Un ulteriore punto importante: lavorare nel modo più produttivo –
il metodo Scrum – non deve essere limitato al business. Che cosa
succederebbe se la gente utilizzasse questo metodo per affrontare i grandi problemi con cui combatte la nostra specie, come la dipendenza dal petrolio, la mancanza di istruzione, la scarsità di acqua potabile nelle parti più povere del pianeta o la criminalità crescente? E se esistesse veramente un modo migliore per vivere, lavorare e risolvere i problemi in modo diverso? Un modo in cui potremmo veramente cambiare il mondo? Esiste. Ci sono persone che utilizzano Scrum per affrontare tutti i problemi che ho menzionato, e stanno avendo un impatto profondo. In questo libro imparerete alcuni metodi fondamentali grazie ai quali le persone lavorano meglio, perché siamo tremendi nell’elaborare le stime e perché lavorare oltre l’orario farà finire il vostro progetto in ritardo. Vi accompagnerò attraverso tutte le ricerche e gli sforzi che le persone e gli scienziati hanno messo diligentemente in atto per anni, e vi mostrerò come Scrum li lega tutti insieme in un metodo che potete implementare domani. Vi mostrerò in che modo. Prima, però , voglio raccontarvi la storia di come ci sono arrivato. IN BREVE
Pianificare è utile, seguire ciecamente i piani è da stupidi. Disegnare diagrammi
infiniti è una tentazione molto forte: tutto il lavoro che deve essere fatto in un ampio progetto ben tracciato, in modo che tutti lo possano vedere. Però, quando i piani dettagliati incontrano la realtà vanno in pezzi. Incorporate nel vostro metodo di lavoro l’ipotesi del cambiamento, della scoperta e delle nuove idee.
Ispezionare e adattare. A brevi intervalli, fermatevi, rivedete quello che avete
fatto e considerate se è ancora quello che dovreste fare e se potreste farlo meglio.
Cambiare o morire. Aggrapparsi al vecchio modo di fare le cose – comando e
controllo e rigida pianificazione – condurrà solo al fallimento. Nel frattempo la concorrenza che vuole cambiare vi lascerà nella polvere.
Fallire rapidamente, in modo da poter risolvere al più presto. Spesso la cultura
aziendale dà più valore ai moduli, alle procedure e alle riunioni che a una creazione visibile di valore che possa essere verificata a brevi intervalli dagli utilizzatori. Il lavoro che no<n produce valore reale è una follia. Lavorare un prodotto in cicli brevi consente di ottenere un feedback anticipato dagli utilizzatori e vi permette di eliminare immediatamente ciò che è evidentemente uno sforzo inutile. 2 Le origini di Scrum
Per i piloti americani di stanza in Vietnam, un turno di servizio
significava volare per 100 missioni in territorio nemico. Il 50% di loro veniva abbattuto. Alcuni venivano salvati, ma la maggior parte non faceva più ritorno. Nel 1967 ero un giovane e, ancora in parte, inesperto pilota e fui spedito dalla base Mountain Home Air Force in Idaho alla Udorn Royal Thai Air Force, nel nord della Tailandia, per svolgere quello che è il lavoro più pericoloso nell’aviazione USA: la ricognizione. Tutto questo accadeva ben prima dell’era delle missioni dei droni Predator e delle immagini satellitari affidabili. Il mio Phantom RF-4C era imbottito di armi ed equipaggiato con fotocamere e un serbatoio extra di carburante. Il mio lavoro era volare in territorio nemico, in modo che il mio navigatore potesse scattare delle foto del prima e del dopo le nostre missioni di bombardamento. La maggior parte delle missioni si svolgeva di notte, e io volavo attraverso il buio tropicale a poche decine di metri di altezza, sfiorando praticamente le cime degli alberi. Nel momento in cui attraversavo il confine con il Vietnam del Nord, il display di fronte a me si illuminava come un flipper, e l’allarme sonoro del radar passivo andava fuori uso con una raffica di beep e di fischi. Il cielo si illuminava a causa del fuoco dei proiettili traccianti della contraerea e sapevo che, entro pochi minuti, i radar dei missili avrebbero inquadrato il mio aereo, a meno che stare sotto i 150 metri non fosse sufficiente a confondermi con il suolo. In quei momenti l’adrenalina esplodeva, ma non ho mai perso la mia freddezza; anzi, il pericolo quasi mi calmava. Attribuisco tutto questo all’addestramento che ho ricevuto dall’aviazione su come controllare il rischio. Quell’addestramento mi ha insegnato a fare quattro cose: osservare, orientarmi, decidere e agire. In quella situazione, osservavo i bersagli, immaginavo il percorso migliore per entrare e uscire dalla zona calda, mi orientavo di fronte a eventi inaspettati e poi agivo in modo deciso basandomi sull’istinto e sui meccanismi automatici che avevo appreso. L’esitazione può uccidere un pilota, ma anche l’avventatezza. Non appena il mio navigatore aveva scattato le sue foto, tiravo la cloche con tutta la mia forza e mi lanciavo fuori dalla zona calda, mentre l’accelerazione riduceva la mia vista a un puntolino. Spesso il mio navigatore sveniva a causa della forza di gravità , o perdeva il controllo delle sue budella. Ma non si è mai lamentato. Perché ci ho sempre riportati a casa sani e salvi. Allora ero solo un giovane pilota di jet che sperava di sopravvivere al suo turno di missioni. Non sapevo che la mia esperienza di volo, e l’addestramento che avevo ricevuto su come pensare e agire in situazioni di vita o di morte, avrebbe dato forma al modo in cui avrei lavorato per il resto della mia vita. Arrivai in Vietnam nel 1967 con due squadroni di caccia F-4 e due di ricognitori RF-4C, un centinaio di velivoli in totale. Gli aerei da ricognizione rimpiazzavano due squadroni di RF-101. Fatta eccezione per quattro velivoli, tutti gli RF- 101 erano stati abbattuti in un anno. I quattro rimasti avevano talmente tanti fori di proiettili che non potevano più volare. Non so neanche come abbiano fatto i loro piloti a farli atterrare al termine dell’ultima missione. L’RF-4C era un aereo più forte, ma comunque nell’arco di un anno una metà dei nostri velivoli venne abbattuta. Avevamo migliorato la sopravvivenza, ma il 50% di coloro che erano arrivati con me non tornarono alla base, anche se alcuni vennero tratti in salvo dalla giungla prima di essere presi prigionieri.