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Verdechiaro
Edizioni
Sally Kempton
Traduzione di
Carla Arosio
Verdechiaro
Edizioni
© 2011 Sally Kempton.
Questa traduzione è stata pubblicata su licenza esclusiva della Sounds True, Inc.
isbn 978-88-6623-185-1
287 Ringraziamenti
289 L’autrice
Prefazione
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Già, neanche io.
Ecco perché, negli anni, mi sono sforzata di sostituire i miei attac-
chi di meditazione accidentale con una pratica di meditazione delibe-
rata, vale a dire, ho cercato di imparare l’arte di sostituire il frastuono
mondano con una mente piena di quieta meraviglia. Quello che voglio
davvero (quello che vogliamo tutti, credo, nel profondo) è la capaci-
tà di scegliere i miei pensieri, piuttosto che vivere eternamente nel
chiuso del mio cervello umano disordinato, a volte lamentoso, a volte
arrabbiato, a volte apatico, ma sempre blaterante come una scimmia.
Il mio viaggio ebbe inizio più di dieci anni fa, quando iniziai a pra-
ticare hatha yoga a causa di una malattia fisica, e mi scoprii strana-
mente rapita dai brevi (ma potenti) episodi di meditazione guidata
che seguivano ogni pratica. La mia curiosità su quella sensazione – il
senso assolutamente insolito di pace e benessere che la meditazione
fugacemente provocava in me – mi portò a cercare veri maestri, che
potessero aiutarmi a imparare come padroneggiare questa pratica.
Fortunatamente, la mia ricerca mi portò da Sally Kempton, i cui scritti
sulla meditazione erano più che utili per me: erano salvavita.
Il dono meraviglioso di Sally è la sua totale mancanza di presun-
zione: non solo è uno dei migliori maestri di meditazione al mondo,
è anche una di noi. Riesce a esplorare senza paura tutte le possibi-
lità dell’universo esterno senza mai perdere la calda voce della cara
amica che sta proprio dietro l’angolo. La cosa più generosa di tutte
è che Sally è onesta circa le proprie manchevolezze: non ha pau-
ra di condividere le proprie delusioni, gli episodi frustranti vissuti
quando la meditazione aveva perso tutta la sua gioia ed era diventata
inaccessibile, secca, o un lavoro di routine. E poi ci mostra come ha
ottenuto tutto di nuovo, come ha testardamente forgiato la sua stra-
da, ancora una volta, verso la sorgente di ogni dolcezza duratura…
e poi ci mostra come anche noi vi possiamo arrivare.
L’essere coi piedi per terra di Sally – la sua suprema disponibilità
– è un dono oltre misura in un campo di studio che troppo spesso
trasforma gli insegnanti in despoti imperiosi e ripetitivi di un’oscura
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magia. Detto semplicemente, un perfezionista paternalistico non è
quello che ti serve quando stai imparando la pratica della meditazio-
ne, così difficile da far tremare. Non hai bisogno di qualcuno che
ti faccia sentire ancor peggio per le tue debolezze naturali, molto
umane. Invece sono necessari vero calore e compassione, pazienza
ed empatia. Sally ha tutto questo.
Per non parlare, naturalmente, del fatto che è un’enciclopedia di
assoluta saggezza. La meditazione per amore è come una preziosa mappa,
generosamente consegnata da un pellegrino esperto e competente.
Pensate a questo libro come alla più importante guida di viaggio che
abbiate mai trovato, scritto da una vera nomade della mente – una
persona che ha fronteggiato ogni demone, indagato ogni trucco, dis-
sepolto ogni nascosto villaggio mistico che la Coscienza abbia da re-
galare – una persona che ora si offre di mostrarci la strada.
Ricevete la sua assistenza. Accettate il suo conforto. Sì, e anche i
suoi suggerimenti (ne avrete bisogno lungo il cammino). Ma, soprat-
tutto, vi prego di prendere con voi un pizzico dello spirito di Sally
Kempton – la parte irresistibilmente divertente di lei che riconosce
che la meditazione non dovrebbe limitarsi a essere un’ancora di sal-
vezza, ma anche un’avventura, niente di meno che una stupenda eu-
foria, un’emozionante rivoluzione del sé. Cos’altro stiamo facendo,
dopo tutto, con le nostre brevi vite meravigliose, di più importante
che trasformare noi stessi, molecola per molecola, in un’esperienza
di puro amore?
Abbracciate questo insegnamento, e osservate la mente che inizia
a cambiare. E poi guardate come la vita comincerà a cambiare.
Come Sally dice così bene: “Lasciate che la danza interiore si riveli”.
Perché non cominciare ora?
Elizabeth Gilbert
Agosto, 2010
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Prefazione
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ca che io seguo è, nel suo nucleo, un metodo, un insieme di pratiche
yoga che puntano a vincolarci (yoga significa ‘giogo’) alla energia
divina che è nel cuore delle cose. Premessa fondamentale del tantra
è che un praticante esperto può usare qualsiasi cosa – ogni attimo,
ogni sentimento, ogni sorta di esperienza – per unirsi al divino.
Il centro della strategia tantrica è sfruttare e incanalare tutte le no-
stre energie, incluse quelle che apparentemente ci sviano o ci creano
impedimenti, piuttosto che cercare di soffocarle o eliminarle. Quan-
do lo facciamo, l’energia dei pensieri, delle emozioni, dell’umore,
anche dei sentimenti intensi di rabbia, terrore, o desiderio, può
espandersi, e rivelare ciò che sta alla base di tutto, il puro potenziale
creativo della coscienza stessa. I tantrici chiamano questo potenziale
creativo: shakti.
Shakti, il cosiddetto aspetto femminile della realtà divina (nella
tradizione indù è spesso personificata come dea), è la sottile pulsa-
zione della potenza creativa che permea tutte le esperienze. Normal-
mente è così sottile e nascosta che sintonizzarsi con la shakti può
equivalere a togliere tutti i veli dai sensi, come il momento in cui, nel
Mago di Oz, il paesaggio, da bianco e nero, diventa in Technicolor.
Nei momenti contemplativi, possiamo avvertire la sensazione fisica
della shakti sentendo la forza vitale che pulsa nel respiro, spesso è
sperimentata come energia che si muove nel corpo. Nella tradizione
dello yoga, questa shakti interna è chiamata kundalini. Quasi lette-
ralmente, è il potere che favorisce l’evoluzione spirituale. Malgra-
do kundalini abbia migliaia di aspetti, uno dei modi più semplici di
sperimentarla è come sottile forza di attrazione energetica – spes-
so chiamata “corrente meditativa” – che porta la mente all’interno
quando meditiamo. Molte delle pratiche aiutano a prestare attenzio-
ne a questa presenza energetica nella mente e nel corpo.
In queste pagine troverete anche pratiche devozionali e invocazio-
ni. Le offro per la stessa ragione per cui le pratico: perché aiutano a ri-
svegliare il cuore, e ci aprono all’amore che è la vera essenza della vita.
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la meditazione per amore
Ai miei studenti
«Accendi il sé interiore
attraverso la pratica della meditazione.»
Shvetashvatara Upanishad
Risvegliarsi alla Meditazione
introduzione
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la meditazione per amore
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risvegliarsi alla meditazione
Kundalini e meditazione
Ciò che accadde quel pomeriggio fu un risveglio della kundalini
shakti, l’energia interiore che quasi tutte le tradizioni esoteriche in-
dicano come la forza che sta sotto alla trasformazione spirituale.
Kundalini (letteralmente “energia attorcigliata” – così chiamata per-
ché si dice che, quando l’energia è inattiva, è “attorcigliata”) può
essere risvegliata in numerosi modi: attraverso le posizioni yoga, la
meditazione profonda o, come accadde quel pomeriggio, attraverso
la trasmissione dell’energia di un maestro, la cui kundalini è attiva.
Il risveglio di kundalini può essere delicato o dirompente, ma, in
qualunque modo capiti, porta l’energia dello Spirito al centro delle
nostre vite, cambia le nostre priorità e dà una scossa alle nostre ri-
sorse nascoste di amore, comprensione e intuizione.
Il potere di kundalini si rivela quando meditiamo. L’energia risve-
gliata ci porta negli stati meditativi e comincia a mostrarci le tracce
del nostro paesaggio interiore e, contemporaneamente, sintonizza
il corpo e la mente su un nuovo livello, più acuto e consapevole.
Nel tempo, kundalini trasforma la nostra visione, finché vediamo il
mondo come realmente è: non duro né diseguale e irrevocabilmente
“altro”, ma pieno di un’unica energia d’amore, che ci connette gli
uni agli altri e al mondo.
Gli effetti di questo risveglio sulla mia vita sono stati estesi e varie-
gati. Principalmente ha cambiato il mio senso dell’essere. Una volta
vista quella vastità, per quanto io possa essere coinvolta nei miei pen-
sieri, emozioni o faccende quotidiane, una parte di me sa sempre che
contengo una realtà al di là di tutto questo: che “io” sono, in verità,
Coscienza espansa. Negli anni, ho potuto valutare i miei progressi spi-
rituali constatando quanto sono allineata con quell’intuizione iniziale,
quanto fermamente sia capace di identificarmi con questa Coscienza,
piuttosto che con la persona che a volte penso di essere.
È stata una strada con molte deviazioni e curve a gomito. Ma,
a poco a poco, l’allineamento arriva. Medito tutti i giorni da qua-
si quarant’anni e, malgrado non sia avvenuto tutto in una volta,
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la meditazione per amore
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risvegliarsi alla meditazione
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la meditazione per amore
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Il Richiamo della meditazione
capitolo primo
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la meditazione per amore
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il richiamo della meditazione
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la meditazione per amore
Permesso di giocare
Meditavo già da molti anni prima di capire pienamente che la me-
ditazione mi avrebbe donato le sue maggiori ricchezze non appena
mi fossi data il permesso di giocare. Accadde in un momento in cui
avevo rotto seriamente la mia relazione con la pratica meditativa.
Paradossalmente, allora ero una swami, una “monaca rinunciante”
e un’insegnante, in un ordine di monaci indiani. Ma, come molti
di quelli che vivono in comunità spirituali, avevo fatto del lavoro e
del servizio – karma yoga, come viene chiamato secondo la tradizio-
ne – le mie pratiche basilari. Sebbene negli anni precedenti avessi
meditato intensamente – e sperimentalmente, provando approcci e
tecniche differenti – a un certo punto la mia meditazione si era fissa-
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il richiamo della meditazione
Perché medito?
Qual è il mio vero obiettivo in meditazione?
Cosa mi piace della mia pratica?
Di cosa sento di aver bisogno… cosa potrei cambiare?
Ho intenzione di vivere per i prossimi dieci anni con questo livello di
esperienza interiore?
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la meditazione per amore
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il richiamo della meditazione
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la meditazione per amore
che che dovevano essere utili linee guida in regole inderogabili, che
erano divenute siepi che ostacolavano la mia intuizione e immagi-
nazione. Comprendere che andava bene giocare con la meditazione
allentò le molle della tensione, cosicché potei cominciare a vedere
cosa davvero succedeva quando chiudevo gli occhi e rivolgevo la
mia attenzione all’interno.
Il primo insegnamento con cui cominciai a giocare veniva da Ra-
mana Maharshi, uno dei miei primi eroi. Le sue parole: “Prendendo
il Sé come obiettivo della vostra attenzione, dovreste conoscerlo vi-
vidamente nel cuore”. La focalizzazione sul Sé, la Consapevolezza
che sta alla base di tutte le esperienze, fu la parte cruciale dell’e-
quazione. Ma la seconda parte dell’insegnamento di Ramana – l’ho
verificato sempre – fu altrettanto essenziale. Naturalmente, pensai,
io “conoscevo” il Sé interiore. Avevo applicato dei modelli per vol-
germi verso il cuore. Ma, quel particolare mattino, decisi semplice-
mente di rivolgere la mia attenzione all’interno. Di non lavorare con
una tecnica specifica, solo di sedere con l’attenzione verso l’interno,
nello spazio del mio cuore.
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il richiamo della meditazione
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la meditazione per amore
L’amato interiore
Dopo qualche mese di questo tipo di pratica, divenni consapevole
di una Presenza amorevole e inafferrabile al mio interno. C’era qual-
cosa di intensamente personale riguardo alla Presenza, poiché avevo
conosciuto un amante interiore, l’Amato di cui i santi Sufi parlano
in modo così allettante. Egli (a quel tempo
C’è un lo chiamavo “egli”, sebbene, ovviamente,
“Uno Segreto” dentro noi;
non abbia genere) sembrava mi chiamas-
I pianeti di tutte le
galassie passano attraverso se dall’interno in certi momenti del giorno
le sue mani come perle. – intorno a mezzogiorno o nel tardo po-
kabir meriggio. La chiamata assumeva la forma
di un’intensa pressione nel cuore. La mia
attenzione era attirata all’interno così potentemente che resistervi
era doloroso. Se, quando arrivava la chiamata, mi trovavo in riunione
o stavo passeggiando, mi sentivo irritabile: respingere il richiamo a
meditare mi dava disagio quanto resistere agli assalti della fame o al
bisogno di dormire. Era altrettanto intenso e fisico. Se mi trovavo
alla scrivania, mi sentivo quasi forzata a lasciare ciò che stavo facen-
do, a chiudere gli occhi e ad affrettarmi nei corridoi della consape-
volezza verso la Presenza.
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il richiamo della meditazione
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la meditazione per amore
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il richiamo della meditazione
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Come sperimentiamo il Sé interiore?
capitolo secondo
Per molti di noi la prima svolta nella pratica della meditazione av-
viene quando cominciamo a contemplare il nostro obiettivo. Fino
ad allora è spesso un processo disordinato. Chiudiamo gli occhi,
seguiamo le istruzioni che ci vengono date
L’Uno che stai
e speriamo che qualcosa accada. Ci chiedia- cercando è lo
mo se stiamo facendo giusto. La meditazione stesso che ti cerca.
corretta significa aderire come un’ostrica al francesco d’assisi
punto su cui ci stiamo focalizzando? È l’atto
del focalizzare che porta risultati? Oppure l’esperienza desiderata è
solo qualcosa che accade, che si verifica spontaneamente? Alcuni
dei più scrupolosi meditanti che conosco hanno sprecato mesi, an-
che anni, chiedendosi cosa stavano cercando o sforzandosi di lasciar
emergere lo stato meditativo. Quando non abbiamo alcuna idea di
dove stiamo andando, spesso cadiamo in una sorta di trance o di
fantasticheria.
C’è una leggenda su Roy Riegels, un centrattacco della squadra
di calcio dell’Università di Berkeley: durante il Rose Bowl Game del
1929, Riegels trasportò la palla in campo in direzione sbagliata, e
aveva quasi raggiunto l’area di meta della propria squadra quando fu
placcato. Era un grande attaccante, a quanto si dice… ma natural-
mente, nessuna delle sue abilità gli fu utile dopo che ebbe iniziato a
correre nella direzione sbagliata.
Allo stesso modo, per quanto siate meditanti seri, non vi sarà di
alcun aiuto se non avete chiaro dove state andando. Così, anche se
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la meditazione per amore
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come sperimentiamo il sé interiore?
Identificare il Sé
Come abbiamo appena visto, il grande segreto del Sé – del Dio
interiore – è che siamo noi. Ramana Maharshi diceva: “Siate ciò
che siete. Vedete chi siete e rimanete il Sé”. Questa è la conoscenza
che tutti i maestri spirituali illuminati, da Shankaracharya a Meister
Eckhart, a Bodhidharma, hanno diffuso. Non è necessario entrare
in stati alterati per sperimentarlo; tutto ciò che serve è divenire con-
sapevoli della parte di noi che vede e conosce. Quando si contatta
questo Conoscitore interno, anche per un secondo, si tocca la pro-
pria essenza.
Il modo più facile per me di Anche quando una persona dice:
comprenderlo è di pensare a me “Io sono”, “Questo è mio” e così via,
stessa come composta da due il suo pensiero va a quell’assoluto “Io”
differenti aspetti: una parte che che non dipende da alcun supporto.
cambia, che cresce e invecchia e Quando contempla questo,
egli ottiene una pace durevole.
una parte che non lo fa. La parte
vijnana bhairava 131
che cambia, corpo-mente-perso-
nalità, appare molto diversa adesso dalla ragazzina di dodici anni che
giocava coi ragazzi vicini a Princeton, New Jersey. Da allora le sue
occupazioni e preoccupazioni sono cambiate radicalmente. Questa
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la meditazione per amore
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come sperimentiamo il sé interiore?
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come sperimentiamo il sé interiore?
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la meditazione per amore
Come l’olio nei semi di sesamo, come il ghee nel burro, il Sé risiede
nella mente.
Il Sé è quella cosa per cui la mente pensa, ma non può essere pen-
sato dalla mente.
Quello che splende attraverso tutti i sensi e tuttavia è senza sensi.
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come sperimentiamo il sé interiore?
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la meditazione per amore
Il Sé è sempre presente
A differenza dell’ego, che viene e va, si gonfia e si sgonfia, se-
condo la sua posizione in relazione agli altri ego, il Sé non va mai
da nessuna parte. È la parte di noi che non cambia mai. Tutto il
resto nella vita cambia e si trasforma: il corpo cresce e invecchia;
si prende peso e si dimagrisce; le circostanze della vita cambiano, a
volte in modo allarmante; la personalità è soggetta a bizzarri cam-
biamenti e discontinuità. Ma, attraverso tutto ciò, la trama del Sé
rimane costante. È presente quando dormiamo e sogniamo, come
Consapevolezza che ricorda i sogni. È presente durante il sonno
profondo, sebbene di questo la maggior parte di noi non sia co-
sciente fino a quando non sia considerevolmente progredito nella
meditazione. Quando si è svegli, naturalmente, il Sé è presente
come la consapevolezza che ci permette di sperimentare la vita. Di
fatto, questo è il grande e liberatorio segreto riguardo al Sé: Egli
fornisce il contesto per la nostra intera esperienza di vita, il filo su
cui sono infilate le perle dei nostri pensieri, delle esperienze e delle
percezioni.
Anche se è più facile sperimentarne la purezza quando la mente
è calma, Egli non si eclissa quando la mente è piena di pensieri: in
realtà, è la sorgente stessa di quei pensieri e delle emozioni, che
emergono e si inabissano nella stessa sostanza della Coscienza. Sia-
mo felici o tristi, agitati o calmi, il Sé – che è lo spazio interiore della
Coscienza, la Consapevolezza interna, sostiene e contiene tutto ciò.
E questo significa che in ogni momento, anche nel mezzo di un
pensiero, si può cadere nel Sé. Come dice Kabir, il santo poeta del
XV secolo, “Ovunque tu sia è il punto d’ingresso”. Questo è uno
dei segreti che ogni tradizione spirituale rivela. Sebbene molte tec-
niche possano aiutarci a entrare in meditazione, la verità è che il Sé
è così presente nella nostra esperienza ordinaria che lo possiamo
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come sperimentiamo il sé interiore?
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la meditazione per amore
Cosa era accaduto? Ero entrata nello spazio della pura Coscienza,
l’esperienza base del Sé. L’insegnamento aveva aperto la porta e se-
guirlo mi aveva permesso di scivolare all’interno.
Il Sé è conscio
Il Sé permea la nostra esperienza quasi allo stesso modo in cui la
luce permea la stanza nella quale stiamo seduti. Se vi venisse chie-
sto di descrivere quella stanza, cosa direste? Potreste menzionare
i mobili, il colore delle pareti, gli oggetti sul tavolo, sulla scrivania,
anche le lampade. Ma parlereste della luce? La notereste? Tuttavia, è
solo perché c’è la luce che si può vedere la stanza e il suo contenuto.
Allo stesso modo, proprio come il Sé sempre presente ci dà il senso
di esistere, è il Sé che ci permette di fare esperienza di ogni cosa. Il
Sé è lo schermo sul quale sperimentiamo la nostra vita interiore ed
esteriore. È quello che ci rende possibile vedere, conoscere e speri-
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come sperimentiamo il sé interiore?
mentare. La Kena Upanishad dice che il Sé Colui che non può essere
“splende attraverso la mente e i sensi”, espresso in parole, ma
il che è un modo poetico per dire che il per cui la lingua
suo potere permette alla mente e ai sen- parla – sappi che quello
si di funzionare. Quindi, l’eternamente è l’Assoluto. Colui
che non è conosciuto
conscio Sé è ciò che ci rende consci. Es-
dalla mente, ma con il quale
senzialmente Egli è luce. la mente conosce – sappi
Strati di detriti ispessiscono la nostra che quello è l’Assoluto.
consapevolezza e la rendono opaca: nel kena upanishad
momento in cui la nostra visione interiore
diventa abbastanza pura da permetterci di vedere attraverso di essi,
noi capiamo che il mondo è luce. Comprendiamo che siamo luce, che
il mondo è luce e che la luce è l’essenza di ogni cosa. Ecco perché così
tante esperienze di contatto con il Sé sono visioni di luce, luminosità
interiore o chiarezza profonda e cristallina.
Ci sono poi altri modi per sperimentare la luminosità del Sé: Egli si
rivela anche come la nostra capacità di conoscere, di essere consci e di
sperimentare. In altre parole, non è necessario vedere la luce interiore
per sentire quanto il Sé illumini l’esperienza; basta osservare sempli-
cemente cos’è che ci permette di conoscere la realtà. Nella mente, la
“conoscenza” è distinta dai pensieri: non è l’atto del pensare che ci
rende consapevoli dell’esperienza. I pensieri stessi infatti sono ogget-
to di conoscenza. Se puoi conoscere qualcosa, allora quella cosa non
sei tu. È fuori di te. Puoi testimoniare (l’esistenza) della tua mano,
dunque sai che non sei la tua mano. Allo stesso modo, si possono te-
stimoniare i pensieri. Quindi, un modo per individuare il Sé è cercare
di diventare coscienti della parte di noi che osserva l’esperienza, la
parte che è sempre testimone del corpo, delle emozioni e dei pensieri.
Una via facile, immediata per farlo è immaginare di osservare il pro-
prio corpo da tutti i lati, come se si avesse una consapevolezza a 360°.
Molte persone, dopo aver provato alcune versioni di questo eser-
cizio, osservano una presenza spaziosa che spesso sembra essere
posizionata in qualche posto sopra e dietro la testa.
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la meditazione per amore
Chiudi gli occhi e fai tre respiri lenti e profondi. Poi, porta la tua
attenzione dietro al tuo corpo, in modo da poterlo vedere da ogni
angolatura: da sopra, da sotto, di fronte, da dietro. Osserva il cam-
biamento di prospettiva che si verifica. Vedi se puoi collocarti come
il testimone che osserva il corpo, visto da ogni parte.
Adesso, continuando a mantenere quella prospettiva, chiedi a te stes-
so: “Chi o cosa è il testimone del mio corpo? Chi o cosa è il testimo-
ne dei miei pensieri?”.
Non cercare di rispondere con le parole. Invece, lascia che la tua
attenzione si rivolga all’esperienza percepita che emerge in risposta
alla domanda.
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come sperimentiamo il sé interiore?
Il Sé è pieno di gioia
Il terzo aspetto del Sé è ananda, gioia. L’aspetto ananda del Sé rag-
gruppa molti diversi tipi di esperienza, che includono amore, bea-
titudine ed estasi. Ananda è anche la sor-
gente della vera creatività: l’impulso a fare Chi può vivere, chi
qualcosa, qualsiasi cosa, in realtà scaturisce può respirare, se quel
Sé beato non dimora
dalla nostra gioia innata, dall’entusiasmo,
nel cuore? È lui
dal piacere. Abhinavagupta, il filosofo illu- Quello che dà gioia!
minato dello Shivaismo del Kashmir, spie- taittiriya upanishad
ga come l’intero mondo sia sgorgato dalla
delizia divina, che egli chiama ananda chalita shakti, la divina energia
che balza avanti nella beatitudine. La Taittiriya Upanishad dice: “Tutte
le cose sono nate dalla beatitudine. Vivono nella beatitudine e si
dissolvono nella beatitudine”.
Naturalmente questo è un insegnamento fondamentale della tradi-
zione sapienziale indiana. Una delle prime verità che si leggono o si
sentono quando si comincia a prendere coscienza di questa visione della
vita è che la nostra esperienza della felicità è possibile solo perché la feli-
cità è già dentro di noi. In breve, non sono l’altra persona, il bel posto, il
film, o il tiramisù che creano gioia: tutto questo può scatenarla, ma la gio-
ia è intrinseca in noi. In realtà, il piacere che sperimentiamo attraverso i
sensi è letteralmente un’ombra della gioia che abbiamo dentro.
La gioia profonda che chiamiamo “la beatitudine del Sé” assomi-
glia ai nostri normali stati di piacere quanto una pantera a un gattino
siamese. È la stessa felicità, vero, ma infinitamente più piena, più
potente e più entusiasmante. Ancor di più: ci dà un senso di com-
pletezza. Invece di eccitare la mente e creare il desiderio di averne di
più, l’esperienza di ananda fa sentire completi. Questo accade perché
lo stato di ananda del Sé è autosufficiente: non va e viene secondo le
circostanze della vita. Così, quando impariamo a richiamare in noi la
pura beatitudine, essa spesso balza fuori da sola, senza che i sensi la
scatenino: ananda c’è quando le cose… vanno bene; ananda c’è anche
quando vanno in pezzi.
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la meditazione per amore
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come sperimentiamo il sé interiore?
Chiudi gli occhi. Metti a fuoco il tuo respiro e seguendolo per qual-
che momento, lascia che la tua mente si calmi. Poi pensa a qualcuno
per cui senti amore o che hai amato nel passato. Immagina di essere
con questa persona. Immagina che sia dietro o di fianco a te. Per
fissare il ricordo, diventa consapevole del luogo oppure osserva ciò
che la persona indossa. Lascia che il tuo amore per quella persona
emerga. Apriti a esso. Pienamente presente al sentimento d’amore,
lascia andare il pensiero della persona. Focalizzati interamente sul
sentimento d’amore. Riposa in esso. Senti l’energia dell’amore nel
tuo corpo e nel tuo cuore.
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come sperimentiamo il sé interiore?
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Prepararsi alla Pratica
capitolo terzo
Molti anni fa, uno studente di uno dei miei seminari mi raccon-
tò una storia interessante. Nei primi anni settanta aveva intrapreso
un viaggio di ricerca spirituale, andando dall’India al Giappone, di
maestro in maestro. Come molti durante quegli anni, voleva avere
un’esperienza palpabile della Verità. Voleva conoscere l’unità, voleva
conoscere Dio. Alla fine, dopo anni di pratiche insoddisfacenti, de-
cise di dare un ultimatum al suo Sé interiore. Una sera si mise sul suo
tappetino da meditazione e proclamò: “Mi sederò qui fino all’alba.
Se entro allora non avrò un’esperienza, mi alzerò e non praticherò
mai più la meditazione”.
Non accadde nulla. Ma proprio nulla. Perciò egli si alzò e prose-
guì la propria vita, determinato a non rivolgersi mai più al proprio
interno.
Dieci anni più tardi, un amico lo portò in un centro di meditazio-
ne di Los Angeles. Entrarono nella sala di meditazione e si sedettero
nel buio. Non appena si sedette, percepì una grande sacralità. Capì
che era in un posto dove molte, molte persone avevano compiu-
to pratiche spirituali. Si sentì stranamente
C’è una presenza
umile, immaginando la loro sincerità e il
invisibile che noi onoriamo
loro sforzo. Il suo cuore cambiò, con un e che porta doni.
inconsueto sentimento di riverenza. rumi
Improvvisamente, senza un avverti-
mento, un grande sentimento di amore si manifestò in lui. Poi, come
se si fosse aperta una finestra interna, egli fu proiettato fuori dal suo
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la meditazione per amore
Onorare la pratica
Il modo fondamentale di invocare la meditazione è semplicemente
onorare la propria pratica, considerare il tempo in cui ci si siede a
meditare come sacro ed entrarci con rispetto. Creare alcuni semplici
rituali intorno alla pratica aiuta: sono atti fisici che si fanno per in-
durre un sentimento di rispetto.
Se possibile, preparate un posto dove mediterete regolarmente.
Questo spazio raccoglierà una sottile energia, e alla fine, solo sederci
indurrà la mente a volgersi all’interno. Non è necessaria un’intera
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prepararsi alla pratica
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la meditazione per amore
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prepararsi alla pratica
Invocare la grazia
Che cosa ci permette di rilassarci in meditazione, di compiere i
nostri sforzi senza tensione? Essenzialmente, la fiducia. Primo,
crediamo che il Sé – l’obiettivo della meditazione – sia vero e pos-
sa essere sperimentato. Secondo, crediamo di essere connessi a
un potere più grande che sostiene la nostra pratica e la porta a
compimento. In quasi tutte le tradizioni spirituali, questo potere è
chiamato “grazia”: la forza cosmica che risveglia il cuore alla sua
enormità e all’amore. La grazia è l’energia che connette alla su-
prema verità, alla sorgente del nostro essere: a quello che un mio
amico ama chiamare il “Campo di Dio”. I maestri dello Shivai-
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la meditazione per amore
smo del Kashmir, una filosofia indiana che vede tutte le cose della
vita come espressioni dell’energia divina, la descrivono come una
forza sempre presente nell’universo, più pervadente della gravità
(e infinitamente più sottile). Ciò significa che possiamo accedervi
ovunque e in ogni momento: in natura, in presenza di qualcuno
che amiamo, sintonizzandoci alla presenza che si apre nei momen-
ti di quiete e in infiniti altri modi. La grazia è in noi, dopotutto,
mai distante. Ma, proprio come è necessario sintonizzare la radio
per prendere la stazione giusta, o connettersi a un server per esse-
re online, è necessario invocare la forma particolare di grazia che
illumina direttamente la meditazione.
Ne esistono quattro forme fondamentali con cui possiamo entra-
re in sintonia durante la pratica:
• la prima è la grazia dello Spirito, l’intelligenza d’amore senza
forma, impersonale, che fluisce come cosmo;
• la seconda è la grazia del nostro sé, la nostra Coscienza, ma
anche del corpo, della mente, del cuore;
• la terza è la grazia di una divinità personale archetipo, come
Shiva, Laksmi, Kuan Yin;
• la quarta, e, per me, sempre la più immediata e potente, è la
grazia di un maestro illuminato, specialmente se collegato a
uno dei grandi lignaggi spirituali.
Come sperimenterete nella pratica, potete giocare con ognuna di
queste. Forse preferirete cercarne una in particolare, oppure invo-
carle tutte e quattro come parte di una sequenza.
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prepararsi alla pratica
spirito che si manifesta come “Ciò che è1” che circonda e pervade
ogni cosa. Questa è la forma di grazia che sperimentiamo così facil-
mente in natura: quanti di noi hanno avuto la prima esperienza dello
Spirito trovandosi in montagna, sotto un cielo stellato o nel mezzo
dell’oceano?
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diede la grazia di vedere che interno ed esterno sono una cosa sola”
scrisse il Guru Sikh, Nanak, e la Katha Upanishad recita:
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Dal loto sbocciato venne così arida che raramente riusciva a tro-
della devozione, vare interesse nel farla. Perciò si iscrisse a un
al centro del mio cuore, ritiro di meditazione nel quale ogni sessione
sorgi compassionevole cominciava con una serie di elaborate pratiche
maestro, devozionali: inchinarsi a ognuna delle quattro
mio sol rifugio.
direzioni, indirizzare preghiere ai maestri del
jikme lingpa
suo lignaggio e cantare. Di ritorno a casa, ag-
giunse questi rituali all’inizio di ogni sessione di meditazione.
“Lo facevo meccanicamente” disse. “Non provavo grandi sen-
timenti al riguardo. Semplicemente lo facevo: inchinandomi, ricor-
dando il mio maestro, pregando. Dopo qualche settimana, il mio
cuore cominciò a sentirsi intenerito. Letteralmente intenerito. Ora
mi basta cominciare con l’invocazione e questo sentimento di tene-
rezza si manifesta e la mia intera pratica è piena d’amore.”
La sua storia mi ricordò qualcosa che un maestro di recitazione
mi aveva detto anni prima. Egli suggeriva che, quando si doveva re-
citare il ruolo di innamorati, il modo per realizzarlo fosse di prestare
molta attenzione all’attore che si doveva amare. Il pubblico, sostene-
va, percepirà la tua attenzione come amore. Nella spiritualità, presta-
re un’intensa attenzione non solo simula l’amore, ma addirittura lo
evoca. Pregare, invocare e abbandonarsi, alla fine creerà sempre sen-
timenti di devozione, anche se si comincia meccanicamente. Ecco
perché compiamo queste pratiche: esse danno origine all’amore in
noi. La parola sanscrita per devozione è bhakti, che viene da una
radice che significa “assaporare”. Preghiera, invocazione, lode, cele-
brazione, adorazione e rito, le pratiche che vengono dalla tradizione
della bhakti, sono veri mezzi per assaporare i differenti sapori della
dolcezza che abbiamo dentro. Essi fanno sgorgare sentimenti di gio-
ia altissimi e sottili, e quella letizia illumina l’intera pratica.
L’atto di invocare i guru può essere semplice, come prendere un
momento per invitarli a essere presenti, oppure elaborato come la
pratica tantrica di immaginare che il proprio corpo è il corpo del guru.
In qualsiasi modo si faccia, è importante cominciare ricordandosi che
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Scegliere il giusto Ingresso
capitolo quarto
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zio interiore è sempre lì, con la sua chiarezza, l’amore e l’innata bontà:
è come il cielo che “appare” improvvisamente sopra le nostre teste
quando usciamo dalla porta della cucina e diamo un’occhiata in su
dopo un mattino tempestoso. Il Sé – come il cielo – è sempre pre-
sente, ma celato dal soffitto e dalle mura della nostra mente. Nell’av-
vicinarci al Sé, è utile avere una porta da attraversare agevolmente,
invece di dover farci largo tra mura di pensieri che ci separano dal
nostro spazio interiore.
Con l’avanzare della pratica, le tecniche diventano mezzi che ci
collegano alla sottile corrente meditativa interna, il potere naturale
che in seguito porterà all’interno la nostra consapevolezza. (Anche io
ho sperimentato, come si vedrà nel capitolo ottavo, come le tecniche
possano sorgere spontaneamente dall’energia meditativa risvegliata,
la shakti). Tecniche diverse sembrano condurci in luoghi diversi del
nostro regno interiore. Il Sé è uno, tuttavia ha infinite sfaccettature:
perciò, lavorare con una tecnica nuova può farci approdare in una
parte del paese interno che non abbiamo mai conosciuto prima.
C’è un’altra buona ragione per sperimentare con le tecniche: quel-
la che usiamo normalmente può portarci a un blocco. Questo acca-
de a moltissime persone: imparano una pratica e si fermano lì, anche
se capiscono che non li aiuta ad andare più in profondità. Dopo un
po’ sentono di non essere dei buoni meditanti, che la meditazione è
troppo rigida o troppo noiosa, oppure che arriva così facilmente che
non hanno la sensazione di crescere. Spesso il loro unico problema
è cercare di entrare in meditazione attraverso la porta sbagliata, op-
pure attraverso una che una volta si è aperta facilmente ma adesso
non scivola più sui suoi cardini.
La ragione migliore per mettere in atto una pratica di meditazione
è che ci piace farla. Questa indicazione ci arriva nientemeno che dagli
Yoga Sutra di Patanjali, un testo così basilare che ogni tradizione yo-
gica in India ne fa il fondamento della pratica di meditazione. Dopo
aver elencato una serie di esercizi per focalizzare la mente, Patanjali
termina il suo capitolo sulla concentrazione dicendo: “Concentrati
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La postura
Il cuore, il fondamento, la base di tutta la pratica è la postura. Una
corretta postura di meditazione è abbastanza comoda da restarci per
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Pratiche di base
Ogni tradizione spirituale ha le proprie tecniche meditative e il pro-
prio linguaggio per descriverle. Dal punto di vista pratico, la mag-
gior parte di esse si può dividere in tre categorie. Ci sono le pratiche
di concentrazione, che richiedono la focalizzazione su qualcosa: un
suono, una forma visiva, il respiro, un centro nel corpo – come il
cuore o il canale centrale della colonna vertebrale, un’idea sottile
oppure un’esperienza interiore.
Ci sono poi le pratiche che integrano la consapevolezza meditati-
va con l’esperienza ordinaria. La consapevolezza di base, per esem-
pio – essere presente alle proprie sensazioni, al respiro e ai pensie-
ri quando emergono – oppure la “consapevolezza del testimone”,
cioè il processo di riconoscere la Coscienza sapiente presente in
ogni esperienza.
Ci sono inoltre le pratiche contemplative o meditazione analitica,
con le quali si può interrogare la profonda verità che sta al di là
dell’esperienza ordinaria, oppure ci si può focalizzare su una do-
manda o su un’idea spirituale, lasciando che sprofondi nella coscien-
za e faccia nascere un cambiamento interiore o un’intuizione.
La tradizione tantrica è nota per le meditazioni creative e le tec-
niche contemplative. Un testo come il Vijnana Bhairava offre un va-
sto menu di opzioni per immergersi nel Sé, incluse pratiche radicali
come contemplare il vuoto nelle ascelle o assaggiare i dolci preferiti.
In questo capitolo osserveremo alcune tecniche di concentrazione
che la prospettiva tantrica ritiene fondamentali: una con il suono
(ripetizione di un mantra), una cinestesica o energetica (seguire il re-
spiro e focalizzarsi sullo spazio tra due respiri), e svariate possibilità
di visualizzazione. Farò un accenno alle pratiche che si focalizzano
sui centri interni, come la sushumna nadi (il sottile canale energetico
che scorre lungo la spina dorsale), oppure il centro del cuore, e ci de-
dicheremo anche a un’altra pratica basilare: meditare sul testimone
o sulla nuda Coscienza, che opera direttamente con il senza forma,
con la Consapevolezza in sé.
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Ripetere il mantra
La parola “mantra” significa “strumento per la mente”. In special
modo, i mantra sono suoni articolati che si avvicinano al “suono non
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rese per lei il mantra molto più personale. Cominciò a osservare che
quando lo faceva scendere nel cuore sperimentava una lieve espan-
sione di tenerezza, come una carezza interiore. In lei cominciò a
emergere l’amore. Le sillabe del mantra sembravano sciogliersi nel
suo cuore.
Per questa donna, una bhavana devozionale aiutò il mantra ad
aprirsi. Per qualcun altro, può dare apertura sentire che le sue sillabe
pulsano di energia illuminata, oppure offrirlo all’Amato interiore.
Si può pensare al mantra come luce, oppure visualizzarne le sillabe
come lettere di luce. Per alcuni può essere necessario ripeterlo e
insieme visualizzarlo; se si è più sensibili al suono, invece, si può per-
cepire il mantra come suonato per noi, provare ad ascoltarlo come
cantato dentro. Se la nostra tendenza è cinestesica, sentiamo la sua
pulsazione, sperimentiamo la sua energia. Io sono una meditante
cinestesica, e la pratica cominciò a funzionare efficacemente solo
dopo che ebbi imparato a considerare le sillabe come energia e a
percepirne ciascuna come pulsante in me mentre la ripetevo. Allora
l’energia del mantra si aprì in una vibrante dolcezza, il sentimento di
un incontro d’amore.
Alla fine, quando diventiamo sensibili alla percezione del mantra,
impariamo a mantenerne le sillabe nella nostra consapevolezza, in
modo che possiamo davvero avvertirne la vibrazione, la pulsazione
della shakti. A questo punto, cominciamo a essere capaci di scio-
gliere l’attenzione nell’energia del mantra, e facendolo sentiamo che
affonda negli strati del nostro corpo sottile e ci coinvolge a livelli
sempre più profondi: si sposta dal livello conscio, dove dobbiamo
ripeterlo distintamente con ogni respiro, fino a un livello più in-
conscio, dove talora riusciamo a sentirlo fremere al di sotto della
nostra consapevolezza vigile. Le sillabe così sembrano pulsare con
l’amore, con la Coscienza, con un senso di espansione, anche con la
luce. In altre parole, ripetendolo cominciamo a sperimentare in esso
la Presenza, in modo palpabile. Uno degli importanti testi shivaiti,
Spanda Karika, si riferisce a questa Presenza come spanda (vibrazione)
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Siedi in una comoda postura eretta e chiudi gli occhi. Focalizzati sul
flusso del respiro. Dolcemente e con un’attenzione rilassata, comin-
cia a pensare al mantra So’ham. Coordina le sillabe col respiro: so con
l’espirazione, ham con l’inspirazione. Oppure, pensa semplicemente
al mantra con un ritmo dolce e rilassato.
Ascolta le sillabe mentre le ripeti. Fa’ che la tua attenzione si focalizzi
sempre più pienamente su di esse.
Senti che ogni sillaba scende lieve nella coscienza. Entra in sintonia
con la sensazione energetica creata all’interno dal mantra. Se sorge
un pensiero, quando noti che stai pensando, ritorna al mantra. Se
l’attenzione vaga, riportala gentilmente al mantra. A poco a poco, la-
scia che nella tua mente il mantra divenga il pensiero predominante.
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sere, fino a che sentì che il suo corpo conteneva una vasta spaziosità.
Il saggio kashmiro Somananda ci ha lasciato un insegnamento
chiave: durante la pratica dovremmo sentire che noi, il mantra e
l’obiettivo del mantra non siamo diversi. In altre parole, è tutta una
questione di identificazione. Dovremmo coltivare l’idea che il man-
tra descrive chi siamo, proprio nel modo in cui noi normalmente crediamo di
essere il nostro corpo e la nostra storia personale. Se qualcuno ci chiama,
rispondiamo. Proprio nello stesso modo, se ci identifichiamo col
mantra, con la sua luce e la sua energia trasformativa, esso ci porta
immediatamente in uno stato meditativo. Ancora una volta questo
insegnamento è un invito alla contemplazione, un modo per entrare
in relazione più vibrante con il mantra.
Pensando a come identificarci con esso, potremmo scoprire mol-
te cose riguardo a noi stessi e a ciò che esso è davvero. Come si pra-
tica identificandosi con una parola? Negli anni, l’ho chiesto a molte
persone e ho ottenuto risposte fantasiose: un modo è immaginare
il mantra come una nuvola intorno a noi; un altro è immaginarlo
come acqua oppure luce e vedercisi immersi. Un’ulteriore possibilità
è pensare a se stessi come un’energia che si avvicina sempre più al
mantra fino a che non ci si percepisce al suo interno. Tutte queste
pratiche aiutano ad aprirsi all’esperienza della ripetizione del mantra.
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Siedi in una posizione comoda, eretta. Con gli occhi chiusi osserva la
tua coscienza interiore. Non stai cercando niente, stai solo osservando
il tuo mondo con l’occhio interno, diventando consapevole di quello
che vede in realtà quando chiudi gli occhi. Forse distingui una luce az-
zurra o una campitura di grigio, forse una scura foschia piena di minu-
scoli punti di luce, come una pittura divisionista. Stai guardando quella
che in sanscrito è chiamata chitta, la materia della mente, la coscienza
interiore. Questo è il campo energetico da cui sorgono e nel quale si
inabissano i pensieri, i sentimenti, le percezioni e le sensazioni.
Ora nota la sua qualità dinamica. Osserva come al suo interno ci sia
il luccichio costante di un movimento sottile, una sorta di vibrazione
o di pulsazione. La tua coscienza interiore è fatta di energia. Vibra, ed
è proprio quella vibrazione che dà origine ai pensieri, alle sensazioni,
alle immagini.
Prova a diventare consapevole della pulsazione della tua coscienza. Nella
sua forma fisica, questa si manifesta come il battito del cuore, ma se
presti maggiore attenzione puoi avvertirne una più sottile che sta sotto.
Se non la percepisci immediatamente, focalizzati sul battito cardiaco.
Ascoltalo finché non cominci a coglierne il livello più sottile, oppure
ad avvertire come la pulsazione riverbera nel tuo corpo. Se senti una
vibrazione d’energia altrove, nel corpo, focalizzati su di essa fino a
che gradualmente diverrai consapevole di quella più sottile che sta
più in profondità.
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Concludere la pratica
Proprio come quelle preliminari aiutano a volgersi verso l’interno,
una pratica formale per finire la sessione di meditazione aiuta il pas-
saggio dallo spazio interiore a quello esterno. La cerimonia conclu-
siva crea un contenitore per l’energia generata in meditazione e aiuta
a trasmettere i suoi benefici agli altri.
Innanzitutto, uniamo le mani e ringraziamo silenziosamente il
corpo e la mente di averci sostenuti nella pratica. (Senza la grazia
del corpo e della mente la meditazione non sarebbe mai decollata,
perciò è importante abituarsi a dire “Grazie”, anche se il corpo si è
agitato e la mente è corsa tutt’intorno!)
Secondo passo: ringraziamo per la grazia e l’energia che hanno
sostenuto la pratica e le hanno permesso di mantenersi.
Infine, si può terminare offrendo la propria pratica. Chinando la
testa, si può chiedere silenziosamente: “Possa questo atto di medita-
zione portare benefici a tutti gli esseri”; oppure: “Possa la mia medi-
tazione contribuire alla pace e all’armonia del mondo”. O ancora, si
possono semplicemente offrire benedizioni: “Possano tutti gli esseri
essere felici e liberi ovunque”.
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Seguire l’istinto
Ognuna delle tecniche suggerite in questo capitolo ci aprirà al Sé.
Tutte sono potenziate, infuse dell’energia di molti lignaggi di me-
ditanti illuminati. Io suggerisco di passare del tempo sperimentan-
dole, osservando quale promuove maggiormente la nostra medita-
zione. Se una pratica non sembra funzionare, proviamone un’altra.
Naturalmente non vogliamo farci drogare dalla tecnica, schizzando
da una all’altra senza mai entrare profondamente in alcuna. Co-
munque, se abbiamo capito con chiarezza che le procedure non
sono fini a se stesse ma rappresentano una porta verso la Consa-
pevolezza più grande, possiamo cominciare a sentire quale si aprirà
per noi più facilmente in un determinato momento. Alcune appor-
tano energia oppure fanno uscire dalla stagnazione; altre suscitano
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Muoversi verso l’interno:
capitolo quinto
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teoretici: molti di loro erano siddha, yogi illuminati che usavano quel
sistema come modo per esprimere con parole le loro esperienze
interiori. Il loro cammino era un succoso amalgama di dottrine
metafisiche, mappe della consapevolezza umana, pratiche yoga e
devozione. Adoravano la suprema Realtà come una grande, divi-
na Coscienza, con due aspetti inseparabili, che chiamarono Shiva e
Shakti: essendo la suprema Consapevolezza e il suo Potere creativo
intrinseco. Poiché avevano compreso che, in questo mondo, Shakti
diviene tutte le forme, sottili e fisiche, amarono la Realtà Assoluta
sia come divinità personale, sia come Consapevolezza senza forma
onnipervasiva e la riconobbero come il proprio Sé interiore. Shiva –
la suprema divina intelligenza – fu anche considerato il maestro da
cui ebbe origine la tradizione e la sorgente somma dei suoi testi fon-
damentali: gli Shiva Sutra, il Malini Vijaya Tantra e il Vijnana Bhairava,
ispirati dalle profonde esperienze meditative dei saggi risvegliati.
La qualità essenziale del sistema shivaita è il suo radicale non-
dualismo: rifiutando la visione vedantica del mondo materiale
come illusorio – un sogno vuoto – i saggi dello Shivaismo del
Kashmir videro tutte le forme dell’universo come manifestazioni
dell’energia creativa divina, Shakti, il principio femminile dinami-
co. Venerarono Shakti in se stessi, nella terra, in ogni cosa tangibile
e intangibile e cercarono il cuore pulsante della beatitudine divina
in ogni sfera dell’esperienza. Acuti cer-
Puoi distogliere la tua mente catori della tradizione, percorsero vie
dai suoi desideri e condurla innumerevoli per scoprire l’esperien-
all’unità originaria? za del divino. Seppero come estrarla
Sai pulire la tua visione da condizioni come terrore o piacere,
interiore fino a che oppure dal culmine di uno starnuto;
non vedi altro che luce?
seppero come trovare la pulsazione
Puoi fare un passo indietro
dalla tua mente
dell’estasi in spazi vuoti, nell’attenzione
e perciò comprendere ferma e nelle sensazioni che vengono
tutte le cose? dall’ondeggiare e dal piroettare, dal go-
lao tzu dersi la musica o gustare del cibo.
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Praticare l’unità
Un buon modo per cominciare a praticare l’unità è attraverso uno
degli insegnamenti shivaiti fondamentali: quando si ripete un man-
tra, si dovrebbe capire che non c’è differenza tra noi, il mantra e
l’obiettivo del mantra, ovvero l’esperienza del Sé. Come molti inse-
gnamenti elevati, questo suona semplice… la sfida arriva quando si
cerca di metterlo in pratica. Come possiamo identificare noi stessi
– il nostro sé solido, fisico e personale – con un mantra, con una pa-
rola sanscrita? Come possiamo rendere questo insegnamento vero
per noi stessi?
Bisogna iniziare liberandosi dalla sensazione di essere una perso-
nalità e un corpo fisico particolari. È dura identificarsi con un man-
tra pensando a sé – anche se in modo assai sottile – come Marta,
una brunetta di circa 50 chili, cresciuta nei sobborghi di Louisville,
Kentucky, la persona che si preoccupa segretamente del suo peso e
dubita del proprio aspetto. D’altra parte, se si pensa a se stessi come
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Entrare nell’esperienza
Un modo potente e cinestesico per vivere in meditazione l’espe-
rienza dell’unità è attuare la pratica di entrare in qualsiasi cosa ci si
presenti: un mantra, un’immagine, lo spazio del cuore o la figura del
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Lavorare con la mente (i)
capitolo sesto
Sin da quando gli artisti della Valle dell’Indo scolpirono le loro fa-
mose statuine degli dei cornuti seduti in meditazione – circa 5000
anni prima della nostra era – i meditanti hanno lottato con lo stesso
scenario di base: sediamo in meditazione, ci focalizziamo sul respi-
ro o sulla pratica della consapevolezza o cominciamo a ripetere un
mantra, cerchiamo di mantenere il senso dell’unità, e a quel punto
arrivano i pensieri. Arrivano i pensieri.
Ipensieriarrivanoipensieriarrivanoipensieriarrivanoipensieri. Ve-
loci o lenti. Un’inondazione o uno sgocciolio. Ininterrotti o inter-
mittenti. Apparentemente senza fine. Pensieri sulla telefonata che
dobbiamo fare, pensieri su quel che ci ha detto ieri il maestro di no-
stro figlio, pensieri su una zia. Pensieri sui pensieri. Pensieri nell’or-
dine di: “Sto davvero meditando? Questa non può essere meditazio-
ne. La mia mente non è quieta. E perché non accade?”.
Questa è l’esperienza umana universale – come nascere e lasciare
il corpo al momento della morte. Anche i grandi meditanti la attra-
versano. Tendiamo a presumere che un buon
meditante, una persona che medita con suc- La Mente è sempre
un turista
cesso, non sia mai disturbato dai pensieri: in
che vuole toccare
qualche modo, ai veri meditanti basta sedersi e comprare cose nuove.
e – wham! – sono in un profondo stato di quie- Poi le getta
te, fusi col testimone, o guardano fiori di loto in un cassetto
dorati e luminosi che si spandono dolcemente già pieno.
nello spazio interiore. hafiz
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lavorare con la mente (i). navigare nel flusso dei pensieri
e le ipotesi di vita che scorrono come film nella mente se non li cat-
turiamo.) Quando meditiamo, lo vediamo ripetutamente, e dobbia-
mo affrontarne le conseguenze e i costi immediati. D’altra parte, ogni
volta che lasciamo cadere un desiderio, diminuiamo la sua presa su
di noi. Focalizzarci in meditazione ci aiuta a sviluppare il potere della
concentrazione nella vita quotidiana, così come la pratica di lasciar
andare i desideri in meditazione ci allena al distacco: questo fa sì che
durante la nostra vita “da svegli” non siamo continuamente strattonati
da impulsi dispersivi.
Questo genere di abbandono è un atto meditativo essenziale.
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Lavorare con la mente (ii)
capitolo settimo
Liberare i pensieri
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La mente è la Dea
La pratica di riconoscere i pensieri come energia diventa partico-
larmente “succosa” se facciamo il passo ulteriore di guardarli come
fecero i saggi del Kashmir: adorarli come le manifestazioni della
danzatrice divina, di shakti, la Dea Coscienza. Una delle sfaccetta-
ture più significative della metafisica indiana è l’aver capito che lo
spirito è completamente impersonale e senza forma – e allo stesso
tempo totalmente capace di prendere una forma personale. Poiché
lo avevano compreso, i vecchi saggi – anche i più anti-dualistici tra
loro – poterono praticare la devozione per relazionarsi con il divino.
Quando pensiamo all’energia che crea il mondo, la shakti, come a
una forza astratta, può sembrare fantastica ma inavvicinabile. Pen-
siamo alla stessa energia come a una divinità, invece, e improvvisa-
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lavorare con la mente (ii). liberare i pensieri
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Siedi in una posizione comoda e chiudi gli occhi. Permetti alla tua at-
tenzione di centrarsi sul respiro. Facendolo, di’ a te stesso: “Il mio re-
spiro è la manifestazione di shakti, l’energia divina della creazione”.
Ogni volta che un pensiero si manifesta, ripeti a te stesso: “Onoro
questo pensiero come un aspetto della Dea Coscienza. Onoro que-
sto pensiero come shakti: divina energia conscia”.
Continua per almeno dieci minuti, e nota qual è l’effetto sul flusso
dei pensieri nella mente.
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ho visto che l’ansia era solo energia e che le parole ne erano le forme.
In breve, ho capito che non dovevo prestare attenzione al contenuto
del pensiero. Invece, ho focalizzato la mia attenzione sul fascio di
energia rappresentato dall’ansia e dalla sua espressione verbale. L’ho
guardato, l’ho riconosciuto e in quell’istante si è dissolto imploden-
do in se stesso. La superficie della mia Coscienza si è trasformata in
una beatitudine spessa, palpabile, un mare ondulato di energia.
Talvolta, naturalmente, i pensieri opprimenti che emergono in
meditazione sono messaggi che necessitano di attenzione. Se si ha
la percezione che è così, probabilmente è vero. Però bisogna fare
in modo che questo non ci svii: prendiamo nota del pensiero, pro-
mettiamo a noi stessi che gli presteremo attenzione più tardi, poi
torniamo in meditazione. Se sembra davvero importante, scriviamo-
lo; teniamo una penna e un quadernetto per le intuizioni che non
vogliamo dimenticare. Quando vengono a galla, io prendo la penna,
scarabocchio un promemoria e ritorno in meditazione.
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sieme che viene con i pensieri e le immagini positive, non quello che
associamo ai pensieri negativi.
Tuttavia, anche la forma o l’immagine più bella alla fine devono
dissolversi nella Coscienza. Questo è l’obiettivo dell’esercizio tibe-
tano con la divinità. Dopo che il meditante ha reso la divinità abba-
stanza reale da farla apparire, dovrebbe deliberatamente lasciare che
si dissolva nella propria Consapevolezza. Il sommo scopo dell’eser-
cizio è rivelare che tutto, incluse le forme divine amate dal popolo, è
all’interno della nostra Coscienza e in realtà ne è una manifestazio-
ne. Come dicono i saggi del Vedanta: “Tutto esiste perché tu esisti.
Tutto è nel tuo Sé”.
Il tantra ci ricorda che qualsiasi sia l’oggetto su cui scegliamo di
meditare, in qualunque modo decidiamo di farlo, dovremmo farlo
con questa comprensione: tutti i pensieri, i sentimenti e le immagini,
tutte le emozioni e le forme su cui ci concentriamo in meditazione
sono fatti di Coscienza, di shakti. Sono manifestazioni dell’energia
sotterranea, della shakti che trabocca in noi.
Quando cominciamo ad accogliere questa verità, siamo vicini al
cuore della meditazione, anzi siamo pronti per seguire l’esempio di
Sir Gawain.
Siamo pronti a lasciare che la Shakti ci mostri come vuole medi-
tare.
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Lasciare che la Shakti conduca
capitolo ottavo
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lasciare che la shakti conduca
Il linguaggio di Kundalini
La shakti interiore comunica con noi attraverso impulsi, sentimenti
e sottili sensazioni, mediante intuizioni, immagini e comprensioni.
Alcune di queste comunicazioni sono immediatamente riconoscibili
non appena ci si sintonizza con loro. Per esempio avvertendo l’ur-
genza di meditare: in momenti diversi della giornata, notiamo un
forte richiamo interiore, il desiderio di focalizzarci in noi. Questo è il
naturale desiderio di meditare, e per un meditante consapevole può
essere forte come l’impulso naturale alla fame e alla sete. L’interesse
per la corrente che scorre in noi può scattare mentre siamo alla scri-
vania o sull’autobus, e spesso si manifesta come una sensazione di
pesantezza o sonnolenza. Se non siamo attenti, possiamo pensare di
aver bisogno di un pisolino o di una tazza di caffè. Ciò di cui abbia-
mo bisogno, invece, è dar ascolto all’impulso che vuole condurci in
meditazione, anche se per un minuto o due. (Se sei in ufficio chiuditi
in bagno, o accosta la macchina sul ciglio della strada.)
Ecco alcuni dei segnali più vistosi dell’opera di kundalini: nel
campo interiore appare una luce… ci ritroviamo in modo natura-
le nello stato del testimone che osserva la propria esperienza… si
manifesta un sentimento di amore che, focalizzandoci, cresce più
forte… la consapevolezza comincia a espandersi, premendo contro
le mura energetiche che ci danno il senso del confine nei limiti del
corpo… il respiro si accelera o si ferma… scuotiamo la testa o la
muoviamo avanti e indietro… sentiamo che ci lasciamo cadere o
salire in uno stato interno differente, cambiando di “livello”… la
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Invocare Shakti
Imparare a seguire la guida della shakti è una pratica così impor-
tante per entrare nel cuore della meditazione che, in alcune scuole
di tradizionale meditazione kundalini, agli
studenti viene detto di non cercare di pra- Non sei più in grado di
nasconderti o
ticare alcuna tecnica. Al contrario, di sede-
apparire lontana da me.
re semplicemente e attendere che la shakti
Essendo il mio respiro
li porti dove vuole. Per farlo con successo, e il mio essere legati al tuo
comunque, è necessario mantenersi vigili: mistero potente,
altrimenti si potrebbe finire appesi a qual- sperimento il tuo
che strascico di pensiero seducente. Si dice potere solo come mia
che la Dea abbia due visi: quello di maya, forza inviolata.
che crea separazione e identificazione con ramprasad
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Il permesso di aprirsi
Anche se uso il metodo dell’invocare la shakti da anni, sono sempre
un po’ sbalordita da quanto ravvivi la pratica: il semplice atto di
chiedere la guida alla propria energia di meditazione sembra creare
spazio per nuove aperture e una meditazio-
ne più profonda. Spesso queste arrivano Spirito Santo, che dai vita
quando ci si focalizza su un fenomeno che a tutta la vita, muovi
tutte le creature, radice
prima non era mai stato notato.
di tutte le cose, le rendi
Durante una meditazione, uno studen- pulite, cancelli
te dei miei, dopo aver chiesto alla shakti gli errori,
di condurlo, sentì l’energia muoversi su un risani le ferite,
lato della testa. Normalmente l’avrebbe sei la nostra vera vita,
ignorata, ma poiché cercava un segnale dal- luminoso, meraviglioso,
la shakti, si focalizzò su quello e cercò di risveglio del cuore
entrarvi. L’energia si ammorbidì, si ampliò dal suo antico sonno.
e si espanse. Si trovò su un piano di energia ildegarda di bingen
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Il potere di arrendersi
Questo processo di invocare e seguire la shakti è potente perché,
quando lo si compie, si prende parte a tre delle pratiche più im-
portanti di meditazione sulla grazia: riconoscimento, adorazione e
resa. Quando in meditazione cominciamo a riconoscere l’intrinseca
divinità dell’energia che pulsa nella nostra mente, rendiamo la no-
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capitolo nono
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1 In questo testo, il muladhara – o base dei chakra – poiché è la sede della kundalini
dormiente, è descritto semplicemente come centro di beatitudine.
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che si versa in noi quando kundalini ci conduce nelle fasi più sottili
della meditazione. Così, quando ci sediamo, la shakti risvegliata si
muoverà attraverso i muscoli e le giunture e li aprirà.
Questo processo può essere avviato, aiutato e accelerato dall’ha-
tha yoga e da un sapiente lavoro sul corpo, da massaggi, dalla tera-
pia somatica e da pratiche tradizionali
L’inesperto come il qi gong, o moderne come il
sarà spinto fuori dalla Feldenkrais. Il corpo fisico ha me-
meditazione dai sensi, morie stratificate di vecchie ferite, di
anche se energicamente malattie, di tossine ambientali, di cibo
cerca di controllarli. malsano e di sconvolgimenti emotivi.
La sua meditazione può La shakti rimuove tutto, insieme con
essere disturbata da
le tensioni recenti e antiche che abbia-
distrazioni come freddo, caldo,
piacere, dolore, agitazione mo accumulato.
della mente e zanzare, Una mia amica giura che quando il
che creano dolore suo collo è rigido, nemmeno il chiro-
corporeo e causano pratico può fare qualcosa ma, quando
il vagare della mente. siede a meditare, la shakti muove la sua
yogashikha upanishad testa in cerchio e rilassa i dolori musco-
lari. Altri sperimentano semplicemente
un graduale rilascio della tensione. A volte l’esperienza del rilascio può
sembrare lievemente sgradevole o anche intensamente spiacevole. Ma
in qualche modo il disagio sembra essere parte del processo, perché
aprirsi è un’esperienza in cui si impara come sentire.
Quando i nostri corpi sono tesi e bloccati in profondità, ci sentia-
mo spesso insensibili, e possiamo non essere coscienti del nostro di-
sagio fisico. Quando gli strati superficiali vengono rimossi, passando
attraverso alcuni di questi malesseri fisici, ci apriamo letteralmente
alla sofferenza accumulata in profondità. Possiamo sentire dolori
di cui non siamo stati mai consapevoli prima – e, insieme con essi,
una corrispondente pena emotiva. Questo non è segno di malattia
ma di guarigione. Sebbene parte del lavoro di kundalini abbia luo-
go al di sotto della nostra consapevolezza, gran parte di esso deve
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• Il potere del percepire – vista, udito, e così via – che agisce at-
traverso gli organi fisici per permetterci di ricevere le informa-
zioni dal mondo esterno, e che opera internamente nei sogni,
nell’immaginazione e nelle fantasticherie.
• Gli elementi sottili della realtà sperimentabile, chiamati tanmatra
in sanscrito. Questi creano un mondo interiore di immagini,
suoni, gusti e sensazioni che noi sperimentiamo quando la no-
stra attenzione si ritira dal mondo esterno; possono corrispon-
dere alle capacità di produrre schemi del sistema nervoso fisico.
• Il sistema di canali chiamati nadi, che portano l’energia vitale agli
organi, alle membra del corpo fisico e ai chakra, i centri dell’e-
nergia sottile.
• L’energia della Kundalini.
L’energia vitale
L’aspetto energetico del corpo sottile viene talvolta chiamato prana-
maya kosha, “guaina vitale”. Ed è davvero una sorta di involucro, uno
strato di pura vitalità, l’energia che alimenta la nostra vita. Prana è il
nome che i saggi yogici diedero alla forza che diviene la linfa negli al-
beri, l’energia radiante del sole, gli ioni negativi nell’atmosfera, il nu-
trimento nell’acqua. I testi yoga dicono che, prima di divenire questo
mondo di materia, l’energia creatrice di questo universo si trasforma
in prana, una forma più grossolana della pura Coscienza e che colle-
ga l’universo relativamente spesso e solido con la sua essenza sottile.
Nel corpo umano, il prana forma il ponte energetico tra corpo,
mente e spirito, connette tutti i sistemi e gli apparati corporei e ali-
menta il sistema nervoso, gli organi interni e i muscoli. È la forza che
accende i neurotrasmettitori quando portano gli impulsi attraverso
il cervello, negli organi e nei muscoli. Il prana mantiene la mente in
movimento attraverso i sensi, portando all’interno le impressioni e
formando i pensieri. Respirando, assorbiamo il prana dall’atmosfera
insieme con l’ossigeno, e in meditazione, possiamo operare diretta-
mente con esso usando il respiro. Quando rallenta (uno stato che
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Le visioni
Meditare nel corpo sottile assomiglia spesso a una sorta di stato
di sogno. Immagini vaganti passano davanti ai nostri occhi interni:
una scena, un colore, un viso, uno scorcio di panorama, la scena di
un film; le immagini possono essere familiari oppure qualcosa di
inedito; talvolta si dispongono in un piccolo scenario, come succe-
de nei sogni. In effetti è proprio ciò che sono: passando attraverso
i diversi stadi della meditazione nel corpo sottile, spesso entriamo
nello stato di sogno e facciamo esperienza della nostra banca di
immagini.
Molte delle esperienze che si manifestano in questo stato simile
al sogno dovrebbero essere osservate come fenomeni di passaggio,
come i pensieri. I nostri corpi sottili sono così carichi di immagi-
ni memorizzate – poiché sono pieni di pensieri e sentimenti – che
quando andiamo in profondità, vi passiamo letteralmente attraverso,
proprio come attraversiamo i campi dei pensieri.
Proprio come i sogni, talvolta anche le immagini che si verificano
in meditazione hanno significato. La loro importanza può essere
psicologica invece che spirituale: possono essere pertinenti alla no-
stra storia personale e al processo di crescita psicologica, al lavoro
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Una delle ragioni per cui è così utile scrivere le proprie esperienze
ogni volta che si medita è precisamente perché anche il flusso appa-
rentemente sciocco di immagini che emergono può avere un significa-
to. Bisogna però capire che, anche dopo averle contemplate a fondo,
non si può agire in base a esse senza averci pensato bene: finché la
mente non è stata pienamente purificata, i messaggi dal mondo inte-
riore sono spesso inaffidabili e fuorvianti. Come dice una mia amica,
sono “cento per cento accurati per il cinquanta percento del tempo”.
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più intensi. Ciò che se ne sarà andato è il cari- Ogni cosa dipende
co di queste memorie: incluso il desiderio che da questo:
sentiamo spesso di tornare ai momenti che un’incomprensibile
rievochiamo come felici e che ci distolgono naufragio in un
dall’essere pienamente presenti là dove siamo. insondabile nulla.
johannes tauler
Ciò che si dissolve è il bagaglio sentimentale
connesso a quelle esperienze, il loro potere di scagliarci su una china
emotiva. In realtà, probabilmente non ci dispiacerebbe così tanto se
alcuni ricordi fossero rimossi: chi vuole ricordare le cose cattive che
tu e la tua migliore amica avete detto a Louise Frankovitch quando
eravate alle medie? Alcune cose sarebbe meglio fossero completa-
mente eliminate.
Tutte queste memorie e impressioni, o samskara, sono alloggia-
te in parti differenti del nostro sistema sottile e fisico, ma la gran
parte si trova nel corpo causale, che è il luogo degli strati davvero
profondi, delle vasana o tendenze, che ci governano dal di dentro.
Una volta sognai che vivevo in una grande dimora: in cantina viveva
un uomo che non veniva mai ai piani superiori ed era l’unico che
faceva funzionare il posto, prendendo tutte le decisioni, curando il
mantenimento e imponendo sottilmente la sua volontà su tutti gli
abitanti della casa. Ciò è esattamente quel che fanno questi samskara
sepolti: ci governano dall’interno e, poiché ci sono così familiari, ce
li facciamo amici.
Quando meditiamo e permettiamo a kundalini di operare nel cor-
po causale, essa sradica l’influenza dei tiranti segreti: ecco perché tal-
volta nella pratica è importante lasciarsi andare nel riposo profondo,
lo stato dove siamo “spenti”, persi in uno stato molto simile al son-
no. In quei momenti, da meditanti, stiamo entrando consciamente
nello stato di sonno.
Anni fa, un mio amico che cadeva abitualmente in uno stato pro-
fondo, inconscio, decise di fare in modo di stare sveglio; perciò una
mattina – prima di meditare – bevve una tazza di caffè e, abbastanza
sicuro, rimase “conscio” per tutta la durata della meditazione. Pro-
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prio alla fine dell’ora, vide un’arcana figura di donna che sembrava
sgusciasse fuori dal suo cuore e che, alzato lo sguardo, gli chiese:
“Cosa fai sveglio? Questo è il momento del mio lavoro. Ecco per-
ché ti metto sempre ko”. Allora egli tornò al suo modo abituale… e
qualche tempo dopo la sua meditazione si spostò dal livello causale
ed egli cominciò ad avere una meditazione più conscia.
Comunque, poiché il viaggio meditativo non è necessariamente
una linea retta, una progressione senza interruzioni che ci conduce
da un regno dell’anima al successivo, ma piuttosto un due-passi-
avanti e uno-indietro a zigzag, negli anni ci troveremo a visitare mol-
te volte questo stato profondo e apparentemente inconscio.
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“Per alcune persone le cui menti sono diventate mature alla fine di una
lunga pratica, nirvikalpa arriva improvvisamente, come un’inondazione,
ma per altri avviene durante l’azione spirituale, in un processo che porta
lentamente verso il basso i pensieri che ostacolano e rivela lo schermo
della pura consapevolezza, l’“Io-io”. La pratica continua rende lo scher-
mo permanentemente presente: questa è la realizzazione del Sé, mukti…
Il solo Samadhi può rivelare la verità. I pensieri gettano un velo sulla
realtà, e quindi la verità non è realizzata come tale negli stati che non
siano il samadhi. Nel samadhi c’è solo la sensazione di “Io sono” e
nessun pensiero. L’esperienza di “Io sono” è “essere quieto”.
C’è un paradosso riguardo questo stato, uno dei più grandi para-
dossi della vita umana: lo stato trascendentale, la sede dell’anima,
il luogo del Sé, è oltre la nostra normale coscienza, ma anche al suo
interno. Da una parte trascende tempo e spazio: è l’occhio recondito
dell’occhio, l’io che guarda se stesso; non è toccato dai pensieri, dai
sentimenti, dalle ambizioni, confusioni e limitazioni di visione che
sperimentiamo nello stato di veglia; le immagini evanescenti dello
stato di sogno non lo toccano e non è influenzato dall’oscurità cau-
sale del vuoto. È uno stato di totale Consapevolezza, una Consa-
pevolezza così sottile e raffinata che riduce tutta la materia alla sua
essenza e rivela un universo fatto di luminosità. In breve, è uno stato
interamente “extra-ordinario”.
Allo stesso tempo, il corpo sovracausale, lo stato trascendenta-
le, è totalmente e costantemente accessibile perché pervade ogni
esperienza e ogni stato dell’umana esperienza. Non è altro che il
background della nostra esperienza; è ciò che torna dentro di sé e
riflette sull’esperienza; è la sempre-presente onniscienza che parteci-
pa di tutti i pensieri e le sensazioni, anche dello stato di sonno pro-
fondo. Nel Tripura Rahasya, il testo preferito di Ramana Maharshi, si
dice che tocchiamo questo testimone libero dai pensieri molte volte
al giorno: nella pausa tra due respiri, nel momento in cui gli occhi
mettono a fuoco un oggetto da vicino a lontano, in un momento di
silenzioso appagamento. Per una persona consapevole, ognuno di
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La luce che adesso si rivela è una luce così diversa dalla nostra che quella
del sole, in confronto, sembra molto appannata, tanto che dopo non si
vorrebbe nemmeno aprire gli occhi. È come se da una parte si vedesse
un’acqua limpidissima scorrere sopra un cristallo illuminato dal sole, e
dall’altra un’acqua molto torbida volgere fra la polvere sotto un cielo
nuvoloso. Non già che si veda sole o luce che abbia somiglianza con
quella del sole. Anzi, questa sembra piuttosto artificiale e quella soltan-
to naturale: luce senza tramonto, che nulla può turbare perché eterna,
di tal portata che nessuno potrebbe immaginare, neppure se fosse di
grandissimo ingegno…
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Chiudi gli occhi e focalizzati per qualche minuto sul respiro. Silenzio-
samente di’ a te stesso: “Alle spalle dei miei pensieri c’è la luce della
pura Consapevolezza: essi escono da quella luce e si re-immergono
in quella luce. Dietro il mio respiro c’è la luce della pura Consape-
volezza. Il mio respiro si manifesta e sprofonda in quella luce. Le
sensazioni del mio corpo provengono da quella luce. È la luce della
Consapevolezza che mi permette di percepire e quella luce di Consa-
pevolezza è in ogni cosa che percepisco, che sento, che odo”.
Come emergono pensieri e si manifestano come percezioni, sii con-
sapevole che tutti appaiono e scompaiono nella luce di fondo della
pura Coscienza, la sorgente divina. Quando apri gli occhi e cominci
a guardarti intorno, abbi la sensazione che è la luce della Consape-
volezza che ti permette di vedere e che appare in ogni cosa che vedi.
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Uscire di Meditazione:
capitolo decimo
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uscire di meditazione: contemplazione, memoria, scrittura del diario
amico per trenta isolati prima di realizzare che il freno a mano era
ancora tirato.
Quindi è inevitabile che corra una differenza tra i nostri stati di
meditazione e i nostri stati di coscienza di normale veglia. Infatti,
possiamo fidarci che anche quando ci dimentichiamo quello che è
successo in meditazione, il processo interiore che ha avuto inizio
durante quell’ora all’interno è ancora vivo in noi, opera ancora la sua
alchimia nella nostra coscienza. Nella pratica ispirata a kundalini, il
lavoro interiore va avanti costantemente sotto la superficie della co-
scienza. La naturale intelligenza interna integra le nostre esperienze,
inserendole nel tessuto del nostro stato di veglia, senza che noi ci
rendiamo nemmeno conto che ciò stia accadendo.
Allo stesso tempo, un segno inequivocabile di maturità spirituale è
la capacità di vivere a partire dal fulcro di tale stato interiore, mante-
nendo la chiara spaziosità della Consapevolezza come fonte del netta-
re di giovinezza, cui possiamo attingere a
volontà. Infatti, se la nostra pratica di me- Un grande yogi è ancora
ditazione è più di una via di fuga, di una pieno dello stato
sorta di ginnastica interna o di qualcosa del samadhi anche quando è
nella coscienza normale,
che facciamo per darci conforto, alla fine
perché anche allora
si deve scoprire come mantenere la con- egli vede l’intera
sapevolezza di sé durante il giorno. Ecco massa di cose che si
perché pratichiamo per vivere in uno stato dissolvono nel cielo della
di piena veglia. Coscienza, come un po’
La differenza tra un essere illuminato e di nuvole in autunno.
una persona in cammino è questa: l’esse- kshemaraja
re illuminato ha imparato a trattenere la
sua esperienza interiore e la rende parte del tessuto della vita quoti-
diana. L’abilità di fondere il nostro interno con il mondo esterno è
una delle grandi arti della vita spirituale.
Come farlo? Il primo passo è prendere l’abitudine di richiamare
consapevolmente alla memoria e contemplare le nostre esperienze
di meditazione, con l’aiuto di un diario. Il secondo passo è quello di
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uscire di meditazione: contemplazione, memoria, scrittura del diario
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uscire di meditazione: contemplazione, memoria, scrittura del diario
Incarnati adesso!
Durante l’inspirazione, il Tutto.
Durante l’espirazione, amore.
Elaborare le esperienze
Una volta scritte le nostre esperienze, abbiamo materiale non solo
per la contemplazione, ma anche per approfondire l’esperienza stessa.
Osservando quelle scritte nel mio diario, è chiaro che sebbene fossero
molto sottili, c’era in esse tanto da contemplare: realizzazioni che ave-
vano creato un altro minuscolo cambiamento nel senso del sé.
Ogni volta che comprendiamo qualcosa di più sulla nostra vera
sottigliezza: che le emozioni sono in realtà energia, o che la spazio-
sità dietro i pensieri è il vero sé, che si è “respirati” da una forza
maggiore (invece di essere noi a respirare), lasciamo andare un altro
atomo di attaccamento al sé limitato. Ogni minuscola realizzazione
o intuizione che si verifica in meditazione crea un nuovo modello
nella nostra coscienza, che siamo liberi di rivedere in qualsiasi mo-
mento. La memoria è là, ed è una memoria di libertà… e il modello
si approfondisce nuovamente ogni volta che ci si ritorna. Infatti,
l’esperienza di una meditazione può diventare la focalizzazione da
mettere in pratica nella successiva.
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Seguire i sentieri
Questo ha senso se si considera che la maggior parte delle grandi
tecniche di meditazione e yoga è iniziata probabilmente nella forma
di un’esperienza spontanea di qualcuno. Un praticante – forse un
saggio o un futuro saggio – sentì o intuì una strada da seguire che
scaturiva da dentro: “Chiedi a te stesso: ‘Chi sono io?’” oppure “Se-
gui il movimento del respiro”. O forse una visione, un suono inte-
riore si manifestarono spontaneamente conducendolo in uno stato
più profondo. Più tardi avrebbe rintracciato i suoi passi lungo tale
percorso meditativo, solo che questa volta l’avrebbe fatto delibera-
tamente. Alcune di queste vie sarebbero diventate la base per l’intera
tradizione della meditazione.
Non c’è bisogno di essere saggi o maestri per utilizzare le nostre
esperienze come tecniche per la pratica. Supponiamo che durante
la meditazione la nostra attenzione sia richiamata al centro della te-
sta, e la focalizzazione diventi come un laser
Impara ad ascoltare mentre “osserviamo” i pensieri e i sentimenti
la tua voce interiore. che passano davanti a noi. In una meditazio-
Il tuo corpo e la mente ne successiva, potremo stabilire l’attenzione
diverranno uno, e in quel centro e da quel luogo saremo il testi-
tu realizzerai mone dei nostri pensieri.
l’unità di tutte le cose. Oppure, supponiamo di avere l’esperienza
dogen zenji
di “Sono respirato da una forza più grande”.
In un’altra meditazione, potremo richiamare
questa intuizione e praticarla. Mentre sperimentiamo la consape-
volezza del respiro, richiamiamo la sensazione dell’esser respirati.
Cerchiamo la presenza della forza più grande che porta il respiro
dentro e fuori. Per farlo, è sufficiente ricordare l’esistenza di quella
presenza più vasta e sintonizzarci con essa… stare in essa… esplo-
rarla… aprirci a essa. Un meditante che un giorno ha avuto l’in-
tuizione di essere respirato, quando più tardi siede in meditazione
mantiene la consapevolezza che: “L’intera forza di questo universo
si muove in ogni mio respiro”. Io ho praticato per anni con la dha-
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capitolo undicesimo
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la vita quotidiana di un meditante: mantenere l’attenzione interiore
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la vita quotidiana di un meditante: mantenere l’attenzione interiore
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la vita quotidiana di un meditante: mantenere l’attenzione interiore
Indagine sul Sé
I saggi del Vedanta diedero il nome atma vichara, o auto-indagine,
all’atto di divenire consapevoli di sé. Il termine Vichara non significa
solo pensare a qualcosa e neppure ha lo stesso significato dell’auto-
analisi psicologica. È una pratica yoga di riflessione su di sé nella
quale manteniamo l’attenzione sui fenomeni interiori in un modo
stabile, focalizzato, senza entrare in meditazione.
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la vita quotidiana di un meditante: mantenere l’attenzione interiore
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Dopo che ti sei centrato nel cuore (guarda a pagina 221 per le istru-
zioni), porta l’emozione in quello spazio, mantenendola lì e lascian-
do che l’energia del cuore la circondi. Ancora focalizzato sul cuore,
espandi la tua consapevolezza al punto da essere conscio dell’intero
campo di Consapevolezza nel quale ha luogo la tua esperienza. Inclu-
di l’intera stanza, il tuo stesso corpo, mantenendo, simultaneamente,
l’emozione nello spazio del cuore e la sensazione di un campo di
Consapevolezza che circonda e contiene il tuo corpo.
Senti l’energia nell’emozione. Diventa consapevole che l’emozione è
in realtà un ammasso di energia. Poi immagina in esso un’apertura e
attraversala. Nel farlo, osserva come cambia il tuo stato.
Se preferisci, mescola il mantra all’emozione, lasciando che la sua
energia rompa o dissolva i sentimenti intensi. Qui è importante
non creare un senso di opposizione tra mantra ed emozioni – non
usare il mantra come un randello per respingere i sentimenti vio-
lenti. Porta semplicemente il mantra nell’emozione e lascia che esso
operi la sua alchimia in qualsiasi modo si manifesta, senza cercare
di forzare alcunché.
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la vita quotidiana di un meditante: mantenere l’attenzione interiore
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Il programma di Svolta
capitolo dodicesimo
in tre settimane
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il programma di svolta in tre settimane
spinti rispetto alla vita normale, più duro sarà tradurre la nostra pra-
tica nella routine dei giorni indaffarati e pieni.
Quando mettiamo in atto a casa il nostro programma di svolta,
creiamo un’atmosfera da ritiro all’interno del consueto ambiente.
Creiamo una nuova routine e l’abitudine di essa rimane nell’aria,
spronandoci anche una volta che il programma è concluso.
Prendere l’impegno
Per cominciare il programma di svolta, è necessario prendere l’im-
pegno di:
1. Meditare giornalmente, se possibile, da un’ora e mezza a tre ore
al giorno. Questo può essere fatto in una sessione di meditazione
o due. Se sei troppo occupato per meditare per un’ora o più alla
volta, oppure se hai figli piccoli, o un lavoro molto impegnativo,
sentiti libero di adattare il programma alle tue esigenze. I suoi
principi ti aiuteranno anche se mediti solo per venti minuti o
mezz’ora alla volta, e, quando introduci una continuità nella
pratica, potrai cominciare a vedere che la tua situazione si aprirà
in modo inaspettato.
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il programma di svolta in tre settimane
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Ma, a questo punto, ci sono altre ragioni per cui voler passare al
vaglio i propri impegni: le persone con cui trascorriamo il tempo
influenzano profondamente il nostro stato interiore e, sebbene non
sia possibile circondarsi interamente di esseri elevati che ci sosten-
gano nella pratica meditativa, possiamo certamente star lontani da
persone e avvenimenti che agitino la nostra mente o che ci rendano
difficile entrare in noi.
Naturalmente, se le persone che ci distraggono sono le stesse con
cui viviamo, questo ci metterà a dura prova! Può darsi che con il no-
stro coinquilino, con il nostro coniuge o con i nostri figli ci risulti
difficile trovare il tempo per il silenzio; o forse le persone a noi vicine
– coniuge, partner, compagna di stanza, bambini – si sentono minac-
ciate dalla nostra pratica: pensano che ci allontani da loro, si sentono
gelosi, oppure pensano che meditare sia stupido; magari, invece ci
sostengono, ma trovano difficile creare un’atmosfera favorevole alla
meditazione.
Quando ero una principiante, andai a trascorrere un fine settima-
na da un’amica. Accadeva negli anni settanta, quando a molti la me-
ditazione appariva una pratica strana. Ogni mattina nel mezzo della
mia pratica, la mia amica cominciava a sbatacchiare rumorosamente
i piatti nella stanza vicina. “Stai ancora meditando?” mi chiedeva di
tanto in tanto. La mia reazione seccata era distraente tanto quanto
la sua interruzione.
Anche se i tuoi cari sono entusiasti di sostenere la tua pratica, è
sempre una buona idea discuterne con loro, spiegando cosa stai cer-
cando di fare e perché; ponendo le tue richieste in termini di tempo e
privacy; chiedendo il loro sostegno. Poi dai la possibilità di esprimere
il loro sentire al riguardo, e di chiederti ciò di cui hanno bisogno per
star bene e per sostenerti. Impegnati – entro limiti ragionevoli – a fare
qualsiasi cosa renda le cose più facili.
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il programma di svolta in tre settimane
Chiediti:
Quali sono i punti di forza della mia pratica?
Dove reputo ci potrebbe essere un miglioramento?
Perché meditare? Cosa spero di ottenere dalla meditazione?
Quali sono i miei obiettivi a breve termine?
Quali sono i miei obiettivi a lungo termine?
Quando la meditazione mi è piaciuta in modo particolare?
Che cosa succedeva in quel periodo nella mia vita?
Programma di meditazione
Durante ogni sessione di meditazione delle tre settimane di pro-
gramma, suggerisco che tu segua la stessa sequenza di passi prelimi-
nari indicati sotto. La sequenza è disegnata per aiutarti a uscire dallo
stato mondano, ordinario e a entrare nel sottile stato di consapevo-
lezza che conduce alla meditazione.
Pratiche preliminari
1. Punta la sveglia per un’ora.
Oppure per tutto il tempo che hai concordato con te stesso di me-
ditare ogni giorno.
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la meditazione per amore
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il programma di svolta in tre settimane
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la meditazione per amore
prima settimana
Focalizzazione suggerita: “Entra nella pulsazione interiore”
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il programma di svolta in tre settimane
Variazione
Dopo aver indirizzato la tua consapevolezza sulla pulsazione inte-
riore, forse vuoi chiedere alla shakti di guidare la meditazione, come
nella pratica descritta nel capitolo ottavo, pagine 156-157. Focaliz-
zato sulla pulsazione all’interno della tua consapevolezza, onorala,
riconoscila come una pulsazione di kundalini. Allora chiedile di gui-
dare la tua meditazione, di mostrarti come vuole che tu mediti o
semplicemente di darti qualsiasi esperienza sia giusta per te, oggi.
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la meditazione per amore
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il programma di svolta in tre settimane
si fonde con quello esterno e realizzi che il corpo non è più una bar-
riera tra interno ed esterno. Puoi semplicemente riposare.
Diventando sempre più centrato in quello spazio tra i respiri, imma-
gina un’apertura alla fine dell’espirazione. Puoi visualizzarla come una
porta, o percepirla semplicemente come uno spazio aperto. Entraci.
Non è il tuo corpo, ma la tua consapevolezza che vi entra come atten-
zione. Mantienila nello spazio, anche se il respiro continua a scorrere
naturalmente dentro e fuori. Non stai trattenendo il respiro, stai sem-
plicemente permettendo a te stesso di riposare in quello spazio.
Inoltrati sempre più in profondità: medita su quello spazio inte-
riore. Se si manifestano pensieri, ricorda che sono fatti di Coscienza,
di energia, di shakti.
Dopo la meditazione
Prendi del tempo per uscire di meditazione e stai ancora seduto quan-
to basta per assaporare la sottile sensazione che rimane. Se hai spazio,
puoi sdraiarti nella posizione del cadavere (come descritta a pagina
204) per qualche minuto. Talvolta, quei pochi momenti di riposo of-
frono tutti i frutti della meditazione. Il cambiamento nel Sé di cui for-
se non ti sei reso conto durante la seduta di meditazione può arrivare
tutto in un attimo nei momenti che seguono, mentre ti riposi.
Non appena la meditazione è terminata, registra ciò che hai speri-
mentato. Se le esperienze sono troppo sottili, forse devi contemplar-
le per un momento, al fine di trovare il linguaggio per descriverle. È
importante che tu lo faccia, non importa quanto la lingua ti sembri
imprecisa. Offri la tua meditazione per il beneficio e l’elevazione di
tutti gli esseri.
Osserva quanto a lungo mantieni il senso di connessione con la
tua spaziosità interiore. Puoi farlo portando la tua attenzione nel
cuore, focalizzandoti sul respiro o ripetendo il mantra con la consa-
pevolezza della pulsazione nelle sillabe.
Continua a praticare questi esercizi ogni giorno, mattina e sera,
per il resto della prima settimana.
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la meditazione per amore
seconda settimana
Focalizzazione suggerita: Meditazione sulla Coscienza
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il programma di svolta in tre settimane
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la meditazione per amore
Dopo la meditazione
Segui le istruzioni date per la prima settimana.
terza settimana
Focalizzazione suggerita: Meditazione devozionale
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il programma di svolta in tre settimane
ne tenera e dolce che scorre dall’aria stessa, senti che quella tenerez-
za amorevole soffonde il tuo corpo e permettile di fluire, espirando,
attraverso il tuo corpo e fuori nell’atmosfera.
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Il Processo della maturazione
capitolo tredicesimo
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la meditazione per amore
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il processo della maturazione
Maturare
La fioritura interiore prende il suo tempo. Questa è semplicemente
una delle grandi verità universali della vita spirituale. Non possiamo
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la meditazione per amore
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il processo della maturazione
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la meditazione per amore
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Lascia che la Danza interiore si riveli
epilogo
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si raccoglie nel corpo quando chiudi gli occhi; vive nel respiro, e
si manifesta come consapevolezza che è mossa da una forza più
grande. È là come il senso d’amore o di dolcezza che si intrufola
in te quando rilassi i muscoli tesi, come la pressione sulla fronte,
come la consapevolezza della Consapevolezza. Viene come il senso
di pace nel silenzio interiore, come l’intuizione del tuo splendore,
come l’altissimo pensiero che sai tenere su di te, e come il sollievo
che avverti quando espiri la tensione.
Anche quando la tua energia si sente tesa, sfilacciata, opaca o
dolorosa, anche quando i pensieri e le emozioni turbinano come
vortici di sabbia nel tuo spazio interiore o quando l’opacità giace
come melma nel tuo cuore, lei è là, in fondo alla tua agitazione e
dietro i sentimenti, le memorie e le sensazioni. Lei è in ogni momento
della tua meditazione; è la tua amica interiore, la tua innamorata, il
tuo Sé.
Continua a cercarla, a cercarlo, a cercare Quello – sempre sapendo
che ciò che stai cercando è ciò che già sei. Appena percepisci quella
presenza, stai con lei. Soprattutto, sii lei. Medita sul tuo Sé, l’unico
che è sempre lì per te, l’unico che ti contiene nella sua calma, l’unico
che medita sempre in te.
Possa la tua pratica meditativa rivelarsi gioiosamente in tutte
le sue stagioni e ti conduca ripetutamente al tuo cuore, il Cuore
dell’universo, il grande Sé.
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appendici
Kundalini
i
“La tua vita sola, grande Madre, è il respiro di ogni creatura” scris-
se Ramprasad, il poeta bengalese del diciannovesimo secolo. I suoi
versi toccano il mistero della Kundalini shakti, l’energia interiore che
molti testi yogici descrivono come la forza della crescita spirituale.
Kundalini è una misteriosa fonte di fascino e di confusione, ed è
l’oggetto di uno dei rami più esoterici della letteratura spirituale. È
anche un’energia percettibile – sebbene sottile – che si inizia a rico-
noscere quando la meditazione si rivela.
Citata nei testi yogici Indiani risalenti almeno al sesto secolo e.V.,
kundalini è descritta anche nel manuale dello yoga taoista: The Secret
of the Golden Flower, e in molti testi chiave dello yoga Tibetano. Ai
giorni nostri, testi tradizionali sulla kundalini yoga come Shiva Samhita
e Hatha Yoga Pradipika sono disponibili presso le librerie online, in-
sieme ai libri contemporanei in materia, sia eruditi che divulgativi.
Le persone che meditano da molto tempo, in particolare coloro che
sono stati iniziati da maestri appartenenti a certi lignaggi di Guru,
indiani e tibetani, hanno sperimentato Kundalini nel corso della loro
pratica. Nonostante ciò, in molti testi classici dello yoga, kundalini è
spesso trattata – almeno a giudicare dalle apparenze – come se fosse
un’energia quasi meccanica, che può essere manipolata, che si può
imparare a controllare, o esattamente il contrario.
Invece, kundalini è molto di più di questo, e qui sta l’essenza del suo
fascino e del suo mistero. Come afferma lo studioso francese Jean Va-
renne in Yoga e tradizione indù: “La kundalini è shakti, è il potere divino
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la meditazione per amore
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appendice
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la meditazione per amore
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appendice
Kundalini e le tradizioni
Poiché kundalini è una potenza universale, i suoi effetti sono stati
avvertiti – e registrati – dai mistici di ogni tradizione e anche da
molti che non si definiscono tali. Le visioni, le estasi, le intuizioni,
e le realizzazioni descritte dai mistici cristiani come Teresa d’Avila
o Ildegarda di Bingen, da mistici ebrei come Baal Shem Tov, e da
sufi, taoisti e praticanti buddisti, corrispondono alle esperienze di
kundalini risvegliata descritte nei testi indiani dello yoga. Gli scrit-
ti del Buddismo Vajrayana, così come alcuni scritti della tradizione
ermetica occidentale e cabalistica, sono molto simili alle descrizioni
di kundalini che si trovano nei tantra indù. Elaine Pagels, nei Vangeli
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la meditazione per amore
Il risveglio di Kundalini
Come viene risvegliata allora kundalini? I testi orientali ci dicono che
può avvenire in uno di questi quattro modi: spontaneamente, maga-
ri come effetto di precedenti pratiche; attraverso alcune posture di
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appendice
1 I maestri della tradizione talvolta mettono in guardia gli studenti che quando si
praticano hatha yoga e pranayama intensi per attivare kundalini, ciò può creare
un risveglio improvviso e parziale che può essere nocivo per il praticante. per
questa ragione, è importante eseguire queste pratiche solo con una guida esperta.
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Guida alla risoluzione dei problemi
ii
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la meditazione per amore
dei miei insegnanti, che sulla mia personale esperienza nella pra-
tica.
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appendice
Altre soluzioni
Alcune pratiche possono aiutarti a vincere la tendenza ad addor-
mentarti. La maggior parte di quelle elencate di seguito sono spiega-
te nel dettaglio in tutto il libro.
• Siediti in una posizione sostenuta. I glutei fermamente ap-
poggiati a terra, la colonna vertebrale allungata, le scapole ver-
so il basso e all’indietro, il cuore sollevato verso l’alto. Durante
la meditazione rinnova la postura di tanto in tanto.
• Esegui qualche posizione di hatha yoga prima di medita-
re. Oltre a renderti più flessibile, l’hatha yoga sposta l’energia
nel tuo corpo così che diventi allo stesso tempo più calmo e
più vigile.
• Chiedi la grazia. Quando invochi la grazia prima della medita-
zione, chiedi: “Per favore oggi permettimi di concentrarmi pro-
fondamente e di rimanere cosciente durante la meditazione”.
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la meditazione per amore
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appendice
Mi sembra di non saper stare in profonda meditazione: cosa posso fare? Sono
profondamente in me, quando all’improvviso vengo catapultato nel consueto stato
di veglia.
Questo è abbastanza normale. Nel corso Lo yoga non è
di un’ora, possiamo entrare o uscire dalla di colui che troppo
meditazione più e più volte. Andiamo in mangia, né di colui
profondità per qualche tempo. Poi la no- che non mangia affatto
stra coscienza risale in superficie, solo per … non del troppo sonno
volgersi di nuovo all’interno e tornare nel o di colui che veglia
profondo. Una volta, un meditante piut- bhagavad gita
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la meditazione per amore
Medito da due anni e mi sembra di non aver mai smesso di pensare né di essere
mai entrato in meditazione. Cosa devo fare?
Anche meditanti esperti attraversano periodi in cui la meditazione
non è altro che duro lavoro. È come remare contro corrente. Metti
da parte i pensieri e provi a focalizzarti, ma non c’è alcuna immer-
sione nel tuo Sé più profondo, nessuna esperienza del passaggio
dalla “coscienza di veglia” alla “coscienza di meditazione”, nessuna
sensazione che la shakti ti stia abbracciando e portando all’interno.
Sebbene abbia sentito più e più volte che un meditante dovrebbe ab-
bandonare le aspettative, ancora ti domandi: “Perché succede que-
sto? Perché non ho alcuna esperienza tangibile?”.
La risposta è: “Non fare niente”. Se tu stessi imparando a giocare
a tennis, non ti aspetteresti di battere un servizio, senza sforzo, dopo
solo tre settimane di lezione. Ti arrenderesti a provare la tua battuta
per ore, a fare tiri sbagliati, e a provare ancora. Ti alleneresti fino a
far diventare la tecnica una seconda natura e a sentire che è il tennis
a giocare te.
La meditazione è anche un’abilità. Ci vuole tempo per sviluppare
i “muscoli” interni della focalizzazione e per imparare a lasciarsi an-
dare nel mondo interiore. Ci vuole pratica per scoprire come muo-
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la meditazione per amore
Cosa posso fare per trattenere la mente dal commentare la mia meditazione? Mi
sta facendo impazzire.
Questo è uno dei trucchi della mente. Quando la tua mente si rende
conto che non hai intenzione di prestare attenzione alle sue chiac-
chiere mondane, inizia a fare commenti sulla tua meditazione. “Sto
facendo tutto bene? Caspita, sto facendo un’esperienza!” Puoi trat-
tare le chiacchiere spirituali come ogni altra. Cioè, cerca di non farti
sedurre dal messaggio e ricorda che tutti i pensieri sono fatti di Co-
scienza, di energia, e lasciali andare.
Se i commenti ti portano fuori dalla consapevolezza meditativa,
riporta la tua attenzione sulla pratica che stavi facendo o semplice-
mente espira pensando: “Lascia andare”. Lasciati di nuovo fluire in
meditazione.
Continuo a trovarmi a un punto in cui sento che mi sto sciogliendo in una sorta
di cielo interiore. Allora mi ritraggo terrorizzato. Sono furioso con me stesso
perché sento che avrei potuto fare un cambiamento enorme, ma ero troppo spa-
ventato. Cosa posso fare per la paura che compare in meditazione?
Non c’è probabilmente nessuno al mondo che, a un certo punto,
non si sia tirato indietro spaventato da quella che avrebbe potuto es-
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1 In inglese “Thou” (che rimanda al verso biblico “Thou shalt not kill”, Non
ucciderai), per cui è immediatamente comprensibile che si riferisca al Divino.
(NdT)
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appendice
corda di tutte le altre cose che potresti fare. Ti fa notare che non hai
mai avuto esperienze interessanti in meditazione. Ti dice che un’ora
è troppo lunga e che se tu smetti mezz’ora prima, puoi fare alcune
delle telefonate che hai bisogno di fare. Non c’è nulla di arcano in
queste voci. Sono semplicemente segnali della tua mente mondana.
Dopo un po’, se fai attenzione, dovresti conoscerli bene.
La resistenza spesso arriva proprio nel momento in cui stai andan-
do più in profondità. Arriva come un impulso, quasi una necessità a
ritornare al familiare e al conosciuto. Questa membrana di resisten-
za, questo desiderio profondo, conservatore, di non andare avanti, è
estremamente tenace e convincente. È in grado di gettarti completa-
mente fuori dalla meditazione. George Gurdjieff, il maestro del ven-
tesimo secolo, diceva che ci sono due forze nell’universo: una che dice
“Sì” alla crescita spirituale, e l’altra che dice “No”. Queste due forze
giocano in noi continuamente, e noi costante-
mente scegliamo quale seguire. La resistenza è Lotta e serenità
l’espressione della forza del “No”. entrambe avvengono
La cosa migliore da fare quando compare la in Dio.
resistenza è di non muoversi: stare solo seduti. rumi
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la meditazione per amore
A una donna che si poneva questa domanda venne fuori: “Le perso-
ne che meditano sono strane”. Approfondendo ciò, emerse: “Temo
che se mi lascio andare, non sarò in grado di agire”. E approfonden-
do ancora di più: “Supponiamo che perda la mia personalità?”.
A un giovane uomo si presentò: “Ho bisogno di rimanere attacca-
to ai miei pensieri perché sono importanti”. Più in profondità, sco-
prì questo sentimento: “Ho bisogno di fare qualche cosa. La medita-
zione è una perdita di tempo a confronto del lavoro che devo fare”.
Una volta scoperte le tue resistenze specifiche, allora puoi affron-
tarle. Puoi dare loro una risposta. E rassicurarti.
Per esempio: “Invece di rendermi incapace di agire, la meditazio-
ne è la base e il punto di partenza dell’azione”. “Guarda X, Y e Z
(inserisci i nomi dei grandi maestri o dei meditanti di lungo corso
che hai incontrato, o di cui hai letto): hanno personalità molto forti
e definite.” Una risposta ancor più valida per la paura di essere stra-
ni è l’atteggiamento di totale auto-accettazione: “Mi va benissimo
essere strano”.
Un altro modo per analizzare la tua resistenza è parlare alla sen-
sazione direttamente, come se fosse una persona, e chiederle come
operare. Una giovane donna convocò la sua sensazione di resistenza
e le chiese: “Come posso imparare a liberarmi di te?”. Dall’interno
sentì: “Ti basta ripetere continuamente il tuo mantra. Esso mi dis-
solverà”.
Anche se esamini, comprendi e rispondi al contenuto della tua re-
sistenza, puoi avere la necessità di lavorare a livello energetico (vedi
a pagina 142) con la sensazione stessa, per mantenerla nella Consa-
pevolezza fino a che la senti dissolversi in pura energia senza conte-
nuto. Nulla è più potente della pura Consapevolezza per dissipare i
blocchi della tua coscienza.
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appendice
Nella mia meditazione non succede mai nulla. Che posso fare?
Non ti dico quante volte ho sentito le persone pormi questa do-
manda. Generalmente, la loro meditazione è molto più intensa di
quanto essi pensino. Il loro problema è che hanno concetti su ciò
che costituisce una vera e propria “esperienza meditativa” e la loro
reale esperienza non corrisponde alle loro idee.
Questo è qualcosa che un meditante deve contemplare con at-
tenzione. Può darsi che il tipo di esperienze meditative di cui si
parla nella tua tradizione spirituale in realtà rappresentino solo
una parte dello spettro dell’esperienza interiore. Ogni percorso
ha il proprio linguaggio per descriverle e – non importa quanto
universale questo percorso possa essere – la maggior parte delle
comunità spirituali tendono a enfatizzare alcuni tipi di esperienze
rispetto ad altre. Di solito, sono quelli che il maestro ha incontrato
sul proprio cammino: egli descrive queste esperienze a beneficio
dei suoi seguaci, per ispirarli o per mostrare loro alcuni dei pun-
ti di riferimento sul percorso. Ramana Maharshi si risvegliò alla
verità suprema ponendosi la domanda: “Chi sono?” fino a che il
senso dell’Io si rivelò essere una finzione – e questo è il percorso
che lui e i suoi seguaci contemporanei hanno insegnato. I buddisti
privilegiano l’esperienza del vuoto, mentre i mistici cristiani come
Teresa d’Avila o i meditanti indiani dei percorsi devozionali descri-
vono spesso quali straordinarie visioni e “doni” interiori. Eppure
la maggior parte dei maestri hanno detto che il loro percorso e la
loro esperienza è proprio questo – la loro personale esperienza – e
che un altro meditante potrebbe avere un cammino completamen-
te diverso.
Ancora, non conta quante volte il maestro ci ricordi che il mondo
interiore è illimitato, e che ogni individuo ha la propria traiettoria
in meditazione: i seguaci tendono a credere che la descrizione del
loro insegnante abbracci l’intera gamma dell’esperienza spirituale
“accettabile”. Se la loro esperienza è diversa, concludono che stan-
no mancando la meditazione, o che stanno andando per una strada
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la meditazione per amore
sbagliata (se sono del tipo che si auto-biasima), oppure (se sono del
tipo arrogante) che è il maestro che sbaglia.
Molte persone patiscono queste conclusioni perché la loro espe-
rienza non è descritta nei testi della loro particolare tradizione. Nel
suo libro Come crescere un fiore di loto, Jiyu-
Ho la sensazione Kennett Roshi descrive come visse i dubbi
che la mia barca sull’autenticità delle sue visioni perché nel-
si sia arenata, la sua scuola zen le visioni non erano am-
laggiù nel profondo mirate né incoraggiate. Quando una catto-
contro una grossa cosa. lica contemplativa sperimentò uno stato
E non succede nulla! di vuoto interiore, in cui il suo personale
Nulla… sé svanì, il suo direttore spirituale cattoli-
Silenzio… Onde…
co, non avendo familiarità con quell’espe-
Non succede nulla?
rienza, dubitò della sua autenticità. Un mio
Oppure tutto è successo,
e ci troviamo ora, studente era portato a concentrarsi su un
in silenzio, campo interiore di energia con la sensazio-
nella nuova vita? ne che Dio vi fosse presente. L’unica esatta
juan ramón jiménez descrizione che poteva trovare per questa
esperienza era nel testo cristiano mistico
La nube della non-conoscenza. Ma questo non fece di lui un meditan-
te cattolico, come la meditante cristiana non divenne buddista solo
perché la sua esperienza era descritta nei testi buddisti.
La verità è che non abbiamo idea di quali samskara abbiamo, di
quali pratiche spirituali fatte nel passato stiano ora portando frutti, o
quale parte dell’universo interiore abbiamo esplorato. Non abbiamo
modo di sapere quanta purificazione interiore deve essere fatta pri-
ma di avere “esperienze” evidenti. Il Pratyabhijna Hridayam dice che
dal punto di vista della Realtà ultima, ogni posizione filosofica e ogni
tipo di esperienza spirituale sono semplicemente un gradino sulla
scala verso l’unità suprema. Lo Splendore, in breve, può apparire in
qualsiasi modo voglia – e lo fa: appare spesso sotto forma di cam-
biamenti di vita che diventano evidenti solo dopo che ti sei alzato
dal tuo cuscino di meditazione.
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appendice
285
la meditazione per amore
Chiudi gli occhi. Concentrati sul vuoto “spazio” che appare davanti
ai tuoi occhi. Guarda il vuoto, il campo davanti a te. Cosa ti sembra?
Forse vedi un campo tutto grigio con poche venature o punti di luce.
Forse è nero. Forse blu con striature oro.
Questo è il campo della tua coscienza. è la coscienza di fondo entro
cui tutta la tua esperienza sale e scende. Abbandonati a esso. Se i
pensieri arrivano, lasciali lì, nel campo della tua coscienza. Mantieni
la tua consapevolezza focalizzata sullo stesso spazio, su quel “nulla”
interiore che vedi quando chiudi gli occhi.
Quando sei pronto, prova la sensazione che ti stai muovendo nel
campo interiore del nulla. Non è il tuo corpo, naturalmente, che si
muove, ma tu come attenzione, come Consapevolezza. Lascia la tua
coscienza fluttuare, nuotare, o navigare attraverso il campo della va-
cuità. Nota ciò che incontri. Nota i differenti campi di energia che
salgono e scendono dentro il campo della tua coscienza. Esplora
la tua coscienza – tutto il tempo, comprendendo che questo vuo-
to, questo spazio dentro di te, è la Coscienza stessa. Proprio questo
campo di vuoto è il Sé, la realtà suprema. Col tempo si rivelerà a te.
siamo riconoscerli dalla luce e dai colori, dal fatto che sono pervasi
da luminosità divina che è chiaramente lo scorcio di un altro mondo.
Anche queste sono esperienze di meditazione – solo che avvengono
nello stato di sogno.
Quando mediti sinceramente, si creano sempre cambiamenti nel-
la tua vita. E sempre, alla fine, essa ti trasformerà.
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Ringraziamenti
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in ciascuno di noi ed è presente laddove la verità è conosciuta ed
espressa. E, soprattutto, all’eterno gioco di Shakti, l’amore pulsante
al cuore della realtà, che è divenuta tutto ciò che è e attraverso la cui
grazia tutti noi, alla fine, saremo resi liberi.
s. k.
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L’Autrice
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Verdechiaro nasce dalla fusione del verde e del giallo e rappresenta
la realizzazione nel concreto di un progetto individuato attraverso
l’intuizione: poter contribuire alla circolazione delle idee in cui cre-
diamo. Le nostre proposte editoriali sono libri che portano il seme
di un messaggio evolutivo che sentiamo in modo particolare. Sono
opere indirizzate alla mente e al cuore dell’uomo, che pensiamo non
debbano mai essere disgiunti per il raggiungimento di una più pro-
fonda consapevolezza.
Che questi libri possano essere un faro per colui che desidera ad-
dentrarsi nel viaggio interiore.
Verdechiaro Edizioni
via Montecchio, 29
42031 Baiso (Reggio Emilia)
tel. 339.7503879 – fax 0522/993017
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