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“Centinaia” rispose.
“Quanti erano corretti?”.
Fece una pausa. “Nessuno”.
A quel punto gli dissi che alla fine del mese gli avrei consegnato del
software funzionante invece di un diagramma di Gantt disatteso.
Avrebbe potuto controllare personalmente e vedere se eravamo sulla
strada giusta. Dovevamo provarci, se volevamo centrare la nostra
deadline.
Io e il mio team trascorremmo diverse settimane a leggere
centinaia di articoli e libri sull’organizzazione dei team e sullo
sviluppo di prodotto. Poi un giorno uno sviluppatore arrivò con un
articolo della Harvard Business Review del 1986, scritto da due
professori di business giapponesi: Hirotaka Takeuchi e Ikujiro Nonaka.
Si intitolava “The New New Product Development Game”. Takeuchi e
Nonaka avevano studiato i team di alcune delle società più produttive
e innovative del mondo tra cui Honda, Fuji-Xerox, 3M e Hewlett-
Packard. I due sostenevano che il vecchio sistema per lo sviluppo di
prodotto – esemplificato dal Phased Program Planning della NASA, un
sistema a cascata – era fondamentalmente difettoso. Al contrario, le
migliori società utilizzavano un processo di sviluppo sovrapposto che
era più veloce e flessibile. I team erano trasversali. Godevano di
autonomia. Avevano il potere di prendere le loro decisioni. E avevano
uno scopo superiore, stavano puntando a qualcosa di più grande di
loro stessi. Il management non dettava legge, ma al contrario i
dirigenti erano leader-servitori e facilitatori, concentrati più
sull’eliminazione degli ostacoli sulla strada dei team che nel dire loro
che cosa dovevano fare. I professori giapponesi paragonavano il
lavoro dei team a quello di una squadra di rugby e affermavano che i
migliori agivano come se si trovassero in una mischia: “… la palla
viene passata all’interno del team mentre questo si muove come
un’entità unica sul campo”1.
L’articolo di Takeuchi e Nonaka ricevette molta attenzione quando
venne pubblicato, ma ciò era accaduto sette anni prima che lo
leggessimo in Easel. Tutti lo avevano ammirato, ma nessuno lo aveva
utilizzato. Il manager medio americano era incapace di trarne un
senso, sebbene Toyota stesse rapidamente accrescendo la propria
quota di mercato utilizzando questo approccio. In Easel non avevamo
niente da perdere. Decidemmo di provarci, nonostante l’articolo si
concentrasse sulla produzione di beni materiali e non sullo sviluppo
del software. Pensai che le loro idee centravano un elemento
fondamentale, una descrizione di come gli uomini lavoravano insieme
al meglio in ogni tipo di sforzo. Essa si inseriva in tutti gli esperimenti
che avevo condotto, sin dal mio primo lavoro nel settore privato in
MidContinent.
Questa fu la nascita formale di Scrum. Consegnammo il prodotto a
Easel nel tempo previsto di sei mesi, risparmiando sul budget e con
meno bug di ogni altra consegna precedente.
Fui così coinvolto dalle possibilità di questa nuova forma di project
management che tutto il mio lavoro successivo si concentrò sulla
rifinitura di Scrum per le aziende. Nel 1995, a una conferenza di studio
della Association for Computing Machinery, presentai un articolo
insieme a Ken Schwaber intitolato “SCRUM Development Process” che
codificava queste pratiche. Da allora abbiamo tolto qualche maiuscola
e modificato leggermente l’idea, ma i principi fondamentali sono gli
stessi, e le società che adottano il processo di solito riscontrano
benefici immediati2.
ISPEZIONA E ADATTA
CAMBIARE O MORIRE
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