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PREFAZIONE

Il testo si interroga sul rapporto ricorsivo che intercorre tra conoscenza, metaconoscenza e riflessività nel processo fo
rmativo. Nell’interpretazione del processo formativo il testo utilizza la metafora della trabeazione. Si basa su tre part
i:
-conoscenza: è la trave maestra della formazione, elemento portato di informazioni e portante perché genera nuove c
onoscenze. La conoscenza è simbolica e viene espressa dal linguaggio. Essa da consapevolezza alle informazioni ch
e riceviamo. Russell divide la conoscenza in conoscenza diretta (una conoscenza consapevole senza mediazioni e rag
ionamenti) e conoscenza per descrizione (dalla percezione si arriva alle conoscenze razionali)
-metaconoscenza: rappresenta il fregio, attraverso la metaconoscenza c’è la conoscenza di sé stessi. Ci sono due tipi
di apprendimento, quello meccanico (vi sono degli stimoli e delle informazioni non connesse alle conoscenze già po
ssedute) e significativo (le conoscenze sono connesse ai ricordi). Il meta-apprendimento si basa sulla conoscenza di s
é stesso, gestendo le operazioni mentali in modo critico. La metacognizione si divide in conoscenza metacognitiva (d
etermina il comportamento e può derivare da fattori culturali) e processi metacognitivi di controllo (strategie cogniti
ve per trovare strade per risolvere i problemi) come il problem solving
-riflessività: rappresenta la cornice della formazione. Dewey afferma che la riflessività è uno strumento euristico per
far comprendere all’uomo la realtà e i propri processi cognitivi grazie alla formazione di un pensiero critico. Essa ap
re un nuovo modo di pensare, aiuta ad affrontare i problemi che l’uomo attraverserà nel suo percorso. Quindi alla fin
e sarà un agire riflessivo, per riflettere sul senso e sul corso delle proprie azioni.

CAP. 1

La formazione umana si afferma come processo globale caratterizzato da continue rotture e ricostruzioni. Questo pro
cesso di crescita e di cambiamento costante, di cui è protagonista attivo il soggetto-persona, si definisce come proces
so bio-antropologico attraverso il quale il cucciolo d’uomo apprende e rielabora la propria appartenenza al genere e i
n cui si verifica il processo di socializzazione, di crescita persona, interiore, dell’Io e del Sé, propria di ogni individu
o, che si compie attraverso un intenso scambio dialogico con l’oggettività sociale e culturale. Oggi più che mai ogni
persona è chiamata a stare al passo con i tempi, a ridefinire continuamente i propri ritmi di apprendimento e,
soprattutto, le proprie conoscenze. Da qui l’impegno pedagogico di procedere ad un ripensamento e ad una trasforma
zione dei setting di apprendimento.Nella prospettiva della trabeazione formativa il processo formativo è fortemente c
ondizionato dal processo di costruzione della conoscenza in quanto l’uomo prende forma all’interno dei contesti di v
ita attraverso le trasformazioni che opera su di essi: il processo di costruzione della conoscenza condiziona il process
o formativo, ma allo stesso tempo il processo formativo condiziona il processo di costruzione della conoscenza; il ra
pporto ricorsivo che lega i due processi è scandito da una relazione tripolare. Gli elementi di questa relazione si influ
enzano a vicenda:
1)produzione immateriale della cultura (elementi teorici, emozioni, sentimenti);
2)produzione materiale della cultura (tecnologia-economia);
3) sistema dell’apprendimento e della costruzione delle conoscenze (genera la produzione culturale in una società).
Il processo formativo consiste di un processo di costruzione del sistema dei saperi che consentono al soggetto di adat
tarsi alla realtà e modificarla. Il sistema dei saperi trae origine e si sviluppa nella interdipendenza del soggetto con la
realtà, in quanto le conoscenze vengono elaborate sulla base del rapporto con essa, simbolizzata dal soggetto nei sap
eri. Se i saperi sono sistemi di lettura della realtà, le competenze si pongono come luogo dell’unione tra sapere e sap
er fare: ogni competenza presuppone un bagaglio strutturato di conoscenze. Quello della competenza è diventato un
problema che può essere affrontato pedagogicamente partendo da una distinzione fra un livello tecnico predefinito di
competenza e la necessità che questa si delinei come “prodotto” di una mente ben fatta. L’agire rappresenta una mo
dalità costruttiva delle stesse conoscenze. La nozione di competenza si pone come la linea di passaggio da una forma
zione di impostazione trasmissiva ad una formazione mediante la quale garantire l’emergere, dal lavoro sui saperi, di
due tipi di competenza: di contenuto e di forma. La competenza di contenuto è legata al possesso di conoscenze spe
cifiche, di base e avanzate; le prime si costruiscono partendo dalle discipline, dai loro concetti base; mentre le secon
de vertono su aspetti chiave di un sapere selezionato per passare da una forma di conoscenza dogmatica ad una form
a di conoscenza critica. La competenza di forma si delinea come forma mentis transdisciplinare orientata in senso sci
entifico e critico: in senso scientifico in quanto necessita di una conoscenza sperimentale provata e oggettiva; in sens
o critico in quanto si esplica come “esercizio del dubbio e della ricerca”, declinandosi come forma di meta-conoscen
za. La competenza, dunque, si delinea come saper fare nella misura in cui ogni sapere appreso deve poter essere appl
icato. Se la conoscenza è costruzione di significati, la dinamica che presiede al suo prender forma si delinea in una pr
ocessualità complessa in cui giocano un ruolo fondamentale sia la dimensione del contesto sia la dimensione delle es
pressioni cognitive individuali.

Nell’ottica della trabeazione formativa i “materiali” di cui si sostanzia la conoscenza sono: ilcervello, la mente e il c
ontesto. Nello studio dello sviluppo cerebrale oggi sembra essere ampiamente superata il dibattito natura/cultura: è o
rmai dimostrato che i circuiti cerebrali si realizzano attraverso una combinazione di influenze genetiche e ambientali,
per cui la questione è cercare di capire in che modo natura e cultura contribuiscono allo sviluppo cerebrale. Negli ult
imi anni le ricerche sul funzionamento del cervello si sono notevolmente sviluppate: all’osservazione scientifica si s
ono affiancate, nel tempo, sia le ricerche condotte dalla biologia in quanto studio del vivente in generale, del sistema
nervoso e del cervello in particolare sia i più recenti studi neuro scientifici. Le moderne teorie dell’evoluzione hanno
precisato il ruolo del comportamento nel processo evolutivo, sottolineando le differenze interindividuali che sono do
vute ad una variabilità genotipica che riguarda il genotipo (insieme di tutti i geni che compongono il DNA) e fenotip
ica (che riguarda la morfologia dell’organismo e il suo comportamento): mentre la variabilità fenotipica è il risultato
dell’interazione tra genotipo e ambiente, la variabilità genotipica dipende da fenomeni casuali, principale causa dei c
ambiamenti genetici. Negli esseri viventi tutto deriva dall’esperienza accumulata dall’intera specie nel corso della su
a evoluzione. Il paradigma evolutivo, dopo Darwin, si è articolato in più direzioni di ricerca, fino all’affermazione, al
la fine degli anni 90 del secolo scorso, della evolutionary developmental biology (EBD) nota come prospettiva di ric
erca “evo-devo”. Secondo la ricerca “evo-devo” lo sviluppo e l’evoluzione sono in un rapporto di incidenza reciproc
a. Questo ambito di ricerca studia la correlazione tra lo sviluppo embrionale e l’evoluzione
della storia della vita. L’interconnessione geni-ambiente viene letta come il prodotto di una transazione bidirezionale
e dinamica tra geni, cellule, tessuti, organi ed organismi nel corso dello sviluppo individuale. Quando in pedagogia
ci si riferisce alle funzioni mentali complesse si chiamano in causa tutti quei processi cognitivi che rappresentano il l
ivello più elevato dell’espressività mentale del soggetto in formazione. Alla base di questi vi è il pensiero, frutto di u
n processo biologicamente determinato noto come sinapsi. Da un punto di vista pedagogico il ruolo assunto dalla fun
zionalità cerebrale nel processo di costruzione della conoscenza è necessario ma non sufficiente a spiegare la comple
ssa fenomenologia del processo costruttivo della conoscenza. La mente è il prodotto delle interazioni tra esperienze i
nterpersonali, strutture e funzioni del cervello. La mente diventa il mondo dove il soggetto determina la costruzione
della propria storia personale. Possiamo ritenere ampiamente superati quei modelli interpretativi della mente di tipo
dualista (corpo e mente sono due cose diverse) o riduzionista (corpo e mente sono la stessa cosa). Come sottolinea Si
egel, lo sviluppo delle strutture cerebrali coinvolge una serie di processi che sono strettamente legati alle situazioni e
sperienziali in quanto le esperienze determinano una maggiore attività neuronale che favorisce la formazione di nuov
e sinapsi. Siegel ci dice che la mente è fondamentalmente un “prodotto”; in quanto tale essa non esiste fisicamente, n
on si vede, eppure c’è al punto da determinare tutte le nostre scelte adattive e quindi al punto da garantire la nostra s
opravvivenza. La mente è anche flusso di informazioni: essa, infatti, processa le informazioni ricevute costruendo ra
ppresentazioni, ognuna delle quali comporta il coinvolgimento di circuiti cerebrali diversi. Con Siegel emerge una or
ganizzazione modulare della mente in virtù della quale ad ogni livello di rappresentazione corrisponderebbe una prec
isa modalità di funzionamento. L’immagine della mente alla quale ci stiamo riferendo è evidentemente pluralistica. I
n continuità con le posizioni dell’ultimo Dewey, la mente alla quale guarda la trabeazione formativa è dialettica, inte
grando e intrecciando sinergicamente molteplici livelli. La trabeazione formativa punta sulla formazione di una ment
e plurale: gli studi di Gardnersulla pluralità delle intelligenze, a cui si affiancano quelli di Goleman sull’intelligenza
emotiva e sociale a quelli di Sternberg sull’intelligenza triarchia offrono indicazioni illuminanti in questo senso. La c
onoscenza è una forma di azione: essa ci trasforma nel momento stesso in cui la costruiamo. Ma la conoscenza è anc
he decisione: sono le conoscenze che possediamo a dirigere le nostre decisioni. La conoscenza è quindi irreversibile,
l’oggetto conosciuto che ci trasforma non può essere cancellato come le informazioni. Secondo il costruttivismo il c
onoscere è il risultato delle nostre costruzioni, ovvero delle nostre convinzioni ed emozioni. In questo senso il termin
e costruzione fa riferimento ai modi in cui costruiamo la comprensione della realtà che ci circonda e come noi ci inse
riamo ad essa. Quindi la conoscenza non è un riflesso oggettivo della realtà
esterna (comportamentismo). Il costruzionismo sostiene che l’apprendimento avviene in modo più efficiente se chi a
pprende è coinvolto nella produzione di oggetti tangibili. Tale concetto raggruppa gli oggetti e i dispositivi che facili
tano lo sviluppo dell’apprendimento. Ilcostruzionismo afferma che la mente per apprendere deve maneggiare materi
ali (cognitivismo). Il filosofo pragmatista americano Mead afferma che la mente è definibile nei termini della capacit
à di azione, vale a dire della capacità umana di <<sperimentare nell’ambito della coscienza, sotto forma di linguaggi
o e di simboli, gli atti sociali che compiamo insieme con gli altri>>. La mente, dunque, si sviluppa in questo process
o di
interazione con la società che si pone, così, come insieme di significati condivisi.
La conoscenza rappresenta la “base” della trabeazione formativa, quindi l’architrave della formazione. La conoscenz
a umana è all’origine della storia, della cultura e delle società: è grazie al potere della conoscenza che l’Homo sapien
s sapiens si è affermato sugli altri esseri viventi. La conoscenza è definibile come la consapevolezza e la comprensio
ne di fatti o informazioni ottenute attraverso l’esperienza, l’introspezione e l’apprendimento. La conoscenza esiste so
lo in quanto esiste una mente in grado di costruirla in interazione al contesto: è qualcosa di diverso dalla semplice inf
ormazione, avere conoscenza non è il semplice essere informati relativamente ad esso. La conoscenza è autocoscienz
a del possesso di informazioni connesse tra di loro le quali, prese singolarmente, possono avere un valore e un’utilità
definite. Ogni conoscenza è traduzione e ricostruzione delle informazioni mediante rappresentazioni, idee, teorie e d
iscorsi. Il processo di costruzione della conoscenza è orientato in una duplice direzione, quella razionale (del pensare
) e quella emozionale (del sentire) che finiscono per dirigere i processi formativi. Da un punto di vista pedagogico, b
isogna acquisire la consapevolezza che la conoscenza diventa uno strumento importante attraverso cui il soggetto si r
apporta con il mondo, la conoscenza non è data se non c’è il soggetto che conosce, ma ugualmente se non c’è il cont
esto da conoscere. La conoscenza personale è dunque una costruzione mentale non data a priori, ma costruita dal sog
getto a partire dal contesto per riconoscersi in esso e gestirlo in maniera adattiva. Ne consegue, per la formazione, la
necessità di superare quella sorta di “panrazionalismo” che, ignorando che il sentimento è una componente intelligen
te dell’anima, privilegia i saperi del pensare a discapito di quelli del sentire. Si creano studi condotti nell’ambito dell
a prospettiva bioeducativa che assume fra i propri oggetti di indagine anche il problema della formazione biodinamic
a della mente. Nelle prospettive biodinamiche si fondono prospettive di ricerca costruttiviste e neopiagetiane (che fo
calizzano l’attenzione sui processi di sviluppo concettuale) e prospettive di ricerca organismiche (che interpretano la
relazione individuo-ambiente in termini di indivisibilità, ampliando la diade mente-cervello in triade sinergica mente
cervello-organismo).

CAP. 2

Secondo la teoria comportamentista, l’apprendimento era principalmente uno stimolo risposta, la mente era una scat
ola nera dove poteva essere studiato solo il comportamento. Successivamente è emerso il cognitivismo, è lo studio d
ei processi mentali cognitivi (percezione, memoria, ragionamento) con cui una persona acquisisce le informazioni pr
ovenienti dall’ambiente. Le più recenti teorie post cognitiviste mettono l’accento sul ruolo dell’influenza dei contesti
e delle interazioni sociali nel processo della costruzione della conoscenza. Nella trabeazione formativa l’apprendime
nto è un processo globale e complesso, possiamo definirlo come un cambiamento permanente determinato dall’insie
me di competenze e conoscenze acquisite in passato. In quando processo biologico l’apprendimento ha luogo a presc
indere dall’insegnamento, rispetto al quale può prendere strade totalmente diverse: l’organismo si adatta ad ogni situ
azione ambientale, in una situazione didattica sbagliata egli non smette di apprendere, ma apprende ad adattarsi all’e
rrore didattico. Secondo la teoria di Ausubel, “teoria cognitiva” l’apprendimento si collega sempre alle conoscenze g
ià preesistenti, che necessitano di essere strutturati attraverso gli organizzatori anticipati. Questi svolgono il ruolo di
scaffolding, si tratta di strumenti che consentono di strutturare una determinata informazione. Il soggetto meta cogni
sce, esegue operazioni cognitive, valuta, conosce e decide per svolgere una serie di attività. Nella sua sistemazione te
orica Ausubel distingue il livello di apprendimento meccanico da quello significativo. Il primo è una strategia media
nte il quale il soggetto, attiva i primi processi di selezione e distinzione delle informazioni dalle quali saranno poi co
struite le conoscenze. Il secondo si riferisce ad una specifica competenza, la capacità di gestirle e collegarle con le in
formazioni precedenti, di aggiornarle e conferirle nuovi significati. Il processo di apprendimento risulta così distinto
in: apprendimento per scoperta, cognitivamente partecipato e sufficientemente autonomi; apprendimento per ricezio
ne, acquisizione delle conoscenze grazie alla ricezione delle informazioni dovuta all’istruzione. Quando le conoscen
ze acquisite si connettono tra loro allora è necessaria una duplice suddivisione: apprendimento meccanico, relativo al
l’incremento quantitativo di informazioni, senza reale interazione con le strutture pre-esistenti, a causa di ciò l’acqui
sizione è di tipo ripetitivo e meccanico. Apprendimento significativo, connesso alle
conoscenze pre esistenti, quindi cognitivamente elaborato e tendente al significato. Esso dà luogo ad una rete di relaz
ioni che ne facilitano il ricordo e il riutilizzo. La dinamica attivata da queste due tipologie di apprendimento induce
Ausubel alla teorizzazione di quattro modalità di apprendimento:
-apprendimento meccanico per scoperta, autonoma acquisizione di informazioni secondo un processo meccanico;
-apprendimento meccanico per ricezione, vale a dire per associazione, memorizzazionedi stimoli o informazioni forn
iti da agenti esterni;
-apprendimento significativo per scoperta, elaborare informazioni autonomamente acquisite;
-apprendimento significativo per ricezione, elaborare informazioni ricevute.
L’apprendimento significativo, a differenza di quello meccanico è in grado ad apprendere perché garantito da una se
rie di connessioni tra le strutture cognitive che Ausubel distingue in struttura conoscitiva quindi un insieme di nozion
i e concetti; struttura della conoscenza da acquisire; insieme delle operazioni cognitive da attivare. Il meta apprendi
mento è una forma di apprendimento significativo: la significatività di un apprendimento è individuabile nella
consapevolezza, nella produttività, nella partecipazione, nel controllo, nell’auto-organizzazione e nell’auto-compren
sione. Per favorire l’apprendimento significativo importante è usare il transfert: la trasferibilità dipende dalla chiarez
za, stabilità. L’apprendimento significativo richiede che il materiale da apprendere sia adeguatamente organizzato e r
eso significativo per consentire al soggetto i necessari ancoraggi tra le nuove conoscenze e quelle pregresse. Si pensa
alla metacognizione come la consapevolezza e insieme di capacità di riflettere sui propri stati interni affettivi, cognit
ivi ed emotivi, è una sorta di apprendimento riflessivo, è la capacità di mettere in discussione le tesi sulle quali si str
utturano le conoscenze.

In pedagogia si è sempre avuto la tendenza ad analizzare, come uno degli obiettivi fondamentali di tendere ad una co
mpleta conoscenza di sé stesso, del soggetto, conoscersi per conoscere. Basti pensare che questa considerazione è pa
rtita da Socrate con la maieutica e la formula conosci te stesso fino al pensiero filosofico di Dewey. Partendo da Socr
ate un concetto importante era la maieutica, il suo scopo era paragonato al lavoro della madre che era ostetrica, da qu
i il tirar fuori socratico, ovvero partorire la verità, che significava accedere al proprio mondo interiore. Socrate si avv
aleva di un metodo: si ponevano delle domande al discepolo, alimentando l’ironia e seminando il seme del dubbio, c
on lo scopo di eliminare le false credenze e di aiutarlo attraverso il dialogo e le domande, a quella verità interiorizzat
a. Questa è la prima forma di meta conoscenza: Socrate aiutava il discepolo a riflettere su sé stesso, sulle proprie con
oscenze e verità. Dopo Socrate le prime ricerche sulla metacognizione in campo psicologico risalgono a Flavell. Sec
ondo Flavell la metacognizione consiste in una forma verbalizzabile di conoscenza e cognizione dei fenomeni cognit
ivi. Flavell distingue tra conoscenze metacognitive ed esperienze metacognitive: le prime sono informazioni che il so
ggetto possiede su sé stesso, sul proprio apprendimento; le seconde sono idee, pensieri, sensazioni relative all’attività
cognitiva attivate e rievocate nella messa in atto di compiti cognitivi. I primi studi condotti in questo ambito di ricer
ca si sviluppano intorno a due filoni: nell’ambito della psicologia evolutiva e della teoria piagetiana ci si è soffermati
sulla conoscenza metacognitiva; nell’ambito della psicologia cognitiva si è andato ad affermare lo studio dei process
i metacognitivi di controllo necessari allo svolgimento dei compiti cognitivi. Lo studio della metacognizione si avval
e di una serie di modelli tendenti adescrivere e spiegare il funzionamento cognitivo. Una delle più note elaborazioni i
n ambitopsicologico circa l’architettura della mente è rappresentata dalla “teoria modulare della mente” di Fodor che
descrive i processi elementari. In Francia molto discussa fu la teoria “gestione mentale” de La Garanderie, questi stu
di consistono nell’esplorare e descrivere i processi mentali nella loro diversità. Nei diversi esperimenti condotti nell’i
stituto internazionale di gestione mentale, il soggetto è invitato a prendere coscienza dei suoi percorsi mentali, attrav
erso un dialogo pedagogico, il soggetto impara a riflettere, far attenzione. Ciò comporta al concetto di filosofia della
mente, che è nata quando Rylepubblicò “the concept of the mind” un classico del pensiero filosofico contemporaneo
che delinea un interessante teoria della mente. La mente viene studiata nella sua complessità e alla luce delle sue rela
zioni con il cervello, il corpo, il mondo e le altre menti, facendo tesoro della rilettura dialettica alla luce della quale “
la philosophy of mind” restituisce una nuova, complessa, immagine del mentale. In questo mondo di intrecci diventa
una mind bodyproblem, una mente con più dimensioni. Avere coscienza significa avere uno stato intenzionale. Inte
nzionalità significa darsi scopi e fissarsi i fini, prima della nascita della nozione di metacognizione fu Dewey a riflett
ere sul pensiero riflessivo. Utilizzando la metacognizione come strategia educativa il formatore può costruire i perco
rsi di apprendimento puntando sul dispositivo della riflessività, al fine stimolare e/o rafforzare nel soggetto in formaz
ione la capacità di autonoma gestione del processo di costruzione della conoscenza. La riflessione metacognitiva si c
aratterizza come “pensiero interrogante sé stesso” con funzione di <auto rischiarante>. L’utilizzo attivo del dispositi
vo della riflessività può consentire al soggetto in formazione di riflettere sul proprio stile di apprendimento come for
ma di personale adattamento al mondo. Considerare il pensiero metacognitivo nei termini di un pensiero meta rifless
ivo e quindi critico nella maniera deweyana significa puntare alla forma più alta del pensare, secondo un modello di
mente complessa e dialettica che punti alla formazione di una “testa ben fatta”. Ne emerge una mente critica, dove p
er criticità si intende <<quel pensiero che interroga se stesso>> non in senso di perfezionamento e correzione, ma in
relazione agli statuti e alla funzione che lo contrassegnano nel suo costituirsi; statuti e funzioni che possono e devon
o essere rimessi in discussione in modo radicale.

La metacognizione si sostanzia di due processi: la conoscenza metacognitiva e i processi metacognitivi di controllo.


La conoscenza metacognitiva si riferisce alle idee che un individuo ha sviluppato sul funzionamento mentale e induc
e al soggetto a scegliere delle strategie di apprendimento in base al compito. La mente non può essere schematizzabil
e, infatti Flavell e Wellman distinsero quattro aspetti della conoscenza metacognitiva:
1) Tipo di contenuto: quanto è facile pensare su un determinato dominio di conoscenza?
2) Caratteristiche del compito: è più facile ripetere parola per parola ciò che è stato detto o a parole proprie?
3) Attributi personali: come me la cavo con quel tipo di compito?
4) Strategie: quali strategie conosco per affrontare quel compito?
La mente è una forma di conoscenza dalla natura plurale e differenziata caratterizzata da una serie di variabili: una p
rima variabile della metaconoscenza è la generalità, ovvero i limiti delle risorse cognitive disponibili. Ogni idea può
avere una vasta gamma di applicazioni (seconda variabile) e diversi livelli di facilità di accesso (terza variabile). Con
tribuisce a rendere più o meno facile l’accesso ad idee metacognitive la loro verbalizzabilità (quarta variabile). Il pro
blema della verbalizzabilità delle idee si lega a quello della consapevolezza in quanto non tutte le idee sono verbalizz
abili, neanche quando la metaconoscenza è acquisita per trasmissione culturale: basti pensare a metafore o miti. Dive
nta pedagogicamente determinante la modalità di acquisizione (quinta variabile) della conoscenza metacognitiva, a s
econda dell’acquisizione può essere più o meno spontanea. Nella trabeazione formativa si parte dal presupposto che
non tutta la conoscenza metacognitiva è a pari livello di consapevolezza (sesta variabile). La metaconoscenza, spont
anea o non, ha senso se essa va applicata ad una serie di comportamenti in risposta alle influenze ambientali e contes
tuali (settima variabili), in cui la dimensione emotiva gioca un ruolo importante (ottava variabile). Un’idea non può e
ssere considerata da sola, ma interconnessa ad altre idee con interconnessioni (nona variabile). (la decima variabile,
quella della coerenza interna) si riferisce al fatto che nell’individuo possono convivere idee spesso contradditorie e d
isconnesse perché funzionali a meccanismi adattivi di personalità e di difesa della propria immagine. Informazioni, a
ssociazioni, regole, esperienze che insieme alle strutture intellettive del soggetto rappresentano i prerequisiti (undice
sima ed ultima variabile) della metaconoscenza, andranno a caratterizzare gli interventi educativi. Il processo formati
vo impone la stimolazione di costruire un atteggiamento strategico, cioè la capacità nonostante tutto, di saper usare l
e strategie, usarle adeguatamente, in base allo specifico compito e scopo e di sviluppare un atteggiamento metacogni
tivo cioè la capacità e l’abilità di saper riflettere in modo adeguato sulla propria attività cognitiva. Il saper usare strat
egie significa riferirsi ad una serie di processi di controllo. Quando
parliamo di processi metacognitivi di controllo ci riferiamo ad una serie di “azioni” che ogni essere umano compie q
uotidianamente, in maniera strumentale (consapevole) o meccanica (automatica). Nella trabeazione formativa riferirs
i ai processi di controllo significa focalizzare il lavoro formativo sulle strategie di apprendimento. Se si segue la via
di Cornoldi è possibile distinguere le strategie dai processi di controllo: mentre le prime si riferiscono al <<percorso
che il soggetto decide di seguire per affrontare un compito cognitivo>>, i secondi si riferiscono al <<controllo dello
svolgimento del compito >>. Diventano centrali i processi di previsione che consistono nella capacità umana di stim
are
il risultato di un’attività cognitiva. Nel complesso sistema metacognitivo tale procedura passa attraverso due processi
: il controllo e il monitoraggio. Il primo si realizza attraverso meccanismi di attivazione, mantenimento e interruzion
e dell’attività in corso. Il secondo gestisce l’attività nel mentre essa si svolge. I processi di controllo possono riferirsi
a singole “sessioni di apprendimento”, In ogni sessione di apprendimento è possibile individuare: la previsione circa
la facilità di apprendimento; la valutazione circa la probabilità di ricordare un’informazione appresa; la misura della
“sensazione di conoscere” un’informazione presumibilmente appresa che non riesce a ricordare consapevolmente o
a recuperare in memoria. L’educazione metacognitiva ha tra i suoi obiettivi principali quello di far acquisire al sogge
tto in formazione una consapevolezza apprenditiva, da intendersi come autonoma capacità organizzativa del proprio
apprendimento e del proprio processo costruttivo di conoscenze.

CAP. 3

La mente metacognitiva è una mente globale in quanto problematicamente aperta all’esercizio della critica. Premarc
k e Woodruff indicano con il costrutto di “teoria della mente” la capacità umana di attribuire stati mentali a sé e agli
altri e la relativa capacità di inferire comportamenti possibili a partire dall’osservazione degli altri. Sulla scia degli st
udi di Cornoldi, si ritiene che alla luce dei diversi approcci interpretativi della teoria della mente sia possibile afferm
are che essa sia il prodotto di una serie di esperienze di condivisione culturale, per cui verrebbe mediata dalla cultura
. Nella trabeazione formativa le teorie metacognitive svolgono un ruolo determinante di cui tener conto per l’individ
uazione di possibili criteri di educabilità. Le “teorie sulla memoria e sulla facilità di ricordo” orientano i soggetti dur
ante i processi di memorizzazione. Le “teorie sulla stabilità e sul cambiamento personale”, anch’esse influenzano i p
rocessi di apprendimento in quanto questi si pongono come processi continui di destrutturazione e ristrutturazione fi
nalizzati alla costruzione della conoscenza. Le “teorie sull’invecchiamento e sull’influenza dell’invecchiamento sulle
capacità di memoria” incidono sulle performance cognitive e mnestiche. Le “teorie sull’apprendimento e sull’intelli
genza” risultano fondamentali per la gestione dei processi cognitivi e metacognitivi. Le “teorie intuitive sull’autorità
epistemica” sono determinanti per la gestione dei processi di apprendimento e costruzione della conoscenza, nonché
per gli esiti delle performance cognitive. Le “teorie sull’autorità epistemica” intervengono significativamente nella g
estione dei processi di apprendimento e di costruzione della conoscenza e negli esiti delle performance cognitive. Le
“teorie sulla performance intellettuale e di particolari gruppi sociali” influenzano le riflessioni metacognitive soggett
ive circa le proprie capacità cognitive, le esperienze e le performance cognitive. La “conoscenza metacognitiva della
mente” è il frutto della combinazione tra queste teorie e la dimensione senso-percettiva dei singoli soggetti. Costruir
e conoscenze metacognitive della mente altrui, passa attraverso delle vere e proprie proiezioni attitudinali, cioè il sog
getto attribuisce e proietta negli altri le proprie attitudini cognitive. Ciò delinea un potenziale cognitivo ed evolutivo
negli essere umani, spinto da forze naturali e culturali orientanti la crescita del soggetto. Questo potenziale può porsi
come incipit formativo che può essere continuamente modellabile e
trasformabile. Il piano metacognitivo di una formazione di tipo critico è rappresentato dalla gestione meta riflessiva
dei contenuti di apprendimento che consiste nella capacità di retroagire sui saperi ma prima ancora sui processi di pe
nsiero che hanno portato a costruire quei saperi, per cui il soggetto impara ad imparare nel momento in cui capisce q
uali sono i meccanismi e le strategie che mette in atto per apprendere. L’apprendimento metacognitivo si configura,
nella trabeazione formativa, come apprendimento significativo frutto di un equilibrato bilancio tra fattori cognitivi e
fattori emotivi e motivazionali: non a caso l’apprendimento significativo è definibile come il prodotto di una specific
a competenza, che richiede la capacità di gestire la loro correlazione con le informazioni precedenti, accompagnata a
lla capacità di aggiornarle e conferire a loro sempre più significati. Si consideri il ruolo centrale assunto, nei processi
di apprendimento metacognitivo, dall’helplessness e del locus of control. Il soggetto privo di locus of control intern
o, sente mancare il controllo della situazione, accettando passivamente che gli eventi prendono il sopravvento. Per h
elplessness si intende il senso di impotenza appreso: si riferisce ad un atteggiamento rinunciatario, poco propenso a c
ercare di modificare il corso degli eventi in seguito alla ripetuta esposizione a situazioni incontrollabili. È evidente c
he l’educabilità metacognitiva può manifestarsi come apprendimento metacognitivo se i processi educativi vengono
progettati e gestiti secondo l’intenzionalità. Quando ci si trova di fronte ad un compito da eseguire bisogna innanzitu
tto riconoscere con chiarezza di quale compito di tratta, per poi passare a scegliere una strategia adeguata e preveder
e gli esiti prima di controllarne l’esecuzione. Dopo aver capito quale compito si ha davanti, occorre sapere se si è in
grado di affrontarlo e cioè se si possiedono le strategie adeguate. Quanto ipotizzato è reso possibile dal fatto che il so
ggetto “pensante” ha una conoscenza consapevole del proprio pensiero e di quello degli altri, e riesce a monitorare e
regolare il corso del proprio pensiero. I percorsi educativi orientati in senso euristico, se attentamente gestiti, guidati
e monitorati dal formatore, consentono al soggetto in formazione di esercitarsi nell’autonomia di scelta: l’autonomia
come libertà di scelta, che significa preventiva capacità di scelta, funge così da principio e fine del processo formativ
o.

Ogni intervento educativo metacognitivamente orientato va articolato su più livelli, in continuità con le plurali dimen
sioni proprie della metacognizione. Il livello della teoria della mente include una serie di conoscenze sul funzioname
nto cognitivo in generale che il soggetto possiede a prescindere dagli interventi educativi formali. Il livello della con
sapevolezza personale rappresenta il dominio dell’introspezione, dell’autoanalisi e dell’autoconsapevolezza: il sogge
tto passa dalle conoscenze teoriche generali a quelle relative a sé stesso, ai propri processi cognitivi e al proprio funz
ionamento mentale. Generalmente si apprende qualcosa di esterno da sé, per cui quando il soggetto si concentra su s
é stesso deve imparare a vivere la doppia natura di osservatore ed osservato, e viverle contemporaneamente, evitand
o di indentificarsi rigidamente o nell’una o nell’altra. Il livello dell’auto direzione riguarda l’acquisizione e/o l’eserci
zio dell’autoregolazione, A questo livello il soggetto dovrebbe essere in grado di dirigere consapevolmente e attivam
ente sé stesso, vale a dire che dovrebbe riuscire a “governare” lo svolgersi dei propri processi cognitivi. Il livello dell
’immagine di sé comprende quelle variabili psicologiche che sottostanno all’immagine che il soggetto costruisce di s
é come persona che apprende. Tra le variabili abbiamo il locus of control che indica il luogo dove ilsoggetto individu
a i fattori responsabili di successi e insuccessi, proiettandoli dentro o fuoridi sé. Un ruolo importante verrà svolto dal
formatore che dovrà individuare nel soggetto il tipo di motivazione. Qualora il soggetto abbia una motivazione intri
nseca il formatore dovràlavorare sul riconoscimento personale, se il soggetto ha una motivazione estrinseca, il forma
tore dovrà individuare l’oggetto verso cui è rivolta l’attenzione del soggetto. L’insegnante deve puntare sulla creazio
ne di una forma mentis che possa essere usata in diversi contesti di formazione. Affinché si realizzi tutto ciò bisogna
evitare di insegnare strategie cognitive con uguale contesto o compito, in quanto ciò porterebbe ad un uso rigido dell
a strategia appresa. Altro problema da gestire è quello relativo alle situazioni laboratoriali: vi è l’esigenza di insegnar
e le strategie metacognitive in situazioni non
ottimali, per cui il soggetto apprende sia la strategia che la variabilità delle difficoltà che intervengono nel processo d
i apprendimento. Tra le diverse proposte didattiche di organizzazione dei percorsi formativi la didattica modulare ha
riscontrato, negli anni, notevole successo. Nella didattica modulare il sapere viene organizzato in relazione alle ment
i e agli effetti degli allievi, favorendone una configurazione adatta agli stili di apprendimento. Il soggetto si appropri
a di mappe concettuali, caratterizzate da concetti che il soggetto isola e poi mette in relazione con gli altri. Il sistema
delle mappe concettualiè stato caratterizzato da Ausubel e incrementato nell’uso didattico da Novack. Si tratta di un
modello che ha come presupposto l’ipotesi secondo cui la conoscenza si costruisce mediante le osservazioni soggetti
ve guidate dai concetti di eventi che già possediamo. Così facendo il concetto, inteso come raggruppamento tra conc
etti, regola ed organizza il pensiero sviluppando il ragionamento sulla base di una logica categoriale legata a conosce
nze pregresse. Dal punto di vista della motivazione apprendere per mappe concettuali significa impegnare la volontà
ad imparare, agire sulla responsabilità, favorire l’accesso dal soggetto alla struttura della conoscenza. Dal punto di vi
sta della comprensione l’apprendimento per mappe concettuali favorisce l’individuazione tra ciò che si sa e ciò che s
i vuole sapere. Alcune strategie di tipo metacognitivo impiegate in sede educativa solo le strategie di autoregolazion
e dell’apprendimento che punta sull’apprendimento autonomo, vale a dire sulla capacità di sviluppare, cogliere, cont
rollare la strategia cognitiva per ottimizzare i processi di apprendimento. Utile è anche la strategia dell’insegnamento
cooperativo, che favorisce l’apprendimento reciproco grazie all’atteggiamento collaborativo. Questo si avvale di pro
cedure come il peer tutoring, in cui uno studente funge da tutor per un suo compagno. Importante è capire dove avvi
ene questo insegnamento, deve essere in grado di garantire autonomia intesa come libertà di scelta. Per attivare i pro
cessi di insegnamento/apprendimento di tipo metacognitivo vi è la necessità che l’educatore elabori uno stile educati
vo attivo e sperimentale, utilizzando tecniche di gestione educativa del comportamento: l’uso di continui feedback ri
sulta essere quasi sempre vincente. Le tecniche di esame della conoscenza metacognitiva possono essere di tipo verb
ale e non verbale. Una tecnica di tipo verbale è, ad esempio, l’osservazione in situazioni naturali o provocate. Di tipo
verbale sono anche le tecniche di pensiero ad alta voce: sono tecniche che si avvalgono di richieste generiche al fine
di garantire la poca intrusività; il soggetto è invitato a verbalizzare ciò che pensa e ciò che accade nel mentre esegue
un compito. Le tecniche di pensiero ad alta voce si prestano allo studio del problem solving e della pianificazione. F
ra le tecniche di tipo meno verbale vi è quella delle figure, usate soprattutto per i bambini più piccoli, i quali vengon
o sottoposti ad una serie di figure che loro devono scegliere a seconda dell’obiettivo che il formatore si è prefissato d
i raggiungere. Tecnica meno verbale è anche quella delle favole. In larga misura si tratta di tecniche utilizzate sopratt
utto con soggetti in età evolutiva o con difficoltà di apprendimento che consentono di osservare il soggetto nel mentr
e attiva le conoscenze metacognitive in situazioni che lo vedono direttamente coinvolto nel quesito metacognitivo. T
ale tecnica è utilizzata soprattutto quando risulta inefficace l’utilizzo di interviste strutturate e di questionari carta e
matita. Le interviste strutturate hanno il principale obiettivo di esplorare lo sviluppo della conoscenza metacognitiva
del soggetto in formazione. Uno dei principali problemi riscontrabili nell’esame educativo della metaconoscenza è ra
ppresentato dalle caratteristiche dell’interazione. L’interazione tra formatore e formando è determinate ai fini del suc
cesso dell’esame, accade che il soggetto non riesca a comprendere la richiesta. Seconda area problematica è quella le
gata alle abilità linguistiche dei soggetti in formazione. Le difficoltà riscontrabili in questa area di indagine si riferisc
ono soprattutto ai bambini, che possono non essere abituati ad alcuni concetti o fare fatica a capire domande. Un’altr
a area problematica è rappresentata dalle situazioni in cui il formatore propone quesiti astratti e fuori contesto, se no
n si conosce il contenuto delle domande si fa fatica a contestualizzare e quindi a verbalizzarle. Quarta area problemat
ica: la lunghezza dell’esame. Quando l’esame diventa troppo lungo il rischio è che la lunghezza della procedura di es
ame favorisca l’insorgere di reazioni di noia e distrazione. Uno dei problemi organizzativi più frequenti è la presenza
di domande chiuse come perché e come, oppure come la mancanza di validazione discriminante, è necessario preve
dere domande che non inducano a pensare che vi sia una sola risposta corretta.

Il processo di formazione deve aiutare il soggetto a sviluppare nel tempo le rappresentazioni dei propri stati mentali (
emotivi e cognitivi); l’essenza di una capacità metacognitiva renderebbe l’uomo troppo vulnerabile di fronte alla co
mplessità. L’educazione metacognitiva deve agire da un lato sulla consapevolezza che ogni soggetto possiede relativ
amente alla propria attività di pensiero (autoconsapevolezza) e dall’altro sulla sua capacità cognitiva di regolare e inf
luenzare tale attività (controllo). La riflessività rappresenta il livello più alto del funzionamento cognitivo: è la rifless
ione sui processi di pensiero attivata prima, durante e dopo la loro messa in atto. Quello a cui si riferisce la trabeazio
ne formativa è un modello di formazione non solo intellettuale ma che guarda ad una formazione che consenta al sog
getto di conoscere sé stesso nella globalità identitaria e culturale. L’intervento educativo è di grande importanza per l
o sviluppo dell’autoregolazione, inteso come un processo di carattere che si riferisce tanto ai comportamenti, quando
alle risposte fisiologiche, cognitive ed emotive dell’organismo. Possono essere usate diverse strategie di autoregolaz
ione: il training di autoistruzione, strategia usata per favorire a sé stessi i suggerimenti utili al corretto svolgimento d
elle sequenze di azioni; il planning-programmazione di sequenza di azioni, in particolare questa è comporta da una s
erie di passaggi quali: fissare un obiettivo, svolgere la prima azione, controllare la corretta esecuzione, svolgere la se
conda azione e controllarla, verificando che il risultato risponda all’obiettivo. Lo scopo primario dell’autoregolazion
e è quello di usare in modo consapevole le proprie conoscenze. Peruzzi sistematizza in cinque fasi l’articolarsi dell’is
truzione metacognitiva:
1. Posizione del problema e pianificazione: si sollecita il soggetto a porsi domande come “quale è lo scopo che mi in
teressa raggiungere?”;
2. Selezione e uso di strategie: chiarito il compito si passa ad una scelta consapevole della strategia;
3. Verifica: in essa si attivano procedure di monitoraggio di ognuna delle strategie adottate in relazione agli scopi da
raggiungere e dell’uso che se ne è fatto;
4. Orchestrazione: le strategie controllate in fase di verifica vengono coordinate;
5. Valutazione: in questa fase il formatore propone esercizi di autocorrezione, ma soprattutto il riesame dei risultati o
ttenuti e delle strategie utilizzate nelle fasi precedenti e la recisione consapevole del percorso.

CAP. 4

La trabeazione formativa si sostanzia di una riflessività che ha il suo significato originario nel concetto deweyano di
“riflessione” come forma di “razionalità euristica”. In Dewey la “riflessività” indica una particolare modalità di pens
iero determinato e articolato in fasi precise che consentono all’essere umano non solo di costruire e monitorare le seq
uenze cognitive, ma anche di produrre procedure euristiche. Tra pensiero riflessivo e processi formativi intercorre u
n nesso pedagogicamente significativo nella misura in cui formare in prospettiva riflessiva significa consentire al sog
getto in formazione di indagare e comprenderela problematicità delle esperienze di vita. La trabeazione formativa pu
nta alla possibilità di orientare il soggetto in formazione verso l’indagine sulla problematicitàe sistenziale nella probl
ematicità esistenziale stessa: indagare la problematicità dell’esperienza attraverso la riflessività consente al soggetto
di conferire al “campo dell’esperienza” significati atti ad individuarne e comprenderne le processualità. È all’uomo e
alla sua “intelligenza creativa” che è affidato lo sviluppo e il controllo dell’esperienza attraverso l’uso della logica c
ome teoria dell’indagine che interpreta la conoscenza e il pensiero nella loro naturale relazione con l’azione. Il pensi
ero umano è riflessivo nella misura in cui si caratterizza come indagine, ovvero come passaggio dal problema alla su
a soluzione attraverso percorsi di ipotesi, riorganizzazione e verifica guidati dalla logica. Esperienza e riflessione va
nno a delinearsi quali elementi imprescindibili einevitabilmente interrelati alla formazione. Se per Dewey il fine dell
’educazione è la crescita e lo sviluppo degli individui e delle comunità mediante l’avanzamento nella socializzazione
e nel “controllo sociale” inteso come formazione di una certa disposizione mentale che consente di capire il mondo,
la riflessività si pone come strumento euristico in grado di “oggettivare” la relazione uomo-mondo e favorire la com
prensione della realtà in quanto “realtà esperita” da un soggetto conoscente caratterizzato da finitezza e parzialità. L’
inquiry è un processo di pensiero che si articola e si sviluppa in modo da produrre conoscenza, fungendo da dispositi
vo transattivo che connota la conoscenza come processo “situato” nell’azione. La gestione problematicamente rifless
iva dell’esperienza auspicata dalla trabeazione formativa non prevede un uso meccanicistico degli strumenti conoscit
ivi, me ne auspica un uso significativo in base alla significatività che la conoscenza acquista nella specifica esperienz
a. Il principio di riflessione connota l’articolarsi e l’evolversi del pensiero nell’ambito dell’esperienza. Si tratta di un
pensiero euristico, investigativo, capace di intrecciare mente e corpo, logos e pathos, ragione ed emozione, scienza e
arte, un pensiero creativo in quanto dinamicamente aperto e riflessivamente strutturato. La trabeazione formativa re
cupera dalla “riflessione deweyana” l’immagine di un pensiero euristico-critico che si fa riflessivo in quanto indagin
e critica dell’esperienza transattiva-mente formativa. Sula scia del modello deweyano, nella trabeazione formativa es
perienza e indagine assumono il valore di “agenti
di crescita” attraverso istanze di mediazione formativa. Se l’obiettivo formativo diventa quello di favorire l’assunzio
ne di un habitus riflessivo, ogni momento intenzionalmente formativo deve prevedere setting esperienziali che richi
edano l’attivazione di un atteggiamento investigativo-riflessivo, atteggiamento che si esprime nella propensione a po
rsi problemi e ad affrontarli in maniera attivamente riflessiva. La riflessività alla quale ci stiamo riferendo sarà costru
ita grazie alla criticità aperta e alla comprensione attraverso cui il soggetto problematizza i saperi personali e ne inda
ga il senso e la funzione sociale, storica e politica.

Nell’attuale temperie culturale i processi di formazione devono combattere l’alto tasso di “dispersione cognitiva” ch
e si accompagna ad un vissuto ontologico che si riconosce nella dimensione del “disincanto”, categoria interpretativa
del nostro tempo, un tempo in cui il soggetto è connotato dalla <<fine dell’incantamento, dalla deriva del senso, dall
a precarietà della sua condizione esistenziale>>, dal tramonto delle certezze, dal disincantamento del mondo. E lo de
linea a partire dal passaggio dalla Modernità alla Post-modernità, attraverso l’affermarsi di una “cultura del Disincan
to”. La trabeazione formativa interpreta il disincanto alla luce della tensione liberatrice di un “nichilismo attivo” e as
sume questa condizione come <<forma di ogni processo formativo, come regola della nostra costruzione interiore>>
. Abitare il disincanto significa imparare a stare nel pluralismo, nella complessità e nell’inquietudine.
Illusione di individualismo, precariato ed incertezza attanagliano la “vita liquida”, una vita in cui vengono a mancare
le antiche certezze di Stato-nazione, famiglia, lavoro, in una società sempre più segnata dalla flessibilità, dal disimp
egno verso la comunità. Il contributo della pedagogia diventa strategico: formare persone attraverso l’istanza della ri
flessività significa favorire la presa di coscienza della frammentazione identitaria e con essa la consapevolezza della
possibilità di costruirla su nuove basi: l’uomo postmoderno, l’uomo del disincanto, imparerà così ad abitare la societ
à liquida. La pedagogia del disincanto che orienta la trabeazione formativa impone che la formazione valorizzi la din
amicità della mente umana come “mente a più dimensioni”. Secondo l’interpretazione fenomenologica la riflessione
si caratterizza come atto cognitivo che consente alla mente di analizzare i “vissuti” e farne oggetto del pensiero. Il cri
terio di criticità che guida il pensiero riflessivo si giustifica e si organizza nella formazione formale-istituzionale <<a
ttraverso un impegno metacognitivo tra le discipline e ponendo come obiettivi proprio i traguardi del pensiero interpr
etativo, riferiti all’apprendimento del pensiero stesso, dei suoi diversi usi e, in primis, del suo uso critico>>. Particol
armente significativo risulta essere il contributo offerto alla ricerca pedagogica dalla Philosophy for Children (P4C),
avviata negli anni 70 dal filosofo deweyano Matthew Lipman, secondo il quale la filosofia intesa come l’unica discip
lina che assume il pensiero sia come contenuto sia come metodo di ricerca. La forma migliore per avviare i bambini
alla filosofia come “pensiero critico-riflessivo” fu individuata da Lipman nei racconti strutturati in forma dialogica,
materiali sui quali lavorare stimolando esperienze educative in cui viene messo in gioco il pensiero di tutti e di ciasc
uno attraverso la discussione , l’argomentazione e il dialogo. La prospettiva della P4C e la diffusione che essa riscon
tra in ambito pedagogico testimoniano di quanto sia necessario valorizzare la riflessività come risorsa in ogni mome
nto del percorso formativo umano, una risorsa riconoscibile e gestibile dai soggetti che si ponga come <<attitudine g
enerale>>. Si tratta di pensare ad una intelligenza della natura plurale e problematica, una e plurima, fatta di logos e
pathos, che si sviluppa e cresce grazie all’incontro con tutti i domini della cultura. La trabeazione formativa scomme
tte su una riflessività che si configura come connotato specifico di una mente capace non solo di isolare e separare,
ma anche e soprattutto di distinguere ed unire, capace cioè di produrre quel pensiero del complesso che permette di c
omprendere <<ciò che è tessuto insieme>>, fungendo da “cornice” della formazione.La riflessione si definisce come
pensiero euristico-critico radicato nella dimensione esperienziale e capace di esercitare una funzione critica di mess
a in discussione. Se si intende la conoscenza come <<strumento dell’autoconservazione che trascende la mera autoc
onservazione>>, le forme del conoscere si differenziano in base alle diverse teorie della società. Nella prospettiva di
Habermas, rispetto ai diversi contesti vengono a definirsi diversi interessi cognitivi, declinabili in termini di “interess
e di ordine tecnico” (di controllo su processi oggettivi ed oggettivati), “interesse di ordinepratico” (di chiarificazione
e comprensione dei significati e del senso delle esperienze individuali e collettive, così come di fatto e tradizioni sto
riche), “interesse di ordine emancipativo” (di analisi delle strutture sociali e culturali che condizionano pensieri ed az
ioni individuali e collettive).

Se nel passaggio dalla conoscenza alla metaconoscenza ogni esperienza metacognitiva è frutto dell’incontro tra un s
oggetto ed un contesto le funzioni cognitive di ordine superiore vengono attivate inizialmente su un piano inter-indiv
iduale per poi passare ad un piano intra-individuale. L’impalcatura di sostegno della trabeazione formativa si configu
ra come l’insieme dei supporti cognitivo-relazionali forniti dal soggetto in formazione attraverso la relazione formati
va tramite interventi di mediazione, monitoraggio e sostegno relativi alle diverse attività di indagine problematica att
ivate nel corso dei processi di apprendimento e formazione. Gestire processi formativi atti a far imparare a pensare i
n modo riflessivo, consiste nel favorire l’acquisizione di un atteggiamento riflessivo: di una propensione generale a r
iflettere sulla propria attività, prima, durante e dopo il suo farsi. Apprendere qualcosa significa attribuire significato
ad una nuova esperienza utilizzando le “prospettive” e gli “schemi di significato” di cui si dispone. Mezirow individ
ua tre raggruppamenti di prospettive utili a questo scopo: prospettive epistemiche, in riferimento alle strutture di con
oscenza di cui ognuno dispone e che utilizza individualmente per la costruzione delle conoscenze; prospettive socioc
ulturali, in riferimento all’insieme delle norme sociali, dei codici culturali e delle diverse modalità di utilizzo del lin
guaggio; prospettive psicologiche, in riferimento all’identità personale e alla visione di sé, dei propri ruoli e delle pro
prie funzioni sociali. Mezirow distingue i processi di riflessione da quelli di riflessione critica e di autoriflessione crit
ica: la riflessione implica un esame delle giustificazioni delle proprie credenze per guidare l’azione e ristabilire l’effi
cacia delle strategie e delle procedure usate nella soluzione dei problemi; la riflessione critica è finalizzata ad accerta
re la validità delle presupposizioni delle prospettive di significato e ad esaminarne origini e conseguenze; l’autorifles
sione critica è funzionale ad una revisione del modo di porre i problemi e le prospettive di significato. Il pensiero crit
ico si delinea come dimensione peculiare dell’apprendere umano che va a caratterizzarsi come funzione specifica del
processo costruttivo della conoscenza tesa alla trasformazione individuale e sociale, funzione che orienta pensiero e
azione. L’apprendimento trasformativo rappresenta il presupposto per la realizzazione di apprendimento emancipativ
i capaci di esercitare il dubbio e la messa in discussione degli assunti sui quali si strutturano le conoscenze.

CAP. 5

Si è affermata la necessità della progettazione e costruzione di ambienti di apprendimento capaci di stimolare il rapp
orto tra conoscenza, metaconoscenza e riflessività. La riflessività, elemento essenziale dell’agire educativo, “incarna
” l’intenzionalità formativa. Si tratta di considerare l’agire educativo come <<complesso campo di azioni sociali nor
mativamente orientate in cui si dà e si costruisce conoscenza>>. Il teorizzare è un modus dell’agire formativo che co
nsente di interpretare le dimensioni del teorico nella sua fondazione pratica; la prassi si caratterizza per il suo essere
pluriarticolato in quanto coinvolge esperienze umane in cui prendono corpo progettualità educative che implicano int
enzionalità, fini, norme e valori culturalmente definiti e condivisi che si connotano in più luoghi formativi. L’agire e
ducativo allora si forma come una dimensione in cui emergono forme e modi di conoscenza. L’azione educativa com
e azione sociale si caratterizza per un impegno teologico – in quanto corso di azione orientato ad uno scopo – e un i
mpegno sociale – in quanto ambito di pratiche orientate da norme socio culturalmente stabilite. L’azione educativa è
esperienza in quanto implica un agire in uno specifico contesto fatto di persone ed oggetti; nasce dall’esperienza in q
uanto ne deriva da esperienze precedenti dalle quali eredita conoscenze e stimoli; produce esperienza, in quanto rinvi
a ad ulteriori esperienze. La trabeazione formativa si focalizza sulla ricognizione e ristrutturazione di schemi funzion
ali a formarsi e a formare. L’impianto che ne deriva integra diverse prospettive di ricerca, rimandando a tre coordinat
e interpretative dell’agire educativo: come ambito di ricerca in situazione, l’agire educativo è da intendersi come ca
mpo di esperienza nel quale si producono problemi e situazioni impreviste rispetto ai quali mettere in atto procedure
di indagine. Come ambito di pensiero e conoscenza in azione, l’agire educativo è da intendersi come fondato su proc
essi cognitivi e strutture di conoscenza da cui derivano comportamenti ed azioni. Come ambito di azione regolata da
istanze, orientamenti ed intenzionalità, l’agire educativo è da intendersi come fondato su procedure cognitive di inter
pretazione delle situazioni e di orientamento nell’azione. La pratica educativa è intenzionale nella misura in cui c’è u
n educatore che sia in grado di attribuire ad ogni azione educativa una precisa dimensione di senso.

Ai formatori, oggi, è richiesta la capacità di fare uso integrato di molteplici forme di razionalità che servono sia a cos
truire e realizzare percorsi formativi sia ad individuare ed applicare intenzioni. Il formatore deve porsi come agente d
i cambiamento e trasformazione. Per lo sviluppo professionale è fondamentale l’assunzione di un pensiero critico rifl
essivo, inoltre l’attenzione pedagogica si sposta dalla forma mentis riflessiva alla riflessività come habitus profession
ale. Accanto alla teoria dell’esperienza di Dewey si va acollocare la prospettiva del professionista riflessivo di Schon
, che propone una nuova epistemologia della pratica professionale. Il primo passo fatto è quello di mettere in discussi
one il modello della razionalità tecnica di origine positivista: induce a ritenere l’attività professionale come soluzion
e strumentale di un problema con l’applicazione di teorie e tecniche a base scientifica. Sono evidenti i limiti si tale c
oncezione se ci riferiamo a contesti educativi come quello lavorativo in cui non esiste una “definibilità” univoca né d
ei fini. Si noterà come il problem solving non sia più l’unica risposta adeguata alla realtà, almeno se non integrato co
n il problem setting, cioè il processo attraverso cui definiamo la decisione da prendere, i fini da raggiungere e i mezz
i da scegliere. Si delinea dunque un approccio più problematico con la realtà, che considera ogni situazione nella sua
complessità: la riflessione nell’azione, per usare un termine pedagogico l’operatore riflessivo si avvale della capacit
à di apprendere ad apprendere. Più precisamente Schon sostiene che l’azione intelligente può essere guidato da due e
lementi: la conoscenza nell’azione, sono azioni come condurre una bici. Si tratta di processi non logici, di schemi d’
azione che guidano silenziosamente ogni gesto intelligente, sono le cosiddette conoscenze tacite, sono atti difficilme
nte da verbalizzare. Talvolta però la routine produce risultate inattesi, errori che resistono a correzioni oppure capita
diversamente di guardare il proprio agire. Ognuno di queste esperienze contiene un elemento di sorpresa che può con
durre il professionista ad ignorare elementi perturbatori oppure riflettere a quanto sta accadendo. L’operatore può fer
marsi e pensare, separando il momento dell’azione dal momento della riflessione. Oppure può riflettere nel corso del
l’azione, si tratta della riflessione nella pratica. Schon esemplifica questa condotta evocano i musicisti jazz, i quali i
mprovvisano mescolando le strutture acquisite (tonalità, schemi di improvvisazione ecc.). La capacità riflessiva si ca
ratterizza come meta-conoscenza in quanto consente di gestire con autonomia e senso critico il proprio patrimonio c
onoscitivo e le proprie competenze mediante l’agire riflessivo. Dunque il professionista riflette sia su ciò che ha acqu
istato nel corso dell’azione e il modo in cui l’ha fatto, ma anche sulle strutture di conoscenze prodotte. Si può quindi
parlare del protocollo delle procedure che sono tre:
1) definizione di una situazione come problematica ed unica ogni situazione è unica e le caratteristiche specifiche ch
e la rendono unica contribuiscono a definirne la problematicità;
2) l’intrapresa di esperimenti esplorativi, di verifica della mossa e di verifica dell’ipotesi la prima consente nel gener
are azioni intenzionali per vedere che succede; la seconda riguarda azioni effettuate per modificare le situazioni in ba
se ad obiettivi specifici; le terze sono l’uso di strumenti di verifica per individuare eventuali incongruenze;
3) trasformazione dell’azione è di principale interesse per il professionista nella quale egli individua mezzi e fini. Si t
ratta di un professionista che si pone come continuum di azioni riflessive e operative, vale a dire che la riflessività e
operatività sono i caratteri fondanti di questa professionalità.
Si delineano così cinque meta competenze fondamentali: competenza disciplinare e interdisciplinare; capacità di ana
lizzare i contesti sociali, culturali o istituzionali; processo di stili cognitivi diversi ma integrati; progettare, usare for
me di pensiero organizzativo; competenza etica, la capacità di interrogarsi criticamente.

I professionisti si confrontano quotidianamente con l’imprevedibilità, l’incompiutezza e la problematicità che caratte


rizzano i soggetti e i luoghi. Alcune professioni risultano essere problematiche per alcuni motivi:
- prima ragione: il superamento del ruolo trasmissivo-burocratico. L’educazione non èdefinibile in maniera standardi
zzata e rigida;
- seconda ragione: il riconoscimento che le professionalità educative sono sempre connesse alla formazione, quindi s
ono sempre da intendersi come professioni della formazione;
- terza ragione: la ridefinizione della formazione secondo il paradigma della complessità che impone logiche di inter
pretazione di quella “categoria reggente” come processo transattivo;
- quarta ragione: la presa di coscienza che educare vuol dire formare;
- quinta ragione: la consapevolezza che le attività formative sono incardinate sull’intenzionalità e sul futuro, prevede
ndo azioni teologicamente fondate;
- sesta ragione: la necessità di favorire l’acquisizione di una nuova forma mentis del formatore, sia da un punto di vis
ta scientifico sia da un punto di vista pratico;
- settima ragione: la certezza che le professionalità formative siano ormai entrate in una nuova e inedita fase storica,
abbandonando gli stereotipi tradizionali per aprirsi all’habitus ermeneutico, ridefinendosi proprio intorno all’interpre
tazione.
Riflettere sulla propria azione educativa consente al formatore di riflettere sula precisa dimensione di senso di cui qu
ell’azione è intenzionata. L’agire educativo si realizza in una pluralità di contesti ambientali, socio- politici e cultural
i. La conoscenza che regola l’agire educativo è una conoscenza costruita nel corso dell’azione, configurandosi come
processo e non come prodotto. Il formatore che vuole indagare la fenomenologia della pratica educativa in termini ri
flessivi potrebbe adottare una griglia di analisi riflessiva sull’agire educativo. Ne “il professionista riflessivo” Schon
illustra le quattro modalità euristiche:
-analisi di struttura: con cui si conoscono le dinamiche che originano il modo di strutturare problemi e ruoli. Consent
e ai formatori di diventare consapevoli della loro struttura e quindi anche delle modalità di strutturare le pratiche;
-la ricerca per la costruzione del repertorio: è la ricerca che porta ad accumulare esempi di situazioni utili all’azione
educativa;
-la ricerca sui metodi fondamentali di indagine e sulle teorie dominanti: in cui si riflette sui modi d’indagine e sulle t
eorie usate, quelle che hanno imparato ad usare come base di partenza per comprendere nuove situazioni;
-la ricerca sui processi di riflessione nel corso dell’azione: è finalizzata alla comprensione della natura della riflessio
ne nel corso dell’azione e delle condizioni che la favoriscono o la impediscono in un determinato contesto.
L’agire educativo si configura come complessa esperienza in cui sono simultaneamente in gioco una varietà di fattor
i. Secondo la prospettiva della trabeazione formativa la riflessione si configura come risorsa per il monitoraggio e la
gestione consapevole dell’agire educativo, ponendosi come procedure interpretativa della problematicità esperienzial
e funzionale alla costruzione di ipotesi trasformative ed emancipative. Il comprendere del formatore andrà ad articol
arsi su tre fronti:
- sul fronte ermeneutico in quanto presa di coscienza che il pensare e l’agire formativo muovono da pregiudizi con i
quali bisogna fare i conti in maniera critica;
- sul fronte clinico in quanto la comprensione è legata all’ascolto, al dialogo, all’attenzione del setting;
- sul fronte teorico-critico in quanto la comprensione valorizza il negativo ponendosi in posizione di “lievito critico”
che svela contraddizioni leggendole come potenzialità
Va sottolineato che la riflessione che connota le professionalità formative è di tipo “normativo” e non “deliberativo”:
la razionalità normativa consentirebbe di definire norme ed orientamenti pedagogici per l’azione in una determinata
situazione; di contro, la riflessione deliberativa porta ad una decisione e alla scelta di un particolare itinerario proced
urale. La razionalità critico-riflessiva assunta dal formatore restituisce il senso di una riflessione pedagogica che rich
iedono un approccio euristico che si articoli su più piani e su diversi livelli, consente di identificare intenzionalità ed
orientamenti o di discriminare tra differenti possibilità di azione, ma anche e soprattutto di indagare
condizionamenti, implicazioni e conseguenze sul piano individuale e sociale. L’intenzionalità riflessiva rappresenta l
a marca di legittimazione di un modello formativo che assume la forma interpretativa della trabeazione. formativa.p
ossibilità.

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