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Le sue caratteristiche principali sono le seguenti:
Intorno al XVI secolo, la forma lunga della S minuscola (ſ) cesserà di essere usata
mentre le due forme di I e V daranno vita a due lettere distinte. L'uso di u e v e
di i e j come lettere distinte (e la conseguente creazione delle maiuscole
artificiali J e U) si deve al poeta e umanista Gian Giorgio Trissino (1478 - 1550),
il quale propose anche di usare le due forme della S e le lettere greche ε e ω per
distinguere i due suoni corrispondenti a ognuna delle lettere S, E e O.
Le lettere Y, K e X vengono eliminate nel Medioevo, le prime due a causa del loro
già scarsissimo utilizzo nella lingua latina[10] (anche se la K era ancora usata ai
tempi di San Francesco d'Assisi, v. il Cantico delle creature), la terza per
assimilazione in doppia S (es.: "saxus→"sasso")[11] o per trasformazione in S sorda
(es."Xerxes"→"Serse")[12]; l'uso della Z al contrario aumenterà molto, anche perché
andrà a sostituire la T del digramma "TI + vocale" (omofona alla Z).
La J inizia a essere usata nel '500 fino all'inizio del XX secolo, sia per indicare
il suono semiconsonantico della I (jella), ovvero la "i" intervocalica (grondaja,
aja), e come segno tipografico per la doppia i (principj). Le lettere I e J erano
ancora considerate equivalenti, per quanto riguarda l'ordine alfabetico nei
dizionari e nelle enciclopedie italiani, fino alla metà del XX secolo. Dalla fine
dell'Ottocento in poi, la lettera J cadde in disuso, tranne che in alcune parole
particolari.