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Un golpe all'italiana

“Italiani, l'auspicata svolta politica, il lungamente


atteso colpo di stato ha avuto luogo. La formula
politica che per un venticinquennio ci ha governato,
ha portato l'Italia sull'orlo dello sfacelo economico
e morale, ha cessato di esistere. Nelle prossime ore
con successivi bollettini, vi verranno indicati i
provvedimenti più immediati e idonei a fronteggiare
gli attuali squilibri della Nazione. Le Forze Armate,
le Forze dell'Ordine, gli uomini più competenti e
rappresentativi della Nazione sono con noi; mentre,
dall'altro canto, possiamo assicurarvi che gli
avversari più pericolosi, quelli, per intendersi, che
volevano asservire la patria allo straniero, sono
stati resi inoffensivi. Italiani, lo Stato che insieme
creeremo, sarà un'Italia senza aggettivi né colori
politici. Essa avrà una sola bandiera: il nostro
glorioso Tricolore! Soldati di Terra, di Mare e
dell'Aria, Forze dell'Ordine, a voi affidiamo la
difesa della Patria e il ristabilimento dell'ordine
interno. Non saranno promulgate leggi speciali né
verranno istituiti tribunali speciali; vi chiediamo
solo di far rispettare le leggi vigenti. Da questo Il principe nero Valerio Borghese
momento, nessuno potrà impunemente deridervi,
offendervi, ferirvi nello spirito e nel corpo, uccidervi. Nel riconsegnare nelle vostre mani il
glorioso Tricolore vi invitiamo a gridare il nostro prorompente inno d'amore: Italia! Italia!
Viva l'Italia!”
Questo il discorso che Junio Valerio Borghese, rampollo dell'antica casata nobiliare dei
Borghese e medaglia d'oro al valor militare, in seguito repubblichino, militante dell'estrema
destra italiana e fondatore dell'organizzazione Fronte Nazionale, avrebbe dovuto fare alla
nazione l'8 dicembre 1970 dagli studi RAI oramai occupati; l'alba di una nuova Italia.
Siamo dunque nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970; il piano è chiaro: colonne di congiurati
delle forze armate comandate da vari ufficiali sotto l'autorità di Borghese, dovranno occupare
punti strategici dislocati in tutta l'Italia, rapire il presidente Saragat e uccidere il capo della
polizia Vicari.
Tutto è pronto; squadre dell'esercito golpista convergono in tutte le più importanti città; a
Roma, mentre viene occupato il ministero dell'interno, 187 uomini della Forestale si
appostano a poche centinaia di metri dalla sede RAI di Via Teulada, pronti ad irrompervi.
Ad un tratto però una chiamata, è il principe Borghese: “annullate tutto”.
Da questo momento in poi, ancora oggi solo tanti tanti dubbi e pochissime certezze; infatti,
come consuetudine italiota, si susseguono una serie infinita di depistaggi, insabbiamenti,
indagini portate avanti in maniera imbarazzante, sentenze ridicole.
Cercando di studiare il poco che è emerso, si riesce comunque a scorgere uno scenario
complesso e inquietante nel quale recitano attori di ogni tipo: il governo statunitense, la Mafia,
i Servizi Segreti Italiani, le forze di estrema destra, la massoneria.
Ma procediamo con ordine:
Chi c'era dietro questo colpo di mano? Chi lo voleva? Chi lo finanziò?
Teniamo innanzitutto conto che siamo in uno dei periodi più cupi della storia italiana; il 1969
con la Strage di Piazza Fontana ha inaugurato i cosiddetti Anni di Piombo, i governi sembrano
incapaci di reagire, gli attentati sono all'ordine del giorno e la gente ha paura; l'URSS continua
a galoppare inarrestabile e si iniziano a diffondere le prime forze terroriste rosse; a queste
rispondono dall'altra parte della barricata i terroristi neri, altrettanto agguerriti, ma con
un'arma in più: l'appoggio degli Stati Uniti.
Anche gli USA infatti hanno paura in questi anni:
la paura morbosa del comunismo; per fermare la
sua apparentemente inarrestabile avanzata sono
disposti a tutto, anche ad appoggiare colpi di stato
di stampo neofascista... anche qui in Italia.
Perciò con l'aiuto del Servizi Segreti pare che il
governo statunitense abbia dato più e più volte
l'assenso all'organizzazione di estrema destra
Fronte Nazionale, capitanata da Borghese, di
organizzare il golpe; questo a patto che poi fosse
posto a capo del governo un uomo di fiducia -si
crede Andreotti- e che fossero proclamate nuove
elezioni entro un anno dall'azione e dalle quali si
sarebbero dovute escludere tutte le forze
comuniste e di estrema sinistra.
In questa maniera tutti sarebbero stati finalmente
soddisfatti: gli Stati Uniti avrebbero cancellato il
pericolo rosso in uno stato d'importanza strategica
come l'Italia -facente parte della Cortina di Ferro-,
la DC avrebbe finalmente eliminato il suo più
Giulio Andreotti pericoloso avversario politico, le forze
dell'estrema destra avrebbero visto la loro azione
definitivamente legittimata.
Da questa angolatura dunque si comprende che Junio Borghese, inconsapevolmente, aveva
una importanza marginale in tutto questo; pedina fondamentale nello scacchiere, ma
principalmente esecutore materiale; sarebbe stato tagliato fuori sin dai giorni successivi in
favore del Divo Giulio.
Che c'entra però la mafia in tutto questo?
La testimonianza di Tommaso Buscetta al processo Andreotti dice che essa doveva avere il
compito fondamentale di appoggiare e aiutare le forze golpiste; i suoi uomini dovevano,
infatti, assassinare il capo della polizia.
In cambio di questo piacevole servizio si sarebbe chiuso
un occhio, e all'occorrenza anche due, nei confronti di
certi spiacevoli episodi per i quali alcuni uomini d'onore
stavano venendo “ingiustamente” perseguiti.
Perché poi improvvisamente fu tutto bloccato?
A questa domanda non vi è ancora risposta; le ipotesi
rimangono però ancora tante.
Sempre dalla testimonianza del Boss dei due mondi pare
che fosse presente una fantomatica flotta russa all'interno
del Mediterraneo e questo non piaceva agli Stati Uniti,
che quindi si tirarono indietro. Tommaso Buscetta
Altre teorie dicono che il Principe nero si fosse reso conto che alla fine dei conti sarebbe stato
fatto fuori e che si sarebbe fatto finta di essere estranei al colpo di stato per poi sfruttare
l'occasione per permettere alle forze democristiane di ottenere una stabile egemonia ed
emanare leggi speciali col pretesto di difendere lo stato.
Pare che comunque sia stata una telefonata a far ordinare a Valerio Borghese di annullare
tutto, quindi quest'ultima tesi pare sia poco attendibile.
Fatto sta che gli italiani seppero di tutto questo solo tre mesi dopo grazie alla denuncia del
giornale romano Paese Sera; da qui iniziò il processo che durò un decennio e che, in pieno
stile “Banana republic”, alla fine vide l'assoluzione generale dal reato di insurrezione armata
contro lo stato perché “il fatto non sussiste”;
Tutto fu ridisegnato come una barzelletta nella quale “un conciliabolo di 4 o 5 sessantenni”
con manie di grandezza avevano dato vita ad un ridicola dimostrazione armata.
Un “Mambo Italiano”.

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