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Orologi biologici 2

Introduzione 2

I ritmi sincronizzati con le periodicità naturali: quale valore adattivo? 4

Ritmi circatidali 5

Ritmi circadiani 5

Ritmi circalunari 5

Ritmi circannuali 6

I ritmi biologici non correlati ai cicli geofisici 6

Ritmi infradiani 6

Ritmi ultradiani 6

Gli oscillatori circadiani 8

Localizzazione anatomica degli orologi biologici 10

Organizzazione nervosa dei sistemi circadiani 13

Ritmicità circadiana 15

Stima degli intervalli temporali negli animali 17

Bibliografia e sitografia 19

Martina Zampedri
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Orologi biologici

Introduzione

Lo studio della correlazione tra periodicità dei singoli fenomeni astronomici, meteorologici ed i
fenomeni biologici umani è chiamato cronobiologia (dal greco crònos = tempo). Alberto Oliverio,
uno dei maggiori studiosi in campo mondiale di cronobiologia, così puntualizza, nella prefazione a
"Orologi biologici" in Quaderni delle Scienze, a proposito delle ricerche e scoperte in questo
campo:

“Numerosi fenomeni biologici hanno un andamento ritmico: queste fluttuazioni cicliche possono
essere sincronizzate da fattori ambientali come il ciclo giorno – notte, il ciclo lunare o l'alternarsi
delle stagioni oppure possono essere regolate autonomamente da quelli che sono stati definiti
orologi biologici, complessi meccanismi che influenzano in maniera ciclica numerose attività
dell'organismo, secondo un ritmo interno, indipendente dai fattori esterni.”

Per molto tempo gli orologi biologici dei vegetali o degli animali sono stati descritti dai botanici o
dagli zoologi in termini di meccanismi insondabili. Negli ultimi decenni, invece, lo studio degli
orologi biologici ha costituito un importante capitolo delle scienze biologiche; si tratta di ricerche
che spaziano dalla genetica alla neurofisiologia, dall'etologia alla biochimica. L'analisi dei ritmi
biologici costituisce, infatti, un campo multidisciplinare della biologia in cui ricerche analitiche
hanno permesso di chiarire i meccanismi di regolazione genica, la sede cerebrale di alcuni orologi
biologici negli uccelli e nei mammiferi e le caratteristiche neurobiologiche dei centri nervosi
responsabili di queste attività.

La ciclicità è una caratteristica costante della materia vivente: esistono ritmi delle cellule, degli
organi e sistemi, della biologia e del comportamento degli organismi e della specie. Così, ad
esempio, è presente una ritmicità nel ciclo riproduttivo delle cellule del nostro organismo ed è
ritmica l'attività elettroencefalografica cerebrale. Ma anche tutta la nostra vita psicosociale segue
dei ritmi più o meno evidenti, come dimostrano il comportamento alimentare o sessuale ed il ciclo
sonno-veglia. Un ritmo viene definito come un evento che si ripete regolarmente dopo un certo
intervallo di tempo, ed è caratterizzato da tre parametri: il periodo, l'ampiezza e la fase (fig.1).

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fig.1

Il periodo è il tempo necessario al ritmo per completare un ciclo intero, cioè il tempo che intercorre
fra due picchi dell’oscillazione (25 ore nell’esempio riportato in fig.1). L'ampiezza è la differenza,
espressa in valore assoluto, fra il punto di minimo e il punto di massimo. La fase rappresenta
invece la relazione che il ritmo assume con un altro parametro temporale; per esempio, nei roditori
notturni la fase dell’inizio dell’attività locomotoria corrisponde con l’inizio della fase di buio del ciclo
luce-buio a cui l’animale è esposto.

Il tempo scandisce il comportamento di tutti gli animali. Fondamentale quindi diventa riuscire a
rappresentarsi la periodicità, poiché l’alternanza delle stagioni o del giorno e della notte segnala
cambiamenti periodici nell’ambiente, a cui è necessario adattarsi o essere in grado di anticipare. Di
grande importanza risultano essere anche la capacità di rappresentazione cognitiva della durata e
della successione degli eventi, considerato che gli animali, mettendo in atto diversi comportamenti
con durate precise, dedicano porzioni differenti di tempo alle loro attività (cibarsi, dormire,
procreare, ecc.), ed in più che gli accadimenti in natura si susseguono in base ad un certo ordine.

La ricerca sulla rappresentazione interna del tempo ebbe inizio con gli studi compiuti con i vegetali
nel XVIII secolo; si osservò che le foglie di alcune piante, mantenute in una stanza buia per diversi
giorni, si sollevavano e si abbassavano ad intervalli di tempo regolari, anche in assenza di stimoli
luminosi. Anche Linneo (1707-1778) rilevò che i fiori di molte piante si aprono e si chiudono ogni
giorno con una precisa regolarità. Il primo ad occuparsi, invece, della rappresentazione interna del
tempo negli animali fu Richter (1922) con i ratti, i quali mantenevano ritmi regolari di attività-riposo
anche quando allevati in condizioni di sola oscurità.

In questo discorso risulta importante definire il concetto di bioritmi che, a differenza degli altri ritmi
biologici, non mostrano una relazione diretta con i cicli presenti nell’ambiente fisico; essi si sono

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evoluti in risposta alle richieste fisiologiche dell’organismo, quindi la loro periodicità dipende dalle
dinamiche di tali richieste (per esempio, il battito del cuore, con un periodo di circa un secondo, e
la ritmicità spontanea della scarica di molti neuroni, con periodi di qualche millisecondo). Questi
ultimi descritti, vengono definiti ritmi ad alta frequenza; altri ritmi, invece, si sono evoluti in risposta
ai cicli ambientali e mantengono una chiara relazione di fase con essi. Vengono definiti ritmi
sincronizzati (tab.1) e comprendono: i ritmi circatidali (in sincronia con i due picchi di alta e bassa
marea che si verificano durante il giorno lunare), i ritmi circadiani (in sincronia con l’alternanza del
giorno e della notte), i ritmi circalunari (in sincronia con il ciclo lunare) e i ritmi circannuali (in
sincronia con l’alternanza delle stagioni).

Tipo di ritmo Lunghezza del periodo Ciclo geofisico Variabile osservata

attrazione gravitazionale apertura delle valve,


circatidale ≈12,4 ore esercitata dal Sole e attività locomotoria,
dalla Luna sulla Terra nutrimento

attività di schiusa, attività


rotazione della Terra
circadiano ≈24 ore locomotoria, nutrimento,
intorno al suo asse
temperatura

moto di rivoluzione della accoppiamento,


circalunare ≈29,5 giorni
Luna intorno alla Terra deposizione delle uova

moto di rivoluzione della ibernazione,


circannuale ≈12 mesi
Terra intorno al Sole riproduzione, migrazione
tab.1

Questi ritmi si manifestano spontaneamente anche in condizioni costanti di laboratorio, ovvero


quando gli organismi vengono isolati dal ciclo ambientale con cui sono in relazione. Condizioni
aperiodiche, che presuppongono temperatura, luce o buio costanti, dimostrano la natura endogena
di questi ritmi, divenuti in questo modo espressione del funzionamento di un orologio biologico
interno. Infatti, vengono definiti tutti mediante il prefisso “circa” proprio perché, in condizioni di
laboratorio, i ritmi comportamentali esibiscono spontaneamente un periodo che si discosta da
quello dei ritmi sincronizzati con le periodicità naturali, ma che ad esso si approssima.

I ritmi sincronizzati con le periodicità naturali: quale valore adattivo?

Cosa si intende per sincronizzatore biologico? Un sincronizzatore biologico è ogni fattore


ambientale che presenta variazioni cicliche capaci di modificare uno o più parametri che
contribuiscono a caratterizzare un bioritmo. Abbiamo così un tempo circadiano umorale, cellulare e
nervoso, completamente diverso dal tempo ambientale.

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Nello studio del comportamento animale, è importante riuscire a comprendere in che modo i ritmi
biologici generati dagli orologi interni e sincronizzati con i cicli geofisici possano consentire
l’adattamento degli organismi all’ambiente esterno.

Ritmi circatidali
La caratteristica principale dell’ambiente costiero è la variazione delle condizioni fisiche dovuta alle
maree, risultato dell’attrazione che la forza gravitazionale della Luna e del Sole esercita sulla Terra
ogni 12,4 ore. Il valore adattivo di questi ritmi consiste nella necessità di prevenire l’arrivo della
bassa marea giornaliera; esempi animali riguardano le ostriche, che aprono le loro valve per
nutrirsi durante l’alta marea, quando si trovano immerse nell’acqua, e le chiudono quando l’acqua
si ritira durante la bassa marea, oppure i granchi violino, che emergono dalle loro tane con la
bassa marea, per farvi ritorno solo all’arrivo dell’alta marea.

Ritmi circadiani
I ritmi circadiani, di durata di circa 24 ore, corrispondenti al periodo di rotazione della Terra attorno
al suo asse, sono stati descritti in quasi tutti i gruppi di organismi, da quelli unicellulari (persino
qualche batterio) ai mammiferi. Il valore adattivo di questi ritmi è quello di prepararsi in anticipo a
eventi esterni periodici prevedibili, come l’alba o il tramonto, per fare in modo che una certa
funzione fisiologica o una certa sequenza comportamentale sia messa in atto nel momento giusto
della giornata. Esempi riguardanti questa categoria di ritmi biologici riguardano sia molti processi
biochimici e fisiologici del corpo, come il flusso sanguigno, la produzione di urine, il rilascio di
ormoni, la temperatura corporea, che seguono fluttuazioni legate ai ritmi giornalieri, sia evidenze
animali, come nel caso del canto degli uccelli all’alba per i quali la puntualità quotidiana risulta
essere molto importante, data la necessità di confermare il possesso del territorio prima possibile.

Ritmi circalunari
L’intensità dell’illuminazione notturna varia con le fasi lunari, seguendo un ciclo di circa 29 giorni
che è determinato dalla rivoluzione della Luna intorno alla Terra, e che è in relazione con la
ritmicità tidale. Un esempio in cui il ciclo lunare ha valore adattivo riguarda il caso del moscerino
marino Clunio marinus, che riesce a predire con estrema precisione quando si verificherà la marea
primaverile più alta e quando quella più bassa per coordinare con il ciclo lunare la schiusa delle
uova, l’accoppiamento e la deposizione. Un altro esempio è dato dal pesce marino Leuresthes
tenuis, che depone le uova sulle spiagge della California durante le maree primaverili, usando le
fasi della Luna come parametro temporale.

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Ritmi circannuali
I ritmi annuali sono determinati dal moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole, hanno un periodo
di un anno e sono tanto più pronunciati quanto maggiore è la distanza dall’equatore. Anche in
questo caso è stato dimostrato che in molte specie di uccelli e di mammiferi i ritmi stagionali
dipendono da un orologio biologico endogeno circannuale. Il valore adattivo di questi ritmi consiste
nella necessità di concentrare comportamenti come la riproduzione, la diapausa (fase di inattività
di un organismo), le migrazioni, nei periodi dell’anno in cui possono avere maggior probabilità di
successo sulla base delle variazioni stagionali di temperatura, fotoperiodo (quantità di luce di cui si
gode durante il giorno), piovosità e disponibilità di cibo. Nei mesi invernali alcuni mammiferi
entrano in uno stato di sonno profondo, durante il quale l’attività metabolica è ridotta (ibernazione).
Tale stratagemma adattativo permette a questi animali di superare le avverse condizioni ambientali
del periodo invernale. Nello stesso modo, molte specie di uccelli sfuggono al gelido inverno
migrando verso le regioni più meridionali in cui il clima è più mite.

I ritmi biologici non correlati ai cicli geofisici

Solo una minima parte dei processi biologici di un organismo è sotto il controllo di un orologio
biologico. I cronobiologi hanno deciso di raggruppare i ritmi in due categorie: i ritmi con periodicità
più corta di un giorno (cioè di durata inferiore alle 24 ore) e quelli con periodicità più lunga di un
giorno (cioè di durata maggiore alle 24 ore).

Ritmi infradiani
I ritmi che mostrano una ritmicità superiore alle 24 ore e che non mostrano alcuna relazione con i
cicli geofisici sono chiamati ritmi infradiani. I più comuni e i più studiati sono i ritmi infradiani
associati con il ciclo estrale delle femmine dei mammiferi; per esempio, le femmine dei criceti
hanno un ciclo estrale di 4 giorni, mentre nelle femmine dei ratti la durata è di circa 4/5 giorni. Sono
emersi dubbi circa l’appartenenza del ciclo mestruale delle donne a questa categoria, poiché molto
probabilmente esso è sincronizzato al ciclo lunare.

Ritmi ultradiani
I ritmi che esibiscono una ritmicità inferiore alle 24 ore, e che quindi si verificano più volte in un
giorno, e che non correlano con i cicli ambientali a noi noti sono detti ritmi ultradiani. Esempi
specifici di tale ritmicità, oltre al ritmo del battito cardiaco, della produzione di ormoni e urina, sono
di tipo comportamentale: il verme Arenicola marina, che vive nella zona sabbiosa intertidale,
emerge dalla propria tana ad intervalli regolari della durata di 6/8 minuti, mentre, in maniera simile,
il topo campagnolo, attivo di giorno, ha uno spiccato ritmo ultradiano caratterizzato da periodi di

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attività e riposo che si susseguono con un periodo di circa 2 ore. Un esempio ulteriore più vicino
alla nostra quotidianità è rappresentato dalla suddivisione del sonno nei mammiferi in fasi REM
(Rapid Eye Movements, caratterizzate da movimenti oculari rapidi in presenza di atonia muscolare
e di un tracciato elettroencefalografico simile alla veglia attenta) e NREM (composta da quattro
sottofasi che vanno dal dormiveglia al riposo profondo) che si verificano ogni circa 90 minuti (fig.2).

Durante la notte avvengono dai 4 ai 6 cicli di questo tipo a seconda delle ore di sonno. Nella
specie umana anche durante la giornata si alternano fasi di attività a fasi di riposo (ciclo basale di
attività e inattività): 90-120 minuti di fase attiva con un picco massimo di rendimento, a cui segue
una fase di riposo di circa 20 minuti, sostenuta da ridotta attività cerebrale. Il significato adattativo
dei ritmi ultradiani è ben evidente nel caso degli animali polari, che sono esposti a condizioni
naturali di luce e buio costanti durante la stagione estiva e invernale. Per esempio, in uno studio
condotto sulle renne da Van Oort e colleghi (2005), è emerso che, durante queste stagioni, il tipico
pattern di attività-inattività dei ruminati assume una ciclicità ultradiana; ciò potrebbe essere dovuto
al fatto che i cambiamenti nell’intensità luminosa non sono sufficienti, a queste latitudini, a
sincronizzare il pattern di attività delle renne. La presenza di ritmicità ultradiana è anche cruciale
per il funzionamento dell’attività di singole cellule; infatti, è presente nella motilità, nel metabolismo
e nell’attività enzimatica di cellule microbiche, nonché nel ciclo di respirazione e divisione cellulare
con un periodo di 30 minuti nel protista ciliato Tetrahymena sp. e con un periodo di 40 minuti nel
lievito Saccharomyces cerevisiae.

fig.2

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Gli oscillatori circadiani

Un oscillatore circadiano è una parte di un organismo vivente (una cellula, un tessuto, un organo)
capace, nel momento in cui è isolata e mantenuta in condizioni costanti, di generare
autonomamente un’oscillazione che ha un periodo di circa 24 ore.

In condizioni costanti sperimentali di laboratorio, eliminando quindi le variazioni dovute


all’ambiente, i ritmi circadiani (dal latino circa diem, “intorno al giorno”) dell’organismo persistono
con un periodo simile, ma nella maggioranza dei casi si discosta dalle 24 ore di durata del giorno
astronomico terrestre. Questo risultato dimostra che il ritmo è autonomo dall’ambiente ed è
endogeno; il periodo che ne risulta è detto spontaneo o freerunning (“a corsa libera”, cioè senza
vincoli da parte di stimoli sincronizzati; in questo caso, la luce). Nella fig.3 viene riportato l’esempio
di ritmo circadiano di attività del passero domestico in condizioni di freerunning, quando è
sincronizzato con il ciclo luce-buio (Menaker, 1968). Nei primi 14 giorni l’animale è stato mantenuto
in condizioni di buio costante ed il suo ritmo di freerunning ha mostrato un periodo di circa 25 ore.
A cominciare dal quindicesimo giorno, l’animale è stato esposto a un ciclo luce-buio della durata 12
ore di luce e 12 ore di buio (12L-12D), con il quale l’animale si è sincronizzato (entrainment). Prima
dell’inizio dell’esperimento, a questo animale sono stati eliminati gli occhi, dimostrando perciò che
la sincronizzazione al ciclo luce-buio si può verificare anche tramite fotorecettori extraoculari.

fig.3

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Il periodo di freerunning è direttamente correlato con quello dell’oscillatore biologico che lo genera,
costituendo una misura dell’orologio biologico stesso. Inoltre, la lunghezza del periodo spontaneo
è programmata geneticamente e quindi tale parametro può essere utilizzato per valutare come
determinate mutazioni genetiche influenzino l’orologio stesso. Il significato funzionale di questo
scostamento dalle 24 ore è quello di permettere l’adattamento di tutte le attività comportamentali
alle variazioni di lunghezza del fotoperiodo, che avvengono nel corso delle stagioni. Vi sono allora
due parametri che definiscono il ritmo circadiano di un’attività, come potrebbe essere quella
locomotoria: la durata dell’attività nell’arco delle 24 ore e la lunghezza del periodo spontaneo,
ovvero la variazione quantitativa dello scostamento del ritmo dalle 24 ore. Per esempio, nel topo
(animale crepuscolare) il periodo spontaneo è di 23 ore; esso, quindi, tenderà ad iniziare l’attività
ogni giorno un poco prima, cessandola un po’ prima rispetto al giorno precedente. Il caso contrario
si riscontra nell’uomo, il cui periodo di freerunning dura all’incirca 25 ore; in questo caso, la
tendenza è quella di iniziare ogni giorno l’attività sempre un poco più tardi e conseguentemente di
cessarla anche un poco più tardi.

La presenza dei ritmi circadiani, quindi, è la diretta espressione del funzionamento di un orologio
biologico endogeno. Per essere utili e permettere la sopravvivenza degli organismi, gli orologi
circadiani, come i nostri orologi da polso, devono essere sincronizzati con la rotazione della Terra
intorno al suo asse. La sincronizzazione (entrainment) è il processo con cui un ritmo circadiano si
sincronizza con un ciclo ambientale, rispondendo a segnali periodici dell’ambiente detti Zeitgeber
(dal tedesco, “che dà il tempo”); questi ultimi sono in grado di alterare il periodo di freerunning del
ritmo circadiano in oggetto (se tale periodo è più lungo rispetto a quello dello Zeitgeber, esso lo
accorcerà, mentre se il periodo di freerunning è più corto, lo allungherà). Il più importante
Zeitgeber è l’alternanza giorno-notte, una periodicità che varia continuamente nel corso dell’anno
in relazione alle variazioni stagionali del fotoperiodo. È stato dimostrato che la luce è il parametro
ambientale più usato da tutti gli organismi, essere umano incluso, per la sincronizzazione dei ritmi
circadiani. Esistono anche altre forme di entrainment definite non-fotiche, come quella indotta dalla
somministrazione di cibo, dai cicli della temperatura oppure dalle interazioni sociali (per esempio,
la funzione dello sbadiglio, nella nostra specie, che agisce come segnale sincrono di avvertimento
che è giunta l’ora di cessare tutte le attività).

La sincronizzazione dei ritmi endogeni agli eventi periodici naturali ha, quindi, lo scopo di garantire
la sopravvivenza delle diverse specie, adattando il comportamento e la fisiologia degli organismi
alle continue variazioni ambientali. Un’evidenza di ciò riguarda la suddivisione degli habitat
temporali da parte degli animali: vi sono infatti specie attive solo durante la parte illuminata del
giorno (specie diurne) o solo durante la parte non illuminata (specie notturne), aspetto che offre il
vantaggio di ridurre la competizione inter-specifica e abbassa il rischio di predazione.

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Localizzazione anatomica degli orologi biologici

Negli organismi pluricellulari gli orologi biologici responsabili del controllo dei ritmi circadiani sono
localizzati in particolari strutture che, salvo rare eccezioni, fanno parte del sistema nervoso. Sono
stati adottati tre approcci, sia diretti che indiretti, per identificare le strutture contenenti un
oscillatore circadiano: la lesione, la coltura in vitro e il trapianto.

Osservando gli effetti di una lesione in un’area del cervello o della rimozione di una determinata
struttura su un particolare tipo di ritmo, è possibile determinare se tale struttura è coinvolta o meno
nella sua regolazione. Questa tecnica indiretta, nonostante presenti alcuni svantaggi, è stata
utilizzata per una localizzazione preliminare degli orologi biologici in molte specie. Per esempio,
l’orologio biologico che controlla la maggior parte dei ritmi circadiani dei mammiferi, costituito dai
nuclei soprachiasmatici dell’ipotalamo (fig.4) (SNC, due gruppi simmetrici di neuroni nel
cervello, alla base del III ventricolo, al di sopra del chiasma ottico), che nei mammiferi e negli
uccelli risponde all’illuminazione della retina e alla stimolazione del nervo ottico, è stato localizzato
per la prima volta utilizzando questa tecnica (Stephan e Zucker, 1972).

Prove a favore del fatto che i nuclei soprachiasmatici dell’ipotalamo sono la sede dell’orologio
endogeno, derivate dall’utilizzo di questa tecnica, riguardano il fatto che lesioni elettrolitiche di
almeno il 90% dei SNC dei mammiferi roditori e dei rettili Dipsosaurus dorsalis e Podarcis sicula
aboliscono il ritmo circadiano di attività locomotoria; in termini comportamentali, si osserva aritmia
locomotoria e incremento dell’ammontare di attività che, in alcuni casi, diviene quasi continua
(Janik, Pickard e Menaker, 1990; Foà et al., 1994). Nei mammiferi roditori, inoltre, vi sono altri ritmi
che vengono distrutti dalle lesioni ai SNC, quali l’abbeveraggio, l’assunzione di cibo, il sonno, la
temperatura, il corticosterone adrenale, l’N-acetyltransferasi e la melatonina della pineale,
l’ovulazione, la ciclicità dell’estro, la secrezione di GH (cfr. Moore e Eichler, 1972; Stephan e
Zucker, 1972; Ibuka, Inouye e Kawamura, 1977; Turek, 1995). Tuttavia, i risultati che si ottengono
con le lesioni sono difficili da interpretare, e in ogni caso non dimostrano che la struttura lesionata
è davvero un orologio biologico.

L’interpretazione dei risultati è meno ambigua quando si analizzano contemporaneamente i dati


ottenuti dalle lesioni e quelli provenienti da colture e trapianti, prove dirette che confermano la
localizzazione nei SNC dell’orologio biologico dei mammiferi. Con l’avvento di alcune nuove
tecniche è divenuto possibile, in alcuni casi, rimuovere parti anatomiche, mantenerle in vitro in
condizioni costanti per molti giorni, e contemporaneamente misurare qualche parametro
potenzialmente ritmico. Se in queste condizioni il parametro misurato mantiene una propria
ritmicità, la struttura contiene un orologio biologico. Per esempio, colture di neuroni isolati di SNC di

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ratto mostrano variazioni circadiane delle frequenze di scarica dei potenziali d’azione, del rilascio
di arginina-vasopressina (AVP) e di peptide vasoattivo intestinale (VIP), della sintesi proteica e del
consumo di glucosio. Queste cellule in coltura, prive di efferenze retiniche, non possono più
sincronizzare i loro ritmi a cicli luce-buio, ma esprimono la loro ritmicità esattamente come accade
a un animale tenuto in condizioni costanti di laboratorio, in assenza di Zeitgeber naturali (cfr. Ralph
e Hurd, 1995; Moore, 1995; Turek, 1995). Con questo tipo di approccio è stato possibile dimostrare
la presenza di un orologio biologico nella retina e nella ghiandola pineale (epifisi) dei vertebrati
non mammiferi, come pure nella retina e nei SNC dei mammiferi.

fig.4

L’epifisi (fig.4) è una piccola ghiandola situata nel sistema nervoso centrale, di forma conica che
sporge all’estremità posteriore della volta del III ventricolo, al di sotto dello splenio del corpo
calloso. Alcuni studi, hanno dimostrato che l’epifisi è una struttura funzionale nell’uomo; nei pesci e
negli anfibi ha funzioni fotorecettive. La principale sostanza prodotta da tale ghiandola è la
melatonina, ormone isolato per la prima volta nel 1958 da Lerner. Il nome le è stato attribuito per
la sua proprietà di indurre la mutazione dei cromatofori, cioè delle cellule melanociti che
trasportano il pigmento responsabile della colorazione della pelle (melas = nero; tonos = energia).

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Nonostante questi esperimenti confermino la presenza di un orologio circadiano nel tessuto


mantenuto in coltura, essi non stabiliscono la sua funzione di orologio nell’organismo intatto. I
trapianti, invece, possono fornire informazioni utilissime per stabilire il ruolo di un organo
nell’ambito dell’organizzazione temporale dell’organismo studiato. Per esempio, nei roditori la
lesione dei SNC determina la scomparsa della maggior parte dei ritmi circadiani, mentre il trapianto
di questa struttura nervosa ripristina il ritmo circadiano dell’attività locomotoria, ma non altri ritmi.
Inoltre, è stato dimostrato che se si trapiantano i SNC di un animale affetto da una mutazione
genetica, che altera il periodo del ritmo dell’attività locomotoria, in un animale non affetto dalla
mutazione, quest’ultimo presenterà un ritmo di attività locomotoria con un periodo simile a quello
dell’animale donatore. Altri esperimenti con i trapianti hanno permesso di dimostrare che la
ghiandola pineale del passero domestico è un orologio biologico, così come il lobo ottico degli
scarafaggi e il cervello del moscerino della frutta (Drosophilia melanogaster) e del baco da seta.

Come già accennato ad inizio paragrafo, di solito negli animali gli orologi biologici sono localizzati
nel sistema nervoso, ma studi recenti hanno evidenziato alcune eccezioni, mostrando che essi
possono essere localizzati anche al di fuori di questo. Per esempio, in Drosophilia è stato visto che
i tubi malpighiani, equivalenti ai reni negli insetti, contengono oscillatori circadiani (Giebultowicz e
Hege, 1997). Inoltre, sembra che in questo insetto gli oscillatori circadiani siano localizzati anche
nella proboscide e sui bordi delle ali (Plautz et al., 1997). Fra i vertebrati, la lucertola Iguana iguana
possiede almeno cinque parti anatomiche contenenti un orologio biologico: la ghiandola pineale,
l'occhio parietale, le retine e un altro sito, non ancora identificato, nel cervello (Tosini e Menaker,
1998). In generale, nei vertebrati non mammiferi vi sono molte strutture capaci di oscillare con un
periodo circadiano.

Nei mammiferi, invece, sono stati identificati due orologi biologici, i quali possono anche interagire
tra loro: il più importante è localizzato, come già detto, nei nuclei soprachiasmatici dell’ipotalamo
(fig.5), mentre un secondo, la cui funzione è per lo più sconosciuta, è stato localizzato nella retina
(Tosini e Menaker, 1996). In particolare, il segnale luminoso viene trasmesso ai SNC da speciali
fotorecettori situati nella retina tramite una specifica via neuronale (il tratto retinico-ipotalamico). I
SNC controllano la maggior parte dei ritmi circadiani a livello comportamentale, fisiologico e
ormonale, mentre l’orologio situato nella retina, probabilmente, controlla la ritmicità di molti
processi propri della retina.

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fig.5

Organizzazione nervosa dei sistemi circadiani

Un sistema circadiano, per essere organizzato in maniera funzionale, deve essere costituito da tre
componenti: gli oscillatori che generano il ritmo, una via sensoriale di input per la sincronizzazione
degli oscillatori con l'ambiente esterno ed un output proveniente dall’oscillatore, capace di
controllare i ritmi a livello dell'organismo. Per esempio, nella fig.6 sono rappresentati le strutture
sensoriali che trasportano l’informazione dello stimolo ambientale (luce), il meccanismo cerebrale
capace di oscillare autonomamente (freccia circolare rossa) ed un sistema che trasmette tali
informazioni al resto dell’organismo, dove vengono generati i ritmi a livello comportamentale o
fisiologico. Tali ritmi possono influenzare, attraverso meccanismi a feedback negativo (frecce
grigie), sia il meccanismo di oscillazione stesso sia gli organi sensoriali.

fig.6

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Le afferenze principali ai SNC sono quelle dalla ghiandola pineale, attraverso l’ormone melatonina
(Moore, 1995), che agisce come un meccanismo a feedback negativo, e dalla retina, attraverso
due vie nervose: il tratto retino-ipotalamico, una via diretta monosinaptica che viaggia lungo il
nervo ottico, coinvolta nell’entrainment fotico (nella retina è presente una popolazione cellulare,
distinta da quella deputata alla funzione visiva, la cui finalità è trasformare la radiazione luminosa
in segnali elettrici destinati ai SNC), e una via indiretta, la proiezione retino-genicolo-
soprachiasmatica, che attraversa il tratto ottico e la posizione ventrale del nucleo genicolato
laterale del talamo, probabilmente coinvolta nell’entrainment non fotico, nella modulazione sul
funzionamento dell’oscillatore circadiano che genera il ritmo e nell’integrazione dell’informazione
fotica e non fotica (cfr. Groos, 1982; Rusak, 1982).

Una prova a favore del fatto che le cellule retiniche che sincronizzano i SNC non sono né i coni né i
bastoncelli deriva da evidenze sperimentali: topi mutanti con retine integre e perdita di coni e
bastoncelli possono ancora sincronizzare l’orologio interno alla luce, ma non possono più farlo in
assenza completa di retine (Ralph e Menaker, 1988). Sono infatti delle cellule gangliari molto
specializzate, che attraverso l’espressione di uno specifico fotopigmento chiamato melanopsina
(assente nei coni e nei bastoncelli), modulano la loro sensibilità alla luce, inviando, attraverso i loro
assoni, un segnale diretto ai SNC (Berson, 2003).

Gli assoni efferenti dei SNC, invece, riguardano diverse regioni dell’ipotalamo, il talamo, l’abenula,
la sostanza grigia mesencefalica, il locus coeruleus, il setto, l’amigdala, l’ippocampo (Sofroniew e
Weindl, 1982). Quasi tutti questi neuroni utilizzano il GABA come principale neurotrasmettitore,
probabilmente inibendo i neuroni che innervano (Moore e Speh, 1993). I SNC hanno funzione di
controllo sia sulla secrezione ormonale ipofisaria sia sul rilascio della melatonina da parte
dell’epifisi, attraverso vie che coinvolgono l’ipotalamo dorso-mediale, l’area ipotalamico-posteriore
e il ganglio cervicale superiore (fig.7). Il suo diretto controllo viene esercitato non solo sui cicli
sonno-veglia, ma anche su quelli della temperatura corporea, della concentrazione ematica di molti
ormoni, della secrezione renale, dell’attività motoria e di numerosi altri parametri fisiologici.

La stimolazione dei SNC, inoltre, inibisce la scarica delle fibre pregangliari del simpatico che
proiettano al ganglio cervicale superiore del sistema nervoso autonomo (SNA). Le fibre
postgangliari, invece, innervano gli occhi e la ghiandola pineale: negli occhi influenzando la
risposta retinica alla luce sia indirettamente (dilatando la pupilla per aumentare l’input fotico ai
fotorecettori) che direttamente (imponendo un ritmo circadiano alla sensibilità alla luce della
retina); nella ghiandola pineale, invece, mediante scarica ritmica di norepinefrina, stimolano
l’attività enzimatica, conducendo alla produzione notturna della melatonina (i livelli notturni di
melatonina sono circa 10-20 volte superiori rispetto a quelli diurni, con ampia variabilità inter ma

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fig.7

non intraindividuale). Oltre al ruolo nella sincronizzazione del ciclo sonno-veglia con l’ambiente
circostante, la melatonina regola la secrezione di diversi ormoni; infatti, ha un effetto inibitorio sulla
secrezione del CRH ipotalamico, contribuendo a mantenere i livelli di ACTH e cortisolo ridotti nelle
ore notturne. I tantissimi studi realizzati hanno apportato dei risultanti impressionanti e promettenti
che hanno determinato l’utilizzo di questa molecola tra le indicazioni terapeutiche di disturbi come
l’insonnia e il jet lag (“sindrome da fuso orario”, cioè la difficoltà a ri-sincronizzare l’orologio
endogeno all’ora locale, dopo uno spostamento di fase legato alla variazione dei fusi orari; cfr.
Brzezinski et al., 2005).

Ritmicità circadiana

I meccanismi che generano l'oscillazione circadiana sono stati studiati a livello genetico e
molecolare in Neurospora e in Drosophila melanogaster; i risultati di queste ricerche hanno fornito
importanti indicazioni sui meccanismi subcellulari che generano questa oscillazione (Dunlap,
1996). Gli studi di Konopka e Benzer (1971) consentirono di identificare tre alleli mutanti di un
singolo gene che fu chiamato period (PER). l moscerini che possedevano l'allele PER1 avevano un
periodo di freerunning molto più lungo del normale, quelli con l'allele PERS avevano un periodo
molto più corto, mentre i moscerini con l’allele PER0 erano completamente aritmici. Il gene PER è
stato localizzato successivamente sul cromosoma X, in seguito clonato e, attualmente, oggetto di
studio da parte di molti gruppi di ricerca che si occupano della genetica e della biologia molecolare
dei ritmi circadiani. l livelli di mRNA di questo gene e della proteina da esso codificata, PER, hanno

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entrambi un ritmo circadiano, ma c'è un ritardo di 6/8 ore fra la sintesi di RNA e la produzione della
proteina stessa.

Recentemente in Drosophila è stato scoperto un altro gene mutante che è stato chiamato timeless
(TIM, “senza tempo”) perché i moscerini mutanti sono aritmici (Sehgal et al., 1994). Questo gene
produce la proteina TIM. l moscerini omozigoti per questa mutazione perdono non solo la ritmicità
nel comportamento, ma anche la ritmicità circadiana nell'espressione del mRNA del gene PER;
l’espressione ritmica della proteina PER è quindi importante per il mantenimento dell'oscillazione
circadiana. In questi moscerini la proteina PER è incapace di rientrare nel nucleo della cellula
(Vosshall et al., 1994), e quindi non può regolare la propria trascrizione come si ritiene che
avvenga in condizioni normali. Queste osservazioni hanno consentito di ipotizzare che l'interazione
fra le proteine PER e TIM produca un dimero che permette loro di rientrare nel nucleo della cellula
e quindi di regolare la propria trascrizione, diminuendo l’espressione genica e di conseguenza la
sintesi di nuove proteine. In seguito al calo di proteine, l’espressione genica aumenta di nuovo,
dando avvio ad un nuovo ciclo, portato a compimento in 24 ore (Lowrey e Takahashi, 2004). Tale
processo è considerato un elemento importante nel meccanismo che genera l'oscillazione
circadiana (fig.8).

fig.8

Più nello specifico, quello che accade nel moscerino della frutta è che le proteine PER e TIM sono
presenti in piccole quantità al mattino e questo è causa di uno stato di veglia. Esse però
aumentano nel corso della giornata, fino a raggiungere un livello elevato, che da un lato agisce
come meccanismo di regolazione a feedback negativo, inibendo la sintesi di nuove proteine,

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dall’altro permette l’interazione dei geni PER e TIM con la proteina OROLOGIO, inducendo il sonno
(cfr. Kalat, 2004). Quest’ultima proteina viene codificata in altri organismi, compreso l’uomo (Tei et
al., 1997), dal gene detto appunto OROLOGIO, ortologo a PER di Drosophila (codificano la stessa
proteina in specie diverse), suggerendo che il meccanismo molecolare capace di generare
l'oscillazione circadiana si è conservato durante l'evoluzione fino ai mammiferi.

Stima degli intervalli temporali negli animali

Killeen (1997) ha dato la seguente definizione operativa di stima del tempo:

"Un organismo sta utilizzando una stima del tempo se il nostro orologio ci permette di prevedere
il suo comportamento meglio di quanto non farebbe qualunque altro stimolo identificabile".

Non è facile evidenziare l'utilizzo della stima degli intervalli temporali negli animali che si trovano
nel loro ambiente naturale, poiché per dimostrare che il loro comportamento è basato su questo
tipo di stima è necessario escludere la possibilità che essi si stiano invece servendo di qualche
stimolo esterno. Per questo motivo, le prove del fatto che gli animali possiedono un orologio che
permette loro di misurare gli intervalli di tempo derivano per la maggior parte dalla letteratura
psicologica sul condizionamento operante, nel quale i soggetti, come ratti (Rattus rattus) e piccioni
(Columba livia), vengono studiati in condizioni di laboratorio strettamente controllate. Le procedure
maggiormente utilizzate dagli psicologi sperimentali per chiarire una serie di caratteristiche
dell'orologio deputato alla stima degli intervalli temporali, che di fatto può essere paragonato a un
cronometro (Church, 1978; Roberts e Church, 1978; Roberts, 1983), sono il metodo della
bisezione (compito di discriminazione temporale) e il metodo del picco (compito di riproduzione
temporale).

Nonostante i numerosi studi condotti dagli psicologi sulla stima degli intervalli temporali, questo
campo di ricerca è stato quasi completamente ignorato dagli ecologi del comportamento.
Sappiamo dunque molto poco delle pressioni selettive che hanno condotto allo sviluppo di questa
capacità e dell'uso che attualmente gli animali ne fanno. Il fatto che l'ottenimento di cibo azzeri
facilmente il cronometro e gli intervalli delimitati da stimoli connessi al cibo siano prontamente
stimati indica che la stima degli intervalli temporali è probabilmente importante per prendere
decisioni riguardanti la ricerca di cibo. Ma questa capacità potrebbe essere coinvolta anche in molti
altri tipi di comportamento decisionale, come la scelta del partner sessuale, varie situazioni di
comportamento sociale e la navigazione. In termini generali, l'orologio per intervalli fornisce agli
animali due tipi di informazioni; da un lato, offre la possibilità di prevedere quando un determinato
evento si verificherà, dall’altro, permette di valutare la durata di un intervallo temporale trascorso.

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La possibilità di prevedere quando un certo evento significativo si verificherà comporta


potenzialmente numerosi vantaggi. Un animale che sappia quando si verificheranno gli eventi
potrà organizzare il proprio tempo con maggiore efficienza e si potrà preparare adeguatamente a
ciò che sta per avvenire. Per esempio, il colibrì (Phaethornis superciliosus) è in grado di valutare la
quantità di tempo necessaria ad una particolare specie di fiore per tornare a riempirsi di nettare
dopo esserne stato svuotato; l’animale avrà un evidente vantaggio in termini di fitness rispetto ad
un conspecifico che non è in grado di farlo.

La capacità di stima temporale non è importante soltanto per il comportamento di ricerca del cibo,
ma potrebbe avere un ruolo anche in molti altri tipi di comportamenti decisionali. La tortora dal
collare (Streptopelia decaocto) offre un buon esempio di come la possibilità di prevedere un evento
possa essere importante per l'esecuzione efficiente del comportamento di cooperazione. In questa
specie, il maschio e la femmina partecipano entrambi all'incubazione delle uova, e al primo tocca
solitamente l'intervallo che ogni giorno va approssimativamente dalle 10:00 alle 17:00. Se un
giorno il turno di cova del maschio inizia in ritardo, viene ritardata anche la sua fine; ciò suggerisce
che l'uccello possa utilizzare un orologio per intervalli per calcolare la fine del suo turno di cova
(Gibbon et al., 1984). Facendo un altro esempio, una femmina che dovesse scegliere un partner
sessuale all'interno di un lek (o arena nuziale, cioè il luogo dove si aggregano numerosi maschi
allo scopo di attirare le femmine e ottenere il massimo numero di accoppiamenti) potrebbe basare
la propria decisione sulla durata delle esibizioni che i diversi maschi le indirizzano. Per compiere
ciascuno di questi paragoni è necessaria la capacità di valutare e comparare la durata dei diversi
intervalli di tempo trascorsi.

Infine, la stima degli intervalli temporali potrebbe avere un ruolo nell'apprendimento percettivo. Per
esempio, nel corso del processo di imprinting, si forma nel pulcino domestico (Gallus gallus) una
rappresentazione visiva della madre. Benché il pulcino veda la madre da molteplici prospettive e
distanze diverse, esso combina queste immagini fisicamente differenti in un'unica
rappresentazione, purché esse siano percepite a breve distanza l'una dall'altra. A dimostrazione di
ciò, i pulcini che abbiano ricevuto un imprinting su due oggetti differenti imparano a discriminare tra
i due con maggiore facilità qualora essi siano stati loro presentati, durante l'imprinting, a 5 o più
minuti di distanza tra loro piuttosto che non a meno di 30 secondi (Chantrey, 1974). Tali risultati
indicano che il senso del tempo potrebbe consentire agli animali di formare categorie.

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Bibliografia e sitografia

• Sovrano V.A. & Zucca P. & Regolin L., “Il comportamento degli animali”

• Tosini G. & Menaker M., “Orologi biologici”

• Ghinoi G., tesi di laurea specialistica in farmacia, “Cronobiologia: dai ritmi biologici alla
cronofarmacologia”;

• Smith T.M. & Smith R.L., “Elementi di ecologia”

• Oliverio A., “Orologi biologici”, Quaderni de Le Scienze, 9 (1983)

• http://italiasalute.leonardo.it/

• http://www.treccani.it/enciclopedia

• http://www.corriere.it/salute/dizionario/

• http://www.allzoon.com/2010/03/circa-diem/

• https://laconsapevolezza.wordpress.com/2013/07/13/ghiandola-pineale-la-sede-dellanima-4/

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