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percorsi differenti fino all'epoca fenicia. Le origini del segno "A" possono essere
rintracciate in un geroglifico egizio rappresentante una testa di bove, poi
riadattato e stilizzato, non prima di 3500 anni fa, in un alfabeto proto-semitico
al nuovo stile di lettura, ma anch'esso rappresentante lo stesso soggetto. Il suono
allora corrispettivo non era quello che conosciamo oggi, ma una consonante detta
colpo di glottide [ʔ], usata nella lingua semitica. Successivamente col passaggio
all'alfabeto fenicio, imparentato con quello semita, il segno grafico venne
ulteriormente stilizzato, sino a renderlo simile all'odierno ma orientato con la
punta a sinistra e verso il basso, imitando così il muso dell'animale e le corna.
Fu in quest'epoca che la lettera, pur mantenendo il valore fonetico del colpo di
glottide, assunse il nome di "aleph", con ph che non si pronunciava come la f ma
come la p in inglese [pʰ], dal nome della prima lettera dell'alfabeto ebraico, che
ancora significa «testa di bove» e da cui deriveranno gli altri suoi nomi e il
valore fonologico odierno.
Esempio di capolettera.
Il valore fonetico è finalmente quello odierno, e anche il segno grafico di oggi è
grossomodo quello di quel tempo; i Greci ebbero bisogno di modellare due diversi
segni per indicare la medesima lettera, uno maiuscolo, ottenuto orientando l'aleph
fenicia verso l'alto, e uno minuscolo, probabilmente sempre da un riarrangiamento
della lettera, non più modificandone l'orientamento ma la forma dei tratti
essenziali attraverso delle linee tondeggianti.
I Greci usavano inoltre la lettera "A" nelle monete greche antiche, ed aveva il
significato di Argo, Atene, Antiochia. (rif 2)