfr. supra nota 1. Pur non accorpando espressamente i ritratti in famiglie, va detto che van
de Kamp, nella descrizione e nella distribuzione delle figure nelle tavole, mostra di avere
intuito le dipendenze iconografiche.
24
Mancini, “Habebat oculos”, p. 718, con bibliografia ivi citata.
192 Paola Maffei
25
Mancini, “Habebat oculos”, pp. 720-721 e nota 40 (ringrazio il prof. Mancini per il materiale
fornitomi). Sulle vicende del palazzo cfr. L. Teza, Glorie dinastiche e perugine nel Iustitiae
Sacellum di Guglielmo Pontano, in Annali di Storia delle Università italiane 18 (2014), pp. 151-
166 con illustrazioni, e particolarmente p. 158, ove l’autrice offre una convincente individuazione
dei giuristi raffigurati nei singoli tondi (attualmente nel palazzo dell’Università), per i quali, nei
vari spostamenti, non era stato conservato l’ordine dei cartigli identificativi.
26
Per la sepoltura di Bartolo: Mancini, “Habebat oculos”, pp. 707-709 e 711-714, con
bibliografia; per le sepolture a San Francesco al Prato degli altri giuristi cfr. G.B. Vermiglioli,
Biografia degli scrittori perugini e notizie delle opere loro, Perugia 1829 (rist. Bologna 1973),
I, pp. 103 (Angelo), 158 (Pietro degli Ubaldi), 358 (Pier Filippo Della Corgna), e II, p.
133 (Giovanni da Montesperello). La chiesa è ormai drammaticamente ridotta ad un mero
involucro, privo di tutte le testimonianze storico-artistiche, ormai irrimediabilmente perdute,
e anch’esso oggetto di numerosi interventi più o meno rispettosi: si veda l’interessante studio
di V. Borgnini, La chiesa di San Francesco al Prato in Perugia: vicende costruttive e conservative
dell’edificio e delle sue opere d’arte, Perugia 2011 (Bollettino per i beni culturali dell’Umbria,
Quaderno 3) (il volume mi è stato premurosamente donato dall’amico Nando Treggiari).
Bartoli vera effigies 193
fig. 6 fig. 7
27
Secondo la descrizione di C. Crispolti, Perugia Augusta, Perugia 1648, riportata da
Mancini, “Habebat oculos”, p. 707 nota 1. Quanto al monumento funebre di Bartolo a parete,
esso, voluto dagli eredi Alfani, era stato «realizzato probabilmente nei primi anni settanta
del Cinquecento» (Mancini, p. 711) e quindi posteriormente al ciclo perugino di palazzo
Pontani. Sul sepolcro di Bartolo e i suoi resti mortali cfr. F. Treggiari, Le ossa di Bartolo.
Contributo alla storia della tradizione giuridica perugina, Perugia 2009 (Per la storia dello
Studio perugino delle origini: fonti e materiali 2), pp. 28-32 e anche 144-150.
28
Marco Mantua Benavides, Illustrium iureconsultorum imagines, Roma 1566
(scaricabile da https://books.google.it/books?id=FOg1AQAAMAAJ&printsec=frontco-
ver&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false); sulla collezione
cfr. E.J. Dwyer, Marco Mantova Benavides e i ritratti di giureconsulti illustri, in «Bollettino
d’arte» 64 (novembre-dicembre 1990), pp. 59-70.
29
F. Kenner, Die Porträtsammlung des Erzherzogs Ferdinand von Tirol, [II:] Die italienische
Bildnisse, in «Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen des Allerhöchsten Kaiserhauses»,
18 (1897), pp. 135-261: pp. 195-197 nr. 51; si veda anche Dwyer, Marco Mantova, p. 61; e
Teza, Glorie dinastiche, p. 158 nt. 47.
194 Paola Maffei
Kamp30 – e quella presente nell’edizione del trattato Tyberiadis del 1576 (fig.
8). In quest’ultima edizione31, curata da Ercole Bottrigari, umanista di vaglia
nonché discendente di Iacopo maestro di Bartolo32, si trova una conferma
indiretta della dipendenza dell’immagine dalla lastra tombale: in un carme
«in effigiem Bartoli» la seconda parte del terzo verso recita: «Ornet post
funera sola» la cui traduzione potrebbe suonare «(che il ritratto) abbellisca
il pavimento dopo la sepoltura»33; senza contare che il curatore afferma nel
suo elegante distico posto sotto l’effigie, che essa descrive («exprimit») il
volto di Bartolo, non essendo possibile dipingerne la mente34. Del resto,
un personaggio della levatura di Ercole Bottrigari, noto per il suo rigore e
30
van de Kamp, Bartolus, pp. 247-251, trad. ital. pp. 90-92, osserva, riguardo all’aspetto di
Bartolo, che «la testa era grande e, nella parte posteriore, di forma abbastanza oblunga.
Queste particolarità gli vennero scoperte dalle ossa, quando venne trasportato dal vecchio
al nuovo sepolcro. Probabilmente aveva il naso lungo e diritto, i lineamenti acuti, la bocca
piccola e non portava né i baffi né la barba. In questo modo almeno è rappresentato in un
quadro che evidentemente è stato ripreso dal suo cadavere. Benché non ci sia a conoscenza
dove si trovi ora questo quadro, l’unico ritratto autentico di Bartolo, sappiamo esattamente
come questo deve essere stato, poiché possediamo una incisione in rame che è stata tratta
da essa [sic]», rinviando alla raccolta benavidiana e, con la convinzione che dall’incisione
derivasse il dipinto di Bartolo conservato da Angelo Perigli, ribadendo che «evidentemente
dunque il quadro è stato fatto dopo la sua morte prematura e inaspettata, copiandolo dal suo
cadavere».
31
Tyberiadis D. Bartoli de Saxoferrato ... ab Hercule Buttrigario ... nunc demum restitutus
..., Bononiae, apud Ioannem Roscium, 1576. La copia dell’ETH-Bibliothek Zürich, Rar 989,
è consultabile on-line: http://dx.doi.org/10.3931/e-rara-12156.
32
Sulla personalità di Ercole, che fu letterato e musicologo, cfr. la voce di O. Mischiati, in
Dizionario biografico degli italiani 13, Roma 1971, pp. 491-495 (ove, fra le imprese editoriali,
non è menzionata la cura dell’edizione bartoliana di cui discorriamo), e da ultimo L. Bruno,
Il cantar novo di Ercole Bottrigari, ovvero dell’antica musica cromatica ridotta alla moderna
pratica polifonica tra Cinque e Seicento, in «Studi musicali», nuova serie, 5/2 (2014), pp. 273-
356. Ad Ercole Bottrigario, «Tyberiadis instauratorem perspicacissimum» dedica un lungo
carme Annibale Rovighio, lo stesso autore del carme sull’effigie (cfr. nota seguente): ed. 1576,
cc. non num. 2r-4r = riprod. digitale pp. 7-9.
33
Ed. 1576, c. non num. 4r = riprod. digitale p. 11. La mia traduzione è stata confortata dalla
generosa competenza della prof.ssa Myriam Chiabò. Il carme, firmato da Annibale Rovighio,
presenta un testo assai involuto: «Pinxerit Aemathium Regem, licet unus Apelles, / Ipse tamen
Coam, BARTOLE, sperne manum. / Tu potiora petas. Ornet post funera sola; / quae vivum
erudit te BOTRIGARA domus». Ad esso segue un distico di Pompeo Ricciardo (o Ricciardi)
sull’espressione pensosa di Bartolo, trasmessa dall’immagine. Non ho trovato notizie sugli
autori dei due carmi, probabilmente appartenenti alla cerchia di letterati frequentata dal
curatore dell’edizione.
34
Ed. 1576, c. non num. 3v = riprod. digitale p. 10: «Herculis Butrigarii. / Exprimit effigies
haec vultum Bartoli at, o cur, / non potuit mentem pingere qui faciem».
Bartoli vera effigies 195
35
Come rileva Mancini,”Habebat oculos”, p. 724.
36
Mancini, “Habebat oculos”, p. 717 nota 29 e fig. 17, con rinvio a M. Bellucci, Medaglie
perugine dal XV al XX secolo, Perugia, 1971, pp. 32-33 con riproduzione fotografica di ambedue
le facce (cfr. infra nota 39 e testo corrispondente). Della medaglia, escussa verosimilmente in
un numero minimo di esemplari, forse addiritttura uno solo, pare conosciuto solo quello
conservato a Perugia; da questo esemplare è ricavato anche lo schizzo del ritratto di Bartolo
nel controfrontespizio dello studio di C. Bernabei, Bartolo da Sassoferrato e la scienza delle
leggi, Roma 1861.
37
Si veda l’esemplare degli Opera omnia di mio padre, datato appunto 1590, tomo I, ove fra
l’altro, nell’antiporta con la vera effigies, il nome di Bartolo è ripassato in oro. L’esistenza
dell’antiporta non è censita per il 1590 da P. Camerini, Annali dei Giunti, vol. I: Venezia,
parte seconda, Firenze 1963, pp. 155-157 nu. 965, che invece la segnala per l’edizione del
1603; quest’ultima costituiva non una ristampa o nuova edizione ma la riproposizione dei
fondi invenduti dell’edizione precedente con nuovi frontespizi: pp. 242-243 nu. 1074.
Ricordano solo l’edizione del 1603 sia van de Kamp, Bartolus, p. 256, che Mancini, “Habebat
oculos”, p. 716 e fig. 15. Per l’autore dell’incisione, il veneziano Giacomo Franco, cfr. G.
Milesi, Dizionario degli incisori, Bergamo 1989, p. 153, che ricorda la ritrattistica fra le sue
specializzazioni. L’esemplare di mio padre è stato esposto nella mostra Bartolo da Sassoferrato
a Siena nel VII centenario della nascita. Manoscritti, incunaboli, cinquecentine ... Con un
ricordo di Domenico Maffei, Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, 18 settembre - 18
ottobre 2014, a cura di E. Mecacci e M.A. Panzanelli Fratoni, Siena 2014.
Bartoli vera effigies 197
38
Ed. 1590, p. 8: «Eiusdem etiam Bartoli e Perusia ad nos missam effigiem, aere excudendam
curavimus: quae quidem quantum ab aliis, quae ad hanc usque diem impressae sunt, differat,
quivis facile dijudicare poterit. Hanc autem ita Bartolo similem esse, ut sibi nec ipsemet tam
similis fuerit, dubium esse non potest: cum praesertim qui Bartoli sunt consanguinei, nos hac
de re certiores fecerunt».
39
Le parole tra virgolette sono riportate dalle leggende sui due lati della medaglia: cfr.
Bellucci, p. 35, che offre anche succinte notizie, p. 32, su Bernardino Alfani, tratte
specialmente dall’ampio profilo dedicatogli da Vermiglioli, Biografia, I, pp. 36-38. Dell’ormai
peraltro lontana discendenza da Bartolo evidentemente Bernardino Alfani andava assai fiero,
tanto che nel frontespizio della sua opera Collectanea seu reportata iuris civilis, al suo nome
segue la precisazione del grado dell’illustre parentela: «sexti a Bartolo» (Venetiis 1570, apud
Franciscum Zilettum, con epistola dedicatoria all’autore di Giovan Paolo Lancellotti, che
Bartoli vera effigies 199
allo stesso Bernardino dedicò un’altra epistola quando pubblicò la Vita Bartoli, Perusiae,
apud Petrumiacobum Petrutium, 1576, c. non num. A1r-v). L’indicazione della parentela si
trova ripetuta anche nel frontespizio della successiva edizione, postuma (Venetiis 1605, apud
Iacobum Antonium Somaschum), con un’epistola del figlio Alessandro al principe Odoardo
Farnese, datata Perugia, 15 settembre 1604: in essa tuttavia non si fa menzione della medaglia.
40
Somiglianza riscontrata da Mancini, “Habebat oculos”, p. 716 e fig. 16. La miniatura,
registrata da van de Kamp, Bartolus, p. 260 e fig. VIa, è fra l’invocazione e l’inizio del
commentario a fol. 1r. Il giurista raffigurato dovrebbe essere Bartolo, in quanto il manoscritto,
fin dall’invocazione, attribuisce al giurista di Sassoferrato la lettura ciniana ivi tràdita. Il
codice, ben noto ai cultori di Cino (D. Maffei, La “Lectura super Digesto veteri” di Cino da
Pistoia. Studio sui mss. Savigny 22 e Urb. lat. 172, Milano 1963, Quaderni di “Studi Senesi”
10, ove anche tavola fuori testo con riproduzione del fol. 1r), è ora consultabile on-line:
http://digi.vatlib.it/view/MSS_Urb.lat.172 (immagine 3 per il fol. 1r).
41
Una descrizione simile è offerta già da van de Kamp: cfr. supra nota 30.
200 Paola Maffei
Abstract
Efforts to perpetuate Bartolus’ image corroborate his fame. The first part
of the paper aims to draw attention on the Triumph of Death preserved
in Palermo, in which Bartolus is the only character identified through an
epigraphic title; although a fictional one, this portrait seems to be the earliest
iconographic witness of Bartolus’ role as symbol of jurists. Also it is the first
one to be identified with his name and the first one found in a fresco. In the
second part new arguments are discussed pertaining Bartolian iconographic
traditions: derivation of the frontal portrait (the so-called first iconographic
family) from the lost gravestone is proved through new evidence; new
remarks are offered about the genesis of the profile portrait (the so-called
third iconographic family) spread already by the 1590 edition of the Opera
omnia. Finally, it is suggested to consider that both the frontal and the profile
portraits represent Bartolus’ true picture: vera effigies.