e oggi ha un’azienda di software, ha confrontato quei dati con i voti
che prendevano effettivamente gli studenti. Voleva capire se c’era una
correlazione tra il tempo dedicato a un’esercitazione e il voto ricevuto dallo studente. Curiosamente, non c’è. Alcuni lavorano in fretta e prendono un A, mentre altri controllano anche le virgole e prendono lo stesso voto. L’unica differenza sta nella quantità di tempo dedicata all’esercizio. Ma qual è la conseguenza di questa scoperta per il business? Beh, se siete dei manager, vorrete assumere non solo quelli che prendono il voto massimo, ma anche quelli che se lo meritano nel tempo più breve. Nello studio effettuato all’università di Yale, gli studenti più veloci battevano i colleghi lenti per 10 a 1. Erano dieci volte più veloci, e ottenevano un voto altrettanto buono. Dieci volte più veloci è una bella differenza, non vi pare? Le aziende dovrebbero perciò assumere le persone più rapide ed estromettere i posapiano. Sembra effettivamente l’approccio più logico per aumentare la produttività , ma altri fattori possono rivelarsi ancora più cruciali. Se prendete in considerazione i team anziché gli individui, potete notare una cosa interessante. Ci sono studi che hanno analizzato quasi 3.800 progetti, dal lavoro delle società di revisione allo sviluppo del software per le navi da guerra alle iniziative tecnologiche di IBM. Gli analisti non hanno preso in considerazione i dati relativi alla performance individuale, ma quelli sulla performance del team. E quando si esamina la performance dei team, si nota una cosa sorprendente. Se il miglior team è riuscito a portare a termine un incarico in una settimana, quanto pensate che ci abbia messo il peggiore? Forse penserete che valga lo stesso rapporto numerico osservato a Yale, 10 : 1 (il team peggiore ci metterebbe più di due mesi a fare quello che il migliore ha fatto in una settimana). Nella performance dei team, però , c’è una differenza molto maggiore rispetto a quelle individuali. In realtà il team più lento non ci ha messo dieci settimane a fare ciò che il più veloce è riuscito a fare in una: ci ha messo duemila settimane. Ecco a quanto ammonta realmente la differenza tra il migliore e il peggiore. Allora dove dovreste concentrare la vostra attenzione? A livello individuale, dove potreste ottenere un miglioramento del 1.000% se riusciste magicamente a trasformare tutti i vostri dipendenti in geni? O a livello di team, facendo aumentare enormemente la produttività pur limitandovi a rendere appena mediocri i vostri team peggiori? Naturalmente, puntare alla mediocrità vuol dire ottenere solo quella, ma cosa accadrebbe se foste in grado di portare all’eccellenza tutti i vostri team? In certe situazioni, in certi luoghi e con certi piccoli gruppi, può accadere veramente di tutto. Anche se non avete mai fatto parte di quei team, li avete certamente visti all’opera. Ne sentite raccontare le storie, e si tramandano leggende su ciò che possono realizzare. Io sono cresciuto vicino a Boston e oggi vivo là , perciò alcuni grandi team che mi vengono alla mente sono i Celtics degli anni Ottanta o i New England Patriots dell’epoca di Tom Brady. Quando c’erano in campo loro, sembrava che giocassero diversamente da tutti gli altri. Tiri e giocate che sembravano impossibili entravano improvvisamente a far parte della tattica. Era come se uno stato di grazia si fosse impossessato di quei giocatori, e che per un breve periodo non potessero fare il benché minimo errore. Larry Bird attraversava il campo e passava la palla senza nemmeno guardare quello che sembrava un parquet vuoto. Nel momento in cui la palla veniva indirizzata verso l’esterno, però , Kevin McHale appariva esattamente dove doveva trovarsi. E la passava a sua volta sull’esterno praticamente senza guardare, dove Robert Parish era perfettamente posizionato per fare canestro. Il totale allineamento di finalità e di spirito è una condizione che porta alla grandezza. Abbiamo visto tutti questi team eccezionali. Alcuni di noi hanno avuto la fortuna di farne parte – anche di più di uno – nel corso della vita. Quando progettavo Scrum, ho studiato le caratteristiche che differenziavano i team vincenti da tutti gli altri. Come mai – mi domandavo – alcuni team cambiano il mondo, e altri rimangono costantemente nella mediocrità ? Quali sono gli elementi che accomunano i team veramente grandi? E soprattutto, siamo in grado di riprodurli? La risposta, ve lo anticipo, è sì. Nel documento originario in cui prefiguravano quello che poi sarebbe diventato Scrum, “The New New Product Development Game”, i professori Takeuchi e Nonaka descrivevano le caratteristiche dei team che avevano visto all’opera nelle migliori aziende del mondo. Erano: 1.trascendenti: hanno un senso di finalità che va oltre l’ordinario. Questo obiettivo autorealizzato consente loro di passare dall’ordinario allo straordinario. In un senso molto pratico, la decisione stessa di rifiutare la medianità per puntare alla grandezza modifica l’idea che hanno di se stessi, e di ciò che possono realizzare; 2.autonomi: i team sono autorganizzati e autogestiti, liberi di decidere come svolgere il proprio lavoro e autorizzati a mettere in pratica quelle decisioni; 3.interfunzionali: i team hanno tutte le competenze necessarie per portare a termine il progetto – pianificazione, progettazione, vendite, distribuzione – e quelle competenze si alimentano e si rinforzano a vicenda. Come ha detto il membro di un team che ha progettato una videocamera rivoluzionaria per Canon, “Quando tutti i membri del team sono riuniti in un sola grande sala, le informazioni di qualcun altro diventano automaticamente tue. Poi cominci a ragionare in base a cos’è meglio per il team nel suo complesso e non solo per te”1. Quindi, come si fa a creare un team che mira a un obiettivo più elevato, si autorganizza, e sviluppa costantemente le competenze di ognuno dei suoi membri? Ci ho riflettuto molto a lungo. Dopotutto, non basta ordinare ai collaboratori di essere più organizzati e trascendenti; la motivazione deve arrivare dall’interno. Tentare di imporla significa rovinare tutto. Non potrebbero esserci alcune regole semplici che promuovono la magia?
LA LUNGA LINEA GRIGIA
Ho ripensato a quando facevo parte di uno di quei team magici. Erano i
primi anni Sessanta, e io ero un cadetto della United States Military Academy, meglio nota come West Point. Nell’ultimo anno di servizio sono stato nominato ufficiale istruttore della mia compagnia, la L2, detta anche “Loose Deuce” (“Svagata Due”, n.d.t.). Nel 1963 c’erano 24 compagnie a West Point: andavano da A1 a M1 e da A2 a M2. Tre volte alla settimana quelle compagnie scendevano in piazza d’armi e marciavano in alta uniforme, con i fucili tenuti in questo modo, le spade in quest’altro, le spalline bianche in quell’altro ancora, e tut
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