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Georg Wilhelm Friedrich Hegel

Hegel rappresenta il culmine del Romanticismo, il momento in cui questo si


ufficializza, diventa filosofia di Stato e in cui si razionalizza, Hegel quindi deve
tutto a Kant, a cui riconosce di aver trovato nel soggetto l’origine dell’ordine del
mondo e aver criticato la vecchia metafisica, che distingueva tra soggetto e
oggetto, così come criticare l’empirismo, che nel suo ingenuamente porre la
conoscibilità dell’oggetto nel soggetto finisce per non poter conoscere sé stesso e
giunge allo scetticismo di Hume, ma gli rimprovera di aver criticato il noumeno,
inconoscibile, e lo rimprovera di aver cercato di trovare i limiti della conoscenza
prima ancora di iniziare a conoscere. Per Hegel la ragione, che va oltre i limiti
dell’intelletto, ha ragione nella sua ricerca, lui ricostruisce la metafisica
affermando che un mondo senza metafisica è come un tempio senza altare, questo
poi infatti rappresenterà una scissione falsa sia tra fenomeno e noumeno sia tra il
conoscere e il conoscibile, perciò preferisce Fichte, al quale però rimprovera di
aver ridotto l’oggetto al mero ostacolo del soggetto senza riconoscerne il valore,
tra l’altro l’infinito di Fichte è un infinito che non viene mai raggiunto bensì solo
potenziale ed è quello che Hegel chiama cattiva infinità, criticando il fideismo
romantico che pretende di conoscere l’assoluto in modo immediato e senza il
giusto processo, però concorda sul dover trovare tale infinito; a lui preferisce
Schelling, che poi però critica perché il suo assoluto benché riconosca che
dev’essere ugualmente materia e spirito a differenza di Fichte, è un assoluto
indifferenziato, in cui queste due cose sono mescolate e indistinte. Hegel s’ispira
sia a Spinoza sia a Fichte, l’assoluto visto come soggetto e oggetto insieme ma si
ispira anche ad Eraclito, in quanto comprende che tutto ha energia e nulla è
statico, forse tale rivoluzione che riprende Schelling, ossia l’idea di un Dio
dinamico, tutto è unito in una sola realtà, ma non è una realtà ferma, non è
un’enorme palla fatta di pezzi con tutte le possibili realtà come voleva Spinoza o
Parmenide, è invece come un fiume in cui esistono tutte le realtà ma in diversi
momenti. Hegel eredita da Platone due cose: le idee, infatti crede che tutto sia
idea, perciò diceva ‘’tutto ciò che reale è razionale e tutto ciò che è razionale è
reale’’, la prima parte significa ciò che risponde a ragione, trova riscontro nella
realtà necessariamente, la seconda parte invece significa che la realtà non agisce
a caso, ma è vivificata da un logos interiore; il concetto è che soggetto e oggetto
sono entrambi logos (discorso, pensiero divino), la separazione è illusoria; da
Platone inoltre si riprende la dialettica. Mentre nella logica classica vi è A e poi
B, Hegel cerca la triade di tesi, antitesi e sintesi: la tesi è l’idea in sé, il momento
astrattivo, principio d’identità, la proposizione di A; l’antitesi è sempre una
proposizione, si pone non A, è l’idea che esce fuori di sé, diventa quindi per sé,
il momento negativo, mette in evidenza i limiti, si conosce bene soltanto il
rapporto al male e il travaglio del negativo necessario perché l’opposizione è la
molla della vita, per questo Hegel ha un assoluto come questo fiume, esistono
tutte le realtà positive e negative, che si susseguono in un ordine che non è
cronologico, ma metafisico, tutto ogni volta viene posto, e viene posto anche il
suo opposto, non si può non negare, dunque se dico A sto anche dicendo non B
(se dico che uccidere è sbagliato, sto anche dicendo che non uccidere è giusto),
questo è il processo dell’alienazione, ossia lo spirito che esce fuori di sé e pone
qualcos’altro che in realtà è sempre lui; la sintesi, cioè la riaffermazione della
tesi dopo il travaglio del negativo che ritorna in sé più forte con qualche elemento
dell’antitesi, se la tesi è l’innocenza, l’antitesi è necessaria per arrivare alla sintesi
della virtù, ossia la giusta purezza rafforzata dopo aver incontrato il suo opposto,
la sintesi non è altro che una nuova antitesi, diventa in sé e per sé, si comprende
che le due idee opposte sono sussunte da un’idea superiore, il terzo escluso, lo
spirito è ritornato in sé. La filosofia di Hegel è una critica alle filosofie precedenti,
ognuna di loro credeva in una certa tesi e la contrapponeva ad un’antitesi,
nullificando una delle due oppure reificandole come realtà opposte, quando in
realtà la soluzione è comprendere che sono parte di una sola idea superiore e così
via, l’infinito contiene in sé il finito e tutte le idee sono riunite nell’assoluto. La
dialettica non è solo un metodo filosofico, ma anche come la realtà evolve, le tesi
sono i presocratici, l’antitesi i sofisti e la sintesi Socrate. Molti problemi della
storia sono da lui ricondotti all’alienazione, allo spirito che dimentica di essere la
cosa a cui si oppone. Hegel definisce Aufhebung, ossia toglimento, quando noi
togliamo le determinazioni opposte in quanto considerate nella loro unità come
momento di un processo. La sintesi è l’ultimo momento, ma anche il primo, così
come il seme diventa fiore e poi pianta, ma il seme stesso esiste solo in quanto
mezzo di riproduzione della pianta e quindi il punto finale è anche la ragion
d’essere del punto iniziale, così tesi e antitesi esistono solo perché esiste la sintesi,
gli dà fine e il fine, l’inizio e la causa finale è una vera autocasazione, quanto più
l’oggetto diventa tanto più è vero; mentre la logica classica è una linea, la
dialettica è una spirale e quest’ultima ereditata dalla Maiuetica di Socrate, cioè
un dialogo tra opposizioni che permette di trovare la verità, la sintesi non è altro
che una nuova tesi che troverà una nuova antitesi e così via, in questo modo
l’assoluto, lo spirito continua a crescere in questa spirale, e tutto ciò viene
sintetizzato da Hegel nella frase ‘’il vero è l’intero’’, non esistono singole parti
se non come, appunto, parti di un intero, ogni tesi e antitesi si riunisce in una
sintesi e tutte le sintesi sono a loro volta tesi e antitesi di una sintesi più grossa,
dunque tutto è vero solo in quanto collegato all’assoluto, mentre per definizione
l’assoluto non è legato a nulla (ab-solutus ‘’non legato’’), ma il vero è l’intero in
quanto risultato di un processo quindi tutto è vero in quanto parte di un processo
più grande che si evolve, solo alla fine vi è la verità e Hegel afferma anche che la
troverà. In Hegel, ogni male non esiste in sé e per sé, se non come grado minore
di un bene maggiore che è più vero, il che può rimandare a Sant’Agostino, a
Platone con le idee, a Parmenide con l’essere, quindi tutta la filosofia si dimostra
magistralmente unita in un unico percorso. Hegel scrive l’Enciclopedia delle
scienze filosofiche in compendio, in cui riunisce tutto (filosofia, scienza, logica,
fisica, matematica, politica, arte, religione, psicologia e così via), tale libro ha il
compito di mostrare come l’assoluto (lo spirito dell’umanità) compie un processo
di evoluzione continua fino a trovare sè stesso; è diviso in tre parti: la tesi è la
logica, che è l’ossatura logico-razionale del mondo, l’iperuranio, le idee e Dio
prima della creazione; l’antitesi che è la natura, ossia il mondo materiale, l’idea
che esce fuori di sé e si fa carne; la sintesi, in cui tale materia spiritualizzandosi
si rende conto di essere l’idea e si rivolge di nuovo a sé stessa, noi siamo
l’universo che si pensa. La logica è divisa in tre parti: essere, essenza e concetto.
L'essere è diviso in quantità, qualità e misura. La qualità è divisa in: essere
indeterminato, determinato ed essere per sé. L’essere indeterminato è disitinto
in: essere puro ossia primissima tesi, l’essere di Parmenide, semplicemente è,
ma in questo modo è vuoto ed è identico al nulla (antitesi, suo contrario), la sintesi
tra le due è il divenire (ciò che unisce essere e non essere), da cui passiamo poi
all’essere determinato quindi con delle caratteristiche, per poi passare alla sintesi
che è, appunto, l’essere per sé (dalla qualità alla quantità). L'antitesi della logica,
che è l’essenza, ossia il riflettere su di sé, la ragion sufficiente che permette la
permanenza divisa in: essenza come ragione dell’esistenza, in cui l’essenza si
riconosce come tale, diversa dalle altre; il fenomeno che è l’apparizione adeguata
dell’essenza ed infine la realtà in atto, ossia l’unità presenza ed esistenza; la
sostanza, la causa e le relazioni si trovano nell’essenza. Per Hegel la filosofia è
anche la storia dell’assoluto che si evolve, il nostro pensiero rispecchia il mondo
che cambia, tutto ciò che reale è razionale e viceversa. Lo spirito così arricchito
diventa ora concetto, ossia spirito vivente nella realtà, la realtà in quanto pensata.
Il concetto è l’idea di sé mediante la ragione con cui noi comprendiamo il
collegamento tra gli enti singoli in quanto pensati nell’idea stessa ed è diviso in:
soggettivo, ossia formale; oggettivo, gli aspetti fondamentali della natura; idea,
ossia l’unione delle due precedenti. Il concetto soggettivo è diviso in:
universalità, particolarità e individualità (ripresa delle categorie di Kant e il
sillogismo che è formale, il quale si concretizza nel concetto oggettivo, che è
come pensiamo alla realtà, diviso in: meccanismo, ossia oggetti in movimento;
chimismo, le differenze tra gli oggetti; la teleologia, ossia la natura organica).
L'idea, destinata ad unire ideale e reale, suddivisa in: vita o pratica (quest’ultima
nella forma immediata), conoscere o teoretica (nella forma mediata perché c’è
divisione tra soggetto e oggetto che però si uniscono) e idea assoluta, in cui le
due cose sono essenzialmente unite. Superata la tesi, la logica, si passa all’antitesi
e alla natura in cui lo spirito si aliena, esce fuori di sé e diventa cosa. La natura è
divisa in: meccanica, fisica e fisica organica; la meccanica è esteriore e quantità
ed è divisa in: spazio e tempo ossia astrazione; materia e movimento ossia gli
enti nel loro isolamento, le leggi della natura; infine la meccanica assoluta, o
libertà di movimento, la gravità. Hegel critica Newton, a cui preferisce Keplero
e il suo sistema più spiritualizzante. La fisica riguarda le qualità e le differenze,
è la prosa, si divide in: individualità universale, ossia gli elementi; particolare,
ossia le proprietà come peso, forza, calore; totale, ossia le proprietà degli
elementi come l’elettromagnetismo e la chimica. La sintesi della natura è la fisica
organica, ossia la vita che è poesia, essa si divide in: geologia, la vita ossificata
(i fossili, i cristalli), vegetale e animale, che ha la coscienza e che ci permette
dunque di far emergere lo spirito dalla materia. L'idea astratta, arrivati a questo
punto, che si è alienata nella natura, che ora è spirituale e deve ricordare ciò che
ora è un tempo. Lo spirito si divide in: soggettivo (individuo); oggettivo
(società); assoluto (lo spirito che si conosce); questa volta ogni grado sarà
compreso e risolto nel superiore. Lo spirito soggettivo è diviso in: antropologia
(lo spirito animale vittima degli istinti); fenomenologia (lo spirito riflette su sé
stesso); psicologia. L’antropologia è divisa in: anima naturale, senziente e
reale; in questa fase parla delle fasi dell’umano, ossia il bambino che è idealista,
il giovane che deve confrontare gli ideali con la natura e quindi soffre, e l’adulto
che riconcilia la mente con la natura. La fenomenologia, ossia il cammino dello
spirito che ricerca sé stesso in mezzo a peregrinazioni, errori e disavventure, come
diceva Nietzsche ‘’Con la fenomenologia diventi ciò che sei’'. Nella prefazione
lui critica la matematica, la quale agisce in modo ingenuo perché non comprende
la natura del proprio dimostrare il perché, soltanto il come (il matematico per
spiegarti il triangolo deve scomporlo, quindi sparisce). Hegel rimprovera la
matematica di avere fiducia solo nel metodo, di imporre la sua visione sul teorema
per farlo funzionare, quindi ciò che la matematica scopre è vero, ma non è vero il
suo metodo (nel XX secolo con la crisi dei fondamenti la storia darà ragione a
Hegel, ritenendo il perché della matematica non una domanda stupida, magari
conoscendo cosa sono gli assiomi, ma senza sapere cosa ci sia prima di essi).
Hegel anticipò anche la meccanica quantistica, riprendendo l’idea di San
Tommaso in cui non esistono azioni neutre, ossia la cosa si modifica in base al
soggetto che la osserva. Per Hegel la matematica non sa trattare il principio
dell’uguaglianza, che è un’astratta unità non vitale e la grandezza, ossia
differenza senza concetto e la terribile inquietudine che è il tempo, dunque in
poche in parole, per Hegel la matematica è vera ma morta, solo tesi; mentre il
sapere dovrebbe spiegare come ogni cosa si struttura necessariamente, ogni
teorema in matematica invece per conto suo è slegato, nel 900 con la teoria
insiemistica, questo problema sarà risolto perché si legheranno tutti i concetti
matematici con gli insiemi. La fenomenologia si divide in due parti, la prima
parte è divisa in: coscienza, autocoscienza e ragione. La coscienza è divisa in:
certezza sensibile, ossia l’oggetto rivelato dei sensi, quindi ora ci si rapporta agli
altri oggetti; la percezione sensibile, in cui l’attenzione è rivolta alle diverse
proprietà di un oggetto e ricondotta ad un solo punto di riferimento, ossia la
visione unitaria della sostanza; l’intelletto, il soggetto unifica le sensazioni
tramite l’intelletto e li riporta quindi al soggetto. Nell'autocoscienza il singolo si
deve confrontare con gli altri esseri umani, quando i primitivi vedono per la prima
volta tra di loro erano sorpresi di rilevare un io in un oggetto, se s’ignorano non
si genera l’autocoscienza, che si genera dalla collettività; dunque, cercano di
controllare l’altro io come fanno con il proprio corpo, tale confronto sfocia nella
lotta divisa tra due individui: quelli pronti a rischiare la morte (coloro che
vincono; il padrone), e coloro che temono la morte (gli sconfitti; il servo).
Ironicamente Hegel mostra in questa dialettica servo-padrone che il servo è
destinato ad essere superiore al padrone per via della triade di: paura della morte
(nel temere di sparire come soggetto si rende conto di essere soggetto, di perdere
la sua libertà e quindi la valorizza); il servizio (in cui s’impara a controllare gli
impulsi); il lavoro, che nobilita l’uomo, in cui si esce fuori di sé plasmando la
materia che permane, quindi concepisce di essere indipendente dalla materia e il
padrone invece diventa parassita, in seguito Marx con la sua rivoluzione porterà
avanti tale idea. Dopo tutto ciò si passa allo stoicismo in sé, in cui l’uomo cerca
di fare a meno delle cose, ma in questo modo s’illude di eliminare una realtà che
invece esiste, volendo far capire che soggetto e oggetto sono uniti. Nello
scetticismo per sé, s’ignora la realtà e la verità, ma si ritrova vittima di una non
verità che lo rende irreale e ciò produce una scissione tra uno e tutto, si vuole
affermare un qualcosa di reale e negare tutto e questo conduce alla coscienza
infelice religiosa, in cui tutto viene condotto e il mondo reale viene nullificato,
ma ciò crea uno scisma tra Dio e il soggetto. Hegel nei suoi primi scritti parla di
religione, sempre in senso di tesi, antitesi e sintesi: la tesi è la religione greca, in
cui non c’è distinzione tra un solo uomo e la società, ogni individuo è partecipe
della polis internamente, ma anche tra uomo e religione, i cittadini sono anche
sacerdoti e tra Dio e mondo, gli dèi sono immersi nella natura; tale armonia è
destinata a terminare simboleggiata dall’Antigone, lei cerca di seppellire il suo
caro ma la città rende ciò illegale e c’è una frattura, che conduce all’ebraismo,
che dopo il diluvio universale ritenendo la natura ostile si pongono in una
dialettica servo-padrone con Dio, tale antitesi viene risolta nel Cristianesimo, e
Cristo è l’esempio della sintesi, riconcilia il mondo materiale e Dio, ma anche
Dio è l’uomo in quanto umano e divino, si parla di una religione fatta di
sentimento, non di precetti esteriori e formalisti come i farisei e nel Cristianesimo
il dovere viene sentito dentro l’uomo, superiore alla legge e all’amore. La trinità
è la massima rappresentazione dell’assoluto: il padre è la tesi, il figlio è l’antitesi
(che esce fuori di sé e si rifà natura) e lo Spirito è la sintesi, che genera unione tra
le due; ma Cristo viene ucciso, i suoi seguaci creano una religione positiva, fatta
di precetti con un clero che separa il popolo da Dio. Con la resurrezione di Cristo
vi è il toglimento, collegato allo svuotamento, la kenosis, la riunione nell’alto.
Hegel preferiva Socrate a Cristo, dato che in quanto Socrate non chiede sacrifici
ai suoi discepoli, vuole che siano uomini del mondo, che amino, mentre Cristo
chiede sempre una separazione dal mondo; inoltre Cristo risorgendo ritorna al
padre quindi la scissione non è del tutto risolta, ciò conduce al Medioevo, in cui
si ha il trittico di devozione in cui l’uomo si annulla in confronto a Dio, ha un
sentimento di ricongiungimento, ma non riesce a raggiungere l’infinito. Le opere
di bene in cui si cerca di ricongiungersi con Dio, ma sono le stesse opere di bene
opere di Dio e la mortificazione di sé in cui l’uomo cerca di annullarsi e vede un
fondo d’infelicità, che finisce nel Rinascimento, infatti qui l’uomo vuole
raggiungere l’assoluto, da qui si arriva poi alla ragione. La ragione si divide in:
osservativa, attiva e individualità in sé e per sé. La ragione osservativa vede
il Dio non più trascendentale, ma nella natura e cerca di studiare la natura e tutto
ciò è fallace, perché riduce tutto in oggetto e non trova il Dio in sé. La ragione
attiva trova necessità di agire nel mondo e godere e si divide in: piacere e
necessità (l’uomo deluso dalla scienza si getta nel godimento). Nell'individualità
in sé e per sé si vuole realizzare l’idea, ma questa rimane astratta e si divide in tre
figure: il regno animale dello spirito, che prima provava ad agire in virtù di tutti,
fallendo e poi si concentra sui suoi piccoli compiti e ciò confonde i suoi interessi
del singolo con il bene collettivo e Hegel infatti dice ‘'non esiste morale che non
sia universale’’. Si passa poi alla ragione legislatrice, in cui l’autocoscienza
avverte tale inganno e cerca in sé stessa leggi che valgano per tutti, ma le leggi
nascono sempre dall’individualità di un individuo, per cui si arriva alla ragione
esaminatrice delle leggi, in cui si cercano delle leggi assolute da imporre a tutti,
ma in questo modo l’individuo si pone al di sopra della legge per criticarla
facendole perdere la sua universalità. La seconda parte della fenomenologia
divisa in: spirito, religione e sapere assoluto. Lo spirito è diviso in: eticità,
cultura e moralità. Nell’eticità vi è un’iniziale armonia greca politica, che già
dall’Antigone si riduce in una libertà formale, non totale, così come la mancanza
di sintesi e morale nella libertà illuminista che porta alla rivoluzione francese e il
regno del terrore. Bisogna capire che la sintesi è la morale, divisa in moralità
astratta, l’uomo sente dentro di sé l’imperativo morale, ma è irraggiungibile
quindi poi si arriva al soggettivismo romantico, che aspira all’infinito ma non
agisce e si scinde per pazzia tra ‘’io’’ giudicante ed ‘’io’’ giudicato. L'anima bella
romantica in cui l’uomo è in una lotta idealistica contro tutto e tutti ritenendosi
puro ed infinito riconduce alla filosofia della fede, divisa in: religione orientale,
greca e rivelazione. In sostanza lo spirito è arrivato a comprendere sé stesso,
tramite la sua storia, quindi la coscienza del proprio sviluppo. La psicologia si
divide in: spirito teoretico, pratico e libero, che adesso è spirito in senso stretto,
conosce determinazioni tramite intuizioni, rappresentazioni e pensieri e li unisce:
sentimento pratico, impulsi e felicità. Finito lo spirito soggettivo, si passa a quello
oggettivo diviso in: diritto astratto, eticità e moralità; il diritto astratto è
praticamente il diritto privato, ossia il singolo come persona giuridica nella sua
esteriorità, diviso in: proprietà, contratto e diritto contro il torto. Il diritto
contro il torto, ossia il diritto penale, indica che colui che viola il contratto va
incontro a una pena, la vendetta privata non essendo collettiva non va bene, la
punizione per Hegel è molto importante e dev’essere educativa, infatti onora il
prigioniero come essere razionale, in modo da imporre dentro di lui il senso di
moralità, che è l’antitesi. La moralità è divisa in: proponimento, che determina
le azioni, a cui seguono l’intenzione e il benessere, che sono il fine ultimo delle
nostre azioni, ed infine il bene in sé e per sé elevato all’universale, arrivando
dunque all’eticità suddivisa in: famiglia, società civile e Stato. L'eticità è la fase
in cui la morale è di un popolo, non nasce da un contratto, ma da un comune
sentire. La famiglia nasce dall’amore, dal matrimonio che è il più nobile dei
sentimenti, a cui segue il patrimonio, ed infine l’educazione dei figli, che
ereditano e formano altre famiglie. Ciò genera la società civile, ossia la grande
intuizione che ancora oggi si usa in politica; la società civile è ciò che sta in mezzo
tra lo Stato e le famiglie, mentre lo Stato è uno strumento, la società civile è
l’insieme delle famiglie e delle non famiglie intese nei loro rapporti economici e
culturali. La società civile è dilaniata da scontri tra le famiglie, che conducono
alla tripartizione: sistema di bisogni (con la suddivisione in classi); la classe
sostanziale, ossia gli agricoltori; la classe formale, ossia gli artigiani; la classe
universale, dei funzionari pubblici. L'antitesi è l’amministrazione della giustizia,
la sintesi è la polizia e le corporazioni (quest’ultima ciò che unisce i lavoratori
nella stessa categoria, quindi si prefigura lo Stato). Lo Stato è una grande famiglia
per Hegel, è la sostanza etica consapevole di sé, Dio è nello Stato. Hegel critica i
liberali, in quanto confondono lo Stato con la società civile, ossia dover garantire
i diritti singoli e basta, mentre invece per lui lo Stato deve anche condurre un
popolo nella sua direzione. Hegel critica i liberali, così come Rousseau e i
democratici, la sovranità dello stato non è del popolo, è dello stato stesso, fondata
sull’idea di Stato, gli uomini servono un fine organicista non collettivista, lo Stato
fonda gli individui, come disse Kennedy ’'non chiedetevi cosa lo Stato può fare
per voi, ma cosa voi potete fare per lo Stato’'. Hegel era contrario al
contrattualismo e al giusnaturalismo (i diritti non esistono prima dello Stato, ma
ne condivide le leggi). Lo Stato deve salvaguardare la proprietà privata, infatti
ammirava il codice napoleonico, la Costituzione sorge spontaneamente da una
collettività, per questo Napoleone fallì, perché impose la Costituzione francese a
popoli diversi. Lo Stato si divide in: diritto interno (leggi); esterni (esteri);
storia del mondo. L'evoluzione degli Stati è un segno del cammino dello spirito,
quindi ogni cambiamento dello spirito viene visto in un’ottica giustificatoria nella
storia, un connubio tra conservatore e progressista, anche la cosa più sbagliata è
parte di un processo che contribuisce ad un risultato positivo, senza Hitler ad
esempio non si avrebbero le Nazioni Unite e l’antisemitismo sarebbe continuato
per secoli, ciò però non implica che Hitler è stato un male minore necessario.

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