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Il lavoro agile
L’adozione della modalità del lavoro agile non può essere disposta unilateralmente
dal datore di lavoro né dal lavoratore, ma richiede un accordo tra le parti, accessorio
al rapporto principale, e da concludersi in forma scritta a pena di nullità. L’accordo in
discorso disciplina: - le concrete modalità di esercizio del lavoro svolto all’esterno
dei locali aziendali; - le forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro; - i
tempi di riposo del lavoratore e le misure per garantire a questi la disconnessione
dalle strumentazioni tecnologiche del lavoro; - l’eventuale diritto del lavoratore agile
all’apprendimento permanente e alla periodica certificazione delle competenze; - le
forme di esercizio del potere di controllo del datore di lavoro; - l’individuazione delle
condotte, connesse alla prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali,
che danno luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari. Il lavoratore agile ha diritto
a un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente
applicato ai lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno
dell’azienda. Il datore di lavoro resta tenuto a garantire la salute e la sicurezza del
lavoratore in modalità agile, e a tal fine consegna al lavoratore e al rappresentante per
la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta individuante i rischi
specifici connessi all’agilità del lavoro. Il lavoratore ha diritto ad essere assicurato
contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, anche per gli infortuni
occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a
quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali
aziendali. L’accordo sul lavoro agile può essere a termine o a tempo indeterminato.
Nel secondo caso, ciascuna parte può recedere da esso con un preavviso di 30 giorni,
elevati a 90 nel caso di lavoratori disabili. Peraltro, in presenza di un giustificato
motivo, ciascuno dei contraenti può recedere prima della scadenza del termine nel
caso di accordo a tempo determinato, o senza preavviso nel caso di accordo a tempo
indeterminato. Se, a seguito del recesso di una delle parti, l’accordo viene meno, il
rapporto di lavoro torna alla modalità non agile.
Lavoro agile, le norme da conoscere: come si attua, le tutele, diritti e doveri del
lavoratore
Cos’è il lavoro agile, come viene introdotto nel rapporto di lavoro, quali sono i diritti e i
doveri dei lavoratori, le tutele, il rispetto della privacy, le misure legate all’emergenza
covid-19. Tutto quello che c’è da sapere
18 Mar 2020
Nel corso dell’emergenza dettata dal coronavirus, il lavoro agile è stato ripetutamente
preso in considerazione dal Governo come “strumento” di gestione dei rapporti di lavoro
subordinato e di mantenimento dell’operatività aziendale.
Per le medesime finalità, il DPCM 8.3.2020 prevede poi che per tutta la durata dello
stato di emergenza disposto dal Consiglio del Ministri il 31.1.2020 (e cioè fino al
31.7.2020) il lavoro agile possa essere applicato dai datori di lavoro “anche in assenza
degli accordi individuali”, con “obblighi di informativa” in materia di salute e sicurezza
sul lavoro assolti “in via telematica” anche attraverso l’apposita
documentazione predisposta sul sito dell’INAIL.
Dopo una ricca esperienza basata su accordi collettivi (specie aziendali) il lavoro agile è
stato ufficialmente introdotto nel nostro ordinamento dagli artt. 18 e ss. L. 81/2017,
come adeguamento e risposta a due fenomeni sociali:
Come chiarito dallo stesso legislatore, il lavoro agile non è una particolare tipologia
di rapporto giuridico, ma solo una possibile modalità di esecuzione di un “normale”
rapporto di lavoro subordinato tra le parti.
L’introduzione della suddetta modalità di lavoro è compatibile sia con il lavoro a tempo
indeterminato che con quello a tempo determinato, sia con articolazione full-time che
part-time. Sussistono invece alcune incertezze per quanto riguarda la sua
compatibilità con alcune tipologie “speciali” di lavoro subordinato: mentre la
soluzione è ragionevolmente positiva per la somministrazione di lavoro e il lavoro
intermittente, maggiori perplessità si hanno con l’apprendistato (per il quale il lavoro
agile è forse teoricamente possibile, ma non facilmente attuabile per quanto riguarda
l’adempimento degli obblighi formativi).
Ai sensi degli artt. 18 e ss. L. 81/2017 l’accordo per lavoro agile deve individuare:
Come detto, elemento naturale del lavoro agile è la possibilità per il lavoratore di
autogestire e distribuire anche in modo irregolare la propria prestazione nell’ambito delle
giornate lavorative “agili”, senza un ben preciso orario; ciò non esclude tuttavia che il
lavoratore debba rispettare (e il datore di lavoro debba far rispettare, attraverso apposite
misure di verifica) i limiti massimi di orario giornaliero e settimanale previsti dalla
legge e dai contratti collettivi.
Il datore di lavoro deve poi tutelare la salute e la sicurezza del lavoratore anche in
relazione alle prestazioni rese in modalità agile, fornendo con cadenza annuale al
lavoratore e al RLS un’informativa scritta sui rischi generali ed i rischi specifici connessi
alla particolare modalità di esecuzione della prestazione; è tuttavia espressamente
richiamata anche a livello normativo (art. 22 c. 2 L. 81/2017) la necessità di una
pregnante “collaborazione” e autoresponsabilizzazione del lavoratore per quanto
riguarda i rischi connessi all’ambiente domestico e ad altre situazioni sulle quali il datore
non è in grado di esercitare la benché minima “signoria”.
L’attivazione del lavoro agile deve di regola essere preceduta da una comunicazione
amministrativa da effettuare tramite l’utilizzo di un’apposita sezione del portale del
Ministero del Lavoro “ClickLavoro” accessibile previa registrazione dell’utente;
analogamente, devono essere trasmesse in via telematica le eventuali modifiche e
cessazioni dell’efficacia del patto di lavoro agile.
La legge stabilisce in via generale che una volta che il datore di lavoro abbia deciso di
offrire ai suoi dipendenti la possibilità di effettuare prestazioni di lavoro agile, nel caso
di pluralità di richieste deve essere data priorità a due categorie di prestatori, e cioè le
madri nei tre anni successivi alla fine del congedo per maternità ex art. 16 D.Lgs.
151/2001 e i genitori con figli in condizioni di disabilità grave ai sensi della L.
104/1992.
La normativa in tema di privacy, nell’ambito dei rapporti di lavoro, non si ferma qui,
sono infatti tutt’oggi applicabili i provvedimenti e codici deontologici del Garante,
nonché le prescrizioni per la corretta gestione della posta aziendale, delle password di
accesso, dei tempi di conservazione delle immagini in video sorveglianza o delle altre
registrazioni in genere della medesima autorità che non possono essere tralasciate.
Anche i dati statistici sull’utilizzo della strumentazione affidata necessitano di un vaglio
privacy a cui il datore di lavoro è inevitabilmente chiamato.
Ciò posto in via generale, si osserva che il lavoro agile è stato ripetutamente preso in
considerazione dal Governo come “strumento” di gestione dei rapporti di lavoro
subordinato e di mantenimento dell’operatività aziendale nell’attuale periodo di
emergenza epidemiologica da SARS-CoV-19. Questo anche nel recente decreto “Cura
Italia” (D.L. 17.3.2020, n. 18).
Per le medesime finalità, il DPCM 8.3.2020 prevede poi che per tutta la durata dello
stato di emergenza disposto dal Consiglio del Ministri il 31.1.2020 (e cioè fino al
31.7.2020) il lavoro agile possa essere applicato dai datori di lavoro “anche in assenza
degli accordi individuali”, con “obblighi di informativa” in materia di salute e sicurezza
sul lavoro assolti “in via telematica” anche attraverso l’apposita documentazione
predisposta sul sito dell’INAIL.
Il Ministero del Lavoro ha pertanto predisposto una procedura semplificata per l’invio
“massivo” delle comunicazioni di attivazione del lavoro agile connesse all’emergenza
COVID-19, basata in estrema sintesi sulla trasmissione telematica tramite il portaleweb
delle sole generalità del datore di lavoro e dei lavoratori interessati (in apposito file
exel), nonché della durata della misura, con predisposizione e conservazione presso
l’impresa di una “autocertificazione” in cui si da formalmente atto di aver applicato la
misura per uno o più dipendenti.
ogativi, cui si cercherà di dare qui di seguito una sintetica risposta orientata
all’operatività.
In primo luogo, pare ovvio che l’applicazione del lavoro agile potrà in ogni caso
riguardare soltanto quei rapporti di lavoro le cui mansioni siano oggettivamente
compatibili con un utile svolgimento delle attività caratterizzanti fuori dall’impresa,
mediante collegamenti informatici.
A tal fine, è opportuno che il datore di lavoro privato effettui una motivata (e
documentata) “mappatura” delle posizioni aziendali, per definire:
In particolare, ove il lavoro agile sia materialmente compatibile con l’oggetto della
prestazione, l’esclusione della misura potrà essere determinata solo da una valutazione
di indispensabilità della presenza in loco in funzione dell’ordinata e sicura
prosecuzione dell’attività di produzione di beni o di erogazione di servizi propria
dell’impresa.
Per quanto riguarda i datori di lavoro pubblici, la “mappatura” di cui sopra dovrà
condurre all’applicazione del lavoro agile come “regola”, nel senso che le uniche
attività legittimamente esercitabili in persona sono quelle riconosciute come
“indifferibili” (anche per la gestione dell’emergenza) e che non possono essere svolte da
remoto.
In secondo luogo, si pone la questione se a seguito delle attuali misure sia ancora
necessario un accordo, ancorché informale, tra datore di lavoro e lavoratore per
l’attivazione della modalità di lavoro agile.
Al riguardo si ricorda che l’art. 2087 c.c. sancisce il generale obbligo del datore di
lavoro di adottare tutte le misure necessarie per tutelare l’integrità fisica e la personalità
morale del lavoratore; e questo non solo osservando gli obblighi, i divieti e le
prescrizioni legali, ma anche compiendo quelle scelte che corrispondono a standard di
prudenza e best pratice applicabili, tutelando il lavoratore anche contro suoi
comportamenti colposamente inosservanti.
Come visto sopra, esiste oggi un unico caso di “diritto” del lavoratore a svolgere le
sue prestazioni in modalità agile, vedendo disposta tale misura o accolta la sua
richiesta con il solo limite della materiale compatibilità della mansione con la suddetta
modalità. Si tratta dei lavoratori disabili o con membri del proprio nucleo familiare in
condizioni di disabilità grave riconosciuta, ai sensi dell’art. 3 c. 3 L. 104/1992. In
questi casi, la mancata attivazione del lavoro agile potrà essere giustificata solo alla luce
dell’incompatibilità materiale delle mansioni, senza che sia possibile addurre ragioni di
tipo organizzativo e/o connesse alla funzionalità dei servizi o della produzione.
Infine, il lavoratore non potrà unilateralmente auto-attivarsi il lavoro agile; nel caso
di richiesta formulata al datore di lavoro e di rifiuto di quest’ultimo, il lavoratore – ove
ritenga illegittimo tale rifiuto per via della compatibilità del lavoro agile con le proprie
mansioni e per la non indispensabilità della sua presenza fisica per la continuazione della
produzione in condizioni di sicurezza – potrà scegliere se esercitare l’eccezione di
inadempimento ex art. 1460 c.c., rifiutandosi di rendere la prestazione lavorativa
“in presenza”.
Come detto, il rifiuto della prestazione “in presenza” potrà avvenire anche in caso di
mancato allestimento delle idonee misure di sicurezza e prevenzione da parte del
datore, anche qui con l’avvertenza che, in caso di controversia, se il datore di lavoro
riuscirà a dimostrare che l’ambiente lavorativo, per le iniziative adottate, non
determinava alcun rischio specifico o generico aggravato di contrazione del SARS-CoV-
19, il lavoratore sarà esposto alle conseguenze disciplinari della sua iniziativa.
https://doc.studenti.it/vedi_tutto/index.php?h=4621f442&pag=4
Ma perché...? In Italia esistono parecchi sindacati, a volte coesi tra loro, più spesso in
contrasto: le cause delle divisioni riguardano soprattutto l’orientamento politico; alcuni
sindacati sono inoltre storicamente propensi alla contrattazione, altri allo sciopero. I
sindacati non sono distribuiti in modo omogeneo ma, a seconda delle regioni e dei
settori, sono prevalenti alcuni sindacati piuttosto che altri. La forza di un sindacato si
misura in base ai suoi iscritti e alla sua capacità di catalizzare intorno a sé il consenso
dell’opinione pubblica e delle forze politiche.
Nella società occidentale i sindacati sono sorti tra il XIX e il XX secolo, per difendere e
promuovere i diritti dei lavoratori in un contesto caratterizzato da grandi aziende, ampie
masse di lavoratori dipendenti e scarse tutele per i lavoratori. Molti commentatori
ritengono che oggi le forme della lotta sindacale e il peso che i sindacati hanno nelle
scelte economiche siano improprie (i sindacati non avrebbero il diritto di interferire con
le scelte aziendali) e dannose per l’economia (per tutelare i propri iscritti, i sindacati
danneggerebbero la competitività delle aziende); altri sostengono invece che il loro ruolo
sia ancora fondamentale per difendere i diritti dei lavoratori.
art 40 Cost.