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Guida 3d Studio Max Completa
Guida 3d Studio Max Completa
1
PRIMA PARTE
3D Studio MAX
e Windows NT
3D Studio MAX (in breve 3DS MAX) è un approccio completamente nuovo alla
modellazione e al rendering. I concetti ed i metodi soggiacenti al modo in cui 3DS MAX
gestisce i dati e gli oggetti della scena, sono completamente diversi dalle precedenti
versioni di 3DS e da altri programmi di rendering e di modellazione 3D. È necessario
capire questi concetti se si vuole essere produttivi con 3DS MAX.
In questo capitolo verranno trattati i seguenti argomenti:
■ principali tipi di oggetti in 3D Studio MAX e comportamento object-oriented;
■ definizione di sub-oggetto e modalità di accesso;
■ Object Dataflow: caratteristiche e utilizzo nel processo di modellazione;
■ trasformazioni e modificatori: differenze e modalità di utilizzo;
■ copie, istanze e riferimenti: caratteristiche e comportamenti;
■ organizzazione gerarchica in 3D Studio MAX;
■ definizione e controllo dell’animazione in 3D Studio MAX;
■ plug-in: descrizione e modalità di organizzazione.
Programma object-oriented
L’Object-Oriented Programming (OOP) è un elaborato sistema di scrittura dei programmi
il cui utilizzo si sta sempre più diffondendo nell’ambito della progettazione del software
commerciale. Per un utente 3D Studio MAX l’aspetto più significativo dell’approccio
object-oriented è il modo in cui questo incide sull’interfaccia utente.
Gli oggetti creati in 3D Studio MAX contengono informazioni sulle funzioni su di essi
eseguibili e sul comportamento che è possibile considerare valido per ciascun oggetto.
Queste informazioni incidono su quanto viene visualizzato sull’interfaccia di 3D Studio
MAX che attiverà solo le operazioni valide per l’oggetto selezionato mentre le altre non
vengono attivate o restano nascoste nell’interfaccia.
Alcuni esempi di comportamento object-oriented:
■ Selezionare una sfera sulla scena e fare clic sul pannello Modify per applicare
un modificatore alla sfera; si noti che i modificatori Extrude e Lathe non
sono operazioni valide per una sfera. Solo gli oggetti forma possono utilizza-
re i modificatori Extrude o Lathe. La figura 1.1 mostra il cambiamento del
pannello Modify quando viene selezionata la primitiva di una sfera o quando
viene selezionata una forma.
■ Figura 1.1
Il pannello Modify per una
primitiva sfera selezionata
e per una forma circolare
■ Figura 1.2
Il cursore Get Shape così
come appare quando si
trova su un percorso
valido di forma
Oggetti parametrici
La quasi totalità degli oggetti in 3D Studio MAX sono una forma di oggetto parametrico.
Un oggetto parametrico viene definito da una serie di impostazioni, o parametri, invece che
da una descrizione esplicita della sua forma. A titolo di esempio verranno esaminati due
metodi di definizione della sfera: uno non parametrico e l’altro parametrico.
■ Sfera non parametrica: utilizza il raggio e un numero di segmenti e si avvale
di queste informazioni per creare una superficie definita dai vertici e dalle
facce. La definizione della sfera esiste solo come serie di facce. Le informa-
zioni sul raggio e sul numero dei segmenti non vengono considerate. Se si
intende cambiare il raggio, o il numero dei segmenti, è necessario cancellare
la sfera e crearne una nuova.
■ Sfera parametrica: mantiene i parametri del raggio e il numero dei segmenti,
e mostra una rappresentazione della sfera basata sul valore corrente dei
parametri. La definizione parametrica della sfera viene archiviata così come il
raggio e il numero dei segmenti. È possibile modificare o anche animare
questi parametri in qualsiasi momento.
La figura 1.3 mostra i parametri di base per una sfera parametrica e per una sfera
importata come mesh non parametrica.
Oggetti composti
Nel pannello Create è possibile combinare due o più oggetti per creare un nuovo oggetto
parametrico detto oggetto composto. Gli oggetti composti si basano sul concetto che è
sempre possibile modificare e cambiare i parametri degli oggetti che formano l’oggetto
composto. Un oggetto composto è un tipo di oggetto parametrico in cui i parametri
comprendono gli oggetti combinati e la descrizione di come questi oggetti vengono
combinati. Si consideri un’operazione booleana in cui si debba sottrarre una sfera da un
angolo di un cubo (figura 1.4).
■ Figura 1.4
Un cubo e una sfera, e il
risultato di una semplice
sottrazione booleana
■ Figura 1.5
Il risultato del
cambiamentodella
lunghezza dello spigolo del
cubo e del raggio della
sfera per un oggetto
booleanocomposto
Sub-oggetti
Con il termine sub-oggetto si intende qualsiasi componente che può essere selezionato e
modificato. Un esempio comune di sub-oggetto è una delle facce che formano una mesh.
Utilizzando il modificatore Edit Mesh è possibile selezionare un sub-oggetto, per
esempio una mesh, e poi muoverlo, ruotarlo, comprimerlo oppure cancellarlo.
Il concetto di sub-oggetto non si limita a vertici e facce ma può essere esteso a molti altri
elementi che non rientrano fra gli oggetti di scena, per esempio:
■ vertici, segmenti e facce degli oggetti forma
■ vertici, spigoli e facce degli oggetti mesh
■ vertici, spigoli e patch degli oggetti patch
■ forme e percorsi degli oggetti loft
■ operatori degli oggetti booleani
■ destinazioni degli oggetti morphing
■ gizmo e centri dei modificatori
■ chiavi delle traiettorie di movimento
A loro volta, molti dei sub-oggetti citati hanno i propri sub-oggetti e questo genera
situazioni in cui è possibile eseguire editing di sub-oggetti a più livelli. Si pensi per
esempio di applicare un modificatore a una selezione sub-oggetto di vertici da un oggetto
■ Figura 1.6
Selezioni di sub-oggetti di Modificatoregizmo Facce selezionate
un modificatore gizmo e
facce mesh selezionate
Oggetto master
Oggetto master è il termine con cui si indicano i parametri di un oggetto originale che viene
creato utilizzando le funzioni del pannello CREATE. Si pensi all’oggetto master come alla
definizione astratta di un oggetto che ancora non esiste sulla scena. L’oggetto non esisterà
sino a che l’intero dataflow non verrà valutato. L’oggetto master è solo il primo livello
di questo processo.
L’oggetto master fornisce le seguenti informazioni su un oggetto:
■ Figura 1.7
Tipo di oggetto Identificazione della
proprietà di un oggetto
master
Sistema di coordinate locale
dell’oggetto Parametri
dell’oggetto
Modificatori dell’oggetto
Dopo aver creato un oggetto master è possibile applicarvi un numero qualsiasi di
modificatori dell’oggetto, per esempio pieghe o estensioni. I modificatori manipolano i
sub-oggetti, per esempio i vertici, rispetto all’origine locale dell’oggetto e al sistema di
coordinate. In altre parole i modificatori cambiano la struttura di un oggetto nello spazio
oggetto.
Poiché i modificatori operano su sub-oggetti nello spazio oggetto, essi hanno le seguenti
caratteristiche:
■ Sono indipendenti da posizione e orientamento dell’oggetto nella scena; la
coppia di oggetti superiore della figura 1.8 mostra che una curva non viene
■ Figura 1.8
Caratteristiche dei
modificatori di oggetto Indipendente dalle trasformazioni
Applicato Applicato
a un oggetto intero a un suboggetto
Trasformazioni dell’oggetto
Gli oggetti vengono posizionati e orientati per mezzo delle trasformazioni. Quando un
oggetto viene trasformato vengono cambiati posizione, orientamento e dimensioni
rispetto alla scena. Il sistema coordinato che descrive l’intera scena viene detto spazio
■ Figura 1.9
Le trasformazioni
definiscono la posizione di
un oggetto nello spazio
globale
■ Figura 1.10
Confronto fra modificatori
e space warps
■ Figura 1.11
LA finestra di dialogo
OBJECT P ROPERTIES
Il dataflow dell’oggetto
Modificatori, trasformazioni, space warp e proprietà dell’oggetto vengono riuniti nel
dataflow per definire e visualizzare un oggetto sulla scena. Il dataflow dell’oggetto
funziona come una serie di istruzioni di assemblaggio. Ogni passo deve essere compiuto
nel giusto ordine e prima del passo successivo. I passi del dataflow dell’oggetto sono i
seguenti:
1. l’oggetto master definisce il tipo di oggetto e mantiene i valori impostati nei
parametri dell’oggetto;
2. i modificatori alterano l’oggetto nello spazio oggetto e sono valutati rispetto
all’ordine in cui sono stati applicati;
3. le trasformazioni posizionano l’oggetto sulla scena;
4. gli space warp alterano l’oggetto sulla base del risultato delle trasformazioni;
5. le proprietà dell’oggetto identificano il nome dell’oggetto e altre caratteristi-
che;
6. l’oggetto compare sulla scena.
La figura 1.12 illustra la sequenza di passi del dataflow dell’oggetto e i suoi effetti su una
sfera.
Cambiamento di oggetti
Come già visto nei paragrafi precedenti esiste una progressione ben definita che parte dai
parametri dell’oggetto, passa per modificatori e trasformazioni e finisce con space warp
e proprietà dell’oggetto. Spesso è possibile ottenere risultati simili cambiando i parametri
di un oggetto, applicando modificatori, trasformando l’oggetto o persino utilizzando uno
space warp. Si tratta di stabilire quale sia il metodo migliore da utilizzare.
Il metodo appropriato per cambiare un oggetto dipende dal dataflow dell’oggetto stesso,
da come l’oggetto è stato costruito e dall’utilizzo futuro dell’oggetto. La capacità di
operare la scelta giusta viene con la pratica e con l’esperienza. I prossimi paragrafi
forniranno delle indicazioni generali per la determinazione del metodo ottimale per il
cambiamento degli oggetti.
■ Figura 1.13
Cambiamentodei
parametri dell’oggetto
confrontato con le
trasformazioni
■ Figura 1.14
Differenze nell’ordine dei
modificatori
Sub-oggetti scalati
Oggettooriginale
■ Figura 1.16
Trasformazioni:
spostamento del centro di
una curva
Centro originale
Centro spostato
■ Figura 1.17
Trasformazioni:
spostamento dei vertici
con un modificatore
XForm
Forma Forma
originale XForm
Clonazione
Il termine clone è un termine generico utilizzato per descrivere l’azione di creare copie,
istanze o riferimenti. Da quasi tutti gli oggetti, per esempio modificatori, geometrie e
Creazione di copie
È possibile creare copie per duplicare un oggetto i cui duplicati siano unici e non abbiano
rapporto con l’oggetto originale. Ecco alcuni esempi di tecniche utili:
■ Copiare le chiavi, quando si intende duplicare un’azione da un momento
dell’animazione a un altro momento.
Per esempio, si potrebbe animare un oggetto che rapidamente s’incurva
avanti e indietro; per ripetere quest’azione a intervalli non regolari di tempo
nel corso dell’animazione si copiano le chiavi originali in tempi diversi.
■ Copiare i controller, quando si vuole ottenere il comportamento animato di
un oggetto duplicato da un altro oggetto.
Per esempio, se si vuole che più oggetti seguano lo stesso percorso ma si
prevede di regolare ogni controller percorso in modo che ogni oggetto sia in
■ Figura 1.18
Il dataflow dopo la copia di
un oggetto di scena
Oggettooriginale Copia
Creazione di istanze
Si creano delle istanze quando si intende utilizzare un unico oggetto in più di un luogo.
Poiché tutte le istanze sono in realtà lo stesso oggetto, il cambiamento di un’istanza
provoca il cambiamento di tutte le altre istanze. Le istanze fanno risparmiare molto lavoro
se utilizzate correttamente. Ecco alcuni esempi di utili tecniche per utilizzare le istanze.
■ Modificatori di istanze, quando si intende applicare lo stesso effetto a una
selezione di oggetti differenti.
Per esempio, se si crea una scena dove si intende ottenere una selezione di
oggetti da estendere contemporaneamente, selezionare tutti gli oggetti e fare
clic sul pulsante Stretch del pannello MODIFY per applicare un’istanza dello
stesso modificatore a tutti gli oggetti. Cambiare i parametri estensione a un
oggetto qualsiasi cambia tutti i parametri. La figura 1.19 mostra il risultato di
un modificatore estensione replicato.
■ Controller istanza, quando si vuole che tutti gli oggetti di una selezione si
comportino esattamente nello stesso modo.
Per esempio, per modellare una coppia di veneziane e animare il movimento
delle listerelle, si anima la rotazione di una listerella e si utilizza il comando
Copia e Incolla in Editor tracce per assegnare un’istanza del controller di
rotazione della listerella a tutte le altre listerelle; dopodiché, ruotando una
listerella, tutte le altre ruotano nello stesso modo. La figura 1.20 mostra il
risultato dell’utilizzo di un’istanza con il controller di rotazione per aprire e
chiudere le veneziane.
■ Figura 1.20
Utilizzo di un controller
Rotation istanziato
Mappa Mappa
di rugosità di lucentezza
■ Figura 1.22
Utilizzo di oggetti di scena
istanziati
Bottiglia Bottiglia
originale Istanze modificata Istanze
■ Figura 1.23
Il dataflow dopo
l’istanziazione di un
oggetto
Creazione di riferimenti
Solo gli oggetti di scena possono avere i riferimenti. Si creano dei riferimenti quando si
vuole che gli oggetti di scena condividano gli stessi parametri e modificatori radice ma
che mantengano la capacità di modificare ulteriormente ogni oggetto in modo indipen-
■ Figura 1.24
Utilizzo di oggetti di scena
con riferimenti
Riferimenti
Riferimenti
Oggettooriginale Oggettooriginalemodificato
■ Figura 1.25
Il dataflow dopo la
creazione di un
riferimento per un oggetto
Gerarchie
3D Studio MAX è quasi interamente organizzato in gerarchie. Il concetto di gerarchia è
piuttosto semplice: una gerarchia è suddivisa in livelli e i livelli più alti rappresentano
informazioni generali, o livelli di maggiore influenza, mentre i livelli più bassi rappresen-
tano informazioni dettagliate, o livelli di minore influenza.
Gerarchia di scena
L’Editor tracce visualizza la gerarchia dell’intera scena (figura 1.26).
■ Il livello superiore è detto World (globale); è possibile apportare alcuni cam-
biamenti globali a qualsiasi elemento della scena cambiando la traccia World
nell’Editor tracce.
■ Figura 1.26
Visualizzazione della
gerarchia di scena
nell’Editor tracce
Gerarchie oggetto
Le gerarchie oggetto sono forse le più familiari a quanti hanno già utilizzato una
programma di animazione. Utilizzando degli strumenti per collegare gli oggetti è
possibile costruire una gerarchia dove le trasformazioni applicate a un oggetto sono
ereditate dagli oggetti collegati al di sotto di esso. Si consiglia di collegare gli oggetti e
costruire gerarchie di oggetti per modellare e animare strutture congiunte.
La terminologia utilizzata per le gerarchie oggetti è la seguente:
■ il livello superiore della gerarchia è chiamato radice; tecnicamente la radice
equivale al livello globale ma molti preferiscono indicare con il termine
radice il più alto livello oggetto della gerarchia;
■ un oggetto che ha altri oggetti collegati in posizione inferiore è detto oggetto
principale; tutti gli oggetti sotto un principale sono i suoi discendenti;
■ un oggetto collegato a un oggetto superiore è detto oggetto derivato; tutti gli
oggetti che possono essere tracciati dall’oggetto derivato alla radice sono
detti originari.
La figura 1.28 mostra un esempio di gerarchia oggetto.
■ Figura 1.28
Visualizzazione delle
gerarchie dell’oggetto
Oggetto
radice
■ Figura 1.29
Visualizzazione di una
gerarchia Video Post
Animazione
In genere l’animazione viene definita come il processo per cui si producono una serie di
immagini di un oggetto che cambia nel tempo e poi le si riproduce così rapidamente che
esse danno l’idea di essere in movimento. In questo senso anche le riprese dal vivo
rientrano nel concetto di animazione: una cinepresa o una videocamera catturano
immagini dal vivo ad alta velocità per riprodurle ad alta velocità.
Ciò che differenzia l’animazione dall’azione dal vivo è il processo con cui si genera
l’immagine. L’azione dal vivo utilizza le cineprese per catturare le immagini da riprodur-
re. L’animazione tradizionale prevede che ogni immagine sia disegnata e poi fotografata
come un unico fotogramma da riprodurre.
Questa differenza di procedura è la ragione per cui il tempo di animazione è così
strettamente legato al fotogramma. Ogni immagine, o fotogramma di film, deve essere
disegnato, inchiostrato e colorato a mano, il che porta gli animatori a ragionare in termini
di fotogrammi: per esempio dicono che un’azione richiede un numero x di fotogrammi,
o che una certa cosa deve succedere durante quel certo fotogramma.
Ragionare in termini di fotogrammi, tuttavia, in genere non è molto naturale ma è una
tendenza imposta dai limiti della tecnologia di animazione. Sarebbe molto più semplice
procedere all’animazione riferendosi al tempo reale, per esempio dicendo che una certa
cosa dura x secondi e che x secondi dopo deve accadere una certa altra cosa.
Con 3D Studio MAX l’animazione si verifica in tempo reale: si progetta un mondo virtuale
dove le azioni vengono definite e accadono in tempo reale; è quindi necessario aspettare
il rendering prima di decidere in quanti fotogrammi si vuole dividere il tempo.
■ Figura 1.30
Definizione del tempo nella
finestra di dialogoTIME
CONFIGURATION
Chiavi di definizione
L’animazione tradizionale è strettamente legata a una tecnica detta keyframing (realizza-
zione dei fotogrammi chiave): con questa parola si indica l’attività dell’animatore che
disegna i fotogrammi più importanti di una sequenza animata, le chiavi appunto, i quali
vengono poi passati a un assistente animatore che ha il compito di completare i
fotogrammi fra le varie chiavi. A seconda del tipo di animazione, l’animatore deve
disegnare più o meno chiavi.
3D Studio MAX lavora più o meno nello stesso modo. L’utente è l’animatore e specifica
esattamente ciò che deve succedere e quando deve succedere creando chiavi di anima-
zione in momenti prestabiliti. 3D Studio MAX è l’assistente animatore che si occupa
dell’animazione che si verifica negli intervalli di tempo fra una chiave e l’altra.
Per creare le chiavi di animazione eseguire le seguenti operazioni:
1. attivare il pulsante Animate situato nell’angolo inferiore destro della finestra
di 3D Studio MAX;
■ Figura 1.31
Impostazione delle chiavi
di animazione con il
pulsanteAnimate e col
Time Slider
Pulsante Animate
Time Slider
Controller di animazione
Con 3D Studio MAX tutta l’animazione, sia essa per chiavi o parametrica, viene gestita
da controller di animazione. Problemi come la modalità di memorizzazione dell’anima-
zione, l’utilizzo di chiavi o parametri, l’interpolazione dei valori di animazione da un
tempo all’altro sono tutti gestiti da un controller di animazione (detto più semplicemente
controller).
■ Figura 1.33
Parametri animati e
controller nell’Editor
tracce
■ Figura 1.34
Pannello Plug-Ins della
finestra di dialogo
CONFIGURE P ATHS
Ricerca di plug-in
Dopo avere installato un nuovo plug-in, è necessario poterlo ritrovare, e la facilità di
questa operazione dipende dal tipo di plug-in. In generale, per accedere ai plug-in è bene
utilizzare quattro metodi:
■ i creatori di oggetti in genere compaiono come una nuova sub-categoria sotto
una delle sette categorie di creazione del pannello Create;
■ è inoltre possibile che i plug-in di creazione compaiano come nuovi comandi
nella tendina OBJECT T YPE di una delle sub-categorie esistenti;
■ i modificatori compaiono nella finestra di dialogo MODIFIERS dopo avere fatto
clic sul pulsante More del pannello Modify;
■ altri plug-in del pannello dei comandi, come nei pannelli Utilities o Motion,
compaiono o come nuove tendine o come una voce nell’elenco categorie.
Alcuni di questi plug-in sono per esempio i plug-in per mappe o materiali nel
Material/Map Browser, i plug-in controller nella finestra di dialogo REPLACE
CONTROLLER, e i plug-in atmosfera nella finestra di dialogo A DD ATMOSPHERIC
EFFECT .
Plug-in mancanti
Uno degli aspetti più importanti dell’architettura plug-in di 3D Studio MAX è ciò che
succede quando si carica un file che utilizza un plug-in non installato nel sistema. Non ci
si stupisca se il file non può essere caricato.
Quando 3D Studio MAX individua che un plug-in richiesto è mancante visualizza la
finestra di dialogo MISSING DLLS (figura 1.35). Questa finestra elenca le DLL mancanti
(Dynamic Link Libraries, librerie a collegamento dinamico), fornisce informazioni sui
loro nomi e sul loro utilizzo e permette di procedere con il caricamento o la cancellazione
del file.
Se si procede al caricamento, vengono creati dei segnaposto per le DLL mancanti, i dati
della DLL vengono salvati e quant’altro contenuto nel file viene visualizzato. Per
esempio, un semplice cubo sostituisce la geometria generata da un plug-in creazione
oggetto. È possibile lavorare normalmente con il file ma non è possibile apportare alcun
cambiamento a parti della scena controllate dalla DLL mancante. In seguito, se il plug-in
mancante viene installato e il file ricaricato, tutte le informazioni verranno visualizzate
correttamente.
Riepilogo
■ Comportamento object-oriented: essendo un programma object-oriented,
3D Studio MAX consente di eseguire solo operazioni su oggetti selezionati; le
altre operazioni sono disattivate o sono nascoste nell’interfaccia.
■ Oggetti parametrici: poiché gli oggetti parametrici forniscono numerose
opzioni di modeling e di animazione, è opportuno mantenere il più possibile
la definizione parametrica di un oggetto; le operazioni che eliminano i para-
metri sono: attaccare gli oggetti utilizzando uno dei modificatori Edit; com-
primere l’Elenco modificatori di un oggetto; esportare oggetti in un formato
file differente.
■ Modificatori e space warp: effetti identici possono essere ottenuti per mezzo
dei modificatori e degli space warp. È bene ricordare, tuttavia, che i modifi-
catori vengono applicati direttamente all’oggetto e non cambiano via via che
l’oggetto si sposta sulla scena. Gli space warp, invece, esistono come oggetti
indipendenti a cui sono legati gli altri oggetti. L’effetto di uno space warp
cambia con lo spostamento di un oggetto sulla scena. Per applicare un effetto
direttamente a un oggetto utilizzare i modificatori. Per simulare effetti
ambientali o forze esterne utilizzare gli space warp.
■ Installazione di plug-in: Per ridurre il numero dei plug-in caricati nella
cartella default\plugins è possibile configurare cartelle specializzate per i
plug-in utilizzando la finestra di dialogo CONFIGURE PATHS. Tutti i plug-in
contenuti in una cartella identificata nella finestra di dialogo CONFIGURE
PATHS vengono caricati ogni volta in cui si avvia 3D Studio MAX.
Prima di riuscire a creare rendering e animazioni efficaci con 3D Studio MAX, è necessario
acquisire una discreta abilità e conoscenza del programma. Quando si creano scene con
3DS MAX, ci si rende subito conto che le discipline rappresentate nel programma sono
moltissime: modellazione, illuminazione, fotografia, teatro, pittura e narrativa. Forse una
delle cose più importanti, tuttavia, è capire come lavorare con i colori e le luci.
I colori influiscono su tutte le cose che vediamo e facciamo. Il colore rosso potrebbe
indurre a fermarsi e il colore di una stanza potrebbe perfino influire sul proprio umore.
La decisione di acquistare un oggetto spesso dipende dal suo colore. Capire gli effetti del
colore e come adoperarlo al meglio per produrre l’effetto desiderato è fondamentale. In
questo capitolo, saranno illustrati i diversi concetti che riguardano i colori e le luci e qual
è il loro rapporto con la grafica computerizzata e 3DS MAX. In particolare, questo capitolo
tratta i seguenti argomenti:
■ modelli di colori pigmento;
■ colori come luce riflessa;
■ mescolare i colori in 3D Studio MAX;
■ composizione dei colori;
■ influenze del colore alla luce naturale;
■ influenze del colore alla luce artificiale;
■ influenze delle lampade colorate.
■ Figura 2.1
La luce colpisce un
cartello di stop e riflette la
luce rossa e bianca
(FIG0201.bmp)
Pigmenti primari
I tre pigmenti primari azzurro, giallo e magenta sono realmente i colori complementari
della luce bianca i cui colori primari sono rosso, verde e blu. Entrambi i modelli sono
mostrati nella figura 2.3. Tutti i pigmenti (o le sostanze sottrattive) hanno origine da
questi tre colori. L’utilizzo di questi colori primari dà il nome al modello di colore CYM
(Cyan-Yellow-Magenta, Azzurro-Giallo-Magenta). Nel modello CYM, il rosso risulta dal
miscuglio di magenta e giallo, il blu è composto da azzurro e magenta e il colore che tutti
considerano giallo è formato dal giallo con un tocco di magenta. Un motivo per cui non
si insegna il modello di colore CYM è che questi colori primari intensi sono innaturali e
difficili da trovare nel mondo reale. Un vero colore primario si trova raramente in natura
e non capita spesso di utilizzarlo quotidianamente.
Uno dei motivi per cui il modello RYB è tuttora preferito al modello CYM sta nella difficoltà di
creare veri e proprio pigmenti color azzurro, magenta e giallo. I gialli puri sono stati ottenuti
solo nel 1800 e un vero magenta solo attorno al 1850. Attraverso i secoli gli artisti sono stati
costretti a utilizzare pigmenti i cui colori erano stati già sottratti o mescolati. Un esempio
significativo sono le vecchie illustrazioni a colori che hanno adottato il modello di colore RYB.
Sembrano spesso piatte e opache perché per scurire il disegno l’autore si è servito quasi
esclusivamente del nero. Questa mancanza di colori primari intensi spiega anche perché i
dipinti dei vecchi maestri sono tutti pervasi da un colore e da un’atmosfera particolare. I colori
primari intensi non erano disponibili. Questa riflessione non deve essere considerata una critica
nei confronti delle qualità e delle capacità di osservazione degli artisti del passato ma piuttosto
un commento sulla loro non familiarità con i modelli CYM e RGB.
Quando si formano dei colori con il modello CYM, e quindi si mescolano pigmenti, gli ingre-
dienti sono spesso espressi in termini percentuali (per esempio, con 50 percento di giallo, 45
percento di azzurro e 5 percento di magenta si ottiene una particolare sfumatura di verde).
Utilizzare le percentuali per descrivere i colori è simile al metodo utilizzato in 3DS MAX per
specificare i valori del colore.
La stampa a colori è un supporto basato sui pigmenti che necessita il colore nero e utilizza
il modello CYM al completo. Per questo motivo, il modello CYM viene spesso definito
modello di colore a inchiostro, in cui azzurro, giallo e magenta costituiscono i colori primari
che mescolati danno luogo al nero. I tre cerchi sovrapposti di “inchiostro” servono a
illustrare questo modello di base. In realtà, il nero risultante è un blu o un viola molto
intenso, ma viene percepito come nero. Anche se è possibile mescolare tutti i neri stampati
in questo modo, l’industria delle stampanti utilizza il nero come inchiostro distinto da
■ Figura 2.4
I segnali di stop rossi e
bianchi illuminati con luce
bianca e azzurra.
FIG0204.BMP
Ogni pigmento assorbe una parte particolare dello spettro e riflette la luce con la quale
è associato. Per formare il nuovo “colore”, i pigmenti misti di solito sottraggono dal
miscuglio i vari colori dello spettro. Il blu (che non riflette il rosso o il giallo) mischiato
con il giallo (che non riflette il rosso o il blu) forma il verde sottraendo completamente
alla miscela la capacità di riflettere il rosso. I pigmenti sono sottrattivi e questo si intende
quando si parla di materiale trasparente “sottrattivo” nel Material Editor.
Le luci non bianche si rifrangono nel proprio spettro, poiché parte dell’intero spettro (bianco)
manca, altrimenti non sarebbero colorate.
Mentre il bianco costituisce l’assenza di pigmento nel modello CYM (rappresentato dal
bianco della tela), il nero rappresenta la mancanza di luce nel modello RGB (e può essere
considerato la vera e propria oscurità). I tre colori primari della luce si mescolano per
formare la luce bianca. Il miscuglio dà origine ai colori secondari azzurro, giallo e
magenta, i colori primari del modello di pigmento CYM.
La dicotomia fra luce e pigmento è un concetto importante da afferrare per capire
completamente come appaiono i materiali in diverse condizioni di illuminazione. La luce
e i pigmenti sono elementi opposti ma complementari. I colori primari di un modello
rappresentano i colori complementari dell’altro. Il modello RGB emette luce; il modello
CYM la riflette. Il pigmento di un oggetto non può essere visto se la luce non lo colpisce,
mentre la luce colorata, per essere percepita, necessita di una superficie opaca da colpire.
Se si mescolano tutti i colori della luce si ottiene il bianco, mentre se si mescolano tutti i
colori pigmento si ottiene il nero. Il modello RGB mescola i colori aggiungendoli, il
modello CYM sottraendoli.
I cerchi di luce appaiono frastagliati sui bordi nelle finestre ombreggiate perché il renderizzatore
interattivo di immagini di 3DS MAX utilizza Gouraud per ombreggiare la visualizzazione. Questo
metodo calcola gli effetti di illuminazione ombreggiando i vertici del modello. L’effetto di
illuminazione apparirà accurato solo se la mesh visualizzata è fitta. Per visualizzare l’effetto reale
della luce, sarà necessario effettuare un rendering di produzione.
Il colore RGB
È importante arrivare alla comprensione completa del modello RGB perché quasi tutte le
applicazioni a colori basate sul computer si basano su questo modello. Fortunatamente,
il Color Selector (figura 2.6) di 3DS MAX offre un ottimo metodo per impadronirsi del
concetto di mescolare diverse quantità di colore nel modello RGB.
■ Figura 2.6
Il Material Editor e il Color
Selector di 3DS MAX.
FIG0206.BMP
1. Entrare nel Material Editor facendo clic sul pulsante Material Editor sulla
barra degli strumenti.
2. Fare doppio clic sulla tavolozza dei colori <Diffuse> per far apparire il Color
Selector (non importa quale materiale è attivo perché verrà cambiato solo il
colore).
Il Color Selector regola contemporaneamente il colore nei dispositivi di
scorrimento e la tavolozza dei colori nonché i valori, i colori e la sfera cam-
pione di rendering del Material Editor.
3. Fare clic su un colore nel gradiente Hue o sul dispositivo di scorrimento Hue
e controllare che il dispositivo di scorrimento Whiteness non sia nella parte
inferiore dell’intervallo.
4. Spostare il dispositivo di scorrimento Sat (saturazione) a 255 (fino all’estre-
mità destra) e controllare che il dispositivo di scorrimento Value non si trovi
alle estremità.
In questo modo si crea un colore completamente saturo con almeno uno dei
valori RGB impostati al massimo nel livello corrente del dispositivo di scorri-
mento Value mentre almeno uno degli altri è ridotto a zero.
■ Figura 2.8
Il Color Selector standard
in 3DS MAX.
FIG0208.BMP
Il Color Selector
Il Color Selector di 3DS MAX costituisce l’ambiente ideale per imparare a mescolare i
colori. L’esercizio seguente aiuterà a comprendere il significato dei dispositivi di
scorrimento HSV dei colori e il modo in cui influiscono l’uno sull’altro. La Figura 2.9
illustra come è possibile accedere al Color Selector anche dalla finestra di dialogo OBJECT
COLOR.
■ Figura 2.9
Il Color Selector di 3DS
MAX dalle finestre di
dialogoOBJECT COLOR.
FIG0209.BMP
1. Fare clic sulla tavolozza OBJECT COLOR nel pannello COMMAND per accedere
alla finestra di dialogo OBJECT COLOR e poi fare doppio clic sulla tavolozza
dei colori A CTIVE COLOR per visualizzare il Color Selector, identico a quello
del Material Editor.
2. Fare clic su un colore qualsiasi sul dispositivo di scorrimento Hue e portare i
dispositivi di scorrimento Saturation e Value fino a 255.
Colori complementari
I colori che si trovano su posizioni diametralmente opposte sulla ruota a colori sono
complementari. Per il modello di base RYB, i colori primari complementari sono rosso e
verde, giallo e viola, blu e arancione. I colori complementari possono essere individuati
in qualsiasi punto della ruota, quindi il colore complementare di un arancione rossastro
è un blu verdastro.
I colori complementari hanno diverse caratteristiche importanti. Se utilizzati in maniera
affiancata, un colore esalta l’intensità del suo complementare e produce un grande
contrasto visivo. Una tale caratteristica può produrre anche una distorsione visiva molto
accentuata perché i colori complementari si contendono l’uno il colore dell’altro, quello
che a loro manca. In questo modo, l’occhio percepisce un effetto di “interruzione” o
“vibrazione”. Se mescolati, i colori complementari creano sfumature di marrone e di
grigio perché tendono a neutralizzare l’intensità della tinta principale e di solito nelle
mescolature tradizionali si evita di mischiare colori complementari. Quando un oggetto
colorato crea un’ombra, questa tende al colore complementare dell’oggetto. Questo
effetto è valido anche per le sorgenti di luce colorate che producono ombre che tendono
al colore complementare.
La luce solare
La luce del sole non è facile da quantificare poiché si esprime in molte modalità, sfumature
e tonalità. La luce solare del mattino può essere di un grigio caldo in una giornata tersa
o di un grigio freddo in una giornata di nebbia. La luce solare del tardo pomeriggio
produce una tonalità di giallo molto calda, mentre al tramonto può variare da un rosso
acceso a un viola purpureo. Il sole di mezzogiorno si avvicina molto al bianco, mentre alla
stessa ora la luce circostante che trapela da un lucernario orientato a nord potrebbe essere
fredda. Non esistono formule per calcolare tutte le qualità della luce del sole. È necessario
imparare a osservare il mondo circostante e mettere in pratica le proprie osservazioni
nelle scene create. Occorre imparare a guardare profondamente una fotografia o un
orizzonte per analizzarne la qualità della luce. Quando si effettua un’animazione con il
sole, per uno studio sulle ombre per esempio, è importante tenere conto di come il colore
del sole cambia nel corso del giorno.
La luce lunare
La luce lunare costituisce l’altra fonte di illuminazione naturale offerta dalla natura. Di
solito si pensa sia una luce basata sul giallo, ma questa definizione è troppo semplicistica.
La luna riflette semplicemente la luce dal sole. Come la luce solare, è filtrata dall’atmo-
sfera. La luna cambia colore mentre si sposta nel cielo proprio come il sole. La luce lunare
è di solito di un giallo caldo quando si trova nella parte bassa del cielo e diventa più bianca
quando si trova nella parte alta. Poiché la luna rappresenta una sorgente di luce molto
debole, l’illuminazione disponibile è scarsa e la quantità di luce riflessa dalle superfici
minima. La luce circostante di una scena che raffigura la luna deve essere scarsa e il colore
deve tendere fortemente verso il colore complementare della luna.
Le lampade a incandescenza
La sorgente di luce artificiale più antica e più comune è la lampadina a incandescenza. È
una sorgente puntiforme e l’intensità è limitata solo dal numero di watt forniti a quel
punto. Il colore emesso da una lampada a incandescenza è caldo e basato sull’arancione
con una temperatura di colore vicina a quella dell’alba. Un esempio che mostra fino a che
punto le lampade a incandescenza cambiano colore a seconda del numero di watt è dato
dai variatori di luce che a livelli molto bassi producono una luce quasi arancione. Anche
le lampade alogene fanno parte della famiglia delle lampade a incandescenza ma hanno
una temperatura notevolmente superiore. Producono un’illuminazione decisamente più
forte ed emettono una luce molto più bianca, ma calda. Le lampade alogene diventano
arancioni quando sono sfumate.
Le lampade fluorescenti
Le lampade fluorescenti emettono una luce colorata molto più bianca e basata sul blu e
il verde rispetto alle lampade a incandescenza. Le lampade fluorescenti ad alta tempera-
tura non sono proprio l’ideale per definire il colore di un oggetto . Infatti, pur essendo
più “bianche”, la loro luce sbiadisce molti colori, soprattutto i colori complementari rosso,
arancione e le tonalità della pelle. La quantità di luce prodotta da una lampada
Le luci dai colori intensi hanno effetti fantastici se utilizzate con cautela. Se si osserva
l’illuminazione del teatro dal palcoscenico, non si vedrà luce bianca ma un insieme di luci
colorate piene di vita. I teatri di solito utilizzano diverse combinazioni di luci di colore
rosso, verde, blu, giallo, magenta e azzurro puro. Questi colori puri di luce si mescolano
sul palcoscenico conferendo ad alcune aree e a numerose zone d’ombra una tale ricchezza
e vitalità che nemmeno la luce bianca sarebbe stata in grado di creare. Le luci colorate
possono produrre fenomeni di grande effetto se utilizzate su oggetti completamente
bianchi nonché in scene monocromatiche. Le superfici bianche riflettono tutto lo spettro
di luce e visualizzano le tonalità mescolate e l’intensità delle diverse luci proiettate su di
esse.
Riepilogo
■ Colori primari. I colori primari dei pigmenti sono azzurro, giallo e magenta.
Sono anche i colori complementari dei colori primari della luce rosso, verde e
blu.
■ Colori miscelatura. Se si mescolano i colori della luce si ottiene un effetto
additivo, mentre mescolandone di più ci si avvicina al bianco. Se si mescola-
no i colori pigmento si ottiene un effetto sottrattivo, mentre mescolandone di
più ci si avvicina al nero.
■ Neri e grigi. I neri e grigi veri e propri dovrebbero essere utilizzati con
cautela perché quasi ogni sorgente di luce o superficie pigmento è calda o
fredda di natura. Anche se i grigi veri e propri sono tutti troppo facili da
definire all’interno della grafica computerizzata, nella vita quotidiana si
trovano raramente.
■ Superfici colorate. Il colore della superficie in realtà è la luce che si riflette su
di essa. Perché una superficie colorata si veda, nella sorgente di luce è neces-
sario che ci siano i componenti di colore corrispondenti da riflettere. Questo
è un concetto importante da ricordare quando si definiscono i colori delle
sorgenti di luce.
3D Studio MAX dispone di numerosi strumenti che possono essere utilizzati per
organizzare la modellazione, controllare la prospettiva e visualizzare la composizione
delle scene. Per poter utilizzare al meglio il programma, risulterà utile sondare ed
esaminare le varie opzioni disponibili: la scelta accurata delle lenti di una macchina
fotografica, della sua posizione e della composizione segna la linea di confine tra
l’istantanea di un modello e la composizione di un’immagine davvero professionale. Nel
presente capitolo verranno trattati molti di questi aspetti fondamentali:
■ metodi di visualizzazione 3D sia tradizionale sia in 3DS MAX;
■ proiezioni ortogonali e assonometria;
■ terminologia della prospettiva tradizionale rispetto a 3D Studio MAX e
classificazioni standard di prospettiva;
■ confronto tra visione umana e utilizzo delle cineprese in 3D Studio MAX;
■ parallasse e correzione prospettica;
■ composizione di immagini.
Visualizzazione ortogonale
La maggior parte dei disegni di oggetti è ortogonale, cioè i disegni rappresentano la vista
esattamente secondo angoli di 90 gradi rispetto al soggetto, senza alcuna prospettiva. Le
viste ortogonali sono importanti perché mostrano gli esatti rapporti di altezza e
larghezza. Tutte le parti del soggetto vengono mostrate parallele al piano di visualizzazione
e sono scevre dalla distorsione e dallo scorcio presenti nella prospettiva. Tutto ciò che
viene rappresentato in una proiezione ortogonale ha la stessa scala, mentre in prospettiva
i soggetti più vicini sono più grandi di quelli più distanti. Le viste perpendicolari che
caratterizzano la proiezione ortogonale formano un “cubo” circoscritto al soggetto
(figura 13.1).
In molti casi le varie parti vengono disegnate da tre punti di vista, talvolta con l’aggiunta
di quella assonometrica. In altri, per esempio in architettura, vengono mostrate tutte le
viste, anche se superflue, con l’aggiunta di quelle in sezione, che mostrano le relazioni fra
elementi e particolari strutturali.
Vista
assonometrica
Vista da destra
Proiezioni
Le proiezioni ortogonali di 3D Studio MAX sono sei: Top (Superiore), Bottom (Inferiore),
Front (Frontale), Back (Posteriore), Right (Destra) e Left (Sinistra) con tasti di scelta
rapida standard, T, B, F, K, R, L, collegate ortogonalmente agli assi X, Y, Z di World.
Questi termini sono simili a quelli utilizzati in campo industriale dove le viste sono
descritte in relazione all’oggetto. In architettura si utilizzano termini diversi per viste
simili perché gli edifici hanno una struttura universale di riferimento. In termini
architettonici le viste Top e Bottom sono piante e le viste Front, Back, Left e Right sono
alzate. Questa terminologia è illustrata in figura 3.2 in relazione con le viste di 3D Studio
MAX. Il termine pianta è generalmente accompagnato dall’indicazione specifica (piano
terreno, soffitto, fondazione, tetto, eccetera) mentre il nome delle alzate è abbinato alla
direzione rispetto alla bussola (nord, sud, sudovest, eccetera).
Quando una vista laterale, o alzata, è presa all’interno dello spazio del soggetto si chiama
alzata interna e mostra solo quanto si vedrebbe stando dentro quello spazio. Se la vista
mostra anche la larghezza (ed eventualmente la struttura) delle pareti circostanti, viene
detta sezione. Una sezione è un’alzata a partire da un certo punto del soggetto (vedi
paragrafi successivi). Le sezioni vengono ampiamente utilizzate per descrivere la
struttura e i rapporti interni tra gli elementi. Pur essendo difficili da interpretare, i disegni
in sezione rappresentano un valido strumento per il modellatore in 3D Studio MAX
perché sono le forme perfette per il lofting (consultare il capitolo 10 per ulteriori
informazioni sulla modellazione di oggetti loft). È possibile creare una vista del modello
in sezione dinamica regolando i piani di ritaglio della cinepresa.
Prospetto nord
Vista
Prospetto ovest
assonometrica
Assonometria
Quando le viste non sono più perpendicolari cominciano a mostrare più di un lato
contemporaneamente, e a diventare oblique. Le viste di questo tipo sono dette assonometri-
che e il loro nome in 3DS MAX è User views (viste utente).
Molti utenti identificano le User views con quelle isometriche o inclinate. In realtà il termine
isometrico si riferisce a un tipo molto particolare di assonometria in cui gli angoli di rotazione
sono tutti uguali (in genere di 30 gradi). I disegni inclinati mantengono un piano non distorto
(la pianta o l’alzata) e inclinano le proiezioni corrispondenti. Questo tipo di proiezione non può
essere rappresentato dalla User view di 3DS MAX.
Prospettiva e cineprese
Normalmente la prospettiva si riferisce all’aspetto degli oggetti considerati in profondi-
tà, così come sono percepiti dalla vista umana. Le macchine fotografiche, la televisione e
il cinema mostrano il mondo in prospettiva su piani bidimensionali di pellicola, vetro o
su schermo. Mentre questi strumenti dispongono automaticamente le immagini, gli artisti
hanno sempre avuto bisogno di costruire le prospettive traducendo il mondo tridimen-
sionale sul piano bidimensionale della carta o della tela. Il modo in cui le hanno
rappresentate è importante per capirne l’impatto compositivo e per utilizzare la termino-
logia di coloro che non si occupano di computer grafica.
Nel contesto del disegno, la prospettiva si riferisce alle varie tecniche sviluppate per
rappresentare oggetti tridimensionali e relazioni di profondità su una superficie bidimen-
sionale. Oggi si utilizzano diversi metodi empirici, meccanici e basati sulla costruzione per
realizzare l’effetto prospettico. Questi metodi seguono stadi e procedure molto specifici
nella creazione manuale di una prospettiva; 3DS MAX li esegue automaticamente nella
finestra Camera con una precisione superiore a quella di molti disegnatori. Di seguito
vengono messi in relazione i termini utilizzati in arte con la terminologia della Camera
di 3DS MAX.
La classica teoria della prospettiva pone l’occhio dell’osservatore in un punto principale
e guarda un punto lontano, detto centro di vista, che in 3DS MAX equivale a posizionare
la cinepresa e l’oggetto cui questa punta. In figura 3.4 è illustrata la correlazione tra i due
modelli.
La linea tesa tra l’occhio dell’osservatore e il centro di vista viene detta linea di puntamento.
3DS MAX traccia questa linea visivamente per collegare la cinepresa e l’oggetto da
rappresentare. Questo vettore raggiunge il centro di vista dell’occhio e così mostra quello
■ Figura 3.4
Linea di vista Punto di fuga Camera
Terminologia classica
della prospettiva e
analogia con la cinepresa
di 3DS MAX.
Quadro
Il concetto di quadro è alla base della tecnica prospettica. Per incorniciare la scena veniva
utilizzata una lastra di vetro, sulla quale erano tracciate le linee di puntamento tra l’artista e gli
oggetti.
Il piano sul quale sta l’osservatore che guarda la scena viene detto piano di terra, ed è il
pavimento o il terreno sul quale giace la maggior parte degli oggetti della scena. Il piano
di terra è posizionato al di sotto dell’occhio dell’osservatore, a una distanza che per la
maggior parte delle persone coincide con l’altezza dell’orizzonte compresa tra i 150 e i 180
centimetri. In 3DS MAX il piano di terra coincide con il piano della griglia principale X,
Y che compare nelle User e Perspective views.
È possibile visualizzare la linea di orizzonte delle cineprese di 3DS MAX per guidare le composi-
zioni e posizionare correttamente le viste della cinepresa, in modo tale che corrispondano alle
immagini dello sfondo.
L’orizzonte è importante perché visivamente tutte le linee orizzontali, cioè quelle che
giacciono su piani paralleli a quello di terra, terminano in punti di fuga posti su esso. Le
linee che appartengono a piani al di sotto dell’occhio arrivano salendo alla linea di
orizzonte, mentre quelle che stanno sopra scendono verso di essa. Le linee della scena che
si trovano al livello dell’occhio sono coincidenti con l’orizzonte e sono interpretate come
una “linea” sola. 3DS MAX non utilizza alcun termine per indicare i punti di fuga perché
non ne richiede l’utilizzo. La conoscenza del loro significato comunque facilita il compito
di posizionare gli oggetti in una scena e di determinare il punto migliore dal quale
osservarli. Questi punti tendono anche ad attirare l’occhio dell’osservatore, diventando
un naturale fulcro di interesse. La posizione avrà un impatto sulla forza della composi-
zione. Quando un angolo è visibile da entrambi i lati della linea di vista viene detto cono
visuale o angolo visuale, che equivale al Field of View (campo visivo), FOV, di 3DS MAX
(figura 3.5). Nella realizzazione di prospettive tradizionali, l’angolo visuale è spesso
fissato a 30 gradi da entrambi i lati della linea di vista, una scelta dettata dalla possibilità
di utilizzare triangoli rettangoli con angoli di 30 e 60 gradi, più semplici, piuttosto che
dalla riproduzione della realtà fisica. Infatti l’angolo fino al quale l’occhio umano può
focalizzare è più vicino a 45 gradi, il valore del Field of View fornito dalla lente di default
da 51,944 mm di 3DS MAX.
■ Figura 3.6
Il modello toy block
visualizzato secondo la
prospettiva centrale.
L’effetto può essere visto nella finestra Camera01 (figura 3.6). Il punto di
fuga delle facce del cubo giace sulla linea di orizzonte e coincide con il centro
di vista. Le altre linee del cubo hanno un punto di fuga a distanza infinita da
entrambi i lati, vale a dire che non ne hanno nessuno. Queste linee non hanno
termine e sono parallele all’osservatore e all’orizzonte. Tale vista è detta
prospettiva centrale (a punto unico) perché esiste un solo punto di fuga.
■ Figura 3.7
Il modello Toy Block
visualizzato in prospettiva
a due punti.
Linee in fuga
Lineadell’orizzonte Linee parallele
Orizzonti
Un concetto fondamentale da tenere presente riguarda il fatto che il livello dell’occhio
determina l’orizzonte. Poiché l’altezza media delle persone varia tra i 150 e 180 centimetri,
gli occhi condividono lo stesso orizzonte, purché si trovino sullo stesso piano di terra. Gli
occhi di una folla quindi sono colineari e in linea con l’orizzonte (figura 3.9). Quando
l’osservatore vede una testa che supera l’orizzonte sa che la persona è più alta di lui o che
si trova su un piano più elevato. Se una testa si trova al di sotto dell’orizzonte la persona
è più bassa oppure si trova su un piano inferiore.
■ Figura 3.9
Gli occhi di una folla sono
in linea con l’orizzonte.
■ Figura 3.10
Linea dell’orizzonte alta Linea dell’orizzonte bassa
La posizione degli orizzonti
risultante dall’inclinazione
della cinepresa e dal suo
spostamento sul piano
verticale.
■ Figura 3.11
Rotaie convergenti in un
punto di fuga all’orizzonte.
L’occhio cattura molte immagini, rapidissimamente, che poi il cervello compone per
formare un quadro complessivo della scena dalla quale trae delle conclusioni. Il cervello
organizza forme e figure secondo relazioni spaziali. Quando si analizza l’istantanea di una
scena, si vedono tutte le linee “inclinarsi” o convergere. Ma il cervello tende a correggere
la vista del mondo reale e a interpretare queste linee come parallele invece che
convergenti. Si tratta di un’interpretazione della realtà, dopo tutto gli oggetti sono
davvero paralleli. Inoltre è molto più facile navigare in un mondo che la mente percepisce
in senso spaziale: basta immaginare un mondo in cui si debba continuamente valutare
l’effetto della prospettiva prima di attraversare una stanza per prendere un bicchiere. La
capacità di non vedere il mondo in prospettiva è utile e costituisce la norma: il cervello
compie questa trasformazione spaziale automaticamente.
Per comprendere la prospettiva è necessario imparare a vedere il mondo non per come
appare nelle immagini trasformate dal cervello ma per come appare nelle istantanee. La
prospettiva si impara; non è un fatto istintivo. Gli artisti imparano a trovare linee
convergenti e punti di fuga quando disegnano una scena e queste regole costituiscono un
bagaglio sempre presente al momento di schizzare un soggetto. Fu solo con il Rinascimen-
to che la prospettiva divenne una tecnica assodata, ciò che ne dimostra la difficoltà di
apprendimento.
■ Figura 3.12
Teleobiettivo Grandangolo
Viste di una città con
prospettive molto diverse.
Obiettivo 35 mm
È necessario conoscere l’influenza delle dimensioni delle lenti di una macchina fotografica
da 35 mm sulla capacità visiva, perché questa macchina costituisce il termine dell’analogia
utilizzato da 3DS MAX per descrivere un campo visivo nelle finestre Camera (figura 3.13).
Questa relazione vale solo se ci si riferisce allo stesso tipo di macchina fotografica. Gli altri
standard di dimensioni di pellicola (per esempio, pellicola cinematografiche da 70 mm)
associano diversi intervalli di dimensioni delle lenti al campo visivo. La lente di default
di 3DS MAX è una 43,46 mm che restituisce un campo visivo equivalente alla vista naturale
dell’occhio, 45 gradi.
■ Figura 3.13
Le lenti disponibili per le
cineprese di 3D Studio
MAX.
Lenti grandangolari
Le lenti di dimensioni inferiori ai 50 mm (o più precisamente ai 48,24 mm) catturano un
campo visivo maggiore del normale cono di vista dell’occhio umano. Queste lenti sono
considerate grandangolari e le viste a esse relative vengono dette viste grandangolari.
Gli effetti prospettici visualizzati con tali lenti sono esagerati. Le lenti fornite da Camera/
Adjust sono quelle generalmente disponibili per le macchine fotografiche.
La scelta di una lente inferiore ai 35 mm e 28 mm standard di un grandangolo possono
provocare una distorsione prospettica eccessiva che a sua volta produce effetti spropor-
zionati o induce confusione, a seconda di come viene composta la scena finale. Le lenti
molto piccole, 10-15 mm sono dette comunemente lenti fisheye perché la lente stessa
comincia a sembrare sferica. La geometria osservabile attraverso gli angoli delle lenti
fisheye sembra “curvata”, quando si guarda da un lato all’altro. La lente più piccola di 3D
Studio MAX , una fisheye da 9,8 mm, restituisce un campo visivo a 178 gradi che produce
l’effetto di vedere quasi alle proprie spalle. Questo tipo di lente deve essere riservato a
effetti speciali.
La curvatura della lente della macchina fotografica ha un impatto sulle fotografie: più ampia è la
lente maggiore è l’effetto. Le lenti fisheye per esempio producono una notevole distorsione.
Questa in generale non è direttamente supportata dalla computer grafica perché le linee decre-
scenti sono sempre vettori rettilinei a prescindere dal FOV. Questo effetto può comunque
essere riprodotto attraverso un processo successivo.
Una percezione umana importante nella prospettiva a tre punti consiste nel fatto che più
l’oggetto viene allargato, più sembra grande (o più piccolo l’osservatore). Questo effetto
scaturisce dalle osservazioni di tutti i giorni. Se un edificio è alto e l’osservatore è vicino,
■ Figura 3.14
Ampiezza della prospettiva
con un grandangolo.
Teleobiettivi
Le lenti fotografiche più grandi di 50 mm sono dette teleobiettivi. Tali lenti possono
ingrandire la scena più da vicino di quanto faccia l’occhio umano, agendo come un
telescopio. Teleobiettivi potenti, spesso utilizzati dai fotografi di sport, hanno le
dimensioni di un piccolo telescopio. L’ampiezza della scena che queste lenti possono
catturare diminuisce proporzionalmente, e l’effetto che si ottiene è l’appiattimento.
L’ampiezza della prospettiva è ridotta perché solo un piccolo angolo della scena viene
visualizzato. Questo effetto può essere simulato su una fotografia ritagliando una piccola
regione e verificando la mancanza di linee convergenti: al crescere delle lenti diminuisco-
no le dimensioni della vista ritagliata e aumenta l’appiattimento della prospettiva.
L’effetto piatto può essere utile in alcuni casi.
La lente da 85 mm è detta lente ritratto perché appiattisce leggermente i tratti del soggetto
dando un’immagine più ampia. Se per un ritratto si usa il grandangolo, questo distorce
la figura del soggetto con effetti sgradevoli.
3DS MAX offre una gamma incredibilmente vasta di lenti, fino a quella da 100.000 mm,
a cui corrisponde un FOV di 0,025. Questa lente equivale a un grande telescopio da
osservatorio astronomico o a un microscopio elettronico molto potente. Una lente di
queste dimensioni elimina la prospettiva e fa apparire la vista come fosse una proiezione
piana o una vera e propria alzata.
■ Figura 3.15
Un interno con errore di
parallasse dovuto al
movimentodella
cinepresa.
Correzione prospettica
Nell’illustrazione tradizionale, soprattutto nella fotografia architettonica e di interni, la
parallasse deve essere evitata e corretta. Per eliminare completamente questo effetto è
necessario mantenere sempre la macchina fotografica a livello del piano di terra. Le
composizioni risultanti non saranno molto vivaci e spesso si presenta la necessità di
ritagliare una scena o di spostare la macchina fotografica a un’altezza improbabile.
Le macchine con mirino, dette anche a grande formato, a piano variabile o a 45,
consentono al fotografo di correggere gli effetti di parallasse manipolando gli specchi
interni. La stessa funzione è disponibile nelle cineprese da 35 mm con lenti a controllo
prospettico (PC, perspective control) speciale. 3DS MAX fornisce quasi completamente
questa funzione con l’opzione Renderer’s Blowup (figura 3.16).
Per ulteriori informazioni sulla correzione prospettica con l’opzione Renderer’s Blowup, consul-
tare il capitolo 20.
Silhouette
Talvolta gli artisti riducono le componenti di una scena al loro profilo in modo da
sviluppare e consolidare le composizioni. Questa tecnica rende tutti gli oggetti neri su
sfondo bianco, con l’effetto di visualizzare la scena con una intensa luce bianca proiettata
da dietro. Si vede soltanto la forma generale, complessiva. I bordi interni e le
sovrapposizioni di oggetti sono oscurati. La scena è interpretata come una rapida azione.
Questa tecnica viene definita silhouette.
È possibile analizzare la silhouette di un’immagine in 3DS MAX con ogni rendering. La
figura 3.17 illustra la funzione del comando Display Alpha Channel che visualizza il canale
alfa di ogni rendering eseguito in MAX. Questa opzione non deve essere impostata perché
3DS MAX esegue sempre il rendering del canale alfa ed è sempre possibile visualizzarlo
a prescindere dal fatto che lo si voglia salvare o no.
Schizzi in miniatura
Artisti e registi spesso utilizzano schizzi piccoli e rapidi per sviluppare e rifinire le
composizioni. Questi schizzi non devono essere dettagliati e nemmeno molto precisi. Le
dimensioni di uno schizzo in miniatura devono servire solo a catturare la composizione
della scena nel suo complesso, uno studio di silhouette, figure stilizzate, sovrapposizione
di “controfigure” semplificate e tutto ciò che serve a rappresentare gli elementi della
composizione. Molti di coloro che utilizzano questi schizzi li tracciano con rapidità: spesso
ne realizzano cinque o sei al minuto, provando diverse composizioni. Il vantaggio di
questa tecnica consiste nel fatto che fornisce una traccia dei tentativi già fatti e quindi
dell’evoluzione del lavoro.
Clonazione di cineprese
Le cineprese di 3DS MAX sono strumenti compositivi estremamente efficienti, che
consentono di analizzare un numero illimitato di angoli di visuale e di proporzioni, da
■ Figura 3.17
Confronto tra rendering
RGB e canale alfa per
analizzare la silhouette.
Riepilogo
■ Opzioni di finestra. Le opzioni di finestra di 3D Studio MAX derivano dai
metodi tradizionali utilizzati nella creazione di documenti relativi alla costru-
zione ortogonale, alle viste assonometriche descrittive e alle prospettive
illustrative.
■ Prospettive a uno e a due punti. Queste prospettive si basano sul fatto che
la cinepresa rimane a livello del piano di terra: nella vista risultante tutte le
linee verticali perpendicolari al piano di terra saranno parallele.
■ Prospettiva a tre punti. Le prospettive a tre punti si verificano quando la
cinepresa si sposta dal piano di terra. La convergenza al terzo punto di fuga
produce un effetto detto parallasse, inaccettabile per molte applicazioni. La
parallasse può essere eliminata mantenendo la cinepresa a livello e utilizzan-
do la funzione Renderer’s Blowup.
ANIMAZIONE E STORYBOARD 79
Uso degli storyboard
Che cos’è uno storyboard? Molti pensano agli storyboard come alle figure patinate che
i pubblicitari creano per la televisione, ma ciò limita la loro funzione alla vendita di idee.
In realtà esse costituiscono una parte importante nel progetto di qualsiasi rappresenta-
zione. Gli storyboard furono sviluppate negli anni Trenta, quando animatori e registi si
resero conto che la sceneggiatura scritta in modo tradizionale non arrivava a descrivere
il modo in cui doveva essere girato un film di animazione. Un film con personaggi reali
si basa soprattutto sul dialogo e molto meno sulla complessità dell’azione. L’animazione
invece riduce al minimo i dialoghi e racconta la storia attraverso l’azione. In un certo senso
l’animazione è più vicina all’arte del mimo che a quella del film vero e proprio. Il
riconoscimento della debolezza di una sceneggiatura tradizionale nell’animazione ha
portato come conseguenza allo sviluppo degli storyboard.
All’inizio gli sceneggiatori schizzavano ogni scena principale o azione importante e la
fissavano a una tavola per poi rivederla. Gli schizzi contenevano una quantità minima di
testo per la descrizione del dialogo e gli effetti di ripresa. Se la scena non dava buoni
risultati grafici veniva scartata. Questa tecnica risultò talmente efficace che oggi quasi tutti
i film e le presentazioni professionali si basano sugli storyboard durante la fase di
progettazione.
Storia
Elementi fondamentali nella costruzione di una storia sono il modo in cui verrà catturata
l’attenzione del pubblico, l’inizio e la fine della storia, il tempo del suo svolgimento. A
volte l’animatore riceve una storia completa, più spesso solo il nucleo di un’idea e
Storyboard
Dopo aver ottenuto una storia, averla messa per iscritto e letta più volte, l’animatore deve
decidere se può essere tradotta con buoni risultati in animazione: entra in gioco lo
storyboard. La storia deve essere divisa in scene principali, sequenze di azione importanti
e passaggi tra scene. Anche le scene della cui importanza non si è certi devono essere
comprese negli storyboard: è più facile eliminare una scena piuttosto che cominciare
l’animazione e scoprire di non aver risolto un problema importante.
Il passaggio successivo consiste nel disegnare rapidi schizzi concettuali di ogni scena o
azione, senza badare alla qualità del disegno, che ha solo una funzione di supporto.
Tutti gli schizzi vengono poi appesi a un pannello o distesi su un tavolo per consentire la
revisione dell’intera storia, che deve rispondere a certi requisiti: l’azione deve fluire da
una scena all’altra, non ci devono essere goffaggini nel modo in cui la storia si svolge, non
si deve sentire la mancanza di nessun elemento, le scene devono essere animate nel
periodo di tempo disponibile. L’analisi di questi elementi viene notevolmente agevolata
dalla visione degli schizzi rispetto alla semplice storia scritta. In seguito è possibile
modificare gli schizzi secondo la necessità. Se la comprensione di uno schizzo richiede la
lettura di una nota a margine, allora la scena o l’azione in esso illustrata è debole: è
necessario darle più enfasi oppure scartarla. Il testo a margine di uno schizzo esiste solo
per fornire particolari e per descrivere il modo in cui la scena viene composta. Il testo non
risolve la debolezza di un’azione né la scarsa preparazione di una scena.
Sceneggiatura
Dopo che lo storyboard è stato approvato è necessario stendere la sceneggiatura. Nei film
reali la sceneggiatura suggerisce agli attori quello che devono dire e fare, e quando dirlo
e farlo. In generale la sceneggiatura di animazione di 3DS MAX non deve essere
altrettanto elaborata, ma deve piuttosto focalizzarsi sull’identificazione delle chiavi di
animazione e definire ciò che accade in quelle fasi. Se il prodotto comprende effetti sonori
questi devono essere indicati insieme al tempo in cui si verificano in relazione alle chiavi
di animazione.
Un approccio utile alla sceneggiatura consiste nel prendere una copia dello storyboard e
cominciare ad aggiungere di fianco agli schizzi i riferimenti di tempo o i numeri di
fotogramma. In questo modo viene fornito anche lo spazio opportuno per annotare gli
effetti sonori che competono alla scena. A questo punto sarà possibile verificare le ipotesi
ANIMAZIONE E STORYBOARD 81
relative alla tempistica e alla lunghezza complessiva dell’animazione. L’adattamento
successivo attraverso storyboard e sceneggiatura porterà alla corretta valutazione dei
tempi di animazione.
Tipi di storyboard
Esistono due tipi di storyboard utilizzabili quando si crea un’animazione. Il primo
corrisponde a quanto descritto precedentemente: si tratta di uno schizzo rapido e
grossolano delle scene principali con note a margine relative ai tempi, agli effetti di ripresa
e al suono. Questo schizzo costituisce in assoluto la versione più importante dello
storyboard ed è la base di partenza per creare l’animazione.
L’altro tipo di storyboard è uno strumento di presentazione. Come precisato in preceden-
za, l’animatore e il cliente dovrebbero sempre sottoscrivere lo storyboard finale come
parte del contratto. In questo caso può non essere gradita la presentazione di una versione
di lavoro approssimativa. Esistono in commercio dei moduli appositi per storyboard
costituiti da piccoli schermi bianchi con blocchi di righe per le note. Un esempio di foglio
per storyboard viene mostrato nella figura 4.1. Su questo possono essere riprodotti gli
schizzi originali rifiniti che saranno poi sottoposti all’approvazione del cliente.
Questo tipo di storyboard deve essere creato solo quando la copia di lavoro è terminata
e risulta soddisfacente. Disegnare uno storyboard di presentazione e contemporanea-
mente realizzare l’animazione non dà risultati positivi.
Realizzazione di storyboard
Il processo di creazione di uno storyboard è stato descritto nella sezione precedente, ma
rimangono da valutare alcune questioni tecniche. Prima di tutto la tecnica di disegno
utilizzata deve essere veloce e grossolana: qualsiasi cosa rallenti il flusso delle idee
interrompe il processo creativo. Molte persone fanno l’errore di utilizzare i moduli
prestampati che contengono varie scene su un solo foglio. A questo approccio sono
associati molti problemi. I fotogrammi prestampati hanno la tendenza a inibire il processo
di stesura del disegno: bisogna restare all’interno della casella e i bordi rigidi non sono
compatibili con una tecnica di disegno veloce. Inoltre su un foglio ci sono diverse caselle
e questo rende difficile scartarle o sostituirle in seguito alle modifiche. Ogni scena si deve
trovare su un foglio a sé e se la scena non funziona va scartata per un altro tentativo.
La seconda tecnica riguarda le dimensioni dello storyboard. I disegni di ogni scena
devono essere piccoli perché la realizzazione sia rapida. Se il foglio è troppo grande sarà
spontaneo riempirlo con particolari superflui e uno sfondo che rendano l’effetto più
“finito”. I fogli migliori sono quelli adesivi dei blocchi piccoli o anche i notes da poco
prezzo. Sono economici, le pagine sono facili da strappare e sono disponibili in piccole
dimensioni. Dopo che sono state disegnate tutte le scene, è facile disporre i singoli schizzi
su una tavola, strapparli, sostituirli o spostarli con il minimo sforzo. Dopo l’approvazione
da parte del cliente e l’inizio dell’animazione, lo storyboard resta un punto di riferimento
nella prosecuzione del lavoro. Se il progetto viene seguito da diverse persone, ciascuna
di esse deve avere una copia dello storyboard come riferimento. Un regista di Hollywood
non va sul luogo a girare senza portare la sceneggiatura e l’animatore non deve sedersi
davanti alla workstation senza avere lo storyboard a portata di mano.
La storia
Verrà creato lo storyboard della storia intitolata “The Big Bounce”. L’animazione finale
si svolge in circa 20 secondi.
ANIMAZIONE E STORYBOARD 83
In un bel paesaggio al limite di una scarpata rotola una palla rossa che si ferma sul bordo.
La palla sembra guardare oltre l’orlo dell’abisso e dopo una breve pausa rimbalza due
volte e poi salta nel vuoto.
La palla cade, acquistando velocità, a qualche centimetro lungo la parete della scarpata.
All’improvviso la palla colpisce il terreno con forza e rimbalza fuori dal campo visivo.
L’osservatore rimane alla base della parete, chiedendosi che cosa è successo, quando vede
altre tre palle sullo sfondo. Lentamente le palle ruotano, una alla volta, rivelando un
punteggio di 9,5 9,6 e 9,4 rispettivamente. Un salto quasi perfetto.
Lo storyboard
Il primo passaggio consiste nel dividere la storia nelle scene e nelle sequenze di azione
più importanti:
1. scena di apertura - scarpata con paesaggio;
2. la palla rotola fino al bordo della scarpata;
3. la palla guarda oltre il bordo;
4. la palla rimbalza;
5. la palla oltrepassa il bordo;
6. caduta;
7. la palla colpisce il terreno;
8. la palla rimbalza fuori dal campo visivo;
9. scena delle palle sullo sfondo;
10. le palle ruotano rivelando i numeri;
11. zoom sulla palla centrale;
12. le palle virano al nero lasciando sullo schermo solo i numeri.
Le scene possono essere divise in modo diverso e disegnate di conseguenza. La figura 4.2
mostra un esempio di come può essere disegnata una parte dello storyboard.
■ Figura 4.2
Esempio di immagini di
La palla rotola
storyboard.
Scena iniziale
Tecniche di animazione
Molti si avvicinano all’animazione al computer unicamente dal punto di vista della
costruzione di un modello, ritenendo che se si costruisce un modello abbastanza
gradevole questo prenderà vita da solo. Purtroppo questo presupposto è sbagliato. Le
videocassette dimostrative e persino alcune animazioni criticate risentono del movimen-
to goffo e irreale degli oggetti. Per evitare questo difetto è necessario comprendere che
nell’animazione il movimento è una parte importante del prodotto complessivo. È
opportuno progettare il movimento con la stessa attenzione con cui si costruiscono il
modello e i materiali connessi. In realtà il movimento è una parte talmente integrante di
3DS MAX che è difficile progettare i materiali o modellare un oggetto senza tenere conto
della loro successiva animazione.
Il movimento degli oggetti e la sua simulazione nell’animazione al computer richiedono
la conoscenza dei concetti inerenti la teoria del moto.
ANIMAZIONE E STORYBOARD 85
Progetto del moto
Per ottenere un’efficace animazione, il movimento corretto è importante quanto qualsiasi
altro elemento del progetto. L’animazione di oggetti irreali o fantastici come animali
parlanti e navicelle spaziali in assetto di guerra è facilmente accettabile, perché tali oggetti
si muovono in modo realistico. Capita invece di vedere un’animazione applicata a un
soggetto modellato con precisione e reso accuratamente, ma che non riesce ad attirare
l’attenzione. L’analisi di un’animazione fallita di solito rivela un movimento troppo
ridotto o non realistico. In altri termini la fantasia spesso colma la mancanza di particolari
di un modello ma non perdona un movimento rozzo e irreale.
La preparazione del movimento deve cominciare immediatamente, anche prima che
venga iniziata la costruzione del modello. L’esame dello storyboard deve portare a
stabilire il modo in cui gli oggetti si muovono e la direzione del moto.
■ Figura 4.3
Il movimento di un salto in
lungo.
Anticipazione
L’anticipazione è un’azione preliminare che imposta un’azione principale. Questa azione
di impostazione soddisfa molte condizioni dell’animazione. Un uso dell’anticipazione
consiste nel simulare il movimento reale. Se un oggetto è fermo, si deve verificare
un’azione preliminare che trasferisce energia all’oggetto in modo tale che questo possa
utilizzare l’energia per compiere l’azione principale. Ancora una volta si fa riferimento
alla sequenza di salto in lungo precedente. Prima che la figura possa saltare deve
rannicchiarsi e far scivolare le braccia per l’equilibrio (è impossibile saltare senza piegare
le ginocchia o spostare le braccia). La figura 4.4 mostra la fase di anticipazione del
movimento del salto in lungo.
■ Figura 4.4
Posa iniziale L’anticipazione precede
l’azione.
Anticipazione
L’anticipazione viene utilizzata per preparare il pubblico a quanto sta per accadere o per
indirizzare la sua attenzione verso il luogo in cui l’azione si verificherà. Si consideri una
fune che si spezza sotto un carico pesante. Nell’esperienza quotidiana ciò si verifica
quando si rompe un laccio delle scarpe oppure un filo della biancheria troppo carico.
L’azione è improvvisa e imprevista. Se una sequenza di questo tipo viene animata così
come avviene in realtà il pubblico non nota la rottura della fune e probabilmente altri punti
importanti dell’animazione, mentre tenta di immaginare che cosa è successo. La soluzione
tradizionale di questo problema consiste nell’utilizzare un caso estremo di anticipazione
ANIMAZIONE E STORYBOARD 87
per preparare l’azione principale. Un primo piano della fune ne mostra la tensione;
qualche filo si spezza; e poi all’improvviso la fune si rompe: a questo punto il pubblico è
pronto ad accettare l’azione. L’anticipazione del primo piano prepara alla rottura della
fune. Questa scena è stata vista centinaia di volte e nessuno probabilmente si è fermato
a pensare che non corrisponde alla realtà.
Un ultimo esempio dell’uso dell’anticipazione per indirizzare l’attenzione del pubblico
implica il movimento della cinepresa. Si consideri l’esplorazione architettonica di una
casa, partendo dal soggiorno e da una lenta panoramica dello spazio circostante. Poi si
passa alla cucina sulla destra; girarsi per camminare fino alla cucina è noioso ma il balzo
in un’altra scena dà un taglio troppo brusco che la rende incomprensibile. L’anticipazione
viene utilizzata terminando la panoramica del soggiorno con la cinepresa rivolta verso
una porta aperta sulla cucina. Una breve pausa sull’immagine fissa della cucina anticipa
il taglio (tecnicamente un effetto di transizione invece di un movimento vero e proprio
ma il principio è lo stesso) e il pubblico compie il salto mentale in cucina prima che
l’animazione entri nella scena.
■ Figura 4.5
La palla da bowling
rimbalza sul terreno.
Compressione
■ Figura 4.7
Compressione
iniziale Compressione ed
finale
estensione in un salto in
lungo.
Azione principale
in estensione
Infine non deve mai essere violata la norma che dice “per quanto deformabile, un oggetto
deve sempre mantenere lo stesso volume apparente”. Anche nell’animazione di cartoni
animati stilizzati, dove compressione ed estensione sono esasperate, si conserva sempre
il senso di volume costante. Si consideri una palla piena d’acqua che si deforma quando
viene manipolata: la deformazione non implica aggiunta né eliminazione di acqua, il
volume rimane quindi costante. Il trasformatore di scala Squash e il modificatore Stretch
utilizzano questa tecnica. Quando un oggetto viene compresso lungo un asse si espande
automaticamente lungo gli altri due. Questi comandi però sono troppo semplici per
l’animazione sofisticata. L’animatore deve assicurarsi che la deformazione lungo un asse
sia bilanciata da una deformazione opposta lungo gli altri, mantenendo perciò un volume
costante.
ANIMAZIONE E STORYBOARD 89
Azioni sovrapposte
Un altro elemento importante del movimento credibile è il concetto di azione sovrapposta.
Non tutto avviene nello stesso tempo. L’azione sovrapposta è visibile nelle pellicole sulla
sicurezza stradale dove i manichini urtano con l’auto contro un muro. Un animatore
inesperto potrebbe posizionare il modello dell’automobile nel punto d’impatto e comin-
ciare a regolare la posizione di tutti gli oggetti all’interno della vettura. Guardando il film
più attentamente si vede quel che succede veramente. Nei primissimi fotogrammi dopo
l’impatto la parte anteriore della macchina si accartoccia e si frantuma all’indietro verso
le ruote anteriori ma l’interno dell’auto e i manichini non si sono mossi, devono ancora
subire le conseguenze dell’impatto. La situazione cambia rapidamente nei pochi foto-
grammi che seguono, quando i manichini sono scagliati in avanti trattenuti dalle cinture
di sicurezza, il parabrezza esplode eccetera. Tutta l’azione è il risultato di un evento,
l’impatto, ma ogni azione comincia in un momento diverso. Osservando il resto
dell’impatto, si nota anche che tutto si ferma in momenti diversi.
Questa tecnica viene utilizzata anche per altri effetti di movimento dell’animazione. Se
per esempio si vuole muovere il braccio di una figura da una posizione di riposo perché
prenda un bicchiere su un tavolo, si può incorrere nell’errore diffuso di avanzare di pochi
fotogrammi dalla posizione iniziale e poi muovere tutti gli elementi del braccio nella
posizione finale. Tale errore dà un movimento molto irreale perché comincia e finisce
tutto allo stesso tempo. La sequenza corretta richiede che la parte superiore del braccio
cominci a sollevarsi per prima e poi l’avambraccio ruoti, seguito dal movimento
all’indietro del polso. Infine le dita si piegano intorno al bicchiere. Ciascuno di questi
movimenti comincia prima che quello precedente sia terminato, fornendo così la
sovrapposizione realistica che il pubblico inconsciamente si aspetta. Nell’animazione
tradizionale questa tecnica viene generalmente chiamata “rottura successiva dei giunti”
perché il movimento è rappresentato dalla rottura dei giunti che si liberano dalla
posizione di riposo in ordine successivo. Il movimento comincia dalla spalla e si diffonde
fino alle nocche delle dita.
Conclusione
La conclusione è associata all’azione sovrapposta e nell’animazione corrisponde a lanciare
una palla o ruotare una mazza. Un’azione non arriva quasi mai a un arresto completo e
improvviso. L’inerzia trascina l’oggetto oltre il punto terminale, e spesso l’oggetto
cambia lentamente direzione per tornare alla posizione di arresto.
3D Studio MAX comprende i controller di animazione di Bézier, tensione, continuità e
bias (TCB; tension, continuity, bias) che supportano la creazione del movimento naturale
e della conclusione. Pur essendo utili, questi controller non sono definitivi. Nella maggior
parte dei casi è necessario indicare manualmente la conclusione corretta e quindi regolare
il movimento nell’Editor tracce.
Per ulteriori informazioni sui controller di animazione consultare il capitolo 23, “Strumenti di
controllo dell’animazione”.
Questo suggerimento è un buon test per la messa in scena. Disattivare tutte le luci della scena
e nascondere tutti gli oggetti trascurabili o lontani sullo sfondo; nella scena deve restare solo
l’oggetto principale insieme agli oggetti secondari e di sfondo vicini. Impostare lo sfondo su un
colore diverso dal nero ed effettuare un’anteprima sotto forma di file .AVI. Il risultato è un .AVI
degli oggetti principali della scena come silhouette nere contro il colore dello sfondo della
finestra. Se il movimento prescelto è visibile, sarà riconoscibile anche nell’animazione finale.
■ Figura 4.8
Vista di un braccio
meccanico con messa in
scena non efficace.
■ Figura 4.9
Vista di un braccio
meccanico con messa in
scena migliore.
ANIMAZIONE E STORYBOARD 91
Movimento enfatizzato
Nonostante possa sembrare controproducente ai fini di un effetto realistico, è spesso
necessario enfatizzare un movimento per garantirne la presa sul pubblico. L’uso corretto
dell’enfasi non invalida né intacca la credibilità dell’animazione. L’unica eccezione è
l’animazione prodotta per le presentazioni in sede legale, nelle quali la stretta aderenza
al movimento esatto è più importante dell’effetto estetico.
L’enfasi è associata all’anticipazione e alla messa in scena nell’indirizzare l’attenzione del
pubblico verso un’azione che risulta importante. L’anticipazione imposta l’azione, la
messa in scena garantisce che l’azione si verifichi dove può essere vista e l’enfasi assicura
che l’azione non sia impercettibile al punto da non essere notata dal pubblico.
Esempi interessanti di enfasi si possono osservare nei telefilm e negli spettacoli teatrali.
I telefilm sono ricchi di enfasi grossolana, reazioni a scoppio ritardato, goffaggini e
movimenti esagerati per compiere azioni banali, utilizzate per ottenere l’effetto comico.
Osservando lo spettacolo teatrale si riscontra ancora un’enfasi ma stavolta smorzata: i
gesti plateali quando un attore va al telefono o estrae una chiave, le espressioni del viso
più pronunciate di quanto non siano nella vita reale. L’enfasi non diminuisce la realtà della
scena e anzi la sottolinea garantendo una presa efficace sul pubblico. Nell’animazione
vengono utilizzate le stesse tecniche.
Azione secondaria
L’azione secondaria si verifica come risultato di un’altra azione. È facile dimenticarla
perché nella vita reale questi effetti collaterali sono dati per scontati. Anche se l’azione
secondaria non viene colta consapevolmente nella vita reale, è necessario rappresentarla
per rendere l’animazione interessante e realistica.
Un diffuso errore di omissione a proposito dell’azione secondaria riguarda il rimbalzo
di una palla. Si consideri un’animazione che mostra una palla da basket rimbalzare fuori
dal cerchio del canestro. Alcuni animatori non mostrano la flessione del cerchio dovuta
alla spinta del rimbalzo. La flessione del cerchio è un movimento secondario, la cui
assenza rende l’animazione falsa e meccanica. La figura 4.10 mostra la sequenza di un
cerchio che si flette sotto la spinta della palla.
Caricare il file rim.avi dal CD-ROM per vedere il risultato dell’applicazione di un’azione
secondaria al cerchio di un canestro. Il cerchio si flette verso il basso quando viene colpito
dalla palla e rimbalza verso l’alto quando la palla si allontana.
■ Figura 4.10
Flessione del cerchio
come azione secondaria.
Equilibrio
Escludendo la caduta, il corpo è sempre in equilibrio. Se si stende il braccio destro, il
sinistro, la spalla e il busto ruotano e si spostano indietro. Questa azione controbilancia
la spinta della massa estesa del braccio destro. Analogamente poche persone stanno in
piedi perfettamente diritte: tendono a spostare il peso su una gamba, provocando la
torsione del bacino e del busto durante il movimento di equilibrio. L’altra gamba porta
un peso minimo e agisce come stabilizzatore per compensare piccoli cambiamenti di
equilibrio.
Camminare e correre sono casi particolari di caduta. Quando si cammina, si passa ciclicamente
attraverso il processo della caduta in avanti, del ricupero dell’equilibrio e ancora della caduta in
avanti. La corsa ha lo stesso effetto a parte il fatto che la fase di caduta in avanti occupa la
maggior parte del tempo.
La figura 4.11 mostra la differenza tra una postura artificialmente diritta e una postura
realisticamente equilibrata. Ogni movimento di una parte del corpo è accompagnato da
un movimento di equilibrio di un’altra.
Movimento curvilineo
In natura non esistono linee diritte. Questa affermazione vale anche per il movimento
naturale. I controller di animazione di default in 3DS MAX sono impostati in modo tale
ANIMAZIONE E STORYBOARD 93
da dare movimenti curvilinei, ma è necessario tenere presente che questi vengono
utilizzati per regolare un movimento già progettato manualmente. Due esempi in cui
spesso manca il movimento curvilineo sono l’oscillazione del braccio e la rotazione del
capo. Quando una persona oscilla il braccio per stringere la mano, il braccio non si limita
a oscillare verso l’alto ma anche verso l’esterno e l’interno. Questo impercettibile
movimento fa la differenza tra un gesto meccanico e artificiale e uno realistico.
■ Figura 4.11
Postura rigida e innaturale
rispetto a quella naturale.
Posa naturale
Posa rigida
Le figure 4.12 e 4.13 mostrano due esempi di rotazione del capo. Molte persone
potrebbero incorrere nell’errore di animare la rotazione del capo come illustrato in figura
4.12. I tratti del viso seguono una linea retta durante la rotazione da un lato all’altro. Il
risultato è un gesto meccanico e innaturale nel quale i tratti sembrano scivolare sulla
faccia. La figura 4.13 mostra un movimento del capo più realistico. La testa si abbassa e
si solleva durante la rotazione. I tratti del viso ora seguono un percorso curvilineo da un
lato all’altro. Maggiore è l’abbassamento, maggiore la naturalezza insita nella rotazione.
Riepilogo
■ Storyboard Lo storyboard costituisce un supporto nella pianificazione del-
l’animazione e porta a risultati migliori e a un minore spreco di tempo. Può
essere utilizzata anche per spiegare un progetto a un cliente e per registrare
il tipo di animazione approvato dal cliente.
■ Movimento credibile L’utilizzo delle tecniche di animazione tradizionale,
come anticipazione, compressione ed estensione, conclusione e azione
sovrapposta, rende credibile anche l’animazione più particolare.
■ Movimento visibile I concetti di messa in scena ed enfasi devono essere
utilizzati per garantire che il pubblico riconosca l’azione creata con tanto
sforzo.
■ Riproduzione di schemi naturali di movimento Il movimento di animali e
persone è costantemente basato sull’equilibrio e avviene secondo archi
piuttosto che secondo linee rette. Trascurando queste caratteristiche si
otterrà un’animazione meccanica e sterile.
■ Figura 4.13
Rotazione del capo
naturale.
ANIMAZIONE E STORYBOARD 95
CAP.5
CAPITOLO 5
Pianificazione dei progetti
Accuratezza
A differenza dei sistemi CAD nei quali l’accuratezza è fondamentale, 3D Studio MAX è
più flessibile; questo non significa che le dimensioni e l’accuratezza possono essere
completamente ignorate. È necessario però ricordare che 3D Studio MAX è soprattutto
uno strumento di visualizzazione. Il livello di accuratezza richiesto in una scena per
visualizzare gli oggetti in modo appropriato è più basso rispetto a quello richiesto per
costruire o produrre in modo corretto gli stessi oggetti. La maggior parte delle volte, è
sufficiente fidarsi della propria sensibilità per raggiungere un giusto livello di accuratez-
za. Spesso l’accuratezza non è determinata dalle dimensioni esatte del modello. Il sistema
visivo umano non è in grado di percepire distanze, lunghezze e spaziature esatte, ma si
basa sul confronto tra le proporzioni e i rapporti fra gli oggetti. È quindi importante che
nella scena siano rispettate le proporzioni e il rapporto fra gli oggetti.
Talvolta, è necessario dedicare un’attenzione eccessiva all’accuratezza delle dimensioni
come nelle animazioni scientifiche, nelle presentazioni forensi e in alcune presentazioni
di architettura o di ingegneria. È importante ricordare, però, che anche per i progetti che
richiedono un’estrema accuratezza, esistono delle soglie oltre le quali la precisione
diventa eccessiva. Le due soglie principali da considerare sono:
■ le soglie dell’immagine di output;
■ le soglie numeriche di 3DS MAX.
In un’animazione, la larghezza e l’altezza visibili della scena variano a seconda della posizione
della cinepresa e del campo visivo (FOV, Field-Of-View). Per le scene di animazione particolar-
mente importanti, è consigliabile calcolare i requisiti di precisione.
■ Figura 5.1
Scena stand-in per
calcolare i requisiti di
precisione.
■ Figura 5.2
Creare e allineare un
oggetto griglia. Oggettogriglia
Oggettogriglia
allineato
con la cinepresa
Ora è necessario spostare la griglia lungo la linea di puntamento della cinepresa finché la
griglia non è centrata sul soggetto della vista (l’edificio). È possibile farlo spostando la
griglia lungo il suo asse locale Z.
5. Fare clic su Move e impostare i Transform Managers per vincolarli alle
coordinate locali e all’asse Z.
6. Spostare la griglia in modo tale da centrarla sull’edificio (figura 5.3). È
possibile spostare la griglia in qualsiasi finestra.
■ Figura 5.3
Spostamento della griglia
per centrarla sul soggetto
della scena.
■ Figura 5.4
Creare oggetti metro a
nastro sulla griglia
allineata.
Il risultato di 0.36 piedi o poco più di 4 pollici (circa 10cm) significa che ogni pixel
dell’immagine copre circa 10cm della scena. Se si suppone che un oggetto si trova in
posizione centrata nel pixel, allora è possibile muoversi di circa 5cm su ogni lato e
rimanere comunque all’interno dello stesso pixel. Questo modello e la vista cinepresa
hanno una soglia di precisione per l’immagine di output di ±2 pollici (5cm).
Sempre facendo riferimento alle informazioni dell’esempio precedente, è possibile
affermare che per l’angolo cinepresa e la risoluzione di output dati, modellare dettagli che
siano larghi meno di 5cm è inutile. Inoltre, si desidera sapere se i dettagli larghi meno di
10cm siano necessari nell’inquadratura.
Nell’esercizio precedente, è stato calcolato lo stesso valore di 0,36 pollici (circa 10cm) per
l’altezza e per la larghezza dell’immagine. Questi valori sono uguali solo quando il rapporto
prospettico per supporto di rendering è impostato su 1,0. Quando si specificano le risoluzioni
di output per il rendering, il rapporto prospettico riportato nella finestra RENDER SCENE non è
sempre 1,0. La configurazione per una risoluzione video di 512 × 486 dà un rapporto
prospettico di 1,25. Quando appare questo valore, il risultato del calcolo dà due valori diversi
per la distanza coperta da un pixel: uno per la misurazione orizzontale e l’altro per la misurazio-
ne verticale. È necessario decidere quale valore determina i dettagli più importanti della scena.
È possibile adottare una tecnica simile per i progetti in cui la precisione non è così
importante. Effettuare delle stime approssimative sulle dimensioni delle visualizzazioni
L’esempio precedente utilizza una tecnica che allinea un oggetto griglia alla vista cinepresa per
creare oggetti sul piano prospettico dell’immagine. È possibile utilizzare la stessa tecnica
quando è necessario tracciare o creare oggetti allineati a una vista prospettica.
Dettagli di modellazione
Scegliere un livello di particolari adatto è un elemento strettamente correlato alla
precisione. Nella scena dell’esempio precedente, un pixel equivale a una distanza di circa
10cm. I particolari più piccoli di 10cm perdono definizione nel rendering finale.
È importante considerare fino a che punto sono appropriati i dettagli nella scena creata.
In molti casi, un dettaglio è abbastanza grande per essere visibile nella scena, ma si decide
di non modellarlo perché alcuni dettagli non sono adatti al messaggio che si vuole
trasmettere. Per esempio, si riconsideri l’esempio dell’edificio adibito a ufficio; si
supponga di aver creato il modello dell’edificio e di averlo sistemato nella giusta
posizione. In primo piano si desidera aggiungere alcune persone e alcune automobili. Si
calcola la soglia di precisione per le auto e ci si rende conto che dettagli come i tergicristalli
e gli ornamenti sul cofano, dovrebbero essere visibili. Tali particolari non saranno
modellati, perché distoglierebbero l’attenzione dal soggetto principale del rendering,
l’edificio. In questo caso, la composizione e l’attenzione dello spettatore sono più
importanti della cura dei dettagli.
È possibile anche adottare la tecnica di un artista per i propri modelli. Spesso, un artista
raffigura un particolare suggerendo una forma o un’ombra. Lo spettatore inconsciamente
aggiunge i particolari. È sorprendente quanto siano pochi i dettagli necessari quando si
esegue una modellazione.
Un’altra situazione in cui è consigliabile evitare i dettagli è quando si costruisce
un’animazione per una presentazione a un processo. Il particolare e l’estremo realismo
spesso offuscano il problema in questione. I rendering troppo realistici possono influen-
zare la giuria e sono spesso respinti come prove non valide. Per decidere il livello
appropriato di particolari, è necessario lavorare a stretto contatto con il cliente. Nella
maggior parte dei casi, per avere successo è consigliabile utilizzare un livello di particolari
minimo.
■ Figura 5.5
Modello wireframe e
versione mappata e
rappresentata di una
calcolatrice.
Utilizzare la terza opzione <Custom> per definire unità di misura personalizzate. Unica
restrizione: occorre descrivere l’unità di misura utilizzando unità che 3DS MAX è in grado
di capire. Specificare il suffisso dell’unità da definire, seguito dal valore delle unità
conosciute equivalenti alle unità personalizzate.
La 3D Studio MAX User’s Guide illustra un esempio reintroducendo un’antica unità di
misura chiamata cubito, ma le unità di misura personalizzate sono comode anche per altri
metodi di misurazione. Per esempio, si supponga di voler modellare oggetti molto piccoli.
L’unità di misura US Standard per esprimere le misure piccole è il millesimo di pollice.
Se si desidera lavorare in millesimi di pollice, è necessario definire la seguente unità
personalizzata:
Millesimo di pollice= 0,001 pollici
L’ultima opzione è <Generic Units>. 3D Studio MAX non assegna un significato partico-
lare alle unità generiche e le dimensioni degli oggetti sono determinate dalle impostazioni
correnti dell’unità di scala di sistema.
Lavorare con unità generiche non è molto comodo. Ogni volta che si crea un oggetto, si
ha in mente un’unità di misura particolare. Si considerino le tre affermazioni seguenti:
“La mia scrivania è 100x120 unità”
“Sono alto 180 unità”
“Per quel bullone è necessaria una chiave inglese da 14 unità”
Queste affermazioni sono molto vaghe e implicano delle relazioni spaziali molto strane,
finché non si assegna la corretta unità di misura:
“La mia scrivania è 100x120 centimetri”
“Sono alto 180 centimetri”
“Per quel bullone è necessaria una chiave inglese da 14mm”
La stessa confusione si verifica quando si esegue una modellazione in unità generiche e
la situazione peggiora quando si decide arbitrariamente che un’unità generica rappresen-
ta un valore diverso da 1,0 pollici (l’unità di default del sistema). Inoltre se si scelgono
le unità generiche, si avranno sicuramente dei problemi nella condivisione di file con altri
utenti 3DS MAX, perché nessuno sa con sicurezza il valore di tale unità. È consigliabile
definire sempre l’unità di misura da utilizzare.
■ Figura 5.7
Il pannelloLAYOUT della
finestra di dialogo
VIEWPORT CONFIGURATION.
È possibile modificare la maggior parte dei tasti di scelta rapida in 3D Studio MAX utilizzando il
pannello KEYBOARD della finestra di dialogo PREFERENCE S ETTINGS. In 3D Studio MAX le scelte
rapide per le viste appena descritte sono impostate per default.
Visualizzazioni a zoom
La maggior parte dei pulsanti di esplorazione delle visualizzazioni è utilizzata per fare
zoom sulla vista. Questi pulsanti sono disponibili per tutti i tipi di visualizzazioni tranne
Camera e Spotlight.
Il metodo basilare di utilizzo consiste nel premere un pulsante Zoom e poi trascinare in
una vista per definire l’ingrandimento dello zoom. È possibile modificare l’effetto di un
comando zoom premendo i seguenti tasti di modifica:
■ CTRL durante il trascinamento accelera la modifica dell’ingrandimento dello
zoom;
■ CTRL mentre si trascina uno Zoom All o si fa clic su Zoom Extents All esclu-
de le viste Perspective dal comando;
■ CTRL e clic con il pulsante destro del mouse su Zoom o Zoom All fa lo zoom
avanti 2X;
■ ALT e clic con il pulsante destro del mouse su Zoom o Zoom All fa lo zoom
indietro 2X.
È possibile eseguire le seguenti scelte rapide da tastiera come comandi autonomi o
interattivi anche durante un altro comando. Per esempio, mentre si trascina un oggetto,
è possibile premere una scelta rapida da tastiera qualsiasi per modificare la visualizzazione
senza interrompere l’operazione:
Visualizzazione panoramica
Il comando Pan è anche disponibile per tutte le viste tranne Camera e Spotlight. In realtà,
le viste Camera e Spotlight hanno un comando chiamato Pan che esegue però operazioni
completamente diverse.
È possibile utilizzare le seguenti scelte rapide con il comando Pan:
■ Figura 5.9
Un modello mesh di una
macchina da caffè di
Kinetix Residential 3D
Props.
Con la versione 1.1 di 3D Studio MAX non esistono in commercio molti modelli in formato
nativo 3DS MAX. Non è comunque un problema perché 3D Studio può importare file mesh in
altri formati.
■ Figura 5.10
Selezionare oggetti da
unire.
Nella scena di 3D Studio MAX è possibile avere oggetti multipli con lo stesso nome, quindi
anche se gli oggetti da unire hanno lo stesso nome degli oggetti presenti nella scena, non
insorgeranno problemi. Se per costruire la scena è stato utilizzato il metodo stand-in, si
dovranno cancellare automaticamente gli oggetti stand-in quando saranno sostituiti dai
modelli più dettagliati con lo stesso nome. Per sostituire gli oggetti nella scena corrente
con gli oggetti da unire che hanno lo stesso nome, spuntare la casella di controllo [Same
Name] vicino all’angolo inferiore destro della finestra di dialogo MERGE. Quando la casella
[Same Name] è spuntata, verranno visualizzati nell’elenco selezione solo gli oggetti nel
file unione con un nome corrispondente agli oggetti della scena corrente. Gli oggetti
dell’elenco selezionati sostituiranno gli oggetti con lo stesso nome presenti nella scena.
Uno degli svantaggi di questo metodo è che l’opzione [Same Name] richiede che gli
oggetti da unire abbiano esattamente lo stesso nome degli oggetti già presenti nella scena.
Se il nome non corrisponde perfettamente, gli oggetti non corrispondenti saranno
ignorati. È possibile anche creare un unico oggetto stand-in che sarà sostituito da un
modello dettagliato composto da oggetti multipli. L’opzione [Same Name] unisce solo
l’oggetto con lo stesso nome dell’oggetto stand-in; tutti gli altri oggetti con nomi diversi
sono ignorati. Il modo migliore per aggirare questa restrizione è evitare di utilizzare
l’opzione [Same Name] e cancellare manualmente gli oggetti stand-in dopo aver unito i
modelli dettagliati. Lasciare l’oggetto stand-in nella scena costituisce un vantaggio poiché
l’oggetto stand-in può essere utilizzato per controllare le dimensioni e la posizione
rispetto all’oggetto da unire.
■ Figura 5.11
La finestra di dialogo
IMPORT DXF FILE.
■ Figura 5.12
La finestra di dialogo
MISSING MAP F ILES.
■ Figura 5.13
Il pannelloBITMAP della
finestra di dialogo
CONFIGURE P ATHS.
Librerie globali
Una tecnica è creare librerie globali accessibili da qualsiasi progetto o scena. Le librerie
devono essere costituite da una directory globale per la libreria dei materiali dove sono
memorizzati i file master MAT e una serie di directory principali dove sono memorizzati
tutti i file immagine.
Le librerie MAT si trovano per default nella directory 3dsmax\maps che viene creata
automaticamente durante l’installazione di 3D Studio MAX. È possibile memorizzare i file
MAT separati in questa directory o in qualsiasi altra directory, è sufficiente che ogni file
si riferisca a un certo tipo di materiale. Per esempio, è consigliabile creare alcuni tra i file
libreria elencati qui di seguito:
■ Figura 5.14
Struttura delle cartelle del
CD-ROMfornitoin
dotazione.
Librerie progetto
Le librerie globali sono molto efficienti quando si avvia un progetto, ma che cosa succede
poi? È frustrante ripristinare un vecchio progetto dalle copie di backup, caricarlo in 3D
Studio MAX e scoprire durante il rendering che mancano o sono stati modificati file
mappa fondamentali per i materiali. Un problema particolarmente grave quando sono
state create mappe personalizzate per un progetto specifico.
La soluzione è creare librerie distinte per ogni progetto. Ogni progetto ha la sua propria
directory per le scene e i file immagine corrispondenti. È possibile creare fin dall’inizio
un file MAT unicamente per il progetto e salvarlo nella directory dei progetti. Quando
si creano materiali che verranno applicati al modello, sarà possibile memorizzarne le
definizioni nel file progetto MAT.
Quando si crea un file immagine come mappa personalizzata per il progetto, memoriz-
zarlo nella directory progetto, non in una della directory globali. Poi, se si intende
utilizzare la mappa personalizzata per altri progetti, copiare il file immagine nell’apposita
directory globale. Inoltre, dopo aver impostato le definizioni finali dei materiali, copiare
tutti i file immagine utilizzati da quei materiali dalla directory globale nella directory
progetto. Si potrebbe pensare che una tale operazione sia uno spreco di spazio su disco,
Gestione dell’output
Dopo aver costruito la scena, impostato le cineprese e le luci e applicato i materiali, è
necessario eseguire il rendering dell’immagine o l’animazione. Il problema è quale
formato di file utilizzare o dove salvare i file. Una posizione per i file di output è la
directory progetto. Un’altra soluzione, forse migliore, è creare una sottodirectory di
output sotto la directory progetto su un’unità rimovibile distinta o su una grande unità
di rete.
Due sono i fattori che spingono a creare una sottodirectory di output separata. Prima di
tutto, eseguire il rendering di immagini statiche e le animazioni crea file di grandi
dimensioni. Gestire questi file è più facile se sono separati da tutto il resto. La seconda
ragione è strettamente legata al fatto di evitare di posizionare immagini di rendering
nella stessa directory delle immagini mappa e dei file scena. A meno che non si abbia
adottato una strategia di denominazione file ben studiata, sarà difficile distinguere i
rendering e le mappe solo dal nome del file.
Salvare i file
Come accade per tutti i programmi, è consigliabile salvare i file di frequente. 3DS MAX
è unico per il numero e la flessibilità delle diverse strategie di salvataggio file. Esistono
diversi comandi per salvare il lavoro, compresa un’opzione per salvare i file numerati
progressivamente. La figura 5.15 mostra una finestra di dialogo SAVE standard con la
casella per il nome del file, l’elenco dei formati file e il pulsante numero progressivo file.
■ Figura 5.15
Una finestra di dialogo
standardSAVE in 3D
Studio Max.
Nella casella File name è possibile inserire qualsiasi nome file valido. Per questioni di
comodità, 3D Studio MAX utilizza per default il nome file corrente nella casella . Se si fa
clic sul pulsante numero progressivo file, 3D Studio MAX aggiunge un numero a due cifre
al nome nella casella File name. Questo è un modo rapido per creare file numerati
progressivamente da utilizzare per conservare tutte le fasi della progressione.
È possibile utilizzare le seguenti scelte del menu FILE per salvare la scena interamente o
parzialmente su un file:
■ Save. Salva rapidamente la scena senza visualizzare prompt o finestre di
dialogo supplementari. La prima volta che si salva un nuovo file, tuttavia,
verrà visualizzata la finestra di dialogo SAVE AS.
■ Save As. Salva la scena con un nuovo nome e la fa diventare la scena corren-
te. Questa finestra di dialogo contiene il pulsante numero progressivo file
per salvare file numerati in sequenza. Quando si fa clic sul pulsante numero
progressivo file, verrà aggiunto un numero a due cifre al nome file contenuto
nella casella File name.
■ Save Selected. Salva la selezione corrente di oggetti in un file scena. Questa
finestra di dialogo contiene anche il pulsante numero progressivo file. È
possibile utilizzare Save Selected con il pulsante numero progressivo file per
dividere rapidamente una grande scena in una serie di file più piccoli nume-
rati in sequenza.
File di backup
In 3D Studio MAX e possibile utilizzare due metodi automatici per creare file di backup.
Il primo metodo crea file di backup quando si salva un file scena con un nome file esistente.
Il secondo metodo salva file di backup a intervalli di tempo regolari.
Quando si salva una scena con lo stesso nome di un file esistente, 3D Studio MAX è in
grado di creare anche un file di backup. Spuntare l’opzione [Backup File] nel pannello FILE
della finestra di dialogo PREFERENCE SETTINGS per permettere di scrivere file di backup. Il
file di backup è una copia del file originale che utilizza il nome Maxback.bak. Studio MAX
crea file di backup numerati in sequenza invece di sovrascrivere continuamente lo stesso
file MaxBack.bak. Il file MaxBack.bak si trova sempre nella directory 3dsmax\scenes
a prescindere dalla directory in cui è caricato il file scena.
Se si seleziona l’opzione [Auto Backup Enable] nella finestra di dialogo PREFERENCE
SETTINGS, 3D Studio MAX salva i file di backup a intervalli di tempo regolari. I file sono
chiamati Autobak1.mx fino a uno massimo di Autobak9.mx e sono salvati nella directory
3dsmax\scenes. Una volta raggiunto il numero massimo di file di backup automatici,
3DS MAX ricomincia daccapo con Autobak1.mx. È possibile limitare il numero di file
Autobak da creare e specificare l’intervallo di tempo in minuti fra un salvataggio e l’altro.
La casella per l’intervallo di tempo accetta valori da un minimo di 0,01 minuti, quindi se
si teme di perdere il lavoro in corso, è possibile salvare file di backup ogni 0,6 secondi!
Ovviamente, i file di backup non sono adatti per l’archiviazione a lungo termine, infatti
non sono stati studiati per questa finalità. I file di backup costituiscono un escamotage nel
caso si salvi un file con il nome di un file già esistente. Se ci si accorge dell’errore in tempo,
con ALT+TAB è possibile visualizzare Windows NT Explorer o File Manager e rinominare
il file di backup con un nome appropriato per un file di 3D Studio MAX.
Annullare un errore
Uno degli sviluppi più importanti della storia del computer è il comando Undo (annulla).
La maggior parte degli utenti di software ricorrono spesso a questo comando; lo
utilizzano perfino invece di salvare regolarmente il lavoro. Questo metodo è alquanto
pericoloso e può fare insorgere gravi errori.
3DS MAX offre diversi metodi Annulla, come mostrato dall’elenco seguente :
■ annullare o ripetere modifiche nello schermo;
■ annullare o ripetere modifiche nelle scene;
■ interrompere e recuperare file temporanei.
Utilizzo di Undo/Redo
3D Studio MAX supporta cinque buffer annulla/ripeti: un buffer per la scena e un buffer
per ognuna delle quattro finestre. È possibile utilizzare questi buffer annulla/ripeti per
Ovviamente, le azioni che non possono essere annullate sono l’applicazione o la cancellazione di
un modificatore e la compressione del Modifier Stack. Prima di eseguire tali azioni, è
consigliabile pensarci bene : il loro effetto è permanente.
Utilizzare Undo/Redo dal menu VIEWS per invertire le modifiche apportate alla finestra
come panoramica e zoom. Ogni finestra dispone di un proprio buffer annulla. I buffer
annulla per le finestre hanno un limite di 20 livelli ciascuno.
È importante notare che le modifiche alle finestre Camera e Spotlight sono davvero
modifiche alla scena perché si cambiano gli oggetti cinepresa e riflettore nella scena.
Utilizzare il comando EDIT, Undo per invertire le modifiche apportate alle finestre Camera
e Spotlight.
Archiviazione manuale
Se si desidera archiviare tutti i diversi file associati a un progetto, è necessario farlo
manualmente. Utilizzare il programma di archiviazione preferito per comprimere i file
nella directory progetto in un unico file. Se si sono create sottodirectory mappa o di
output distinte sotto la directory progetto, assicurarsi che il programma di archiviazione
sappia di dover includere anche le sottodirectory e memorizzare i nomi dei percorsi. In
questo modo, sarà possibile ripristinare i file progetto nelle stessa struttura di directory.
Se si sta archiviando un progetto completo per un lungo periodo, si consiglia di archiviare
con il progetto 3D Studio MAX insieme a tutti i plug-in.
Utilizzare il comando Archive incorporato in 3DS MAX come raccoglitore di mappe. In questo
modo eseguirà rapidamente le copie di tutte le mappe immagini di riferimento nella directory
progetto. Sarà poi possibile archiviare l’intera directory in un unico grande file.
Riepilogo
■ Decisioni di modellazione. Identificare quanto la scena deve essere accurata
e particolareggiata per evitare lavoro di modellazione inutile o di creare
scene eccessivamente complesse.
■ Unità di scala di sistema. Evitare di modificare l’unità di scala di sistema a
meno che non sia assolutamente necessario. Capire in che modo l’unità di
scala di sistema influisce sull’arrotondamento numerico e in che modo è
possibile evitare errori di arrotondamento.
■ Unità di misura. Impostare unità di misure logiche che si adattino alla scena.
Impostare l’unità di misura corretta facilita l’inserimento dei numeri e aiuta a
evitare di modellare dettagli inutili.
■ Disposizione della finestra. Disporre la finestra in modo comodo e cambia-
re l’orientamento della vista secondo le proprie esigenze.
■ Salvataggio di file. Salvare i file spesso e avvalersi dei numerosi metodi
offerti da 3DS MAX per eseguire il backup e proteggere i dati.
■ Organizzazione dei file. Organizzare le directory globali e dei file progetto
in modo efficiente. Una struttura di directory ben organizzata fa risparmiare
tempo e evita di perdere i file.
Molte delle operazioni che è possibile effettuare con 3D Studio MAX riguardano la
selezione e la trasformazione degli oggetti. Si ricorda che il concetto di oggetto
comprende più delle tradizionali geometrie. Fra le operazioni di selezione e trasforma-
zione si ricordano:
■ selezione e trasformazione di geometrie;
■ selezione e trasformazione di sub-oggetti geometrici come vertici, spline e
facce;
■ selezione e trasformazione di oggetti non geometrici come luci, cineprese e
strumenti ausiliari;
■ selezione e trasformazione di sub-oggetti modificatori, come gizmo e centri;
■ selezione e trasformazione di vertici di deformazione loft;
■ selezione e trasformazione di chiavi di animazione.
Da questo elenco risulta evidente che selezione e trasformazione sono strumenti
fondamentali. Questo capitolo illustra le tecniche base di selezione e di trasformazione.
Poiché conoscere le tecniche per la trasformazione degli oggetti non è molto utile sino a
che non si conosce il modo di posizionare gli oggetti stessi nel luogo voluto, questo
capitolo tratterà anche la configurazione e l’utilizzo degli strumenti di precisione.
Selezione
Prima di poter eseguire qualsiasi operazione è necessario selezionare gli oggetti interes-
sati dall’azione stessa. 3D Studio MAX utilizza una strategia detta selezione nome-azione;
questo significa che prima si selezionano gli oggetti e poi si sceglie l’azione da applicare
alla selezione. Questa non sarebbe una grande idea se si dovesse utilizzare un unico
strumento di selezione prima di poter utilizzare gli altri strumenti. 3D Studio MAX ha una
strumento solo per la selezione ma comprende anche la selezione come una funzione di
tutti gli strumenti di trasformazione.
Strumenti di selezione
La figura 6.1 mostra lo strumento base di selezione insieme al pulsante di trasformazione
nella barra degli strumenti di 3D Studio MAX. È possibile selezionare gli oggetti quando
il pulsante di selezione o un altro pulsante di trasformazione sono attivi. Questa modalità
di selezione è resa ancora più evidente dalla visualizzazione di etichette come “Select and
Move”, “Select and Rotate” e “Select and Uniform Scale”. Fortunatamente questo metodo
di nomina piuttosto ingombrante è stato abbandonato in altre parti di 3D Studio MAX
dove gli strumenti per la trasformazione delle chiavi nell’Editor tracce o per la trasfor-
mazione dei vertici di controllo in loft semplicemente dicono “Move” o “Scale” anche se
possono raddoppiare come strumenti di selezione.
■ Figura 6.1
Strumenti di trasformazione
Strumenti di
trasformazione e di Filtri di selezione
selezione Strumento
di selezione
La figura 6.2 mostre i tre cursori visualizzati con la trasformazione Move. La finestra di
sinistra mostra il cursore di sistema perché il cursore si trova su uno spazio vuoto. La
finestra centrale visualizza il cursore si seleziona perché il cursore si trova su un oggetto
valido non selezionato. La finestra di destra visualizza il cursore di trasformazione Move
perché il cursore si trova su un oggetto selezionato.
■ Figura 6.2
Cursori di trasformazione
e di selezione per la
trasformazione Move
È inoltre possibile utilizzare tutte le tecniche si selezione globale disponibile nel menu
EDIT. Il comando Select All seleziona tutti gli oggetti nella scena; Select None interrompe
la selezione corrente; Select Invert inverte la selezione corrente in modo che tutti gli oggetti
non selezionati vengano selezionati e viceversa.
■ Figura 6.3
Scelta della forma di una
selezione parziale Quad
Circle
Fence
Le operazioni su zone parziali vengono impostate dall’interruttore porzioni sulla riga dei
comandi o scegliendo il comando Region dal menu EDIT (figura 6.4). I due tipi di operazioni
su zone parziali sono Window, che seleziona solo oggetti che sono completamente
all’interno della porzione, e Crossing, che seleziona tutti gli oggetti che toccano il limite
della porzione o che sono completamente all’interno della porzione.
■ Figura 6.4
Scelta del comportamento
della selezione parziale
■ Figura 6.5
Scelta di un filtro di
selezione
La modalità selezione sub-oggetto è quasi sempre accessibile dal pannello Modify sia come
parte di un modificatore sia come parametri base di un oggetto. La sola eccezione (relativa alla
versione 1.1) è Trajectories, che visualizza un pulsante Sub-object nel pannello Motion.
■ Figura 6.6
Esempi di modalità di
selezione dei sub-oggetti
■ Figura 6.7
Finestra di dialogoSELECT
OBJECTS per la selezione
di tutte le luci
■ Figura 6.8
Selezione degli oggetti per
nome
■ Figura 6.9
Selezione degli oggetti
dall’elenco gerarchico
dell’Editor tracce
■ Figura 6.10
Finestra di dialogoOBJECT
COLOR
Clic qui
È necessario conoscere due punti molto importanti sui colori degli oggetti. Innanzitutto
è necessario pianificare una strategia per organizzare la scena in base al colore degli
oggetti e rispettare questa strategia. 3D Studio MAX supporta due tavolozze colore: 256
colori nella tavolozza AutoCAD e 64 colori fissi e 16 colori personalizzati nella tavolozza
3D Studio MAX. In tutto sono 336 gruppi disponibili per l’organizzazione. Inoltre è
opportuno attivare la casella di controllo [Assign Random Colors] quando si lavora su un
progetto produttivo. L’opzione [Assign Random Colors] è uno strumento utile per chi
prepara le presentazioni in quanto rende lo schermo interessante cambiando i vari colori
mentre viene creato l’oggetto. [Assign Random Colors] non è compatibile con nessuna
strategia di organizzazione basata sui colori. È possibile utilizzare due metodi diversi per
selezionare gli oggetti per colore. Un metodo è basato sull’oggetto: si sceglie un oggetto
e tutti gli oggetti con lo stesso colore vengono selezionati.
Per selezionare tutti gli oggetti con lo stesso colore di un altro oggetto eseguire le seguenti
operazioni:
1. scegliere il comando Select By, Color del menu EDIT;
2. fare clic su un oggetto che contiene il colore desiderato;
3. tutti gli oggetti che hanno lo stesso colore dell’oggetto su cui si è fatto clic
vengono selezionati.
Per selezionare tutti gli oggetti di uno stesso colore eseguire le seguenti operazioni:
1. fare clic sul campione colore accanto a ogni casella del nome oggetto nel
pannello di comando;
2. fare clic sul colore desiderato nella finestra di dialogo OBJECT COLOR;
3. fare clic sul pulsante Select By Color situato nell’angolo inferiore destro della
finestra di dialogo (figura 6.11);
Fare clic sul pulsante <Sort By Color> nella finestra di dialogo SELECT OBJECTS per raccogliere
rapidamente tutti gli oggetti evidenziati nello stesso posto dell’elenco.
■ Figura 6.11
Selezione di oggetti per
colore
Clic qui
■ Figura 6.12
Selezione di oggetti per
materiale
Clic qui
L’altro metodo di selezione per materiale degli oggetti si utilizza quando è stato utilizzo
un materiale Multi/Sub-oggetto per assegnare materiali multipli alle facce di un oggetto
e si vuole sapere quali facce utilizzano un materiale specifico. In questo caso è necessario
utilizzare il pulsante Select By ID nel modificatore Edit Mesh. Per ulteriori informazioni
sulla creazione e sull’utilizzo di materiali Multi/Sub-oggetto consultare il capitolo 21.
Nel prossimo esempio si immagini di avere un oggetto chiamato Racchetta che utilizza un
materiale Multi/Sub-oggetto chiamato RacchettaMat. Si intende selezionare tutte le facce
di Racchetta che utilizzano il sub-materiale Black_Grip.
Per selezionare le facce per materiale eseguire le seguenti operazioni:
1. in Material Editor fare del materiale Multi/Sub-oggetto RacchettaMat il
materiale corrente;
2. Esaminare i Basic Parametres del materiale RacchettaMat e stabilire il nume-
ro materiale del sub-materiale Black_Grip. Per questo esempio si assuma che
Black_Grip è il Materiale 3;
Il numero materiale di un sub-materiale e l’ID materiale di una faccia corrispondono
sempre. Quando si conosce il numero materiale del sub-materiale Black_Grip è possibile
selezionare tutte le facce che utilizzano Black_Grip selezionando le facce con Material ID
3. Le prossime operazioni completano la procedura di selezione facce con Material ID 3
(figura 6.13):
3. applicare un modificatore Edit Mesh all’oggetto Racchetta;
■ Figura 6.13
Selezione di facce per
numero ID del materiale
■ Figura 6.14
Scelta di un set di
selezionedenominato
Tutti gli oggetti sono membri validi per un gruppo. All’interno di uno stesso gruppo é
possibile mescolare geometrie, luci, space warp, e persino altri gruppi. Quando si
inserisce un gruppo in un altro gruppo si ottiene un cosiddetto gruppo nidificato. In genere
è bene evitare di andare oltre i due livelli di inserimento in quanto potrebbe essere
macchinoso raggiungere un oggetto contenuto nel gruppo più interno.
Quando si forma un gruppo viene creato uno speciale oggetto fittizio detto nodo di gruppo
che in genere è invisibile. Solo quando si apre il gruppo l’oggetto fittizio compare come
un piccolo riquadro rosa che circonda gli oggetti del gruppo. Quando si visualizzano gli
oggetti nell’Editor tracce o in qualsiasi altra gerarchia il nodo di gruppo viene rappresen-
tato come il principale degli oggetti membri.
Per aggiungere oggetti a un gruppo esistente eseguire le seguenti operazioni:
1. selezionare uno o più oggetti;
2. scegliere Attach dal menu GROUP;
3. fare clic su qualsiasi oggetto contenuto in un gruppo esistente.
Gli oggetti selezionati sono aggiunti allo stesso gruppo dell’oggetto su cui si è fatto clic.
A questo punto potrebbe essere un problema capire su quale oggetto fare clic a meno che
non si memorizzi quali oggetti sono membri di quali gruppi. Il cursore prende la forma
a croce solo quando si trova su un oggetto che è membro di un gruppo, ma neanche questo
aiuta a risolvere il problema. La scelta migliore è di selezionare un gruppo per nome. I
nomi dei gruppi compaiono nella finestra di dialogo SELECT OBJECTS fra parentesi quadre.
Il punto 3 della procedura precedente cambierà quindi in questo modo:
3. fare clic su Select By Name sulla barra degli strumenti e poi scegliere un
nome di gruppo dalla finestra di dialogo ATTACH TO GROUP (figura 6.16).
■ Figura 6.16
Finestra di dialogoATTACH
TO GROUP
Un metodo veloce per selezionare tutti i membri di un gruppo aperto è fare clic due volte sul
nodo di gruppo.
■ Figura 6.19
Identificazione della
spaziatura di griglia e linee
principali
Non impostare il colore dello sfondo sul bianco in quanto gli oggetti wireframe selezionati
vengono visualizzati sempre in bianco e quindi non sarebbero visibili su uno sfondo bianco.
■ Figura 6.21
Sfondi alternativi e schemi
colore per la griglia
Oggetti griglia
L’utilizzo di Home Grid è valido per molte operazioni ma se per esempio si vuole costruire
qualcosa su un tavolo o sulla parte inclinata di un tetto è necessario utilizzare gli oggetti
griglia. Le griglie sono oggetti ausiliari che possono sostituire la Home Grid per i comandi
di costruzione e trasformazione.
■ Figura 6.22
Creazione di un oggetto
griglia
■ Figura 6.23
Vista buona e non buona
per un oggetto griglia
attivo
Qualunque cosa si stia facendo non si deve mai scalare un oggetto griglia. Coma già visto nel
capitolo 1, le trasformazioni, come la scalatura, vengono applicate alla fine del dataflow e non
vengono riflesse sui parametri base di un oggetto. Questo significa che se si scala un oggetto
griglia il valore di spaziatura della griglia nei parametri base e la spaziatura visibile sullo scher-
mo non corrispondono. Inoltre la trasformazione di scala della griglia viene applicata a qualsiasi
cosa viene creata nella griglia. La scalatura degli oggetti griglia può produrre alcuni strani e
imprevisti risultati.
Un metodo estremamente utile per posizionare gli oggetti griglia è utilizzare i comandi
Align; dopo avere posizionato l’oggetto griglia è necessario renderlo attivo:
1. selezionare la griglia;
2. scegliere V IEWS, Grids, Activate Grid Object.
È subito possibile capire se un oggetto griglia è attivo perché le linee griglia compaiono
sull’oggetto griglia e scompaiono da Home Grid (figura 6.24).
Quando la griglia è attiva qualunque cosa si crea viene posizionata sulla griglia e allineata
con il sistema locale di coordinate della griglia.
Oggetti ausiliari
Esistono altri tipi di oggetti ausiliari che sono utili quanto gli oggetti griglia. Questi
oggetti ausiliari si utilizzano per misurare e definire punti nello spazio e per stabilire
sistemi di coordinate alternativi per le trasformazioni.
I tre oggetti ausiliari restanti sono Tape Measures, Points e Dummies.
Il metro a nastro
Un metro a nastro è un pratico dispositivo grafico utilizzato per misurare le distanze. Per
creare un metro a nastro fare clic su Tape nel pannello CREATE e trascinare in una finestra
qualsiasi. La testa triangolare del metro a nastro è posta dove inizia il trascinamento; la
destinazione è posta dove il trascinamento viene rilasciato. Dopo aver creato il metro a
nastro è possibile spostare la testa o la destinazione per posizionare il metro fra punti che
si vogliono misurare. La lunghezza del metro viene visualizzata nella casella Length dei
parametri base del metro a nastro (figura 6.25).
Qualunque cosa si stia facendo non si deve mai modificare la scala di un metro a nastro.
Proprio come succede con gli oggetti griglia, scalare un metro a nastro provoca la
visualizzazione di falsi valori di lunghezza.
■ Figura 6.25
Lettura della misura di un
metro a nastro
Metro
a nastro
■ Figura 6.26
Misurazione non corretta
della larghezza di un
oggetto
È inoltre possibile utilizzare il metro per segnare una distanza prestabilita controllando
la casella di controllo [Specify Length] nella tendina Parameters del metro a nastro.
Quando si seleziona Specify Length la casella Length assume il valore di default di 100
unità. Dopo aver impostato la lunghezza desiderata il metro si allungherà o accorcerà di
conseguenza. Potrà sembrare strano che la destinazione del metro non si sposti con la fine
del metro; in realtà è sufficiente pensare alla destinazione come ad una maniglia di aiuto:
si sposta la destinazione per posizionare il metro nella direzione che si intende misurare.
Utilizzare un metro a nastro per segnare una distanza prestabilita è particolarmente utile
quando si vuole posizionare gli oggetti a una distanza nota da un certo punto base.
Posizionare la testa del metro al punto base, controllare Specify Length e dirigere il metro
nella direzione che si vuole misurare. Dopo avere impostato la lunghezza del metro è
possibile utilizzare le capacità snap di 3D Studio MAX per posizionare gli oggetti alla fine
del metro.
Un altro modo in cui è possibile utilizzare gli oggetti metro è impostare un sistema di
coordinate di trasformazione alternativo. L’asse delle Z locale relativo alla testa del
metro è allineato con la lunghezza del metro. È possibile creare un oggetto metro fra punti
qualsiasi e poi far scivolare un oggetto lungo la lunghezza del metro selezionandone la
testa come sistema di coordinate di trasformazione e forzando il movimento sull’asse
delle Z. Maggiori dettagli sulla scelta dei sistemi di coordinate di trasformazione sono
illustrati nei prossimi paragrafi.
Punti
Gli strumenti ausiliari punto vengono utilizzati per definire un punto e per coordinare
l’orientamento degli assi nello spazio. Per creare un punto si fa clic su Point nel pannello
Create e poi su una finestra qualsiasi. L’oggetto punto compare come una X gialla con i
■ Figura 6.27
Creazione di un oggetto
punto
Punto
Oggetti fittizi
Gli oggetti fittizi possono essere utilizzati per gli stessi scopi degli oggetti punto. In
genere gli oggetti fittizi vengono utilizzati come oggetti di collegamento invisibili nella
costruzione di gerarchie di collegamento. Per ulteriori informazioni sui collegamenti
consultare il capitolo 18.
Per creare un oggetto fittizio è necessario fare clic su Dummy nel pannello CREATE e poi
trascinare il raggio di un cubo fittizio in una qualsiasi finestra.
Le differenze principali fra gli oggetti punto e gli oggetti fittizi sono le seguenti:
■ gli oggetti punto vengono visualizzati come una X con un unico vertice verso
cui si può effettuare lo snap
■ gli oggetti fittizi vengono visualizzati come un cubo con il loro punto di
rotazione al centro del cubo. L’oggetto fittizio non ha vertici di snap al suo
centro
■ gli oggetti punto possono essere impostati in modo che mostrino il loro
orientamento visualizzando i loro tre assi locali
■ gli oggetti fittizi non indicano il loro orientamento ma un semplice cubo è più
semplice da vedere rispetto alla X del punto e crea meno confusione visiva
rispetto ai tre assi del punto.
Utilizzare un oggetto punto o un oggetto fittizio è una scelta personale.
Opzioni di snap
3D Studio MAX ha un sistema di snap leggermente complicato che inizialmente potrebbe
generare qualche confusione. Con l’uso, tuttavia, lo si troverà molto utile. I valori di snap
controllano l’angolo e la percentuale di snap. Gli snap di posizione sono basati sui metodi
seguenti:
■ Grid Snap utilizza il valore di spaziatura griglia della griglia attiva.
■ Spatial Snap utilizza le impostazione di intensità e priorità contenute nella
finestra di dialogo GRID AND SNAP SETTINGS.
Il metodo snap che è attivo in un dato momento dipende dalla modalità di comando in
cui ci si trova e dalla scelta delle modalità snap dalla riga dei comandi. La figura 6.29
identifica i diversi controlli snap in 3D Studio MAX.
■ Figura 6.30
Pannello Snap nella
finestra di dialogoGRID
AND SNAP SETTINGS
Snap Strength imposta il raggio del campo di snap intorno al cursore; le geometrie devono
essere all’interno del raggio di influenza dello snap prima che il cursore effettui lo snap
a quella posizione. I valori alti rendono il cursore molto sensibile e lo fanno saltare da un
punto snap a un altro punto snap. I valori bassi rendono il cursore meno sensibile e questo
permette di avvicinarlo molto al punto di snap prima che il cursore effettui lo snap.
Snap Priority imposta il tipo di geometria su cui è possibile effettuare lo snap e l’ordine
in cui gli snap sono valutati. È possibile fare lo snap con vertici e spigoli così come con
intersezioni di griglia e linee di griglia. I vertici e le intersezioni di griglia effettuano lo
snap del cursore verso un unto esatto e lo tengono lì sino a che non lo si sposta al di fuori
della distanza di influenza dello snap. Spigoli e linee di griglia effettuano lo snap del
cursore verso una linea ma gli consentono di scivolare lungo questa linea.
Se due oggetti di snap sono all’interno della reciproca distanza di snap, il cursore effettua
lo snap verso quello con la priorità più alta; se gli oggetti di snap hanno la stessa priorità
il cursore effettua lo snap verso quello che si trova più vicino alla vera posizione del
cursore.
È facile dimenticare che la modalità snap viene attivata e disattivata quando si cambia la modali-
tà dalla linea dei comandi. Si consiglia di acquisire l’abitudine di fare clic due volte sulla linea
dei comandi quando si utilizzano gli snap per essere sicuri che lo stato attivo/non attivo è stato
correttamente impostato.
Angoli snap
L’impostazione Angle dello snap è utile per rotazioni di oggetti e viste. Digitare un valore
nella casella Angle della finestra di dialogo GRID AND SNAP SETTINGS per specificare un
angolo di vincolo per le rotazioni interattive. L’impostazione di default è 5,0 gradi, ma
15,0 gradi è un valore più utile. Un angolo di Snap di 15 gradi consente di specificare con
facilità gli angoli principali comuni all’architettura e all’industria: 15, 30, 45, 60 e 90 gradi.
Fare clic sul pulsante Angle Snap sulla riga dei comandi o premere il tasto A per attivare
o disattivare Angle Snap. Angle Snap riguarda solo le rotazioni interattive dove si
trascina in una finestra.
Percentuali snap
Digitare un valore nella casella Percent della finestra di dialogo GRID AND SNAP SETTINGS
per specificare un incremento percentuale per operazioni di scalatura interattive. Fare clic
sul pulsante Percent Snap sulla riga dei comandi per attivare e disattivare Percent Snap.
■ Figura 6.31
Comandidi
trasformazione sulla barra
degli strumenti Trasformazione
del sistema Trasformazione
di coordinate degli assi
Trasformazione
dei centri
Come già visto nel capitolo 1, le trasformazioni sono sempre applicate verso la fine del
dataflow, dopo tutti i modificatori nel Modifier Stack. Inoltre alcuni oggetti perdono le
loro trasformazioni quando vengono utilizzati per determinati scopi. Per esempio, gli
oggetti forma perdono le loro trasformazioni quando sono utilizzati come forma
percorso o come forma di sezione per un oggetto loft. Anche gli oggetti mesh perdono
le trasformazioni quando sono utilizzati come destinazioni in un oggetto morph.
È importante capire che mentre i modificatori cambiano la geometria all’interno dell’og-
getto le trasformazioni cambiano solo la posizione dell’oggetto nello spazio. Tecnicamen-
te, una trasformazione di scala non cambia la geometria all’interno dell’oggetto. La
scalatura cambia la posizione dell’oggetto variandone la forma anche se non in maniera
uniforme lungo ognuno dei tre assi locali.
Applicare le trasformazioni direttamente a un oggetto quando si vuole dimensionare,
ruotare e spostare un oggetto in una certa posizione senza cambiare l’oggetto stesso. Per
cambiare la geometria di un oggetto in modo previsto e semi-permanente applicare le
Comandi di trasformazione
I comandi di trasformazione controllano tre proprietà di trasformazione:
■ sistema di coordinate di trasformazione: controlla qual è la modalità attiva
■ centro di trasformazione: imposta il centro di rotazione e le trasformazioni
di scala
■ assi di trasformazione del vincolo: vincolano le trasformazioni a un unico
asse o a una qualsiasi coppia di assi
3D Studio MAX memorizza lei impostazioni dei comandi di trasformazione prescelti per
ognuna delle trasformazioni Move, Rotate e Scale. Per esempio, quando si fa clic su Move
le impostazioni utilizzate l’ultima volta in cui si è effettuato uno spostamento, vengono
ripristinate nei comandi di trasformazione. Allo stesso modo quando si fa clic su Rotate
vengono ripristinate le ultime impostazioni di rotazione. Si tratta di un sistema poco
immediato e non intuitivo ma, una volta acquisita una certa confidenza, può contribuire
al miglioramento della produttività; si consiglia di prendere l’abitudine di controllare i
comandi di trasformazione tutte le volte in cui si utilizza una trasformazione.
■ Figura 6.32
Elenco dei sistemi di
coordinate di
trasformazione
■ Figura 6.33
Pulsante a bandierina per
i centri di trasformazione Centro del punto pivot Centro di selezione
■ Figura 6.34
Opzione Local Center
DuringAnimate
Trasformazioni vincolanti
I vincoli degli assi sono l’insieme finale dei comandi di trasformazione. È possibile
scegliere fra i tre singoli vincoli degli assi o da un pulsante a bandierina di tre vincoli
(planari) di assi duali (figura 6.35). Il vincolo dell’asse di trasformazione attivo fissa
l’effetto di trasformazione a quell’asse o piano. Per esempio se il vincolo dell’asse delle
X è attivo è possibile spostarsi solo lungo l’asse delle X.
■ Figura 6.35
Vincoli degli assi di
trasformazione
■ Figura 6.36
Finestra di dialogo
TRANSFORM TYPE-IN per
Move, Rotate e Scale
■ Figura 6.37
Pulsanti Mirror e Array Array
sulla barra degli strumenti
Mirror
Snapshot
Riflessione di oggetti
Eseguire la riflessione di un oggetto significa eseguire una trasformazione di scala con un
valore del 100%. Gli oggetti riflessi possono facilmente essere creati utilizzano i comandi
della finestra di dialogo MIRROR (figura 6.38). È possibile impostare opzioni in modo
interattivo per assi di riflessione, offset di riflessione e metodo di clonazione.
Anche se non si vuole clonare l’oggetto riflesso, è pratico scegliere Copy mentre si sperimenta-
no diversi assi di riflessione e offset di riflessione. Con la selezione di Copy si vede sempre
l’oggetto originale e il risultato della riflessione. In questo modo si ottiene un riferimento di
base per giudicare gli effetti della propria scelta. Quando si decide quale asse e offset di
riflessione si vuole scegliere No Clone prima di fare clic su OK.
È opinione diffusa che la riflessione sia uno strumento di modellazione, un modo per
rovesciare le geometrie. Poiché la riflessione è una trasformazione, è più uno strumento
Utilizzare Transform Type-In per applicare valori negativi di scalatura è un metodo pratico ma
presenta alcuni inconvenienti. Quando si digita un valore negativo di scalatura in una casella
assi qualsiasi, tutte le caselle assumono valori negativi; il risultato finale è corretto ma le caselle
indicano i valori sbagliati. Un altro effetto della scalatura negativa è che in genere i normali
oggetti saranno rivolti nella direzione sbagliata e questo farà sembrare l’oggetto di rendering al
contrario. È bene verificare l’oggetto in una finestra di rendering prima di applicare una
scalatura negativa; è possibile correggere l’effetto “al contrario” aggiungendo un modificatore
Normal e selezionando le caselle di controllo [Unify and Flip].
■ Figura 6.39
Finestra di dialogoCLONE
OPTIONS
■ Figura 6.40
Finestra di dialogoARRAY
Se è necessario che la serie lineare proceda in diagonale, spesso è più facile allineare un
oggetto punto con uno dei suoi assi che guardano nella direzione voluta per la serie e poi
selezionare l’oggetto punto quando si trasforma il sistema di coordinate. Poi è possibile definire
una serie lineare lungo un singolo asse.
■ Griglia: una serie griglia è una combinazione di due serie lineari. Creare una
serie lineare lungo un asse. Selezionare tutti gli oggetti nella serie lineare e
creare un’altra serie lineare lungo uno dei due assi rimanenti;
■ Volume: una serie volume è il risultato di tre serie lineari; creare una serie
griglia, selezionare tutti gli oggetti nella serie e creare una nuova serie
lineare sul terzo asse; la figura 6.41 mostra un esempio di serie lineare,
griglia e volume;
■ Figura 6.41
Serie lineari, griglia e
volume
■ Radiale: digitare gli angoli nelle caselle Rotate, in genere con un centro
offset, per creare serie radiali. Se si utilizza un centro del punto di rotazione
per una serie radiale, le clonazioni oggetto in genere finiscono una sull’altra.
È opportuno utilizzare il centro del sistema di coordinate o il centro della
selezione; utilizzare la casella di controllo [Reorient] per determinare se gli
■ Figura 6.42
Centro dell’array
Risultati dell’uso di
Reorient con serie radiali
Array scalato con centro pivot Array scalato con centro trasformato
La tecnica seguente utilizza un oggetto punto ruotato per impostare una serie lungo un
unico asse:
1. fare clic su Helpers nel pannello Create;
2. fare clic su Point sotto la sub-categoria General e creare un oggetto punto in
una finestra superiore; nominare il punto Fence-Line;
in questo modo si è creato l’oggetto punto allineato con il sistema di coordi-
nate globale; l’oggetto punto può essere posizionato ovunque nella finestra
superiore;
3. ruotare l’oggetto punto di 30° sull’asse delle Z;
l’asse X del punto adesso è rivolto nella direzione che deve essere seguita
dalla serie recinto;
4. scegliere Pick dall’elenco Reference Coordinate System e fare clic sull’oggetto
punto;
Il punto ora definisce il sistema di coordinate di trasformazione corrente; la prossima
sequenza di operazioni creerà una serie lineare di paletti di recinto utilizzando l’oggetto
punto come sistema di coordinate di trasformazione.
5. selezionare il paletto da recinto
6. fare clic su Array
7. digitare 4’0” nella casella Move X:, impostare il numero di paletti da recinto
desiderato e fare clic su OK.
Un importante vantaggio della tecnica precedente è che dopo avere impostato lo
strumento ausiliario punto è possibile tornare indietro e riutilizzarlo come sistema di
coordinate in qualsiasi momento. Sinora si è semplicemente moltiplicato in serie una fila
di paletti da recinto, ma ci sarà bisogno anche di assi per il recinto, pioli, cancelli e altri
oggetti per i quali sarà possibile utilizzare il sistema di coordinate del punto. In questo
caso si potrebbe pensare di costruire un oggetto griglia piuttosto di un punto in modo da
potere creare oggetti sulla griglia e anche utilizzare l’oggetto griglia come un sistema di
coordinate di trasformazione.
Serie istantanee
L’ultimo tipo di serie utilizza il pulsante Snapshot nel pulsante a bandierina Array (figura
6.44). Una istantanea è un tipo di serie temporanea che crea clonazioni basate sui
cambiamenti di un oggetto nel corso del tempo. L’istantanea è l’unica tecnica di serie che
può anche catturare e congelare i cambiamenti dei modificatori.
Strumenti di allineamento
Utilizzare i pulsanti nella bandierina Align (figura 6.45) per spostare e ruotare gli oggetti
da allineare con gli altri oggetti. Nessuno dei pulsanti Align funziona con le selezioni dei
sub-oggetti. I tre pulsanti di questa bandierina hanno scopi diversi e precisi:
■ Align: allinea gli oggetti confrontando i loro sistemi di coordinate locali e
l’estensione dei loro riquadri di delimitazione nel sistema di coordinate di
trasformazione;
■ Normal Align: allinea la superficie degli oggetti alla superficie facendo
corrispondere le normali delle facce;
■ Place Highlight: allinea gli oggetti facendo corrispondere l’asse delle Z
negativo di un oggetto con la normale alla faccia di un altro oggetto; questo
comando in origine è stato concepito per essere utilizzato con fonti di luce
ma può essere utilizzato con qualsiasi oggetto.
Allineamento di oggetti
Utilizzare il comando Align per allineare gli oggetti sulla base delle loro estensioni
geometriche (riquadri di delimitazione) o dei punti di rotazione. Questo comando è
particolarmente utile per i seguenti task di allineamento:
■ allineare gli oggetti per l’estensione geometrica; questa operazione funziona
meglio con geometrie regolari e dagli spigoli diritti come parallelepipedi e
cilindri;
■ allineare oggetti per il punto di rotazione; questa operazione è utile quando
si impostano gerarchie e giunti IK;
■ allineare oggetti ausiliari con altri oggetti.
Il comando Align utilizza due tecniche:
■ Align Position (spostare), basata sul riquadro di delimitazione degli oggetti
nel sistema di coordinate di riferimento corrente;
■ Align Orientation (ruotare), basata sul sistema di coordinato locale degli
oggetti.
Selezionare gli oggetti sorgente, fare clic su Align e poi fare clic su un oggetto destinazione
per visualizzare la finestra di DIALOGO ALIGN SELECTION (figura 6.46).
Quando si allineano gli oggetti utilizzando il sistema di coordinate locale, vengono utilizzati i
sistemi di coordinate locali degli oggetti sorgente mentre il sistema di coordinate locale della
destinazione viene ignorato.
■ Figura 6.46
Finestra di dialogoALIGN
SELECTION
■ Figura 6.47
Riquadrididelimitazione
per tre diversi sistemi di
coordinate di riferimento
■ Figura 6.48
I quattro punti di
allineamento che utilizzano
il sistema di coordinate
globale
■ Figura 6.49
Oggetti allineati secondo le
normali di faccia
Utilizzare le opzioni nella finestra di dialogo per spostare e ruotare gli oggetti sorgente
rispetto alle normali di faccia allineate:
■ Position Offset: sposta gli oggetti sorgente; digitando una distanza nella
casella Z si spostano gli oggetti dentro e fuori lungo le normali allineate;
digitando distanze nelle caselle X o Y si spostano gli oggetti sorgente lungo
gli assi locali X o Y della faccia che contiene la normale sorgente; può essere
difficile prevedere l’orientamento degli assi X e Y quindi la scelta migliore è
trascinare gli interruttori incrementi e osservare come si spostano gli oggetti
sorgente;
■ Rotation Offset: ruota gli oggetti sorgente utilizzando le normali allineate
come asse di rotazione; anche questa operazione ha l’effetto secondario di
Una tecnica estremamente utile è quella di allineare un oggetto griglia a un altro oggetto
utilizzando Normal Align. In questo caso si crea un piano di costruzione allineato con la superfi-
cie di un oggetto. La griglia può essere utilizzata come un sistema di coordinate di riferimento
per trasformare gli oggetti allineati con la superficie o come grigia attiva per creare nuovi
oggetti allineati con la superficie. Gli oggetti griglia sono gli unici oggetti ausiliari che lavorano
con Normal Align.
Riepilogo
■ Selezione di oggetti: gli strumenti di trasformazione possono anche essere
utilizzati per la selezione; premere il tasto Ctrl per aggiungere a una selezio-
ne e premere il tasto Alt per eliminare da una selezione;
■ Insiemi di selezione denominati: utilizzare gli insiemi di selezione denomi-
nati come un modo per gestire o organizzare gli oggetti sulla scena;
Nel presente capitolo verranno trattati i principi della creazione di oggetti nonché le
caratteristiche e gli usi delle primitive della geometria elementare. Pur trattando degli
oggetti più semplici, le regole descritte sono applicabili anche a quelli più complessi.
Inoltre le primitive semplici spesso costituiscono gli elementi di base per la creazione dei
modelli più complessi e di quelli organici. In particolare questo capitolo tratterà gli
argomenti di seguito elencati:
■ principi della creazione di primitive tridimensionali;
■ utilizzo di Home Planes (piani base) e Grid Helpers (strumenti griglia ausiliari)
nella creazione;
■ accuratezza;
■ opzioni di creazione e realizzazione di vari tipi di oggetto;
■ analisi delle primitive elementari;
■ concetto di classi geometriche in 3D Studio MAX.
Creazione interattiva
In 3D Studio MAX la creazione della geometria deve avere un carattere interattivo. Perciò
il metodo convenzionale di creazione di un oggetto consiste nel fare clic in una finestra
e trascinare il cursore per definire i parametri indeterminati. 3DS MAX disegna simulta-
neamente la geometria risultante in tutte le finestre, a mano a mano che vengono definite
le distanze e la creazione procede.
Il piano sul quale gli oggetti vengono creati è determinato dalla finestra o da uno
strumento ausiliario griglia della costruzione attiva. La posizione di un oggetto è una
caratteristica della definizione dell’oggetto stesso. La maggior parte degli oggetti giace
sul piano di creazione e definisce l’altezza a partire da questo. Le primitive cilindro, per
esempio, collocano la circonferenza di base sul piano di creazione e il parametro altezza
estrude perpendicolarmente al piano. Poiché le primitive Sphere (sfera), GeoSphere
(geosfera), Torus (toro) e Hedra (poliedro) sono definite dal rispettivo centroide,
costituiscono un’eccezione alla regola e collocano il centroide sul piano di costruzione.
Mentre gli altri oggetti giacciono sul piano di costruzione, queste quattro primitive lo
bisecano. Il piano sul quale nasce una primitiva è anche la posizione del suo punto di
rotazione. Il punto di rotazione è il centro degli assi locali dell’oggetto e determina il punto
intorno al quale l’oggetto ruota. In questa fase iniziale della creazione si definisce anche
l’orientamento del riquadro di delimitazione permanente dell’oggetto.
Le descrizioni precedenti sono standard per le primitive di 3DS MAX. Gli oggetti creati dagli
sviluppatori terzi possono rispettare tali convenzioni oppure seguire metodi di creazione
differenti, posizionando diversamente i punti di rotazione.
■ Figura 7.1
Input da tastiera per la
creazione di oggetti Box.
L’uso della tastiera può sembrare più preciso, ma la stessa esattezza è ottenibile creando
l’oggetto interattivamente e regolandone i parametri nel pannello MODIFY e la posizione
nella finestra di dialogo TRANSFORM TYPE-IN. La stessa precisione può essere raggiunta
anche utilizzando Snap con l’opportuna impostazione di griglia. Nella maggior parte dei
casi la creazione interattiva con modificazioni successive sarà più veloce, perché di solito
i parametri critici sono soltanto uno o due.
■ Figura 7.2
Le fasi necessarie per
modificare le caselle con
quantità relative.
Una regola generale: “se è possibile vedere una griglia attiva, cioè se le linee della griglia sono
visibili, allora la griglia è il piano di costruzione attivo della finestra”.
Quando gli oggetti vengono creati con le griglie base, la vista nella quale viene iniziata
la definizione dell’oggetto determina il piano di costruzione. Quando l’oggetto viene
Quando la creazione ha luogo in una finestra non ortogonale, viene sempre definita la posizione
X,Y e la componente Z è uguale a 0 (fintantoché la griglia base è attiva). Quando perciò la
creazione avviene nelle finestre Perspective, User, Camera e Spotlight gli oggetti vengono
sempre posti sul piano terrestre.
■ Figura 7.3
Le griglie base di default.
Front
e ZX a YZ
Destr
YX o
Sop ttoS
ra X
Y
Piano di terra
iS XZ o
rtsin
ZY a rteR
Gli oggetti griglia ausiliari hanno le stesse funzioni degli altri oggetti: possono essere
spostati, ruotati e allineati piuttosto facilmente. La funzione Normal Align (allineamento
normale) è particolarmente utile nella costruzione relativa ai modelli. Per utilizzare un
oggetto griglia è necessario prima attivarlo selezionandolo e poi facendo clic sul tasto
destro del mouse (figura 7.4) oppure scegliendo la voce Grids/Activate Grid Object nel menu
V IEWS. Dopo l’attivazione, le griglie base scompaiono e vengono mostrate le linee
dell’oggetto griglia. Per convenzione in questo capitolo il termine griglia attiva corrente si
riferisce a un oggetto griglia attivato oppure alla griglia del piano base visibile nella
finestra attiva.
■ Figura 7.4
Per attivare un oggetto
griglia fare clic con il tasto
destro del mouse
sull’oggetto griglia.
È opportuno non scalare oggetti griglia. In questo caso la spaziatura griglia (Grid spacing). non
viene scalata. La relazione tra la griglia visibile e la griglia snap risulta perciò interrotta. Per
aumentare le dimensioni della griglia è sempre necessario modificarne i parametri di creazione.
Nel caso la griglia sia stata accidentalmente scalata è possibile reimpostare la scala al 100%
con Transform Type-In.
Una finestra destinata a diventare griglia mostrerà la vista del piano XY (pianta)
dell’oggetto griglia attivo corrente (figura 7.4, a sinistra). Quando le griglie base sono
attive, le finestre Grid mostrano la griglia base del piano XY (piano terrestre). Le viste
Grid si aggiornano dinamicamente mentre l’oggetto griglia attivo viene traslato e
ruotato. Si avrà così una vista in alzata permanente e perpendicolare al piano. le viste Grid
sono particolarmente utili quando vengono create delle spline inclinate rispetto agli assi.
In questo caso le viste Grid possono essere assimilate al piano di un quadro sul quale
disegnare secondo la prospettiva tradizionale.
Le griglie sono gli unici oggetti allineabili con una vista. Per allineare altri oggetti con la vista,
creare prima un oggetto griglia e allinearlo con la vista. La griglia può ora essere utilizzata per
allineare altri oggetti usando Align o Normal Align.
Gli oggetti griglia non si limitano alla funzione ausiliaria in fase di creazione. Spesso è
molto utile fare riferimento all’oggetto griglia attivo come sistema di coordinate attuale
I modelli importati da altri programmi a volte vengono posti a grande distanza dall’origine
perché sono stati modellati in quella posizione nell’altro programma. In 3DS MAX questa
posizione può provocare errori di curvatura all’esterno. Una soluzione consiste nello spostare
l’intera scena più vicina all’origine. Tale soluzione però è altrettanto negativa nel caso in cui
debba continuare la coordinazione con il database esterno. In questo caso è necessario incre-
mentare System Unit Scale sotto General Preferences (per ulteriori informazioni consultare il
capitolo 5).
■ Figura 7.5
Le finestre di dialogo Grid
and Snap Settings.
Il sistema snap fornisce opzioni per lo snapping di vertici, bordi, intersezioni di griglie
e linee di griglie nello spazio a 2, 2,5 e 3 dimensioni; tuttavia la disponibilità di tali opzioni
varia a seconda della situazione. Nella creazione di primitive 3D il sistema snap è sempre
in modalità 2D e la griglia attiva fornisce la componente delle coordinate mancante. Le
altre impostazioni snap di 2,5D e 3D sono applicabili solo alla creazione di oggetti spline
lineari (Line). Lo snap di vertici e bordi viene rispettato ma solo per vertici e bordi che
giacciono sulla griglia attiva. La geometria è sempre confrontata con la posizione della
griglia. Date queste limitazioni gli strumenti principali per l’esattezza della creazione
sono ancora le griglie.
Lo snap assoluto (Absolute Snap) è una proiezione nello spazio dello schermo ed è disponibile
soltanto quando sono attivi i sistemi di coordinate Screen (schermo) o View (vista). Quando
vengono utilizzati i sistemi di coordinate World (globale), Parent (principale), Local (locale),
Grid (griglia) o Pick (seleziona) l’impostazione dello snap assoluto ritorna a snap relativo
(Relative Snap).
Gli utenti AutoCAD, che conoscono i sistemi di coordinate utente (user coordinate systems,
UCS), troveranno l’utilizzo degli oggetti griglia molto simile a questo, a parte il fatto che le
griglie sono oggetti e come tali possono essere gestiti. Il passaggio dal sistema di coordinate
attive alla griglia è assimilabile alla creazione e modifica di un UCS in AutoCAD.
La creazione avviene sempre sulla griglia attiva. Molti modellatori ritengono che
l’orientamento della griglia sia più esatto e veloce di quanto non sia la costruzione a
partire dalle griglie base di default seguita dalla ricollocazione degli oggetti.
Per creare oggetti paralleli a una vista User, Perspective, Camera e Spotlight è necessario
utilizzare una griglia attiva, perché, quando i piani base sono attivi, viene rispettato solo
il piano terrestre X,Y.
Dopo aver attivato una griglia, selezionare VIEWS , Grids, Align to Views e la griglia verrà
allineata a quella vista. La griglia ora è pronta per la costruzione.
■ Figura 7.6
Le primitive geometriche
fondamentali di 3DS MAX.
Diversamente da quanto avviene in molti programmi 3D, in 3DS MAX non è mai necessario
vincolarsi nella definizione iniziale dei parametri di creazione. Il valore dei parametri di creazione
può essere modificato secondo le necessità in una fase successiva, utilizzando il pannello
MODIFY. Tali valori non possono essere modificati dopo l’esecuzione di un’operazione che
comprime lo stack dell’oggetto. L’esecuzione di un’opzione di questo tipo (per esempio
EditMesh/Attach) deve essere preceduta dall’esame dei parametri di creazione e dalla considera-
zione della quantità di particolari necessari all’oggetto nella scena.
Per gestire le dimensioni della scena e la velocità interattiva, un approccio utile è quello di
mantenere l’impostazione degli oggetti parametrici alla segmentazione minima e di aumentarla
solo quando è necessario. Un metodo per utilizzare questo approccio consiste nel modellare e
posizionare su un unico fotogramma con impostazioni molto basse e poi eseguire il rendering
su un altro fotogramma con impostazioni molto elevate. L’impatto sulle dimensioni del file è
minimo perché vengono aggiunte solo le chiavi di animazione per i parametri di segmentazione.
Dimensioni (Dimensions)
Le dimensioni definiscono l’estensione dell’oggetto parametrico misurato a partire dal
suo punto di creazione. Le dimensioni normali comprendono altezza, lunghezza e
larghezza, mentre gli oggetti circolari contengono anche i parametri relativi al raggio.
Altri sviluppatori forniscono elementi alternativi che possono essere perimetro, volume
e massa.
Quando un oggetto viene scalato con una trasformazione, i parametri di creazione a esso
relativi non rispecchiano le dimensioni generali risultanti. Se l’oggetto mantiene la propria
definizione parametrica, è necessario regolare i parametri di creazione. Gli oggetti parametrici
devono essere scalati solo quando questa operazione deve essere eseguita lungo assi diversi o
intorno a punti diversi.
Smusso (Smoothing)
I parametri di smusso controllano l’aggiunta automatica di gruppi di smusso all’oggetto.
Alcuni oggetti, come il toroide, dispongono di utili opzioni per la smussatura che sarebbe
laborioso utilizzare in modo non parametrico. Con i modificatori EditMesh e Smooth è
possibile assegnare una smussatura personalizzata a specifiche selezioni di facce.
“Variazioni” (Variations)
Il parametro “variazioni” gestisce in vari modi i valori dimensionali e di segmentazione.
Si tratta generalmente di “extra” relativi a vari oggetti e sono utilizzate per creare
variazioni interessanti che altrimenti sarebbe molto difficile realizzare. Le opzioni
Rotation (rotazione) e Twist (torsione) del toro sono esempi di parametri appartenenti a
questo gruppo. Altri sviluppatori prevedono anche vento, gravità, età e così via.
“Famiglia” (Family)
Il parametro “famiglia” modifica il risultato di tutti gli altri parametri. Esempi tipici sono
Type (tipo) per GeoSphere e Family per Hedra. Altri sviluppatori prevedono anche
genere, specie, razza, produttore, linea, prodotto e così via.
■ Figura 7.7
Centri dimensionali e punti
di rotazione di alcune
primitive.
A volte può essere preferibile lavorare in modalità Box, per esempio durante la regolazione di
una geometria complessa che altrimenti implicherebbe tempi significativi di rigenerazione dello
schermo. In simili situazioni può essere importante avere orientamenti coerenti dei riquadri di
delimitazione. Per riorientare il riquadro di delimitazione di un oggetto è possibile collegarlo a
un oggetto trasformabile in una mesh con l’orientamento del riquadro prescelto (utilizzando
EditMesh/Attach). In seguito è sempre possibile scollegare l’elemento appena riorientato o
cancellare l’elemento di destinazione. Questo procedimento deve essere seguito solo se neces-
sario perché comprime lo stack dell’oggetto collegato; inoltre l’oggetto collegato eredita il
punto di rotazione dell’oggetto a cui è connesso. Un metodo alternativo consiste nell’utilizzare
l’utility Reset Transform della Release 1.1 per applicare un modificatore Xform all’oggetto e
ottenere lo stesso effetto senza rimuovere la cronologia di dati dell’oggetto.
■ Figura 7.8
L’uso dei parametri Slice
e Chop nelle primitive
Sphere, Cylinder, Torus,
Cone e Tube.
La primitiva Sphere differisce dalle altre per il parametro Hemisphere (semisfera) cui è
associato un intervallo 0-1, che definisce la percentuale della sfera. L’opzione Squash
(schiaccia) conserva lo stesso numero di segmenti nella sezione di sfera risultante.
L’opzione Chop seziona la sfera nella stessa posizione di Squash ma lascia il resto dei
segmenti della sfera come originariamente definiti.
La figura 7.9 mostra alcune sfere con gli stessi valori Hemisphere sia in Squash sia in Chop.
L’opzione [Base to Pivot] (base su perno) modifica notevolmente l’effetto di Hemisphere.
Quando tale opzione è attivata, la base della sfera sezionata giace sempre sul piano di
creazione. Quando viene animata, la sfera sembra emergere dal piano come se stesse
infrangendo la superficie di un liquido. Quando [Base to Pivot] è disattivata, la parte
superiore della sfera sezionata rimane stazionaria e la sfera sembra allontanarsi (figura
7.9) sulla superficie.
Lo smusso non va confuso con il modificatore MeshSmooth introdotto nella Release 1.1 che
modifica la topologia della superficie e non solo le caratteristiche del rendering.
■ Figura 7.12
La stessa geometria
senza smusso.
Lo smusso crea questa illusione di rotondità assegnando dei gruppi di smusso alle facce
opportune. Tutte le facce adiacenti saldate che condividono un gruppo di smusso sono
smussate lungo i bordi adiacenti. È necessario tenere presente che lo smusso è applicabile
solo a facce tra loro saldate. Quindi mentre alle varie parti di un oggetto possono essere
assegnati diversi gruppi di smusso, l’effetto dello smusso non può estendersi a zone che
non sono collegate, anche se alle facce è associato lo stesso gruppo di smusso.
I gruppi di smusso creati con metodi procedurali sono generalmente organizzati abbastanza
bene e forniscono un metodo comodo di selezione quando si utilizza il modificatore EditMesh.
Nella maggior parte dei casi alle primitive, quando l’opzione Smooth non è attiva, non
vengono assegnati gruppi di smusso. Parallelepipedi, cilindri e coni sono le uniche
eccezioni: assegnano un gruppo di smusso all’estremità piana. In una fase successiva le
operazioni di modellazione possono facilmente deformare questi bordi. Un gruppo di
smusso comune su questi piani garantisce la continuità dello smusso (e presumibilmente
della planarità) nel rendering. Tale caratteristica deve essere tenuta presente all’inizio di
un processo di deformazione di questi lati rispetto al piano originario, quando non
devono più essere smussati.
Primitive di base
3D Studio MAX dispone di varie primitive geometriche con definizione parametrica. Pur
essendo spesso utili in sé, generalmente tali primitive costituiscono gli elementi di base
per la costruzione di modelli più complessi. Poiché il Software Developer’s Kit (SDK) di
3DS MAX le fornisce tutte come codice sorgente, possono sicuramente fungere da base,
costituendo così un presupposto dal quale gli sviluppatori partono per creare classi di
oggetti completamente nuove.
Le primitive più semplici (parallelepipedo, cilindro e tubo) possono essere assimilate
rispettivamente a una sbarra, a un tondo e a un materiale tubolare, pronti per l’incudine
di un fabbro, per il taglio di un operaio metallurgico o il fuoco di un soffiatore di vetro.
Quasi tutto ciò che si forma a partire da materiale grezzo nel mondo reale può essere
realizzato a partire da queste primitive di base e utilizzando poi i modificatori di
deformazione di 3DS MAX. Osservando gli oggetti del mondo reale, ci si renderà conto
del fatto che quasi tutti i manufatti in ferro, i perni e gli oggetti di vetro possono essere
realizzati a partire da primitive.
Parallelepipedi (Boxes)
I parallelepipedi sono gli oggetti più semplici (figura 7.13) ma spesso anche quelli più utili.
In generale tali oggetti vengono utilizzati per definire rapidamente piani terrestri o
piante, pareti e sfondi. Possono fungere da strumenti veloci in caso di allineamento e
spesso vengono utilizzati come operandi per la sezione di oggetti nelle operazioni
booleane. Un parallelepipedo è assimilabile a una sbarra che può essere piegata o ritorta.
I parallelepipedi sono gli unici oggetti oltre i poliedri a non disporre dell’opzione di
smusso, ma a ognuno dei sei lati è associato un gruppo di smusso: ciò significa che quando
ai parallelepipedi si applica una distorsione, i lati rimangono smussati.
Se un cilindro con 200 lati non risulta abbastanza smussato, per esempio nelle immagini ad
alta risoluzione o in oggetti molto grandi che attraversano la scena con archi poco profondi, è
necessario eseguire il loft o l’estrusione dei cerchi che contengono più segmenti e gradini.
Il numero di segmenti altezza richiesti per cilindri e tubi varia a seconda dell’uso che ne
verrà fatto. Quanto più queste primitive vengono deformate, tanto maggiore dovrà
essere il numero di segmenti perché risultino convincenti e smussate. I segmenti altezza
hanno un effetto sulla qualità del rendering del cilindro solo se questo viene deformato
in una fase successiva. Naturalmente ciò non implica un problema di pianificazione perché
è sempre possibile modificare la segmentazione in un secondo momento. La pianificazio-
ne diventa importante però quando deve essere eseguita un’operazione che comprime lo
stack dell’oggetto.
Coni (Cones)
Gli oggetti Cone sono molto simili ai cilindri: un cono infatti è essenzialmente un cilindro
le cui estremità hanno dimensioni diverse. I coni sono spesso utilizzati per creare forme
comuni, come i cilindri, e inoltre la presenza di due raggi consente di imporre in qualsiasi
momento una rastrematura controllabile all’oggetto risultante. Un altro uso comune
consiste nel realizzare forme piramidali di base (figura 7.15). Il cono è preferibile al
cilindro quando occorre avere un controllo parametrico sui raggi inferiore e superiore.
■ Figura 7.15
Gli oggetti Cone con
diversi parametri di
creazione.
Figura 7.16
L’effetto di smusso su
coni che si incontrano in
un vertice.
■ Figura 7.17
L’effetto della
segmentazione in altezza
sullo smusso di un cono
rappresentato.
■ Figura 7.18
Gli oggetti Sphere e
GeoSphere con diversi
parametri di creazione.
Le opzioni Tetra (tetraedro), Octa (ottaedro) e Icosa (icosaedro) creano tutte sfaccettature
triangolari ma organizzano la propria geometria in modi diversi. La sfera Icosahedron
è la classica volta geodetica che forma pentagoni e triangoli in punti critici. In giunti simili
Octahedron e Tetrahedron formano invece quadrati e triangoli.
Gli oggetti GeoSphere sono più efficaci perché forniscono un profilo più smussato con il
minimo numero di facce. L’oggetto Sphere è più facile da sezionare e generalmente è
preferibile quando è necessario interagire con altri oggetti rettilinei. Quando si estrag-
gono porzioni di sfera come operandi booleani, si otterranno risultati più soddisfacenti
con Sphere che con GeoSphere. Quando invece vengono utilizzate isolatamente, soprat-
tutto come volte, sono preferibili gli oggetti GeoSphere.
Toro (Torus)
Gli oggetti Torus vengono anche chiamati ciambelle, ruote o anelli. Per quanto semplice
all’apparenza, questo oggetto è associato ad alcuni parametri interessanti (figura 7.19).
Il parametro Twist (torsione) torce le linee radiali (lati), che formano una spirale intorno
al Torus, mentre il parametro Rotation (rotazione) ruota le sezioni (segmenti). L’effetto
Poiché Twist ha un punto di inizio definito, esisterà un restringimento definito all’inizio della
torsione, a meno che questa non compia una rivoluzione completa per consentire l’unione di
inizio e fine. Se non è stata attivata l’opzione <Slice> che consente di inserire un’interruzione a
questo punto, per evitare il restringimento è necessario utilizzare i valori di Twist con incremen-
ti di 360.
■ Figura 7.19
Gli oggetti Torus con
diversi parametri di
creazione.
■ Figura 7.20
Gli oggetti Hedra con
diversi parametri di
creazione.
■ Figura 7.21
Le famiglie Hedra e la
corrispondente variazione
dei parametri di base.
P 0,5
Q 0,5
Parametri della famiglia
P 0,0
Q 1,0
P 1,0
Q 0,0
P 0,0
Q 0,0
■ Figura 7.23
I file di esempio standard
matsamp2.max e
matsamp3.max di 3DS
MAX.
Classi geometriche
Gli oggetti parametrici forniti da 3D Studio MAX appartengono a due classi fondamen-
tali, perché possono essere convertiti in mesh triangolari e patch di Bézier (trattati appro-
fonditamente nel capitolo 14). Man mano che 3DS MAX si sviluppa e cresce il numero di
classi geometriche, il modo in cui i modificatori interagiscono con la geometria diventa
sempre più importante. 3DS MAX può accogliere qualsiasi definizione geometrica. Nel
programma di base sono compresi oggetti parametrici, mesh, patch e spline.
Una classe geometrica definisce il modo in cui l’oggetto derivato viene visualizzato e può
essere modificato. Attualmente 3D Studio MAX dispone solo di quattro classi, ma gli
sviluppatori stanno aggiungendo piuttosto rapidamente classi personalizzate. Vista la
velocità di questo sviluppo, diventa importante capire come si trasforma la geometria
durante la modellazione.
Gli oggetti patch reagiscono ai modificatori in modo diverso dagli oggetti mesh. La figura
7.25 mostra che le curve risultanti da patch deformati sono molto più sottili di quelle
ottenute deformando l’oggetto come mesh. Ciò dipende dal fatto che i vertici di una mesh
sono espliciti, mentre un patch è il risultato di un’equazione.
Generalmente, quando lavorano su oggetti convertiti in patch, i modellatori tendono a
mantenere la geometria patch quanto più a lungo è possibile. Diventa quindi importante
sapere quando un’operazione forzerà la geometria a convertirsi da patch in facce. La
maggior parte dei modificatori gestisce entrambe le geometrie, mentre alcuni non hanno
questa possibilità. I seguenti modificatori convertiranno sempre la geometria in facce:
EditMesh, Material, Normal, Smooth, VolSelect, MeshSmooth e Relax.
■ Figura 7.25
Differenze tra
deformazione di una
geometria patch e mesh.
In 3DS MAX la geometria si evolve. Gli oggetti rimangono nella classe più elevata
possibile fino a quando non è necessaria una conversione verso una classe inferiore più
semplice. La geometria di ordine superiore si converte in una più semplice quando viene
applicato un modificatore che non può operare su quella classe geometrica. Il denomina-
tore comune di tutti gli oggetti è la mesh triangolare. Dato che tutti gli oggetti di 3D Studio
MAX devono essere in grado di convertirsi in tali oggetti, tutti i modificatori possono
operare su qualsiasi oggetto dato, anche se devono convertirlo in mesh. La maggior parte
dei modificatori di 3DS MAX può operare su mesh o patch, conservando tutto ciò che
ricevono e passando il risultato modificato nella classe geometrica data.
Riepilogo
■ Creazione di oggetti. In 3DS MAX la creazione è prevalentemente un proces-
so interattivo e la modalità di operazione più veloce tende a essere quella in
cui viene prima creato l’oggetto e poi vengono regolati i parametri di base,
rispettando il principio della precisione.
■ Strumenti griglia ausiliari. Gli strumenti griglia ausiliari sono estremamente
utili nella determinazione di piani di costruzione con angoli particolari o
correlati a una geometria preesistente. Il numero delle griglie può essere
illimitato e quindi è possibile determinare molte relazioni alle quali eventual-
mente fare riferimento. Le funzioni speciali delle griglie comprendono la
capacità di definire snap e trasformazioni e di avere viste a esse perpendico-
lari.
■ Sistema Snap. Il sistema Snap è lo strumento principale per ottenere l’esat-
tezza della creazione, mentre il sistema Align è il mezzo migliore per posizio-
nare gli oggetti in relazione reciproca.
In 3D Studio MAX tutti gli oggetti servono per essere modificati e animati, anche i modelli
più complessi e intricati. Questo capitolo illustra i concetti basilari per modificare i modelli
e la cronologia delle modifiche con il Modifier Stack. Verranno fornite le nozioni
fondamentali per capire in che modo funzionano tutti i modificatori all’interno del
concetto di Modifier Stack. I modificatori stessi sono trattati in termini di utilizzo
quotidiano senza dilungarsi in descrizioni troppo specifiche sulle finestre di dialogo.
Questo capitolo funge da base per argomenti più avanzati che saranno affrontati nei
paragrafi seguenti. In particolare, il capitolo tratta i seguenti argomenti:
■ applicazione di modificatori agli oggetti;
■ modifiche di oggetti singoli e multipli;
■ il Modifier Stack;
■ manipolazione dei gizmo e dei centri del modificatore;
■ controllo dell’influsso dei modificatori con le estensioni;
■ differenza fra le trasformazioni e le modifiche;
■ utilizzo di modificatori a deformazione assiale.
■ Figura 8.1
Tre modificatori applicati a
una primitiva Tube.
Soprattutto le prime volta che si lavora con 3DS MAX, può capitare di applicare diversi modifi-
catori quando in realtà si desidera applicarne solo uno. In questo caso, individuare quali valori
del modificatore si intende tenere e cancellare quelli ridondanti attraverso l’icona Remove o la
finestra di dialogo EDIT MODIFIER STACK.
Modificare una selezione rappresenta un modo preciso e rapido per individuare un centro
gizmo comune per un dato modificatore. Nella figura 8.4 è stato assegnato un modificatore
Bend alle gambe della sedia come selezione e, sempre come selezione, le stesse sono state rese
uniche. In questo modo, la posizione del centro di ogni gamba per le pieghe concentriche era la
stessa.
Quando si effettua una selezione con il MODIFY P ANEL aperto, 3DS MAX esamina la
selezione per determinare se esistono modificatori comuni. In caso positivo, i modifica-
tori comuni sono inseriti nell’elenco. In caso negativo, l’elenco a discesa è vuoto. Non è
necessario selezionare tutti gli oggetti della modifica condivisa per regolare un modifi-
catore replicato. Se, per esempio, sono stati rastremati dieci oggetti, il modificatore Taper
■ Figura 8.3
Rendere i modificatori
comuni unici per
permettere animazioni
individuali.
■ Figura 8.4
Una selezione piegata
senza l’opzione [Use Pivot
Points] per garantire
centri gizmo comuni e poi
resa unica per eseguire
pieghe concentriche.
■ Figura 8.5
La tendinaMODIFIER
STACK .
Il Modifier Stack stesso è alloggiato in un elenco a discesa (figura 8.6). Quando si seleziona
un oggetto, l’ultimo modificatore aggiunto all’oggetto è visualizzato all’inizio dell’elenco
e vicino alla freccia di selezione. Il primo modificatore aggiunto all’oggetto, ovvero le
prime informazioni che 3DS MAX ha sull’oggetto, è visualizzato alla fine dell’elenco. Nel
caso di primitive geometriche, i parametri sono sempre alla fine dell’elenco. I modelli
importati da altri programmi (come i file 3DS) di solito hanno come prime voci di elenco
(in basso) Mesh, Editable Mesh, Patch o Bézier Spline. Poiché si tratta dello stato iniziale di
un oggetto, non è possibile posizionare un modificatore al di sotto di essi nell’elenco.
■ Figura 8.6
Gli elenchi a discesa del
MODIFIER STACK.
Come per tutte le caselle di riepilogo a discesa di 3DS MAX, la presenza della freccia di selezio-
ne è supplementare. Per questioni di velocità, i modellatori preferiscono fare semplicemente
clic sulla casella con il nome per visualizzare l’elenco da cui scegliere la voce, invece di cercare
di fare clic su un pulsante così piccolo.
I pulsanti che circondano l’elenco a discesa hanno tendine distinte per gestire l’elenco. È
possibile visualizzare e lavorare con ogni voce dell’elenco individualmente:
Lo stato Pin Stack non permette di trasformare un altro oggetto se il modificatore corrente è in
modalità Sub-Object.
Di norma, è possibile annullare solo le modifiche alle caselle di modifica. Le opzioni Make
Unique, Remove Modifier e la compressione dell’elenco non possono essere annullate. In
generale, se non è possibile animarle, non è possibile annullarle.
Compressione dell’elenco
Anche se il Modifier Stack di un oggetto rappresenta un elemento prezioso, il costo è
piuttosto alto: la memoria RAM. Ogni operazione dell’elenco occupa una parte di RAM;
la maggior parte è occupata dai modificatori Edit perché contengono le copie effettive
dell’oggetto secondo le modifiche apportate fino al quel momento. Maggiore è il numero
di modificatori nell’elenco, maggiore memoria RAM è necessaria per valutarli.
Per fare in modo che l’oggetto consumi meno RAM, è possibile comprimerne l’elenco. Se
si comprime l’elenco, la sequenza geometrica sarà valutata e l’oggetto sarà ridotto alla
classe geometrica più alta. L’effetto di ogni modificatore è conservato, ma diventa
esplicito e congelato nel tempo. Ciò che si vede nella finestra corrisponde al risultato della
compressione. Comunque, comprimere non significa sempre risparmiare spazio su disco.
Le primitive, per esempio, richiedono lo stesso spazio su disco a prescindere dalla
segmentazione e dal numero di facce risultanti perché le primitive memorizzano solo i
parametri nei file. Una volta compressi, gli oggetti diventano mesh (o patch) precise ed
è necessario salvare l’intera mesh su disco.
Se si comprime l’elenco, la sequenza geometrica sarà valutata e l’oggetto sarà ridotto alla
classe geometrica più alta. L’effetto di ogni modificatore è conservato, ma diventa preciso
e congelato nel tempo. Ciò che si vede nella finestra corrisponde al risultato della
compressione.
Se si fa clic su Collapse All nella finestra di dialogo EDIT MODIFIER STACK, saranno
eliminati tutti i modificatori e l’oggetto sarà ridotto a ciò che si vede nella finestra
interattiva. Dopo aver selezionato uno o più modificatori nell’elenco (sopra l’ultimo in
basso), si attiverà il pulsante Collapse To. Se si fa clic su Collapse To, l’elenco sarà
compresso dal punto della selezione fino alla fine dello stack. Comprimere l’elenco può
generare confusione quando si ha una selezione di modificatori perché si potrebbe
pensare che l’elenco si comprimerà solo all’interno della selezione. La figura 8.8 mostra
che quando si comprime una selezione, l’ultimo modificatore (in alto) della selezione
determina il punto da cui l’elenco deve essere compresso, mentre la fine della selezione
rappresenta sempre la fine dell’elenco. Per comprimere una primitiva ad una figura
geometrica di base, applicare un apposito modificatore Edit (EditMesh, EditPatch o
EditSpline) e comprimere subito l’elenco. In questo modo, l’elenco sarà compresso a un
oggetto di classe Patch, Editable Mesh o Bézier Spline.
Aggiungere un modificatore Edit significa occupare memoria RAM per memorizzare le modifi-
che e perdere più tempo perché si passa immediatamente alla modalità Sub-Object. A meno
che non si comprimano a Patch, aggiungere qualsiasi altro modificatore (come Bend o XForm)
renderà più veloce la compressione a una classe Editable Mesh o Bézier Spline.
Il risultato della compressione dipende da quali modificatori sono stati applicati all’og-
getto. Se il modificatore di partenza è un EditPatch, il risultato della compressione è un
Patch, se non è stato aggiunto un modificatore che ha convertito l’oggetto in una mesh.
Altrimenti, l’oggetto si comprimerà molto probabilmente in una Editable Mesh. I modifi-
catori che provocano la conversione in una mesh sono EditMesh, Optimize, Displace, Relax
e MeshSmooth.
■ Figura 8.8
Risultato della
compressione di una
“selezione” di modificatori.
Originale Collassato
Selezione Risultato
Quando si comprimono parti dell’elenco, significa che il lavoro con quella parte del
modello è concluso. Anche in questo caso, non è possibile annullare l’operazione. Quindi,
è consigliabile non effettuare la compressione come esperimento a meno che l’oggetto non
sia stato clonato o salvato in un file di backup. Utilizzare l’opzione [Save Selected] è
un’ottima misura per avere una copia dell’oggetto in un formato modificabile. Per
esempio, comprimere l’elenco implica anche eliminare i parametri di base della primitiva
mentre averli a disposizione è sempre utile. Il comando Merge offre un metodo facile per
l’operazione di sostituzione se si hanno gli originali come punto di riferimento.
■ Figura 8.9
Invertire l’ordine dei
modificatori nell’elenco.
■ Figura 8.10
La differenza fra spostare
il centro e spostare il
gizmo al limite del gizmo.
La funzione Align non funziona con i gizmo e i centri perché non vede il livello Sub-Object.
Quando si utilizza Align in modalità Sub-Object, l’intero oggetto è allineato.
■ Figura 8.13
Ridimensionare il gizmo di
un modificatore.
Eseguire una scalatura non uniforme invece produce risultati diversi. I due oggetti nella
parte inferiore della figura 8.13 mostrano i risultati derivanti dall’utilizzo su gizmo a scale
non uniformi. Non è possibile duplicare questo effetto regolando la forza o posizionando
il centro.
Quando il modificatore ha dei limiti, l’effetto massimo o minimo potrebbe non essere abbastan-
za forte o sottile. Per aumentare l’effetto del modificatore, eseguire una scalatura uniforme sul
gizmo attorno al centro.
Dopo aver scalato i gizmo, determinare con esattezza di quanto siano stati scalati e lungo
quali assi è piuttosto difficile, soprattutto quando si confrontano modificatori simili.
Transform Type-In non visualizza la posizione corrente dei gizmo come fa per gli oggetti.
L’unica opzione è utilizzare Key Info dell’Editor tracce. Key Info però è disponibile solo
per le chiavi e senza animazione le chiavi non esistono. Quindi, la trasformazione del
gizmo deve essere animata perché i valori possano essere esaminati. Poiché trasformare
un gizmo non è un’operazione comune, qui di seguito è indicato un metodo veloce per
aggiungere una chiave nell’Editor tracce e regolare la scala assoluta di un gizmo:
1. con l’oggetto selezionato, entrare nell’Editor tracce e trovare l’oggetto
selezionato. Se la scena è grande, fare clic su Filter e scegliere Show Only
Select Object;
■ Figura 8.14
Regolare la scala di un
gizmo attraverso l’Editor
tracce.
5. Trascinare il campo valori Upper Limit verso l’alto finché non si forma il
“gomito” dalle dimensioni desiderate (30 per esempio).
Il valore Upper Limit definisce le dimensioni della piega dal centro gizmo. I
valori Upper e Lower Limit corrispondono di fatto alla distanza dal centro del
gizmo misurata in uno stato non deformato. Se si impostasse l’angolo Bend su
0, la linea gizmo che indica il valore Upper Limit sarebbe a 30 unità sopra il
centro. Per posizionare la piega lungo la cannuccia, è necessario spostare il
centro.
6. Fare clic su Sub-Object e scegliere Center dall’elenco a discesa.
7. Fare clic sulla trasformazione Move, scegliere World come sistema di coordi-
nate e vincolare all’asse Z.
8. Spostare il centro per la lunghezza della cannuccia finché la piega non si
posiziona nel punto desiderato (è importante ricordare che è possibile bloc-
care la selezione premendo la barra spaziatrice è molto comodo quando si
spostano i centri).
La cannuccia dovrebbe ora assomigliare al primo oggetto della figura 8.17.
Ora che il centro è stato spostato dalla base, all’interno del cilindro, è possi-
bile vedere l’effetto dell’utilizzo di Lower Limit.
9. Trascinare il campo valori Lower Limit verso il basso finché il valore raggiun-
ga il numero negativo corrispondente al valore Upper Limit (-30, per esem-
pio).
La piega diventa meno brusca e il cilindro sembra “alzarsi” dal piano terre-
stre (vedi oggetto centro della figura 8.17) perché l’angolo di piegatura di 90
gradi è stato esteso a una parte più lunga della cannuccia. L’angolo è sempre
di 90 gradi, è il centro della piega a essere cambiato.
10. Aumentare l’angolo di piegatura a 180 gradi.
■ Figura 8.17
Regolare il valore Lower
Limit per la piega.
■ Figura 8.18
Pieghe limitate su un
unico cilindro.
■ Figura 8.19
Originale Scalato con XForm Scalato con Scale Transform
Trasformazioni con
scalatura non uniforme
XForm e scalatura non
uniforme.
I comandi che si trovano sulla barra degli strumenti (Move, Rotate, Uniform Scale, Non-
uniform Scale, Squash e Mirror) influiscono tutti su quella che è chiamata la matrice di
trasformazione dell’oggetto (abbreviazione TM). I risultati di questi comandi sono
memorizzati nella matrice di trasformazione dell’oggetto sotto forma di posizione,
rotazione e scale chiavi, se animate. Dopo aver stabilito la connessione che fa in modo che
queste operazioni gestiscano tutte gli stessi nove numeri della matrice di trasformazione,
è possibile invertire qualsiasi operazione in un secondo momento.
Mentre le trasformazioni sono affini, i modificatori sono quasi sempre operazioni non
affini. I modificatori di solito distorcono l’oggetto e sono in grado di alterarne perfino
la topologia. Una seconda operazione raramente riesce a invertire quella precedente. 3DS
MAX sfuma la distinzione fra operazioni affini e non affini permettendo di regolare i
parametri di una data operazione dopo averla applicata e di rimuoverla dall’elenco. Una
volta applicato, un modificatore di solito ha un effetto determinante sul futuro dell’og-
getto. 3DS MAX offre la possibilità di cambiare idea per qualsiasi operazione.
Mentre è possibile ruotare un gizmo per duplicare le caselle di controllo degli assi X, Y e Z del
modificatore, la scala di opzioni dell’asse orienta il gizmo alle estensioni dell’oggetto lungo
l’asse scelto e regola rapidamente il centro. Questa operazione è molto più veloce rispetto alla
rotazione del gizmo stesso e permette di ottenere un gizmo con un aspetto più conforme.
Utilizzo di Bend
Il modificatore Bend “ruota” i vertici della selezione attorno a un punto di default e lungo
un asse. L’effetto è molto simile alla piegatura di un materiale malleabile attorno a un
cilindro rigido. Il diametro di quel “cilindro” varia all’aumentare dell’angolo di piegatura
e il centro del gizmo è riposizionato. Una piegatura a 360° fa ruotare l’oggetto fino a farlo
diventare un cerchio. Le dimensioni del cerchio dipendono dalla posizione del centro del
gizmo (figura 8.20).
La figura 8.21 mostra che se si sposta il centro del gizmo, la forma del gizmo rimane
aderente all’oggetto deformato; se invece si sposta l’intero gizmo, si localizza il centro di
rotazione della piegatura. Questa figura mostra come lo spostamento del centro influisca
sull’effetto piegatura lungo i tre assi.
Il parametro più importante di Bend (e di fatto di tutte le deformazioni assiali) è l’asse
attorno cui si verifica l’effetto. Se la piegatura desiderata si verifica sul piano degli assi
■ Figura 8.20
Utilizzo successivo del
modificatore Bend.
■ Figura 8.21
Il raggio del modificatore
Bend rispetto al centro e
al gizmo di Bend.
Quando si lavora con oggetti singoli o oggetti multipli con l’opzione [Use Pivot Points],
Bend localizza il centro del gizmo nel punto di rotazione dell’oggetto. Quando si agisce
su selezioni generiche o sub-oggetti, il centro coincide con il baricentro del riquadro
delimitazione della selezione. La figura 8.23 mostra l’effetto di localizzare il centro di
Bend a distanze diverse e lungo assi diversi.
L’utilità del modificatore Bend è aumentata notevolmente con 3DS MAX. Con le
potenzialità di animazione e di limitazione dell’effetto, Bend è in grado di definire anche
gli oggetti che in 3D Studio 4 avrebbero solo potuto essere estrusi. La figura 8.24 mostra
alcune possibilità di modellazione con limiti Bend.
Utilizzo di Taper
Il modificatore Taper affianca Bend per l’estrema flessibilità, uno strumento tuttofare.
Taper basa i suoi effetti sul centro gizmo, con scalature opposte al di sopra e al di sotto del
centro. Il centro funge da posizione stabile in cui non avviene alcuna scalatura. L’opzione
Curve di Taper permette di far sporgere o rientrare quello che sarebbe altrimenti una
rastrematura diritta. La figura 8.25 illustra l’effetto di un centro Taper sui tre assi.
Taper è unico fra i modificatori di base perché offre la possibilità di effettuare la
rastrematura lungo qualsiasi combinazione degli assi. L’effetto di tali combinazioni è
mostrato nella figura 8.27. Questa figura mostra inoltre l’effetto dell’opzione Symmetry
che centra e riflette l’effetto rastrematura attorno agli assi. È importante notare che poiché
il punto di rotazione di una teiera si trova alla base, cambiare l’opzione Symmetry per l’asse
principale Z non sortisce alcun effetto.
Il comando Taper diventa particolarmente utile quando utilizzato con i limiti. La figura
8.28 mostra solo un campione di quanto è possibile creare con rastremature limitate. È
■ Figura 8.23
L’effetto di localizzare il
centro di Bend sui tre
assi.
■ Figura 8.24
L’utilizzo di Bend multiple
limitate per creare forme
complesse da primitive
cilindro.
■ Figura 8.26
L’effetto di localizzare il
centro diTapersui tre
assi.
Utilizzo di Skew
Il modificatore Skew è di fatto meno di un modificatore assiale ma più di un effetto
scalatura. Skew scala la selezione in direzioni opposte basandosi sulla posizione del centro
gizmo. Il centro funge da posizione stabile dove non si verifica nessuna inclinazione
(figura 8.29).
■ Figura 8.28
Utilizzare diversi Taper
con limiti su una primitiva
Tube per creare un calice.
■ Figura 8.30
Localizzare il centro di
Skew sui tre assi.
Per per fare in modo che Skew si inclini solo su un lato, è necessario posizionare il centro
gizmo all’estremità del lato che si desidera rimanga stabile. In questo modo, il centro
funge quasi da contrappeso. La figura 8.31 mostra l’utilizzo di Skew con i limiti. Poiché
Skew esegue una scalatura o appiattisce la selezione, potrebbe non essere così utile come
gli altri deformatori assiali.
Utilizzo di Twist
Il modificatore Twist utilizza un asse e crea una spirale o un effetto cavatappo. L’effetto
è simile a quanto accade a una corda tesa che viene attorcigliata. La figura 8.32 mostra
l’applicazione di torsioni diverse sullo stesso oggetto.
L’effetto di Twist è determinato soprattutto dalla posizione del centro del gizmo. Se
centrato sull’oggetto, Twist crea spirali geometriche. Se il centro è spostato, la figura
geometrica è sottoposta a torsione e forma una spirale. I cilindri della figura 8.33
mostrano l’effetto di un centro gizmo centrato e un centro offset. La posizione del centro
lungo l’asse interessato controlla la rotazione Twist. La figura 8.33 mostra che abbassando
il centro, la torsione ruota l’oggetto (per le due file di teiere il centro del gizmo si trova
nella stessa posizione). Utilizzare Twist con i limiti accresce le potenzialità di questo
modificatore. Lavori decorativi con il ferro, cavi intrecciati (figura 8.34), perfino l’arte
orafa utilizza torsioni limitate. Quando si animano dei personaggi, la torsione può essere
applicata solo alla testa e al collo per produrre un effetto cartone animato.
Utilizzo di Stretch
Il modificatore Stretch è stato aggiunto nella release 1.1 per completare le deformazioni
assiali. Può essere considerato a metà fra la trasformazione Squash e il modificatore Taper.
Squash è una scala non uniforme che esegue una scalatura di un asse verso l’alto e dei gli
altri due in fuori. Stretch ha quasi lo stesso effetto tranne che crea una curva sull’asse
allungato, simile all’opzione Curve di Taper. La figura 8.35 mostra l’effetto che Stretch ha
in una maniera limitata.
La posizione del centro gizmo di Stretch determina su quale lato avverrà l’effetto. Di
solito, è preferibile che il centro gizmo sia centrato sull’oggetto, ma la figura 8.36 mostra
■ Figura 8.32
Utilizzo successivo del
modificatoreTwist.
■ Figura 8.33
Localizzare il centro di
Twist.
■ Figura 8.35
Utilizzo successivo del
modificatoreStretch.
Riepilogo
■ Modifica degli oggetti. Il Modifier Stack di un oggetto contiene i modifica-
tori che si applicano all’oggetto, permettendo così di rivedere qualsiasi
decisione di modellazione in un secondo momento. Ogni voce del modifica-
tore è un oggetto, con i propri effetti e le proprie potenzialità.
■ Figura 8.37
Utilizzare estensioni
limitate per creare un
vaso da una primitiva
Tube.
Gli strumenti Shape contenuti in 3D Studio MAX comprendono oggetti come linee, cerchi
e rettangoli. Elementi che sembrerebbero più appropriati per un disegno o un programma
CAD che per un prodotto di modellazione tridimensionale e di animazione. In che modo
le forme si inseriscono nello schema di modellazione 3D? In 3DS MAX gli oggetti Forma
servono come base per creare altri oggetti. È possibile creare forme che fungono da
scheletro per altri oggetti come la tela per un pittore o l’armatura di metallo che lo scultore
costruisce per sostenere l’argilla. Poiché 3DS MAX è anche uno strumento di animazione,
è possibile creare forme che controllano il movimento.
In questo capitolo verranno illustrate le operazioni generiche da eseguire per creare
forme e verranno presentate alcune tecniche di modellazione 3D basate sulle forme. Si
cercherà di:
■ capire che cosa sono le forme e la terminologia relativa;
■ illustrare come le decisioni prese durante la creazione di forme abbiano
effetto sulla complessità e il risultato della scena;
■ creare e modificare oggetti forma;
■ apportare modifiche agli oggetti forma;
■ insegnare tecniche speciali di utilizzo degli oggetti forma come strumenti di
precisione.
Naturalmente, si inizierà dalla creazione di oggetti forma.
■ Figura 9.1
Il pulsante Shape nel
pannello Create.
■ Figura 9.2
Identificare i termini
riguardanti le figure.
Creare linee
Fare clic sul pulsante Line nel pannello CREATE per creare il tipo più elementare di forma.
Creare linee non significa semplicemente scegliere dei punti sullo schermo. È necessario
ricordare alcune caratteristiche:
■ tutti i segmenti creati in un unico comando Line fanno parte della stessa
spline e della stessa forma. Se si desidera creare segmenti di linea separati, è
necessario fare clic sul pulsante destro del mouse per completare il primo
comando Line e fare clic su un quadrante per iniziare un’altra linea;
■ è possibile creare linee direttamente sul piano di costruzione facendo clic in
un quadrante o in uno spazio completamente tridimensionale. Se si utilizza
3D Snap o Keyboard Entry è possibile inoltre variare il valore Z dei vertici
spline;
■ le linee possono essere diritte o curve a seconda delle scelte fatte nel Creation
Method⇓ e se per creare i vertici si è fatto clic o si è trascinato il mouse.
Creazione interattiva
Il metodo più comune per creare linee è fare clic in un quadrante in modo interattivo. Le
seguenti regole sono valide per la creazione interattiva delle linee:
■ la creazione della linea può avvenire solo in un unico quadrante. Non è
possibile cambiare quadrante dopo aver iniziato a creare una linea. È neces-
sario fare clic sul pulsante destro del mouse per completare il comando prima
di poter cambiare quadrante;
■ Figura 9.4
Casella di riepilogo a
discesaKeyboard Entry⇓
per la creazione di linee.
■ Figura 9.5
Confronto fra NGon piatti
e circolari.
Circolare Circolare
inattivo attivo
■ Figura 9.6
Modificare la distorsione
della stella.
Creare archi
Il modo di creare archi dipende molto dalla scelta del metodo di creazione.
Esistono due modi per definire un arco:
■ Center-End-End. Questo è il metodo più comune e utile quando è necessario
definire il centro e il punto iniziale esatti. Non è possibile prevedere la
posizione precisa della seconda estremità perché si tratta di una funzione del
raggio dell’arco;
■ End-End-Middle. Utilizzare questo metodo quando si desidera che l’arco
passi esattamente per le due estremità. Per applicare il metodo End-End-
Middle, eseguire le seguenti operazioni:
per creare un arco End-End-Middle, trascinate il mouse per definire la prima
(mouse giù) e la seconda estremità (mouse su). Fare clic per definire il raggio
dell’arco.
A prescindere dalla tecnica utilizzata, i parametri dell’arco sono memorizzati come
Radius, From angle e To angle. Solo il centro dell’arco è fisso. Se si modifica anche solo uno
di questi tre parametri, le estremità dell’arco si spostano.
■ Figura 9.7
Varie forme di ellisse.
Creare un testo
Il testo rappresenta la forma più facile da creare. Fare clic su un quadrante qualsiasi e il
testo sarà posizionato sul piano di costruzione corrente. È possibile anche trascinare il
mouse per vedere il testo mentre si sposta il cursore nel quadrante; il testo sarà
■ Figura 9.8
Ascendente Determinare l’altezza del
carattere.
Poiché l’altezza del carattere è definita in questi termini, nessuna stringa di testo
corrisponderà esattamente alle dimensioni specificate. È necessario modificare il valore
Size finché la stringa di testo non raggiunga l’altezza desiderata. Dopo aver ottenuto
l’altezza adatta, tutte le lettere dei testi creati utilizzando lo stesso carattere e le stesse
dimensioni avranno la stessa altezza.
Digitare il testo che si desidera posizionare nella scena 3DS MAX. Anche se il campo testo
presenta diverse righe , è possibile digitare solo una sola riga di testo. Se il testo digitato
supera la larghezza del campo testo, il testo scorrerà a sinistra.
È possibile anche incollare il testo contenuto negli Appunti di Windows con i seguenti
limiti:
È possibile creare un testo con una stringa vuota (il campo testo non contiene testo. Si ottiene
un centro di rotazione che è possibile selezionare solo quando è contenuto nella selezione di
una regione o lo si seleziona per nome. Controllare sempre che il campo testo contenga
qualcosa prima di fare clic in un quadrante.
Il testo in 3DS MAX ha una doppia “natura” molto interessante. Il testo è parametrico
quindi è possibile modificare il testo trattandolo come tale. Poiché il testo rappresenta
anche una spline, è possibile modificarlo come se fosse una forma geometrica. Questa
doppia natura degli oggetti testo offre all’utente i vantaggi di entrambi i mondi.
L’esempio seguente mostra come modificare e trasformare oggetti testo per creare un
paragrafo giustificato.
Nessuno scambierebbe mai 3DS MAX per un elaboratore testi, ma alcune processi di
animazione richiedono la creazione di alcune righe di testo all’interno di una certa
giustificazione. Per esempio, potrebbe essere necessario creare un logo o un simbolo
all’interno di alcune righe di testo. Questo esempio utilizza Array e Align per disporre tre
righe di testo allineate a sinistra per un negozio chiamato Cameron’s Camera Shop:
1. creare la prima riga di testo;
2. fare clic su Text nella categoria Shapes del pannello CREATE;
3. scegliere un carattere, lasciare Height impostato su 100 e digitare Cameron’s
nel campo testo;
4. trascinare il mouse nel quadrante FRONT per posizionare il testo;
Sono necessarie tre righe di testo, ma posizionare manualmente il testo e ottenere anche
una riga di spaziatura è piuttosto difficile. Utilizzare lo strumento Array per creare
velocemente altre righe.
5. selezionare l’oggetto testo e scegliere Local come sistema di coordinate di
riferimento;
6. fare clic su Array sulla barra degli strumenti;
7. fare clic su Reset nella finestra di dialogo ARRAY;
8. impostare la casella Move Y su -90.0 e impostare Total In Array su 3;
9. fare clic su OK..
Le precedenti operazioni creano tre righe di testo distanziate da 90.0 unità (figura 9.9).
■ Figura 9.9
Creare righe di testo
multiple.
■ Figura 9.10
Giustificare righe di testo.
■ Figura 9.11
La casella di controllo e il
pulsante Start New
Shape.
■ Figura 9.12
Parametri di
interpolazione delle figure.
Come già anticipato all’inizio del capitolo, gli incrementi sono le divisioni contenute in un
segmento di spline. Gli incrementi controllano due proprietà di una forma: la smussatura
delle curve della forma e il numero di facce generato dalla forma. Per quanto riguarda
la smussatura delle curve della forma, impostazioni con incrementi elevati producono una
curva più smussata; invece per quanto riguarda il numero di facce generato dalla forma,
impostazioni con incrementi elevati producono un numero maggiore di facce.
I parametri di interpolazione controllano il numero di incrementi di una forma.
■ Steps. Inserire un valore in questa casella per specificare manualmente il
numero di incrementi utilizzati per tutti i segmenti spline della forma. Utiliz-
zare i parametri Steps per controllare il numero esatto di facce generato
quando la forma è utilizzata per creare forme geometriche tridimensionali.
Per utilizzare la casella Steps, la casella di controllo [Adaptive] deve essere
vuota.
■ Optimize. Se la casella è spuntata, gli incrementi sono ridotti a 0 per tutti i
segmenti spline lineari della forma. Poiché gli incrementi sono utilizzati per
rappresentare curve, non sono necessari per rappresentare esattamente
segmenti lineari e possono essere eliminati. La casella [Optimize] dovrebbe
essere spuntata per default.
Comunque se si desidera deformare la spline lungo i segmenti lineari, è
consigliabile disattivare la casella [Optimize]. I segmenti potrebbero apparire
lineari al momento, ma se si intende piegarli o sottoporli a torsione, sono
necessari i segmenti supplementari eliminati attraverso l’ottimizzazione. Se si
intendono creare trasformazioni graduali (morphing) dalla forma, è
consigliabile disattivare la casella [Optimize]. Tutti i morphing devono avere
lo stesso numero di vertici. Il processo di ottimizzazione elimina i segmenti
della forma che avrebbero generato vertici di mesh in un morphing, renden-
do in tal modo difficile crearli partendo da forme che contengono facce piane
e da altre che contengono facce curve.
La casella di controllo [Adaptive] deve essere disattivata per utilizzare la
casella di controllo [Optimize].
■ Adaptive. Calcola automaticamente gli incrementi per ogni segmento di
spline della forma. Gli incrementi sono impostati in modo tale che la diffe-
renza angolare tra un incremento e l’altro non superi i 2 gradi. I segmenti
lineari non sono provvisti di incrementi.
■ Figura 9.13
Cambiare le impostazioni
di interpolazione.
La lettera “D” nella parte sinistra della figura 9.13 utilizza l’interpolazione [Adaptive]. È
molto difficile notare che la lettera è più smussata delle altre. L’applicazione di EditMesh
crea un oggetto mesh utilizzando 141 facce.
La lettera nel centro della figura 9.13 ha un’impostazione Steps di 1 e la casella di controllo
[Optimize] non è spuntata. L’applicazione di EditMesh crea un oggetto mesh utilizzando
38 facce. La lettera di centro ha il 73% di facce in meno della lettera di sinistra.
La lettera nella parte destra della figura 9.13 ha un’impostazione Steps di 1 e la casella di
controllo [Optimize] è spuntata. L’applicazione di EditMesh crea un oggetto mesh
utilizzando 32 facce. La lettera di destra ha il 77% di facce in meno della lettera di sinistra.
Maggiori sono le facce, maggiore è lo spazio su disco, maggiore la memoria e il tempo di
rendering necessari. Per produrre una data qualità di immagine, è consigliabile utilizzare
il minor numero di facce possibile. Nell’esempio precedente, l’impostazione [Adaptive]
è appropriata se si intende far girare una macchina fotografica dentro e intorno alla
lettera. Per la maggior parte delle situazioni, comunque, utilizzare le impostazioni [Steps]
e [Optimize] rappresenta la scelta migliore.
Separare sub-oggetti
È possibile separare segmenti e spline da una forma per creare nuovi oggetti forma.
Quando si separano i sub-oggetti selezionati, la posizione e l’orientamento del punto
pivot originale dell’oggetto viene copiata per la nuova forma. La figura 9.14 confronta le
posizioni dei punti pivot tra una forma originale e una nuova forma creata separando
alcuni dei suoi segmenti.
Sia la finetra EDIT SEGMENT sia la finestra EDIT SPLINE contengono un pulsante Detach con
due opzioni: Copy e Reorient.
Quando l’opzione Copyè attiva, il segmento selezionato viene lasciato così com’è e copiato
sul nuovo oggetto forma. Questa tecnica è utile quando si desiderano duplicare parti di
una forma come punto iniziale di un’altra forma.
Se la casella non è spuntata, il segmento selezionato o la spline è eliminata dalla forma per
crearne una nuova. Anche dopo aver staccato un segmento o una spline, il modificatore
Edit Spline conserva un record dei sub-oggetti staccati. Se si utilizza Undo, la nuova forma
è cancellata e viene ripristinata quella originale. È possibile inoltre ripristinare la forma
originale della forma cancellando il modificatore Edit Spline dal Modifier Stack. La nuova
forma creata staccando i sub-oggetti non subirà alcuna alterazione dopo la cancellazione
del modificatore Edit Spline.
Quando l’opzione [Reorient] è spuntata, gli oggetti staccati sono spostati e ruotati per
essere allineati con il piano di costruzione corrente (griglia attiva). Il centro di rotazione
del nuovo oggetto si trova all’origine del piano di costruzione e gli assi del centro di
rotazione sono allineati con quelli del piano di costruzione (figura 9.15). Il centro di
rotazione del nuovo oggetto è copiato dal centro di rotazione di creazione della forma
originaria.
■ Figura 9.15
Riorientare un oggetto
staccato.
Se la casella non è spuntata, la nuova forma con i sub-oggetti staccati è lasciata nella sua
posizione originaria. Quando l’opzione [Reorient] non è attiva, è molto difficile distin-
guere la nuova forma con i sub-oggetti staccati dalla forma originaria. Uno dei segreti per
distinguerle: la nuova forma cambia colore e non può essere selezionata finché il
modificatore Edit Spline rimane selezionato nel Modifier Stack e la modalità Sub-object
è attiva.
È importante ricordare che il nuovo oggetto forma creato attraverso un’operazione di
separazione non dispone di parametri di base. Il nuovo oggetto è semplicemente una
spline Bézier, non una forma parametrica. Quindi, per la nuova forma non si ha accesso
a nessun parametro di interpolazione. Prima di staccare qualsiasi sub-oggetto, controllare
che i parametri di interpolazione della forma originaria siano impostati secondo i propri
desideri.
Trasformare i sub-oggetti
Si utilizzano gli strumenti di trasformazione Move, Rotate e Scale con i sub-oggetti forma
proprio come per gli oggetti completi. Le trasformazioni speciali di Mirror, Array e Align
funzionano solo con gli oggetti completi.
La scelta di un centro per la trasformazione del sub-oggetto e di un sistema di coordinate
per la trasformazione segue le stesse regole della normale trasformazione di oggetti. Si
aggiunge solo l’utilizzo di un Pivot Point Center o di un Local Coordinate System. Il
comportamento di sub-oggetti che utilizzano questi gestori di trasformazione è illustrato
qui di seguito:
■ Pivot Point Center. Ignorato per tutte le scelte che prevedono un sistema di
coordinate, tranne per la trasformazione di vertici con il Local Coordinate
System. In tutte le altre situazioni, il Pivot Point Center coincide con il Selection
Center;
■ Local Coordinate System. Utilizza il sistema di coordinate World e l’origine
World come centro di trasformazione, tranne per la trasformazione di vertici.
Per questo motivo, è consigliabile evitare di utilizzare il Local Coordinate
System per la trasformazione di segmenti e spline sub-oggetti. Ridurre al
minimo l’overhead del sistema Edit Spline.
Come già anticipato, Edit Spline conserva un record per tutti i sub-oggetti staccati o
cancellati. Edit Spline memorizza anche ogni modifica apportata ai sub-oggetti. La tecnica
di memorizzazione permette ai modificatori Edit Spline di esistere nel Modifier Stack e
di cancellare un Edit Spline dallo stack e riportare un oggetto alla sua forma precedente.
Tale flessibilità si paga in termini di memoria e di utilizzo dello spazio del file.
Qui di seguito sono elencate alcune tecniche generiche per l’utilizzo di Edit Spline:
■ Utilizzare Edit Spline solo se gli altri metodi non funzionano. Se si inten-
de apportare modifiche a livello di spline sub-oggetto, spesso è possibile
raggiungere lo stesso risultato applicando all’intera forma un Xform o un
altro modificatore. In questo modo, si utilizza di solito meno memoria che
con Edit Spline;
■ Utilizzare Undo ogni volta che si cambia idea durante la modifica di Edit
Spline. Poiché Edit Spline memorizza ogni modifica apportata, l’abitudine
comune di effettuare numerose piccole modifiche per concentrarsi sul risulta-
to finale consuma molta memoria;
■ Separare i modificatori Edit Spline utilizzati per la modellazione da quelli
utilizzati per passare le selezioni di sub-oggetti nello stack. I modificatori
Edit Spline utilizzati per passare le selezioni nello stack utilizzano poca me-
moria e sono utili per animare le forme;
■ Figura 9.16
I pulsanti nella casella di
riepilogo a discesa Edit
Object ß in Edit Spline.
Utilizzare Attach
Attach è utilizzato per aggiungere altre forme alla forma selezionata con il modificatore
Edit Spline. È importante ricordare i seguenti punti quando si utilizza Attach:
■ la forma aggiunta rinuncia alla sua identità di oggetto separato. Quindi la
forma aggiunta è compressa in un semplice Spline Bézier;
■ Figura 9.17
I pulsanti nella casella di
riepilogo a discesa Edit
Vertex ß in Edit Spline.
■ Corner. Produce segmenti che sono lineari quando passano per il vertice.
■ Smooth. Produce una curva passante per il vertice che ha un raggio di curva-
tura identico prima e dopo il vertice. La tangente di un vertice smussato è
sempre parallela a una retta passante per i due vertici che si trovano ai lati
del vertice smussato.
■ Bézier. Produce una curva passante per il vertice che ha una tangente
regolabile. Le modifiche apportate alla direzione della tangente e all’ampiez-
za della curva sono applicate a entrambi i lati del vertice.
■ Bézier Corner. Produce una curva regolabile passante per il vertice che può
avere un angolo acuto. Le impostazioni per la direzione della tangente e
l’ampiezza della curva sono distinte per ogni lato del vertice.
■ Figura 9.19
Individuare il primo
vertice di una spline.
Collegare i vertici
Utilizzare il pulsante Connect per trascinare il mouse da un vertice all’altro per collegarli
con un segmento. Entrambi i vertici devono essere posizionati alla fine di una spline
aperta. Il nuovo segmento appare sempre lineare. È necessario modificare le proprietà del
vertice per fare in modo che il segmento appaia curvo.
Aggiungere vertici
È possibile scegliere fra tre diversi metodi per aggiungere vertici a una spline:
■ Insert. Utilizzare Insert per costruire i dettagli o le estensioni da una spline
esistente. Fare clic su Insert e poi fare clic in un punto qualsiasi del segmento
della spline per inserire un vertice in quel segmento. Quando si fa clic, il
nuovo vertice rimane attaccato al cursore così da poterlo spostare nella
posizione desiderata. A questo punto è possibile scegliere fra tre opzioni.
La prima opzione consiste nel fare clic per trascinare il vertice angolare nella
sua posizione corrente e inserire un altro vertice di seguito a quello nuovo.
La seconda opzione consiste nel trascinare un vertice Bézier nella sua posi-
Unire i vertici
Anche se la casella di riepilogo a discesa Edit Vertex⇓ contiene solo un pulsante Weld, è
possibile scegliere fra due metodi per unire i vertici.
■ Fare clic su Move e trascinare un vertice finale a circa cinque pixel di distanza
da un altro vertice finale. Quando si rilascia il pulsante del mouse, verrà
visualizzata una finestra di dialogo che chiede se si desidera unire i due
vertici coincidenti. Questa tecnica funziona solo quando si trascinano vertici
finali verso altri vertici finali. Il vertice risultante è sempre un vertice Bézier
Corner tranne quando entrambi i vertici erano originariamente vertici smus-
sati, in questo caso il risultato è ancora un vertice smussato.
■ Selezionare un gruppo di vertici, impostare la distanza Weld Threshold e fare
clic su Weld. I vertici selezionati all’interno della soglia di unione che soddi-
sfano le altre restrizioni all’unione si uniranno in un unico punto medio.
Comunque, le restrizioni all’unione fra vertici sono le seguenti:
■ i vertici finali possono unirsi solo ad altri vertici finali;
■ i vertici contenuti nella parte centrale di una spline possono unirsi solo ad
altri vertici della stessa spline;
■ i vertici uniti della parte centrale di una spline non possono “saltare” un
vertice. Per esempio, in una spline non è possibile unire alternativamente un
vertice sì e uno no.
Trasformare i vertici
È possibile trasformare i vertici e le maniglie di ridimensionamento delle tangenti di
entrambi i tipi di vertici Bézier utilizzando la selezione standard e trasformare gli
strumenti sulla barra degli strumenti. Questi tipi di trasformazioni sono statiche e non
possono essere animate.
Come già anticipato nel capitolo, i centri Pivot Point non funzionano quando si trasforma-
no i vertici in qualsiasi sistema di coordinate diverso da quello locale. Con altri centri di
I vertici spline non possono esistere da soli. Devono sempre far parte di una spline con almeno
un altro vertice. A causa di questa restrizione, non è possibile utilizzare la tecnica MAIUSC-
Clone per copiare i vertici.
■ Figura 9.20
Confronto fra la direzione
e la lunghezza delle
tangenti.
■ Figura 9.21
Le opzioni [Lock Handles]
nella casella di riepilogo a
discesa Edit Vertex ß.
Le opzioni di blocco <Alike> e <All> si comportano in modo diverso a seconda che si tratti
della selezione di un solo vertice o di più vertici.
■ La casella di controllo [Lock Handles] con l’opzione <All> per un solo vertice
fa in modo che trascinando un solo quadratino, si muovano entrambe le
maniglie di un vertice Bézier Corner.
■ La casella di controllo [Lock Handles] con l’opzione <All> per vertici multipli
fa in modo che trascinando un solo quadratino, si muovano tutte le maniglie
di tutti i vertici selezionati.
La casella di controllo [Lock Handles] con l’opzione <Alike> per un solo
vertice non ha alcun effetto perché un solo vertice ha due maniglie diverse,
uno in entrata e un altro in uscita.
■ Figura 9.22
I pulsanti nella tendina
edit segment in Edit
Spline.
■ Figura 9.23
I segmenti lineari non
considerano le maniglie
della tangente.
Trasformazione di segmenti
È possibile trasformare i segmenti utilizzando la selezione standard e gli strumenti di
trasformazione sulla barra degli strumenti, compresa la tecnica MAIUSC-Clone per
effettuare copie dei segmenti. Questi tipi di trasformazioni sono statiche e non possono
essere animate. Se si desidera animare l’effetto di trasformazione dei segmenti, è
possibile utilizzare la tecnica XForm descritta precedentemente per i vertici.
Come già anticipato nella prima parte del capitolo, i centri del punto di rotazione non
funzionano quando si trasformano segmenti in qualsiasi sistema di coordinate. Inoltre,
se si sceglie il sistema locale di coordinate si sarà costretti a utilizzare il sistema di
coordinate globail con un centro World Origin.
■ Figura 9.25
Creare contorni
concentrici.
Operazioni booleane
Il comando Boolean combina due spline sorgente e cancella sempre entrambi le sorgenti
nel processo di creazione di una spline booleana.
■ Figura 9.26
Spline valide e non valide Spline aperta Autointersecante
per le operazioni
booleane.
Nessunasovrapposizione OK
Riflessione di spline
Riflettere le spline produce risultati simili a quelli prodotti utilizzando il comando
dell’oggetto Mirror nella barra degli strumenti. In entrambi i casi, si tratta di rovesciare
Trasformazione di spline
È possibile trasformare le spline utilizzando la selezione standard e trasformando gli
strumenti nella barra degli strumenti, compresa la tecnica MAIUSC-Clone per effettuare
copie di spline. Questi tipi di trasformazioni sono statiche e non possono essere animate.
Se si desidera animare trasformazioni di spline, è possibile utilizzare la tecnica XForm
illustrata precedentemente per i vertici.
Come già anticipato all’inizio del capitolo, i centri del punto di rotazione non funzionano
quando si trasformano spline in qualsiasi sistema di coordinate. Inoltre, se si sceglie il
sistema locale di coordinate, si è costretti a utilizzare il sistema di coordinate World con
un centro World Origin.
Estrusione di spline
Utilizzare il modificatore Extrude ogni volta che si desidera estrudere una forma lungo
uno retta. Il capitolo successivo descrive come creare oggetti Loft in grado di estrudere
qualsiasi numero di forme lungo quasi ogni tipo di spline. Ma per un’unica forma lungo
una linea retta, l’utilizzo di Extrude rappresenta la scelta migliore.
È possibile estrudere virtualmente qualsiasi forma, comprese le forme con spline aperte
che formano superfici simili a fogli o nastri. Tuttavia, alcune forme funzionano meglio di
altre. Per esempio, le forme con spline sovrapposte o spline che si intersecano producono
risultati strani quando l’opzione occlusione è attiva. La figura 9.28 mostra esempi di forme
estruse.
Quando si estrudono delle forme, due sono gli elementi fondamentali da ricordare: il
valore dell’estrusione e il numero di segmenti.
■ Amount. Impostare la lunghezza dell’estrusione come misurata lungo l’asse
locale Z della forma. La maggior parte delle forme si trovano sul piano locale
XY, creando estrusioni con la parte superiore piatta. Se si estrudono forme
che contengono spline ruotate fuori dal piano locale XY, è possibile creare
estrusioni inclinate o tagliate in diagonale. La figura 9.29 mostra il risultato
dell’estrusione di una forma utilizzando Edit Spline per ruotare una delle
spline fuori dal piano XY.
■ Segment. Impostare il numero di divisioni lungo la lunghezza
dell’estrusione. Aumentare i segmenti se si intende piegare o deformare in
altro modo l’estrusione con un altro modificatore.
L’estrusione di una forma prevede le seguenti opzioni.
■ Capping. È possibile scegliere di occludere una o entrambe le estremità
dell’estrusione e scegliere fra i metodi di occlusione Morph o Grid. L’occlu-
sione Morph utilizza un numero minore di facce ma non deforma come
l’occlusione Grid. L’occlusione Morph è necessaria se si intendono utilizzare
varianti dell’oggetto estruso come destinazioni morphing.
■ Generation of Mapping Coordinates. Se si spunta questa opzione, verranno
applicate coordinate di mappatura ai lati estrusi per essere utilizzati con
materiali di mappatura. È necessario applicare manualmente le coordinate
mappatura alle occlusioni dell’oggetto.
■ Output. Per scegliere se il risultato dell’estrusione deve essere un oggetto
mesh o un oggetto patch. La scelta appropriata dipende soprattutto da che
cosa si intende fare con l’oggetto. La scelta di default è Mesh e dovrebbe
essere adatta per la maggior parte degli utilizzi.
■ Figura 9.29
Estrusione di figure
tridimensionali.
■ Figura 9.30
Esempi di figure con
effetto tornitura.
A causa di un errore in 3DS MAX, sembra che l’asse di tornitura passi per il punto di rotazione
della forma in realtà il centro di tornitura effettivo si trova al centro originale di creazione della
forma. Il posizionamento dell’asse di tornitura è corretto solo se il punto di rotazione non è
stato spostato manualmente prima di applicare l’effetto tornitura. Non spostare il punto di
rotazione di un oggetto forma se poi si intende applicare un modificatore Lathe, altrimenti
l’asse di tornitura apparirà nel punto sbagliato.
■ Figura 9.31
Risultato dopo aver
scalato l’asse di tornitura.
Dopo aver utilizzato uno di questi quattro metodi per modificare la posizione dell’asse
di tornitura, non esiste nessun metodo garantito per reimpostare l’asse nella sua
posizione predefinita. È necessario cancellare il modificatore Lathe e riapplicarlo se si
desidera tornare alla posizione predefinita dell’asse.
È possibile impostare l’orientamento dell’asse di tornitura utilizzando tre pulsanti di
orientamento. Fare clic sui pulsanti X, Y o Z per allineare l’asse di tornitura a quello della
forma selezionata. È necessario considerare i seguenti elementi quando si seleziona l’asse
di tornitura:
■ l’orientamento di default dell’asse di tornitura è allineato con l’asse locale Y
della forma;
■ se si sceglie di allineare l’asse di tornitura all’asse locale X della forma, non è
possibile utilizzare i pulsanti Min, Center o Max. È necessario spostare ma-
nualmente l’asse di tornitura se se si desidera allinearlo all’asse locale X;
■ la maggior parte delle forme a cui si applica l’effetto Lathe sono piatte, quindi
gli assi X e Y rappresentano le scelte primarie. Applicare quindi l’effetto Lathe
attorno all’asse Z solo se la forma è tridimensionale.
■ Figura 9.32
Utilizzare diverse
impostazioni per i
segmenti.
Svasatura di spline
Un nuovo modificatore introdotto da 3DS MAX R1.1 è il modificatore Svasatura.
Utilizzare questo modificatore per l’estrusione e per la svasatura di una forma. L’utilizzo
primario di questo modificatore è la creazione di classici testi svasati e il trattamento di
logo (figura 9.33). Proprio come per Extrude e Lathe, è possibile creare oggetti svasati
come loft. Per le situazioni più comuni di svasatura, il modificatore Bevel rappresenta la
scelta migliore.
Quando si desidera svasare una forma, è importante ricordare i seguenti punti:
■ impostare i valori di svasatura;
■ scegliere il trattamento dei bordi;
■ azzerare le intersezioni fra i bordi.
■ Figura 9.33
Testi svasati e logo.
■ Figura 9.34
Quattro livelli di una
classica svasatura.
Il classico trattamento della svasatura utilizza tutti e quattro i livelli. La figura 9.34 mostra
una classica svasatura e identifica una possibile sistemazione di livello.
■ Outline. Specifica quanto è più grande o più piccolo un livello rispetto alla
forma del livello precedente. Il valore rappresenta la distanza in unità cor-
renti dal bordo della forma precedente al bordo di una copia della forma con
il contorno. Il contorno iniziale rappresenta la differenza fra la forma iniziale
e quella originale.
Per impostare i valori del contorno è importante ricordare che il valore
rappresenta sempre la differenza dalla forma precedente. Per esempio, un
classico oggetto svasato con una svasatura di 5.0 unità utilizza i seguenti
valori per il contorno:
■ Figura 9.35
Risultato della
combinazione di valori di
altezza positivi e negativi.
■ Figura 9.36
Problemi di intersezione in
oggetti svasati.
Utilizzare una delle due tecniche per correggere il problema delle intersezioni. Utilizzare
i parametri Intersection del modificatore Bevel o modificare la forma manualmente.
Le opzioni contenute nell’area Intersection della tendina PARAMETERS impediscono auto-
maticamente che i livelli si intersechino. Attivare la casella di controllo [Keep lines from
crossing] per attivare il controllo delle intersezioni.
Inserire un valore nella casella Separation per fare in modo che venga una distanza minima
fra i bordi. Il valore minimo che si può inserire è 0.01 unità; si crea così una svasatura che
sembra arrivare a un punto. La figura 9.37 mostra come appare l’oggetto precedente
svasato dopo aver attivato la casella di controllo [Keep lines from crossing].
L’opzione [Keep lines from crossing] può impiegare molto tempo per calcolare tutte le restri-
zioni imposte dalle intersezioni, soprattutto delle lettere con grazie molto complesse. Dopo aver
impostato la svasatura nel modo desiderato, è consigliabile comprimere il Modifier Stack per
convertire la svasatura in una mesh per evitare di effettuare di nuovo i calcoli.
■ Figura 9.38
Correzione manuale delle
intersezioni.
Gli oggetti loft sono fra i più complessi e complicati tipi di oggetto che è possibile costruire
con 3D Studio MAX. Gli oggetti loft si creano combinando una qualsiasi forma sezione
con una singola forma percorso. Poiché tutto ciò che riguarda la creazione di oggetti loft
dipende dalla forma sorgente utilizzata, prima di affrontare questo capitolo sarebbe
opportuno leggere il capitolo 9, che tratta l’argomento della modellazione con le forme.
In questo capitolo verranno trattati i seguenti argomenti:
■ strategie per la creazione di forme sorgente;
■ due metodi per la creazione di un oggetto loft iniziale;
■ costruzione del loft per mezzo di forme aggiuntive;
■ controllo dei parametri loft per dettagli e aspetto;
■ utilizzo di speciali strumenti di deformazione;
■ modifica del loft;
■ animazione del loft;
■ utilizzo di Fit Deformation.
Prima di procedere con la creazione di oggetti loft è necessario aver acquisito familiarità
con i concetti fondamentali relativi alla creazione dei loft.
Terminologia loft
Gli oggetti loft utilizzano una terminologia particolare ricalcata su quella relativa agli
oggetti forma. Le definizioni seguenti adattano la terminologia forma agli oggetti Loft
e introducono termini nuovi. Maggiori dettagli sui termini forma sono stati presentati nel
capitolo 9.
■ Vertici: definiscono le sezioni di forme e percorsi; i vertici possono avere le
proprietà di angolo, smusso e due tipi di Bézier; i vertici inoltre hanno un
significato particolare per i percorsi in quanto ne definiscono i livelli.
■ Segmenti: la parte della spline fra due vertici; per controllare la curvatura
dei segmenti spline si cambiano le proprietà dei vertici alla fine del segmento
o cambiando le proprietà del segmento stesso.
■ Passi: il numero di divisioni del segmento utilizzate per rappresentare un
curva; il numero di passi utilizzato definisce la smussatura e la densità mesh
della superficie loft; i loft utilizzano le loro impostazioni passo per il percorso
e per le forme sezione ignorando le impostazioni di interpolazione delle
forme stesse.
■ Spline: una raccolta di segmenti connessi; le spline sono un tipo di curva
smussata regolabile ma 3D Studio MAX prevede delle opzioni per inserire
angoli e definire segmenti lineari.
■ Forme: una raccolta di spline definisce un oggetto forma; una forma percorso
può contenere una sola spline; le forme sezione possono contenere un nume-
ro qualsiasi di spline sempre che tutte le forme sezione sul percorso conten-
gano lo stesso numero di spline; in un loft le forme diventano sub-oggetti.
■ Percorsi: descrivono quella forma che definisce il nucleo centrale del loft.
■ Figura 10.1
Divisione di una forma
unica in forme multiple
■ Figura 10.2
Cambiamentodell’ordine
dinidificazione
Trasformazione di forme
Quando si tratta di creare oggetti loft gli effetti delle trasformazioni applicate alle forme
sorgente sono fonte di grande confusione. Le trasformazioni da applicare alle forme a
livello di oggetto sono ignorate quando la forma viene aggiunta a un oggetto loft.
Se si esclude lo spostamento o la rotazione della prima forma utilizzata per creare un loft,
le trasformazioni non fanno parte del loft. Nel capitolo 1 si è parlato del dataflow e di
come le informazioni sull’oggetto procedono dai parametri base attraverso i modificatori
■ Figura 10.4
Accesso ai metodi Loft
Creation
Le prime due forme che devono essere utilizzate per creare un loft sono la forma percorso
e la forma sezione. Dopo queste due è possibile continuare ad aggiungere più forme
sezione o anche sostituire la forma percorso. Le operazioni basilari per creare un oggetto
loft sono le seguenti:
1. creare le forme sorgente;
2. selezionare una forma per iniziare il loft;
3. questa prima forma è molto importante perché stabilisce la posizione e
l’orientamento dell’oggetto loft;
Talvolta si inizia a creare un oggetto loft e si scopre che il pulsante Get Shape non è attivo.
Questo succede solo quando la forma iniziale selezionata non è valida come forma percorso.
Per esempio, se si seleziona una forma ciambella e si fa clic su Loft, la sola scelta possibile è
Get Path perché la ciambella contiene due spline e quindi non è valida come percorso. In
questo caso è necessario o fare clic su Get Path e prendere una forma percorso o cancellare il
processo di creazione del loft per iniziare con un forma differente.
La forma presa come sezione viene spostata e ruotata per essere allineata col percorso
selezionato. Utilizzare questa tecnica quando un percorso è stato creato, o allineato,
esattamente dove si intendeva posizionare il loft, dopodiché utilizzare Get Shape per
portare le sezioni verso il percorso. Per esempio, se si intende eseguire il loft di una molla
di un ammortizzatore è necessario creare un’elica come percorso della molla e posizio-
narla intorno al cilindro dell’ammortizzatore. Utilizzare Get Shape per portare una
sezione verso il percorso. La figura 10.6 mostra le operazioni eseguite per questo esempio.
Quando si utilizzano sia Get Path sia Get Shape è possibile rovesciare l’allineamento di default
della forma premendo il tasto Ctrl mentre si sta prendendo una forma. Se il primo tentativo di
ottenere un percorso o una sezione risulta in un orientamento indesiderato premere il tasto Ctrl
e ottenere ancora la forma.
■ Figura 10.6
Esecuzione del loft con
Get Shape
■ Figura 10.7
Confronto dei parametri
Loft fra i pannelli Create e
Modify
■ Figura 10.8
Oggetti creati
posizionando forme
multiple sul percorso
Qualunque sia il metodo prescelto per aggiungere una forma al percorso, la forma è
sempre memorizzata utilizzando il metodo percentuale. Se la lunghezza del percorso
viene cambiata le forme si spostano per mantenere la loro percentuale sul percorso, anche
se in origine erano state posizionate con valori assoluti.
Potrebbe verificarsi il caso in cui si vuole conoscere la lunghezza di una spline: attualmente
il solo modo per leggere la lunghezza di una spline in 3D Studio MAX è utilizzare la
tendina PATH PARAMETERS per i loft.
Per misurare la lunghezza di una spline eseguire le seguenti operazioni:
1. eseguire una copia della forma che si vuole misurare;
2. selezionare la forma e fare clic su Loft nel pannello C REATE;
3. fare clic su Get Shape e fare clic su una forma qualsiasi della scena; è anche
possibile selezionare di nuovo la stessa forma;
4. scegliere l’opzione Distance nei PATH PARAMETERS e trascinare l’interruttore
incrementi al suo valore massimo; il valore nella casella Path è la lunghezza
del percorso.
Sia in modalità Distance sia in modalità Percentage è possibile spuntare la casella di
controllo [Snap] per specificare un valore snap Distance o Percentage. Purtroppo non esiste
il modo di effettuare lo snap verso i vertici sul percorso.
■ Figura 10.10
Esecuzione del loft con
vertici allineati e con
vertici non allineati
■ Figura 10.11
Corrispondenza di vertici
per controllare lo skin del
loft
■ Figura 10.12
Combinazionediforme
aperte e chiuse nello
stesso loft
■ Figura 10.13
Tendine SKIN P ARAMETERS
e SURFACE P ARAMETERS
per gli oggetti loft
■ Figura 10.14
Confronto fra [Adaptive
Path Steps] attiva e non
attiva
Dopo avere stabilito in quale modo gestire i livelli percorso, impostare la casella Path
Steps per specificare quante divisioni intermedie si vogliono fra ogni livello; più alto è il
valore più smussate saranno le curve del percorso nello skin del loft, e più elevati saranno
i requisiti di memoria e i tempi di rendering. Ecco alcune utili indicazioni per impostare
i passi di percorso:
■ impostare i passi di percorso ad un valore inferiore se il percorso ha poche
curve;
■ impostare i passi di percorso ad un valore inferiore se [Adaptive Path Steps]
è attivata ( in genere i livelli percorso aggiunti compensano un’impostazione
di passo inferiore);
■ impostare i passi di percorso ad un valore superiore se si intende deformare
i loft o attraverso curve di deformazione o con modificatori;
■ impostare i passi di percorso a un valore superiore se [Adaptive Path Steps]
non è attivata.
Una caratteristica non presente nell’equazione Path Steps è un’opzione [Optimize]. Come
già visto nel capitolo 9, attivare [Optimize] elimina i passi intermedi dai segmenti diritti.
Se è necessario rendere le superfici del loft più efficienti possibile, è possibile utilizzare
una delle tecniche seguenti per simulare l’ottimizzazione sul percorso:
■ Edit Spline: applicare un Edit Spline al percorso e utilizzare Refine nella
tendina EDIT VERTEX per aggiungere vertici supplementari lungo i segmenti
curvi. Dopo avere aggiunto i vertici è possibile ridurre i passi percorso quasi
a zero. I vertici supplementari aggiunti al percorso forniscono dettagli di
superficie alle curve mentre i passi percorso ridotti ottimizzano la porzione
diritta del percorso. Alcuni vantaggi di questa tecnica sono che è possibile
vedere esattamente in quale punto del percorso si sono aggiunti i vertici
Occlusioni
I parametri di occlusione stabiliscono se 3D Studio MAX deve coprire le estremità
dell’oggetto loft e come tali estremità vengono costruite. Poiché 3D Studio MAX è un
modellatore di superfici, qualunque cosa venga creata è concava. L’illusione di solidità
è creata occludendo le estremità degli oggetti. Se si vuole che l’oggetto sembri cavo e
aperto, disattivare i parametri di occlusione per lasciare una o entrambe le estremità non
occluse.
È possibile scegliere fra i metodi di occlusione Morph o Grid. L’occlusione Morph utilizza
un numero inferiore di facce ma non deforma, come succede nell’occlusione Grid. Se si
prevede di utilizzare le variazioni degli oggetti loft come destinazioni Morph, l’occlusione
Morph è necessaria.
Se non si occludono gli oggetti loft le pareti laterali appaiono sottili e non realistiche.
Potrebbe quindi essere necessario applicare un modificatore Normal affinché l’oggetto
presenti un rendering corretto. Per ulteriori informazioni sull’applicazione del modifica-
tore Normal consultare il capitolo 15.
Sagomare la superficie
La casella di controllo [Contour] verifica se le forme del percorso ruotano per seguire le
curve. Se [Contour] è attiva le forme ruotano come se seguissero le curve del percorso,
costringendo le forme a rimanere perpendicolari al percorso in modo che formino delle
pieghe smussate dove il percorso si piega. Se [Contour] non è attivo, le forme rimangono
parallele alla forma al livello 0 del percorso, indipendentemente dal modo in cui il
percorso si piega, producendo un oggetto inclinato da una parte all’altra invece che
piegato. La figura 10.15 mostra la differenza tra un oggetto loft con [Contour] attivata e
uno con [Contour] non attivata. In genere se si progetta un percorso con una curva si vuole
anche che questo oggetto si pieghi; a questo scopo si attiva [Contour].
■ Figura 10.15
Un oggetto loft con
l’opzione Contour attiva
(sinistra) e non attiva
(destra)
■ Figura 10.16
Un oggetto loft con
l’opzione [Banking] attiva
(sinistra) e non attiva
(destra)
■ Figura 10.17
Un oggetto loft (sinistra)
con l’opzione [Linear
Interpolation] attiva
(centro) e non attiva
(destra)
■ Figura 10.18
Diversi effetti della
smussatura
■ Figura 10.21
Un oggetto loft e le forme
nella finestra Compare
Cancellazione di forme
Il solo modo per eliminare le forme dal percorso è di cancellarle in modalità Shape Sub-
Object. Dopo essere passati in modalità Shape Sub-Object selezionare le forme da cancel-
lare, dopodiché fare clic sul pulsante Delete nella tendina SHAPE C OMMANDS oppure
premere il tasto CANC.
Utilizzare le trasformazioni
La trasformazione delle forme sul percorso è un’operazione simile alla trasformazione di
altri oggetti. La differenza principale è che il sistema di coordinate di trasformazione è
bloccato al sistema di coordinate locali della forma e il centro di trasformazione è il punto
in cui il percorso interseca il piano locale XY della forma. Per trasformare le forme loft in
modalità Shape Sub-Object tenere presenti le seguenti indicazioni:
■ spostare le forme lungo gli assi X o Y fa spostare tali forme perpendicolar-
mente al percorso;
■ spostare le forme lungo l’asse delle Z fa spostare tali forme lungo il percorse
e fa cambiare il loro livello percorso;
■ ruotare le forme lungo gli assi X e Y è un’operazione simile all’utilizzo della
deformazione teeter;
■ ruotare le forme sull’asse Z fa ruotare le forme sul percorso ed è un’opera-
zione simile all’utilizzo della deformazione di torsione;
Animazione di forme
È possibile creare molti effetti animati animando le forme nel percorso loft applicando le
tecniche seguenti:
■ animazione dei parametri base di una forma loft parametrica;
■ animazione di modificatori applicati alle forme loft;
■ Figura 10.23
Accesso alla modalità
Sub-Object di un oggetto
loft
Percorsi chiusi
Un precorso chiuso è un percorso qualsiasi un cui il primo e l’ultimo vertice combaciano.
È possibile creare un percorso che sembri chiuso ma che non lo è. Per 3D Studio MAX un
tale percorso è aperto.
I percorsi chiusi hanno due importanti caratteristiche:
Percorsi a ritroso
Un’opzione estremamente efficace ma raramente citata è quella per cui un percorso è in
grado di retrocedere su se stesso. Il modo migliore per dimostrare questa capacità è
esaminare un oggetto che utilizza questa tecnica. La figura 10.24 mostra un modello di una
chiave da meccanico creata utilizzando un percosso di retrocessione.
A prima vista questo loft sembra utilizzare un percorso diritto. Solo dopo avere
esaminato lo skin del loft, o manipolato i vertici sul percorso, si intuisce la verità, e cioè
che quello che sembrava un semplice percorso diritto è in realtà un percorso chiuso con
tre vertici che raddoppia su se stesso. La figura 10.25 è un diagramma dell’oggetto con
il percorso di retrocessione separato che illustra le posizioni delle forme. La tabella 10.1
descrive quanto accede con questo oggetto.
■ Figura 10.24
Oggetto che utilizza un
percorso ritroso
■ Figura 10.26
Una finestra di
deformazione loft
Il seguente elenco sottolinea alcune regole generali da tenere presente per le griglie di
deformazione:
■ Snap funziona con i valori di griglia verticale; se la spaziatura snap è impo-
stata a 10 unità e Snap è attivato, è necessario incrementare del 10% la griglia
Scale e di 10 gradi le griglie Twist e Teeter. Snap non ha effetto sulla posizione
orizzontale del percorso nel grafico;
■ è necessario verificare sempre l’impostazione del pulsante Make
Symmetrical; Scale e Teeter utilizzano entrambi il pulsante Make Symmetrical
sulla barra degli strumenti della finestra; è inoltre necessario decidere sem-
pre se si vuole che la regolazione sull’asse delle X e delle Y sia indipendente
o simmetrica e esaminare il pulsante Make Symmetrical prima di iniziare le
regolazioni;
■ la curva di deformazione non è il percorso: è molto facile dar per scontato
che la curva di deformazione equivale al percorso; la spaziatura della forma e
del punto di controllo della curva di deformazione sono completamente
■ Figura 10.27
Deformazione Scale per
unamaniglia
■ Figura 10.28
Deformazione Teeter per
un arco
■ Figura 10.29
Curve di deformazione
Bevel differenti producono
oggettisimili
■ Figura 10.30
Tre forme pronte per la
deformazione Fit
Forma
Fit X
Forma
Fit Y
La deformazione Fit allinea l’asse locale delle X della forma adattata con la lunghezza del percor-
so. I risultati più prevedibili si ottengono disegnando le forme adattate nella vista superiore con
l’asse delle X allineato con la lunghezza della forma.
Per configurare la deformazione Fit nel lofter di 3D Studio MAX è necessario creare un
oggetto loft e portare le forme adattate nella finestra Fit Deformation. Per ottenere
questo risultato eseguire le seguenti operazioni:
1. creare le forme adattate, una forma frontale o di sezione e una forma per il
percorso;
2. selezionare la forma percorso e fare clic su Loft nel pannello CREATE;
3. fare clic su Get Shape e selezionare la forma sezione;
■ Figura 10.31
Un oggetto loft con
deformazione Fit
■ Figura 10.32
Ritorni non validi in forme
adattate
Ritorni
■ Figura 10.33
Forme sorgente per la
barca a remi
Forma
Fit X
Sezioni
Forma
Fit Y
■ Figura 10.34
Scena della barca a remi
completata
Riepilogo
■ Creazione di forme sorgente: tenendo conto di poche fondamentali restrizio-
ni, è possibile utilizzare praticamente qualsiasi forma come percorso, sezione
o forma adattata. Le forme percorso devono contenere una spline unica;
tutte le forme sezione sul percorso devono contenere lo stesso numero di
spline e lo stesso ordine di nidificazione; le forme adattate devono contenere
una spline unica.
■ Creazione di un loft: per creare un loft è necessario iniziare dalla forma
percorso o con la prima forma sezione; il metodo prescelto imposta la posi-
zione originale e l’orientamento dell’oggetto loft; è possibile aggiungere la
forma originale a un loft o aggiungere una copia o un’istanza di una forma.
In genere aggiungere le istanze è la scelta migliore perché facilita l’editing.
■ Editing di forme loft: entrare in modalità Shape o Path Sub-Object nel pannel-
lo MODIFY per modificare le forme all’interno dell’oggetto loft. Se sono state
aggiunte forme come istanze è possibile applicare i modificatori alla forma
istanziata all’esterno del loft: in questo si vedranno i cambiamenti riflessi
nelle forme all’interno del loft.
■ Utilizzo delle deformazioni: utilizzare la tendina DEFORMATIONS nel pannello
Modify per applicare cambiamenti di scalatura, rotazione e svasatura alle
forme sul percorso. È inoltre possibile utilizzare Fit Deformation per creare
oggetti complessi basati su profili superiori, laterali e di sezione.
■ Animazione di loft: è possibile animare le forme sub-oggetto che formano
un loft e animare i punti di controllo sulle curve di deformazione. Il modo
più semplice di animare le forme loft è di animare i modificatori applicati alle
istanze della forma.
È possibile fare clic sul comando Pick Operand B e poi scegliere quanti operandi B si desidera-
no. Quando viene scelto un nuovo operando B quello iniziale viene cancellato. Nel caso l’ogget-
to selezionato come Operand B sia errato fare clic su Undo prima di sceglierne un altro.
■ Figura 11.1
I quattro tipi di operazioni
booleane.
■ Figura 11.2
L’elenco visualizzato
nell’Editor trrace relativo a
unoggettobooleano
composto.
Per eseguire l’istanziazione di un oggetto che è già un operando è necessario aprire Track View,
copiare la definizione di oggetto dell’operando, indicata da un cerchio azzurro, negli appunti e
incollarla alla definizione di un altro oggetto come istanziazione. Questa tecnica può essere
utilizzata anche nel senso opposto, e consente di ridefinire totalmente la geometria degli
operandi di definizione - per esempio attraverso la trasformazione di tutti gli spazi vuoti quadra-
ti in circonferenze.
■ Figura 11.3
L’utilizzodelpannello
Modify del booleano
consente di manipolare gli
operandi.
È possibile terminare un calcolo booleano lungo, utilizzando il tasto ESC mentre viene
visualizzato il cursore di attesa. Quando il calcolo è terminato, la modalità Update viene auto-
maticamente mutata in Manual ed è quindi possibile determinare esattamente il momento in cui
deve essere calcolato un aggiornamento, poiché molto probabilmente la geometria in corso di
adattamento è complessa.
Per operazioni booleane complesse, il booleano deve trovarsi in modalità Manual Update in
modo da poter posizionare gli operandi senza sprecare tempo con lunghi calcoli. Una volta che
l’operando è stato posizionato, fare clic su Update per visualizzare il nuovo risultato.
Per analizzare più approfonditamente un albero booleano è necessario selezionare più volte
l’Operand A e quindi passare al booleano successivo nello stack. Può essere utilizzato lo stack
dell’Operand B per proseguire, ma solo lo stack dell’Operand A per tornare indietro nella
cronologia di modificazione.
Caratteristiche booleane
Quando viene creato un oggetto booleano, si conservano i gruppi di uniformazione e gli
ID materiali dei singoli oggetti distinti. Il mapping viene del tutto rimosso e deve essere
applicato dopo il risultato booleano finale. Se il mapping dell’oggetto è stato assegnato
con modificatori UVW è possibile ripristinarlo. Se viene effettuata una copia, e non
un’istanziazione, dell’oggetto o del modificatore originario, dopo il booleano deve
essere assegnato un nuovo Map UVW, e per ripristinarlo deve essere utilizzata la funzione
Acquire del modificatore. Tale operazione non è applicabile alle assegnazioni di mapping
procedurale.
Le coordinate di mapping vengono rimosse perché i vertici del risultato booleano sono
sempre uniti. Quindi, per separare gli operandi originari dopo l’operazione, è necessario
utilizzare EditMesh. La presenza di materiali o gruppi di uniformazione unici per ogni
operando contribuisce significativamente alla selezione delle superfici per la separazione.
Gli ID dei materiali costituiscono probabilmente lo strumento più prezioso nel controllo
delle superfici risultanti dell’oggetto booleano, in particolare per i booleani innestati.
L’attribuzione a ogni operando di un modificatore Material con un ID distinto garantisce
un metodo sicuro di selezione delle facce dopo il completamento delle operazioni
booleane. Il fatto di considerare gli operandi come selezioni di facce è utile nell’assegna-
zione materiale di sottoggetti, ma serve anche per selezionare le facce nell’assegnazione
di gruppi di uniformazione e nei modificatori di Mapping UVW in caso di ripristino del
mapping.
Talvolta un risultato booleano può presentare imperfezioni negli angoli o nella curvatura.
Tali imperfezioni sono spesso causate da gruppi di uniformazione simili che interagiscono
in modo errato, oppure da vertici non uniti che quindi non consentono l’uniformazione.
In questi casi si deve applicare un modificatore EditMesh, selezionare tutti i vertici ed
eseguire Weld Selected. Se le imperfezioni rimangono è necessario analizzare le assegnazioni
dei gruppi di uniformazione (prima o dopo l’operazione booleana).
Nella maggior parte dei casi è molto più semplice selezionare delle zone critiche prima
che prendano parte a un’operazione booleana. Se una porzione del modello richiede
un’uniformazione unica (per esempio la smussatura della figura 11.5), è necessario
assegnare a quelle facce un unico gruppo di uniformazione o ID di materiale in modo tale
che dopo l’operazione booleana il risultato sia corretto.
Tali condizioni sembrano implicare un ingente lavoro preliminare all’esecuzione delle
operazioni booleane ma in realtà Modifier Stack consente di semplificare significativamen-
te il processo. È pratica diffusa quella di creare rapidamente gli oggetti booleani e di
tornare poi indietro nella cronologia dell’operando per effettuare le assegnazioni
materiali e di uniformazione in caso di necessità. Tale procedura risulta molto più facile
se è stata eseguita l’istanziazione degli oggetti prima che diventino operandi.
Può essere utile avere a disposizione una selezione di “strumenti di intaglio” come forme di
Bézier che si possono estrudere, far curvare o modellare secondo una rivoluzione, per le
sottrazioni booleane. Forme booleane d’intaglio più complesse possono essere salvate come
mesh e poi fuse quando si presenta la necessità.
Molti oggetti possono essere modellati dalle primitive o essere definiti da un loft, ma
moltissimi altri ancora possono essere creati manipolando le figure geometriche di
vertici, facce, bordi e patch. E a questo punto che la modellazione si avvicina alla scultura.
I modellatori esperti in questi tecniche sono spesso chiamati scultori di vertici. In 3D Studio
MAX, quest’area è chiamata modellazione di sub-oggetti.
In 3D Studio MAX per modellazione del sub-oggetto si intende la lavorazione su una
parte dell’oggetto. Due sono le forme di modellazione del sub-oggetto: la manipolazione
di entità sub-oggetto e la restrizione dei modificatori a selezioni sub-oggetto. Nel primo
caso, si tirano, si scalano e si ruotano insiemi di vertici cambiandone eventualmente la
topologia attraverso l’aggiunta o la cancellazione di sezioni. Nel secondo caso, si definisce
una selezione di vertici con un modificatore e la si trasferisce nell’elenco per essere
utilizzata dai modificatori successivi. Il capitolo affronterà in particolare i seguenti
argomenti relativi alla modellazione del sub-oggetto:
■ utilizzo di modificatori di selezione;
■ livelli di selezione all’interno dei modificatori Edit;
■ definizione di selezioni sub-oggetto per altri modificatori;
■ concetti fondamentali di modellazione sub-oggetto;
■ terminologia comune e concetti fondamentali per la modifica delle mesh.
■ Figura 12.1
Componentisub-oggetto Modificatoregizmo Shape Loft
della classe principale di
oggetti.
Parth
Le selezioni di sub-oggetti sono attive solo quando il pulsante Sub-Object di Edit Modifier è
premuto e giallo (il giallo avverte sempre che si è in modalità sub-oggetto). Invece i modifica-
tori VolSelect sono sempre attivi perché la loro modalità sub-oggetto riguarda la gestione del
gizmo e non i livelli di selezione.
■ Figura 12.2
Selezioni attive multiple
all’interno dello stesso
elenco.
I modificatori Edit
Anche se apparentemente innocenti, i pulsanti preceduti dalla parola “Edit” sono
indiscutibilmente i modificatori più potenti del pannello MODIFY. Ognuno dei tre
modificatori Edit (EditMesh, EditSpline ed EditPatch) ha un duplice ruolo in 3D Studio
MAX: permettere la modifica di sub-oggetti delle rispettive figure geometriche e definire
le sezioni di sub-oggetti su cui agiranno i successivi modificatori dell’elenco.
Il modificatore EditMesh di fatto ha anche un terzo ruolo: contiene gli strumenti proprietà per
la superficie a livello di faccia.
Per i veterani di 3D Studio, il modificatore EditMesh singolo corrisponde a quello che una
volta si chiamava modulo 3D Editor, mentre il modificatore EditSpline corrisponde
all’intero modulo 2D Shaper. Tutti i comandi che in 3DS DOS permettevano di modificare
mesh e spline DOS si trovano ora in questi due modificatori.
Quando un Volume Select o un modificatore Edit definiscono un intero oggetto come selezione
attiva, i modificatori successivi posizionano i loro centri sul punto di rotazione dell’oggetto
invece che sul centro della selezione.
Quando si lavora con una selezione sub-oggetto, è possibile posizionare il centro di un modifi-
catore successivo sul punto di rotazione dell’oggetto assegnando prima un modificatore
Volume Select, lasciandolo al livello di selezione dell’oggetto e poi assegnando il modificatore.
A questo punto, è possibile utilizzare il modificatore Volume Select o cancellarlo e utilizzare il
modificatore originale Edit. Il modificatore appena aggiunto conformerà il suo gizmo alla nuova
selezione e lascerà il centro sul punto di rotazione dell’oggetto.
È importante ricordare che i modificatori Volume Select non sono deformati dai modifi-
catori che li precedono nell’elenco. Anche se questa caratteristica è condivisa da tutti i
gizmo dei modificatori, esprime l’effetto più evidente con Volume Select. Si supponga per
esempio di applicare un Volume Select e di effettuare rastremature sulla parte superiore
di un cilindro. Se si procede alla base dell’elenco e si piega l’intero cilindro, il gizmo di
Volume Select rimane immobile e i vertici all’interno del volume di selezione del cilindro
si piegano. L’insieme di selezione per le rastremature successive cambia all’aumentare
della piegatura. In questo caso, per ritornare alla selezione dell’intero oggetto, occorreva
aggiungere un altro modificatore Volume Select alla fine dell’elenco. La piegatura avrebbe
dovuto essere applicata successivamente per assicurarsi che il volume di selezione
rimanesse intatto anche se l’intero oggetto veniva piegato. Questa caratteristica non è
peculiare del modificatore Volume Select, ma è valida per i gizmo di tutti i modificatori.
L’effetto naturalmente è più evidente con un modificatore di selezione.
L’overhead che si crea utilizzando EditMesh spiega perché nella release 1.1 è stato introdotto
l’oggetto EditableMesh e perché molto probabilmente saranno creati nuovi oggetti
EditableSpline ed Editable Patch.
Ogni modificatore registra le operazioni in modo diverso. EditMesh registra un delta per
ogni vertice coinvolto, cosicché le dimensioni dell’oggetto modificato raddoppiano
“solo” se si trasformano tutti i vertici. EditSpline e EditPatch agiscono in modo diverso
perché registrano ogni singola operazione di modifica effettuata e l’ordine in cui è stata
applicata. Grazie alla conservazione dei record, le relazioni fondamentali fra curva e
tangente nella geometria spline sono appositamente regolate quando si influisce sulle voci
che precedono nell’elenco. Una conservazione dei record così a largo raggio ha effetto
anche sull’overhead di memoria. Quando si utilizza EditSpline, è consigliabile comprime-
re l’elenco spesso per ridurre il consumo di RAM e le dimensioni del file.
All’interno di ogni modificatore Edit esiste un “DeleteObject” che registra tutte le
cancellazioni che riguardano l’oggetto. Questo spiega perché è possibile ritornare a uno
stato precedente dell’elenco e ritrovare l’intero modello o perché quando si rimuove il
modificatore le parti “cancellate” riappaiono. Per rendere permanenti le cancellazioni
all’interno di un modificatore Edit, è necessario comprimerlo. Questa caratteristica di
conservare un record per le figure geometriche cancellate permette di staccare ed
esplodere parti per creare nuovi oggetti e di ripristinare l’oggetto originale rimuovendo
il modificatore Edit.
Quando un modificatore Edit agisce in modalità Sub-Object e per il livello di selezione corrente
non è stato selezionato niente, i modificatori che seguono nell’elenco non mostreranno alcun
risultato perché la selezione attiva è vuota.
I modificatori Edit sono utilizzati per modificare le sezioni distinte stesse o per definire
una selezione che sarà trasferita agli altri modificatori della sequenza di modifica. La
selezione attiva rimane attiva finché un altro modificatore di selezione, come un
modificatore Edit o Volume Select, non è aggiunto alla sequenza. Finché si desidera
modellare con la stessa selezione, è possibile continuare ad aggiungere modificatori.
Tuttavia, se si desidera cambiare la selezione, per cambiarla sarà necessario aggiungere
un altro modificatore di selezione.
In pratica, è più sicuro (e più ragionevole) utilizzare i modificatori Edit per modificare il
modello o definire una selezione, ma non per entrambe le operazioni. Modificare e
definire la selezione insieme genererebbe confusione al momento di cambiare la selezione
per modificarla e quando i modificatori successivi agiscono su di essa. Se si desidera
trasferire una selezione definita in un modificatore Edit nella parte alta dell’elenco e si sta
modificando anche in quel modificatore, sarà necessario assegnare subito un altro
modificatore Select. Se la selezione è definibile da un volume, assegnare un modificatore
Volume Select e un modificatore Edit solo se la selezione è irregolare o non contigua.
■ Figura 12.3
Utilizzo di selezioni sub-
oggetto denominate per
registrare le decisioni.
Esistono altri metodi per memorizzare selezioni sub-oggetto tra cui numeri ID materiale
maggiori di 1 (per oggetti a cui non è stato assegnato un materiale Multi/Sub-Object) e
le assegnazioni Smoothing Group (per oggetti che sono comunque interamente smussati).
Anche se non sono considerati insiemi di selezione, i gruppi di smusso e le ID materiale
possono memorizzare selezioni a livello di faccia visibili da tutti i modificatori successivi
dell’elenco che continuano a esistere anche dopo la compressione dell’elenco.
■ Figura 12.4
Regolazione del centro di
un gizmo per una
selezione sub-oggetto.
Per posizionare i centri gizmo in maniera più facile, premere la barra spaziatrice per bloccare la
selezione su Center e continuare a spostarla senza doverla prima selezionare con il cursore. È
importante notare che se si cambia il livello di selezione del gizmo, si rimarrà bloccati sul gizmo
e se si lascia la modalità Sub-Object, la selezione bloccata corrisponderà all’intero oggetto.
■ Figura 12.5
Localizzare il gizmo del
modificatore sul punto di
rotazione piuttosto che sul
centro di selezione.
Il centro gizmo è un punto così importante da gestire che spesso è utile localizzare il punto
di rotazione solo per localizzare il centro gizmo. A differenza delle selezioni sub-oggetto
o dei gizmo, i punti di rotazione rispettano il sistema Align ma sono in grado di effettuare
lo snap solo con vertici che appartengono ad altri oggetti.
Per localizzare il punto di rotazione su un vertice dello stesso oggetto, effettuare lo snap con
uno strumento ausiliario Point al vertice e poi allineare il punto di rotazione allo strumento
ausiliario. In questo modo si evita il difetto dei punti di rotazione che sono in grado di effettua-
re lo snap con i vertici di altri oggetti ma non quelli dell’oggetto a cui appartengono.
Concetti fondamentali
di modellazione sub-oggetto
Nei paragrafi precedenti è stato descritto il modo in cui le selezioni sub-oggetto definite
da EditMesh, EditableMesh e dagli altri modificatori Edit sono trasferite ad altri modifica-
tori. Ma il passaggio delle selezioni rappresenta solo un elemento secondario rispetto al
compito principale dei modificatori: modellare sub-oggetti. EditMesh e EditableMesh sono
stati progettati per apportare modifiche direttamente sulla mesh, dove si gestisce la mesh
grezza attraverso i vertici, le facce e i bordi. Si costruiscono le nuove parti della mesh e
le altre sono rifinite o cancellate. Infine, le caratteristiche della superficie visibile, della
luce riflessa e i materiali utilizzati sono tutti fattori assegnati durante la modifica della
mesh. Tutte queste modifiche sono effettuate a livello Sub-Object.
Le sottigliezze per una modellazione realistica ed efficace sono curate a livello di vertice
o di faccia. Dopo aver creato un oggetto, è necessario allungare i vertici, girare o allineare
facce e costruire facce supplementari. I gruppi di smusso si perfezionano a livello Sub-
Object così come le normali delle facce si analizzano meglio a questo livello. Numerosi
modellatori dedicano la maggior parte del tempo a lavorare a livello di sub-oggetto,
utilizzando strumenti di modifica mesh e perfezionando le proprietà delle superfici. Il
resto del capitolo analizza le funzioni che gestiscono queste entità finite e conferiscono
ai modelli un carattere particolare. Il prossimo capitolo si basa su questi principi di base
■ Figura 12.6
Le opzioni Attach per i
modificatori Edit.
L’unico modo per unire più di un oggetto all’altro in una sola operazione è utilizzare la funzione
Attach Multiple di EditableMesh.
■ Figura 12.7
Le icone di trasformazione
per selezioni non contigue.
Per le selezioni contigue, la posizione di ogni centro di rotazione è il risultato di una media
calcolata per stabilire un punto centrale comune (figura 12.8). Se il sistema di coordinate
è Local, le direzioni delle normali individuali sono il risultato di una media calcolata per
trovare un vettore normale comune.
Le selezioni dei vertici si distinguono dalla selezione delle facce poiché sono sempre
considerate non contigue. Quando si lavora in qualsiasi sistema di coordinate diverso da
Local, il centro è il risultato della media fra i vertici selezionati, ogni vertice presenta un
asse che rappresenta le normali medie di tutte le facce che lo condividono.
La discussione precedente sulle opzioni per i centri di trasformazione riguardava
EditMesh. È importante notare che EditableMesh, EditSpline ed EditPatch si allontanano
notevolmente da queste opzioni molto flessibili appena descritte per EditMesh. Nel caso
di EditableMesh, la scelta di modificare EditMesh è nata per aumentare la velocità di
interazione durante la modellazione sub-oggetto. Se è necessaria la flessibilità di
trasformazione appena descritta, utilizzare EditMesh. Se si preferisce la rapidità, utilizza-
re EditableMesh. Non esiste un’opzione equivalente per EditSpline ed EditPatch. Le regole
■ Figura 12.8
Punti centrali mediati per
le selezioni contigue.
■ Figura 12.9
Le icone di trasformazione
per le selezioni di vertici.
■ Figura 12.10
Rotazione di vertici
attorno a uno strumento
ausiliario Point.
Gli oggetti strumenti ausiliari Point sono strumenti preziosissimi per modellare sub-oggetti
perché possono essere allineati e possono effettuare lo snap in vertici e poi utilizzati come
centro di coordinate. I modellatori di solito collegano gli strumenti ausiliari Point agli oggetti
cosicché i punti di gestione sono sempre presenti.
Utilizzare uno strumento ausiliario Point come centro di coordinate è molto simile alla
procedura adottata in 3DS DOS per localizzare l’asse globale in 3D Editor. Gli strumenti
ausiliari Point offrono vantaggi supplementari tra cui punti multipli, collegamenti,
allineamenti e animazioni. Per un posizionamento preciso, è possibile posizionare uno
strumento ausiliario Point con uno snap vertice a 2,5D o attraverso la funzione Align. Per
un vero e proprio snap vertice tridimensionale, è necessario effettuare lo snap dello
strumento ausiliario Point al vertice desiderato in due finestre perpendicolari.
Probabilmente, allineare un strumento ausiliario Point al punto corretto richiederà più
tempo e comunque sta al modellatore decidere quale livello di accuratezza è necessario.
Alcuni preferiscono provvedere a una rapida modifica della selezione e preoccuparsi poi
del suo posizionamento. A livello di sub-oggetto, questo approccio di solito non funziona
È possibile salvare alcune operazioni quando si regolano gli oggetti strumenti ausiliari fissando
l’elenco (con il pulsante Thumb Tack), lasciando la modalità Sub-Object e poi trasformando lo
strumento ausiliario.
Soglie angolo
Diverse funzioni all’interno di EditMesh ed EditableMesh basano le proprie operazioni sugli
angoli formati da facce adiacenti. Le funzioni AutoEdge, AutoSmooth ed Explode utilizzano
il cosiddetto valore soglia angolo, che si riferisce all’angolo formato dalle facce. Ogni coppia
di facce, che condivide un bordo, è analizzata per determinarne l’angolo. Internamente,
questo calcolo è effettuato confrontando l’angolo incluso formato dalle normali delle
facce. Anche se corretto, è un po’ difficile visualizzarlo. È comunque possibile determi-
nare l’angolo proiettando visivamente un lato della faccia e prendendo nota dell’angolo
incluso formato con l’altra faccia. La figura 12.11 mostra entrambi i metodi.
■ Figura 12.11
Soglie angolo attraverso
le normali delle facce e
l’angoloincluso.
La procedura per animare vertici, bordi, elementi, patch e spline inizia effettuando una
selezione e applicando un modificatore successivo per manipolare la selezione. Di solito
si desidera animare proprio ciò che si sta eseguendo nel modificatore Edit stesso. Poiché
si tratta quasi sempre di una trasformazione, il modificatore XForm è di solito applicato
per animare la selezione con una trasformazione standard. Se la selezione effettuata
all’interno del modificatore Edit non rientra nella categoria selezioni geometriche, non
è possibile trasferirla nell’elenco e quindi animarla. Tipici esempi di una tale situazione
sono le maniglie di controllo per i vertici e per lo schema e le curve nell’area dei vertici
che non possono essere animate e devono essere gestite con un altro metodo.
I modificatori diversi da XForm, come Bend o MeshSmooth, agiranno come se utilizzassero
l’intero oggetto ma vincoleranno l’effetto solo alla parte selezionata (come mostrato nella
prima parte del capitolo). Animare i parametri del modificatore significa animare solo la
selezione attiva. Se la selezione cambia, cambierà anche il risultato animato del modifi-
catore. Anche se non è possibile animare la selezione del modificatore Edit, è possibile
utilizzare un modificatore Volume Select e animare la selezione definita dalle dimensioni
e dalla posizione.
Una mesh si riferisce di solito a un oggetto mesh o a un insieme di facce. Il termine mesh
è utilizzato per indicare una figura geometrica generica e non un tipo specifico di entità.
Le mesh sono composte da facce triangolari che a loro volta definiscono una combinazio-
ne qualsiasi di superfici piatte, curve o piegate. (Una mesh equivale a una PFace di
AutoCAD o una mesh polifaccia.)
I vertici sono dei punti nello spazio tridimensionale e rappresentano le entità più
elementari. Un vertice non indica nessuna figura geometrica se non la posizione di un
punto nello spazio. Non ha superfici o proprietà, quindi non è possibile vederlo nel
L’oggetto EditableMesh
L’oggetto EditableMesh è stato introdotto nella release 1.0 come una caratteristica non
completamente implementata e nascosta che poteva essere attivata solo inserendo una
voce nel file 3dsmax.ini. La release 1.1 di 3D Studio MAX offre la versione completa di
questo oggetto così necessario come caratteristica standard (figura 12.13).
■ Figura 12.13
Il pannello comandi
dell’oggettoEditableMesh.
Lavorare con EditableMesh è come lavorare in programmi senza un concetto di cronologia delle
modifiche (3DS DOS, per esempio).
Poiché le scelte rapide da tastiera di EditableMesh sono fisse e potrebbero entrare in conflitto
con le scelte fatte in 3DS MAX, per abilitarle è necessario aggiungere quanto segue nel file
3dsmax.ini:
[EditableMesh]
KeyAccelsEnabled=1
In 3D Studio MAX 1.1, le scelte rapide da tastiera sono illustrate in dettaglio nel file
readme.wri.
■ Figura 12.14
Componenti grafici degli
oggetti.
■ Figura 12.15
Le tendineEDIT SURFACE
per EditableMesh e
EditMesh.
Riepilogo
■ Definizione delle selezioni. Il Modifier Stack permette di definire diverse
selezioni in un punto qualsiasi della cronologia delle modifiche; ogni modifi-
catore influisce sulla selezione attiva nel punto corrispondente dell’elenco. La
Gran parte della modellazione realizzata attualmente con 3D Studio MAX tende ad
utilizzare le mesh. Anche se in parte ciò è dovuto al fatto che quasi tutti gli utenti di 3D
Studio MAX si sono abituati alle mesh in realtà la vera ragione è che l’efficacia di 3D Studio
MAX risiede nelle sue radici di mesh editing. Il mesh editing implica la modellazione a
livello del sub-oggetto con selezioni precise di vertici, facce e spigoli. Mentre le
definizioni di questi livelli di selezione sono state definite e trattate alla fine del capitolo
12, questo capitolo illustra il modo di manipolare queste parti con l’oggetto Editable Mesh
e con il modificatore EditMesh. I principali argomenti trattati in questo capitolo sono i
seguenti:
■ Mesh editing a livello del sub-oggetto, detto anche mesh editing “tradiziona-
le” o “scultura” dei vertici;
■ modellazione a livello del vertice, che comprende selezionare, nascondere,
creare, trasformare, utilizzare Affect Region e incidere sulla topologia;
■ modellazione a livello delle facce, che comprende selezionare, nascondere,
creare, trasformare, estrudere e cambiare la topologia;
■ controllare le caratteristiche di superficie a livello delle facce, che comprende
smussare, utilizzare le normali e i materiali;
■ modellazione a livello Edge, che comprende trasformare, dare visibilità,
dividere e ruotare.
■ Figura 13. 1
Il livello vertice è comune
a EditMesh e a
EditableMesh
Selezionare i vertici
La selezione dei vertici è piuttosto semplice perché non coinvolge la finestra e le opzioni
di intersezione. Per selezionare un vertice è sufficiente fare clic su di esso. Anche una
selezione parziale (circolare, rettangolare o di perimetro) che circonda il vertice lo
seleziona. Come sempre, premere il tasto CTRL consente di aggiungere a una selezione
mentre premere il tasto ALT sottrae alla selezione. Molto spesso si utilizzerà una
selezione parziale e si elimineranno i vertici residui con un altro clic parziale o di selezione.
Nascondere i vertici
Nascondere i vertici è un metodo per sottrarli all’editing accidentale. I vertici nascosti
nascondono i tick di visualizzazione ma non nascondono la mesh che definiscono.
Quando sono nascosti, i vertici non sono selezionabili e non sono sensibili alle varie
operazioni. In questo stato, i vertici sono molto simili agli oggetti congelati. Nascondere
i vertici è uno strumento molto prezioso quando si vuole preservare una certa zona della
mesh ma se ne vogliono modificare altre parti, soprattutto quelle vicino ai vertici nascosti.
I vertici nascosti possono anche essere utilizzati per escludere zone della mesh dalle
operazioni di livello faccia. Sui vertici nascosti non è possibile costruire facce e non
vengono considerati nelle selezioni delle facce quando si utilizza l’opzione di selezione
facce By-Vertex.
Quando si nasconde una selezione di vertici, questi vertici sono ancora considerati la selezione
attiva e possono essere accidentalmente cancellati o, se si preme la barra spaziatrice, trasfor-
mati. Per sicurezza, è meglio eseguire un Select None o fare clic nella finestra per svuotare la
selezione dopo avere nascosto i vertici per esser sicuri che non vengano cancellati per errore.
Viste le loro dimensioni, i vertici possono essere difficili da vedere. Prima di selezionare
i vertici per un’operazione di editing, è bene eseguire un’operazione Select None per essere
sicuri che la selezione sarà esattamente come la si vuole. Poiché le selezioni vengono
inserite nell’elenco in ordine di esecuzione, è facile dimenticare una delle prime selezioni
che non è attiva, soprattutto quando la selezione è stata realizzata da un modificatore ad
essa precedente.
Trasformare i vertici
Le trasformazioni Move, Rotate e Scale della barra degli strumenti sono i metodi principali
per la manipolazione dei vertici. Le sottigliezze descritte nel capitolo 12 sono di
particolare importanza. La modifica delle mesh a livello dei vertici è una funzione molto
efficace. Quando si manipolano le posizioni dei vertici si tirano, allungano e scalano le
■ Figura 13.3
Il manubrio finito
Rotazione di vertici
Come risulterà dall’oggetto base Sphere della prossima esercitazione, non è necessario
un modello complicato per indagare gli straordinari risultati che si possono ottenere con
la manipolazione dei vertici.
■ Figura 13.4
Selezioni preliminare dei
vertici
La modalità Affect Region non rispetta lo stato dei vertici nascosti e incide su ogni vertice
all’interno del raggio di caduta.
L’influenza della curva di operatività è più visibile nell’effetto di un singolo vertice sulla
griglia di un parallelepipedo. Le figure 13.7 e 13.8 nostrano il risultato dello spostamento
di un unico vertice della stessa quantità su un parallelepipedo di 100 unità. Le file superiori
di entrambe le figure mostrano come la forma della curva di operatività viene duplicata
dai vertici spostati. Tenendo presente questo risultato, si dovrebbe essere in grado di
prevedere l’impatto delle curve di operatività che si definiscono. Per tirare curve
smussate con Affect Region è bene manipolare un solo vertice, oppure delle facce isolate,
e fare molta attenzione al controllo della curva di operatività.
Il risultato dell’editing dei vertici con Affect Region è simile al lavoro con i patch perché
spostare un unico vertice è quasi come tirare un vertice patch. La differenza principale è
che uno spostamento di vertice successivo non ripristina la mesh precedente mentre
■ Figura 13.6
Finestra di dialogoEDIT 2’-0’’ 2’-00”
AFFECT REGION CURVE
■ Figura 13.7
Utilizzo di aree di
operatività concave
■ Figura 13.9
Mesh Patch Mesh Patch Somiglianze fra l’utilizzo di
Affect Region e patch
editing
Per essere assolutamente certi dell’impatto di Affect Region è necessario clonare una o due
facce dalla mesh originale e utilizzare questi tre o quattro vertici come i “magneti” che tirano i
vertici. Questa procedura consente una chiara comprensione di quali facce possono essere
viste quando si utilizza Ignore Backface.
I vertici isolati non sono i migliori da utilizzare con Ignore Backface perché non hanno facce da
cui derivare una normale; Essi utilizzano una direzione normale di default. Una faccia isolata è
una scelta migliore per Ignore Backface.
Se le normali sono rivolte in un altra direzione le loro facce non possono essere “viste”
dai vertici e Affect Region non seleziona i loro vertici. Le facce le cui normali sono “sullo
spigolo” (on edge) esattamente a 90° sono interessate. La figura 13.10 mostra il risultato
dello spostamento del vertice mediano dello spigolo superiore frontale di un cubo
all’interno di un raggio di caduta che eccede l’altezza del cubo.
■ Figura 13.10
Utilizzo di Ignore Backface
■ Figura 13.11
Rotazione di 90 gradi di un
vertice singolo in un unico
passo e la stessa
rotazione eseguita in più
passi
Creare vertici
Ogniqualvolta si crea o si clona una mesh, si creano anche dei vertici perché le facce sono
definite da questi. Anche se questo metodo spesso genere i vertici necessari per altre
modellazioni, potrebbe essere necessario creare altri vertici in modo indipendente e in
posizioni precise, per creare facce combacianti. I vertici non possono essere creati in
isolamento; devono essere aggiunti a un oggetto esistente dall’interno del modificatore
Per clonare una selezione di vertici sul posto (o qualsiasi altra selezione) attivare una trasfor-
mazione, premere MAIUSC e fare clic una volta sulla selezione. In questo caso si clona la
selezione senza spostamento.
Saldatura di vertici
L’opzione Weld “salda” due o più vertici insieme per formare un unico vertice che trascina
con sé qualsiasi faccia costruita sui vertici originali. La saldatura è utilizzata per unire facce
separate in un unico elemento, oppure per consolidare le facce di un elemento in una mesh
semplice. La funzione Weld è senza dubbio quella più comunemente utilizzata nel livello
Vertex; per mezzo di essa è possibile saldare in modo specifico oppure generico.
Anche se è possibile assegnare una singola EditMesh a più oggetti, la saldatura può essere
eseguita solo sullo stesso oggetto poiché questa opzione cambia la definizione dell’oggetto. Se
si vuole effettuare una saldatura fra oggetti è necessario prima collegare un oggetto a un altro.
Weld Target in genere è combinato con Edge Turn e Divide per scolpire linee di definizione
nella mesh.
Il metodo Weld Selected esamina la selezione dei vertici corrente e utilizza il valore Weld
Threshold come “stringa” di intervallo per ruotare su ciascuno dei vertici selezionati. Se
un vertice qualsiasi rientra nel limite d’intervallo dell’altro, questi vengono saldati
insieme. Se tutti i vertici sono fuori dai rispettivi limiti d’intervallo nessuno di essi viene
saldato e compare una finestra di avviso (figura 13.14). Le posizioni di tutti vertici che
ricadono all’interno del limite sono calcolati per formare la nuova posizione per il
risultante vertice saldato. Il vertice risultante resta selezionato per sveltire le operazioni.
Poiché viene effettuata una media, i vertici saldati si spostano a meno che non siano già
coincidenti. Se si vuole saldare solo vertici coincidenti e non si vuole che i vertici si
spostino in alcun modo, impostare Weld Threshold a zero. Con limiti molto elevati Weld
Selected può avere funzioni simili all’esecuzione di Vertex Collapse nella stessa selezione.
■ Figura 13.14
Messaggio di avvertenza
Weld Threshold di Weld
Selected
Se si vuole saldare una selezione di vertici su un punto /mediato, utilizzare l’opzione [Uniform
Scale] per la selezione sino a che i vertici siano vicini, dopodiché attivare l’opzione [Weld
Selected]. Questo metodo in genere è più veloce rispetto alla regolazione di Weld Threshold e
alla sua reimpostazione.
■ Figura 13.15
Compressione di un
insieme complanare di
vertici
Collapse salda ogni vertice selezionato indipendentemente da quanto sono spaziati o dal
fatto che appartengano a elementi separati. Questa caratteristica è illustrata nella figura
13.16 dove il vertice centrale di ogni faccia è stato selezionato per la compressione. Il solo
caso in cui Collapse considera le selezioni separatamente è quando si applica un modifica-
tore EditMesh a una selezione di oggetti e ogni oggetto viene saldato separatamente.
■ Figura 13.16
Compressione di insiemi
separati di vertici in un
unicoinsieme
Collapse può anche essere utilizzato come un metodo veloce per saldare elementi su un
punto comune (figura 13.17). Questa capacità sottolinea il fatto che Collapse può essere
utilizzato per posizionare importanti punti di costruzione grazie al modo in cui fa la media
delle differenze; per esempio può essere stabilito un punto mediano dalla compressione
di due vertici. Creare vertici isolati da comprimere per trovare questi punti non è
operazione rara. Allo stesso modo, il modificatore EditMesh può essere eliminato dopo
che altri oggetti sono stati allineati a vertici compressi.
Cancellazione di vertici
La cancellazione dei vertici è un metodo veloce per eliminare sezioni di mesh indesiderate
perché tutto viene cancellato e non si viene rallentati nel lavoro a cause di continue
richieste. Cancellando il vertice centrale dell’occlusione di un cilindro, per esempio, la si
cancella interamente. Questo risultato non è così strano se si pensa che il criterio per
realizzare una selezione intersezione di facce è comprendere tutti vertici. Anche in questo
caso, il tasto CANC è l’alternativa da tastiera alla funzione Delete.
Livello Face
Il livello Face (figura 3.18) fornisce diverse modalità per la selezione e la manipolazione
delle facce. Navigare a livello Face – una delle tendine di 3D Studio MAX più lunghe – può
rapidamente divenire un’arte. Ma c’è una ragione per cui la tendina è così lunga: le facce
hanno molte proprietà e non è possibile modificare una faccia senza almeno pensare alle
ramificazioni per eseguire il rendering della superficie. Quando si manipolano le facce in
realtà si sta lavorando con i vertici in insiemi di tre quindi quasi tutto ciò che si è appreso
con la modellazione dei vertici è direttamente applicabile alla modellazione delle facce.
■ Figura 13.18
Tendina Edit Face di
EditMesh e di
EditableMesh
La modalità di selezione Window non è omogenea. Gli elementi ignorano sempre Window e
utilizzano sempre la modalità Crossing mentre i poligoni irregolari spesso non necessitano di
essere completamente circondati per essere selezionati. Inoltre l’opzione By Vertex ignora la
modalità Window e realizza tutte le selezioni in modalità Crossing.
Le selezioni Region si proiettano nella finestra e selezionano le facce che potrebbero non
essere viste; non c’è filtro per le facce posteriori. Di conseguenza è buona norma verificare
sempre la selezione in diverse finestre per confermare ciò che è stato selezionato.
L’opzione Axis Tripod è un segnale affidabile per individuare una selezione non voluta.
Se l’asse non è correttamente centrato oppure se compaiono più assi con molta probabilità
si è eseguita una selezione maggiore di quella voluta.
Quando si utilizza l’opzione By Vertex la condizione di non visibilità dei vertici viene rispettata e
le loro facce sono escluse dalla selezione.
L’opzione By Vertex diventa molto importante quando le selezioni Region sono eseguite
con una mesh. Senza di essa al primo clic del mouse per definire la porzione selezionerà
Quando si lavora con grandi mesh la risposta interattiva può sembrare lenta quando si
spostano le selezioni, le facce o gli elementi perché tutte e quattro le finestre sono state
aggiornate per la mesh. Per ottenere la velocità massima disattivare tutte le finestre in
modo che venga aggiornata solo quella attiva, dopodiché sarà possibile fare clic con il
tasto destro del mouse in un’altra finestra per vedere il risultato.
In genere si lavora interattivamente fra i livelli di selezione Face e Vertex. In questo caso è bene
ricordare che quando si selezionano le facce i loro vertici non vengono selezionati.
Nascondere le facce
Nascondere le facce è un’operazione più efficace dell’eliminarle dalla vista. Quando sono
nascoste, le facce non sono più selezionabili e non sono più interessate dalle operazioni
dell’utente. Nascondere le facce è un estremo ma prezioso strumento quando si vogliono
proteggere alcune zone della mesh dalla selezioni o dalle modifiche, soprattutto quando
si stanno selezionando o modificando facce vicine. Le facce nascoste possono inoltre
essere utilizzate per isolare zone della mesh dalle operazioni relative a vertici e bordi.
Benché le facce siano protette all’interno dell’Edit Modifier, possono esser interessate da
modificatori aggiunti in un secondo tempo all’elenco. Volume Select non ignora le facce che
invece vengono sempre interessate dalle operazioni relativi agli oggetti.
Dopo avere nascosto le facce è possibile scegliere Select All per selezionare tutte le facce
rimanenti ed eseguire un’operazione senza coinvolgere le facce nascoste. Le facce
nascoste sono interessate solo quando i vertici su cui sono costruite vengono modificati.
Se si trasformano le facce che sono saldate alle facce nascoste, i vertici saldati delle facce
nascoste vengono a loro volti trasformati. I vertici che appartengono unicamente alle
facce nascoste non possono essere influenzati quando sono al livello Face. La figura 13.19
mostra come, con una selezione di facce nascoste, le facce rimanenti si sono spostate con
il risultato che le facce sono state allungate.
È bene nascondere le facce quando si assegnano ID (numeri identificativi) di materiali dei
sub-oggetti e gruppi di smusso. Dopo avere assegnato selezioni realizzate in modo
accurato, nasconderle e procedere con la selezione delle successive senza temere di
incidere su quelle appena assegnate. Nascondere le facce rende le selezioni successive più
veloci perché ci sono molte meno facce da gestire.
Le facce nascoste non incidono sullo stato di selezione né sugli elementi. Se le facce erano
elementi prima di essere nascoste, rimangono elementi anche dopo.
Trasformazione di facce
Le trasformazioni della barra degli strumenti Move, Rotate e Scale sono i metodi principali
per la manipolazione delle facce. Trasformare le facce è un’operazione molto simile a
spostare, ruotare e scalare le equivalenti selezioni dei vertici ma con una grandissima
differenza: le facce consentono di trasformare sui centri individuali, se si utilizza
EditMesh.
Questa capacità è una delle differenze fondamentali fra EditMesh e EditableMesh. Con
EditMesh quando si è in modalità [Pivot Point Center] ogni selezione di facce determina
il proprio sistema di coordinate basato sulle normali mediate della selezione. Questo
consente di spostare, ruotare e scalare selezioni di facce non contigue in un’unica
operazione come se le si stesse manipolando una alla volta.
Spesso è più opportuno avvalersi del sistema di coordinate locale quando si utilizza il centro del
punto di rotazione sulle selezioni delle facce. Questa opzione garantisce che l’orientamento degli
assi delle selezioni sia omogenei, con l’asse delle Z sempre rivolto lungo l’asse della normale.
Creazione di facce
Le facce possono essere create in molti modi all’interno del livello Face. Possono essere
estruse, tassellate, clonate e persino costruite una per volta. Di queste opzioni Extrude è
la più efficace, Build la più comune e Tessellate la più efficiente nel conteggio delle facce.
Il modo migliore di uscire dalla modalità Extrude è fare clic sul pulsante voluto della barra degli
strumenti. Se si esce dalla modalità facendo clic su Extrude automaticamente si cambia la barra
degli strumenti in Move anche se in precedenza si era in Pick, Rotate o Scale.
Extrude è una delle rare funzioni di 3D Studio MAX che consente veramente di definire
il suo risultato all’interno della finestra. In Extrude il cursore si trasforma in un’icona
Extrude quando si trova su una selezione. In questo modo è possibile definire l’estrusione
trascinando il cursore; la casella Amount riporta l’altezza dell’estrusione.
Il modo più veloce di utilizzare Extrude è utilizzare il campo Extrusion con una selezione: in
questo modo si estrudono le facce ma non si altera lo stato della barra degli strumenti. È
possibile spostarsi da Extrusion a Transforms in tempo reale.
Un’estrusione non può essere regolata. Dopo essere stata realizzata un’estrusione è già
impostata. Cercare di regolare un’estrusione genera un’ulteriore estrusione sulla stessa
selezione. Quindi si dovrebbe analizzare attentamente un’estrusione prima di agire sulla
freccia dell’interruttore incrementi o di trascinare il cursore. Regolare una estrusione
esistente permette di risparmiare tempo quando si vogliono dare rapidamente segmenti
successivi a un’estrusione. La figura 13.20 mostra come assegnare agli oggetti estrusioni
sequenziali per aggiungere segmenti.
■ Figura 13.20
Utilizzo di estrusioni
multiple per aggiungere
segmenti di altezza
Extrude sposta la selezione delle facce sulla base della normale mediata. Se la selezione
è piatta/complanare (probabilmente il risultato della selezione di un poligono), l’estrusione
è perpendicolare al piano. Se la selezione non è complanare, le normali delle facce
selezionate sono mediate e l’estrusione segue questo vettore. Selezionando i lati adiacenti
di un parallelepipedo, per esempio, si estrudono i lati a 45 gradi. Per risultati controllati,
è meglio utilizzare Extrude con selezioni complanari.
La funzione Extrude ignora lo stato del centro di selezione della barra degli strumenti e
lo considera sempre come se si stesse utilizzando il centro del punto di rotazione. Ogni
selezione non contigua di facce ha la sua normale. È possibile realizzare selezioni non
contigue ed estruderle tutte contemporaneamente; dette selezioni si comportano come
■ Figura 13.21
Utilizzo di Extrude e di una
scalatura non uniforme su
una primitiva ottagono
Le normali alle facce estruse sono rivolte verso l’esterno (Face Outward) se l’estrusione è
positiva, e verso l’interno se è negativa. Le coordinate di mappatura sono “allungate”
lungo la lunghezza dei nuovi lati. In genere è meglio applicare la mappatura dopo un
modificatore EditMesh a causa di tutti i cambiamenti di topologia che si possono
realizzare.
Quando si applica un modificatore EditMesh a una forma vicina (Text, per esempio) la
forma viene immediatamente ricoperta con una mesh. La funzione Extrude può essere poi
utilizzata per dare profondità rapidamente in modo molto simile a quanto avviene con
il modificatore Extrude. Al contrario del modificatore Extrude, tuttavia, con la funzione
Extrude la copertura non viene creata sull’altro lato. La funzione Extrude, quindi, è molto
utile quando la forma è già una mesh (attraverso una compressione o un’importazione da
un altro programma) e si vuole che il risultato del modificatore Extrude fornisca forme
chiuse.
Le forme piatte talvolta contengono angoli particolari e facce che provocano estrusioni non
corrette se si esegue Select All. Se si verifica questo errore, la selezione delle facce per poligo-
no in genere produce una estrusione corretta.
Tassellatura di facce
La tassellatura è utilizzata principalmente per incrementare la densità delle mesh; viene
utilizzata solo su zone selezionate per creare facce e vertici aggiuntivi da manipolare o per
incrementare il dettaglio complessivo per i modificatori futuri. Per esempio, una mesh
potrebbe non avere abbastanza segmenti da curvare in modo corretto, oppure un
modificatore Displace potrebbe richiedere una mesh più densa per ottenere più dettaglio
per la sua bitmap di spostamento.
Le facce tassellate assumono il gruppo di smusso del loro principale. Se si utilizza la
tassellatura Edge con Tension, è necessario esaminare la geometria risultante per vedere
se è in corso un’operazione AutoSmooth. I nuovi bordi creati da facce tassellate sono
sempre visualizzati , indipendentemente dalla visibilità del principale. Utilizzando
AutoEdge con un valore pari a 1 dopo la tassellatura si ripulisce l’aspetto della mesh
■ Figura 13.22
Tassellatura con Face-
Center su una geometria
Il metodo Edge di Tessellation suddivide ogni faccia selezionata in quattro parti dividendo
ciascun angolo a metà e connettendo i nuovi vertici con una faccia centrale. Se il bordo è
condiviso con un’altra faccia l’aggiunta dei nuovi vertici obbliga la faccia a dividersi in due
facce. Questo spiega come la tassellatura del bordo propaga il suo effetto alle facce
adiacenti. Può sembrare che tale propagazione crei più facce del necessario ma in realtà
le facce adiacenti sono necessarie per evitare una cucitura. Lo smusso non può verificarsi
fra vertici adiacenti che non condividono due vertici. la figura 13.23 mostra la tassellatura
della parte superiore di un vaso che consente di eseguirvi la modellazione di un bordo
circolare.
■ Figura 13.23
Tassellatura di un bordo
su porzioni specifiche per
lamodellazione
Il metodo Edge funziona anche con il valore Tension (che diventa grigio quando Face-Center
è attivo) che controlla la posizione dei nuovi vertici creati. I vertici delle facce originali
non sono interessati quando i nuovi vertici si proiettano all’infuori, o si “gonfiano”, con
tensione positiva, e quando si proiettano all’interno, o si “sgonfiano”, con tensione
■ Figura 13.24
Tassellatura di sfere con 16 32 64
un valore Tension di 25
Segmenti
sferici
Segmenti
sferici e
tassellatura
Edge
8 16 32
I nuovi vertici proiettati dal valore Tension eseguono questo per produrre una curva lungo
la superficie delle facce interessate. La figura 13.25 mostra la propagazione di tassellature
di bordi successive in cui la superficie non viene deformata sino a che raggiunge l’angolo
e presenta delle facce fra cui mediare una curva.
Il modificatore MeshSmooth (introdotto con la versione 1.1) fornisce un metodo ottimale per
aggiungere densità alla mesh con una curvatura che è più preciso del metodo della tassellatura
con Tension.
Una tecnica utile da utilizzare quando si tassellano le mesh è selezionare i vertici delle
facce prima di tassellarle. Dopo la tassellatura questa selezione di vertici originali può
■ Figura 13.25
Propagazionedi
tassellature di bordi
successive
■ Figura 13.26
Creazione di una palla ad
aculei con una scalatura
dei vertici eseguita dopo
la tassellatura
Costruzione di facce
L’opzione Build Face consente di creare facce triangolari , una per una, sopra facce
esistenti. Facendo clic su Build Face si passa in una modalità per attaccare delle facce, che
in 3D Studio MAX è la sola possibilità per creare facce manualmente. Questa modalità
sforma la visualizzazione dei vertici in tick in modo che i vertici di destinazione siano
facilmente visibili.
La costruzione delle facce è una procedura del tipo “unisci-i-punti” che utilizza tre vertici
per definire la nuova faccia. Tutti e tre i vertici devono appartenere allo stesso oggetto
La selezione dell’ultimo vertice di una faccia “scheggiata” può risultare difficile in quanto il
triangolo elastico si rastrema in un punto così tagliente. Nella costruzione di tali facce, sarà più
semplice selezionare prima il lato più lungo e poi ridurre l’acutezza del triangolo elastico. Con
molta probabilità sarà necessario eseguire uno zoom ravvicinato e poi una panoramica durante
la costruzione per verificare di avere centrato i vertici giusti.
La direzione normale della nuova faccia è dettata dall’ordine di selezione dei tre vertici.
Selezionare i vertici in senso antiorario rende la facce visibili all’utente mentre una
selezione in senso orario rivolge le facce in direzione opposta all’utente.
Talvolta è più conveniente costruire facce con il comando Backface disattivato allo scopo di
vedere entrambi i lati della mesh e di non dovere tenere conto dell’orientamento dalla normale
della faccia e dell’ordine in cui si selezionano i vertici. Dopo aver finito, attivare di nuovo la
modalità Backface e rovesciare le normali non corrette oppure unificare le mesh.
■ Figura 13.27
Messaggi che avvertono
del tentativo di creare una
faccia preesistente
Topologia di faccia
Diverse sono le funzioni che consentono di cambiare la topologia di superficie della mesh
per mezzo di esplosione, distacco, compressione, complanarità e cancellazione. Queste
funzioni tendono ad essere distruttive e sono utilizzate essenzialmente quando si vuole
cambiare in modo sostanziale la superficie del modello.
Esplodere un oggetto con un limite di angolo di 180 gradi divide ogni elemento in un nuovo
oggetto il che permette di risparmiare tempo quando si vogliono dare a molti oggetti nomi
sequenziali. Per fare questo è sufficiente attaccare tutti gli oggetto a uno (utilizzare l’opzione
Attach Multiple di EditableMesh), selezionare tutte le facce e esplodere con 180 gradi l’oggetto.
Ogni oggetto sarà così nominato in modo sequenziale.
È bene ricordare che quando si utilizza EditMesh, la storia delle azioni svolte viene
mantenuta con il modificatore. Se si esplode un oggetto in altri oggetti è possibile in un
secondo tempo cancellare il modificatore EditMesh: l’oggetto originale ricomparirà
intatto mentre gli oggetti creati dall’esplosione rimangono. Questo è un metodo per
separare delle porzioni da un modello senza danneggiare l’originale.
Distacco di facce
La funzione Detach viene utilizzata per creare nuovi oggetti da pezzi dell’oggetto
selezionato. L’intera selezione diventa un solo oggetto anche se composto di numerosi
elementi. Il nuovo oggetto eredita l’orientamento del riquadro di delimitazione dell’og-
getto originale.
Per distaccare delle facce da un elemento senza realizzare un oggetto esplodere la selezione di
faccia con un limite di angolo di 180 gradi. Questa procedura consente anche di creare oggetti
multipli in una sola operazione.
Compressione di facce
La funzione Collapse semplifica una mesh utilizzando un metodo particolare per cancellare
le facce. Le facce selezionate vengono cancellate e sostituite da un vertice centrato. Ogni
faccia adiacente che condivide un vertice con una faccia cancellata viene allungata (e
saldata) nella nuova posizione del vertice. Se una faccia adiacente condivide due vertici
■ Figura 13.28
“Cesellare” una mesh
comprimendo le facce
selezionate
Collapse considera la selezione un’unica selezione, anche se non è contigua, proprio come
succede con Vertex Collapse. Con le selezioni non contigue, il vertice compresso viene
sempre posizionato mediando le posizioni di ogni faccia selezionata. Questo non sempre
è auspicabile a meno che non si stia pianificando con attenzione la compressione
analizzando dove si troverà il vertice risultante. In quasi tutti i casi di modellazione, sarà
bene limitare la compressione a una selezione contigua.
Collapse viene spesso utilizzato come strumento per scolpire in quanto agisce come un
cesello che “scheggia” lungo il profilo di una mesh e un conteggio faccia. È meglio
utilizzare Collapse su mesh che contengono un grande numero di facce con cui lavorare.
La funzione si può rivelare utile su panorami generati in modo frattale e su mesh
organiche che è necessario rifinire e individualizzare. Quando questa funzione viene
utilizzata su una mesh con una superficie regolare fornisce punti riuniti dove vengono
posizionati i nuovi vertici. Per ulteriori informazioni ed esempi su Vertex Collapse
consultare i paragrafi precedenti.
Utilizzare Make Planar su un’intera mesh per appiattire la mesh. In questo modo si può creare
un interessante effetto di morphing per un’animazione.
■ Figura 13.30
Utilizzo di Make Planar per
allungare gli elementi
verso un piano comune
Cancellazione di facce
La funzione Delete esegue esattamente ciò che indica il suo nome: elimina, proprio come
il tasto CANC. Il risultato di Delete è decisamente ovvio a eccezione di quanto accade nel
caso di facce nascoste.
Subito dopo che una selezione viene nascosta, il suo perimetro rimane evidenziato in
rosso perché le facce nascoste sono ancora soggette alla selezione e verranno cancellate
se si preme il tasto CANC o si fa clic su Delete. Le facce che sono nascoste ma non ancora
cancellate possono agire come una specie di “anteprima” di cancellazione. È possibile
nascondere le facce e aggiungerle alla selezione tenendo il tasto CTRL premuto. È
possibile continuare a selezionare le facce nascoste costruendo allo stesso tempo una
selezione “nascosta”. Dopo avere preso confidenza con i risultati di questa operazione
visualizzati in finestra, premere CANC per eliminare quanto era nascosto.
Smusso di facce
L’utilizzo corretto dei gruppi di smusso può rendere un modello semplice intricato e un
modello complesso perfetto mentre l’utilizzo non corretto dei gruppi di smusso provoca
strane striature e elimina il dettaglio. Assegnando con attenzione i gruppi di smusso alle
facce selezionate all’interno di una mesh è possibile creare modelli corretti dal punto di
vista economico e visuale. I concetti di base dello smusso rispetto agli oggetti sono
descritti nel capitolo 7; tuttavia è anche importante comprendere come assegnare lo
smusso a livello di facce se la mesh non è per niente irregolare.
■ Figura 13.31
Smussatura dei lati di
diverse mesh angolari (il
solido superiore e quello
inferiore non hanno
assegnazioni di
smussatura)
Funzione AutoSmooth
La funzione AutoSmooth fornisce il metodo più semplice per l’assegnazione dei gruppi di
smusso a una selezione di facce. AutoSmooth confronta il suo valore di Threshold
all’angolo fra le facce saldate selezionate. Se l’angolo fra le facce saldate selezionate è
inferiore ad Angle Threshold, AutoSmooth assegna un gruppo di smusso comune a queste
facce.
La funzione AutoSmooth permette di risparmiare molto tempo e funziona con quasi tutte
le mesh. Alle facce complanari viene assegnato uno smusso unico per ogni faccia se il limite
è pari a 0 gradi. Per esempio, un parallelepipedo riceve un gruppo di smusso per tutte le
sue facce con un limite di 90 gradi, gruppi alternati per ogni lato con limiti compresi tra
0 e 90 gradi, e gruppi alternati per ogni faccia con un limite di 0 gradi. AutoSmooth è molto
efficiente con le sue assegnazioni automatiche e in genere assegna il minimo indispensa-
bile. Il parallelepipedo smussato riceve tre e non sei gruppi di smusso perché i tre gruppi
possono alternarsi in modo che non si tocchino. Questa efficienza spesso rende le facce
assegnate da AutoSmooth utili gruppi di selezione per altre operazioni.
Se lo smusso non sembra eseguita correttamente verificare la costruzione della mesh. I vertici
coincidenti o le facce adiacenti possono causare cuciture e le facce ridondanti possono causare
irregolarità nel rendering come il “flashing“.
Affinché AutoSmooth possa lavorare correttamente sulle mesh con transizioni di angolo
variabili, spostare i vertici della zona angolare meno profonda (con lo snap) per creare angoli
più acuti che sono più facilmente separabili dal limite d’angolo complessivo. AutoSmooth
assegnerà a questo punto gruppi che corrispondono alle linee geometriche del modello. Dopo
l’assegnazione è possibile rimettere i vertici spostati temporaneamente nelle posizioni originali.
Un altra possibilità è distaccare le porzioni di faccia in elementi in modo che fra di essi non
possa essere eseguito lo smusso.
Anche se AutoSmooth lavora con le selezioni, è più efficace quando viene applicato a
elementi interi. AutoSmooth inizia con il più basso dei 32 gruppi di smusso e prosegue in
modo crescente. Eseguire diversi AutoSmooth su selezioni diverse nello stesso elemento
aumenta la probabilità che i gruppi più diffusi e con numeri inferiori siano condivisi fra
facce di operazioni separate. Questo provoca lo smusso dove potrebbe non essere voluta
e con molta probabilità questo smusso non si sarebbe verificata se l’intero elemento fosse
stato selezionato per l’operazione di AutoSmooth.
Il momento migliore per eseguire AutoSmooth su una selezione è quando lo smusso è stato
eliminato dall’intero elemento e si vuole eseguire AutoSmooth su parti discrete che non si
incontrano. In questo modo i comuni gruppi di smusso non si toccano e non si verificano
smussature non volute.
Strane striature e bordi troppo scuri sono spesso segni di assegnazioni di smusso non corret-
te. Se un oggetto non sembra avere un rendering corretto, verificare se le assegnazioni dei
gruppi di smusso sono appropriate.
La funzione Select By Smooth Group presenta una finestra di dialogo (figura 13.32) che
mostra ogni gruppo di smusso correntemente assegnato all’oggetto. Premendo un
pulsante numerato e facendo clic su OK si selezionano tutte le facce assegnate a quel
gruppo. L’opzione Clear Selection esegue un comando Select None e poi seleziona per i
gruppi di smusso prescelti. Lasciando questa opzione disattivata si aggiunge la selezione
per smusso alla selezione di facce corrente.
È possibile selezionare tutte le facce che non hanno assegnazioni di smusso selezionando ogni
gruppo di smusso e poi eseguendo il comando Invert Selection.
Quando un oggetto sembra girato al contrario o rivoltato la causa in genere sono le normali
capovolte. Mostrare le facce non correttamente è comune quando si lavora con superfici di
rivoluzione. Quanto dovrebbe essere “dentro” viene portato “fuori” dalle normali (figura 13.33).
■ Figura 13.33
Impatto visivo delle
normali invertite
Le normali sono responsabili di troppi effetti in 3D Studio MAX per essere ignorate. Con
EditMesh le normali definiscono un centro del punto di rotazione della faccia, la direzione
dell’estrusione e il limite d’angolo utilizzato da Explode, AutoSmooth e AutoEdge. Altri
modificatori, come Optimize, Displace, MeshSmooth e Relax, calcolano i loro effetti con le
normali. Avere normali unificate è importante quando si creano oggetti composti
booleani. Alcuni materiali, comprese le mappe di faccia e molte composizioni procedurali,
basano i loro risultati sulle normali di faccia.
Si genera una certa confusione quando le facce adiacenti hanno vertici coincidenti e sembrano
essere solo saldate. Se una mesh apparentemente costruita in modo corretto ha dei problemi
con l’unificazione delle normali, verificare che i sui vertici siano davvero saldati e che non
duplichino facce esistenti.
Visualizzazione di normali
L’opzione Show Normals visualizza le normali di ogni faccia selezionata come vettore
azzurro/bianco. Questa designazione facilita l’individuazione di una normale con
direzione non corretta. Quindi l’utilizzo di Show Normals per identificare le facce rivolte
nella direzione sbagliata può rivelarsi più efficiente dell’esame di dette facce. Il parametro
associato Scale, in Show Normals, scala le dimensioni del vettore della normale e non ha
effetto sulla mesh. Con alcune geometrie può essere utile incrementare notevolmente
Scale per vedere l’interazione delle normali (per esempio, le normali dell’interno di una
cupola si intersecheranno nel centro della cupola). I vettori delle normali vengono solo
visualizzati e non si possono manipolare direttamente (per farlo è necessario utilizzare
la funzione Flip sulle facce selezionate).
Rovesciamento di normali
L’opzione Normal Unify non funziona con tutte le mesh. Le mesh complanari, interne,
rovesciate, o importate devono avere le loro normali regolate manualmente. Questo
compito può essere veloce, per esempio quando le normali si trovano semplicemente
rivolte nella direzione sbagliata, oppure piuttosto lento, per esempio quando la mesh è
costruita in modo non corretto (spesso perché in un altro programma) e le normali sono
disposte a casaccio. Un caso tipico si verifica quando si vuole vedere l’interno di un
oggetto creato. Se si unifica la normale questa si dispone sempre rivolta verso l’esterno
rispetto al centro della selezione, e si deve rovesciare manualmente l’intera mesh per
disporle rivolte verso l’interno.
Spesso è più semplice rovesciare tutte le normali della mesh nella direzione sbagliata e poi
lavorare “all’indietro” rovesciando le facce che è possibile vedere. Dopo che le facce solitarie
sono state rovesciate non è più possibile vedere la mesh, eseguire Select All e rovesciarla di
nuovo per una mesh unificata.
Livello Edge
La tendina EDGE (figura 13.34) è di gran lunga il più semplice dei livelli di selezione. I bordi
obbediscono alle stesse regole relative alle selezioni di finestra e di porzioni intersecanti
valide per la selezione delle facce. Tuttavia, si noterà che, a meno che i bordi siano tutti
visualizzati, è difficile selezionare solo quanto si intende selezionare. In particolare
questo vale per le selezioni di porzione dentro l’interno di una mesh. Mentre la selezione
di facce ha un’opzione By Vertex, la selezione di bordi non prevede questa opzione.
Quando si definisce una porzione, il primo clic del mouse per definire la porzione eseguirà
una selezione e potrà facilmente colpire un bordo invisibile non previsto.
L’utilizzo dell’opzione [Select All] con i bordi richiede una certa attenzione. Diversamente dalle
facce e dai vertici nascosti, i bordi non visibili vengono trattati come bordi selezionati, e l’opzio-
ne [Select All] seleziona anche i bordi non visibili. Qualsiasi modifica applicata dopo [Select All]
riguarderà le selezioni di bordi visibili e non visibili producendo effetti spesso non desiderati.
Trasformazione di bordi
Quando si trasforma un bordo, in realtà si sta trasformando i due vertici che lo
definiscono. I bordi sono un modo per stringere due vertici in una relazione reciproca
mentre si manipola il bordo stesso. Un bordo può essere paragonato a un manubrio rigido
che sposta i pesi su entrambe le estremità senza deformarsi. Il modo in cui un bordo
stringe due vertici in una relazione è simile al modo in cui una faccia stringe una selezione
di tre vertici.
Con EditMesh ogni bordo possiede un asse locale in modo che sia possibile utilizzare il
centro del punto di rotazione. Questa funzione non è disponibile con EditableMesh.
Se non si vuole lasciare il pannello EDIT per disattivare l’opzione [Edges Only], è possibile
eseguire [Select All] sui bordi e poi eseguire AutoEdge con un angolo pari a 0 per visualizzare
tutti i bordi. In un secondo tempo si potrà utilizzare AutoEdge per rendere i bordi non visibili.
■ Figura 13.36
Controllo Edges Only
Per utilizzare AutoEdge su di un oggetto intero eseguire [Select All] che consente di selezionare
tutti i bordi visibili e non visibili in una sola volta.
Lavorando su una selezione è possibile controllare quale parte del modello viene valutata
con il valore Angle Threshold corrente. Questa valutazione può essere importante quando
parti diverse del modello hanno angolature diverse e unAutoEdgegenerale visualizzerebbe
troppo o troppo poco in una zona data.
Se si intende estrudere un solo bordo spesso è meglio estrudere anche un bordo contiguo in
modo che la direzione di estrusione sia determinabile. Dopodiché sarà possibile cancellare il
bordo non necessario.
Come nel caso di Face Extrude, è possibile estrudere interattivamente con il mouse o con
il campo incrementatore. Ogni volta in cui si trascina o si rilasciano il mouse o il campo
incrementatore si crea una nuova estrusione che consente di creare rapidamente strisce
di facce estruse.
■ Figura 13.37
Creazione di geometrie
con Edge Divide
Dividere i bordi è un modo pratico per introdurre un vertice e aggiungere una faccia a
zone mesh che necessitano di essere saldate.
Molti modelli in altri programmi sono tassellati impropriamente e potrebbero avere un
numero di vertici dissimile nei punti di trasmissione (l’esportazione in 3D Studio MAX
dei solidi ACIS di AutoCAD può essere un esempio). Affinché queste superfici siano
smussate adeguatamente devono essere creati dei vertici per bilanciare il numero dei
vertici nelle giunzioni. Dopo che si è ottenuto un numero simile alla transizione, i vertici
di entrambi i lati devono essere saldati per consentire la continuazione dello smusso e per
evitare le cuciture.
Le facce che sono state create da Divide ereditano le coordinate di mappatura del
principale ma non acquisiscono alcun gruppo di smusso. Se il modello utilizza lo smusso,
è necessario assegnare i gruppi di smusso dopo avere concluso la divisione dei bordi.
Quando si dividono i bordi su modelli smussati, è possibile selezionare le facce nuove utilizzan-
do il comando Select by Smooth per selezionare ogni gruppo di smusso ed eseguendo Select
Invert.
La direzione di un bordo cambia il rendering dei materiali con mappatura di faccia e può essere
uno strumento importante per la regolazione del loro aspetto.
Ruotare un bordo è un sottile strumento di modellazione che spesso viene utilizzato per
alterare il profilo di una mesh. La rotazione è un riaggiustamento che non rende la mesh
più complessa in quanto riorienta semplicemente quanto già esiste. Se una zona della mesh
deve essere corrugata o smussata leggermente, la rotazione di un bordo può essere utile.
Se un’operazione booleana non funziona, ruotare un bordo su facce complanari può
riaggiustare la geometria in modo da consentire alla booleana di funzionare senza
cambiare la posizione o la complessità dell’oggetto. Ma gli utilizzi più comuni della
rotazione dei bordi sono di stabilire modelli all’interno di una mesh (figura 13.38) e di
orientare i bordi per successive operazioni di modellazione.
■ Figura 13.38
Creazione di modelli
geometrici con la
rotazione e la divisione
delle facce
Riepilogo
■ Vertici: la maggior parte della modellazione di mesh riguarda i vertici. La
selezione di facce, poligoni, elementi e bordi è spesso solo un metodo alter-
nativo per incidere sui vertici che li comprendono. Quando si regolano i
vertici si regolano tutte le facce che sono costruite su quei vertici.
■ Funzioni a livello faccia e normali: molte funzioni di livello faccia basano i
loro effetti su normali di faccia o sulla normale mediana della selezione.
Making Faces Coplanar, Extrusion e Affect Region del livello vertice sono solo
alcune delle funzioni che rendono fondamentale il corretto, e unificato,
orientamento della normale per l’editing di mesh. Anche altri modificatori,
come gli oggetti composti booleani e MeshSmooth, dipendono per i loro
risultati da normali corrette.
■ Editing dei vertici: l’opzione Affect Region del livello vertice cambia radical-
mente il modo in cui lavora l’editing dei vertici. Quando sono attive, le
selezioni dei vertici agiscono come “magneti” che attirano e respingono
porzioni di altri vertici come definiti dalla forma di una curva porzione
regolabile.
■ EditMesh: i centri di trasformazione individuali forniti da EditMesh fornisco-
no un significativo vantaggio di modellazione rispetto a Editable Mesh. Questo
è particolarmente vero quando si trasforma le selezioni non contigue sul
posto o quando si estrudono facce e bordi.
■ Editing accidentale: nascondere facce e vertici è un metodo per isolarli da
altre selezioni e “proteggerli” dall’editing accidentale. Questo non deve
essere confuso con la visibilità del livello bordo che non ha effetto sulla
selezionabilità dei bordi.
■ Gruppi di smusso: i gruppi di smusso sono uno strumento per perfezionare
la qualità della superficie. AutoSmooth funziona bene per i modelli con transi-
zioni distinte mentre le assegnazioni manuali dei gruppi di smusso sono
Tipi di patch
In 3DS MAX sono attualmente disponibili due tipi di patch, QuadPatch e TriPatch,
entrambi basati sulle curve di Bézier. Le primitive di QuadPatch e TriPatch (che si trovano
sotto Patch Grids nella casella di riepilogo a discesa Geometry⇓ del pannello CREATE) creano
patch singoli di questo tipo ai quali si possono aggiungere altri patch con il modificatore
EditPatch. Modificatori come Lathe ed Extrude possono esportare i propri oggetti come
patch, e anche i mesh possono essere convertiti in oggetti patch. È importante notare che
i vari metodi di creazione possono produrre o TriPatch o QuadPatch e che questi due tipi
fondamentali di patch danno risultati diversi una volta modificati. La figura 14.1 mostra
due patch e le forme da essi risultanti in seguito ad alcune modifiche elementari. I vertici
e le maniglie tangenti dei due patch erano posizionati allo stesso modo. Il mesh
dell’oggetto TriPatch tende a piegarsi uniformemente come un foglio di carta, mentre
l’oggetto QuadPatch tende a piegarsi più come un pezzo di gomma, perché i QuadPatch
agiscono su un “quad” di vertici di controllo adiacenti - i vertici di una diagonale agiscono
reciprocamente sulle superfici a essi relative. I TriPatch condizionano invece soltanto i
vertici con i quali condividono un lato e le superfici dei vertici della diagonale non sono
condizionate.
■ Figura 14.1
Differenze tra
deformazioni TriPatch e
QuadPatch.
TriPatch
QuadPatch
■ Figura 14.2
Elementi di visualizzazione
dei patch.
Patch Bordo
a livello a livello
patch Edge
Edge e Patch sono “visibili” solo sullo schema. Lavorando a livello di Edge o Patch tutte
le selezioni sono indicate sullo schema mentre sulla superficie non viene data alcuna
indicazione di selezione. Se lo schema non è presente le selezioni vengono ancora
effettuate ma non sono visibili (situazione che può presentare dei rischi). I comandi
relativi alla visualizzazione dello schema e della superficie sono disponibili a tutti i livelli
e vengono attivati o disattivati costantemente durante le varie operazioni.
La superficie patch è un risultato dello schema e non può essere modificata direttamente.
Si tratta di un enorme vantaggio e non di un limite, perché consente di definire la densità
della superficie del patch in qualunque momento. Ciò rende possibile lavorare con una
rappresentazione molto semplice e di intensificarla a mano a mano che le modifiche
aumentano o quando l’output di rendering lo richiede.
Curve di Bézier
I patch di Bézier si comportano in modo molto simile alle spline di Bézier. La tipica spline
di Bézier utilizza quattro punti per determinare la propria curva. La curva passa
attraverso il primo e l’ultimo punto ed effettua l’interpolazione tra i due. La figura 14.3
mostra che, con i patch, i vertici sono i punti di controllo finali e i vettori del patch sono
i punti di controllo intermedi della spline.
Vettori
Curva di
superficie
risultante
Maniglie
dei vettori
Lattice
La manipolazione dei vertici in assenza di schema può generare confusione. In queste condizio-
ni i vettori compaiono come proprietà del vertice mentre in realtà sono i punti di interpolazione
del bordo della spline di definizione.
Vertici interni
Il patch è intersecato da altre linee dello schema. Tali “bordi” interni terminano nelle
maniglie vettoriali e passano attraverso i cosiddetti vertici interni. Tali vertici non sono
■ Figura 14.4
La disposizione dei vertici
interni rispetto all’aggiunta
di vertici di altri patch.
Quattro patch
Un patch
Vertici
interni
Vertici
Vertici interni/maniglie
I vertici interni possono essere utili ma sono difficili da individuare. Quando un patch
viene modificato per la prima volta, esso si trova in modalità Auto Interior e i vertici interni
sono invisibili perché i punti di controllo interni vengono spostati durante la disposizione
di maniglie vettoriali, bordi e patch. I vertici interni non compaiono fino a quando la
modalità del patch non viene cambiata in Manual Interior, facendo clic su essi con il tasto
destro del mouse a livello di selezione di sub-oggetti Patch.
Quando un patch viene posto in modalità Manual Interior apparentemente non accade
nulla fino al ritorno a livello di selezione Vertex. A questo punto tutti i vertici interni sono
visualizzati in giallo (quattro vertici per un QuadPatch e tre per un TriPatch) per ogni patch
che si trova in questa modalità (figura 14.4). Diversamente da quanto accade con le
maniglie vettoriali, non è necessario effettuare alcuna selezione prima di operare su essi:
sono sempre disponibili per qualsiasi operazione.
Anche la modifica dei vertici risulta differente quando il patch è in modalità Manual
Interior perché i vertici interni non vengono più trascinati. La figura 14.6 mostra lo stesso
vertice modificato nelle due modalità. Lo spostamento dei vertici svincolati dai vertici
interni a essi vicini produce superfici con bordi non smussati. Ovviamente le proprietà
della superficie risultanti dalla modifica dei soli vertici interni è ugualmente utile (figura
14.7).
La trasformazione di un patch o di un bordo modifica i vertici e le maniglie vettoriali del
bordo o del patch ma non i vertici interni. Questa caratteristica risulta utile ma può
generare confusione: quando il risultato dell’operazione appare chiaro è opportuno
utilizzare la modalità Manual.
Il cambiamento della modalità di un patch da Manual Interior a Auto Interior cancella tutte le
modifiche apportate ai vertici interni. L’effetto è comunque reversibile, basta fare di nuovo clic
su Manual Interior. Quando vengono modificati i vertici interni quindi, per mantenere i cambia-
menti, il patch deve rimanere in modalità manuale.
Edit di vertici
singolicon
Manual
Interior
■ Figura 14.7
Effetto dello spostamento
dei soli vertici interni.
Suddivisione e propagazione
La suddivisione di un patch consiste nella sua divisione in quattro parti. I bordi dei nuovi
patch, che siano Quad o Tri, si trovano nei punti mediani dei bordi del patch originario.
Ciò non significa necessariamente che l’intero oggetto viene moltiplicato per quattro
(figura 14.8). Solo i patch adiacenti a bordi divisi si dividono, e molti si dividono solo una
volta.
L’opzione Propagate divide i patch in modo tale che i vertici lungo i bordi rimangano
coerenti. A meno che non sia richiesta una frattura nella visualizzazione del modello, è
sempre necessario propagare le suddivisioni del patch. Senza propagazione il bordo non
può continuare a essere smussato. La ragione è semplice: i nuovi vertici non hanno
elementi a cui saldarsi. L’effetto visivo è uno spigolo nella linea di giuntura perché la
smussatura non può continuare sul bordo. La zona quindi diventa simile a una “falda”
pronta per essere rimossa, senza che ciò condizioni i patch adiacenti (figura 14.9, riquadro
in basso a destra).
Duesuddivisioni Tresuddivisioni
■ Figura 14.9
Giunture originate dalla
suddivisioneconl’opzione
Propagation disattivata.
Patch
suddiviso
Cucitura
(commessura)
■ Figura 14.10
I patch corrispondenti alle
primitive standard.
La creazione di primitive con altezze negative crea patch con normali invertite. Si tratta di un
metodo molto utile per creare oggetti patch per contenitori, recipienti e camere a partire da
Box, Cylinder, Tube e Cone.
■ Figura 14.11
Utilizzo di Extrude e Lathe
per la generazione di
QuadPatch.
Le spline costituiscono la base naturale per i modelli patch perché entrambi si fondano
sulla stessa forma geometrica: la spline di Bézier. Le spline possono essere convertite in
patch utilizzando il modificatore Extrude o Lathe. Il Lofter però non fornisce l’opzione
patch.
È possibile creare oggetti patch dai loft con la Release 4 di 3D Studio. I modelli 3DS creati dal
modulo Surfer 3D di 3DSR4 vengono tradotti in patch 3DS MAX per importazione (figura
14.12).
Il modificatore Lathe è molto utile per la creazione di forme base per la modellazione di
patch. Lathe può essere assimilato a un tornio da ceramica che fa ruotare una spline fino
a trasformarla in argilla malleabile (patch). La fase delicata dell’utilizzo di Lathe consiste
nel direzionarne le normali. Diversamente da quanto avviene per le mesh, non è possibile
ridirezionare le normali di un patch. Se le normali di un patch hanno la direzione sbagliata
■ Figura 14.12
Un loft Surfer 3D di 3D
Studio R4 importato in
3DS.
Snap valido
■ Figura 14.13
La linea di puntamento
Snap nidificato non valido Snap concavo non valido controlla l’occlusione.
■ Figura 14.14
Occlusione manuale di una
forma complessa
effettuata aggiungendo e
saldando patch ai bordi.
Continuità di smussatura
Un vertice di tipo spline ha un forte impatto sullo smussatura dell’estrusione o del tornio
del patch. I vertici Smooth o di Bézier danno patch smussati ma i vertici Corner o Bézier
Corner danno bordi increspati sui quali lo smussatura non può proseguire. Si tratta di una
situazione analoga a quella descritta per le primitive, anche se, diversamente da queste,
è possibile tornare in EditSpline per trasformare i vertici nel tipo Smooth o Bézier (figura
14.15). Se è stato compresso lo elenco per un oggetto patch creato con Extrude o Lathe
ottenendo un oggetto patch, la continuità di smussatura dell’oggetto è fissa e non può
essere cambiata. È quindi necessario analizzare attentamente i modelli prima di compri-
merli, in modo da stabilire se i vertici delle spline devono essere riclassificati.
Le occlusioni create dai modificatori Extrude e Lathe o definiti come parte di un oggetto
parametrico, presentano sempre una discontinuità di smussatura lungo i bordi occlusi. Si
tratta esattamente della stessa situazione descritta precedentemente per le spline con
vertici ad angolo. L’unica differenza consiste nel fatto che non c’è modo di cambiarla per
le occlusioni; il rendering del bordo è sempre una increspatura.
Per dare continuità allo smussatura lungo il bordo coperto di Extrude o di Lathe, prima di tutto
rimuovere l’occlusione, cancellando i patch o rimuovendo l’opzione di occlusione nel modifica-
tore. Aggiungere quindi patch ai bordi, trascinare i vertici esposti verso i bordi opposti e
saldare.
I patch generati dalle primitive standard hanno una proprietà che non può essere
duplicata con altre modellazioni di patch e al momento non può essere modificata. Le
primitive che iniziano con occlusioni (bordi increspati, rigidi come la faccia di un cilindro
o i lati di una scatola, per esempio) conservano quei bordi rigidi per tutta la vita del patch.
Diversamente dai bordi di occlusione Extrude o Lathe, i patch aggiunti alle primitive lungo
■ Figura 14.15
Il tipo di vertice condiziona
la continuità di
smussatura.
Discontinuità
■ Figura 14.16
Smussatura della frattura
tra bordi “rigidi”, unica
nelle occlusioni.
EditPatch
EditPatch è lo strumento principale nella modificazione dei patch. È concettualmente
simile a EditMesh ed EditSpline, ma meno solido. Come nel caso di EditSpline, EditPatch
salva tutte le modifiche eseguite in sequenza, vale a dire che quanto più a lungo viene
utilizzato il modificatore, tanto maggiori diventano le dimensioni del file, e della RAM.
Quando vengono raggiunti stadi in cui il modello diventa definitivo, si tende a
comprimere lo elenco. Le dimensioni dei file di modelli a cui è associata una serie
Livello Object
Il livello Object di EditPatch (figura 14.17) consente di aggiungere altri oggetti patch e
contiene il controllo relativo alla densità di mesh dell’intero oggetto patch.
Può capitare di tornare a livello Object durante la modellazione ad altri livelli per
modificare le impostazioni Steps in modo da rendere più veloce o precisa la modellazione
di un vertice.
■ Figura 14.17
Il livello Object di
EditPatch.
■ Figura 14.18
Modificazione della densità
del patch attraverso la
Un passo, regolazione di Steps.
840 facce
7 passi,
13.440 facce
Se da una parte la quantità di spazio su disco richiesta dal modello patch è indipendente
dall’impostazione Steps, dall’altra la RAM richiesta per la visualizzazione e il rendering
non lo sono. Il numero di facce generate corrisponde a (passi + 1)2 per ogni patch.
Un’impostazione elevata di Steps può quindi ridurre drasticamente le prestazioni del
sistema. Il valore massimo di Steps è 100, in corrispondenza del quale vengono create per
il modello più di due milioni di facce. Durante la regolazione del campo incrementatore
di Steps non deve assolutamente essere utilizzato il tasto acceleratore CTRL.
L’opzione Reorient può dare risultati inattesi: è quindi consigliabile utilizzare la funzione Align
per centrare gli oggetti prima di collegarli, in modo tale da garantire il risultato di
riorientamento desiderato.
■ Figura 14.20
Il livello Patch del
modificatore EditPatch.
I patch vedono il sistema di coordinate Local come unico riferimento, e rotazione e scala
avvengono intorno al centro di tale sistema. È quindi sconsigliabile utilizzarlo per il livello Patch.
Quando si trasformano i patch è necessario prestare molta attenzione allo stato dei vertici
interni. Se si utilizza la modalità Auto Interior, i vertici interni si spostano sempre insieme
al patch. Se invece è attiva la modalità Manual Interior tali vertici sono fissati alla loro
posizione e non possono essere spostati. La figura 14.21 mostra l’effetto della scalatura
di patch con i vertici interni in modalità Manual Interior.
Il passaggio dalla modalità Manual a quella Auto rimuove lo stato dei vertici interni, a prescin-
dere dal momento o dal modo in cui ne è stata stabilita la posizione. I vertici interni torneranno
alla posizione di default quando viene aggiunto EditPatch e i patch vengono posti nella modalità
Auto. La compressione dell’elenco non impedisce la reimpostazione della posizione dei vertici
interni.
Staccare i patch
Diversamente da quanto avviene in EditMesh, staccare (detach) un patch implica sempre
la creazione di un nuovo oggetto. La funzione Detach costituisce l’unico modo per
“clonare” un patch fuori da un modello perché la clonazione normale non è supportata
dal modificatore EditPatch. Diversamente da EditMesh, l’opzione che consente di mante-
Vertici interni
L’utilizzo del tasto Delete con un Edge selezionato implica la cancellazione di tutto l’oggetto
patch perché non esiste una funzione Delete e il tasto Delete è utilizzato a livello di oggetto.
■ Figura 14.23
La rotazione dei bordi dà
luogo a una striscia di
onde.
Bordi ruotati
Analogamente ai patch, i bordi non hanno alcuna influenza sui vertici interni che si
trovano in modalità Manual Interior. Tali vertici sono “trascurati” durante la trasforma-
zione del bordo. Quando il patch viene riportato in modalità Auto Interior i vertici interni
tornano alla posizione di default e subiscono l’influenza della trasformazione dei bordi.
I bordi dei patch vedono il sistema di coordinate Local come unico riferimento, e rotazione e
scala avvengono intorno al centro di tale sistema. È quindi sconsigliabile utilizzarlo per il livello
Edge.
Aggiunta di patch
Il livello Edge viene utilizzato principalmente per aggiungere patch. L’unico modo per
estendere i limiti di un oggetto patch, oltre alla saldatura, consiste nell’aggiungere bordi.
I bordi aggiunti si saldano a quello selezionato. Gli altri vertici del nuovo patch (due per
un Quad e uno per un Tri) sono quindi liberi e manipolabili. Nella maggior parte dei casi
questi vengono saldati ad altri patch.
L’aggiunta di bordi non è un’operazione semplice. Dopo aver selezionato un bordo, fare
clic su Add Tri oppure su Add Quad per aggiungere il tipo di patch adatto. È necessario
sottolineare che ogni bordo selezionato riceve un patch: ciò può costituire un problema
quando vengono creati gli stessi patch doppi mentre ne compare uno solo. La figura 14.24
mostra la tipica situazione in cui vengono aggiunti involontariamente patch ulteriori a
causa del sovrannumero di bordi selezionati. Come mostra il quadrante in basso a destra,
i bordi doppi possono essere distinti l’uno dall’altro e resi palesi.
Il metodo corretto di aggiunta dei patch negli angoli interni consiste nel selezionare i
bordi singolarmente tenendo conto della loro possibile estensione (figura 14.25, quadran-
■ Figura 14.24
Creazione di patch doppi a
a partire dalla selezione di
bordi adiacenti. Bordi
duplicati
Bordi
selezionati
correttamente
■ Figura 14.25
Modellazione di un fiore
con l’aggiunta di TriPatch.
Patch
originale
Aggiunta
di otto
TriPatch
■ Figura 14.26
NuoviQuadPatch Patch tangenti aggiunti a
bordi selezionati.
Bordi
selezionati
Come accennato nella presentazione del capitolo, il tipo di patch aggiunto ne condiziona
comportamento e modi di deformazione. Pur essendo del tutto lecito mescolare due tipi
di patch, tale operazione deve essere ispirata alla cautela perché i metodi di modifica si
diversificano all’interno del modello. Quando un oggetto organico basato su QuadPatch
viene chiuso, per esempio, può sembrare più semplice utilizzare TriPatch in certe giunture,
ma ciò può dar adito a difficoltà di smussatura dei bordi in certe zone perché i diversi
patch ai due lati del bordo si piegano in modo differente. La figura 14.27 mostra la
situazione in cui un TriPatch è stato aggiunto in una zona di QuadPatch. Il risultato è un
bordo che necessita di ulteriori regolazioni delle maniglie vettoriali dei vertici per
smussare l’increspatura ottenuta.
■ Figura 14.27
Un TriPatch aggiunto a
una zona di QuadPatch.
TriPatch
■ Figura 14.28
La tendina Vertex Level di
EditPatch.
Durante la modifica dei vertici è probabile che non sia neanche necessario visualizzare lo
schema del patch perché tutti i vertici fanno parte della sua superficie e il loro ruolo è del tutto
evidente. Generalmente, durante le operazioni sui vertici, è consigliabile disattivare lo schema.
La densità del patch, controllata a livello Object dall’impostazione di Steps, non condiziona
le modifiche dei vertici. I livelli di Step inferiori possono tradire l’effetto delle modifiche
perché le facce prodotte non sono sufficienti a mostrare la curvatura risultante. Quando
vengono apportate le modifiche finali al modello è opportuno incrementare Steps in
modo da rendere visibili i dettagli dell’ombreggiatura, indicata dalle tangenze, man
I modificatori FFD (Free Form Deformation) di recente introdotti possono animare le superfici
dei patch in modo molto simile alla regolazione delle maniglie tangenti. I modificatori FFD
conservano il modello come patch e sono strumenti estremamente validi per la manipolazione
dei modelli di patch.
Per spostare una singola maniglia vettoriale esattamente lungo il suo vettore, scalare la mani-
glia che si sposterà in modo colineare verso il vertice principale.
Facendo clic con il tasto destro del mouse su un vertice o una selezione di vertici, si potrà
modificare il tipo di vettore corrispondente. Tale procedura è analoga a quella relativa
ai vertici spline tranne per il fatto che ci sono solo due opzioni: Coplanar e Corner. L’opzione
Corner consente di regolare ogni vettore indipendentemente, cosicché la modifica di un
vettore non condiziona gli altri. Ciò non ha alcun impatto sulla smussatura né sulla
continuità del percorso. L’opzione Coplanar regola le maniglie Vertex in modo che siano
complanari l’una rispetto all’altra e poi blocca i vettori che conserveranno perciò la
relazione di complanarità. Ciò comunque non garantisce né applica la tangenza dei patch
coinvolti ma allinea soltanto le maniglie vettoriali su un piano comune.
Dopo l’applicazione dell’opzione Coplanar tutte le maniglie si regolano quando ne viene
modificata una, in modo da conservare la relazione di complanarità. L’unico modo per
spostare una maniglia senza condizionare l’altra consiste nello scalarla. I vertici che hanno
solo due vettori, quelli degli angoli esterni, sono sempre trattati come Corner perché per
definire un piano sono necessari tre punti. La modifica di un vertice da Corner a Coplanar
spesso implica un leggero cambiamento della curvatura, mentre il passaggio da Coplanar
a Corner non ha alcun effetto iniziale sulla superficie del patch.
Nella modellazione di forme organiche è opportuno utilizzare vettori angolo (corner) e modifi-
carli in Coplanar quasi alla fine delle operazioni: ciò garantisce una maggior libertà nella mani-
polazione del singolo vertice pur mantenendo l’attenzione sulla forma.
La trasformazione dei vertici di patch è diversa dalla trasformazione dei patch e dei
bordi, quando viene utilizzato il sistema di coordinate Local. Quando tale sistema è attivo
i vertici ruotano e scalano intorno a un asse locale che ha lo stesso allineamento assiale
dell’oggetto stesso, a prescindere dall’opzione del centro del punto di rotazione.
Ciò significa che quando viene utilizzato il sistema di coordinate Local con i vertici,
l’opzione [Use Selection Center] non ha alcun effetto. Tale funzione consente di ruotare
e scalare i vertici indipendentemente, con l’effetto di far ruotare le maniglie vettoriali che
si spostano da e verso i vertici statici. Per ruotarle intorno a un centro collettivo è
necessario scegliere un altro tipo di sistema di coordinate, per esempio Parent.
L’opzione [Lock Handles] blocca le maniglie in modo tale che la regolazione di una di esse
condiziona l’altra. Solo quando una maniglia si sposta lungo il proprio vettore (scalato)
le altre non vengono condizionate. [Lock Handles] è un’impostazione globale per
l’oggetto patch identica, dal punto di vista operativo, al metodo con cui le maniglie si
regolano quando i loro vertici sono impostati come Coplanar. Generalmente tale
impostazione non viene attivata, ma viene utilizzata principalmente per regolare i vertici
Corner che richiedono la conservazione della relazione esistente fra le corrispondenti
maniglie.
La selezione di patch per non modificare vertici è un’operazione critica quando i patch vengono
aggiunti a zone di una sezione del modello già finita.
La maniera in cui i patch saldati sono regolati in modo da essere tangenziali e smussati
può non risultare evidente. Una volta saldati, i bordi definiti da maniglie vettoriali e
vertici dispongono di nuovi punti attraverso cui effettuare l’interpolazione. Le curve di
Bézier poi producono una superficie naturalmente smussata. La figura 14.29 mostra
l’effetto di continuità su diversi patch aggiunti, già smussati sui bordi di collegamento,
quando i vertici angolo vengono regolati in modo da essere avvicinati e saldati. Si tratta
di una proprietà tipica delle curve di Bézier che conservano la continuità tra curve
adiacenti e in questo caso tra patch.
Nel caso di modelli simmetrici, come naso e faccia, conviene modellare solo metà della
forma. Dopo essere arrivati al punto in cui diventa necessario vedere l’altro lato, riflettere
il modello intorno al bordo centrale e trasformare il nuovo oggetto in un’istanza o un
riferimento. In questo modo le modifiche apportate al lato su cui si lavora vengono
riprodotte sull’altro. La figura 14.30 mostra questa tecnica applicata a una testa: tutti i
cambiamenti eseguiti su un lato vengono dinamicamente aggiornati sull’altro. Alla fine
delle operazioni, collegare il secondo lato al primo e saldare accuratamente la giuntura
(figura 14.30, quadrante in basso a destra).
Se la modellazione è stata iniziata su un modello intero, che è simmetrico, per utilizzare questa
tecnica staccare o cancellare una metà del modello e riflettere l’altra. La mediazione di saldatura
della posizione dei vertici spesso contribuisce a creare una giuntura di riflesso diritta.
■ Figura 14.30
Modellazione patch con
un’istanza riflessa.
Istanza
Originale
Cancellazione
Quando si cancella un vertice si cancellano anche tutti i patch che lo condividono. Si tratta
quindi di una situazione analoga alla cancellazione dei vertici delle mesh, dove ogni faccia
che condivide un vertice viene rimossa. Eliminare i patch dai rispettivi vertici non è
■ Figura 14.31
Un insieme di comandi
Patch Edit garantisce che
la geometria Patch non
venga convertita in mesh.
L’unico modificatore operante su superfici applicabile è UVW Map: infatti le due classi di
oggetti mesh e patch appartengono entrambe alla classe degli oggetti “mappabili” che
consente ai modificatori di memorizzare le mappature senza modificare la topologia.
Questa funzione non è disponibile in fase di smussatura, materiali e normali, e ciò implica
un aspetto molto importante della modifica dei patch: il grado di smussatura del modello
dipende interamente dalle sue tangenze e dal modo in cui è stato costruito.
■ Figura 14.32
Effetto di un modificatore
Displace sui vertici patch.
Per ottenere che il risultato di un modello patch si comporti come una mesh, posizionare un
modificatore semplice, per esempio Normal, alla fine dell’elenco di modifica del percorso per
convertire il modello in mesh. La figura 14.33 mostra gli stessi quattro fotogrammi del model-
lo di figura 14.32, ma in questo caso è stato posizionato un modificatore Normal tra EditPatch
e Displace per trasformare il patch in una mesh pronta allo spostamento.
È necessario usare cautela nel tornare a EditPatch dopo la modellazione mesh perché le
impostazioni Steps condizionano l’ordinamento di vertici e facce utilizzato dai modificatori di
mesh successivi.
Riepilogo
■ Modelli patch. I modelli patch sono idealmente definiti fin dall’inizio come
patch o derivati da modificatori Lathe e Extrude. I patch derivati da mesh
devono costituire una scelta secondaria perché la conversione risulta in
TriPatch invece di QuadPatch.
■ Vertici interni in modalità Manual. Il passaggio dei vertici interni in moda-
lità Manual deve rimanere come impostazione definitiva perché il ritorno dei
patch in modalità Auto Interior reimposta nella posizione di default i vertici
collocati manualmente.
■ Aggiunta di modificatori a modelli patch. È necessario tenere sempre
presente che i modificatori Optimize, MeshSmooth, Relax, Normal, Smooth,
Material e VolumeSelect convertono il modello in mesh.
■ Smussatura dei bordi di un patch. La saldatura di patch a un bordo conferi-
sce automaticamente ai due patch una continuità di smussatura attraverso il
bordo. La smussatura può verificarsi solo tra patch che condividono bordi.
■ Smussatura delle superfici di un patch. Il posizionamento dei vertici e la
regolazione delle maniglie tangenti costituiscono l’unico metodo che condi-
ziona la smussatura della superficie di un patch. Il concetto di gruppi di
smussatura attiene soltanto alle mesh.
Modificatori geometrici
I modificatori più versatili sono quelli che lavorano con diverse figure geometriche. I
modificatori a deformazione assiale (Bend, Taper, Twist, Stretch e Skew) descritti nel
capitolo 8 appartengono a tale categoria. A questi vanno aggiunti Displace, Noise, Wave,
Ripple ed FFD. Questi modificatori sono leggermente più complessi di quelli descritti in
precedenza ma offrono possibilità di modellazione incredibili.
Displace
Displace è un modificatore che spinge e tira i vertici del modello secondo le coordinate
di mappatura. Le coordinate di mappatura possono corrispondere a quelle applicate nel
Modifier Stack o a quelle applicate dal gizmo Displace stesso. La direzione dello scostamento
è determinata dalla normale media della faccia calcolata per ogni vertice e dalla
proiezione di mappatura. La forza dello scostamento è controllata dagli incrementi di
forza del modificatore e, come opzione, da un bitmap di riferimento.
Il tasto ESC annulla Displace durante lunghi calcoli e rimanda alle impostazioni precedenti.
Perché il modificatore abbia un effetto visibile, la superficie scostata deve avere un numero di
vertici sufficiente in aree importanti per i dettagli (quindi, scostare un parallelepipedo da I
segmento non avrà alcun effetto).
L’unicità del modificatore Displace è data anche dal pulsante Image. Se si fa clic sul pulsante
Image (con l’etichetta “None”), è possibile selezionare qualsiasi bitmap per regolare la
forza del modificatore. In tutti i casi, i bitmap sono considerati mappe di intensità dove
si utilizza la luminanza e le immagini a colori sono trattate come fossero a scala di grigi.
I pixel bianchi producono un effetto completo, i pixel neri non producono alcun effetto
e quelli grigi hanno un effetto proporzionato. La figura 15.2 mostra questo effetto nei
■ Figura 15.1
L’effetto del parametro
Strength su una distanza
Sferico
a cui è applicato Displace.
Planare
■ Figura 15.2
L’effetto di una immagine
bitmap sullo spostamento.
3D Studio MAX utilizza solo la memoria RAM necessaria per elaborare l’intensità di colore dei
bitmap. Quando si utilizza una mappa di intensità, una versione a scala di grigi a 8 bit richiede
un terzo della memoria RAM necessaria alla stessa immagine a colori a 24 bit. Le immagini a
scala di grigi sono inoltre più intuitive perché è più facile confrontare le intensità di grigio che
trovare gli equivalenti di colore nella scala di grigi.
Displace è spesso utilizzato senza una mappatura esistente per influire su un modello, o
più probabilmente, su parti specifiche di un modello. In questa modalità, il gizmo Displace
si trasforma quasi in un “dito” che entra nel modello o una “calamita” che ne attrae la
■ Figura 15.6
Utilizzo di una mappatura
esistente dopo altre
deformazioni o da un loft.
■ Figura 15.7
Utilizzo di Displace come
un “dito” o una “calamita”
che modellano.
È spesso più facile impostare Strength su un valore molto alto per rendere visibile l’effetto della
fascia Decay ed eventualmente diminuire il valore Strength per raggiungere il risultato voluto.
Noise
Il modificatore Noise è preziosissimo per rendere ruvido il modello in maniera frattale e
casuale. Talvolta si desidera scuotere, far tremare e torcere la superficie del modello, ma
di fatto la modellazione di quel tipo di deformazione è alquanto difficoltosa. Noise è lo
strumento ideale per lavorare sul modello senza rovinarne la modellazione. È anche utile
per creare orizzontali frattali e superfici non lisce, come un sacchetto di carta stropicciato
o una carta ad acquerello. Il modificatore Noise è simile al controller Noise; l’unica
differenza è che l’effetto è determinato dalla trasformazione gizmo nello spazio tridimen-
sionale invece che dal tempo.
I parametri Strength controllano il valore dello scostamento del rumore lungo un dato
asse. I valori forza sono di fatto la distanza massima (in unità) che lo scostamento è in
grado di percorrere (quando Scale è impostato su 100%). Ogni vertice è scostato secondo
la forza dell’asse e le impostazioni globali Seed e Scale. Se si inserisce una scala valori lungo
un asse, tutti i vertici si sposteranno lungo quell’asse.
■ Figura 15.8
Lo scostamento
predefinito sinusoidale del
modificatore Noise.
A prescindere dell’intensità dello scostamento della figura geometrica con Noise, i vertici alle
estremità del gizmo Noise rimangono statici perché sono i punti finali della curva spline dello
scostamento.
Il parametro Scale influisce su tutte le forze dell’asse e potrebbe essere considerato una
regolazione di forza valida per i tre assi. Scale inizia a 100 percento: valori inferiori
diminuiscono le dimensioni della curva di scostamento mentre valori superiori le
aumentano. Se la curva aumenta di dimensione contemporaneamente si appiattisce,
quindi sarà necessario controbilanciare questo effetto con un maggiore valore Strength se
si desidera che la distanza di scostamento sia la stessa. Con valori minori, accade
esattamente il contrario.
Quando l’opzione [Fractal] è spuntata, una curva frattale è applicata alla sinusoide
originale smussata e il risultato è mostrato nella figura 15.9. In pratica, questa è
l’applicazione principale di Noise perché creare e animare un tale effetto manualmente è
piuttosto noioso. Con Noise, si tratta solo di regolare interattivamente alcuni parametri.
Gli orizzontali frattali sono di solito generati lungo un solo asse altrimenti i vertici si
sposterebbero in orizzontale. L’impostazione Iterations controlla il numero di “picchi”
della sinusoide: il valore 1.0 non ha nessun effetto (perché la sinusoide iniziale rappresen-
■ Figura 15.9
Applicazione di un rumore
frattale lungo un solo asse
e lungo tre assi.
A differenza del controller Noise, non esiste un diagramma che descriva la funzione
rumore. Invece, il gizmo del modificatore rappresenta abbastanza fedelmente la curva
disturbo in tre dimensioni. Gestire il centro gizmo è molto simile a regolare i valori Seed
o Phase e animarlo produce deformazioni smussate. Per influire sulla fase, spostare la
perpendicolare del centro sull’asse di forza che si desidera regolare (per esempio, se l’asse
è Z, spostarlo nel piano XY). Scalare il gizmo è simile alla regolazione delle impostazioni
Scale e Strength. Ruotare il gizmo significa cambiare la direzione verso cui i vertici sono
tirati. Per le animazioni, è consigliabile animare il gizmo e il relativo centro invece di Seed,
che provoca una modifica molto brusca per ogni intervallo. Animare il gizmo disturbo e
il centro gizmo offre numerose interessanti possibilità (figura 15.10).
L’animazione Noise è inoltre controllabile con l’opzione [Animate Noise]. Se spuntata,
l’opzione [Phase] controlla il ciclo di animazione delle curve di scostamento. Quando la
casella [Animate Noise] è spuntata, una chiave viene posizionata alle estremità del
segmento tempo attivo. È possibile aggiungere ulteriori chiavi con metodi convenzionali.
Se si disattiva la casella [Animate Noise], la traccia è ignorata dall’Editor tracce; se invece
la casella è attiva, le chiavi ritornano a essere attive. Anche se l’impostazione associata
Frequency non può essere animata, influisce sulla “velocità” di una data fase.
Quando si animano effetti rumore complessi, è consigliabile regolare l’animazione del rumore
con aggiustamento curve e/o moltiplicatore curve. Poiché il rumore è generato in maniera
frattale, l’iterazione non è disponibile quindi è necessario che l’animazione rumore sia almeno
uguale al segmento tempo attivo.
Wave
Il modificatore Wave deforma un oggetto creando una sinusoide lungo un solo asse (figura
15.11). Per default, la sinusoide è applicata all’asse Y, ma può essere orientata in qualsiasi
direzione ruotando il gizmo del modificatore Wave. Se animato, il modificatore Wave può
creare graziosi effetti.
■ Figura 15.11
Le distorsione sinusoidale
predefinita del
modificatore Wave.
I valori Amplitude esprimono la distanza dalla superficie originale fino alla cresta. Se
impostate sullo stesso valore, Amplitude 1 e 2 produrranno un’onda uniforme, come
mostrato nella parte superiore della figura 15.11. Il valore Amplitude 1 controlla l’altezza
del centro gizmo (che rappresenta per default il centro) e il valore Amplitude 2 definisce
■ Figura 15.12
Amplitude2 Curva spostata
Il centro gizmo determina
la posizione della curva.
Centro Centro
Il parametro Wave Length controlla la distanza fra le creste dell’onda o, più propriamen-
te, la frequenza dell’onda. È possibile imitare questa proprietà scalando il gizmo lungo
l’asse Y. Il parametro Phase controlla la posizione o il ciclo dell’onda mentre percorre
l’asse Y. Per ottenere un effetto ondeggiante, animare questo parametro. È possibile
raggiungere il parametro Phase muovendo il centro gizmo lungo l’asse Y.
Il parametro Decay permette di far svanire un’onda (se è minore di 1,0) o di amplificarla
(se è maggiore di 1,0). I valori Decay tendono a essere piuttosto piccoli (spesso minori di
0,1) e controllano il decadimento solo lungo la lunghezza dell’onda perché l’altezza
dell’onda è costante in larghezza e regolata solo dalle impostazioni dell’ampiezza.
L’origine del decadimento è il centro gizmo, quindi è molto importante posizionarlo in
modo corretto. I quadranti inferiori della figura 15.13 mostrano i risultati del decadimen-
to. La gestione del gizmo offre la possibilità di creare maggiore variazioni, come mostrato
nei quadranti superiori della figura 15.13, perché la rotazione del gizmo orienta o inclina
le onde.
Ripple
Il modificatore Ripple è identico allo space warp Ripple: si distingue perché agisce nello
spazio locale invece che globale. È molto simile al modificatore Wave poiché scosta i
vertici secondo la sinusoide. A differenza di Wave, Ripple proietta la sinusoide radialmente
dal centro gizmo (figura 15.14) invece che linearmente lungo un asse.
■ Figura 15.14
Onde radiali sinusoidali del
modificatore Ripple.
Ampiezza
Lunghezza
d’onda
Le impostazioni Wave Length, Phase e Decay sono simili a quelle del modificatore Wave.
L’effetto che deriva della posizione del centro gizmo è più diretto perché definisce il
centro dell’ondulazione, come un sassolino lanciato in uno stagno. Come sempre,
l’orientamento del gizmo è determinante per la deformazione. Se si utilizzano modifica-
tori multipli Ripple e Wave che si scontrano l’uno contro l’altro, si creeranno effetti acqua
o superfici variegate più convincenti.
Affinché i modificatori FFD lavorino correttamente, devono essere assegnati a oggetti tridimen-
sionali. Può capitare che insorgano problemi quando si tenta di deformare spline complanari e
altri oggetti piatti.
■ Figura 15.15
I tre modificatori FFD e la
forma dei relativi
spostamenti.
Controlli lattice
Controlli di selezione
Interpolazione
Curva Bézier Curva interpolata lineare
Il punto di forza delle FFD sta nella capacità di localizzare l’effetto. Quando si scala lo
schema, finché l’opzione Deform [Only In Volume] è attiva, solo i vertici contenuti
all’interno del volume dello schema saranno deformati, come mostrato dai quadranti
superiori della figura 15.16. Il volume dello schema definisce le selezioni prima che i punti
di controllo siano spostati; quindi è possibile spostare i punti di controllo in qualunque
modo senza influire sulla selezione. I quadranti inferiori della figura 15.16 mostrano che
quando si scala lo schema a una piccola regione e poi si cambia la selezione in <All
Vertices>, lo scostamento che ne risulta può essere molto grande a causa dell’interpolazione.
■ Figura 15.16
Opzioni Deform <Only in
Volume> e <All Vertices>.
Quando si lavora in modalità Volume, può capitare di far confusione nel determinare
l’estensione esatta del volume dopo aver regolato più volte i punti di controllo. È possibile
visualizzare il reale volume dello schema cambiando l’opzione Display da [Lattice] a
[Source Volume]. Quando l’opzione di visualizzazione [Source Volume] è attiva, le
regolazioni dei punti di controllo appaiono come movimenti relativi quando si sposta il
cursore e ritornano alla posizione iniziale dopo lo spostamento. Il movimento è stato
aggiunto alla posizione cumulativa del punto di controllo, quindi non è visualizzato. La
deformazione che ne risulta è visualizzata a prescindere dall’opzione di visualizzazione.
■ Figura 15.17
Utilizzo dei modificatori
FFD su insiemi di
selezione per ottenere un
minuzioso controllo locale.
Modificatori mesh
Diversi modificatori sono in grado di leggere e produrre solo informazioni mesh. Questi
modificatori richiedono che l’oggetto sia convertito in mesh. Poiché è possibile convertire
ogni oggetto di 3DS MAX in mesh, requisito essenziale per essere visualizzato e per il
rendering, se si assegnano questi modificatori a un modello patch o spline, da quel punto
in poi del Modifier Stack saranno convertiti in mesh. Anche se non è visualizzato nessun
messaggio che avverte della conversione, è sempre possibile ritornare indietro nella
cronologia delle modifiche e modificare l’oggetto come spline o patch prima che sia
convertito in mesh.
Optimize
Optimize è lo strumento principale di 3DS MAX per ridurre il calcolo delle facce.
Rappresenta anche un metodo per velocizzare il ridisegno quando si gestiscono grandi
modelli. In qualsiasi caso, Optimize analizza l’angolo che ogni faccia forma con le facce
adiacenti e lo confronta con il valore soglia. Optimize è di solito utilizzato dopo che un altro
modificatore ha generato o ha richiesto un elevato numero di facce (come MeshSmooth o
Displace, figura 15.19). È possibile confrontare il risultato ottimizzato con l’originale
disattivando temporaneamente l’icona a lampadina del modificatore Optimize.
Il tasto ESC annulla Optimize durante lunghi calcoli e rimanda alle impostazioni precedenti,
funzionalità importante perché Optimize richiede molto tempo per lavorare su mesh grandi.
Un’operazione accidentale che provoca un ricalcolo (come Undo) può essere così terminata.
I parametri Threshold sono fondamentali per Optimize perché controllano quali facce
devono essere eliminate. Il metodo di selezione per determinare le facce che rientrano
nella soglia è lo stesso descritto per le funzioni di EditMesh, AutoEdge, AutoSmoot ed
Explode nel capitolo 13.
Il parametro Face Threshold influisce sulle facce che condividono tre bordi con altre facce.
Il valore Edge Threshold controlla l’ottimizzazione solo delle facce con bordi esposti non
condivisi. Il valore dei bordi non può superare quello delle facce; nel caso, i valori
superiori sono ignorati. Il valore di default di 1,0 per i bordi ottimizza solo i bordi
colineari. Come la figura 15.20 dimostra, impostare valori diversi per bordi e facce
produce risultati diversi. Se si desidera conservare il profilo del modello, è necessario che
la soglia bordo sia molto bassa; se si desidera ottenere la massima ottimizzazione,
entrambi le soglie devono avere lo stesso valore.
■ Figura 15.20
L’effetto della soglia Edge
sulla mesh ottimizzata.
Il valore Bias controlla la forma delle facce risultanti: 1,0 praticamente elimina
l’ottimizzazione e 0,0 non ha alcun effetto. Valori bassi (minori di 0,1) eliminano le
schegge mentre valori elevati lasciano un numero sufficiente di vertici per altre
deformazioni. La figura 15.21 mostra l’effetto di Bias sulla mesh risultante. Il valore Bias
predefinito di 0,1 elimina le lunghe facce rastremate che producono manufatti di
rendering; ma se si desidera ottenere l’ottimizzazione massima, il valore Bias deve essere
impostato su zero.
■ Figura 15.21
L’effetto di Bias sulla
tassellatura risultante.
Optimize è unico fra i modificatori di 3DS MAX perché permette di avere valori distinti
per il rendering interattivo e di produzione. In questo modo, è possibile ottimizzare un
modello complesso per la gestione nella finestra e allo stesso tempo ottenere un rendering
estremamente particolareggiato. La figura 15.22 mostra come lo stesso modello possa
essere visualizzato con un conteggio facce basso e avere un rendering basato sul
conteggio originale. Quando nella finestra si passa dal Level 1 al Level 2, cambiano anche
le impostazioni (hanno gli stessi valori iniziali predefiniti). Quindi, se si utilizza Level 1
nelle finestre, è ancora possibile passare al Level 2 per modificare i valori. Il motivo è
semplice: è necessario visualizzare i risultati mentre si modificano i valori. Questo metodo
accelera notevolmente l’interazione con modelli densi. È importante ricordare, tuttavia,
che finché Optimize si trova nel Modifier Stack, i calcoli sono effettuati sull’intero modello
che è salvato su disco.
■ Figura 15.22
Utilizzo del Level of Detail
1 per l’interattività e del
Level 2 per il rendering di
produzione.
■ Figura 15.23
Proteggere le regioni dai
gruppi di smusso durante
l’ottimizzazione.
MeshSmooth
MeshSmooth è stato aggiunto alla release 1.1 e offre la capacità di arrotondare gli angoli
dei modelli mesh. MeshSmooth aumenta la figura geometrica attraverso la tassellatura dei
bordi mesh in una maniera più utile rispetto alla tassellatura eseguita da EditMesh.
Aggiungere MeshSmooth a un modello con un conteggio facce basso è simile ad aggiungere
passi a un modello patch o spline (figura 15.24).
Quando è applicato, MeshSmooth crea facce aggiuntive spostando ogni bordo dal
rispettivo lato e “regolando” il risultato (figura 15.25). Ogni vertice originale diventa così
il centro di un nuovo poligono, il cui numero di lati corrisponde al numero di bordi che
condividevano originariamente il vertice, creando motivi bordo smussati talvolta molto
belli.
■ Figura 15.25
I metodi di tassellatura
delle facce da
MeshSmooth.
Originale
■ Figura 15.26
Mesh non costruite
correttamente provocano
un errore MeshSmooth.
Relax
Il modificatore Relax influisce sulla “tensione” apparente della superficie mesh avvicinan-
do o allontanando i vertici da quelli delle facce adiacenti. La figura 15.27 mostra come i
vertici si spostino per ammorbidire la mesh.
Il parametro Relax rende la superficie risultante distesa e concava con valori oscillanti fra
0 e 1,0 e convessa con valori oscillanti da -1,0 a 0. Il parametro Iterations esegue
un’iterazione Relax aggiuntiva. Come mostrato dalla figura 15.28, è possibile utilizzare
numerose iterazioni per creare effetti “restringimento”.
■ Figura 15.28
Utilizzo di Relax con 16, 4
e 0 iterazioni.
Con lo spostamento dei vertici, gli elementi distinti all’interno dell’oggetto si allontanano
l’uno dall’altro. Questo fenomeno è eliminato dall’opzione [Keep boundary point fixed]
(figura 15.28) dopo numerose iterazioni Relax. A differenza di MeshSmooth, le iterazioni
all’interno di Relax non presentano grossi svantaggi perché la figura geometrica non
aumenta e solo i vertici esistenti sono spostati. Per numerose iterazioni, è necessario solo
un overhead minimo, pressoché inesistente.
Modificatori di trasformazione
Esistono diversi modificatori progettati per funzionare come semplici trasformazioni
spostamento, rotazione e scalatura. Averli come modificatori permette di eseguire la
valutazione della trasformazione all’interno del Modifier Stack invece che successiva-
mente.
Volume Select lavora solo con oggetti mesh. Se è assegnato a un modello patch o a uno spline
chiuso, converte l’oggetto in mesh.
Quando si assegna Volume Select, il gizmo assume l’estensione della selezione attiva
dell’elenco a quel dato livello. Spesso, la selezione attiva corrisponde al livello dell’og-
getto e il gizmo assume l’estensione dell’oggetto, costringendo a trasformare il gizmo a
livello sub-oggetto se si desidera definire una selezione sub-oggetto. Se la selezione attiva
comprende vertici, facce o bordi, il gizmo si comporterà come la maggior parte dei
modificatori e si adatterà alla selezione sub-oggetto. A differenza di altri modificatori,
il gizmo di Volume Select non cambia forma o posizione se la selezione precedente
dell’elenco cambia, altrimenti rovinerebbe il volume posizionato con cura dal modellatore.
In questo modo, stabilire l’estensione gizmo di Volume Selection è come posizionare per
la prima volta il centro gizmo di un modificatore standard. La prima assegnazione
Un metodo veloce per localizzare con cura i gizmo di Volume Select consiste nel definire
l’estensione della selezione sub-oggetto con EditMesh, applicare un Volume Select e poi
rimuovere il modificatore EditMesh dall’elenco. Anche se può sembrare più complesso, è
spesso più rapido e accurato rispetto alla trasformazione del gizmo Volume Select.
■ Figura 15.30
Utilizzo di tre modificatori
Volume Select per
eseguire una complessa
selezione “booleana”.
A differenza del livello di selezione Object, i livelli faccia e vertice lavorano con Selection
Method e Volume Type. Il livello faccia rispetta inoltre le scelte Selection Type di Window e
Crossing, che si comportano come in EditMesh (il livello vertice tratta finestra e intersezione
allo stesso modo. Se nell’elenco esistono selezioni multiple di sub-oggetti, verrà utilizzato
solo il Selection Level corrente.
Le selezioni dell’elenco di diverso tipo (bordi o facce quando si stanno selezionando
vertici, per esempio) sono ignorate da una selezione volume, quindi, se si desidera, è
possibile interagire con esse in un modificatore futuro.
La scelta del Selection Level cambia lo stato della selezione corrente del Modifier Stack. Un
livello di selezione definito come facce da un modificatore EditMesh precedente è trasformato in
vertice se il Volume Select era impostato sul livello vertice. È possibile selezionare facce basate
su vertici o vertici basati su facce definendo l’estensione del gizmo Volume Select con uno e poi
commutare il livello di selezione all’altro.
■ Figura 15.31
L’utilità Reset Transform.
Modificatore
XForm
Rettangolodi
selezione
risultante
Il centro del gizmo XForm funge da punto di rotazione del gizmo. Quando si gestisce il
gizmo, non si ha facile accesso al punto di rotazione dell’oggetto (a meno che si imposti
il sistema di coordinate su selezione, si selezioni l’oggetto e si utilizzi il centro di
coordinate di trasformazione). Come per la maggior parte dei modificatori, il centro è
posizionato sul punto di rotazione quando si agisce sull’intero oggetto e sul centro di
selezione se è stata assegnata una selezione sub-oggetto.
Il modificatore XForm è uno strumento estremamente efficiente se abbinato ai modifica-
tori Volume Select. In tal caso, Volume Select definisce la selezione e XForm agisce su di essa,
permettendo di modellare e animare parti distinte del modello, perfino un solo vertice.
Se si utilizza un modello patch o spline, il metodo Volume Select non funziona. In questi
casi, è necessario utilizzare un modificatore EditPatch o EditSpline per definire la selezione
sub-oggetto. È importante ricordare che questi modificatori sono piuttosto ingombranti
e sarà necessario eseguire un numero minimo di modifiche al loro interno. Se si desidera
definire selezioni per i modificatori XForm, è consigliabile utilizzarli esclusivamente per
le selezioni.
Animare una modifica XForm è come animare qualsiasi altro gizmo. A differenza di un
modificatore Edit, la selezione attiva dell’elenco sotto XForm e il suo contenuto possono
essere cambiati. In questo modo, è possibile definire una trasformazione (una scala, per
esempio), ritornare al Volume Select precedente, cambiare la selezione e osservare in
tempo reale l’aggiornamento della scala risultante. Inserire un modificatore Smooth alla
fine dell’elenco (in modalità AutoSmooth) e sarà possibile visualizzare anche il cambiamen-
to di smusso.
Modificatori di superficie
È fornita una classe di modificatori superficie, veri sottoinsiemi del modificatore
EditMesh, per effettuare assegnazioni di base senza una grande overhead di RAM. Tutti
questi modificatori (tranne UVW Map) agiscono solo sulle facce e convertono gli oggetti
patch e gli spline chiusi in una mesh così da poterne regolare le proprietà della superficie
(faccia). Sono modificatori semplici che agiscono sulla selezione attiva di facce nella
sequenza cronologica delle modifiche. Se la selezione attiva contiene solo vertici o bordi,
la selezione sub-oggetto è ignorata e il modificatore di superficie agisce sull’intero
oggetto.
In pratica, questi modificatori agiscono di solito sull’intero oggetto o sulle selezioni di
facce definite da un modificatore Volume Select. EditMesh è talvolta utilizzato per definire
selezioni molto irregolari ed è utile quando si desidera avere una distinzione netta fra
selezione ed effetto. Per ottenere una tale flessibilità, è necessario naturalmente aggiun-
gere il modificatore EditMesh. Quando saranno disponibili altri modificatori di selezione,
l’utilizzo di EditMesh a questo scopo diventerà obsoleto.
Modificatore Normal
Il modificatore Normal (figura 15.32) offre le capacità di rovesciamento delle normali delle
facce offerte dal modificatore EditMesh, anche se non è in grado di visualizzare le normali
come linee direzionali.
■ Figura 15.32
La tendina del
modificatore Normal.
Modificatore Smooth
Il modificatore Smooth (figura 15.33) offre la capacità di assegnazione dei gruppi di
smusso del modificatore EditMesh. A differenza di EditMesh, Smooth può essere animato,
caratteristica che rappresenta il suo più grande vantaggio. Con Smooth, è possibile
regolare dinamicamente la smussatura del modello mentre cambia forma. In pratica, è
simile all’opzione “Morph Smoothing” di 3DS DOS; è solo più generica, lavora con le
selezioni ed è in grado di regolare l’angolo soglia di AutoSmooth nel tempo. In pratica,
disporre di un modificatore Smooth alla fine dell’elenco è l’ideale perché regola le superfici
durante il lavoro.
■ Figura 15.33
La tendina del
modificatoreSmooth.
Modificatore Material
Il modificatore Material (figura 15.34) offre la capacità di assegnazione dell’ID del
materiale del modificatore EditMesh. A differenza di un’assegnazione precisa effettuata
in EditMesh, non è possibile animare l’ID del materiale assegnato. Poiché si tratta di un
intero, il cambiamento di ID del materiale si verifica all’improvviso su un dato fotogram-
ma (non avviene gradualmente). Se si stanno animando assegnazioni ID del materiale, è
necessario analizzarne la ricorrenza come curva funzione in Editor tracce e regolarne la
curva cosicché i materiali effettuano la transizione esattamente nel punto desiderato.
■ Figura 15.34
La tendina del
modificatore Material.
Per transizioni graduali, utilizzare un materiale animato Blend o un tipo di mappa Mask o Mix
invece di animare il numero identificativo del materiale.
Riepilogo
■ Displace, Noise, Wave, Ripple e FFD. I modificatori geometrici Displace,
Noise, Wave, Ripple ed FFD funzionano bene su spline, patch e mesh.
Il pannello Create in 3D Studio MAX ha un pulsante detto Systems; un sistema è una parte
di software che crea oggetti che sono preprogrammati per eseguire determinate opera-
zioni, cioè sono una combinazione di geometria e di comportamento. La categoria Systems
è concepita per esser un luogo dove gli sviluppatori di altre società possano convenien-
temente inserire i loro programmi. I tipi di plug-in che si presentano come sistemi variano
dal più semplice al più complesso. La versioni 1.0 di 3D Studio MAX è disponibile con due
sistemi plug-in molto semplici: Ring Array e Bones.
Ring Array è un sistema campione fornito come esempio del programmatore. Questo plug-
in crea un array di oggetti con una varietà di parametri. Animando la fase e il ciclo si
consente ai cubi di eseguire ogni genere di movimento circolare. Congiungere gli oggetti
ai cubi e poi nascondere i cubi per animare geometrie complesse come una giostra coi
cavalli.
Bones è un sistema con un valore pratico più evidente. È possibile utilizzare Bones per
configurare facilmente una cornice gerarchica per l’animazione. Per esempio, è possibile
creare una figura umanoide da oggetti semplici legati all’ossatura sottostante (figura
16.1). Nella figura l’ossatura è sulla sinistra e gli oggetti nel centro, mentre l’ossatura e
gli oggetti pronti per essere animati sono sulla destra. L’ossatura crea una cornice
gerarchica che è possibile utilizzare per sospendere l’oggetto su cui è possibile realizzare
■ Figura 16.1
Insieme di elementi bone
utilizzati per animare una
gerarchia semplice
L’ossatura può anche essere utilizzata come cornice per il modificatore Physique, uno dei
plug-in che formano Character Studio di Kinetix. (Una trattazione esauriente dell’argo-
mento Physique non rientra negli obiettivi di questo manuale.) Sostanzialmente il
modificatore Physique può essere congiunto all’elemento radice di una gerarchia di
elementi posizionati all’interno di un modello mesh. Physique può così deformare la mesh.
Questo è un’utile tecnica di modellazione piuttosto che una tecnica di animazione. Le
mesh con Physique sono concepite per essere animate con Biped, l’altro plug-in di
Character Studio, si cui si parlerà in questo capitolo. La figura 16.2 mostra un busto che
utilizza bones per la sua cornice modellata in Physique.
■ Figura 16.2
Insieme di elementi bone
utilizzati come cornice per
il modificatore plug-in
Physique
Biped è il primo importante plug-in di 3D Studio MAX ad essere distribuito come sistema,
ed è un ottimo esempio di ciò che può essere un sistema. Il resto di questo capitolo mostra
come Biped può essere utilizzato per gestire un progetto reale di animazione. Nel corso
della trattazione si vedrà come Biped si integra senza problemi con 3D Studio MAX e
come aggiunge una grandissima quantità di nuove funzionalità al programma, dimo-
strando di essere un vero e proprio sistema.
■ Figura 16.3
Figure Biped con strutture
diverse
■ Figura 16.4
Posa di bipede con
cinematiche inverse
■ Figura 16.5
Sequenza di una
camminata di default
generata da Biped
■ Figura 16.6
Traiettoria dell’oggetto
baricentro del bipede
■ Figura 16.7
Effetto della rotazione
dell’oggetto radice prima e
dopo l’attivazione delle
impronte
■ Figura 16.8
Effetto dello spostamento
dell’oggetto radice prima e
dopo l’attivazione delle
impronte
I bipedi, quindi, sono interamente guidati dalle loro impronte. Questo non significa che
non sia possibile creare delle animazioni creative. Si dovrebbe considerare il movimento
che Biped genera come una sorta di “bozzetto” del movimento che poi è possibile adattare
regolando le impronte e aggiungendo chiavi per la parte superiore del corpo, per esempio
per le braccia e per la testa. Biped non vincola queste chiavi come fa invece per la gamba
per il baricentro. È anche possibile disattivare l’effetto delle impronte creando zone “a
forma libera” fra le impronte. In queste zone il bipede non è unito attaccato al suolo e può
essere animato in qualsiasi posizione.
Le impronte del bipede hanno la loro traccia particolare nell’Editor tracce di 3D Studio
MAX (figura 16.9). Le impronte sono visualizzate in questa traccia come blocchi colorati:
azzurro per il piede sinistro e verde chiaro per il piede destro. È anche possibile vedere
il numero di ogni passo (in grassetto) e i relativi fotogrammi di inizio e fine. In questo
esempio , che mostra la stessa sequenza di camminata di default della figura 16.5, le
impronte si sovrappongono leggermente, il che significa che il fotogramma di partenza
di ogni passo cade prima del fotogramma finale del fotogramma precedente. Questa
sovrapposizione viene detta periodo di doppio sostegno ed è caratteristica dell’andatura
di chi sta camminando. Se si prova a camminare al rallentatore si è in grado si percepire
il periodo del doppio sostegno. Il doppio sostegno non è presente nelle andature di corsa
e salto, nelle quali invece fra i passi esiste un periodo in cui il piede è sollevato dal suolo.
■ Figura 16.9
L’Editor tracce di 3DS
MAX con la traccia delle
impronteBiped
■ Figura 16.10
I quattro stati del piede in
Biped
■ Figura 16.11
Indicatore Foot States Pulsanti Save e Load dei
file Biped
Pulsante
Save File
Dopo avere animato un bipede nel modo voluto, selezionarlo e fare clic sul pulsante Save
File; dare al file un nome specifico e archiviarlo nella libreria movimenti. Quando si vuole
applicare il movimento a un altro bipede selezionare il bipede sulla scena e fare clic sul
pulsante Load File. Biped carica le impronte salvate e altre informazioni chiave e
automaticamente adatta il bipede selezionato ai nuovi dati. Quasi sempre il file Biped può
essere considerato come un “prodotto finito”. Lo scheletro del bipede è essenzialmente
un deposito per i dati di movimento archiviati.
Progetto Muybridge
Il resto di questo capitolo illustra come utilizzare Biped per completare un vero progetto
di animazione ma non è una guida in quanto tale. Acquistare Character Studio non è
Per le ultime novità su prodotti e processi si consiglia di consultare Digital Video magazine
oppure PC Graphics and Video.
L’input video non è programmato per iniziare prima del fotogramma 51. A causa di
questo ritardo il bipede è regolato da molti fotogrammi in modo che l’andatura sia
sincronizzata con l’inizio del video. Durante il rendering questi fotogrammi possono
essere tralasciati.
Ricordarsi di attivare le caselle [Animate Background] e [Display Background]. Dopo
avere specificato la sorgente è possibile visualizzare i fotogrammi video di background
in qualsiasi finestra utilizzando il pulsante interruttore View Background nel menu che
compare nella finestra facendo clic con il tasto destro del mouse.
2. creare un bipede nella stessa finestra del background; disegnare la finestra
che definisce l’altezza del bipede con le stesse dimensioni della figura che si
sta tracciando o leggermente maggiori se la figura si trova sul lato piccolo.
Regolare l’altezza del bipede per realizzare un figura alta 180 cm. Se il
background è scuro, come in questo caso, si dovrà cambiare il colore del
wireframe del bipede in un colore più vivace, per esempio giallo, per poterlo
vedere meglio;
3. creare una cinepresa nella scena utilizzando i controlli Orbit, Truck e Pan
Camera per potere fare corrispondere approssimativamente la prospettiva del
bipede (figura 16.13).
A questo punto l’ambiente 3D Studio MAX è stato configurato e si è pronti per iniziare
a coordinare il movimento sul video.
■ Figura 16.13
Corrispondenza della
prospettiva del bipede con
il video
■ Figura 16.14
Diagramma su carta delle
impronte del video
■ Figura 16.15
Impronte di default del
bipede
■ Figura 16.16
Impronte trasformate
nella finestra superiore e
modificatenell’Editor
tracce
■ Figura 16.17
Impostazione delle chiavi
per la posizione verticale
del bipede
■ Figura 16.18
Pulsante playback di
Biped per il movimento in
tempo reale senza altri
elementi sulla scena
■ Figura 16.20
Inserimento del bipede
nella mesh
Teoricamente la mesh dovrebbe essere in piedi con le braccia aperte in direzioni opposte e con
i palmi delle mani rivolti verso il basso. Se una mesh è in una posa differente, per esempio ha
le braccia lungo i fianchi, è necessario riposizionarla prima di applicare lo skin alla mesh.
■ Figura 16.22
Assegnazione manuale dei
vertici in Physique
I vertici possono essere assegnati come rigidi o deformabili. Utilizzare queste opzioni per
controllare le pieghe dello skin dove le braccia e le gambe incontrano il corpo. Ulteriori rifinitu-
re possono essere realizzate utilizzando l’editor di sezione di Physique per aggiungere la linea
dei muscoli sulla base degli angoli fra le ossa del bipede e l’editor tendini per creare ulteriori
collegamenti per allungare, tirare e pizzicare lo skin.
■ Figura 16.23
Fotogrammacomposito
da rendering di Video Post
Riepilogo
■ Creazione di Biped: di default, Biped crea un umanoide in posizione eretta
senza coda. Tuttavia, è possibile cambiare con facilità la struttura del bipede
utilizzando le proprietà nel pannello Modifier e scalando e ruotando e varie
parti del bipede. È possibile avere sulla stessa scena diversi bipedi con
caratteristiche differenti.
■ Generazione automatica di impronte: una caratteristica di Biped che per-
mette di risparmiare molto tempo è la capacità di generare in un sola volta
un’intera serie di impronte di camminata, corsa e salto. Utilizzare la finestra
di dialogo GENERATE MULTIPLE F OOTSTEPS ogni volta in cui ciò è possibile e
manipolare le singole impronte manualmente in un secondo tempo. Questa
Spesso chi si occupa di animazione deve creare nelle immagini distorsioni che coinvolgo-
no alcuni o tutti gli oggetti, come per esempio un’onda d’urto che attraversa lo spazio o
granelli di polvere sollevata da una tromba d’aria. In 3D Studio MAX è possibile creare
questo tipo di effetti tramite gli space warp. Possono essere immaginati come “campi di
forza” invisibili che agiscono su altri oggetti.
Effetti come la simulazione di una nuvola di polvere, di fumo o di pioggia vengono
prodotte nel mondo tridimensionale da sistemi di particelle (particle system). Un sistema
di particelle è un insieme di particelle che, una volta emesse, sono in grado di produrre una
vasta gamma di effetti animati. In 3DS MAX i sistemi di particelle sono oggetti e le
particelle emesse sono in realtà sub-oggetti. È possibile animare un sistema di particelle
nel suo complesso e adattarne a mano a mano le proprietà in modo da regolare il
comportamento delle singole particelle.
In questo capitolo verrà descritto il funzionamento e l’utilizzo degli space warp. In
particolare verranno trattati gli argomenti che seguono:
■ differenza tra space warp e modificatori;
■ utilizzo dello space warp universale Displace;
■ utilizzo degli space warp di oggetti come Ripple (ondulazione), Wave (onda),
Bomb (Bomba) e Path Deform (deformazione percorso).
■ Figura 17.1
Oggetti risultanti
dall’applicazionedel L’effetto del modificatore
modificatore Ripple e dal Ripple è locale per ciascun
vincolo Ripple degli space oggetto
warp.
■ Figura 17.2
Il pulsante Bind.
Gli space warp devono essere l’ultimo elemento da valutare nello stack cronologico
dell’oggetto. Poiché tale condizione viene spesso trascurata, 3DS MAX fornisce uno
strumento che ne dà indicazione. La figura 17.3 mostra il modo in cui i vincoli dello space
warp sono visualizzati nello stack. Tutti i vincoli sono elencati dopo tutti i modificatori
e sono ulteriormente distinti da due righe discontinue. I vincoli dei sub-oggetti sono
indicati da un asterisco che precede il nome del vincolo. Tale indicazione compare solo
se l’ultimo modificatore dello stack invia selezioni di sub-oggetti al di fuori della
sequenza.
■ Figura 17.3
I vincoli di uno space
warp visualizzati nello
stack del modificatore. Il
vincolo del sub-oggetto è
Separatore Vincolo indicato da un asterisco.
vincolodello sub-oggetto
space warp
I vincoli di uno space warp costituiscono gli ultimi elementi del flusso di dati relativi
all’oggetto.
■ Figura 17.4
Uno space warp Displace
associata a un toro. In Direzione della mappa
questo esempio la mappa
di spostamento viene
proiettata utilizzando un Space warp
mapping planare. Displace
Mappa di spostamento
Space warp
Displace
Particelle
spostate
Emettitore di particelle
Phase
Il parametro Phase segue la variazione dell’ampiezza dal punto più alto dell’ondulazione
fino al punto più basso e viceversa. La modificazione della fase (Phase) produce l’effetto
di spostare le ondulazioni lungo il piano XY locale dell’alterazione Ripple. Sia Ripple sia
Wave utilizzano un parametro Phase per collocare e animare l’effetto da esse prodotto. Per
visualizzare lo spostamento di Ripple o di Wave, è necessario animare il parametro Phase.
La variazione di un numero, da 0 a 1 per esempio, rappresenta il ciclo completo dell’onda.
Tenendo presente tale condizione è opportuno ridurre i cambiamenti apportati in Phase
quando si voglia ottenere un movimento limitato. Per movimenti più ampi invece il
parametro può essere modificato più radicalmente. I valori utilizzati dipendono dalle
dimensioni degli oggetti impiegati. Cambiamenti profondi della fase, per esempio,
avranno un effetto notevole su oggetti piccoli mentre su quelli più grandi l’effetto sarà
ridotto.
Per ottenere l’effetto di animazione di Ripple e Wave nella direzione opposta, animare la fase da
zero a un valore negativo.
Flexibility (flessibilità)
Flexibility è un parametro sia di Ripple sia di Wave utilizzato soltanto con questi due tipi
di alterazione. Flexibility è un parametro specifico del vincolo e non è applicato all’alte-
razione spaziale ma ne indica l’incidenza su ciascun oggetto. Il parametro Flexibility si
trova nel pannello MODIFY .
5. Dopo aver selezionato l’oggetto spostarsi nel pannello MODIFY.
6. Modificare il valore di Flexibility.
7. L’incremento del valore accentua l’effetto di Ripple sulla sfera, mentre la sua
diminuzione ha l’effetto opposto.
La figura 17.8 mostra due valori del parametro Flexibility e il modo in cui tale parametro
viene visualizzato nel pannello MODIFY.
Flexibility è interamente animabile: ciò significa che mantenendo costante il valore
dell’alterazione spaziale, è possibile animare la portata dell’effetto che essa produce su
un singolo oggetto, modificando il valore di Flexibility. In tal modo anche altri oggetti
vincolati alla stessa alterazione possono subire effetti diversi. Per modificare l’effetto a
livello globale è necessario modificare i valori dell’alterazione.
8. Impostare il valore di Flexibility su 0. Fare clic su Ripple Binding nello stack
del modificatore e selezionare il primo Ripple Binding.
9. Impostare il valore di Flexibility su 0.
10. Passare al frame 20 e attivare il comando Animate.
11. Impostare il valore di Flexibility su 1.
12. Ripetere questa procedura per il secondo Ripple Binding.
13. Effettuare un’anteprima dell’animazione.
Con Flexibility è possibile indicare i tempi e la portata dell’effetto dell’alterazione
sull’oggetto. Nell’esempio la lava comincia a uscire sotto forma di una sfera schiacciata
per poi trasformarsi in una forma ondulata a mano a mano che sale lungo la lampada.
Flessibilità 0
(nessun effetto)
Flessibilità 1
(effetto normale)
Nella guida dell’utente di 3D Studio MAX viene detto che modificare Flexibility è come aggiun-
gere o rimuovere vertici, in realtà non è così. Modificare Flexibility è come cambiare il valore di
moltiplicatore di una luce. Per Flexibility=1 il rapporto dei valori di ampiezza, per esempio, è di
1 a 1. Per Flexibility=2 l’effetto è raddoppiato e così via.
Wave
Wave è molto simile a Ripple, nel senso che distorce la geometria secondo uno schema
simile al moto ondulatorio. La distorsione prodotta non è concentrica come in Ripple, ma
lineare: le onde viaggiano in una sola direzione.
È necessario ricordare che tutti gli space warp si basano sulle unità 3DS MAX e quindi la
misura e il movimento a esse corrispondenti influiscono diversamente su oggetti di dimensioni
diverse.
Wave può essere utilizzata per creare vari tipi di immagine. Nell’esercizio che segue verrà
descritto il modo in cui distorcere la geometria sia a scopo di modellazione sia a scopo
di animazione. L’immagine di partenza contiene un’imbarcazione che si muove in alto
mare. Si presentano condizioni di tempo avverso e le onde diventano sempre più alte. Per
simulare tali condizioni è necessario utilizzare Wave per due scopi: modellare le onde sulla
superficie marina e il movimento dell’imbarcazione sulle onde.
Quando l’immagine viene caricata, le prime cose visibili sono la barca, una scatola e una
riga. Il primo passo consiste nel creare onde che colleghino l’alterazione spaziale Wave alla
scatola.
1. Aprire imx17wav.max.
2. Nel pannello CREATE fare clic sul comando Space Warps.
3. Fare clic su Wave e poi fare clic e trascinare una Wave con la relativa ampiezza
nel quadrante TOP (in questa fase i valori non devono essere cambiati: tale
operazione sarà effettuata più avanti).
4. Ruotare Wave di 90° nel quadrante Top.
5. Fare clic sul comando Bind, selezionare la scatola e trascinarla verso Wave.
6. Selezionare Wave e passare al pannello MODIFY.
7. Modificare i parametri di Wave in modo tale che Amplitude 1 corrisponda a 5,
Amplitude 2 a 7 e Wavelength (lunghezza d’onda) a 120. Phase e Decay (decadi-
mento) devono essere impostate sullo 0.
Lo spostamento dell’onda verso l’alto o verso il basso nel quadrante Top non ha alcun
effetto sulla scatola, al contrario del movimento laterale. Tale movimento è il risultato
della distorsione lineare fornita dall’onda. Wave e Ripple non hanno effetto sugli oggetti
a esse vincolati se questi vengono spostati lungo l’asse delle ampiezze.
Sia Wave sia Ripple sono applicabili a qualsiasi tipo di geometria, comprese le scanalature
bidimensionali (2D spline). In questa parte dell’esercizio la scanalatura viene collegata
all’onda e la deforma come l’oggetto scatola. La barca utilizza la scanalatura come
controller di percorso con l’opzione Follow attivata.
8. Trascinare il dispositivo di scorrimento Frame avanti e indietro per
visualizzare l’animazione.
9. Fare clic sul comando Bind e quindi selezionare l’oggetto Spline.
10. Trascinare verso l’alterazione spaziale Wave.
La scanalatura si deforma tendendo all’onda e di conseguenza lo stesso avviene per il
movimento della barca (figura 17.9).
Per far entrare gradualmente l’imbarcazione nel mare agitato, deve essere utilizzato il
parametro Decay, il cui comportamento nel caso di onde è descritto di seguito.
11. Nel pannello MODIFY selezionare l’alterazione spaziale Wave.
12. Modificare il parametro Decay attribuendogli il valore 0.005.
L’onda si assottiglia a mano a mano che si allontana dall’icona dell’alterazione perché, sia
in Wave sia in Ripple, Decay provoca l’effetto di diminuire gradualmente con l’allontanarsi
dal centro dell’alterazione. Le dimensioni dell’alterazione hanno un effetto diretto sul
parametro Decay. La figura 17.10 mostra due delle possibili impostazioni di Decay per
questa immagine.
■ Figura 17.10
I valori di Decay in due
diverse impostazioni.
Nessun Decay
Decay di .005
Direzione Decay
Bomb (Bomba)
Bomb produce un’esplosione del tipo a “guscio d’uovo”: l’oggetto esploderà in facce
minuscole come se fosse vuoto, alla maniera di un guscio.
L’utilità di Bomb è rappresentata dai suoi parametri. La manipolazione delle impostazioni
dell’alterazione spaziale Bomb consente di creare molti tipi di effetti. Diversi valori
associati a Bomb possono essere negativi, come per esempio la forza. È possibile far
implodere gli oggetti invece di farli esplodere. È anche possibile rappresentare l’effetto
di una gravità piccola, nulla o negativa utilizzando il parametro Gravity.
In generale si pensa che Bomb vengano utilizzato per far esplodere gli oggetti, ma 3DS
MAX offre la possibilità di ricomporre un oggetto utilizzando questa alterazione.
Nell’esercizio che segue una lattina si forma a partire da centinaia di schegge.
1. Aprire imx17bom.max.
2. Nel pannello CREATE creare un’alterazione spaziale Bomb sotto la lattina.
3. Collegare la lattina a Space Warp.
4. Spostare Bomb di circa 50 unità sopra la lattina.
5. Spostare avanti e indietro il dispositivo di scorrimento Frame per visualizzare
l’animazione.
La forza della bomba provoca la rottura della lattina a cominciare dal frame 5 e la spinge
verso il basso. La causa principale di tale comportamento è la forza. Se la forza è impostata
sul valore -1, il risultato visualizzato sarà diverso:. con una forza negativa la bomba attira
gli oggetti a essa vincolati verso il centro della bomba e poi li spinge verso l’esterno,
analogamente al motore di un jet.
6. Selezionare Bomb e spostarsi nel pannello MODIFY.
7. Cambiare il valore di Strength (forza) in -1.
La lattina implode in modo praticamente uniforme. L’esplosione segue uno schema
piuttosto regolare. La variabile Chaos contribuisce a diminuire l’uniformità della forza
della bomba. In questo esempio, impostare Chaos sul valore 1, in modo da rendere lo
schema abbastanza casuale e l’implosione non troppo regolare.
8. Impostare il valore di Chaos su 1.
9. Spostare il dispositivo di scorrimento Frame in modo da visualizzare il risul-
tato dell’animazione.
10. Modificare la gravità in modo da cambiare il modo in cui la lattina si
ricompone. Tale parametro condiziona il moto della geometria di esplosione
dopo il frame della detonazione (vedere parte successiva). In questo caso
impostare la gravità sul valore 0.
11. Il frame della detonazione indica il momento in cui Bomb condiziona la
geometria secondo il valore di forza impostato. Il frame di default è il 5, vale
a dire che la lattina imploderà a cominciare dal frame 5. Si tratta dell’effetto
opposto a quello desiderato. Infatti l’oggetto deve esplodere al frame 0 e
ricomporsi fino al frame 100. Perché ciò avvenga il frame di detonazione
deve precedere il frame 0 e quindi il parametro di detonazione deve essere
impostato sul valore -30.
■ Figura 17.11
Quattro frame tratti
dall’animazionecompleta
della lattina, in cui
compaiono i vari
parametri dello space
warp Bomb.
■ Figura 17.12
Il percorso assegnato
come space warp e il
testo 3DS MAX vincolato
ad esso.
L’oggetto si deforma di default lungo l’asse Z. L’asse X coincide con il senso della
lunghezza del testo e quindi l’asse di deformazione deve essere cambiato. Tutti i comandi
che consentono all’oggetto di utilizzare l’alterazione si trovano nel pannello MODIFY.
7. Spostarsi nel pannello MODIFY.
8. Modificare l’asse di Path Deform in asse X.
9. Attivare l’opzione Move Object to Path.
10. Impostare Rotation (rotazione) sul valore 180.
A questo punto l’oggetto si trova sul percorso e si deforma lungo l’asse appropriato. Per
animare l’oggetto che si muove lungo il percorso, o un’altra opzione, è necessario
modificare i valori utilizzando il comando Animate.
Figura 17.13
Quattro frame di
un’animazione di testo
effettuata con lo space
warp Path Deform.
Altri valori disponibili sono Stretch e Twist, che possono essere utilizzati per modificare
la forma dell’oggetto che si deforma lungo il percorso. Stretch consente di produrre un
effetto di crescita o contrazione dell’oggetto lungo il percorso. Twist fa compiere
all’oggetto una torsione, la cui ampiezza in gradi corrisponde al valore di Twist
impostato, nel senso della lunghezza del percorso. Nel caso in cui il percorso sia rettilineo
e Twist impostato sul valore 360, l’oggetto compirà una torsione di 360 gradi da un capo
all’altro del percorso.
L’opzione Move Object to Path è animabile. È necessario quindi agire con cautela nell’attivare e
disattivare tale opzione mentre il comando di animazione è attivo.
Molti degli oggetti costruiti e animati con 3D Studio MAX sono composti da diverse parti.
Anche nel mondo reale, sono pochi gli oggetti costituiti da un unico pezzo. Molto spesso
i diversi componenti degli oggetti sono tenuti insieme da giunti mobili o da collegamenti
come il piano scorrevole di un lettore CD, le portiere a cerniera delle automobili e le
giunture articolari del corpo umano.
In 3DS MAX è possibile simulare le giunture e i collegamenti costruendo gerarchie di
oggetti collegati. Dopo aver costruito una gerarchia, è possibile animarla abbinando le
tecniche di cinematica diretta e inversa. Il capitolo illustra come costruire e animare
gerarchie di oggetti soffermandosi in particolar modo sui seguenti argomenti:
■ collegamento di oggetti per la costruzione di gerarchie;
■ controllo del comportamento del collegamento regolando i punti di rotazio-
ne;
■ utilizzo di oggetti fittizi;
■ animazione di gerarchie con la cinematica diretta (FK, Forward Kinematics);
■ utilizzo della cinematica inversa (IK, Inverse Kinematics);
■ definizione di giunti IK;
■ animazione con la cinematica inversa.
I paragrafi seguenti spiegano che cosa sono le gerarchie di oggetti e come costruirle.
Gli oggetti principali possono inoltre essere collegati come derivati a un altro oggetto
principale. Qualsiasi traslazione che influisce su un principale influisce anche sui discen-
denti sottostanti congiunti.
Gli oggetti derivati sono gli oggetti collegati a un principale. Anche se un principale può
avere qualsiasi numero di derivati, un derivato può avere uno e un solo principale. Se si
tenta di collegare un oggetto derivato a un secondo principale, il primo principale sarà
distrutto e sostituito dal collegamento con il nuovo principale.
Se si tracciano collegamenti da derivato a principale, poi al principale del principale e così
via, si arriverà alla radice della gerarchia. Tutti gli oggetti collegati da un derivato fino
alla radici sono chiamati originari del derivato.
Tutte le gerarchie contengono solo un oggetto radice. La radice di una gerarchia è
l’oggetto che considera tutti gli altri oggetti della gerarchia suoi discendenti e non ha
alcun originario. Un oggetto che non ha derivati e principali può essere considerato un
oggetto radice, è la radice di se stesso.
Le gerarchie e il mondo
In termini tecnici, la scena stessa (chiamata World, origine) è la radice di tutte le gerarchie.
Quindi, si lavora sempre con una gerarchia perché ogni oggetto della scena è legato come
derivato a un altro oggetto o l’oggetto è un derivato dell’origine.
Questa “gerarchia nascosta” diventa evidente nelle situazioni seguenti:
■ la gestione dei punti di rotazione per gli oggetti radice funziona perché il
punto di rotazione definisce il collegamento tra l’oggetto radice e l’origine;
■ la scelta del sistema di coordinate di trasformazione Parent per un oggetto
radice richiama il sistema di coordinate World perché l’origine è il principale
di tutti gli oggetti radice;
■ quando IK è attiva, non è possibile trasformare gli oggetti radice a meno che
non siano scollegati dall’origine o non si definiscano i parametri dei giunti
fra l’oggetto radice e l’origine.
■ Figura 18.2
Visualizzazione delle
gerarchie di oggetti.
Collegamento di oggetti
Utilizzare i pulsanti Link e Unlink sulla barra degli strumenti per creare e rompere
collegamenti tra oggetti. Tutti gli altri comandi per la gestione dei collegamenti si trovano
nei pannelli di comando.
Fare clic sul pulsante Link sulla barra degli strumenti per specificare quali oggetti sono
collegati ad altri oggetti. Trascinare sempre da una selezione di oggetti derivati a un unico
oggetto principale come mostrato dal prompt nella parte inferiore della finestra di 3DS
MAX. È importante notare, comunque, che è facile riportarlo indietro e trascinare dal
principale desiderato al derivato.
Quando si specificano i collegamenti, è molto facile sbagliare oggetto principale quando
si rilascia il pulsante del mouse, soprattutto se il modello è leggermente complesso. Dopo
aver selezionato gli oggetti derivati con il pulsante Link attivo, è possibile fare clic sul
pulsante Select by Name per visualizzare la finestra di dialogo SELECT PARENT. La figura
18.3 mostra un esempio di utilizzo della finestra di dialogo SELECT PARENT per selezionare
l’oggetto Right Lower Leg (parte inferiore destra della gamba) come principale per un altro
oggetto, probabilmente l’oggetto Right Foot (piede destro). Questa finestra è identica alla
■ Figura 18.3
Selezione di un oggetto
principale.
Fare clic sul pulsante Unlink sulla barra degli strumenti per rompere il collegamento fra
gli oggetti derivati e principali selezionati. Il comando Unlink è uno dei pochi comandi
in 3DS MAX che costringe a selezionare gli oggetti prima di attivare il comando. Fare clic
sul pulsante Select Object o Select by Name sulla barra degli strumenti per selezionare gli
oggetti e poi fare clic su Unlink.
■ Figura 18.4
Le opzioni per l’eredità del
collegamento nel pannello
HIERARCHY.
■ Figura 18.5
Impostazione della
visualizzazione del
collegamento.
Oggetti
originali
Diplay links
attivato
Link replaces object attivato
■ Figura 18.6
La tendina ADJUST PIVOT.
I punti di rotazione
Il punto di rotazione di un oggetto definisce il punto in cui si verifica il collegamento fra un
principale e un derivato. Si consideri il cono a tre lati visualizzato quando l’opzione
[Display Links] è spuntata. Si immagini che il cono sia un braccio rigido saldato nel punto
di rotazione dell’oggetto principale e si colleghi al punto di rotazione del derivato con un
giunto. Il giunto permette al derivato di muoversi, ruotare e scalare indipendentemente
dal principale, ma quando si trasforma il principale il cono si muove e trascina il derivato.
Anche i comandi per il punto di rotazione si trovano nel pannello HIERARCHY, possono
essere utilizzati per tutti gli oggetti, non solo per gli oggetti collegati. È importante
ricordare che gli oggetti che non hanno un principale o un derivato sono considerati
collegati all’origine. Il punto di rotazione definisce l’orientamento di un sistema di
coordinate Local dell’oggetto e rappresenta il punto attorno cui avvengono le rotazioni
e le scalature dell’oggetto.
I paragrafi seguenti descrivono come cambiare la posizione dei punti di rotazione
all’interno dei relativi oggetti.
■ Figura 18.7
L’icona Pivot Point.
Icona Pivot
■ Figura 18.8
La tendinaADJUST
TRANSFORM.
I pulsanti nelle aree Alignment e Reset della tendina ADJUST TRANSFORM funzionano con qualsiasi
oggetto e sono comodi da utilizzare per regolare le trasformazioni di qualsiasi oggetto della
scena.
Fare clic sul pulsante Affect Object Only nella tendina ADJUST TRANSFORM per spostare,
ruotare o scalare in modo uniforme un oggetto principale senza influire su nessuno dei
derivati. (È consigliabile non utilizzare una scala non uniforme con gli oggetti collegati).
Per allineare gli oggetti selezionati con World o con i principali degli oggetti selezionati,
fare clic su uno dei pulsanti di allineamento della tendina.
Quando il pulsante Affect Object Only è attivo nella tendina ADJUST TRANSFORM, è possibile
utilizzare il comando Align sulla barra degli strumenti per allineare gli oggetti selezionati
con qualsiasi altro oggetto della scena senza influire sui derivati degli oggetti selezionati.
■ Figura 18.9
L’utilità Reset Transform.
Poiché l’utilità Reset Transform utilizza un modificatore, l’applicazione di Reset Transform non
può essere annullata. Scegliere Hold dal menu EDIT prima di utilizzare l’utilità Reset Transform.
Se il risultato ottenuto con Reset Transform non risponde alle aspettative, sarà possibile
utilizzare Fetch per ripristinare la scena.
La tendina LOCKS contiene tre set di caselle di controllo X, Y e Z, un set per ogni
trasformazione Move, Rotate e Scale. Spuntare la casella di controllo di un asse impedisce
qualsiasi trasformazione attorno a quell’asse. Per esempio, i blocchi impostati nella figura
18.10 impediscono all’oggetto selezionato di muoversi lungo l’asse Z o di ruotare attorno
agli assi X e Y.
■ Figura 18.11
Il pulsante Dummy nel
pannello CREATE.
Nella prima parte del capitolo, per spiegare l’utilizzo di un oggetto fittizio è stato
illustrato l’esempio di un parallelepipedo che rotola giù da una discesa. Un altro esempio
è dato dalla struttura dell’atomo. Si supponga di dover modellare il movimento degli
elettroni mentre ruotano attorno al nucleo di un atomo. Specificare manualmente le
diverse chiavi di rotazione e di posizione degli elettroni è praticamente impossibile.
L’esercizio seguente mostra come creare il modello di un atomo con oggetti fittizi
collegati.
■ Figura 18.12
Le operazioni effettuate
b. Finestra Clone per creare un modello di
Options dopo Shift- atomo.
Rotate
a. Scena
originale
d.
c. Risultato
Animazione
della clonazione
rotazione
■ Figura 18.13
I controlli IK.
Pulsante IK
Pannello Hierarchy
■ Figura 18.14
Confronto fra un oggetto
impostato correttamente
per i parametri IK e un
altro oggetto mal
impostato.
Modellomaleimpostato Modellobenimpostato
Proprio perché la relazione fra il sistema di coordinate Local di un oggetto e quello del
relativo principale è così importante, è necessario conoscere il modo in cui i diversi
comandi modificano i sistemi di coordinate Local per prevedere in che modo le modifiche
influiranno sull’animazione. Le seguenti operazioni modificano il sistema di coordinate
Local di un oggetto:
■ se si ruota un oggetto, verrà ruotato anche il suo sistema di coordinate Local.
L’allineamento dell’asse dei giunti IK è basato sulla relazione di un oggetto
al suo principale quando l’oggetto e il suo principale sono allineati a World;
■ se si modificano gli oggetti a livello sub-oggetto, saranno interessati i sub-
oggetti ma il sistema di coordinate Local rimarrà invariato;
■ unire oggetti implica sacrificare il sistema di coordinate Local dell’oggetto che
è unito a favore del sistema di coordinate Local dell’oggetto selezionato;
Definizione di giunti IK
Dopo aver collegato gli oggetti, è possibile specificarne il comportamento. Il punto
fondamentale della cinematica inversa è la definizione del modo in cui sono vincolati i
collegamenti fra gli oggetti (i giunti).
Per definire il comportamento dei giunti IK, selezionare un oggetto della gerarchia che
si desidera animare e poi regolare i controlli IK nel pannello HIERARCHY. È possibile
accedere ai controlli IK facendo clic sul pulsante IK nel pannello HIERARCHY (figura 18.15).
I paragrafi seguenti illustrano i controlli IK per definire il comportamento dei giunti: Joint
Parameters e Joint Precedence.
Due tendine nel pannello HIERARCHY contengono i controlli dei giunti e i parametri dei
giunti per un unico oggetto selezionato (figura 18.16). Se si seleziona più di un oggetto,
le tendine per i parametri giunti non saranno visualizzate. Le tendine per i parametri
giunti sono definite qui di seguito:
■ Figura 18.16
Le tre tendine per i
parametri dei giunti
standard.
3DS MAX non supporta i pulsanti Copy e Paste dei parametri dei giunti di percorso.
Se ci sono numerosi oggetti vicini all’oggetto di controllo, sarà difficile trascinare dall’oggetto
dell’effetto finale all’oggetto di controllo specifico. È possibile specificare l’oggetto di controllo
anche utilizzando la finestra di dialogo SELECT PIN. Nel caso, sostituire l’operazione 4 con: Fare
clic sul pulsante Select by Name sulla barra degli strumenti e selezionare il nome dell’oggetto
di controllo dalla finestra di dialogo SELECT PIN.
3D Studio MAX cerca di abbinare il punto di rotazione dell’oggetto dell’effetto finale alla
posizione del punto di rotazione dell’oggetto di controllo. La catena cinematica è ancora
vincolata dalle impostazioni dei parametri dei giunti. In tal caso, 3DS MAX posiziona
l’oggetto dell’effetto finale il più vicino possibile all’oggetto di controllo.
Se si fa clic sul pulsante R alla destra della casella di controllo [Bind Position], l’oggetto
dell’effetto finale imiterà il movimento dell’oggetto di controllo senza cercare di puntare
o raggiungere l’oggetto di controllo stesso. Questa opzione è utile per animare gesti o
movimenti secondari.
Se si spunta la casella di controllo [Bind Position] ma non si vincola l’oggetto dell’effetto
finale all’oggetto di controllo, l’oggetto dell’effetto finale è come se fosse vincolato
all’origine. In tal caso, l’oggetto vincolato cerca di rimanere immobile finché altre
trasformazioni nella catena cinematica non lo costringono a spostarsi per completare una
soluzione IK.
Riepilogo
■ Costruzione di gerarchie. Utilizzare collegamenti gerarchici per simulare
l’assemblaggio di oggetti uniti con giunti mobili. È possibile utilizzare Group
o Attach per simulare oggetti incollati o saldati.
■ Movimenti complessi. Se un movimento complesso può essere suddiviso in
diversi movimenti semplici, utilizzare una gerarchia di oggetti fittizi collega-
ti. Ogni oggetto fittizio esegue un movimento semplice ed eredita gli altri
movimenti dagli originari.
■ Derivati dell’origine. È importante ricordare che se un oggetto non è colle-
gato a un altro oggetto, si considera comunque collegato all’origine.
■ Figura 19.1
Luce chiave.
■ Figura 19.2
Luce chiave e controluce.
■ Figura 19.3
Luce chiave, controluce e
luce di riempimento.
■ Figura 19.4
Disposizione di luce
chiave, controluce e luce
di riempimento.
Luce riflessa
3DS MAX basa la propria illuminazione sull’angolo che la fonte luminosa forma con la
superficie e non sulla distanza da essa. Quando la fonte è perpendicolare a un piano e
lontana, gli angoli dei raggi luminosi che cadono sulla superficie del piano sono quasi
paralleli e l’illuminazione risultante molto uniforme. Se la stessa luce viene avvicinata gli
angoli dei raggi che colpiscono la superficie variano notevolmente producendo uno spot
pronunciato. Generalmente è preferibile ombreggiare gli oggetti gradatamente attraver-
so le rispettive facce invece di creare tali spot. Per ottenere questo effetto è necessario
posizionare le fonti luminose a una certa angolazione rispetto all’oggetto (per creare la
gradazione) e a una distanza significativa (per ridurre gli spot). L’impostazione di base
risultante è costituita da due luci omnidirezionali poste in diagonale rispetto al modello,
che è la formula di impostazione di default di 3DS MAX.
La quantità di luce che colpisce una superficie dipende completamente dall’angolo della
luce rispetto alla superficie, e non dalla sua vicinanza: si tratta dell’angolo di incidenza
rispetto alla superficie. Se la superficie e la luce formano un angolo retto l’effetto luminoso
è completo. Man mano che la superficie si inclina allontanandosi dalla fonte luminosa, tale
angolo si abbassa e l’illuminazione ricevuta diminuisce. Ciò significa che, allontanandosi,
la fonte illumina la scena sempre più uniformemente (ogni angolo di mesh formato con
la fonte tende a 90 gradi).
Tutte le luci all’interno di 3DS MAX rispettano le leggi dei colori di illuminazione
aggiuntiva RGB. La selezione e l’attribuzione del colore sono coerenti in tutte le forme
di luce (vedere il capitolo 2 “Miscele di luce e colore” in questo stesso volume e il capitolo
20 del volume 2 della User’s Guide di 3D Studio MAX per ulteriori informazioni su colore,
illuminazione e teoria di miscelatura dei colori e loro applicazioni in 3DS MAX).
Tipi di luce
3DS MAX comprende quattro diverse fonti luminose fisiche: luce omnidirezionale, luce
direzionale, riflettore destinazione e riflettore libero. La luce circostante, che non è un
oggetto fisico, è un fattore importante nell’ambito dell’illuminazione generale.
Tutte le luci all’interno di 3DS MAX rispettano le leggi dei colori di illuminazione
aggiuntiva RGB. La selezione e l’attribuzione del colore sono coerenti in tutte le forme
di luce. Questi colori possono essere ottenuti utilizzando qualsiasi combinazione di canali
e valori: Rosso, Verde, Blu (Red, Green, Blue, RGB) e Tonalità, Luminanza, Saturazione
(Hue, Luminance, Saturation, HLS) (vedere capitolo 2 per ulteriori informazioni sul
colore).
Luci omnidirezionali
le luci omnidirezionali sono fonti luminose puntiformi molto simili a una lampadina
appesa a un filo o a una stella del sistema solare. Una luce omnidirezionale traccia
l’illuminazione dalla propria posizione a tutte le facce orientate verso di essa. Poiché le
luci omnidirezionali non sono destinate a creare ombre, i loro raggi non possono essere
bloccati da una mesh e quindi fanno diminuire l’intensità delle ombre su cui indirizzano
la luce.
Luce direzionale
Una luce direzionale può essere assimilata al sole. Quando una luce crea ombre l’angolo
dell’ombra è la linea tracciata dalla fonte luminosa verso il soggetto. Questo effetto è più
visibile con oggetti vicini le cui superfici sono parallele, come per esempio una palizzata.
Se il riflettore viene posto vicino a essa produce ombre molto allargate poiché ogni palo
traccia la propria linea d’ombra verso la fonte di luce. Allontanando la luce dalla palizzata
l’angolo formato dall’ombra di ogni palo diventa sempre più sottile. Quando la fonte
luminosa viene posta a notevole distanza l’angolo formato da ogni ombra diventa così
piccolo che le ombre risultano parallele. È ciò che avviene per la luce del sole e che nella
computer grafica viene definito luce parallela o direzionale. Si tratta dell’illuminazione
prodotta dall’oggetto Directional Light di 3DS MAX.
L’oggetto Directional Light di 3DS MAX è un ibrido tra la luce parallela tradizionale e un
riflettore. Directional Light è simile a un riflettore in quanto dotato di spot e falloff, che
servono a controllare l’estensione alla quale vengono calcolate le ombre della scena e
quella della falloff. Quando lo spot è ridotto al minimo Directional Light è simile alla box
light di un fotografo che diffonde una tenue luce in una zona. Quando è attivata l’opzione
periferica (overshoot), spot e falloff vengono ignorati e l’illuminazione è simile a quella
del sole. L’attenuazione deve essere utilizzata per le luci tenui circoscritte a una zona
mentre deve essere disattiva quando si desideri simulare la luce del sole.
Directional Light ha in comune con Free Spot (spot libero) e Free Camera (cinepresa libera)
il fatto di non avere un bersaglio e di dipendere completamente dalla propria rotazione.
Quando l’opzione periferica è attiva la distanza a cui si trova Directional Light dal soggetto
ricopre un’importanza minima.
Diversamente da quanto avviene per altri oggetti luminosi, la distanza di Directional Light
da un lato del soggetto non è importante: conta soltanto l’angolo che forma con il soggetto
stesso.
La direzione viene utilizzata solo come ausilio per dirigere il riflettore. La distanza della direzione
dalla luce non influisce sulla luminosità né sull’attenuazione.
Luce circostante
Quando si eliminano tutti gli oggetti luminosi da una scena, rimane solo la luce circostante
(ambient light). Si tratta della luce sempre presente che sembra esistere quando è
impossibile identificare una fonte luminosa specifica. Nella realtà la luce rimbalza sulle
superfici per illuminarne altre non direttamente colpite dalla luce. La luce circostante è
il metodo di 3D Studio MAX per approssimare questa luce riflessa.
Il colore della luce circostante viene applicato a tutte le superfici della scena prima che ne
vengano applicate altre. Questo tipo di luce costituisce il punto di partenza dal quale tutte
le altre vengono sottratte o al quale sono aggiunte. Viene applicata globalmente e quindi
un suo aumento ridurrà il contrasto “appiattendo” la scena. Una scena illuminata
esclusivamente da luce circostante non produce contrasto né ombreggiatura e il rendering
di tutti i lati e di tutte le facce presenta la stessa intensità. Saranno definibili soltanto i
profili geometrici e le proprietà materiali.
La luce circostante non è un oggetto, ma fa parte del sistema Environment e viene regolata
nella finestra di dialogo ENVIRONMENT a cui si accede dal menu a discesa RENDERING/
ENVIRONMENT. Poiché la luce circostante è sempre presente, la luce e il colore a essa relativi
sono visibili nelle ombre. Per rendere particolarmente profondi i colori della scena, è
necessario retinare (tint) leggermente il colore della luce circostante in modo tale che
questa diventi il complemento delle luci dominanti che producono ombre. Se la luce
corrisponde al giallo spento della luna, per intensificarne l’effetto dovrà essere utilizzato
un livello di luce circostante viola scuro.
Una luce circostante bianco puro può essere utile per restituire l’arte “piatta” come quella
di testi, logo, e disegni illustrativi in cui non deve comparire ombreggiatura. Poiché il
livello complessivo di luce della scena è bianco, le altre fonti luminose non sortiscono
alcun effetto purché i materiali utilizzati abbiano colori base Ambient e Diffuse identici
Quando la scena è illuminata soltanto dalla luce circostante, viene utilizzato il colore base
circostante del materiale assegnato. L’illuminazione della scena con una luce circostante bianco
puro restituisce tutti i materiali secondo i rispettivi valori di colore circostante. Il risultato può
sembrare molto scuro, visto che esiste una tecnica frequente con la quale il colore circostante
diventa una versione più scura di quello diffuso.
Molti artisti preferiscono utilizzare una luce circostante molto fioca, o niente del tutto, che
fornisce un maggiore controllo sulle ombre e sul contrasto che ne deriva nelle immagini
finali. Un errore ricorrente consiste nell’aumentare in modo massiccio la luce circostante
per ridurre la necessità di altre fonti, ma questo approccio non facilita le operazioni, anzi
di solito dà come risultato una scena appannata senza contrasto né atmosfera.
■ Figura 19.5
Comandi generali della
luce.
La casella di controllo [On/Off] stabilisce se una luce agisce sulla scena. La scelta è
specifica per ogni scena e non può essere animata. Per animare una luce accendendola e
spegnendola è necessario invece regolarne il colore e/o il valore moltiplicatore nel tempo.
Per tenere la luce accesa a tasso costante e poi spegnerla è necessario assegnare un
controller Linear, regolare la Continuity di un controller TCB sullo 0 oppure appiattire la
curva di un controller di Bézier.
Facendo clic sul comando Exclude si apre una casella di riepilogo che consente di scegliere
gli oggetti specifici che la luce deve illuminare (figura 19.6). È possibile scegliere gli
oggetti da illuminare o escluderli e la scelta “corretta” corrisponde semplicemente al
■ Figura 19.6
Gli oggetti possono essere
esclusidall’illuminazione,
dall’ombreggiatura o da
entrambe.
Moltiplicatori
Il moltiplicatore è simile a un variatore di luminosità della luce. Il valore del moltiplicatore
viene moltiplicato rispetto ai valori RGB della tavolozza dei colori per definire il reale
colore di output della luce. Un valore inferiore a 1 riduce l’illuminazione mentre valori
superiori la fanno aumentare. Quando il moltiplicatore assume valore negativo l’illumi-
nazione viene rimossa dalla scena. Queste “luci negative” risultano utili per simulare
effetti radiosity e perfezionare altrimenti impostazioni di illuminazione interna. Un uso
frequente delle luci omnidirezionali negative, per esempio, consiste nel posizionarle in
angoli interni per renderli più bui, cosa difficilmente ottenibile con l’uso delle luci
positive.
Pur avendo molte funzioni, il moltiplicatore viene utilizzato soprattutto per l’uniformità
del colore di una serie di luci. A ognuna di esse viene attribuito lo stesso colore la cui
intensità è regolata attraverso i moltiplicatori. L’uso dello stesso colore base risulta
evidente da un confronto con la tavolozza. Analogamente moltiplicatori piccoli consen-
tono alla tavolozza di distinguere un colore mentre lo rendono scuro. Per esempio, invece
di creare una luce rossa debole con un colore 10,0,0 e la tavolozza quasi nera, le attribuisce
un rosso riconoscibile con valore 200,0,0 e utilizza un moltiplicatore 0.05 per ridurlo a un
valore inferiore.
Attenuazione
L’attenuazione regola il falloff di una luce all’aumentare della distanza. Senza attenuazio-
ne l’illuminazione dipende dall’orientamento della luce rispetto alla superficie. Se questa
forma un angolo di 90 gradi la luce produce un effetto completo. Ciò significa che più la
luce è distante dalla superficie, più è profondo l’angolo di incidenza e luminosa la
superficie. Ma nella realtà la luce diminuisce all’aumentare della distanza: una torcia
elettrica puntata direttamente su un tavolo è piuttosto luminosa, ma se viene diretta
nell’ambiente circostante la sua luce diventa molto più fioca e se poi viene puntata lungo
una strada l’effetto dell’illuminazione è trascurabile. Tale diminuzione, decadimento o
sfocatura di luce viene detto attenuazione e non è altro che il risultato delle leggi fisiche.
Generalmente gli interni richiedono molte luci e se queste non vengono attenuate la scena
risulta sovrailluminata. Quando si illuminano gli interni l’attenuazione deve essere utilizzata su
tutte le luci tranne quelle più fioche e quelle di riempimento.
Nel mondo reale la luce si attenua a velocità inversamente quadratica. Per esempio se
l’illuminazione di una lampada è X a 3 metri sarà un quarto di X a 6 metri. Pur essendo
accettabile dal punto di vista fisico questo tasso di decadimento viene generalmente
considerato troppo alto per la computer grafica. La spiegazione consiste nel fatto che la
luce rimbalza sulle superfici e illumina da tutti gli angoli, anche se attenuandosi. Solo i
programmi di rendering che utilizzano le tecniche di Radiosity sono in grado di
riprodurre questa luce ereditata e in generale sono gli unici che si adattano a una velocità
inversamente quadratica. La maggior parte dei programmi comprendenti l’attenuazione
luminosa la riproducono secondo un’approssimazione lineare: la stessa lampada con
illuminazione X a 3 metri assumerà valore pari a metà di X a 6 metri. 3DS MAX fornisce
un metodo ibrido di falloff nullo e lineare.
L’attenuazione viene visualizzata nei quadranti interattivi solo se è attivata l’opzione [Attenuate
Lights] in VIEWPORT PREFERENCES. Per quanto utile, produce però un notevole impatto sui tempi
di ridisegno delle viste ombreggiate.
La casella di controllo [Attenuation Use] indica se la luce selezionata utilizza gli intervalli
assegnati. Quando è attivata, intorno alle luci compaiono i cerchi corrispondenti agli
intervalli, che indicano l’estensione degli intervalli Start ed End (figura 19.7). Questi cerchi
definiscono l’estensione interna ed esterna dell’illuminazione. L’intervallo Start (corri-
spondente al cerchio interno) è simile a uno spot e definisce una regione in cui
l’attenuazione non si verifica. L’intervallo End (cerchio esterno) è simile a un falloff e
definisce la distanza alla quale la luce termina di illuminare. La luce che cade tra gli
Quando si illumina un interno è necessario prestare attenzione agli intervalli delle luci: tutte le
luci di potenza identica poste in una zona devono avere gli stessi intervalli. Se questi sono
diversi la luminosità delle luci corrispondenti è varia perché cambiano le distanze di illuminazio-
ne. Questo effetto è particolarmente evidente nel caso di serie di luci che devono essere tutte
uguali. In tal caso è opportuno produrre istanze di una luce dall’altra in modo tale che la
regolazione dell’una le condiziona tutte.
■ Figura 19.7
I cerchi nei diversi
quadranti rappresentano
le sfere di attenuazione
dell’illuminazione.
Spot e falloff
Lo spot e il falloff sono le proprietà più frequentemente regolate dei riflettori e delle luci
direzionali. La differenza tra spot e falloff individua l’irregolarità del bordo della chiazza
di luce risultante. I valori spot e falloff hanno un effetto simile a quello degli intervalli
interno ed esterno di una luce omnidirezionale attenuata. Lo spot (hotspot) definisce
l’estensione dell’illuminazione piena e non intensifica l’illuminazione come potrebbe
suggerire il nome. L’illuminazione all’interno dello spot corrisponde all’effetto luminoso
pieno. Il falloff definisce l’intervallo entro il quale termina l’illuminazione. Questa
dissolvenza, o decadimento, non è lineare come accadeva per gli intervalli omnidirezionali
ma è un’interpolazione spline cubica (la maggior parte della transizione si verifica intorno
al bordo esterno del falloff). La differenza tra le dimensioni di spot e falloff definisce
regolarità o sfocatura del bordo della chiazza di luce. Uno spot di piccole dimensioni e
un falloff ampio creano un bordo molto regolare, mentre uno spot di dimensioni vicine
a quelle del falloff lo rendono molto irregolare.
Per ottenere l’effetto di una gradazione maggiore nella chiazza del riflettore è possibile utilizzare
l’attenuazione impostando il cerchio interno del riflettore in modo tale che intersechi la superfi-
cie della mesh.
■ Figura 19.8
Una luce direzionale posta
tra due teiere. Quella
collocata davanti alla luce
proietta un’ombra, mentre
quella che le sta dietro
non lo fa.
L’opzione periferica è utile nel caso sia necessaria un’illuminazione generale ma restano
indispensabili l’ombra del riflettore e/o le funzioni del proiettore. Tali proprietà
rispettano ancora il cono di falloff del riflettore. Un riflettore con periferica è assimilabile
■ Figura 19.9
Un riflettore periferico che
proietta ombre le crea nei
suoi normali intervalli di
spot e falloff, e agisce
come una luce
omnidirezionale al di fuori
di essi.
■ Figura 19.10
Questa luce direzionale
periferica illumina tutti i
piani sui quali cade tranne
le facce che con essa
formano angoli retti.
Per creare un quadrante che corrisponda a una luce direzionale generando un oggetto griglia,
centrare la griglia sulla luce (con la funzione Align) e collegarla alla luce direzionale. Quando la
griglia è attivata e se ne effettua un quadrante, la vista mostrata corrisponderà a quella della
luce direzionale. Ruotando la luce la vista continuerà a essere quella della luce direzionale.
I metodi di illuminazione dipendono anche dalle ombre e dal loro migliore utilizzo nella
progettazione di un’illuminazione generale. Il controllo specifico delle ombre è essenziale
quando si utilizzano le luci. Se le ombre sono eccessive o insufficienti la scena risulta poco
realistica e convincente.
Ombre
In 3DS MAX le fonti luminose illuminano tutte le facce orientate nella loro direzione,
aventi cioè una normale diretta verso di esse, fino a dove arrivano i rispettivi intervalli
o le cadute. Questa luce trasmette attraverso le superfici e non viene bloccata a meno che
non riceva l’indicazione di proiettare ombre. Le luci che non proiettano ombre, e perciò
tutte le luci omnidirezionali, continuano a penetrare la scena e diminuiscono il grado di
oscurità di tutte le ombre.
La creazione di effetti luminosi può presentare qualche difficoltà se non si utilizzano le
ombre. La luce proveniente da sinistra si mescola con quella proveniente da destra e con
quelle di riempimento. La creazione di contrasti e di movimento in un modello può essere
molto difficile se non si ricorre all’uso delle ombre. La proiezione delle ombre è
un’opzione dispendiosa ma contribuisce notevolmente all’effetto di realismo della scena
finita. Le ombre di tipo ray-tracing (Ray-tracing Shadows) richiedono un certo tempo di
rendering, e le ombre di tipo mappa (Shadow Maps), oltre al tempo, consumano risorse
di memoria. La limitazione del falloff del riflettore alla zona in cui sono richieste le ombre
consente di risparmiare tempo di rendering in entrambi i casi. Anche l’esclusione di
oggetti dalle ombre, all’interno della luce o attraverso l’attributo dell’oggetto, contribu-
isce a ridurre il tempo di rendering.
Ombre Ray-tracing
La tecnica del ray-tracing rende le ombre precise, con bordi irregolari e quasi sempre
impegna l’oggetto che le proietta (caratteristica negativa che pone problemi in fase di
mappatura). Quando si presenta la necessità di avere un bordo irregolare e di calcolare
i valori di trasparenza di un oggetto è opportuno utilizzare il ray-tracing.
Il ray-tracing tiene anche conto dell’opacità e del filtro colore del materiale. Queste ombre
fanno riferimento a tutte le informazioni sull’opacità contenute all’interno del materiale
e questo può risultare nella forma di una mappatura dell’opacità e della sua maschera,
barre del parametro Transparency del materiale e opzioni In/Out, gli unici aspetti che
definiscono la trasparenza. Altre mappe che definiscono composizione o rugosità non
hanno alcun effetto sulla proiezione delle ombre. La simulazione di queste marcature
della superficie richiede una copia della bitmap tale che diventi la mappa o la maschera
dell’opacità del materiale.
I riflettori che utilizzano il ray-tracing trattano l’opacità di ogni tipo in termini di
luminanza o intensità. Le immagini materiali possono risultare molto convincenti quando
sono illuminate da queste luci. I materiali hanno composizione corrispondente e mappe
dell’opacità e vengono spesso utilizzati per oggetti di contorno, come alberi, gruppi di
persone e automobili ma possono anche essere le singole foglie di una pianta o la struttura
del montante di una finestra.
Il ray-tracing costituisce la tecnica ideale per simulare fonti luminose brillanti, soprattutto il
sole. L’unico difetto consiste nel fatto che queste ombre richiedono lunghi calcoli durante il
rendering. Poiché la zona calcolata per ogni riflettore si basa sul corrispondente falloff, ridu-
cendo il raggio, specificando le zone si può risparmiare tempo di rendering.
Ombre a mappa
La funzione principale di un’ombra a mappa consiste nel creare ombre regolari. Si tratta
di un effetto più realistico di quello ottenuto con il ray-tracing ma può essere difficile da
ottenere perché è necessario mantenere il delicato equilibrio dei parametri delle mappe.
La proiezione delle ombre con le mappe richiede memoria ma ha un rendering più veloce
di quello del ray-tracing, soprattutto all’interno di un modello complesso. D’altra parte
le mappe richiedono un certo tempo di preparazione e un costante riscontro per
garantirne accuratezza e adeguatezza.
Nella realtà l’irregolarità di un’ombra è il prodotto della vicinanza dell’oggetto rispetto
alla superficie sulla quale proietta l’ombra: quella proiettata dai montanti di una finestra
in una stanza è molto regolare, mentre la sedia che si trova sotto la stessa luce ne proietta
una molto irregolare. A causa di questa caratteristica si può presentare la necessità di
utilizzare varie luci per proiettare le ombre, che abbiano effetti diversi in modo da
rendere più realistica una scena.
La maggior parte dei profani non noterà l’effetto realistico, perché per loro la definizione
di un’ombra è una forma irregolare e netta proiettata dall’oggetto. Se non è possibile
analizzare l’ombra, per esempio in un’animazione, gli effetti raffinati che sono stati
ottenuti con le ombre regolari vanno persi.
Proiezione di immagini
Le luci Spot e Directional proiettano immagini e materiali animati come un proiettore di
diapositive/pellicole, offrendo in più la possibilità di creare molti effetti speciali. I colori
dell’immagine proiettata si miscelano con quelli della luce riducendone la quantità a
seconda dei valori di luminanza dei colori di bitmap. Il nero blocca tutta la luce mentre
il bianco non ne trattiene alcuna.
Le luci di proiettore sono utilizzate tradizionalmente in ambito teatrale e nel design
dell’illuminazione di interni. Uno degli effetti più classici si verifica quando l’immagine
è opaca (nero su bianco) e invece di un’ombra proietta un’altra immagine. Quando viene
utilizzata a questo scopo, la luce di proiettore viene spesso chiamata paraluce. L’implica-
zione di ombre proiettate con questa tecnica in 3DS MAX può generare effetti notevoli
che hanno un impatto positivo sulla memoria (figure 19.11 e 19.12).
■ Figura 19.11
Un’immagine paraluce per
la bitmap di un proiettore.
Luci proiettate
Le luci spot e direzionali possono proiettare un’immagine quando è attivata l’opzione
Projector a esse relativa. Facendo clic sul pulsante Assign si apre la finestra Material/Map
Browser di Material Editor (figura 19.13). Da questa è possibile scegliere un canale di
mappa definito in Material Editor (editor materiali), la scena, una libreria, o definirne una
nuova. Dopo che un canale di mappa è stato selezionato, il suo nome viene etichettato sul
pulsante Map della luce. Facendo clic su questo pulsante è possibile assegnare il canale a
uno slot specifico in Material Editor slot, per l’eventuale regolazione. È anche possibile
recuperare da Material Editor mappe proiettate già utilizzate nella scena, scegliendole da
questa.
■ Figura 19.13
La finestra Material/Map
Browser.
Quando la mappa animata è del tipo immagine di proiettore, quando viene eseguito il rendering
di un intervallo di fotogrammi ognuno di essi è mostrato in sequenza. Il proiettore di diapositi-
ve diventa quindi un proiettore di pellicola. L’animazione può consistere in un file animato come
il file AVI, una sequenza di file in un paraluce o nel risultato di parametri animati nel canale di
mappa prescelto.
Quando l’opzione Projector viene utilizzata insieme a Overshoot, l’immagine rimane limitata alle
dimensioni del falloff. Questo bordo però produce un effetto aliasing se il colore del bordo
dell’immagine proiettata (cioè lo sfondo) blocca il colore del riflettore. Il bianco non si mescola
mai in modo additivo ed è quindi il colore ideale per lo sfondo di un’immagine, finché la luce ha
un moltiplicatore positivo.
L’inclusione di un perimetro bianco largo un pixel nelle bitmap proiettate evita l’effetto aliasing
che si verifica quando al riflettore che proietta è associata l’opzione periferica.
■ Figura 19.14
Bitmap Fit stabilisce le
dimensioni di un riflettore
di proiezione in modo tale
che si adatti all’altezza e
alla larghezza di una
bitmap.
L’immagine proiettata può essere ruotata e la sua rotazione può anche essere animata, con
l’impostazione materiale della mappa di proiettore in Material Editor.
Tutti gli effetti atmosferici sono attivi soltanto nelle viste Perspective e Camera e alcuni esclusi-
vamente nelle Camera.
Per evitare l’effetto aliasing dell’immagine con lo sfondo, aggiungere la riga DontAntialias-
AgainstBackground = 1 al di sotto della sezione [Renderer] del file 3dsmax.ini. L’eliminazione
dell’effetto aliasing è utile per il rendering degli sprite rispetto a uno sfondo solido o per creare
una grafica illimitata per il Web, trascurando lo sfondo estraneo. Se non esiste una sezione
[Renderer], aggiungerne una.
Luci volumetriche
La luce volumetrica consente di riempire con particelle un cono di luce, in modo tale da
rendere visibili il raggio o l’alone. Nella computer grafica tale fenomeno è noto sotto il
nome di illuminazione volumetrica, e quando le ombre interrompono il cono, di
ombreggiatura volumetrica. Questo effetto si applica agli oggetti luminosi della scena
attraverso la sezione Atmosphere della finestra ENVIRONMENT. Un’atmosfera può essere
assegnata a diverse luci e si possono utilizzare diverse luci Volume per controllare
l’effetto localizzato. Alle luci Volume corrisponde una vasta gamma di parametri che
possono modificare notevolmente l’aspetto della luce. Colore, densità, luminosità e
oscurità volumetriche, attenuazione e disturbo di una luce sono tutti attributi facilmente
regolabili nella finestra di dialogo ENVIRONMENT di 3DS MAX.
Per utilizzare le luci volumetriche si deve stabilire prima di tutto un oggetto luminoso.
Poi viene aggiunta la luce volumetrica alla finestra di dialogo ENVIRONMENT e infine può
essere assegnata una luce o una serie di luci alle impostazioni della luce volumetrica.
■ Figura 19.15
I parametri delle luci
volumetriche sono
disponibili nella finestra di
dialogoEnvironment.
Un buon esempio di disturbo animato in una Volume è envlite2.max (figura 19.16) nella
directory SCENES di 3D Studio MAX. Tutte le scene che cominciano con ENV sono file da
esplorare per il controllo delle caratteristiche ambientali.
I valori Near % e Far % hanno un effetto inverso sulla nebbia rispetto a Volume Lights. Con
Fog la visibilità è nulla oltre il 100%. Ciò significa anche che, senza una geometria di sfondo, la
nebbia ha un rendering del 100% e risulta in un colore solido. Quando è attivato Exponential la
velocità del passaggio da 0% a 100% è esponenziale e l’aspetto della nebbia cambia
drasticamente.
■ Figura 19.17
ImpostazioniStandard/
Layered Fog.
Alla Layered Fog corrisponde un orizzonte chiaro e diritto. Questo effetto è utile quando
l’orizzonte è lontano ma può risultare innaturale. In scene che presentano un orizzonte poco
distinto è opportuno aggiungere un disturbo che confonda l’orizzonte.
■ Volume Fog (nebbia volumetrica). Questo tipo di nebbia è utile nella creazio-
ne di nuvole animate che possono muoversi o essere attraversate (figura
19.18), con un effetto tridimensionale realistico che varia nello spazio e nel
tempo. Volume Fog viene regolata in modo analogo ad altri tipi di nebbia e al
disturbo volumetrico. Wind Strength regola la velocità del vento e viene
utilizzato insieme con un parametro fase animato per creare il movimento.
■ Figura 19.18
ImpostazionidiVolume
Fog.
■ Figura 19.19
Creazione di un
Atmospheric Apparatus.
Analogamente ad altri effetti atmosferici anche questo può essere facilmente animato
modificando nel tempo il valore Phase. Gi effetti di Combustion si verificano in un ordine
specifico. L’effetto dei valori Phase cambia a seconda che Explosion sia o meno attivato.
Quando è attivo, i valori di fase compresi tra 0 e 100 costituiscono l’avvio dell’effetto, che
cresce fino alla piena intensità corrispondente al valore 100. L’intervallo compreso tra 100
e 200 corrisponde al periodo di distruzione causata dal fuoco in seguito all’esplosione e
alla sua trasformazione in fumo. Le fasi nell’intervallo tra 200 e 300 indicano il momento
in cui il fumo si disperde e la combustione è completa. Quando Explosion non è attivata
il valore di Phase regola la velocità alla quale si muove la fiamma (figura 19.20).
L’animazione dei valori di fase di una fiamma deve essere lineare, cioè i valori non
devono subire un’accelerazione nel corso del tempo ma mantenere velocità costante.
■ Figura 19.20
Impostazionedi
Combustion.
Combustion può essere impostata come Fire Ball (palla di fuoco), in cui non si distinguono
una parte inferiore e superiore, oppure come Tendril (scia), che simula una fiamma
normale. Fire Ball costituisce una buona soluzione in caso di esplosioni e ha un buon effetto
se utilizzata in concomitanza con altri apparati emisferici.
Combustion non è una sorgente luminosa e non emette una luce tremolante come quella di un
fuoco vero. Per completare l’effetto sono ancora necessarie le sorgenti luminose animate.
Suggestioni
La creazione delle suggestioni costituisce una vera e propria sfida. Spesso un ambiente
suggestivo non viene registrato e poi ricordato per le sue specifiche caratteristiche ma
piuttosto come una sensazione ed è proprio questa la difficoltà, perché la creazione delle
suggestioni giuste richiede un profondo spirito di osservazione, grazie al quale si possono
cogliere gli elementi distintivi dell’atmosfera.
Effetti di radiosity
Quando le luci omnidirezionali vengono utilizzate con esclusione e intervalli costituisco-
no la fonte luminosa ideale per simulare radiosity ed ereditare colore. Questo approccio
rallenta il processo di rendering più di quanto non avvenga regolando il valore del colore
circostante del materiale, ma crea un effetto molto realistico.
L’utilizzo di questa tecnica richiede un’attenta osservazione dell’ambiente luminoso. Nel
mondo reale la luce spesso decresce in certe zone, come sotto tavoli e sedie, e in angoli
di stanze scarsamente illuminate. L’impiego di un moltiplicatore negativo e di una luce
omnidirezionale attenuata consente di ritagliare tali zone pur mantenendo un valore più
brillante e intervalli di attenuazione estesi per illuminare zone più vivide.
Contrafforti e frastagliature
I contrafforti sono elementi di illuminazione che richiedono l’accentuazione degli effetti.
Queste luci indirette sono spesso utilizzate per creare chiazze frastagliate su una parete
quando illuminano il soffitto, allo scopo di illuminare indirettamente quella zona della
stanza facendo rimbalzare la luce dal soffitto. Poiché le luci di 3DS MAX non compiono
automaticamente tale operazione (resa possibile da un renderizzatore di radiosity),
l’effetto deve essere simulato (figura 19.22).
■ Figura 19.22
Frastagliature luminose
dovute a riflettori con spot
variabili.
La qualità della frastagliatura dipende dalle dimensioni dello spot e non dall’intensità del
riflettore. Questi effetti non richiedono l’uso delle ombre né dell’attenuazione. Spesso si
ritiene erroneamente che tali effetti richiedano che il falloff superi le dimensioni
dell’impianto e proietti un’ombra per formare il taglio; ciò produce un bordo irregolare
e richiede molto più tempo per il rendering. In realtà questo è necessario soltanto quando
l’impianto è trasparente o traslucido e quindi bisogna proiettare le ombre del perimetro
relativo. Poiché in 3DS MAX la luce non può essere riflessa, la simulazione di una luce
rimbalzata (radiosity) richiede un’altra fonte luminosa.
Insegne autoilluminate
La forma più diffusa di insegna luminosa è l’insegna autoilluminata. In generale si trova
sotto forma di lettere isolate con facce traslucide che proiettano luce colorata (figura
19.23). A partire da un testo determinato, l’utilizzo di materiali autoilluminati (illuminati
all’85% per cominciare) e di Glow consente di ottenere una semplice autoilluminazione
senza effetti speciali.
Insegne retroilluminate
Un forma di insegna che illumina il piano su cui è montata è la insegna retroilluminata, che
proietta la luce dal retro delle lettere su un piano, ponendo il testo in uno scorcio
luminoso. In realtà è facile creare questo effetto utilizzando l’opzione di esclusione del
riflettore, che esclude il testo e illumina la parete (figura 19.24).
■ Figura 19.23
Simulazionediinsegna
autoilluminata.
■ Figura 19.24
Simulazionediinsegna
retroilluminata.
La figura precedente illustra una tecnica applicabile alle insegne al neon di dimensioni
regolari ma non a quelle di forma irregolare. La simulazione delle luci di questo tipo, a
strisce o a forma libera, è facilitata dall’utilizzo di Glow. Nella figura 19.26 compare un
esempio dell’uso di Glow in una luce di forma libera. Utilizzando un canale di effetti
materiali e una forma loft, diventa facile creare luci al neon di questo tipo.
■ Figura 19.26
Insegna al neon di forma
libera, ottenuta utilizzando
Glow.
■ Figura 20.2
Lente da 20 mm.
■ Figura 20.4
Lente da 50 mm.
■ Figura 20.6
Lente da 135 mm.
Tenendo premuto il tasto CTRL durante il trascinamento nella finestra, è possibile limitare la
panoramica e l’orbita all’asse verticale o orizzontale, che è determinato dalla prima direzione in
cui si trascina.
L’utilizzo dei pulsanti di navigazione della vista cinepresa è fondamentale per collocarla
nella posizione della scena desiderata e per impostare il tipo di angoli e di effetti necessari
nell’animazione. Spesso può essere necessario spostare la cinepresa in una finestra
diversa dalla finestra cinepresa, ma è opportuno delegare alle trasformazioni effettuate
in quest’ultima le regolazioni relative ai particolari.
■ Figura 20.9
L’utente può regolare i tre
rettangoli di Safe Frame.
Questa finestra di dialogo
si apre in seguito alla
selezione di Views,
ViewportConfiguration,
Safe Frames.
Le dimensioni del bordo interno possono essere adattate alle esigenze del sistema tramite
il valore Safe Frame che si trova in VIEWS/Viewport Configuration. In questa finestra di
dialogo è possibile attivare Safe Frames, impostare le zone che devono essere mostrate
e ridurre la percentuale delle zone Action Safe e Title Safe. L’utilizzo di Safe Frames è molto
importante nella preparazione del rendering finale. Se infatti non se ne fa uso nelle
finestre cinepresa, si corre il rischio di tagliare elementi importanti che il pubblico
dovrebbe vedere, oppure di scoprire che gli elementi appaiono nella scena e scompaiono
più rapidamente o più lentamente di quanto previsto. Safe Frame deve essere sempre
utilizzato durante le fasi preparatorie dell’animazione, in modo tale da non sprecare
tempo di rendering.
■ Figura 20.10
Il modo più facile per
spostare una cinepresa
attraverso una serie
complessa di curve e
movimenti consiste nel
tracciare un percorso e
assegnarlo alla cinepresa
(e alla destinazione se
necessario) o a un
oggetto fittizio a cui è
collegata la cinepresa.
Carrellata
Come anticipato nei paragrafi precedenti, l’oggetto cinepresa può essere spostato e
animato in molti modi. La carrellata in una ripresa attira l’attenzione dell’osservatore
Panoramica
Un altro movimento di macchina è la panoramica. Come anticipato, una panoramica
generalmente si verifica quando la cinepresa è bloccata e diventa il centro del mondo. La
cinepresa può effettuare panoramiche a 360 gradi. Quando la cinepresa comincia a
spostarsi di lato, il movimento non si chiama più panoramica e diventa invece un’altra
forma di ripresa.
La panoramica a 360 gradi o l’orbita opposta a 360 gradi (in cui un oggetto è il centro del
mondo e la cinepresa vi ruota attorno) sono tecniche efficaci utilizzate per dare
all’osservatore un senso di onniscienza. Questa tecnica rivela quasi tutto sul soggetto e
può assumere grande importanza.
Le panoramiche possono essere regolari e armoniose oppure rapide e irregolari (dette
panoramiche veloci o a schiaffo). Esempi di panoramica veloce si possono riscontrare negli
Fermo immagine
A volte può essere utile eliminare qualsiasi movimento, che corrisponde al fermo immagine
(freeze frame). Questo metodo può servire a mostrare la morte di un personaggio o la
conclusione di una scena. Se la scena è animata e piena di vita e all’improvviso si verifica
il fermo immagine, l’osservatore riceve un messaggio forte.
■ Figura 20.11
Collegando cinepresa e
destinazione a un oggetto
fittizio, è possibile creare
un cavalletto che rende
rapidi e semplici i
movimenti di macchina.
Creando questa semplice gerarchia è possibile spostare l’oggetto fittizio con movimenti
complessi, mentre la cinepresa lo segue con moto regolare.
Un uso più complesso degli oggetti fittizi consiste nella creazione di gru. Il procedimento
descritto di seguito è stato sviluppato da Angelo Guarino e inviato al forum di 3D Studio
di CompuServe (GO KINETIX):
1. creare una cinepresa Target;
2. creare due oggetti fittizi nella posizione della cinepresa: cam-elevation e cam-
azimuth (elevazione e azimut della cinepresa);
3. creare tre oggetti fittizi nella posizione della destinazione: trgt-elevation, trgt-
azimuth, cam-position (elevazione e azimut della destinazione, posizione della
cinepresa);
4. collegare tutti gli oggetti fittizi, la cinepresa e la destinazione nell’ordine
seguente:
cam-position
trgt-azimut
trgt-elevat
cam-azimut
cam-elevat
cam1
cam1.target
La costruzione di questa “gru” (figura 20.12) dovrebbe consentire l’esecuzione di diversi
movimenti complessi utilizzando soltanto keyframe “estremità” in ogni grado di libertà
■ Figura 20.12
Per creare una gru è
necessario collegare
cinepresa e destinazione a
diversi oggetti fittizi. Il
salvataggio di questa
attrezzatura consente di
creare un teatro di posa
virtuale che l’animatore
potrà utilizzare in seguito.
Controller Look At
Look At è il controller di default per le cineprese destinazione e punta l’asse Z locale
negativo della cinepresa verso il punto di rotazione dell’oggetto Target. Si tratta di uno
strumento utile nel caso in cui la cinepresa debba seguire un certo oggetto nel corso
dell’animazione. Per esempio una navicella spaziale è il centro della scena e si muove
attraverso l’animazione. Assegnare alla navicella il ruolo di destinazione della cinepresa
■ Figura 20.13
La tendina Look At si apre
selezionando un oggetto,
facendo clic sulle tendine
dei parametri Motion e
quindi su Transform sotto
Assign Controller.
Piani di ritaglio
Le cineprese hanno anche parametri che controllano il piano di ritaglio (clipping plane), che
consente di escludere certe porzioni della geometria della scena in modo da mostrarne
la parte interna. Il piano di ritaglio è uno strumento utile nella creazione si sezioni ,o
inserti, di un edificio, di un veicolo, di una persona e così via. Il piano di ritaglio costituisce
un modo semplice per creare sezioni architettoniche oppure effetti di inserto animato
cool. Inoltre può essere utile come strumento puramente logistico nella rappresentazione
di parti di una scena che contiene molta geometria complessa.
Ogni cinepresa ha un piano di ritaglio lontano e uno vicino, che possono essere regolati
e animati. I parametri dei piani di ritaglio si trovano fra i parametri di creazione della
cinepresa. Sia il piano lontano sia quello vicino sono misurati lungo l’asse Z locale delle
cinepresa nelle unità di scena correnti.
Nella figura 20.14, la scena è rappresentata normalmente: il piano di ritaglio non è attivo.
Nella figura 20.15 il piano è impostato sui valori 9750,0 e 20000,0: la scena è cambiata. Le
impostazioni variano a seconda delle dimensioni del modello e della scena.
Il semplice posizionamento di una cinepresa nella scena può bastare, se l’azione è
abbastanza avvincente. Altre volte è opportuno utilizzarla in modo da guidare le
emozioni dello spettatore senza che questi se ne renda conto. Tutti i lungometraggi
ricorrono a questi metodi, che possono essere sfruttati dagli animatori.
■ Figura 20.15
I piani di ritaglio
costituisconounmodo
semplice e veloce per
creare viste in sezione di
modelli architettonici.
Per diventare un bravo animatore è necessario imparare e studiare l’arte della cinematografia.
L’animazione non consiste solo nel muovere personaggi e navicelle sullo schermo; è la compo-
sizione della scena insieme all’uso corretto delle angolazioni della cinepresa a suscitare nel
pubblico una risposta viscerale. Troppi animatori dispongono la cinepresa nella scena all’ultimo
momento mentre in realtà questo dovrebbe essere uno dei primi elementi dell’impostazione
dell’animazione.
Le angolazioni della cinepresa possono preparare il tono in una scena di suspense, comica o
pericolosa. Studiando i film di maestri come Welles, Hitchcock, Scorsese, De Palma, Spielberg
e Altman e l’uso che questi registi fanno della cinepresa nel raccontare una storia, si scopre che
spesso questa diventa un personaggio vero e proprio.
Due classici della cinematografia dovrebbero far parte della videoteca di ogni animatore che
voglia fare film e non semplice animazione. Si tratta di An Occurence at Owl Creek Bridge
(Robert Enrico, 1961) e Quarto potere (Orson Welles, 1941). Il primo è stato inserito come
episodio della serie Twilight Zone. Entrambi sono disponibili in videocassetta.
Questi tipi di angolazione devono essere utilizzati con moderazione e intelligenza. Un’animazione
che si serve di tutti i trucchi possibili può essere difficile da vedere e poco divertente. Un
eccesso di trucchi estrania lo spettatore dalla storia coinvolgendolo nell’arte della realizzazione:
non è lo scopo di un animatore. Queste tecniche invece devono essere utilizzate per guidare la
storia e migliorare l’arte della narrazione. La regola generale a cui attenersi è quella di non
servirsi di una tecnica se questa non sostiene la storia.
Riepilogo
■ Tipi di cinepresa. 3D Studio MAX dispone di due tipi di cinepresa: Target e
Free.
■ Rappresentazione del mondo reale. Una nuova equazione utilizzata per
calcolare il campo visivo dà una miglior rappresentazione delle vere cinepre-
se da 35 mm, indicando la distanza focale.
■ Regolazione della cinepresa. Le cineprese possono essere regolate in diversi
modi e molte regolazioni possono essere animate. Questa animazione della
cinepresa può essere eseguita in vari modi che ne migliorano l’efficacia e
rafforzano il processo narrativo. Con una buona sceneggiatura, un animatore
saprà quando è opportuno spostare la cinepresa.
■ Figura 21.1
Il concetto di struttura ad
albero dei materiali.
Anche se non è possibile replicare i parametri nell’Editor materiali, è possibile farlo nell’Editor
tracce. Questi controller replicati agiscono come tali se gestiti in Editor tracce. Se si effettuano
regolazioni nell’Editor materiali, i parametri replicati si comportano esclusivamente. Se si
ritorna all’Editor tracce e si effettua una regolazione, il nuovo valore sarà copiato anche sulla
replica.
Controlli di navigazione
Material/Map Navigator
Get GoToSibling
Put GoTo Parent
Assign See End Result
Clear ShowMap
Copy
Effects Channel
Put to Library
Per modificare più rapidamente i materiali caldi (assegnati), è consigliabile effettuare una copia
del materiale, effettuare tutte le modifiche alla versione tiepida e poi reinserirla nella scena
come nuovo materiale caldo.
■ Figura 21.6
1×1 2×2 3×3 4×4
Visualizzazione di un
oggetto con diversi valori
mosaico.
Il pulsante Video Color Check dispone del controllo dell’Editor per i colori cosiddetti
“illegali” se trasferiti su videocassetta per essere visualizzati con monitor NTSC o PAL.
I colori illegali (soprattutto i rossi accesi) hanno un output pessimo e correggerli a livello
di definizione di materiale è spesso molto utile. La figura 21.7 mostra come l’Editor
materiali visualizza i colori illegali in un materiale. È importante notare, comunque, che
i colori sono illegali solo rispetto all’illuminazione del campione e che l’illuminazione della
scena sarà differente.
■ Figura 21.8
Visualizzazione dei canali
effetti dei materiali
contenuti all’interno di un
file di rendering RLA.
■ Figura 21.9
Una scena dove sono
visualizzate numerose
mappedicomposizione.
Nei quadranti sarà visualizzata solo la mappa stessa. Le modifiche apportate all’immagine con i
parametri o le altre mappe non sono visualizzate.
Poiché visualizzare le mappe richiede RAM aggiuntiva, 3DS MAX per default non
visualizza le mappe. Se si desidera visualizzare una mappa in un quadrante, è necessario
attivarla manualmente. È importante però ricordare che ogni mappa visualizzata richiede
ulteriore memoria RAM (anche se il problema non sussiste quando si utilizzano accele-
ratori grafici con il supporto di memoria per mappe di composizione). Per ovviare alla
richiesta di RAM, nei quadranti è visualizzata solo un’immagine approssimativa In questo
modo, è possibile visualizzare immagini molto grandi consumando una quantità notevol-
mente minore di memoria.
■ Figura 21.10
L’effettodell’opzione
[Show End Result] attiva
e disattiva per un
materiale Multi/Sub-
Object.
ShowEnd ShowEnd
Result attivo Result inattivo
L’Editor materiali
L’Editor materiali potrebbe apparire molto complesso ma con un po’ di pratica si rivelerà
un ambiente creativo facile da utilizzare. La figura 21.11 mostra come la metafora
dell’albero sia molto utile per capire come un materiale cominci a livello radice e i rami
contengano mappe multiple e perfino altri materiali. Per esplorarne la struttura ad albero,
è possibile scorrere le diramazioni all’interno dell’Editor o selezionare i livelli chiave con
il Material/Map Navigator. L’interfaccia dell’Editor materiali è studiata per mostrare il
livello mappa corrente in qualsiasi momento. La figura 21.12 mostra le informazioni
relative al canale mappa Diffuse del materiale Standard utilizzando un tipo di mappa
Bitmap. Dopo aver aggiunto un nuovo ramo o essere passati a un nuovo ramo, esistono
alcune opzioni per tornare indietro.
■ Figura 21.12
L’Editor materiali
visualizza un unico ramo
nell’albero dei materiali.
Materiali e mappe
Il Material/Map Browser (figura 21.13) è utilizzato in quattro situazioni: quando si sceglie
un materiale per sostituire lo slot campione corrente; quando si accede per la prima volta
a un canale mappa per selezionare una mappa; quando si accede per la prima volta a un
canale materiale per selezionare un sotto-materiale oppure quando si utilizza il pulsante
Type per sostituire il sotto-materiale o la mappa corrente. Una volta all’interno del
Browser, è possibile scegliere un materiale memorizzato in una libreria dei materiali,
presente nella scena, contenuto correntemente nell’Editor materiali o creare il proprio
materiale da una nuova definizione. Le opzioni Browse From controllano la posizione da
cui l’elenco di scelte è presentato.
La libreria di materiali predefinita disponibile per l’esplorazione è il file 3dsmax.mat
(figura 21.14) fornito con il prodotto e posizionato nella sotto-directory \3dsmax\maps.
Naturalmente, è possibile selezionare qualsiasi libreria. Purtroppo, la scelta della libreria
■ Figura 21.13
Il Material/Map Browser è
in grado di mostrare
materiali e mappe
contemporaneamente.
■ Figura 21.14
Il Material/Map Browser e
la libreria predefinita
3dsmax.mat.
Il filtro delle opzioni Show indica se i materiali e le mappe sono visualizzati per la
selezione. Per default, l’opzione <Both> è attiva; una tale scelta potrebbe generare
confusione nella selezione del materiale perché se si sceglie una mappa sarà visualizzato
un ramo senza principale. La scelta <Show Materials> è la migliore se si desidera esplorare
■ Figura 21.15
L’interfaccia del materiale
Standard.
Colore diffuso
Delle tre qualità di base del colore, Diffuse è quella che ha un impatto maggiore sull’aspetto
del materiale ed è la più facile da determinare. Il colore diffuso è quello a cui ci si riferisce
quando si descrive un materiale del mondo reale. È consigliabile fare riferimento il più
possibile al mondo circostante per analizzarne i colori. Si noterà che sono pochissimi i
colori che hanno tonalità completamente sature fra cui i segnali (insegne, confezioni,
cartelloni pubblicitari), giocattoli e cartoni animati. Altri sono composti da miscele più
complesse. Il colore Diffuse è spesso sostituito o mischiato con una bitmap; il piccolo
pulsante vicino alla relativa tavolozza dei colori permette di accedere rapidamente al
canale mappa Diffuse.
Colore speculare
Il colore speculare si mescola con il colore della luce che illumina. Tale miscela varia tra
i materiali ma ha di solito la tonalità del colore diffuso oppure è incolore. Per i materiali,
è consigliabile copiare il colore diffuso sul colore speculare e aumentare il controllo
Whiteness verso il bianco.
L’influsso che il componente speculare ha su un materiale è direttamente collegato ai
valori lucentezza e intensità lucentezza. I materiali che non sono lucidi non riescono a
creare un’illuminazione speculare. Se il materiale possiede lucentezza e si crea un’illumi-
nazione su un materiale, il colore diffuso del materiale si mescola con il colore speculare
in maniera additiva simile alla luce.
Per effettuare il rendering del colore speculare di un materiale, è necessario che
l’illuminazione abbia origine da una sorgente di luce che colpisce una superficie che, a sua
volta, la riflette verso la posizione dello spettatore. Perché quella luce illumini, l’angolo
formato dalla posizione di visualizzazione e dalla superficie deve essere uguale all’angolo
di incidenza con una data luce (figura 21.17). È importante notare che la relazione
angolare è regolata dalla funzione Place Highlight.
■ Figura 21.17
Posizionidiilluminazione
speculari determinate
dagli angoli di
visualizzazione di
illuminazione.
Scurire il valore della luce circostante è spesso utile per ottenere colori più intensi per i mate-
riali. Per farlo, copiare la tavolozza dei colori diffusi nella tavolozza dei colori circostanti e
diminuirne il valore.
In teoria, pochi materiali hanno valori per il colore circostante e diffuso diversi. (Di solito
si tratta di materiali brillanti o naturalmente iridescenti). L’ombreggiatura della maggior
parte delle superfici deriva dalla semplice riduzione dell’illuminazione; questo spiega
perché all’inizio si consiglia di mantenere i valori del colore circostante e diffuso costanti.
In pratica molti artisti di grafica computerizzata non lo fanno.
Scurire maggiormente il colore Ambient rispetto a Diffuse rende l’ombreggiatura più
intensa e crea rappresentazioni più ricche. Questa tecnica intensifica l’ombreggiatura e
permette di utilizzare nella scena meno illuminazione generica. La maggior parte degli
artisti copiano sempre la tavolozza dei colori Diffuse nella tavolozza dei colori Ambient e
poi riducono il valore del colore almeno del 50%. Se si esaminano le librerie dei materiali
fornite con 3DS MAX, si noterà che quasi tutti i materiali utilizzano questa tecnica.
È possibile imitare i materiali che hanno una qualità molto spiccata, come il legno laccato,
portando il colore circostante alla saturazione completa e al massimo valore. Un materiale
bruno castano diffuso a cui si assegna un valore circostante rosso acceso formerà un marrone
caldo e intenso.
Quando una scena è illuminata esclusivamente con luce circostante, l’aspetto della
rappresentazione di una superficie sarà controllato solo dal colore circostante del
materiale. Occorre tener conto di questo “passaggio” di colore quando si utilizza una luce
circostante puramente bianca per illuminare la scena (come quando si crea un lavoro
piatto per stampe bidimensionali). Quando si utilizza una luce circostante bianca,
l’interesse è incentrato solo sul colore diffuso.
Modalità ombreggiatura
L’opzione dominante nel materiale Standard è la modalità ombreggiatura. Questa
opzione controlla il metodo di rappresentazione (algoritmo) utilizzato per valutare e
ombreggiare i colori di base e la lucentezza. Le tre modalità di ombreggiatura (Phong,
Metal e Constant) richiedono lo stesso tempo di rendering, ma modificano le caratteristi-
che complessive del materiale se il rendering è effettuato dal renderizzatore di produ-
zione (figura 21.18). L’aspetto delle superfici dei quadranti rimane invariato perché il
renderizzatore interattivo considera tutti i materiali come Phong. Le capacità dei canali
mappa, le ombre, i riflessi e gli effetti atmosferici trattano la modalità ombreggiatura
nello stesso modo.
■ Figura 21.18
Le modalità di
ombreggiatura Constant,
Phong e Metal.
Metal
Phong
Constant
Quando si utilizza l’ombreggiatura Constant, è necessario che l’output di rendering utilizzi per
ogni sfaccettatura dei colori puri. Per farlo, non bisogna spuntare l’opzione [Output Dithering
for True Color] nel RENDERING PREFERENCE SETTINGS. 3DS MAX effettua il dithering anche a 32 bit,
dal suo rendering interno con colori a 64 bit.
■ Figura 21.19
L’effetto Soften sui
materiali.
■ Figura 21.20
L’effetto a un lato e
l’opzione del materiale 2
lati.
L’utilizzo di materiali di tipo 2 lati su modelli più grandi può farli apparire strani perché
i bordi apparirebbero sottilissimi (e in realtà lo sono). Questa opzione è inoltre utilizzata
quando i modelli importati presentano normali problematiche che richiedono troppo
tempo per essere corrette. Nell’ultimo caso, l’opzione è particolarmente utile per evitare
di dover correggere le normali; l’operazione infatti è piuttosto impegnativa e costringe
il programma a effettuare il rendering di un numero maggiore di facce rispetto al solito.
Se si utilizza una mappa di rifrazione, l’opzione [2-Sided] non influisce sull’opacità e sulla
rifrazione. Avrà effetto solo se il materiale è anche un reticolo.
Opzione Wire
L’opzione [Wire] elimina la superficie e sostituisce ogni mesh o bordo patch visibile con
una linea o un reticolo. Questa è una delle poche situazioni in cui la visibilità del bordo
di una superficie influisce sull’aspetto di rendering. La caratteristica di rendering del
■ Figura 21.21
L’effetto di rendering dei
materiali Wire.
Se l’anti-aliasing non è attivo, il rendering dei materiali Wire sarà uguale a quello delle superfici
solide. Mentre ci si trova nell’Editor materiali, all’interno del campione è sempre applicato l’anti-
aliasing, quindi non è necessario cambiare l’opzione dell’ Editor materiali in anti-alias.
Il renderizzatore offre un’opzione [Force Wireframe] che effettua il rendering di tutte le superfici
della scena come se fossero materiali Wire larghi un pixel, un metodo più comodo di cambiare
le proprietà dei materiali per ottenere effetti rapidi.
Parametri lucentezza
La quantità di lucentezza e luccichio di un materiale dipendono dai valori Shininess e
Shininess Strength. Questi valori sono abbinati per creare il carattere speculare comples-
sivo del materiale, con l’effetto mostrato graficamente nella curva Highlight (figura 21.22).
La curva Highlight, e non i valori numerici, rappresenta il migliore indicatore di come sarà
l’illuminazione speculare. La larghezza della curva determina la larghezza dell’illumina-
zione che ne risulta: le curve strette implicano una debole illuminazione, mentre le curve
larghe un’illuminazione ampia. L’altezza della curva controlla il colore dell’illuminazio-
ne. Quando la curva raggiunge il picco più alto, il colore dell’illuminazione corrisponde
al colore speculare mentre, via via che si scende, si mescola proporzionalmente con il
colore Diffuse. Una curva alta e appuntita crea una zona stretta di colore speculare mentre
una curva bassa e ampia crea una zona di illuminazione ampia e tenue che non si allontana
troppo dal colore diffuso. Numerosi materiali del mondo reale (pelle, legno oleato o un
palloncino opaco) hanno una lucentezza uniforme e tenue che è possibile riprodurre
utilizzando lucentezza zero e livelli dell’intensità di lucentezza crescenti.
Se aumenta l’area della curva di illuminazione, aumenta anche l’angolo da cui è possibile
vedere l’illuminazione speculare. Più alta è la curva di illuminazione, più l’illuminazione
è composta dal colore di base speculare. Più bassa è la curva, più si mescola con
l’illuminazione del colore di base diffuso.
La curva Highlight che ne risulta varia notevolmente quando si passa dall’ombreggiatura
Phong a Metal. Il significato della curva è lo stesso, ma il risultato è molto diverso (figura
21.23). La curva Highlight ha un effetto evidente sui materiali Metal perché la miscela ne
determina il colore speculare. La visualizzazione della curva Highlight reagisce in modo
diverso con i metalli: crea una curva a due picchi con impostazioni basse e una linea alta
e spessa quando le impostazioni sono elevate; più il materiale Metal è lucido, maggiore
è il contrasto. È nelle zone più scure che i riflessi si notano meglio.
Parametri di opacità
Per default, tutti i materiali iniziano con un’opacità del 100 percento. Questa percentuale
cambia quando si iniziano a regolare i diversi controlli di opacità di Opacity, Opacity Falloff
ed eventualmente Opacity Maps. Le caratteristiche dell’opacità sono controllate ulterior-
mente da Opacity Type e da Filter Color. Gli effetti basilari di questi controlli sono mostrati
nella figura 21.24. Il parametro Refract Map/Ray Trace IOR è da utilizzare con mappe di
rifrazione ed eventualmente renderizzatori ray-tracing. Per il renderizzatore di produ-
zione di 3DS MAX, l’opzione ha effetto sull’opacità solo quando è utilizzata una mappa
di rifrazione.
Sottrattivo
I tre tipi di trasparenza si trovano nel materiale Standard: Filter, Subtractive e Additive. Il
tipo predefinito Filter Opacity è l’unico a utilizzare anche il colore Filter (altrimenti il nome
della tavolozza di colori è disattivato). Il colore filtro diventa il colore vero e proprio nelle
zone trasparenti della superficie quando la scena vista attraverso il materiale è luminosa.
Quando una superficie opaca al 50% è visualizzata contro uno sfondo bianco, il colore
Diffuse è completamente sostituito dal colore Filter. Se il valore è compreso fra 50 e 100,
i colori Diffuse e Filter si mescolano; i valori inferiori a 50 creano sfumature più chiare del
colore Filter. La descrizione cambia quando lo sfondo non è bianco. Se lo sfondo è nero
con un’opacità del 50%, la superficie corrisponderà al colore diffuso mentre con uno
sfondo grigio i colori Filter e Diffuse si mescoleranno. In pratica, il colore Filter agisce da
indicatore supplementare il cui valore colore influisce sull’opacità complessiva della
superficie. Se si desidera che il colore Filter non influisca affatto sulla trasparenza, lasciare
il colore al suo valore di default di 128 livelli di grigio.
Per i veterani di 3D Studio DOS, l’unico vero cambiamento alla trasparenza è il nuovo colore
Filter che sostituisce il metodo predefinito. Il tipo Additive è identico e il metodo Subtractive è
simile all’opzione “New Subtractive Transparency” disponibile nel file 3ds.set. Quando si
importano file 3DS con la trasparenza, il colore Diffuse è copiato come colore Filter, i cui
risultati sono simili al vecchio metodo.
Parametri di autoilluminazione
La proprietà Self-Illumination crea l’illusione dell’autoilluminazione eliminando dal
materiale il componente ombreggiatura Ambient. Se si aumenta il valore, diminuisce
l’effetto del calcolo circostante finché l’ombreggiatura diventa inesistente. Se un materia-
le si illumina completamente da sé con un valore di 100, alla superficie non è assegnata
alcuna sfumatura e il colore diffuso è utilizzato ovunque tranne che nelle zone di massima
luce. La figura 21.26 mostra in che modo la qualità circostante è sostituita quando
l’autoilluminazione aumenta.
Poiché non è possibile sfumare un materiale autoilluminato, sembrerà che non riceva le ombre
proiettate.
Un materiale autoilluminato non proietta alcuna luce propria, sembra che sia acceso
dall’interno e non è influenzato dalle sfumature e dalle ombre, quindi non serve per
imitare un oggetto luminoso. Potrebbe capitare di dover far apparire un oggetto come nei
cartoni animati: con colori vivaci e senza sfumature (l’effetto ottenuto è migliore se
l’oggetto è complanare). Spesso si assegna un materiale autoilluminato agli oggetti
utilizzati come “tabellone” per gli sfondi cosicché l’immagine non cambi nel corso di tutta
la scena. Altri oggetti invece sono autoilluminati come i televisori, gli schermi di
proiezione, i segnali e le lampade. Quindi anche se un materiale non proietta luce propria,
è sempre possibile imitarne e controllarne l’effetto. L’autoilluminazione è spesso abbinata
a un’opacità additiva per creare lampade e raggi di luce più convincenti.
■ Figura 21.27
I canali mappa del
materiale Standard e il
relativo utilizzo dei colori.
Canali intensità
(toni di grigio)
Utilizzare bitmap a scala di grigi per canali che leggono solo l’intensità è molto prudente. Non
solo le sfumature fanno riferimento direttamente all’effetto del canale mappa, ma utilizzano un
terzo di memoria RAM rispetto a un’immagine a 24 bit.
Se si utilizza una mappa Ambient non bloccata senza una mappa Diffuse, verrà prodotto un
motivo molto sottile sulla superficie che scomparirà se l’illuminazione è molto forte. Un
tale effetto può essere utilizzato per motivi su superfici metalliche che rappresentano
acquaforti, anodizzazioni o pannelli. Motivi casuali producono sulla superficie una mappa
di composizione sottile, rendendo i colori a tinta unita ancora più convincenti.
Una luce che dispone di un oggetto come unica voce nell’elenco inclusione può rivelarsi molto
utile per controllare la posizione e l’intensità dell’illuminazione e quindi dell’immagine mappa
Specular.
Le mappe speculari dipendono da diverse altre variabili all’interno del materiale e della
scena per i loro effetti. Mentre le coordinate di mappatura determinano la posizione della
mappa sulla superficie, l’impostazione dell’illuminazione della scena e la posizione di
visualizzazione determinano dove sarà la zona di massima di luce. Le proprietà di
lucentezza del materiale determinano la grandezza e la purezza del colore dell’illumina-
zione. Come il colore speculare si mescola con quello diffuso, anche la mappa speculare
fa lo stesso. È importante ricordare che l’altezza della curva Highlight indica la purezza
del colore mentre la larghezza indica le dimensioni dell’illuminazione. Poiché è sempre
possibile mescolare almeno i bordi, il colore o la mappa diffusa hanno un impatto
significativo sulla colorazione dell’immagine speculare.
Le mappe Specular sono soprattutto utilizzate per posizionare un’immagine della sorgen-
te di luce della scena sull’oggetto. Poiché questa immagine imita un riflesso, la bitmap
dovrebbe rappresentare l’aspetto dell’area attorno alla sorgente di luce da cui deriva
l’illuminazione. Una semplice lampadina, una finestra decorata con le tende, un lampione
decorato o un sole accecante sono solo pochi esempi. Una tale aggiunta produce un effetto
realistico che è possibile notare su oggetti lucidi e curvi del mondo reale. Quando si
guarda la forma di una finestra nella zona riflettente di un palloncino, si sta guardando
l’equivalente di una mappa Specular. Le mappe Specular sono particolarmente convincenti
se abbinate alle mappe Reflection. Il riflesso rafforza l’illusione che il materiale sia lucido.
Vedere il riflesso speculare di un’insegna al neon, per esempio, nell’illuminazione della
bitmap di riflessione aggiunge un tocco realistico. Le mappe Specular sono inoltre
■ Figura 21.29
Utilizzo di una mappa
Specular per mostrare
specchi d’acqua e
simulare il riflesso del
tramonto.
L’effetto del canale Specular assomiglia molto a quello dei canali Shininess e Shininess
Strength. La somiglianza dell’effetto è determinata dal fatto che il colore del canale
Specular è abbinato al colore diffuso in modo additivo o basato sulla luce. Se la mappa
Specular è una scala di grigi e non ha saturazione, l’impatto sull’illuminazione del
materiale è quasi identico a quello delle mappe lucide. In pratica il canale Specular serve
soprattutto per introdurre il colore.
Mappe di rugosità
Le mappe di rugosità conferiscono a una superficie una mappa di composizione simulata
indicando aree da tirare, proiettare e “sbalzare” fuori. Il renderizzatore crea questa
illusione modificando i valori della luce attraverso la superficie mappata in modo tale che
i bordi, o “rugosità”, proiettino ombre o ricevano illuminazione. Le mappe di rugosità
non influiscono sulla figura geometrica. I bordi rialzati sono solo un’illusione: è un effetto
di rendering che simula soltanto l’effetto dell’illuminazione e dell’ombreggiatura. La
capacità di deformare una superficie è spesso chiamata mappatura di spostamento (in altri
programmi) e in 3DS MAX è effettuata con un modificatore Displacement. Se è necessario
cambiare il profilo di una superficie, utilizzare un modificatore Displacement. Le rugosità
sono utilizzate per illusioni più sottili che avvengono su una superficie e non sul profilo.
La mappa Bump legge l’intensità del canale e tratta il nero come se non avesse alcun
effetto, il bianco come se avesse un effetto completo e le sfumature di grigio come se
avessero un effetto proporzionale. Il dispositivo di controllo Amount controlla l’intensità
o l’”altezza” apparente della rugosità invece della percentuale del canale. Le mappe di
rugosità tendono a essere più efficienti quando iniziano con i valori di nero più bassi. In
pratica, il risultato ottenuto sarà più controllabile se si dispone di un campo nero e si
Il parametro Output Amount rappresenta un aiuto prezioso per regolazioni precise dell’effetto
bitmap o per aumentare l’effetto Bump oltre le possibilità del dispositivo di scorrimento
Amount della mappa.
Poiché l’effetto della mappa di rugosità è così dominante, vale la pena di studiarne il
comportamento. Ogni pixel di una mappa di rugosità si proietta in avanti simile a un
quadrato. I pixel di diversa intensità sporgono rispetto ai vicini come un terrazzo e non
pendono l’uno verso l’altro. Per visualizzare meglio come funzionano le mappe di
rugosità, affasciare dei picchetti (o delle puntine) in una griglia e spingerli contro la
superficie che si desidera approssimare. Le elevazioni dei picchetti risultanti si riferiscono
alle sfumature di grigio necessarie per approssimare la stessa superficie con una mappa
di rugosità.
Mentre l’analogia precedente è chiara, porta a pensare che la rugosità fa sporgere o
rientrare le diverse zone. In realtà, l’illusione di rugosità è data dalla simulazione di rilievi
e avvallamenti. La sporgenza del bordo deriva dalla differenza di colore dei pixel
adiacenti. Le mappe di rugosità non influiscono sulle proprietà di ombreggiatura delle
diverse “terrazze”, “livelli” o “gradini” che sembrano apparire sulla superficie. Il
rendering di tutte queste zone è effettuato come se si trattasse di una superficie liscia:
sono i bordi sporgenti che danno l’illusione della profondità. Questo effetto ottico è più
evidente quando si utilizzano mappe Mask con bitmap (figura 21.30).
■ Figura 21.30
Il segreto dell’effetto
ottico delle mappe di
rugosità è il rendering
effettuato sui bordi.
Creare la bitmap corretta per ottenere un effetto rugoso è un’arte. Come con tutte le
mappe monocanale, è consigliabile lavorare con la scala di grigi per definire meglio i
contrasti (inoltre le bitmap a 8 bit consumano un terzo di RAM rispetto alle immagini a
■ Figura 21.31
Effetti comuni della mappa
di rugosità e relative
bitmap.
■ Figura 21.32
Utilizzo della figura
geometrica di rendering
come base per le mappe
di rugosità.
Come per la maggior parte delle mappe del materiale Standard, le mappe di rugosità sono
più convincenti se abbinate ad altri canali mappa che dispongono di mappe appropriate.
La figura 21.33 mostra come mappe separate Diffuse, Bump e Shininess Strength insieme
producano una superficie realistica. Si noterà che quando si utilizzano le mappe di
rugosità, è consigliabile copiarle come mappe Shininess Strength ed eventualmente
utilizzarle come maschere per altri canali mappa.
È possibile invertire la direzione di una mappa di rugosità in tre modi: invertendo il segno
del dispositivo di scorrimento Amount, invertendo il segno dell’Output Amount o con
l’opzione [Invert]. Ogni metodo ha i suoi vantaggi: i primi due per esempio possono
essere animati a differenza del terzo. Potrebbe essere necessario cambiare la direzione
della rugosità sullo stesso materiale. A una sporgenza su un lato potrebbe dover
corrispondere una rientranza dall’altro, per esempio. Per farlo, è necessario selezionare
le facce posteriori e assegnare loro un materiale duplicato con un impostazione di rugosità
invertita.
Le mappe di rugosità sono strumenti molto preziosi perché sono in grado di simulare un
numero infinito di figure geometriche. Se non si presta la massima attenzione però, il
rendering potrebbe presentare scintillazione o “frastagliature”. Qui di seguito sono
elencate le operazioni da effettuare in ordine per ottenere il migliore effetto Bump
possibile.
1. Evitare di utilizzare bitmap con linee angolate se è possibile ottenere lo
stesso risultato disegnando linee rette e regolando il parametro Angle e/o
ruotando la proiezione della mappa. Una linea angolata ha un valore intrin-
seco fisso di anti-aliasing mentre una linea retta ruotata ha quasi una risolu-
zione indipendente.
2. Controllare che il filtraggio sia utilizzato nel tipo Map e che le Filter Map
siano attive nelle opzioni Render Scene. Il rendering delle mappe di rugosità
avverrà in modo appropriato solo se è attivo il filtraggio.
3. Aumentare il parametro Blur Offset: il valore di partenza consigliato è 0,01.
Valori elevati produrrebbero un effetto blur notevole, quindi impostare con
attenzione questo parametro.
4. Aumentare il parametro Blur. Equilibrarlo con il valore Blur Offset per ottene-
re l’effetto giusto.
5. Se le impostazioni Blur incupiscono troppo l’effetto, passare al filtraggio
Summed Area. È importante ricordare che questa opzione aumenta la RAM
complessiva necessaria da 4 a 15 byte per pixel. Per un risultato nitido, è
necessario un valore minore di Blur quando è attivo il filtraggio Summed
Area.
6. Aumentare le dimensioni della bitmap. Controllare che non sia visualizzato
nessuno dettaglio largo un pixel. La regola di base è: nessuna parte della
bitmap deve avere un rendering più grande della bitmap stessa.
7. Aggiungere un bordo grigio intermedio ai particolari del bordo con forti
contrasti. Un bordo grigio durante la transizione da nero a bianco rende più
graduale il passaggio, altrimenti molto brusco.
Può capitare di dover creare rugosità all’interno di rugosità. Il materiale Ceiling Tile Square
nella libreria standard di 3DS MAX è in grado di farlo utilizzando una mappa Composite
che utilizza una mappa Mask (figura 21.34). Il parametro Output Amount permette di
controllare l’effetto dell’intensità di rugosità di ogni bitmap separatamente.
■ Figura 21.34
Creare materiali rugosi
compositi.
I canali Shininess e Shininess Strength influiscono sui parametri Shininess e Shininess Strength
separatamente, ovvero il canale Shininess controlla le dimensioni dell’illuminazione
mentre il canale Shininess Strength controlla la quantità di colore speculare mischiato al
colore diffuso. È possibile controllare la purezza dell’illuminazione mentre se ne
mantengono le dimensioni o è possibile definirne l’estensione conservandone l’intensità.
Le mappe lucentezza sono monocanali per natura: lavorano solo con l’intensità del colore
RGB o il canale alfa (che per definizione è a scala di grigi).
Non è consigliabile utilizzare i parametri Bitmap Output o una mappa RGB Tint per aumentare
l’intensità di una mappa Shininess e Shininess Strength perché al contrario influisce sul
componente Specular che ne risulta. È possibile diminuirlo solo con questi metodi. Se è
necessario aumentare l’intensità, e quindi l’illuminazione, è consigliabile utilizzare un tipo di
mappa Mix o regolare la bitmap con un programma di grafica pittorica.
Il canale Shininess Strength rappresenta il controllo principale per creare una mappa di
composizione sull’illuminazione perché regola il valore del parametro Shininess Strength.
Senza intensità, non sarà applicata alcuna lucentezza. Quindi i valori neri, riducendo
l’intensità a zero, rendono la superficie opaca; i valori grigi ammettono solo una
percentuale del valore intensità mentre i valori bianchi ne ammettono l’intero valore. Non
è possibile aumentare l’illuminazione risultante con il canale Shininess Strength; è possibile
solo “mascherare” le zone in cui la lucentezza è ridotta. Il dispositivo di scorrimento
Amount permette solo una percentuale del canale. Tre variabili servono a controllare lo
stesso effetto: il parametro Shininess Strength, il colore del canale Shininess Strength e il
dispositivo di scorrimento Amount del canale. Per esempio, le impostazioni che seguono
produrranno tutte una lucentezza con un’intensità del 50 percento:
■ Shininess Strength 50, canale bianco Shininess Strength al 100 percento;
■ Shininess Strength 100, canale bianco Shininess Strength al 50 percento;
Per i veterani di 3D Studio DOS, l’utilizzo del canale Shininess Strength di 3DS MAX (senza
una mappa Shininess) è simile al comportamento delle mappe lucentezza R3 e R4 di 3D
Studio.
Anche se teoricamente simili, l’effetto del canale Shininess lavora in modo molto diverso
dal canale Shininess Strength. Entrambi i canali riducono i parametri di base corrisponden-
ti, ma riducendo Shininess non diminuiscono l’illuminazione come avviene con il canale
Shininess Strength. Al contrario, l’illuminazione diventa più ampia. I valori neri dal canale
annulleranno completamente la lucentezza in quelle zone, mentre il bianco non invierà
affatto dei valori. Dopo aver modificato il canale mappa dal dispositivo di scorrimento
Amount, il valore è sottratto dal valore Shininess già esistente. Se Shininess è a zero, e
quindi produce un’illuminazione dalle dimensioni massime, non è possibile modulare
nulla. Un canale Shininess produrrà il massimo effetto quando il parametro di base
Shininess è a 100, cosicché i valori potranno essere ancora sottratti. Contrariamente alla
documentazione, è consigliabile utilizzare con cautela i due canali lucentezza insieme
perché controllano effetti molto diversi. Il canale Shininess Strength controlla la luminosità
dell’illuminazione: dalla luminosità massima è in grado di annullarla completamente
senza però influire sulle dimensioni. Invece, il canale Shininess aumenta le dimensioni
dell’illuminazione e non influisce direttamente sulla luminosità dell’illuminazione. Se si
dovessero animare le intensità dei canali corrispondenti Shininess e Shininess Strength e i
relativi parametri fossero impostati a 100, l’illuminazione raggiungerebbe la luminosità
massima all’inizio e la larghezza massima alla fine dell’animazione.
Se utilizzata senza altri canali mappa, la mappa lucentezza crea una mappa di composizio-
ne sulle zone di massima luce della superficie. I modelli lucentezza sono così definiti per
un materiale perfettamente liscio e colorato in modo uniforme. Una tale situazione si
verifica con zone raschiate, scalfite, macchiate e polverose su un materiale altrimenti
lucido o zone brunite, lucidate, dorate e bagnate su una superficie altrimenti opaca.
I canali lucentezza sono spesso utilizzati con altri tipi di canali per aggiungere un tocco
realistico ai materiali. Poiché un materiale imita gli effetti diversi che si verificano sulla
sua superficie, è spesso necessario variare l’illuminazione a seconda delle zone. Nel
tempo, i punti in rilievo della superficie sono sottoposti a un’abrasione giornaliera. La
ruvidità della superficie ha effetti differenti sui diversi tipi di materiali. Con il tempo, le
zone in rilievo delle superfici lucide diventano più opache mentre le zone in rilievo delle
■ Figura 21.36
Materiali rugosi provvisti
o meno di mappe
Shininess Strength.
Quando si utilizza l’opacità per rappresentare dei fori, è necessario copiare il canale
Opacity (di solito come istanza) nel canale Shininess Strength per impedire che i fori siano
illuminati (figura 21.37). Altrimenti, le aree opache allo 0 percento sono trattate come
fossero di vetro trasparente e le illuminazioni avverranno nello “spazio”, rovinando così
l’effetto.
■ Figura 21.37
I materiali trasparenti
provvisti o meno di mappe
Shininess Strength.
Se abbinate alle mappe Diffuse, le mappe lucentezza rendono le diverse aree delle superfici
“dipinte” più o meno lucide e sono in grado di differenziare le zone lisce al tatto. La
vernice su un muro, i divisori in ottone sul parquet, una foglia dorata nella decalcomania
di un logo, i rivetti bruniti su un metallo lavorato, i punti lucidi in un orologio da polso
Mappe di autoilluminazione
Il canale Self-Illumination permette di isolare la simulazione dell’emissione di luce in
modo identico al parametro di base Self-Illumination. Il canale ne legge l’intensità e la
converte nel valore equivalente del parametro di base Self-Illumination con il nero pari a
zero, il bianco a 100 e le sfumature di grigio con un effetto proporzionale (figura 21.38).
Quando questo canale è attivo, il parametro di base corrispondente è ignorato. Quando
si diminuisce il dispositivo di scorrimento Amount, il risultato dell’autoilluminazione
diminuisce ma non è mischiato al parametro di base Self-Illumination.
■ Figura 21.38
Effetti delle mappe Self-
Ilumination.
Mappe di opacità
Il canale mappa Opacity serve per definire sulla superficie dei motivi trasparenti come fori,
vetro decorato o pannelli semitrasparenti (figura 21.39). Il canale Opacity sostituisce il
parametro di base Opacity e per determinare l’opacità, utilizza l’intensità del canale. Il
bianco puro è opaco, mentre il nero assoluto è completamente trasparente mentre le
sfumature di grigio producono livelli di opacità proporzionali. Opacity Falloff e Type, che
si trovano nella tendina EXTENDED P ARAMETERS, sono comunque rispettati quando una
mappa Opacity è attiva.
■ Figura 21.39
Le mappe Opacity per
definire le zone
trasparenti e simulare i
fori.
È molto importante tener presente che una volta attivata una mappa Opacity, si considera
che il materiale abbia lo 0 percento di opacità in tutte le zone tranne quelle diverse dal nero
nel bitmap della mappa Opacity. Questo concetto coincide perfettamente con quello del
canale alfa. Il dispositivo di scorrimento Amount “scurisce” il risultato aggiungendo una
percentuale di “nero”. Una mappa bianca con un valore del 50 percento è identica a una
mappa grigio medio con un valore del 100 percento. È importante ricordare che il
dispositivo di scorrimento può rendere la mappa più trasparente ma non più opaca.
Quindi se è necessario rendere delle zone più opache, l’unico modo per farlo consiste nel
regolare i valori colore che hanno prodotto il risultato nel canale Opacity.
È consigliabile non utilizzare i parametri Bitmap Output o una mappa RGB Tint per aumentare
l’intensità di una mappa Opacity perché influirebbero sul componente Diffuse risultante. È
possibile ridurlo solo con questi metodi. Se è necessario aumentare l’intensità e quindi
l’opacità, è consigliabile utilizzare un tipo di mappa Mix o regolare la bitmap con un programma
di grafica pittorica.
Le mappe Opacity rendono una superficie solo trasparente: non eliminano la superficie
dalla sua posizione, ovvero le zone trasparenti sono simili al vetro o alla plastica
trasparente, non sono fori. Come accade per il vetro nella vita reale, le aree trasparenti
saranno illuminate se è presente Shininess Strength. Per simulare in modo realistico degli
■ Figura 21.40
Utilizzo della mappa Filter
per una finestra di vetro
macchiata.
Mappe di riflessione
Fra tutti gli effetti ottici prodotti sui materiali per imitare la realtà, il più realistico è la
riflessione. Mentre un rendering ray-tracing traccia le riflessioni su tutta la scena per
creare riflessioni accurate (ed estremamente lunghe), il renderizzatore di produzione
3DS MAX è di tipo a scansione di linee e offre numerose alternative per produrre
rapidamente risultati convincenti. Se gli oggetti sono in movimento, capire se le riflessioni
sono precise o meno è difficilissimo. È importante notare come queste tecniche siano
identiche al modo in cui Renderman genera le riflessioni, particolarmente convincenti nel
film di Pixar Toy Story.
Quando si utilizzano le mappe per rappresentare una riflessione, il risultato potrebbe sembrare
“autoilluminato”. Questo fenomeno si verifica perché la mappa di riflessione sostituisce i
componenti Diffuse e Ambient del materiale e quindi reagisce poco all’ombreggiatura, quindi è
possibile vedere la riflessione indipendentemente dalla sorgente di luce.
■ Figura 21.41
Utilizzo di un tipo di mappa
Mask come mappa di
riflessione.
Mappe di rifrazione
Quando si guarda attraverso un vaso spesso, una lente di ingrandimento o addirittura
uno specchio d’acqua, la scena dietro al materiale sembra piegata, distorta o alterata.
Questo effetto è provocato dalla luce curvata o rifratta dalla superficie che attraversa.
■ Figura 21.42
Utilizzo della mappatura
Refraction per una
distorsione trasparente.
Quando si specifica una mappa Refraction, il modo in cui si definisce l’opacità è comple-
tamente diverso. Ne risulta che quando una mappa Refraction è attiva, il parametro
Opacity, Opacity Falloff e la mappa Opacity (se definita) sono ignorati. Come per le mappe
Opacity, una mappa Refraction con Amount impostato su 100 è completamente trasparente.
Quindi all’intensità massima, le mappe Diffuse, Ambient e Opacity sono ignorate. L’unico
parametro Opacity ancora rispettato è Opacity Type che agisce come con l’opacità
standard.
Il nuovo parametro che si rende utile è l’impostazione Refract Map/RayTrace IOR (o solo
IOR per abbreviare). Questa impostazione indica l’indice di rifrazione (Index Of Refraction)
per la sostanza. Il riferimento al ray-tracing nel titolo è spiegato dal fatto che un
renderizzatore plug-in potrebbe scegliere di servirsi dell’impostazione ad uso analitico.
Il valore IOR impostato su 1,0, equivalente all’aria, non ha effetto. Il valore IOR
predefinito è 1,5 (l’equivalente del vetro). Maggiore è il valore, maggiori sono le
probabilità che l’oggetto sia una sfera di vetro a tinta unita; pochissimi sono i materiali
“reali” che superano 2,0. Con i valori al di sotto di 1,0, la distorsione avviene attraverso
una lente concava invece che convessa.
È importante tener presente che quando si specifica una mappa Refraction, non è possibile
guardare attraverso l’oggetto perché la simulazione della rifrazione presuppone che tutto
ciò che si vede in trasparenza sia piegato. Questa difficoltà si verifica anche se si abbassa
il valore rifrazione (Refraction Amount) a uno e si riduce l’opacità a zero. (Il dispositivo di
scorrimento Refraction Amount controlla la miscela con il componente Diffuse).
Anche se è possibile definire qualsiasi tipo di mappa per una mappa Refraction, essa è stata
studiata per essere utilizzata con il tipo di mappa Refract/Reflect. Per ottenere risultati
eccellenti, se si sceglie di utilizzare una bitmap, è consigliabile utilizzare una proiezione
cilindrica e poi i parametri mosaico e offset per allineare la mappa in una posizione
convincente.
Poiché le mappe di riflessione automatica non sono create fino al momento del rendering, non
è possibile visualizzarne gli effetti all’interno del Material Editor, è necessario effettuare il
rendering della scena.
La figura 21.43 mostra i controlli per i due tipi di mappa Reflection automatica. I parametri
Blur permettono di sfuocare o sbavare la riflessione risultante (il tipo di mappa Reflect/
Refract fornisce anche Blur Offset perché con questo tipo di mappa è spesso necessaria una
forte sfocatura). Questo effetto è importante per le superfici riflettenti che non raggiun-
gono la qualità di lucentezza di uno specchio (come l’acciaio inossidabile). I parametri
Render delle cornici permettono di controllare la frequenza di creazione delle mappe
Reflection durante un’animazione. Se il punto di visualizzazione non cambia e gli oggetti
riflettenti non devono essere spostati, non sarà necessario effettuare spesso il rendering
delle riflessioni. L’opzione [Use Environment Map] determina se la mappa sfondo sia
inclusa o meno nel rendering della mappa Reflection. Se si utilizza una proiezione di base
Screen, può capitare che lo sfondo sia riflesso in modo diverso dalle aspettative
(soprattutto durante le animazioni); è possibile comunque disattivarlo.
■ Figura 21.43
Le tendine per i due tipi di
mappa per la riflessione
automatica.
Anche se le riflessioni automatiche ritraggono la maggior parte della scena, l’oggetto che
le crea non si vede perché il riquadro di delimitazione dell’oggetto determina il piano di
ritaglio della riflessione, quindi le estensioni sono contenute al suo interno. Questa
situazione si presenta anche se altri elementi all’interno dell’oggetto hanno materiali
diversi e possono creare situazioni non realistiche quando un oggetto è composto da
elementi separati che normalmente sarebbero in grado di vedersi a vicenda (la stringa di
testo è un esempio classico). L’unico modo per superare tale situazione è staccare gli
elementi distinti come oggetti separati cosicché non siano più ritagliati (figura 21.44).
È possibile creare riflessioni automatiche solo per le normali delle facce positive (ciò
avviene anche se il materiale ha due lati o il Renderizzatore è impostato su Force 2-Sided).
Di solito questa situazione non rappresenta un problema, ma lo può diventare quando si
animano riflessioni simili a carte da gioco. Per effettuare il rendering di entrambi i lati di
una stessa superficie, sarà necessario utilizzare un materiale a due lati con un materiale
automatico su entrambi i lati. Quando si utilizzano le riflessioni automatiche, è importante
ricordare che per essere convincenti, ci deve essere qualcosa che possano riflettere. La
frase potrebbe sembrare ovvia, ma molti modellatori dimenticano che l’oggetto isolato
non ha nulla da riflettere e si chiedono perché la superficie sia “nera” invece che
riflettente. Le riflessioni basano il loro effetto anche sull’angolazione della visualizzazione
e sono calcolate in modo appropriato solo se visualizzate in quadranti prospettici, un
elemento da prendere in considerazione quando si esaminano le anteprime della scena
per regolare il materiale.
Mappe Refract/Reflect
Il tipo di mappa Refract/Reflect genera sei mappe durante il tempo di rendering che
racchiudono l’oggetto e sono proiettate sulla superficie in maniera simile alla mappatura
del parallelepipedo. In teoria, il renderizzatore si posiziona sul punto di rotazione
dell’oggetto e scatta un’”istantanea” della scena in ogni direzione cardinale e assembla
poi le sei immagini in un cubo di riflessione. Queste immagini sono poi riproiettate
sull’oggetto. Nel settore della grafica computerizzata, si parla di mappa ambiente cubico o
di mappa a T (perché se si stendono le sei immagini, si forma una “T”).
Poiché le mappe della riflessione cubica sono riproiettate sulla superficie riflettente, ogni
piano della superficie riceve una parte specifica. Un tale fenomeno spiega perché con le
superfici curvilinee si lavora meglio; infatti i lati ampi e piatti degli oggetti rettilinei non
■ Figura 21.45
Le riflessioni Reflect/
Refract su superfici
curvilinee e rettilinee.
■ Figura 21.46
Le riflessioni Flat Mirror
definite da un unico piano
o da più piani.
A differenza delle mappe Refract/Reflect, le riflessioni piane sono sempre calcolate con una
risoluzione appropriata e non hanno un parametro per le dimensioni della mappa. Le
riflessioni piane che non sono visibili dalla visualizzazione di rendering non sono
calcolate. Questa particolarità non provoca ulteriori problemi perché le riflessioni piane
non sono visibili nelle riflessioni in nessuna condizione. La memoria RAM necessaria per
una riflessione piana dipende dalle sue dimensioni nella scena perché il rendering è
effettuato solo sulla parte di scena che la superficie è in grado di vedere.
Riflessioni multiple
Numerose superfici contengono più di una condizione di riflessione. Il testo mostrato
nella figura 21.47 ne è un tipico esempio. Le facce frontali sono complanari e hanno una
riflessione piana, mentre la svasatura e i lati condividono una mappa Refract/Reflect. Una
tale distinzione è molto facile ma richiede una certa pianificazione. Quando lo stesso
materiale mappato automaticamente è applicato a diversi oggetti, sono create mappe di
riflessione distinte. Per creare riflessioni multiple all’interno dello stesso oggetto, ogni
■ Figura 21.47
Il testo riflesso utilizzato
per le riflessioni Refract/
Reflect e Flat Mirror.
I testi riflessi sono un ottimo esempio per mostrare quando è necessario staccare le facce
frontali con una mappa Flat Mirror come un oggetto e assegnare all’oggetto restante una
riflessione automatica.
Solo le mappe Refract/Reflect vedono le reciproche riflessioni. Le riflessioni Flat Mirror non
sono visibili all’interno di nessun tipo di riflessione (anche se Refract/Reflect è visibile dalle
riflessioni piane). Durante il rendering, tutti i materiali Refract/Reflect hanno la precedenza,
seguiti da tutti i materiali Flat Mirror.
Il problema appena citato è facilmente risolvibile utilizzando una mappa ambiente cubico
che utilizzi immagini assegnate invece di generarne delle proprie. Purtroppo, questa
capacità non è presente in 3DS MAX R.1.1, ma potrebbe essere fornita attraverso un nuovo
tipo di materiale (come sempre, controllare il forum CompuServe Kinetix e il sito
http:\\www.ktx.com per qualsiasi novità sulle aggiunte).
■ Figura 21.48
Scelte disponibili per il tipo
di mappa dopo aver fatto
clic su un pulsante per i
canali mappa.
Questo processo inizia la stratificazione delle mappe all’interno di una struttura ad albero
dei materiali. La figura 21.49 mostra questo processo stratificando diversi tipi di mappa
con un unico materiale Standard. Quattro mappe utilizzano un tipo di mappa Composite
per abbinare due bitmap, mentre la mappa Reflection utilizza un tipo di mappa Mask per
perfezionare l’effetto ottico. Il materiale Starry Nebula nella libreria 3dsmax.mat è un
esempio di stratificazione di numerose mappe Noise per produrre una scena che rappre-
senta un cielo stellato.
■ Figura 21.49
La bottiglia contiene
diverse mappe compresa
una mappa composita nel
canale Diffuse per
rappresentare l’etichetta
grande e l’etichetta
attorno al collo.
■ Figura 21.50
Le tendine comuni ai tipi
2D Map.
■ Figura 21.51
Rendering di un materiale
a piastrella senza le
mappe Filter.
■ Figura 21.52
Rendering della stessa
scena con le mappe Filter.
L’effetto movimento non può verificarsi a meno che le mappe Filter non siano attive. Quando si
disattiva il filtraggio scegliendo <None> o l’opzione Filter maps del renderizzatore, le
impostazioni movimento per quella bitmap o per l’intera scena sono ignorate.
Il tipo di mappa Photoshop Plug-In Filter è in grado di caricare solo plug-in a 32 bit compatibili
con Photoshop, forniti da altri produttori come Metatools. I filtri forniti con Photoshop funzio-
nano solo con il programma principale.
■ Figura 21.55
Controlli esclusivi per i
diversi tipi di mappa 2D.
■ Figura 21.56
Utilizzo di mappe
procedurali a tre
dimensioni per coprire
una superficie in maniera
uniforme.
■ Figura 21.57
La tendina comune
COORDINATE delle
coordinate XYZ e UVW
per le mappe
tridimensionali.
■ Figura 21.58
Controlli individuali delle
quattro mappe
tridimensionali.
■ Figura 21.59
Le tendine dei tipi di
mappa Mask, Composite
e Mix.
Il tipo di mappa Mask contiene un canale Map per fornire l’immagine sorgente e un canale
Mask per nascondere la mappa sorgente. La maschera può essere considerata come uno
stampino, una fraschetta per aerografo, una mascherina per decorare le torte o un vetro
decorato attraverso il quale è possibile vedere l’immagine. Le aree bianche della mappa
maschera permettono di vedere l’immagine sorgente, le aree nere la bloccano mentre le
aree grigie permettono di visualizzarla proporzionalmente.
Gli otto slot file maschera di 3DS DOS equivalevano tutti a questo unico tipo di mappa. Quan-
do si importa un file 3DS che utilizza uno slot maschera, è convertito in un tipo di mappa
Mask.
Il tipo di mappa Composite abbina qualsiasi numero di mappe e di valori di default a coppie,
che risultano più facili da gestire. Le mappe sono sovrapposte secondo la numerazione:
I tipi di mappa Texture 1 e Texture 2 di 3D Studio DOS equivalgono a una mappa Composite
che ha due mappe. Quando si importa un file 3DS con materiali che utilizzano due mappe di
composizione, queste sono convertite in un tipo di mappa Composite e Texture 1 e 2 diventano
rispettivamente Map 1 e 2.
Il tipo di mappa Mix mescola due tipi di mappe e permette di controllare il modo in cui
avviene la mescolatura. Il parametro Mix Amount indica la percentuale di Color 2 aggiunta
a Color 1. Poiché il valore di default per Mix Amount è zero, non è possibile visualizzare
l’effetto di Color 2 a meno che non se ne aumenti il valore. Per default, si tratta di una
mescolatura lineare. Se si attiva la Mixing Curve con l’opzione [Use Curve], è possibile
soppesare l’interpolazione come mostrato nella Mixing Curve corrispondente.
Le mappe Mix rappresentano la scelta ideale per ravvivare o tingere altre mappe. Per regolare
l’effetto di un’altra mappa ed ottenere risultati migliori e più prevedibili, è quindi consigliabile
una mappa Mix invece dei controlli Output della mappa.
È possibile inoltre specificare un tipo di mappa per il parametro Mix Amount. Quando si
specifica un tipo di mappa, la percentuale Mix Amount è ignorata anche se la Mixing Curve
funziona come prima. Utilizzare l’intensità della mappa per controllare la miscelatura: per
il nero il parametro Mix Amount è impostato su zero mentre per il bianco su 100. La mappa
Mix Amount quindi diventa simile a un tipo di mappa Mask. È importante notare che la
Mixing Curve regola solo Mix Amount. Se Mix Amount è impostato su 0 o 100 (nero o
bianco), non sarà possibile vedere nessun effetto quando si regola la zona di transizione
perché niente viene mescolato. Per utilizzare la percentuale Mix Amount dopo aver
specificato una mappa, è necessario scegliere una mappa None per cancellare il canale e
riattivare il parametro Mix Amount.
■ Figura 21.60
Z+Top
Funzionamentodel
material
materiale Top/Bottom. In
base all’angolo della
Z=0Top normale rispetto all’asse Z
material dell’origine, la faccia può
ricevere un materiale
Z- Bottom superiore o inferiore.
material
■ Figura 21.61
Utilizzo del tipo di
materiale Top/Bottom. È
importare notare come i
due materiali si mescolino
per produrre una
Top material realistica linea di
Blend transizionegommosa.
Bottom material
Il materiale Blend
Il materiale Blend permette di mescolare in una data misura due materiali distinti. Offre
inoltre la possibilità di utilizzare una maschera per controllare dove avviene la mescolatura
e quindi dove il materiale diventa composto. I controlli del materiale Blend assomigliano
■ Figura 21.62
Il materiale a due facce
utilizzato per simulare
l’interno bollente e in
fiamme di un bidone che
sta per esplodere.
Il valore Mix Amount controlla la percentuale in cui due materiali sono mescolati. Se si
utilizza una maschera, il parametro Mix Amount sarà disattivato e la mescolatura sarà
calcolata utilizzando l’intensità della maschera (come un monocanale). Quando si utilizza
una maschera, è possibile adoperare la Mixing Curve per regolare la transizione fra i due
materiali (fare riferimento al tipo di mappa Mix per ulteriori esempi per questi controlli).
Per ottenere l’effetto “pelle di coccodrillo” (figura 21.63) è stato utilizzato un materiale
Blend. La differenza principale fra il materiale Blend e la mappa Mix è che i materiali Blend
mescolano le intere definizioni materiale e non solo i tipi di mappa. Il materiale Blend
mescola ogni parametro delle due definizioni materiale mentre Mix influisce solo su un
canale all’interno di un materiale.
■ Figura 21.63
Materiale 1 Materiale 2 Materiale 3
La pelle del coccodrillo
con due tipi di materiali
mescolati con un tipo di
mappa Noise.
Il materiale Multi/Sub-Object
Il tipo di materiale Multi/Sub-Object permette di assegnare più di un materiale allo stesso
oggetto a livello di faccia. In pratica, un materiale Multi/Sub-Object è di solito assegnato
a un oggetto intero e può contenere tutti i materiali richiesti dall’oggetto. I materiali
Multi/Sub-Object diventano quindi personalizzabili e sono spesso unici per ogni oggetto
che li utilizza. Se si importano mesh da 3DS DOS che hanno assegnazioni materiali a livello
di faccia, i materiali che erano prima separati saranno abbinati automaticamente durante
l’importazione in un Multi/Sub-Object, per oggetto. La figura 21.64 mostra il funziona-
mento di un materiale Multi/Sub-Object. A ogni parte del coccodrillo che richiede un
materiale separato è stato assegnata un ID distinto che corrisponde a un sub-materiale
separato. EditMesh o EditableMesh sono di solito utilizzati per assegnare i materiali a livello
Sub-Object, selezionando facce e assegnando il numero identificativo (ID) del materiale.
L’ID corrisponde al Material # all’interno del materiale Multi/Sub-Object. Il multimateriale
inizia con un numero predefinito di sei materiali ma può contenerne un numero qualsiasi.
■ Figura 21.64
Un materiale Multi/Sub-
Object, la sua definizione
radice e il Modifier Stack
assegnato all’oggetto che
mostra gli insiemi di
selezione memorizzati
come modificatori
EditMesh.
Gli artisti spesso esaminano il procedere di un lavoro guardandolo attraverso uno specchio
(spesso con uno specchietto posto dietro alle spalle). Questo metodo che rovescia l’immagine
può alterare la percezione visiva da cui ne deriva un’analisi meno faziosa.
Riepilogo
Quando si inizia a definire un materiale, è consigliabile riflettere sul risultato che si
desidera ottenere. A prescindere dalla complessità o dalla facilità del materiale, sarà
necessario porsi delle domande. Qui di seguito sono elencate una serie di domande da
porsi, in ordine di importanza, quando si definisce un materiale Standard:
■ Che cosa deve rappresentare il materiale?
La risposta dovrebbe essere contenuta nel nome del materiale.
■ Qual è il colore complessivo del materiale? Quali colori si vedono nelle zone di massi-
ma luce e d’ombra?
Le scelte influiscono sui colori Diffuse, Specular e Ambient.
■ Assomiglia a una superficie di plastica o di metallo?
Scegliere fra l’ombreggiatura Phong o Metal.
■ Quanto è lucido il materiale? Quanto è forte l’illuminazione?
Le scelte influiscono su Shininess, Shininess Strength e Soften.
■ La lucentezza è distribuita in modo uniforme o in modo ripetuto sulla superficie?
La scelta influisce sui canali mappa Shininess e Shininess Strength.
■ Il materiale è trasparente? Se sì, quanto? I bordi sono più spessi della parte centrale? Il
colore è tenue o intenso? Brilla?
Le scelte influiscono sul parametro Opacity, Opacity Falloff e Type.
■ È possibile vedere attraverso alcune parti del materiale? Quanto si riesce a vedere?
Qual è il motivo?
Le scelte influiscono sul canale mappa Opacity.
■ Se il materiale è trasparente, le cose si vedono distorte?
La scelta influisce sul canale mappa Refraction e relativi parametri.
■ Se il materiale è trasparente, si desidera modificare il colore della luce che si vede
attraverso l’oggetto?
La scelta influisce su Filter color e il canale mappa Filter Color.
■ Emette una luce o un bagliore? Se sì, con quale intensità?
La scelta influisce sul parametro Self-Illumination e forse sul canale mappa
Self-Illumination.
■ È a reticolo (wireframe)? Se sì, quanto sono grandi i reticoli?
La scelta influisce sull’opzione [Wire] e sui parametri estesi Wire.
■ È stata applicata una mappa di composizione? Se sì, quale? Quanto è importante?
Come dovrebbe essere gestita? Si verifica una volta sola o si ripete?
Le scelte influiscono sul canale mappa Diffuse.
■ Se esiste una mappa di composizione, le ombre hanno diverse qualità?
La scelta influisce sul canale mappa Ambient.
■ Le superfici sono lisce? Se no, qual è il motivo e quanto sono rugose?
La scelta influisce sul canale mappa Bump e i relativi parametri.
■ Figura 22.1
La stessa scena con
Texture Correction
attivato e disattivato
Nessuna Con
correzione correzione
texture texture
■ Figura 22.2
Tile 1, Sistema di coordinate UV
Angle 0 per le bitmap 2D
Tile 1,
Angle45
Tile 3,
Angle45
Tile on
Tile off
Mappatura parametrica
Le coordinate di mappa possono essere applicate sia in modo parametrico sia nella
sequenza storica di modifica con un modificatoreUVW Mapping. La mappatura parametrica
viene assegnata come parte dei parametri di creazione dell’oggetto o del modificatore che
genera la facce, e in genere viene attivata per mezzo di una casella di controllo [Generate
Mapping Coordinates] all’interno della definizione dell’oggetto e del modificatore. La
■ Figura 22.3
Effetto del cambiamento
da una mappatura UV a
quelle UW e WU.
Le coordinate di mappatura non vengono applicate di default perché richiedono RAM supple-
mentare. Ogni faccia utilizza almeno 12 byte quando viene mappata. Tenendo conto del fatto
che è possibile tornare nella storia di modifica e attivare la mappatura in un secondo momento,
si dovrebbe lasciarla disattivata a meno che non si sappia che l’oggetto riceverà coordinate di
mappature personalizzate. Si dovrebbe inoltre stabilire se si vuole la mappatura parametrica
quando si comprime un elenco.
Poiché gran parte della mappatura parametrica viene applicata con un mosaico 1x1, è
necessario regolare il mosaico per quasi tutti i materiali assegnati. Questa operazione
deve essere effettuata con i controlli mosaico presenti nel materiale poiché le coordinate
parametriche non possono essere regolate (eccetto che per gli oggetti loft). La figura 22.4
mostra il risultato della mappatura parametrica prima e dopo l’aggiustamento del
mosaico all’interno dei parametri materiale.
Quando la mappatura viene generata parametricamente è possibile regolare il mosaico e
l’orientamento solo per mezzo dei parametri del materiale assegnato alla superficie.
Quando invece si applica la mappatura con il modificatore UVW Mapping, si un controllo
indipendente su proiezione, posizionamento, orientamento e mosaico della mappatura.
La mappatura attraverso un modificatore, tuttavia, può non essere conveniente quanto
la mappatura parametrica applicata al momento della creazione.
■ Figura 22.5
Tendina del modificatore
UVWMapping
Al pari di molti modificatori di3D Studio MAX, il modificatore UVW Mapping incide su
tutto quanto gli viene passato nell’elenco storico di modifica. Se la selezione attiva sono
facce o patch di sub-oggetto, la mappatura viene assegnata solo alla selezione sub-oggetto
■ Figura 22.6
Selezione del sub-oggetto
che definisce le
coordinate di mappatura
locali
■ Figura 22.7
Controlli di mappatura
presenti nel tipo mappa
Bitmap dell’Editor materiali
Gli utenti che hanno già una certa confidenza con 3D Studio DOS poterebbe essere inizialmente
confusi perché il mosaico materiale è il contrario della scalatura mappa di materiale nelle
versioni 3 e 4. Tuttavia corrisponde al mosaico di mappa di 3D Editor. Per3D Studio MAX il
concetto è omogeneo fra mappatura e materiali.
Per riprodurre specularmente una bitmap su entrambi gli assi, digitare un fattore di scalatura
negativo. Per esempio un fattore di scalatura V di -1,0 riproduce specularmente la mappa
capovolta.
Quando un parametro Tile del materiale non è attivato, la bitmap non esegue il mosaico
sull’asse dato. La disattivazione di Tile per entrambi gli assi lascia un’unica traccia della
bitmap, ciò che da altri programmi, per esempio 3D Studio DOS, viene definito una
“decal”. La posizione del mosaico dipende dal punto in cui è stato definito. Come mostra
la figura 22.8, i materiali misurano sempre dal centro della bitmap, mentre il modificatore
UVW Mapping si misura dall’angolo inferiore sinistro.
Con il parametro Tile disattivato, e con un mosaico maggiore di 1, la bitmap risultante si
riduce dal bordo del gizmo. Se il mosaico è definito nella bitmap, diventa più piccolo verso
il centro del gizmo, con il centro della bitmap sempre coincidente con il centro del gizmo.
Se il mosaico è definito dal modificatore UVW Mapping, la bitmap diventa più piccola
verso l’angolo inferiore sinistro, con l’angolo della bitmap sempre corrispondente
all’angolo del gizmo. Mischiare i due metodi produce effetti multipli sulle dimensioni, con
la bitmap posizionata il più vicino possibile all’origine che fornisce il valore di mosaico
maggiore.
■ Figura 22.8
Posizioni di mosaico come
definite dal materiale o dal
modificatore
Coordinate
materiale UV
Coordinate
modificatoreUVW
■ Figura 22.9
Posizionamentodibitmap
con Offset
È necessario tenere presente che Offset non è espresso in distanza, ma piuttosto in unità
della bitmap. Il valore Offset corrisponde alla dimensione originale della bitmap. Quando
Tiling è pari a 1,0, un Offset di 1,0 sposta la bitmap di una quantità pari alla lunghezza della
bitmap stessa, sul lato. Quando Tiling è pari a 4,0 e l’Offset è 1,0, il centro della bitmap
spostata resta dove si trovava in precedenza, ma poiché la bitmap è più piccola, la mappa
sembra essersi spostata quattro volte più lontano di quando Tiling era pari a 1. Mentre
questo offset sembra essere quattro volte più avanti rispetto alle dimensioni di mappa
correnti, in realtà l’offset è alla stessa distanza misurata prima che la mappa fosse scalata
verso il basso con il parametro Tiling.
I parametri Offset sono utilizzati soprattutto quando è necessario posizionare la bitmap
ma o non si vuole spostare il gizmo di mappatura oppure non esiste un gizmo da spostare
perché la mappatura è procedurale. È possibile avere un controllo migliore regolando i
parametri Offset piuttosto che spostando il gizmo di mappatura.
Sferica Cilindrica
L’acquisizione di un gizmo di mappatura non può essere annullata. Prima di utilizzare la funzio-
ne Acquire è dunque più prudente salvare il file ed eseguire un comando Hold o clonare
l’oggetto come un backup.
■ Figura 22.13
Finestra di dialogo
ACQUIRE UVW MAPPING
■ Figura 22.14
Rappresentazionigizmo
delle cinque proiezioni
La verticale del gizmo, o indicatore, indica quale visualizzazione è attiva. La linea verde
del gizmo Planar è sempre il lato destro della bitmap. La linea verticale verde del gizmo
Cylindrical indica la cucitura dove si incontrano i lati destro e sinistro dell’etichetta
bitmap. Similmente, il gizmo Spherical ha un arco verde che indica il bordo di cucitura della
bitmap. Il gizmo Shrink Wrap è identico a quello Spherical ma l’arco verde non indica una
cucitura in quanto la sola cucitura si trova nella parte inferiore, di fronte alla linea
verticale. Il gizmo Box non ha indicazioni perché in realtà è basato su normali di faccia che
producono una cucitura per ogni improvvisa transizione di superficie.
Le coordinate di mappatura vengono proiettate su una superficie come se fossero dirette
dal gizmo di mappatura. Le coordinate di mappatura che incontrano la superficie a 90
gradi producono bitmap che non sono distorte. Se l’angolo di incontro cambia, i pixel
divengono allungati. Quando questo angolo raggiunge 180 o 0 gradi la superficie è sul
bordo della proiezione e i risultati in pixel producono striature lungo la superficie. Per
correggere la striatura il gizmo deve essere orientato in modo che incontri la superficie
con un angolo maggiore di 0 gradi. Il modificatore UVW è infinito nelle sue proiezioni
di mappatura e le coordinate di mappatura sono applicate attraverso qualsiasi faccia
correntemente selezionata nell’elenco.
Il cambiamento del tipo di mappatura non può essere annullato. Se quindi si cambiano i tipi di
mappatura in genere si cambia anche la scalatura del gizmo di mappatura; tornare al tipo di
mappatura precedente non ripristina le proporzioni precedenti del gizmo.
■ Figura 22.15
Proiezione della
mappatura Planar
Poiché la bitmap si allunga per rientrare nelle coordinate di mappatura, il gizmo deve
avere le stesse proporzioni delle bitmap se si vuole che il risultato non sia distorto. La
funzione Bitmap Fit (figura 22.16) facilita questo compito. Facendo clic su Bitmap Fit è
possibile selezionare una bitmap per stabilire una nuova profondità di gizmo. L’altezza
del gizmo esistente resta costante indipendentemente dalle proporzioni della bitmap.
Spesso si conosce la dimensione esatta nella quale la bitmap si rappresenta ed è necessario
adeguare la mappatura delle dimensioni del gizmo ad essa. La sequenza di mattoni 6x12
utilizzata nella figura 22.15, per esempio, dovrebbe essere sempre 48”x32”, a meno che
i mattoni non siano dimensionati in modo convenzionale. Purtroppo non c’è un modo
chiaro per realizzare questo adeguamento. È possibile adeguare questa dimensione
creando dapprima un oggetto temporaneo esattamente di quella dimensione, come
illustrato nella procedura seguente:
1. stabilire la dimensione reale rappresentata dalla bitmap;
2. creare una spline Rectangle di quella dimensione;
utilizzare la tastiera può essere più veloce se si accetta di avere l’oggetto in
originale;
3. assegnare al rettangolo un modificatore UVW;
Dopo avere opportunamente scalato un gizmo per adeguare una bitmap particolare, eseguire
un’operazione qualsiasi incederà negativamente su questa relazione. Non cambiare il tipo di
proiezione di mappatura e utilizzare invece le funzioni Fit o Reset all’interno del modificatore.
Quando l’oggetto è basato su una spline risultante da Extrude, Bevel o Lathe, la determi-
nazione della scalatura corretta diviene un’operazione leggermente complessa. Tutte
questi metodi di creazione stabiliscono la mappatura ma lo fanno come una ripetizione
1x1 sull’intera lunghezza e altezza. Per essere precisi in unità reali è necessario aumentare
il mosaico del materiale secondo il perimetro della spline che lo definisce. Purtroppo, un
metodo diretto per determinare la lunghezza del perimetro di una spline non esiste. Per
ottenere questa informazione è possibile adottare la procedura seguente:
1. con l’oggetto perimetro selezionato, disattivare Extrude, Bevel o Lathe e i
modificatori conseguenti lasciando visibile solo la spline di definizione;
2. creare un loft da un’altra forma spline;
3. con l’opzione Instance attiva, fare clic su Get Path e selezionare l’oggetto
perimetro;
■ Figura 22.17
Map Tiling per correggere
una lunghezza estrusa
■ Figura 22.18
Correzione della
distorsione planare da
proiezioni angolate
Figura 22.19
Rotazione della mappatura
Planar su due assi
Mappatura Cylindrical
La mappatura Cylindrical proietta le sue coordinate dal centro del gizmo all’esterno verso
l’infinito, similmente alle increspature di un laghetto (figura 22.20). L’altezza del cilindro
gizmo determina la dimensione dell’altezza della bitmap oppure la dimensione di V. A
causa di questa situazione, il raggio del gizmo non è importante, lo è invece la posizione
del suo centro. Per determinarne altezza, centro, parte superiore, cucitura del cilindro lo
si può pensare come un aiuto visivo; si può inoltre stabilire se è stato scalato non
uniformemente.
Il bordo posteriore e verde dell’icona indica dove si incontrano i bordi della bitmap; al
momento del rendering compare una cucitura se la bitmap del materiale non può
diventare a mosaico nella sua direzione U. La cucitura posteriore è anche la posizione di
mosaico iniziale. Quando si lavora con decal a mosaico, la cucitura diventa il lato sinistro
della bitmap.
In genere, le superfici che sono parallele a una proiezione cilindrica subiscono striature
o mulinelli (figura 22.21). Poiché tali striature e mulinelli non sono quasi mai voluti, il
rappresentatore di produzione tratta questa situazione come un caso speciale e utilizza
il primo pixel ritrovato per la parte superiore come il colore dell’intera occlusione. Poiché
questa correzione non è mostrata nel rappresentatore interattivo, può essere confusa.
Invece di accettare la correzione, se si vuole conservare l’effetto a spirale mostrato nella
finestra, è possibile spostare uno dei vertici di definizione di un piccolo incremento,
oppure ruotare minimamente il limite del gizmo di mappatura (0,03 gradi o più dovrebbe
essere sufficiente).
Tile U e V
Tile V
No tile Tile U
Figura 22.21
Impatto della geometria
Condizionidiocclusione
della mappatura
Cylindrical
OpzioneCap
L’opzione Cylindrical Mapping Cap applica mappature planari alla parte superiore e
inferire della proiezione cilindrica. Questa applicazione è simile a quella Mapping Box.
L’angolo qualificato per essere una “occlusione”, tuttavia, è molto meno profondo
dell’angolo qualificato per essere il lato della mappatura parallelepipedo, con le facce che
diventano complanari via via che si avvicinano a 20-25 gradi dal piano orizzonte.
Un aspetto interessante del gizmo cilindrico è che è possibile scalarlo non uniformemente
in modo da avere una proiezione “ellittica”. Eseguire una scalatura non uniforme sugli
assi X e Y del gizmo non ha effetto sulla mappatura ma la scalatura degli assi X e Y non
uniforme fra di loro crea un’ellissi. La figura 22.22 mostra la situazione in cui tale
mappatura è appropriata.
Figura 22.23
Proiezione di mappatura
Spherical
Figura 22.24
Correzione per distorsione
di scalatura all’equatore
Figura 22.25
Taglio circolare eseguito
dalla mappatura Shrink
Wrap
Mappatura Box
La mappatura Box dovrebbe essere considerata come una mappatura Planar applicata da
sei direzioni. Le proporzioni proiettate da ogni lato corrispondono alle proporzioni della
bitmap di riferimento. Scalare il gizmo scala la mappatura risultante, come succede con
la mappatura Planar. La scalatura non uniforme del gizmo significa che i lati avranno
differenti proporzioni di mappatura l’uno dall’altro.
Quanti sono già pratici di 3D Studio non devono confondere la mappatura Box di 3DS MAX
con Material Box di 3DS DOS. Quest’ultima allunga le bitmap assegnate nel senso di ogni
dimensione dell’oggetto assegnato e tende a essere di scarsa utilità pratica. Al confronto. la
mappatura Box è molto controllabile e estremamente utile.
La bitmap mantiene l’altezza del gizmo e scala l’asse delle X per adeguarsi alla
proporzione della bitmap. Le proiezioni Front, Back, Top e Bottom sono state inserite
Figura 22.26
Shrink Wrap con bitmap
di mosaico
Figura 22.27
Proiezione di mappatura
Box
Bitmap fit
Giuntura
(mappatura
senza tiling)
Giuntura (difficile da individuare Geometria casuale Giuntura
a causa della forma del tiling) senza giunture (nascosta dalla
forma del tiling)
Figura 22.28
Aggiustamentodel
mosaico per pareggiare il
mosaico della mappatura
Box
4. il rapporto U/V ora deve essere mantenuto per tutti i futuri aggiustamenti; è
possibile regolare la dimensione del mosaico o scalando uniformemente il
gizmo di mappatura oppure regolando i valori di mosaico.
Un metodo conveniente è quello di impostare l’aggiustamento della bitmap
nel materiale, che è collegato a quella particolare bitmap, e utilizzare il
mosaico modificatore per controllare la ripetizione. In qualsiasi caso si hanno
tre metodi per cambiare il mosaico che possono essere utilizzati individual-
Strategie di mappatura
Il controllo di come un materiale dovrebbe attraversare una superficie dipende dall’ap-
plicazione di una mappatura appropriata. Decidere come applicare la mappatura per
raggiungere il risultato voluto è un’azione da pianificare: si deve infatti decidere dove
applicarla, con quale proiezione, con quale orientamento e con quale mosaico, domande
che vanno poste al momento di completare le superfici.
Anche se quasi tutti i modelli richiedono tecniche leggermente differenti, le strategie
seguenti sono utili indicazioni per determinare quale mappatura si adatta meglio alla
geometria del proprio modello:
■ superfici piatte (carta): mappatura Planar applicata normalmente alla superfi-
cie;
■ rettilinea senza occlusioni (pareti): mappatura Planar applicata con un
angolo che si avvolge intorno alle curve;
■ rettilinea con occlusioni (parallelepipedi): mappatura Box, regolando il
rapporto del mosaico o del gizmo per adeguarla alla proporzione della
bitmap;
■ simmetrica (una papera): mappatura Planar per una bitmap creata apposita-
mente che può proiettarsi attraverso l’oggetto e mappare entrambi i lati con
la stessa immagine;
■ cilindrica (bottiglia): mappatura Cylindrical che compensa le proporzioni
della bitmap con l’altezza del gizmo o il tiling;
■ sferica (palla): mappatura Spherical o Shrink Wrap , a seconda della natura
della bitmap e di quanto i poli saranno sporgenti nel rendering finale;
■ irregolare (una pianta): teoricamente si dovrebbe assegnare la mappatura
della creazione (Loft, Extrude, Bevel, Lathe). In alternativa la mappatura Shrink
Wrap può funzionare con geometrie a bordi smussati, mentre la mappatura
Box può funzionare con geometria a bordi netti.
Un altro aspetto importante per la mappatura è di assegnarla mentre l’oggetto presenta
la sua forma geometrica nel modo più pulito. Prima di comprimere l’elenco di modellazione,
analizzare le forme progressive e identificare i punti nei quali è più facile applicare la
mappatura. Una foglia, per esempio, si mappa meglio quando è stata appena estrusa ed
è piatta, piuttosto che in un secondo tempo quando è stata curvata e arricciata. Non è raro
deformare un oggetto in una forma più conveniente per potere applicare la mappatura e
poi togliere la deformazione.
L’ultimo aspetto da considerare è la posizione del modificatore UVW nell’elenco,
soprattutto quando la modellazione è stata animata. Se le deformazione avvengono dopo
il modificatore UVW le coordinate di mappatura si “attaccano” e la mappatura si allunga
con i vertici dell’oggetto. Se le deformazioni accadono prima del modificatore UVW
Riepilogo
■ Applicazione della mappatura: la mappatura in genere viene applicata alla
fine della sequenza di modellazione perché ulteriori operazioni di
modellazione minacciano di distorcere le coordinate di mappatura preceden-
temente definite. Il Modifier Stack consente di vedere per intero la storia di
modellazione e di posizionare la mappatura quando la forma dell’oggetto si
conforma meglio alla forma della proiezione di mappatura.
■ Modificatori VolumeSelect: questi modificatori sono superiori a quelli
EditMesh nel definire le selezioni sub-oggetto per le assegnazioni di
mappatura perché utilizzano una quantità di RAM minima.
■ Mappatura unica: ogni faccia su un oggetto può avere una mappatura unica
ma solo l’ultima UVW Mapping applicata a una faccia sarà rispettata.
■ Mappatura infinita: la mappatura si proietta all’infinito attraverso un ogget-
to come determinato dal metodo di proiezione (Planar, Cylindrical, Spherical,
Shrink Wrap o Box).
■ Geometria rettilinea: la geometria rettilinea può spesso essere mappata con
una proiezione planare applicata a 45 gradi. La distorsione della proiezione
angolare è facilmente corretta con un mosaico 1,414x o con una scalatura del
gizmo lungo l’asse angolato.
■ Gizmo di mappatura UVW: il gizmo UVW Mapping corrisponde alla bitmap
(quando Tiling è 1,0 e Offset è 0). Le bitmap all’interno dei materiali sono
allungate per incontrare gli angoli del gizmo così il gizmo dovrebbe avere la
stessa proporzione altezza/larghezza della bitmap del materiale per evitare
distorsioni.
■ Scalatura del mondo reale: molte bitmap sono in relazione con la scalatura
del mondo reale. La dimensione di tali bitmap dovrebbe essere determinata
e il gizmo di mappatura dovrebbe essere realizzato in modo da adeguarsi a
queste dimensioni; in questo modo il rendering del materiale sarà in
scalatura con la rappresentazione bitmap.
Ambiente di animazione
Come anticipato nei precedenti capitoli, 3DS MAX dispone di una vasta gamma di
modificatori con parametri animabili. Ciò consente di creare l’animazione in modo più
intuitivo rispetto a quanto avviene applicando le tecniche di morphing. Per esempio la
creazione di una canna piegata dal vento richiedeva diverse destinazioni di morphing,
mentre ora viene eseguita in 3DS MAX applicando il modificatore Bend e animando il
valore dell’angolo di piegatura. L’animazione delle caratteristiche materiali degli oggetti
viene eseguita semplicemente modificando il valore dei parametri a livello di materiale,
invece di utilizzare le destinazioni morphing. Questi sono solo alcuni degli elementi che
possono essere animati in 3DS MAX.
Le viste standard della scena mostrano il risultato dell’animazione, ma spesso è anche
necessario visionare i dati a essa relativi, per esempio i tempi di creazione delle chiavi per
un parametro, in modo da modificare il tempo associato alla chiave o i dati in essa
memorizzati. 3DS MAX fornisce una vista dei dati di animazione: TRACK VIEW (Editor
tracce) (figura 23.1). L’Editor tracce mostra un elenco gerarchico di tutti gli elementi
animabili della scena (oggetti, modificatori, luci, cineprese, effetti ambientali e materiali).
Per ciascuno di essi vengono mostrati i parametri animabili, insieme alle chiavi eventual-
mente associate. Queste ultime possono essere spostate nel tempo o copiate in altri tempi,
oppure i valori associati a una chiave possono essere modificati.
■ Figura 23.1
L’Editor delle tracce
mostra i dati associati
all’animazione e ne
consente la modifica.
■ Figura 23.2
La finestra di dialogo Time
Configuration viene
utilizzata per controllare il
Clic per
modo in cui il tempo viene
accedere alla
impiegato e visualizzato.
finestra Time
Configuration
3DS MAX consente di indicare la cadenza dei fotogrammi in base al formato di output.
La cadenza di default è NTSC video a 30 fps (fotogrammi al secondo); è però possibile
optare per PAL a 25 fps, o anche definire una cadenza personalizzata. La visualizzazione
del tempo può essere in Frames standard o altro, come per esempio time code SMPTE,
Frames and Ticks, o Minutes, Seconds and Ticks, dove un tick corrisponde a 1/4800 di
secondo. Il dispositivo Time e la casella Frames in basso nello schermo di 3DS MAX
mostrano l’animazione nel formato di visualizzazione del tempo desiderato.
3DS MAX consente di cambiare sia la cadenza dei fotogrammi sia la visualizzazione dei
tempi in qualsiasi momento senza alterare l’animazione. Tale opportunità è utile perché,
nel caso l’animazione sia creata per una cadenza di 30 fps, può presentarsi la necessità di
osservarla a velocità Film e con un time code diverso, in modo da verificare la
compatibilità dell’animazione con certe modificazioni della post-produzione. Se per
esempio è stata creata un’animazione di un minuto per video che utilizza una velocità di
30 fps e che poi invece deve essere elaborata su pellicola (24 fps), basta modificare la
cadenza dei fotogrammi: 3DS MAX riscala automaticamente il tempo senza alterare le
chiavi date. In altri programmi sarebbe necessario scalare il tempo, alterando ed
eventualmente riducendo le chiavi date.
Quando la cadenza dei fotogrammi viene modificata nella finestra di dialogo TIME CONFIGURATION,
3DS MAX inizialmente non fornisce informazioni sulla cadenza in fps. Tuttavia, se la finestra
TIME CONFIGURATION viene riaperta dopo il salvataggio della modifica, 3DS MAX visualizza il nuovo
valore fps nella casella di modifica Custom FPS.
I tempi di inizio e di fine dell’animazione sono indicati nella finestra di dialogo TIME
CONFIGURATION. Questi tempi in realtà indicano solamente il segmento di tempo attivo.
L’impostazione di un segmento di tempo attivo dà la possibilità di vedere solo una
porzione di tempo dell’animazione consentendo di riprodurre una parte specifica
dell’animazione e di limitare l’intervallo di keyframe sullo schermo entro il tempo
definito. La modifica dei tempi di inizio e di fine non ha alcun effetto sul tempo né sui
valori delle chiavi precedentemente create.
■ Figura 23.3
La finestra di dialogo Re-
scale Time viene utilizzata
per regolare la durata di
un segmento di tempo,
modificando il tempo delle
chiavi.
Oltre alla possibilità di attivare l’animazione di tutti gli oggetti di una scena, 3DS MAX
permette l’attivazione esclusiva degli oggetti selezionati. Per scegliere questo metodo di
riproduzione, fare clic e tenere premuto Play Animation e quindi selezionare l’icona Play
Selected dall’elenco a discesa. Questa funzione è molto utile nel caso di geometrie
complesse che riducono la velocità di visualizzazione. Se per esempio la scena presenta
personaggi, edifici e veicoli, è possibile creare un insieme di selezione degli oggetti
animati da vedere in anteprima lasciando gli altri sullo schermo. Durante la riproduzione
3DS MAX nasconde temporaneamente tutti gli oggetti animati non selezionati nelle
finestre attive mentre lascia sullo schermo gli oggetti selezionati e tutti gli oggetti non
animati. Si tratta di una funzione dinamica che nasconde gli oggetti nelle finestre singole.
3DS MAX dispone anche di diverse opzioni di spostamento nel tempo. Utilizzando i
pulsanti di indice dei fotogrammi della zona Play Control, è possibile indicare Beginning
o End di Active Segment, o scorrere in avanti o all’indietro un fotogramma alla volta. Una
funzione molto più efficace consiste nello scorrere nel tempo un keyframe alla volta,
esaminando l’animazione specificata dalle chiavi di trasformazione. Per attivare l’indice
Key Step, selezionare il pulsante Key Mode Toggle. Quando questa modalità viene
selezionata la grafica relativa al pulsante Previous e Next Frame cambia. Facendo clic su
queste chiavi si passa alla chiave di trasformazione precedente o successiva. Selezionando
tra le varie opzioni Key Step nella finestra di dialogo TIME CONFIGURATION, è possibile
■ Figura 23.4
Edit Edit Position Edit Function Finestra Barra
Un tipico Editor tracce che
Keys Ranges Ranges Time Curves Edit intervallo
mostra sulla sinistra
l’elenco gerarchico e sulla
destra la finestra di
modifica.
Gerarchia Chiavi
animazione
Elenco gerarchico
L’elenco gerarchico presenta una vista strutturata degli elementi della scena. I livelli
superiori della gerarchia rappresentano i raggruppamenti principali di 3DS MAX: suono,
ambiente, materiali e oggetti. I livelli inferiori procedono attraverso i particolari della
scena, come singoli oggetti, oggetti base e modificatori applicati agli oggetti base e
parametri associati con un oggetto base e modificatori relativi. Il livello più basso della
gerarchia contiene i parametri animabili associati alla scena.
Tutti i livelli della gerarchia possono essere allargati o compressi per mostrare un numero
minore o maggiore di particolari. Per modificare le chiavi di animazione di un parametro,
è necessario allargare i rami dell’albero e visualizzare quel parametro.
L’elemento principale dell’elenco gerarchico è World. Gli elementi subordinati a World
sono Sound (suono), Environment (ambiente), MEdit Materials (modifica materiali), Scene
Materials (materiali di scena) e Objects (oggetti) (figura 23.5). La barra intervallo relativa
a World corrisponde all’intervallo animato relativo a tutti gli elementi subordinati tranne
Objects.
■ Figura 23.5
L’elenco gerarchico
dell’Editor tracce relativo
a World.
■ Figura 23.6
La finestra di dialogo
Sound Options viene
utilizzata per caricare file
suono e per indicare i
parametri Metronome.
3DS MAX supporta file WAV come tipo di file suono standard. Quando si verifica il
rendering nel formato file AVI, il suono WAV è incorporato nel file AVI. Tutti i suoni
devono essere inseriti nell’Editor tracce. Se viene scelto uno sfondo che è un file AVI con
suono, questo verrà ignorato.
Per selezionare un file suono, fare clic su Choose Sound e selezionare un file suono
dall’elenco di file presentato. Attivare l’opzione Active. Per cancellare un suono attivo
fare clic su Remove Sound. Per ricaricare un suono dopo averlo modificato in un’appli-
cazione esterna, per esempio, fare clic su Reload Sound. Per mantenere il collegamento
con un file suono senza attivarlo durante la riproduzione, disattivare l’opzione Active.
Il file suono può essere ascoltato durante la riproduzione di un file AVI creato con il file
suono attivo, nella riproduzione in una finestra in cui è attivo Real Time, e quando la barra
del tempo viene fatta scorrere in avanti. Un esempio di volume del file suono è illustrato
nell’Editor tracce nella traccia del suono (figura 23.7). Per ascoltare la riproduzione del
suono è richiesta la scheda audio.
■ Figura 23.7
La traccia suono dopo il
caricamento di un file
suono.
Ambiente
Il ramo Environment mostra gli elementi animabili associati all’ambiente: la luce circostan-
te, il colore dello sfondo e tutti gli effetti ambientali indicati nella finestra di dialogo
RENDERING E NVIRONMENT.
Oggetti
Il ramo Objects mostra i parametri associati agli oggetti definiti nella scena. La gerarchia
di oggetti mostrata è definita dal collegamento fra oggetti ed è simile a quanto
visualizzato in Select by Name con l’opzione [Display Subtree] attiva.
La figura 23.8 illustra il ramo allargato di un oggetto. Se all’oggetto non sono stati
applicati modificatori, il ramo Modified Object è sostituito dal ramo Object.
■ Figura 23.9
Make Delete Add Visibility
I comandi dell’elenco Filters Paste Unique Note Track Track
gerarchico dell’Editor
tracce.
Il comando Parameter Curve Out-of-Range Type controlla il modo in cui l’output di valori
del controller per il tempo esterno all’intervallo definito. L’effetto delle opzioni di questo
comando è più visibile in modalità Function Curve. Le sue funzioni saranno descritte nel
paragrafo “Curve di funzione” in questo stesso capitolo.
Gli altri comandi sono descritti nei paragrafi che seguono.
I controller vengono utilizzati per memorizzare i dati relativi all’animazione (dati chiave)
per ogni traccia e per interpolare i valori in base ai dati stessi tra le chiavi. 3DS MAX
dispone di una ampio numero di controller, alcuni dei quali non si basano sulle chiavi. I
controller saranno ampiamente descritti nel capitolo 24. Se questa opzione è attiva, il tipo
di controller associato a ogni parametro viene visualizzato vicino al nome del parametro
stesso. [Note Tracks] e [Visibility Tracks] sono tracce che possono essere aggiunte a ogni
oggetto e verranno trattate nei paragrafi “Tracce annotazioni” e “Tracce visibilità” in
questo stesso capitolo.
La sezione Show Only della finestra di dialogo FILTERS contiene tre opzioni. Se è
selezionata l’opzione [Animated Tracks], viene mostrata solo la gerarchia dei parametri
animati. La figura 23.11 mostra lo stesso elenco gerarchico della figura 23.8 ma con
l’opzione [Animated Tracks] attiva: l’elenco risulta notevolmente ridotto ma sono
chiaramente visibili i parametri animati e la relazione tra questi e l’oggetto. Quando
un’animazione precedentemente definita viene regolata nell’Editor tracce, è necessario
selezionare questa opzione per semplificare l’elenco gerarchico.
■ Figura 23.11
La gerarchia di un oggetto
nell’Editor tracce, filtrata
per mostrare solo le
tracce animate.
Se è attiva l’opzione [Selected Object], vengono mostrati solo i parametri degli oggetti
selezionati nella scena. Questa opzione può essere utilizzata insieme all’opzione [Animated
Tracks] per mostrare soltanto le tracce animate degli oggetti selezionati.
L’opzione [Selected Tracks] nasconde tutte le tracce che non sono state selezionate prima
della sua attivazione. Il nome di tutte le tracce rimane giustificato nell’elenco gerarchico
e quindi non è sempre evidente l’uso di un parametro. Per cambiare la selezione delle
tracce mostrate è necessario disattivare questa opzione, selezionare le nuove tracce e
riattivare l’opzione.
■ Figura 23.12
La finestra di dialogo
Paste viene utilizzata per
determinare il modo in cui
un elemento viene
incollato agli elementi
selezionati.
Copy e Paste sono utili per ricuperare gli operandi di un oggetto booleano: basta creare un
nuovo oggetto di qualsiasi tipo, selezionare l’operando da ricuperare nell’Editor tracce, farne
una copia e incollarlo all’oggetto appena creato. Copy e Paste costituiscono anche un modo
semplicissimo per eseguire operazioni altrimenti impossibili. Perché un gizmo segua un
percorso, copiare il controller del percorso da un oggetto valido in un sub-oggetto gizmo. Per
ulteriori informazioni consultare il capitolo 24, “Espressioni e controller”.
Tracce annotazioni
3D Studio MAX consente di memorizzare le annotazioni relative a ogni traccia dell’Editor
tracce. Per creare una traccia annotazione, selezionare un elemento e fare clic su Add Note
Track: verrà creata una traccia annotazione come ramo dell’elemento selezionato. Se sono
selezionati diversi elementi verrà creata una singola traccia annotazione a essi subordi-
nata. Se esiste già un ramo relativo a un elemento, la traccia annotazione viene aggiunta
a quel ramo.
Per creare un’annotazione è necessario trovarsi in modalità Edit Key. Fare clic su Add
Keys e poi in una traccia annotazione al tempo desiderato: viene così creata una chiave
Note. Fare clic con il tasto destro del mouse sulla chiave Note: comparirà la finestra di
dialogo NOTES (figura 23.13).
■ Figura 23.13
La finestra di dialogo
Notes viene utilizzata per
memorizzareannotazioni
relative a ogni elemento.
Nella parte superiore a sinistra della finestra di dialogo compare il numero di annotazio-
ne. Facendo clic sulle frecce è possibile spostarsi fra le annotazioni sulla traccia. Nella
parte superiore in mezzo alla finestra compare il tempo associato all’annotazione. Questo
tempo può essere regolato dall’utente. Nella parte superiore a destra compare l’opzione
[Lock Key]. Se questa è attiva, l’annotazione è associata a un tempo specifico e non potrà
essere spostata da comandi di spostamento, scorrimento e scala dell’Editor tracce. Il testo
dell’annotazione viene digitato nella casella di testo, dove sono disponibili tutte le
operazioni standard di taglia e incolla di Microsoft Window. La prima riga di testo della
casella viene mostrata accanto alla chiave Note nell’Editor tracce.
Per cancellare una traccia Note, selezionarla e fare clic su Delete Note Track. Per cancellare
una sola nota, selezionare la chiave Note e fare clic su Delete Keys.
Tracce visibilità
Le tracce Visibility, simili alla traccia Hide di 3D Studio 4, possono essere applicate a oggetti
singoli. Per creare una traccia Visibility è necessario trovarsi in modalità Edit Key.
Selezionare l’oggetto a cui aggiungere le tracce Visibility e fare clic su Add Visibility Track:
viene creata la traccia Visibility come ramo dell’elemento selezionato.
L’effetto di Visibility Tracks non è graduale, è attivo o disattivo. Per oggetti che svaniscono
gradualmente è opportuno animare l’opacità dei materiali assegnati.
Non esiste un controller specifico delle tracce Visibility. L’unico modo per indicare che un
oggetto è visibile o invisibile in un dato momento consiste nel creare una chiave in quel
momento e modificarne il valore in Key Info (l’accesso alla finestra di dialogo Key Info
verrà descritto nel paragrafo “Chiavi e intervalli”). Se il valore della chiave è minore o
uguale a 0, l’oggetto è invisibile nel momento dato; se il valore è maggiore di 0 l’oggetto
è visibile. Dato che per il parametro Visibility viene utilizzato un controller spline di Bézier
di default, il controller effettua l’interpolazione dei valori tra chiavi successive e quindi
l’oggetto diventa visibile o invisibile troppo presto. Per evitare questo inconveniente è
necessario impostare il tipo di tangente In e Out relativo a ogni chiave nel tipo Step, nella
finestra di dialogo K EY INFO: fare clic e tenere premuti i pulsanti del tipo tangente In e Out
nella finestra KEY INFO e selezionare il tipo tangente Step (figura 23.14).
■ Figura 23.14
Selezione del tipo tangente
Step per le chiavi
Visibility.
■ Figura 23.15
Snap Frame Lock Selection
I pulsanti di comando
Snap Frame e Lock
Selection.
Dopo che sono state selezionate una o più chiavi, è facile eliminare accidentalmente la
selezione facendo clic sulla finestra EDIT. Per bloccare o sbloccare la selezione delle chiavi,
fare clic su Lock Selection.
Creazione di chiavi
Per creare le chiavi nell’Editor tracce è necessario trovarsi in modalità Edit Key. La figura
23.16 ne mostra i pulsanti di comando. Per creare una chiave, espandere la gerarchia e
visualizzare così il parametro per cui la chiave deve essere generata, fare clic su Add Keys
e poi nella traccia del parametro sul tempo desiderato.
Le chiavi di trasformazione degli oggetti (posizione, rotazione e scala) possono essere
create nel pannello di comandi MOTION, Parameters (figura 23.17). Per creare una chiave
nel pannello di comandi MOTION, selezionare l’oggetto e impostare Time Slider sul
fotogramma opportuno. Nella tendina PRS Parameters fare clic sul pulsante appropriato
■ Figura 23.16 Edit Keys Align Keys Move Keys Slide Keys Add Keys
I pulsanti di comando
relativi alla modalità Edit
Key dell’Editor tracce.
■ Figura 23.17
Le chiavi di
trasformazione degli
oggetti possono essere
aggiunte, cancellate e
modificate nel ramo
Parameters del pannello
dicomandiMotion.
Eliminazione di chiavi
Per cancellare le chiavi nell’Editor tracce è necessario trovarsi in modalità Edit Key.
Espandere la gerarchia e visualizzare il parametro da cui verrà eliminata la chiave,
selezionarla e fare clic su Delete Keys.
Le chiavi di trasformazione degli oggetti (posizione, rotazione e scala) possono essere
cancellate nel pannello di comandi MOTION, Parameters. Per cancellare una chiave nel
pannello di comandi Motion, selezionare l’oggetto e impostare Time Slider sul fotogram-
ma opportuno. Nella tendina PRS Parameters fare clic sul pulsante appropriato nella
sezione Delete Key. È possibile spostarsi tra le chiavi semplicemente selezionando il tipo
di trasformazione della chiave da cancellare nella parte inferiore della tendina PRS
■ Figura 23.18
Le finestre di dialogo Key
Info relative alle chiavi dei
controller di Bézier e TCB.
Il numero di chiave compare nella parte in alto a sinistra della finestra di dialogo. Facendo
clic sulle frecce è possibile spostarsi fra le chiavi della traccia. La casella Time mostra il
tempo nel quale è posta la chiave. È possibile regolare il tempo digitando un nuovo valore
o facendo clic sul campo incrementatore. Il pulsante L blocca la chiave sul tempo indicato.
Se questa opzione è attiva, la chiave è bloccata nel tempo indicato e non potrà essere
modificata da comandi di spostamento, scorrimento e scala dell’Editor tracce.
I valori seguenti che compaiono nella finestra di dialogo sono quelli relativi alla chiave,
o valori chiave. Essi possono essere regolati digitando un valore nuovo o facendo clic sul
campo incrementatore. Il resto delle caselle viene utilizzato per determinare i parametri
di interpolazione relativi alla chiave e saranno descritti nel capitolo 24.
È possibile anche modificare le chiavi di trasformazione degli oggetti (posizione,
rotazione e scala) nel pannello di comandi MOTION, Parameters. Per modificare una chiave
Dopo aver selezionato un insieme di chiavi, è possibile fare clic su [Lock Selection] per evitare
di deselezionare accidentalmente le chiavi.
La selezione di Align Keys consente di operare sulla selezione di chiavi corrente. Align
Keys sposta tali chiavi in modo tale che il tempo della prima chiave selezionata in ogni
traccia coincida con il tempo specificato dal controllo Time (e mostrato nell’Editor tracce
con una linea verticale). Le chiavi diverse da quella selezionata per prima in una traccia
vengono spostate della stessa quantità di tempo della prima. I tempi associati alle chiavi
non selezionate non vengono modificati.
Move Keys sposta semplicemente nel tempo l’insieme selezionato di chiavi. Solo le chiavi
selezionate vengono spostate. I tempi associati a chiavi non selezionate non vengono
modificati. È possibile selezionare le chiavi da spostare prima o dopo avere fatto clic su
Move Keys. È possibile clonare e spostare l’insieme di chiavi tramite MAIUSC +
trascinamento delle stesse.
Slide Keys sposta l’insieme selezionato di chiavi nel tempo ma anche quelle che si trovano
prima o dopo di esse. Se le chiavi selezionate vengono spostate verso destra (tempo
crescente), le chiavi a destra di quelle selezionate si spostano nella stessa direzione e della
stessa quantità. Analogamente, se le chiavi selezionate vengono spostate a sinistra (tempo
decrescente), quelle che si trovano a sinistra di esse si spostano nella stessa direzione e
della stessa quantità. È possibile selezionare le chiavi da scorrere prima o dopo aver fatto
clic su Slide Keys.
Scale Keys scala il tempo associato alle chiavi selezionate rispetto al tempo corrente. Le
chiavi selezionate vengono allontanate o avvicinate proporzionalmente al tempo corrente
(indicato da una linea verticale nella finestra di modifica) tramite il loro trascinamento da
o verso tale tempo. I tempi associati alle chiavi non selezionate non vengono modificati.
È possibile selezionare le chiavi da scalare prima o dopo aver fatto clic su Scale Keys. È
possibile clonare e scalare l’insieme delle chiavi tramite MAIUSC + trascinamento.
■ Figura 23.19
Edit Ranges Modify Subtree
I pulsanti di comando della
modalità Edit Ranges
dell’Editor tracce.
Select Time Scale Time Insert Time Reduce Keys ■ Figura 23.20
I pulsanti di comando della
modalità Edit Time
dell’Editor tracce.
Benché sia possibile selezionarli, gli elementi non animabili non subiscono l’effetto di Edit Time.
Tutti gli strumenti di Edit Time, tranne Insert Time, richiedono la definizione di un blocco
di tempo prima di essere operativi. Il blocco di tempo può essere indicato facendo clic su
Select Time o Scale Time e tramite il trascinamento nella finestra EDIT. Il blocco viene
mostrato nelle tracce come una linea nera spessa. Altrimenti è possibile digitare i tempi
di inizio e di fine del blocco nelle caselle della parte inferiore dell’Editor tracce.
Inserisci tempo
Per inserire tempo nelle tracce selezionate, fare clic su Insert Time e trascinare in ogni
traccia dal punto del tempo in cui deve avvenire l’inserimento. Se il trascinamento avviene
verso destra il tempo viene inserito nelle tracce selezionate. Se avviene verso sinistra
viene inserito tempo negativo, vale a dire che verrà cancellato tempo, nelle tracce
selezionate. Le linee verticali gialle (figura 23.21) vengono tracciate per mostrare
l’estensione del tempo aggiunto o cancellato, e il tempo associato a tali linee viene
mostrato nelle caselle in basso dell’Editor tracce. Inoltre le linee nere spesse vengono
visualizzate nelle tracce selezionate e mostrano il tempo aggiunto o sottratto. Le chiavi
alla destra del tempo associate al clic iniziale vengono spostate in modo da rispecchiare
il cambiamento in termini di tempo.
■ Figura 23.21
Insert Time nella modalità
Edit Time dell’Editor tracce
consente di inserire
tempo relativamente a
tracce selezionate.
Tempo da inserire
Inverti tempo
Reverse Time viene utilizzato per creare un’immagine riflessa delle chiavi nel blocco del
tempo. L’ordine delle chiavi risulta invertito, come il tempo tra le chiavi. La figura 23.22
mostra l’effetto di Reverse Time su una traccia.
■ Figura 23.22
L’effetto di Reverse Time
su una traccia animata.
L’inversione delle chiavi alle estremità e dell’intervallo dipende dallo stato dei comandi
Exclude Left End Point (escludi estremità sinistra) ed Exclude Right End Point (escludi
estremità destra) nella barra degli strumenti dell’Editor tracce. Se il secondo pulsante è
premuto una chiave che si trova nel tempo iniziale non viene riflessa ma lasciata al suo
posto. Analogamente Exclude Left End Point esclude una chiave che si trova nel tempo
finale.
Elimina tempo
Delete Time elimina il blocco di tempo e tutte le chiavi in esso contenute. Le chiavi a destra
del tempo finale vengono spostate a sinistra della quantità di tempo eliminato. Se i
pulsanti Exclude Left End Point o Exclude Right End Point sono premuti una chiave che
■ Figura 23.24
La finestra di dialogo
Replace Controller che
consente di assegnare i
controller agli elementi.
Se invece viene indicato un intervallo di tempo, questo viene eliminato prima che la
funzione incolla venga applicata. Tutte le chiavi originarie a destra del tempo finale
vengono spostate a destra in ragione del tempo inserito meno la lunghezza dell’intervallo
indicato.
Dopo aver selezionato gli elementi a cui viene applicata la funzione incolla e il tempo di
applicazione, fare clic su Paste Track: comparirà la finestra di dialogo PASTE TRACK (figura
23.25) che contiene l’opzione di incollare il blocco di tempo assoluto o relativo. Tali
opzioni si riferiscono alla gestione dei valori chiave in opposizione al tempo.
Se è attiva l’opzione [Paste Absolute] i valori associati alle chiavi incollate hanno
esattamente gli stessi valori di quelle originarie. Se è attiva [Paste Relative] il valore
dell’elemento al tempo di inserimento della funzione incolla viene aggiunto ai valori di
tutte le chiavi incollate. Se per esempio viene copiata la traccia altezza di Box01 e Box02,
che al punto di inserimento della funzione incolla è rispettivamente 100 e 50, con l’opzione
[Paste Absolute] attiva l’altezza di Box02 sarebbe 100; se invece è attiva [Paste Relative],
l’altezza di Box02 diventerà 150.
Riduci chiavi
Il comando Reduce Key agisce sulle chiavi in modo analogo a quello con cui il modificatore
Optimize opera sulla geometria: riduce la complessità pur mantenendo un livello di
dettaglio specificato. Per ogni traccia selezionata Reduce Key esamina le chiavi nel blocco
di tempo e crea un nuovo insieme di chiavi più piccolo i cui risultati corrispondono il più
possibile a quelli delle chiavi originarie. Reduce Key è utile nell’elaborazione successiva
dei movimenti Inverse Kinematic e anche nei keyframe generati da Motion Capture
Systems.
Per ridurre le chiavi relative a un blocco di tempo nelle tracce selezionate, fare clic su
Reduce Key: comparirà la finestra di dialogo R EDUCE KEY (figura 23.26) che consente di
selezionare il valore Threshold. Quest’ultimo indica la deviazione consentita all’insieme di
chiavi ridotto da valore originario per ogni fotogramma. L’unità di misura è quella
corrente per le distanze e per gli angoli è il grado. Ogni traccia selezionata viene misurata
indipendentemente da tutte le altre.
■ Figura 23.26
La finestra di dialogo
Reduce Keys.
Curve funzione
Un’altra modalità dell’Editor tracce è Function Curves. Nelle altre modalità la posizione
delle chiavi e degli intervalli rispetto al tempo viene mostrata ma non compare alcuna
indicazione dei valori reali dell’animazione utilizzati. La modalità Function Curve mostra
sia i valori di animazione in corrispondenza delle chiavi sia i valori interpolati tra le chiavi
relativamente agli elementi animati selezionati. In questa modalità, quando i valori di una
chiave vengono modificati, viene mostrato l’effetto nel tempo del cambiamento sull’output
del controller. È quindi possibile mettere a punto i valori di animazione regolando la
forma delle curve di funzione nel tempo. Con Function Curves possono essere visualizzati
soltanto gli elementi animati con controller basati sulle chiavi.
Per visualizzare la curva funzione relativa a un elemento, selezionare uno o più elementi
e fare clic su Function Curves. La finestra di modifica dell’Editor tracce cambia mostrando
la forma degli output del controller dell’elemento nel tempo (figura 23.27) e nella barra
degli strumenti dell’Editor tracce compare un nuovo insieme di pulsanti di comando
(figura 23.28). Per mostrare le chiavi relative a una curva fare clic sulla curva. I valori
associati a ogni chiave compaiono come vertici sulla curva e viene evidenziato il triangolo
verde a fianco di dell’elemento nell’elenco gerarchico che genera la curva. Se tale
elemento genera più di un valore (per esempio posizione, scala o colore) i vertici della
chiave verranno visualizzati su tutte le curve a esso associate.
■ Figura 23.28
Multiplier Out-of-Range Types I pulsanti di comando
Ease Curve Out-of-Range types relativi alla modalità
Ease/Multiplier Curve Enable/Disable Function Curve dell’Editor
Delete Ease/Multiplier Curve tracce.
Il controller di rotazione standard genera quattro valori e non può essere visualizzato come
curva di funzione.
Nella finestra di dialogo FILTERS descritta precedentemente, una sezione è dedicata alle
opzioni di visualizzazione delle curve funzione. Tali opzioni servono a stabilire se
saranno mostrate le curve associate agli output X, Y e Z dei controller di posizione,
rotazione e scala e gli output R, G e B (o H, S e V) dei controller di colore. La rotazione
è compresa tra le opzioni per il caso in cui sia disponibile un controller di rotazione a tre
componenti.
Il tempo e il valore relativi a ogni vertice selezionato possono essere mostrati di fianco a esso
facendo clic su Show Selected Key Stats. La figura 23.29 mostra una curva di funzione in cui
è attiva questa opzione.
■ Figura 23.29
Una curva di funzione in
cui è attiva l’opzione Show
Selected Key Stats.
È possibile aggiungere chiavi a una curva facendo clic su Add Keys e poi sulla curva. La
chiave verrà aggiunta in quel punto e il suo valore sarà il valore corrente in quel punto.
In Function Curves è anche possibile regolare i parametri di interpolazione associati a ogni
vertice (l’argomento verrà trattato nel capitolo 24).
■ Figura 23.30
Ease Curve di default
applicata alla traccia
Position di Box02.
■ Figura 23.31
Ease Curve modificata
applicata alla traccia
Position di Box02.
2. Nell’Editor tracce, espandere le tracce per Ball alla traccia Position. La barra
intervallo relativa alla traccia Transform di Ball va dal fotogramma 0 al 16.
Selezionare la traccia Position e fare clic su Function Curves.
3. Selezionare la palla nella scena e, nel pannello di comandi MOTION, fare clic
su Trajectories (figura 23.33).
La traiettoria della palla viene mostrata nella finestra.
■ Figura 23.33
La scena in cui viene
mostrata la traiettoria
relativa alla palla con
l’Editor tracce in modalità
Function Curve.
Out-of-Range Type relativo a Ease e Multiplier Curve può essere modificato utilizzando i
pulsanti di comando Ease ORT e Multiplier ORT in modalità Function Curve.
■ Figura 23.34
I pulsanti di comando
relativi alla modalità
PositionRangesdell’Editor
tracce. Position Recouple
Ranges Ranges
La figura 23.35 mostra un esempio di barra intervallo separata dalle chiavi della traccia.
Le chiavi sono posizionate ai fotogrammi 0, 20 e 80. La barra intervallo va dal fotogramma
10 al 90. La figura 23.36 mostra la curva funzione associata a questa traccia. Il tipo Out-
of-Range applicato a questa traccia è Constant. Dal fotogramma 10 al 20 i valori utilizzati
sono quelli interpolati dalle chiavi ai fotogrammi 0 e 20. Dal fotogramma 0 al 10 i valori
utilizzati sono quelli presenti all’inizio dell’intervallo (grazie all’uso dell’ORT Constant).
■ Figura 23.35
La visualizzazione
nell’Editor tracce di una
barra intervalli separata
dalle chiavi della traccia.
■ Figura 23.36
Function Curve risultante
dalla separazione della
barra intervalli.
Quando le chiavi vengono ruotate o scalate, è necessario che siano attivi Use Transform
Coordinate Center o Use Selection Center (posti sulla barra degli strumenti principale di 3DS
MAX). In caso contrario la chiave viene ruotata o scalata intorno a se stessa.
In alcuni casi può essere più facile convertire la traiettoria in spline da modificare
utilizzando i modificatori di forma. La spline viene creata campionando una zona
specifica di tempo, in cui ogni vertice della spline sia uno dei campioni presi. Questi sono
distribuiti uniformemente nel tempo, invece che sulla lunghezza della traiettoria. La zona
di tempo da campionare viene indicata impostando Start Time sul tempo in cui deve
cominciare la campionatura ed End Time sul tempo in cui deve finire. La casella Samples
è impostata sul numero di campioni da prendere nella zona di tempo indicata. Fare clic
su Convert To per convertire la traiettoria in spline utilizzando questi parametri.
È possibile utilizzare la spline modificata o una nuova spline come traiettoria per
l’oggetto. Per selezionare la spline da utilizzare come traiettoria, fare clic su Convert
From. Vengono presi campioni dalla spline che sono convertiti in chiavi di posizione. Le
caselle Start Time ed End Time indicano l’intervallo di tempo nel quale le chiavi di
posizione verranno collocate. Tutte le chiavi che si trovano in questo intervallo di tempo
saranno eliminate. Tutte le chiavi esterne all’intervallo non subiranno conseguenze. I
campioni vengono presi in modo tale che le chiavi che rappresentano i vertici della spline
siano distribuiti uniformemente nel tempo e le chiavi dalla campionatura tra vertici siano
distribuite uniformemente. Ciò significa che i campioni presi sono necessariamente
distribuiti in modo uniforme sulla lunghezza della spline (nel capitolo 24 l’esercizio
“Creazione di una miccia accesa utilizzando una scala loft animata, un sistema di particelle
e un controller percorso” descrive il modo in cui viene ricampionata la spline per ottenere
una distribuzione uniforme delle chiavi lungo la sua estensione).
Riepilogo
■ Modifica della cadenza fotogrammi. La cadenza fotogrammi (frame rate)
può essere modificata senza condizionare negativamente l’animazione. 3DS
MAX riscala automaticamente il tempo, senza condizionare le chiavi di
animazione, per mantenere la temporizzazione dell’animazione.
■ Chiavi di animazione. La temporizzazione e i valori associati a tutte le
chiavi di animazione possono essere impostati, modificati ed eliminati
Ogni volta che in una scena viene animato un oggetto, 3D Studio MAX salva i dati
necessari per riprodurre l’animazione. Poiché non su tutti i fotogrammi viene indicato il
modo in cui l’oggetto deve essere animato, 3DS MAX deve anche calcolare (interpolare)
i dati di animazione relativi ai fotogrammi in cui questi mancano. Nelle versioni
precedenti di 3D Studio il modo in cui i dati erano memorizzati era inaccessibile all’utente
ed era disponibile un solo tipo di interpolazione.
In 3D Studio MAX tutti i dati di animazione sono gestiti da oggetti detti controller che
memorizzano i valori dell’animazione ed eseguono l’interpolazione da un valore all’altro.
3DS MAX contiene diversi controller. Per ottenere esattamente l’animazione desiderata
è necessario conoscerne le differenze, il modo di operare, il tipo di controller da utilizzare
in una certa situazione e il modo in cui regolarne la funzionalità.
A questo scopo il presente capitolo descrive l’utilizzo dei controller di 3DS MAX,
trattando gli argomenti che seguono:
■ scelta del tipo controller;
■ controller a parametro unico e controller composti;
■ controller parametrici e controller basati su chiavi;
■ tipi di dati dei controller;
■ tipi di interpolazione dei controller basati su chiavi;
■ Figura 24.1
I parametri e i controller
di default associati a un
parallelepipedo con mappa
texture.
■ Figura 24.2
La finestra di dialogo
Replace Position
Controller nell’Editor
tracce.
Per cambiare il controller del parametro di un oggetto nel pannello Motion, eseguire le
operazioni che seguono:
1. selezionare l’oggetto e aprire il pannello MOTION;
2. fare clic su Parameters e aprire la tendina Assign Controller (figura 24.3);
3. selezionare il parametro e fare clic su Assign Controller;
4. selezionare il controller scelto nella finestra di dialogo REPLACE CONTROLLER e
poi fare clic su OK.
■ Figura 24.3
La tendina Assign
Controller nel pannello di
comandiMotion.
Se il controller selezionato come default per un tipo di dati è parametrico (per esempio un
controller Path o Noise) non è possibile impostare o cambiare interattivamente i valori relativi
ai parametri che usano quel tipo di dati. Se per esempio viene impostato il controller Position
Expression come controller posizione di default, tutti gli oggetti nuovi vengono creati all’origine
del sistema globale e non possono essere spostati interattivamente. Quando viene cambiato il
tipo di controller relativo a un parametro, 3DS MAX converte, ove possibile, tutti i dati di
animazione esistenti nel formato richiesto dal nuovo controller. Passando da un controller
basato su chiavi a un altro dello stesso tipo, i dati di animazione vengono conservati. Se però la
conversione avviene da o verso un controller parametrico, i dati andranno perduti.
3D Studio MAX non consente di cambiare controller per diversi parametri: Ease Curves,
Morph, punti di controllo di deformazione loft e modificatori gizmo Center Positions.
Controller
I controller possono essere classificati in vari modi: a seconda che siano a parametro unico
o composti, parametrici o basati su chiavi, per tipo di dati e per tipo di interpolazione. Nei
paragrafi che seguono verranno descritte le differenze tra controller per ogni tipo di
classificazione.
■ Figura 24.4
Un esempio di controller
composti nidificati.
Controller
Controller
con parametro
composti
singolo
■ Figura 24.5
La finestra di dialogo
Noise Rotation Controller
Properties.
I dati Position e Scale sono casi particolari di Point3 e possono essere considerati dello
stesso tipo tranne quando vengono assegnati i controller. L’unica differenza tra questi
consiste nel fatto che per Position e Scale è disponibile un tipo di interpolazione Linear
particolare, mentre non lo è per Point3.
3DS MAX utilizza la matematica dei quaternioni per controllare la rotazione. La
matematica dei quaternioni (utilizzata da quasi tutti i sistemi di animazione per oggetti come
cinepresa e rotazioni) è polare, perché utilizza un vettore a tre componenti e un angolo/
scalare). Questa matematica nacque nei primi anni del XIX secolo e fu sviluppata per
risolvere il problema del blocco della sospensione cardanica sui grandi velieri. Da essa si
ottengono risultati di interpolazione regolare per le rotazioni laddove invece le soluzioni
matriciali (rotazioni X, Y, Z distinte) danno risultati irregolari.
Il tipo di dati Rotation consiste di valori a quattro componenti richiesti dalla matematica
dei quaternioni: i valori X, Y, Z di un vettore unità e l’angolo di rotazione intorno al
vettore unità.
Il tipo di dati Color è un caso particolare del tipo Point3. L’output proveniente dai
controller Point3 può avere qualsiasi intervallo di valori. L’output dei controller Color è
limitato entro un intervallo compreso tra 0 e 255.
Evidenziate le differenze tra le varie classi di controller, nei prossimi paragrafi verranno
descritti i tipi di controller principali.
■ Figura 24.7
Le finestre di dialogo Key
Info dei controller Bézier
Float, Scale e Color.
Controller di Bézier
L’interpolazione di Bézier tra due chiavi si basa sui valori chiave e tangente nelle chiavi.
È possibile regolare i valori tangente facendo clic con il tasto destro del mouse su una
chiave, in modalità Edit Key o Function Curve dell’Editor tracce. Comparirà la finestra di
dialogo K EY INFO dove è possibile modificare i valori. Per i controller connessi a
trasformazioni a livello di oggetto, i valori tangente possono essere regolati anche nella
tendina Key Info del pannello di comandi MOTION. 3DS MAX fornisce cinque tipi di
tangente predefiniti e un tipo personalizzato. Per selezionare il tipo di tangente, utilizzare
il menu a bandierina Key Tangent nella finestra di dialogo KEY INFO. La figura 24.9 mostra
una finestra di dialogo KEY I NFO con il menu a bandierina Key Tangent aperto. Nell’esem-
pio che segue viene mostrato l’effetto di ognuno dei tipi di tangente sul moto di un
oggetto. La scena è costituita da una sfera che si muove su un percorso circolare. Due
forme spline mostrano come sarebbe il percorso se il percorso seguito fosse circolare o
lineare. Nel corso dell’esempio la posizione della sfera in una chiave è sempre la posizione
indicata dalla chiave e il tempo associato a una chiave non cambia mai.
■ Figura 24.9
Il menu a bandierina Key
Tangent della finestra di
dialogo Bézier Key Info.
Smooth
Linear
Step
Fast
Slow
Custom
■ Figura 24.10
Apertura della finestra di
dialogo Key Info dall’Editor
tracce.
■ Figura 24.11
Traiettoria della sfera con
un tipo di tangente Linear.
■ Figura 24.12
Traiettoria della sfera con
un tipo di tangente Fast.
■ Figura 24.13
Traiettoria della sfera con
un tipo di tangente Fast.
11. Impostare la tangente in uscita sul tipo Custom. La tangente in entrata viene
automaticamente trasformata in tipo Custom. Nell’Editor tracce selezionare
tutti i punti chiave relativi a questa chiave (fotogramma 25).
Su ogni punto chiave vengono mostrate le maniglie della tangente in entrata
e in uscita. Le tangenti relative a questa chiave possono essere regolate
spostando le maniglie in basso o in alto, oppure regolandone i valori nella
sezione Advanced della finestra di dialogo KEY INFO.
12. Fare clic e trascinare una maniglia tangente.
Quando una maniglia viene spostata, l’altra si muove nella direzione oppo-
sta. La forma della curva passante per la chiave cambia con la regolazione
della maniglia. Un esempio di regolazione di maniglia tangente, e la traietto-
ria risultante, è illustrato nella figura 24.14.
13. Fare clic su Advanced nella finestra di dialogo KEY INFO e regolare un valore
di entrata o di uscita: ancora una volta variano entrambe le maniglie.
14. Sbloccare le maniglie facendo clic sull’icona di blocco che si trova tra le
caselle dei valori di entrata e di uscita. Regolare il valore di entrata o di
uscita: si muoverà solo una maniglia.
Controller TCB
I controller che utilizzano il tipo di interpolazione TCB interpolano tra le chiavi in base
ai parametri TCB relativi a ogni chiave. I parametri TCB possono essere regolati facendo
clic con il tasto destro del mouse su una chiave, in modalità Edit Key o Function Curve
dell’Editor tracce. Comparirà la finestra di dialogo K EY I NFO dove è possibile modificare
i valori. Per i controller connessi a trasformazioni a livello di oggetto, i parametri TCB
possono essere regolati anche nella tendina Key Info del pannello di comandi MOTION .
Nell’esercizio che segue viene illustrato l’effetto della variazione di ciascun parametro
TCB sul moto dell’oggetto. La scena è costituita da una sfera che si muove su un percorso
circolare. Due forme spline mostrano come sarebbe il percorso se il percorso seguito fosse
circolare o lineare. Nel corso dell’esempio la posizione della sfera in una chiave è sempre
la posizione indicata dalla chiave e il tempo associato a una chiave non cambia mai.
■ Figura 24.15
Traiettoria della sfera con
parametri TCB di default.
■ Figura 24.16
Traiettoria della sfera con
un valore Ease To uguale
a 50.
■ Figura 24.17
Traiettoria della sfera con
valori di Ease To e Ease
From uguali a 50.
■ Figura 24.18
Traiettoria della sfera con
un valore Tension uguale
a 50.
■ Figura 24.20
Traiettoria della sfera con
un valore di Continuity
uguale a 50.
■ Figura 24.21
Traiettoria della sfera con
un valore di Continuity
uguale a 0.
■ Figura 24.23
Traiettoria della sfera con
un valore di Bias uguale a
0.
Controller parametrici
3DS MAX fornisce due tipi di controller parametrici: i controller Noise e Expression. Nella
tabella 24.3 compaiono i tipi di controller parametrici e il tipo di dati con i quali possono
essere utilizzati.
Ogni combinazione di tipo parametrico e dati viene realizzata da un controller unico.
All’interno di un gruppo di controller di un dato tipo parametrico non cambia il modo in
cui vengono indicati i parametri relativi ai controller.
■ Figura 24.24
Le finestre di dialogo
Properties dei controller
Noise Float e Position.
È possibile utilizzare un controller List con un controller Noise e un controller basato su chiavi
come input per controllare il punto centrale del risultato. Disattivare le opzioni >0 in Noise e
quindi creare una chiave per il controller basato su chiavi il cui valore corrisponderà con il
punto centrale desiderato.
Le caselle Ramp In (in entrata) e Ramp Out (in uscita) smorzano la quantità di disturbo
all’inizio e alla fine dell’intervallo. Questo smorzamento non è lineare; è equivalente a una
curva di Bézier. Per un Ramp In la curva è definita dai vertici di Bézier fissati sul tempo
0 al tempo indicato nella casella Ramp In, e i vertici hanno velocità di interpolazione uguale
a 0. La figura 24.25 mostra la curva relativa a un valore Ramp In uguale a 10. La forma di
questa curva non è regolabile.
■ Figura 24.25
La forma di una curva
Ramp In del controller
Noise.
Le caselle Ramp In e Ramp Out hanno una funzionalità simile a quella di Multiplier Curve
applicata al controller Noise. Un’interessante conseguenza di ciò consiste nel fatto che, se
l’opzione >0 è attiva e viene indicato un valore di Ramp In, il valore di output del controller
è 0 al tempo 0 invece del punto mediano di Strength/2.
■ Figura 24.26
Assegnazione di un angolo
di curvatura di 180 gradi
lungo l’asse Z.
7. Fare clic con il tasto destro del mouse su Height Segments e scegliere Properties
dal menu a comparsa. Comparirà la finestra di dialogo EXPRESSION
CONTROLLER.
8. Prima di tutto creare una variabile scalare per definire il numero minimo di
segmenti da attribuire al cilindro: nella casella Name della sezione Create
Variables, digitare HSMin, verificare che sia selezionato Scalar e fare clic su
Create. Fare clic su Assign to Constant, impostare il valore su 2 e fare clic su
OK.
9. In seguito creare una variabile scalare per definire il numero massimo di
segmenti da attribuire al cilindro: nella casella Name della sezione Create
Variables, digitare HSMax, verificare che sia selezionato Scalar e fare clic su
Create. Fare clic su Assign to Constant, impostare il valore su 14 e fare clic su
OK.
10. A questo punto creare una variabile scalare di riferimento per l’angolo di
piega che sarà applicato al cilindro. Nella casella Name della sezione Create
Variables, digitare BendAngle, verificare che sia selezionato Scalar e fare clic
su Create. Fare clic su Assign to Controller e nella finestra di dialogo TRACK
VIEW PICK che compare, selezionare il parametro Angle sotto Bend. Fare clic
su OK. La figura 24.28 mostra la finestra di dialogo EXPRESSION CONTROLLER e
la finestra di dialogo TRACK VIEW PICK in questa fase.
11. Infine inserire l’equazione da calcolare. Nella finestra EXPRESSION digitare
HSMin+(BendAngle/180)*(HSMax-HSMin) e fare clic su Evaluate. La
figura 24.29 mostra la finestra di dialogo EXPRESSION CONTROLLER in questa
fase.
12. Spostare o ridimensionare le finestre di dialogo TRACK VIEW ed EXPRESSION
CONTROLLER in modo tale da rendere visibile la vista Perspective e attivare
È possibile scendere lungo l’elenco del modificatore e osservare la variazione del numero di
Height Segments nel corso dell’animazione. È anche possibile cambiare i valori assegnati a
HSMin e HSMax nell’espressione e osservare l’effetto delle modifiche nel corso dell’animazione.
■ Figura 24.28
Le finestre di dialogo
Expression Controller e
Track View Pick.
■ Figura 24.29
La finestra di dialogo
Expression Controller con
l’equazione che stabilisce
il numero di segmenti del
cilindro in base all’angolo
di piegatura.
Controller composti
Come anticipato, i controller composti assumono come input l’output di controller
subordinati e quindi combinano questi dati con i dati di parametro associati al controller,
gestiscono i dati e inviano il risultato. 3DS MAX fornisce due controller composti a livello
di trasformazione (i controller Position/Rotation/Scale e LookAt), un controller che combina
rotazioni intorno agli assi singoli (il controller di rotazione XYZ euleriani), un controller
per spostare un oggetto lungo una spline (il controller di posizione Path) e un controller
che somma i risultati dei suoi controller di input (il controller List).
Il modo in cui i valori provenienti dai controller subordinati vengono utilizzati da un
controller a livello di trasformazione dipende dal fatto che il controller sia assegnato a
Controller Position/Rotation/Scale
Il controller di trasformazione Position/Rotation/Scale (PRS) combina l’output proveniente
dai controller di posizione, rotazione e scala (figura 24.30). L’output del controller PRS
è la matrice di trasformazione utilizzata internamente da 3DS MAX. Il controller PRS può
solo essere usato nelle tracce di trasformazione di oggetti e gizmo modificatori.
Al controller PRS non sono associati dati di proprietà regolabili dall’utente.
■ Figura 24.30
Esempi di controller
trasformazione Position/
Rotation/Scale e relativi
controller di input.
Controller LookAt
Il controller di trasformazione LookAt combina l’output proveniente dai controller di
posizione, rollio (un tipo di dati flottanti) e scala (figura 24.31). L’output del controller
PRS è la matrice di trasformazione utilizzata internamente da 3DS MAX. Il controller
LookAt può essere utilizzato solo come controller di trasformazione per oggetti e non per
modificatori.
■ Figura 24.31
Un controller
trasformazione LookAt e
relativi controller di input.
Il controller LookAt fa ruotare un oggetto in modo tale che il suo asse Z locale negativo
punti sempre verso il punto di rotazione di un altro oggetto. Il parametro di rollio indica
l’angolo di rollio dell’oggetto intorno al proprio asse Z locale.
L’oggetto di destinazione a cui puntare è indicato come parametro del controller LookAt.
L’oggetto destinazione del controller LookAt può essere impostato e visualizzato solo
■ Figura 24.32
La tendina LookAt del
controller di
trasformazione LookAt nel
pannellodicomandi
Motion.
Controller Path
Il controller Path posiziona un oggetto in modo tale che il punto di rotazione dell’oggetto
sia posto su una spline. Inoltre viene creato un parametro subordinato al controller Path
detto Percent (figura 24.33). Il parametro Percent indica la posizione sulla spline da
utilizzare in un particolare istante. Il valore di Percent è impostato automaticamente su 0
all’inizio dell’intervallo di tempo attivo e su 100 alla fine di esso.
La spline da utilizzare come percorso è indicata come parametro del controller Path. La
spline di percorso del controller Path può essere impostata e visualizzata solo nella
sezione Parameters del pannello di comandi MOTION . La tendina Path Parameters del
pannello di comandi MOTION compare nella figura 24.34. Se la forma selezionata contiene
■ Figura 24.33
Un controller di posizione
Path e relativi controller di
input.
■ Figura 24.34
La tendina Path
Parameters del controller
di posizione Path nel
pannellodicomandi
Motion.
■ Figura 24.35
Le dimensioni relative del
cono e dell’ellisse.
■ Figura 24.37
La posizione e
l’orientamento del cono
quando è attiva Follow e
disattiva Bank.
■ Figura 24.38
La posizione e
l’orientamento del cono
quando sono attive sia
Follow sia Bank.
Creazione di una miccia accesa con una Loft Scale animata, un sistema
di particelle e un controller Path
1. Caricare il file ch24_3.max dalla cartella Chapter 24 del CD e attivare l’anima-
zione.
2. Selezionare l’oggetto fittizio (Dummy).
3. Scegliere MOTION, Trajectories, Convert From, impostare Samples su 11 e
selezionare FusePath come spline.
4. Selezionare il controller di posizione per Dummy nell’Editor tracce, fare clic
su Function Curves e fare clic su una delle curve di funzione mostrate
nell’Editor tracce per la posizione di Dummy.
La figura 24.39 mostra la finestra TOP e le curve di funzione della posizione
di Dummy nell’Editor tracce. Nella vista Top la traiettoria relativa a Dummy è
azzurra e ci sono 11 chiavi posizione, poste a 10 fotogrammi di distanza l’una
dall’altra. I punti sulla traiettoria indicano gli incrementi di fotogrammi. Il
numero di incrementi tra le chiavi posizione è costante e gli incrementi non
sono distribuiti uniformemente tra le chiavi posizione. Benché questo non sia
il percorso che Sparks deve seguire, può essere utilizzato per dimostrare
l’effetto della modifica della traiettoria per una velocità costante.
5. Nel pannello di comandi MOTION fare clic su Sub-Object e selezionare tutte le
chiavi posizione della traiettoria nella finestra Top.
6. Fare clic con il tasto destro del mouse sulle chiavi posizione, scegliere Key
Info e fare clic su Advanced (figura 24.40).
7. Attivare [Constant Velocity].
Gli incrementi di fotogrammi tra una chiave posizione e quella successiva
sono distribuiti uniformemente. Le chiavi posizione sono ancora posizionate
ogni 10 fotogrammi fanno ancora riferimento alla stessa collocazione. Come
risulta dall’Editor tracce, è cambiata solo la curvatura tra chiavi.
8. Disattivare [Constant Velocity] e fare clic su Normalize Time.
Le chiavi posizione fanno ancora riferimento alla stessa collocazione ma il
tempo associato a ciascuna di esse è cambiato in base alla loro distanza. Ci
sono più incrementi di fotogrammi nei segmenti più grandi che in quelli più
piccoli. La velocità tra le chiavi posizione non è costante.
■ Figura 24.40
La finestra di dialogo
Advanced Key Info.
■ Figura 24.42
Le curve di funzione di
Curva di posizione relative
rotazione Y all’oggettoBox01.
Curva di
rotazione X
6. Fare clic con il tasto destro del mouse sulla prima chiave per visualizzare la
finestra di dialogo KEY INFO.
7. Impostare la tangente in uscita sul tipo Step per la prima chiave.
8. Impostare la tangente in entrata sul tipo Step per la quarta chiave.
9. Attivare l’animazione.
Non avviene rotazione intorno all’asse Y prima del fotogramma 25 o dopo il
fotogramma 75, La rotazione intorno all’asse Z è ancora regolare.
Controller List
I controller List vengono utilizzati per combinare i risultati di vari controller. Per esempio
è possibile aggiungere disturbo a un movimento predefinito assegnando un controller
List al parametro desiderato e aggiungendo un controller Noise come input del controller
List. Questo controller consente anche di aggiungere interattivamente un movimento a
■ Figura 24.43
La posizione delle chiavi
sulla Function Curve di
Path Percent.
■ Figura 24.44
L’Editor tracce e due viste
della scena.
Controller espressione
I controller espressione calcolano espressioni matematiche definite dall’utente per
stabilire i valori di output. I controller espressione possono essere applicati a quasi tutti
i parametri animabili di 3DS MAX. Un controller di questo tipo può accedere agli output
degli altri controller e quei valori possono essere utilizzati nell’espressione. Anche il
punto sulla retta del tempo per il quale l’espressione deve essere calcolata è disponibile
in varie forme. Viene fornita una serie di funzioni intrinseche da utilizzare nelle
espressioni.
■ Figura 24.45
Un campione di finestra di
dialogoExpression
Controller.
■ Figura 24.46
La finestra di dialogo
Track View Pick.
Per stabilire quali sono i valori di output reali di un controller, animare il parametro in un
intervallo dei suoi valori. Creare un oggetto Point e assegnare un controller Expression al suo
parametro posizione. Utilizzare l’equazione [inp,inp,inp] e assegnare il controller interessato
alla variabile scalare inp. I valori di output reali del controller possono essere visualizzati
attraverso la curva di funzione della posizione dell’oggetto Point.
Un altro elemento di cui tenere conto è il fatto che i limiti assegnati da 3DS MAX ad alcuni
parametri sono applicati solo durante l’inserimento dei dati. Poiché i controller Expression
aggirano questa fase i limiti non vengono sempre messi in atto. Ne è un esempio il FOV
della cinepresa: questo è limitato a 175 gradi durante l’inserimento dei dati ma un
controller Expression può fornire qualsiasi valore. Nonostante costituisca di rado un
problema irrisolvibile, il fatto che i controller Expression inviino valori fuori intervallo può
provocare risultati inattesi. È opportuno verificare i limiti presenti in un parametro e
rispettarli.
■ Figura 24.48
L’equazioneLookAt_Zdel
controller Expression.
12. Selezionare MyPos nella colonna Vector, fare clic su Assign to Controller e
scegliere la traccia di posizione relativa all’oggetto fittizio.
13. Scegliere TargetPos nella colonna Vector, fare clic su Assign to Controller e
scegliere la traccia di posizione relativa alla cinepresa.
14. Fare clic su Close, attivare la finestra della cinepresa e attivare l’animazione.
Un altro controller espressione viene fornito nel file Lookat_x.xpr. La figura 24.49 mostra
l’equazione Lookat_X. Utilizzando tale equazione per controllare la traccia X Rotation di
un oggetto e l’equazione Lookat_Z per controllare la traccia Z Rotation, l’asse -Z
dell’oggetto punterà sempre verso l’oggetto destinazione. Una scena esemplificativa,
ch24_8.max che si trova nel CD, mostra due oggetti: uno utilizza il controller LookAt e
l’altro le espressioni di cui sopra.
■ Figura 24.49
L’equazione Lookat_X del
controller Expression.
■ Figura 24.50
Viste della scena che
mostrano il cilindro con
fossetta.
2. Aprire l’Editor tracce, fare clic su Filters e attivare [Show Controller Types].
3. Espandere le tracce (figura 24.51).
4. Selezionare il controller di posizione Path su Sphere e fare clic su Copy
Controller.
5. Selezionare il controller di posizione sul gizmo Displace di Cylinder.
6. Fare clic su Paste Controller e scegliere <Paste as Instance>.
7. Selezionare il controller di posizione sul gizmo Displace, fare clic su Assign
Controller e scegliere <Position List>.
■ Figura 24.52
La finestra di dialogo
Expression Controller e
l’equazione relativa al
colore diffuso del
parallelepipedo.
Riepilogo
■ Controller di rotazione. Nel caso si presenti spesso per un oggetto la neces-
sità di modificare rotazioni con keyframe, utilizzare il controller di rotazione
XYZ euleriano invece del controller di rotazione TCB. Il controller XYZ
euleriani visualizzerà le curve di funzione nell’Editor tracce consentendo di
modificare la rotazione intorno a ciascuno degli assi dell’oggetto.
■ Controller List. I controller List sono utilizzati per combinare il risultato di
diversi controller. Utilizzando in controller List è possibile costruire una
gerarchia di movimenti dell’oggetto, così come si costruisce una gerarchia di
modificatori di oggetti.
■ Controller espressione. L’intervallo di valori inviato da un’espressione deve
corrispondere all’intervallo relativo al parametro a cui è applicato il
controller.
■ Controller istanziati. I controller istanziati consentono di utilizzare l’output
di un singolo controller come input di diversi parametri. La modifica del
valore di un parametro si riflette negli altri, che utilizzano il nuovo valore.
Combinando controller istanziati e controller List, è possibile generare
complesse interazioni fra controller.
In una scena potrebbe essere necessario simulare la polvere che vola, il fumo o la pioggia.
In 3DS MAX, è possibile produrre tali condizioni tramite sistemi di particelle. Tale sistema
è un insieme di particelle che una volta emesse sono in grado di produrre diversi effetti
realistici.
In 3D Studio MAX, i sistemi di particelle sono oggetti e le particelle emesse sono di fatto
sub-oggetti. È possibile animare un sistema di particelle come un insieme o regolare le
proprietà del sistema di particelle per controllare il comportamento di ogni singola
particella.
3D Studio MAX fornisce due sistemi di particelle: Spray e Snow. Spray è utilizzato per
simulare oggetti come la pioggia dove ogni particella cade nella stessa direzione ed è
orientata nello stesso modo. Snow è utilizzato per animare oggetti che si comportano in
modo simile alla neve: che cade e di solito volteggia dolcemente.
Entrambi i sistemi di particelle hanno molte proprietà in comune, ma contengono anche
controlli specifici per il tipo di sistema utilizzato. In questo capitolo, verrà illustrato il
comportamento di entrambi i sistemi e il modo in cui controllarne le singole proprietà per
ottenere anche altri effetti oltre allo spruzzo o alla neve. In particolare, il capitolo
affronterà i seguenti argomenti:
■ parametri per i sistemi di particelle Spray e Snow;
■ Figura 25.1
Il sistema di particelle
Spray e Snow del pannello Crea categoria
CREATE . Crea sottocategoria
■ Figura 25.2
Spray creato sulla griglia Spray creato su oggetto griglia L’emittente creata sulla
griglia base (sinistra) e su
un oggetto griglia
(destra).
Quando si utilizzano oggetti griglia, è consigliabile non creare oggetti in un quadrante parallelo
alla superficie della griglia. In caso contrario, l’oggetto sarà creato all’infinito rendendo difficile
la navigazione tra i quadranti.
Conteggio particelle
Spray e Snow forniscono due parametri per specificare il numero di particelle: il parametro
Viewport Count. Questo valore influisce solo sul numero di particelle visualizzate nei
quadranti. È possibile inserire un numero da 0 a 1.000.000.000 anche se quest’ultimo
valore è poco significativo.
Lo scopo principale del parametro Viewport Count è ottimizzare il modo in cui 3DS MAX
ridisegna i quadranti. Un numero elevato di particelle rallenta notevolmente gli aggior-
namenti della finestra. La lentezza è particolarmente evidente quando si riproduce
un’animazione nel quadrante. È consigliabile tenere questo valore al minimo necessario
per garantire una rappresentazione accurata delle particelle.
L’altro parametro è Render Count. Questo valore influisce solo sul rendering del numero
di particelle e non ha alcun effetto sul numero di particelle dei quadranti. Questo valore
è di solito più elevato perché il segreto è la qualità del rendering e non l’interattività.
I sistemi di particelle sono figure geometriche. Contengono facce e vertici come qualsiasi
altro oggetto. Quindi, maggiore è il conteggio del quadrante o del rendering, più lenta
diventa la scena. È possibile utilizzare piccoli conteggi particelle e ottenere lo stesso
un’ottima qualità dei risultati. Avere il controllo dei conteggi particelle è fondamentale
per accelerare il rendering.
Velocità e variazioni
Speed imposta la velocità di ogni particella. Il valore velocità utilizza il proprio sistema
di unità per modificare la posizione della particella nel tempo. Con una velocità di 1, una
particella si sposta approssimativamente di 10 unità in 25 fotogrammi. Il valore predefinito
di 10 significa che una particella si sposta di 10 unità in 2,5 fotogrammi. Qualsiasi
variazione maggiore di 0 annulla tale equazione.
La variazione controlla le dimensioni e la direzione. Il valore predefinito, 0, produce un
flusso costante di particelle che viaggiano nella stessa direzione del vettore direzionale
dell’emittente. Se si aumenta la variazione, prima di tutto la velocità delle particelle
Per fare in modo che le particelle si muovano in ogni direzione, utilizzare valori maggiori del
valore specificato per la velocità.
Rappresentazioni di finestre
È possibile visualizzare le particelle in modi diversi: come Drops (gocce) con Spray o Flakes
(fiocchi) con Snow come Dots (punti) o Ticks (figura 25.3). Quando si utilizza Drops, le
particelle sono rappresentate come lineette che aumentano o diminuiscono di dimensione
a seconda del valore Drop Size. Quando si utilizza Flakes, le particelle sono rappresentate
come stelle a 14 punte che aumentano o diminuiscono di dimensione a seconda del valore
Size. Le impostazioni Size rappresentano più accuratamente le dimensioni di rendering di
una particella.
I punti appaiono come un unico pixel nella finestra, a prescindere dalle dimensioni della
goccia o del fattore zoom. Utilizzare Dots quando non si desidera riempire le finestre di
figure geometriche inutili.
Nella finestra le Tick appaiono come mirini grandi 5x5 pixel. Come i Dot, a prescindere
dal valore dello zoom, le tick rimangono sempre della stessa dimensione. Le tick
funzionano bene con lo zoom avanti perché in questo modo è possibile vedere facilmente
ogni particella. Più lo zoom è indietro, più le particelle sembrano ammucchiate. In tal caso,
è consigliabile utilizzare Dots.
■ Figura 25.3
Drops Dots Ticks I tre metodi di
visualizzazione dei sistemi
di particelle per Snow.
Un’area con lo zoom in
avanti mostra i
particolari. È importante
notare come i metodi di
visualizzazione Dots e
Area ingrandita Ticks sembrano
cambiare in ogni vista.
Tutti i metodi di visualizzazione delle particelle si ridisegnano nelle finestre alla stessa velocità.
Per una riproduzione più rapida delle particelle, diminuire il valore Viewport Count.
Assegnazione materiale
Poiché in 3D Studio MAX, le particelle sono oggetti, l’assegnazione materiale avviene
sempre a livello oggetto. Quando si assegna un materiale a un oggetto particella, tutte le
particelle utilizzano lo stesso materiale. Se si desidera che un oggetto particella a spruzzo
emetta particelle con materiali diversi, è possibile utilizzare un materiale Multi/Sub-
Object. Ogni particella riceve un materiale a seconda del numero. Il conteggio delle
particelle parte da 0 mentre i materiali da 1. Per esempio, la quinta particella a essere
emessa riceverà il materiale #1 da un materiale Multi/Sub-Object composto da cinque
materiali. L’assegnazione materiale Multi/Sub-Object funziona alla perfezione quando si
desidera creare modelli come i coriandoli colorati.
In Snow, gli oggetti a sei punte di fatto utilizzano due ID del materiale invece di uno; è quindi
possibile assegnare materiali diversi a ogni lato di una particella a sei punte.
Start e Life
Il valore Start imposta il fotogramma da cui l’emittente comincerà a inviare le particelle.
È possibile scegliere qualsiasi numero di fotogramma, compresi quelli negativi. Utilizzare
fotogrammi negativi quando si desidera che le particelle appaiano sullo schermo nel
fotogramma 0.
Il valore Life imposta la durata in fotogrammi di ogni particella ed è assegnato
individualmente a ogni particella. Con questo valore, si specifica la durata dell’esistenza
di una particella prima di essere distrutta. Impostare questo valore nell’ultimo fotogram-
ma dell’animazione se si desidera che la particella sia sempre presente nella scena.
Se si desidera che il numero totale di particelle nelle caselle dei conteggi sia presente nel
fotogramma 0, impostare il fotogramma di partenza delle particelle su un valore Life negativo.
L’animazione della velocità di creazione attraverso l’opzione [Step In/Out] per le chiavi
nell’Editor tracce produce esplosioni controllate; se si utilizza l’assegnazione curva di default, si
otterrà un aumento/diminuzione graduale nelle velocità di creazione delle particelle.
■ Figura 25.5
I parametri di
temporizzazione di un
sistema di particelle. È
importante notare come i
valori correnti indichino al
sistema di particelle di
emettere piccole
esplosioni di particelle
invece che un flusso
costante.
Le grandi dimensioni funzionano molto bene per creare strisce di luce come effetti warp.
In tal caso, si utilizzeranno valori conteggio minori perché le particelle più grandi
occupano più spazio di quelle piccole e si “ammucchiano” se sono troppe, un fenomeno
che si verifica per i conteggi finestra e rendering.
È possibile animare Drop Size per simulare la crescita degli effetti striscia.
Se non si effettua il rendering della vista cinepresa, le facce punteranno in una direzione
arbitraria.
Mappatura
È molto facile assegnare materiali alle particelle. Hanno coordinate di mappatura e
funzionano bene con i tipi di materiale Multi/Sub-Object. I due paragrafi seguenti
mostrano come avviene la rottura della mappatura.
I tetraedri sono mappati con il tipo di mappatura cilindrico, con la V orientata verso la
lunghezza del tetraedro. L’origine della mappatura si trova alla base, la parte piatta, del
tetraedro. Se si desidera simulare una goccia che diventa più trasparente con una mappa
di opacità gradiente, il gradiente comincerà dal nero con un colore 1 per arrivare al bianco
con il colore 3, operazione contraria a quella predefinita per le mappe gradienti.
Le mappe anteriori sono inserite con tutte le estensioni nella mappatura piana. Se si
osserva la parte frontale di una particella anteriore nella finestra con l’emittente orientata
in direzione capovolta, la V sarà posta verticalmente nella finestra; comunque, la V ha
l’orientamento esattamente opposto per i tipi di rendering anteriori. L’esempio prece-
dente di una mappa gradiente deve essere quindi rovesciato.
Utilizzare il filtro Glow e gli effetti luce Volume per creare il bagliore sulle scintille e sulla miccia.
Luce
volumetrica
Particella
spray con
mappa
gradiente
Dimensione fiocco 2
Le grandi dimensioni funzionano molto bene per creare fiocchi di neve o effetti
coriandolo. In tal caso, si utilizzeranno valori conteggio minori perché le particelle più
grandi occupano più spazio di quelle piccole e si “ammucchiano” se sono troppe, un
fenomeno che si verifica per i conteggi finestra e rendering.
Materiali e mappatura
Come accennato in precedenza, è molto facile assegnare materiali alle particelle. Hanno
coordinate di mappatura e funzionano bene con i tipi di materiale Multi/Sub-Object. I
paragrafi seguenti mostrano cosa fare.
Le particelle a sei punte sono automaticamente mappate con una mappatura piana alle
estensioni della particella. La mappatura è assegnata come se il Six-Point fosse di fatto un
quadrato da cui è stata ritagliata una stella a sei punte.
La mappatura piana si assegna anche alle mappe triangolo, come per Six-point; dalla
mappa però è ritagliata una figura triangolare invece di una stella a sei punte.
Le mappe anteriori sono inserite con tutte le estensioni nella mappatura piana. Se si
osserva la parte frontale di una particella anteriore nella finestra con l’emittente orientata
in direzione capovolta, la V sarà posta verticalmente nella finestra; comunque, la V ha
l’orientamento esattamente opposto per i tipi di rendering anteriori. La figura 25.8
illustra il funzionamento della mappatura sulle particelle neve.
■ Figura 25.8
I tipi di rendering del Six Point Triangle Facing
sistema di particelle
Snow. La stessa mappa è
utilizzata per tutti e tre gli Materiale
esempi, ma l’applicazione (DAISY.TIF)
è diversa a seconda
dell’oggetto di rendering.
Altre particelle
L’ultima novità nell’estensibilità di 3D Studio MAX sono due sistemi di particelle plug-
in per 3D Studio MAX: Sand Blaster di Digimation e All Purpose di Sisyphus. Entrambi
i sistemi di particelle plug-in superano le funzionalità di Spray e Snow. In realtà, compiono
operazioni che numerosi generatori di particelle di fascia alta non riescono a eseguire. Se
Sand Blaster
Sand Blaster è un plug-in a sistema di particelle studiato per disintegrare letteralmente
gli oggetti in minuscole particelle. È possibile far esplodere le particelle nello spazio e fare
in modo che si ricompongano sotto forma di altri oggetti. Sand Blaster offre la possibilità
di esplodere un oggetto in minuscole particelle che a loro volta potrebbero essere oggetti.
In realtà, è possibile avere fino a 999 oggetti di transizione fra cui alternarsi prima di
riformare l’oggetto destinazione.
È possibile fare esplodere gli oggetti in diverse direzioni, far seguire loro un percorso o
farli volare a caso prima di riformarsi esattamente come erano prima.
Gravità
L’oggetto fontana contiene cinque iterazioni di spruzzo: uno spruzzo principale e quattro
spruzzi di corredo. È importante notare come gli spruzzi si comportino proprio secondo
le aspettative, non esiste una vera e propria dinamica. Sarebbe più naturale fare in modo
che lo spruzzo principale ricadesse su se stesso e che gli altri quattro si incurvino. Per
Poiché la gravità è piana, la posizione nello spazio non è importante. L’orientamento, in che
direzione è ruotata, è tuttavia importante. Controllare che punti verso il basso. La figura 25.9
mostra il risultato ottenuto dopo aver applicato la gravità agli oggetti spruzzo della fontana.
■ Figura 25.9
L’effetto di gravità sulla
Nessuna gravità; le particelle
fontana. È importante
vanno verso l’alto
notare come le particelle
si incurvano a causa del
Particelle influenzate dalla gravità vincolo gravità.
Deflector
Lo space warp Deflector aggiunge alla particelle il rilevamento collisione piana. Nell’eser-
cizio seguente, verrà creato un unico deflettore per evitare che le particelle attraversino
la fontana mentre cadono.
■ Figura 25.10
La fontana con la space
warp Deflector creata e
vincolata allo spruzzo. Nessun deflettore; le
particelle passano
Deflettore; le particelle
rimbalzano
Wind
Wind agisce come la gravità: è in grado di spingere e tirare le particelle verso l’icona, ma
può inoltre fare in modo che una turbolenza devii la traiettoria delle particelle. Per
riprodurre l’effetto che il vento ha sugli spruzzi di una fontana, è possibile utilizzare Wind.
Poiché si desidera che il vento abbia origine lateralmente, è necessario creare il vento nella
finestra di sinistra. Poi, vincolare lo spruzzo principale al vento. Le particelle saranno
immediatamente soffiate lateralmente. Se si desidera ricreare l’effetto del vento che
soffia, è possibile animare l’intensità del vento e i parametri turbolenza. La figura 25.11
mostra il risultato finale ottenuto applicando alla fontana la forza di gravità, il deflettore
e il vento.
1. Fare clic sul pulsante Wind nel pannello C REATE.
2. Fare clic e trascinare uno space warp Wind a partire dal centro del quadrante
di sinistra. (Le dimensioni dell’icona sono irrilevanti.)
3. Fare clic sul pulsante Bind e vincolare alla fontana solo lo spruzzo centrale.
È possibile eseguire esperimenti con i valori vento per generare diversi stili di vento.
Provare ad animare il valore vento soffiando gradualmente sullo spruzzo della fontana.
Riepilogo
■ Parametri simili. Entrambi i sistemi di particelle forniti con 3DS MAX hanno
diversi parametri in comune. È importante ricordare che entrambi i sistemi
di particelle utilizzano questi parametri esattamente nello stesso modo. Se si
è capaci di lavorare con un sistema, quasi automaticamente si è capaci di
utilizzare anche l’altro.
■ Spray e Snow. Spray e Snow hanno caratteristiche esclusive che li rendono
uno più adatto dell’altro per creare effetti particolari. Utilizzare Spray per
creare effetti dove le particelle devono mantenere una direzione e un orien-
tamento costanti. Snow funziona meglio con le particelle dove sono necessari
effetti volteggio delicati.
■ Emittente. Tutti i sistemi di particelle hanno origine da un punto, chiamato
emittente. È possibile animare l’orientamento, la posizione e le dimensioni
dell’emittente per creare effetti diversi. Poiché l’emittente è un oggetto, è
possibile anche utilizzare i controller di animazione di 3DS MAX, come
disturbo, per influenzarne il comportamento.
■ Materiali e particelle. 3DS MAX permette di assegnare a una particella
qualsiasi tipo di materiale. Per creare l’effetto ottico secondo il quale le
particelle appaiono di forme diverse, è importante ricordarsi di abbinare
diversi tipi di mappatura. Per esempio, utilizzare particelle anteriori con una
Il mondo della grafica tridimensionale è molto diverso da quello delle altre arti visive.
In fotografia la pressione di un pulsante è tutto ciò che serve per catturare un’immagine:
basta puntare l’obbiettivo e scattare. L’immagine viene registrata immediatamente. Con
i mezzi naturali, come per esempio la pittura a olio, un’immagine si sviluppa a partire da
linee approssimative fino all’opera finita attraverso un continuo ritocco dell’immagine
con il pennello. I fumetti, come per esempio le vignette dei giornali, vengono prima
disegnati a mano e poi passati a inchiostro per dare la colorazione finale. La creazione di
un’immagine con il computer è un processo completamente diverso: vengono creati dei
modelli, come avviene in un laboratorio di falegnameria. Poi vengono applicati i
materiali, e una semplice sfera diventa una palla di vetro o un pianeta del sistema solare.
L’oggetto poi viene illuminato e infine la scena viene rappresentata dal computer come
immagine, così come un grande pittore dipinge fedelmente ciò che vede davanti a sé.
Spesso la rappresentazione sembra semplice a prima vista ma non basta fare clic su Render
e sperare che tutto vada bene. Il tipo di output e l’uso che se ne fa sono elementi essenziali
di una rappresentazione efficace. In questo capitolo verranno trattate le immagini fisse,
e in particolare gli argomenti che seguono:
■ principi di rendering in 3D Studio MAX;
■ profondità colore e loro utilizzo;
■ Figura 26.1
Parametri Render comuni
in 3D Studio MAX.
La zona Time Output della finestra di dialogo RENDER seleziona i fotogrammi per il
rendering. Questo può consistere in un fotogramma fisso, nel segmento di tempo attivo,
in un intervallo specifico o in una stringa di fotogrammi specifici. Quando viene utilizzato
il segmento di tempo attivo o un intervallo specifico, è possibile effettuare il rendering
di ogni ennesimo fotogramma: per esempio può essere eseguito il rendering del decimo
fotogramma in un intervallo specifico. Ciò è spesso utile nel rendering di una progressio-
ne di fotogrammi che rappresentano quanto avviene nell’animazione.
Nella finestra di dialogo RENDER è disponibile anche una vasta gamma di impostazioni che
comprende [Video Color Check], [Super Black], [Fields] e [Force 2-Sided]. L’unica utile
in particolare per le immagini fisse è [Force 2-Sided]. Le altre sono impostazioni per video
e animazione, trattate nel capitolo 27. [Force 2-Sided] viene utilizzata per forzare il
rendering di tutti gli oggetti come oggetti a due lati. Pur essendo a volte utile,
specialmente con oggetti che hanno normali invertite, o ai quali mancano le facce
posteriori, questa funzione non deve essere utilizzata regolarmente perché l’uso di
materiali a due lati dà luogo a tempi di rendering più elevati.
Spesso l’effetto anti-aliasing contro lo sfondo deve essere evitato, soprattutto nella creazione di
una grafica che deve essere ritagliata dallo sfondo: due esempi sono la grafica sprite dei giochi
e i pulsanti nei progetti multimediali. Per disattivare l’anti-aliasing, aggiungere la riga
DontAntialiasAgainstBackground=1 sotto la zona [Renderer] nel file 3dsmax.ini. Se
[Renderer] non è elencato aggiungerla ugualmente.
Avvio di un rendering
Per avviare un rendering in 3DS MAX selezionare RENDERING, Render dalla barra dei menu
o, più direttamente, premere una delle tre icone collegate al rendering: Render Scene,
Quick Render o Render Last (figura 26.2).
■ Render Scene. Facendo clic sulla prima, Render Scene, si apre la finestra di
dialogo RENDER SCENE che consente di configurare la risoluzione, eseguire
l’output del nome file eccetera (fare riferimento alla figura 26.1). Questa
■ Figura 26.2
Icone e tipi di rendering di
una vista.
■ Quick Render. Per rendering test veloci la seconda icona, Quick Render
(MAIUSC+Q) è ancora più efficace: basta infatti fare clic una volta sola per
avere il rendering di qualsiasi finestra, indipendentemente dal tipo di
rendering utilizzato (per ulteriori informazioni, vedere il paragrafo “Tipi di
rendering”).
■ Render Last. L’ultimo e più rapido modo per eseguire il rendering di una
finestra consiste nell’utilizzare Render Last (MAIUSC+E), l’ultima icona a
destra. Render Last esegue sempre il rendering dell’ultima finestra e dell’ul-
timo tipo di rendering rappresentati. Risulta quindi più utile quando viene
utilizzata una sola finestra e nella regolazione dell’illuminazione o di texture.
Tipi di rendering
3D Studio MAX fornisce diverse opzioni per controllare la quantità di scena da
rappresentare. Tali opzioni sono disponibili sotto forma di cluster di tipi rendering nella
parte superiore destra dell’interfaccia. Esse comprendono la funzione di rendering di
View, Region, Blowup e Selected (figura 26.2). Nelle versioni precedenti e nella maggior
parte degli altri programmi è possibile effettuare il rendering solo di quanto visualizzato
nella finestra attiva.
■ Rendering della vista. Render View è il tipo di rendering più utilizzato perché
rappresenta l’intera finestra. È il più utile per i rendering finali.
■ Cattura di una finestra con Render Region. L’opzione Render Region consen-
te di rappresentare solo una sezione della scena. Risulta particolarmente utile
nella messa a punto dei parametri di mappa delle ombre, nella modifica di
materiali riflettenti o nella coordinazione di materiale e posizione mapping di
vari oggetti. Gli oggetti che proiettano ombre o sono riflessi sulla superficie
di un altro oggetto vengono ancora calcolati, anche se non ricadono nella
finestra di ritaglio di Render Region.
■ Ingrandimento di una vista. 3D Studio MAX consente l’allargamento di una
zona durante il processo di rendering, senza che sia necessario zumare la
finestra stessa. Ciò si verifica utilizzando Render Blowup. Tale funzione è
spesso utile per esaminare certe zone di una vista durante la regolazione di
luci o texture in una scena.
■ Rendering selettivo con Render Selected. La funzione di rendering di
oggetti selezionati costituisce prima di tutto un supporto per osservare gli
Profondità di colore
La profondità di colore (detta anche profondità di bit) indica il numero di colori contenute in
un’immagine generata dal computer. La natura non tiene conto dei colori disponibili ma
i computer lo devono fare. I computer devono convertire le informazioni di qualsiasi
genere in sequenze numeriche e quindi naturalmente devono numerare e memorizzare
i colori.
Nelle immagini generate dal computer vengono utilizzate comunemente diverse profon-
dità bit, come la tavolozza regolabile a 8 bit, la tavolozza fissa a 15 e 16 bit, le profondità
colore a 24 e 64 bit. Maggiore è il numero di bit più numerosi sono i colori disponibili. La
conoscenza della matematica reale di ogni profondità colore non è importante quanto
quella della quantità di colori contenuta in ogni profondità, con i relativi vantaggi e
svantaggi. Il capitolo 2 tratta dettagliatamente i vari tipi di profondità.
■ Tavolozza adattabile a 8 bit. Le immagini contengono solo 256 colori dello
spettro totale. I colori esatti possono ugualmente variare tra immagini diver-
se perché la tavolozza è adattabile in base all’immagine. La ridotta quantità
di colori non è sufficiente per visualizzare in modo realistico l’intero spettro
dei colori ma è veloce da caricare, visualizzare e il file corrispondente è di
piccole dimensioni.
■ Tavolozza fissa a 15 e 16 bit. Le immagini contengono 32.768 e 65.536 colori
rispettivamente. Queste profondità di bit sono meno diffuse di quelle a 8 bit
e a 24 bit ma sono un buon compromesso tra file di grandi dimensioni e
realismo del colore. La tavolozza fissa garantisce anche l’assenza di contrasti
nei colori utilizzati dalle immagini in colore a 15 o 16 bit: ciò risulta utile nei
giochi e nella produzione multimediale.
■ Colore a 24 bit. Questo tipo di immagine è il più diffuso. Contiene 16,7
milioni di colori, abbastanza per riprodurre fedelmente qualsiasi immagine
visibile a occhio nudo. L’animazione, per video o per pellicola, è quasi sem-
pre rappresentata in colore a 24 bit. I giochi però, insieme ad altri elaborati
di computer grafica, utilizzano meno spesso questo tipo di immagine a causa
delle grandi dimensioni del file e della lentezza dei tempi di visualizzazione.
Con lo sviluppo delle tecnologie di visualizzazione nella grafica dei compu-
ter, le immagini a 24 bit diventano sempre più importanti, anche per un gioco
con movimenti veloci.
■ Colore a 64 bit. Questo tipo di immagini è poco diffuso anche se è importan-
te per gli utenti di 3D Studio MAX perché questo programma esegue interna-
mente il rendering a 64 bit, per poi passare a profondità inferiori. Il colore a
64 bit non è visualizzabile sui normali schermi di computer ma viene utilizza-
to nella creazione delleffetto di superiore anti-aliasing analitico di 3D Studio
MAX. Questa profondità di bit, soprattutto se utilizzata con altre informazio-
Banding
Il banding è l’effetto che si verifica quando il numero di colori disponibili è troppo limitato
per rappresentare una transizione regolare da un colore a quello successivo. Queste
transizioni sono dette scale o gradienti e vengono utilizzate per ombreggiare una
geometria o quando viene scelto un materiale di sfondo gradiente in 3D Studio MAX.
Poiché i colori esistenti non bastano per rappresentare il gradiente in modo regolare,
questo viene diviso in poche strisce (band) larghe di colore che approssimano il gradiente.
La figura 26.3 mostra una sfera rappresentata contro uno sfondo gradiente. Sia la sfera
sia lo sfondo presentano un banding importante.
Le due tecniche principali per evitare il banding consistono nella selezione accurata del
colore e nell’evitare i gradienti. La selezione dei colori deve tenere conto del fatto che i
colori disponibili sono solo 256. Se i colori scelti della scena sono molto diversi, come nel
caso di diversi colori fondamentali o di tonalità completamente sature, ogni colore riceve
solo pochi slot della tavolozza per l’ombreggiatura dei colori e il banding è inevitabile.
Se invece la maggior parte dei colori viene scelta da una famiglia di colori con un colore
complementare come contrasto, i colori possono condividere molte ombre e il banding
viene ridotto.
L’eliminazione dei gradienti richiede il frazionamento della superficie della geometria.
Gli oggetti a tinta unita regolari subiscono maggiormente gli effetti del banding. L’unico
modo per rappresentare l’ombreggiatura sulla superficie di un oggetto regolare consiste
nell’utilizzare un gradiente al variare del colore da luminoso a scuro. Un modo per
frazionare la superficie ed evitare il banding è quello di utilizzare materiali mappati. Gli
oggetti del mondo reale, a parte il metallo colorato, non hanno superfici regolari e
uniformi: presentano invece rugosità, scanalature e venature. Le mappe di rugosità,
texture e le riflessioni accrescono il realismo della scena ma interrompono anche la
superficie riducendo il banding.
La figura 26.4 mostra un rendering che utilizza colori uniformi di tonalità molto diverse.
Il vaso è verde, la sfera è blu, il tavolo è marrone e nella scena si riscontra un effetto
banding. La figura 26.5 rappresenta la stessa scena in cui sono cambiati solo i materiali.
Il vaso è un marmo marrone rossiccio, la sfera un rame brillante e il tavolo ha la
composizione venata del legno. Il banding è difficilmente identificabile. Il trucco di
questo rendering consiste nel fatto che i texture interrompono le superfici e i materiali
condividono un intervallo di colori simili.
■ Figura 26.5
La stessa scena con
materiali mappati per
evitare il banding.
Dithering
A volte è impossibile evitare il banding. Quando texture e rugosità non sono accettabili
è necessario modellare superfici di colorazione regolare. In questo caso 3D Studio MAX
fornisce in RENDERING PREFERENCES un’impostazione detta Dither Paletted. Per default
questa impostazione è attiva ma può essere necessario modificarla o almeno decidere se
utilizzarla durante la preparazione del rendering. Il dithering rende confusi i bordi
compresi tra le strisce in modo da farli passare inosservati e da far accettare l’illusione di
un gradiente di colore regolare.
Lo svantaggio del dithering è che può accrescere notevolmente le dimensioni del file. La
maggior parte dei formati di immagini a 8 bit utilizza una tecnica di compressione che
Un’altra forma diffusa di stampa a tono continuo disponibile per le immagini da computer
è data dalle stampanti a sublimazione di inchiostro. Queste possono essere stampanti
desktop o stampanti di produzione di formato E; hanno in genere un intervallo di
Stampe filtrate
Una stampa filtrata è una stampa originale su cui viene eseguito il dithering allo scopo di
ottenere un rendering true color. I filtri colore sono essenziali in molti processi dove
altrimenti gli inchiostri si mescolerebbero in macchie di colore chiazzato. I filtri dispon-
gono le componenti dei colori (ciano, giallo, magenta e nero) in zone distinte della pagina
stampata. La struttura dei punti di colore separati viene creata dal filtro. A un’osserva-
zione ravvicinata dei materiali stampati appaiono evidenti i singoli punti che da lontano
conferiscono all’immagine un aspetto true color.
In generale le immagini filtrate vengono utilizzate nella produzione in serie: riviste,
brochure o pubblicità. Inoltre sono impiegate con stampanti a tono non continuo; di
queste ultime fa parte la maggioranza delle stampanti laser, a getto di inchiostro, plotter
elettrostatici, a trasferimento termico di cera o inchiostro. Per stampare questi dispositivi
richiedono tutti immagini filtrate.
Nella stampa con uno di questi dispositivi, l’immagine subisce prima di tutto un processo
di dithering con un filtro a mezzo tono. I filtri possono avere diverse forme e dimensioni:
punti, righe e diffusione. Le dimensioni del filtro a mezzo tono sono espresse in linee per
pollice (lines per inch: lpi), unità detta anche frequenza di filtro. Essa esprime la quantità di
righe filtrate per pollice stampato presenti nel documento finale: al crescere di questa
grandezza aumenta la definizione del filtro. La frequenza di filtro standard varia a
seconda dell’applicazione della stampa: per quelle più grossolane, per esempio nei
quotidiani, è sufficiente un filtro da 85 righe, mentre le riviste utilizzano di solito per le
immagini filtri da 133 o 150 righe. Le dimensioni del filtro utilizzato determinano il
numero di pixel per pollice stampato richiesti dall’immagine.
I termini punti per pollice (dpi) e pixel per pollice (ppi) sono facilmente confondibili. Pixel per
pollice fa riferimento al numero di pixel visualizzati per pollice dello schermo, mentre punti per
pollice si riferisce al numero di punti di inchiostro che la stampante è in grado di produrre per
pollice. Quando vengono create immagini al computer è importante tenere conto di una terza
relazione: il numero di pixel per pollice stampato finale. Questa viene definita pixel per pollice
stampato e determina le dimensioni dell’immagine finale.
Pixelation
Al crescere delle dimensioni di un’immagine risultano più evidenti i pixel quadrati da cui
essa è composta: questo fenomeno è noto con il nome di pixelation, un effetto da evitare.
L’effetto pixelation cancella l’illusione fotorealistica delle immagini rappresentate dal
computer. Mentre è facile ottenere l’effetto pixelation, un’immagine fotorealistica richie-
de una certa elaborazione e molta memoria. Questo effetto viene ridotto effettuando un
rendering a risoluzione superiore.
A volte l’effetto pixelation è proprio ciò che si vuole. Certe immagini d’effetto sono state
prodotte applicando tale fenomeno alla parte in primo piano, in modo da guidare l’osservatore
in un fuoco ad alta risoluzione: in realtà si tratta della sovrapposizione di due o più immagini o
di un’intera immagine creata ad alta risoluzione ma con l’uso di bitmap sottodimensionata per
provocare un effetto di pixelation in primo piano. L’effetto pixelation può essere sfruttato anche
per mascherare una zona o per sottolineare il fatto che l’immagine è stata generata al compu-
ter.
Questo significa che la risoluzione dell’immagine deve essere 4”x300 ppi = 1200 x 5” x 300
ppi = 1500 o 1500 x 1200. Tale immagine richiederà 1500x1200x3 = 5.4 MB di RAM per il
processo di stampa.
Nell’animazione la velocità alla quale un oggetto passa attraverso lo schermo genera un terzo
fattore di accuratezza da prendere in considerazione.
Dettaglio geometrico
Archi e curve richiedono una particolare attenzione quando cominciano a occupare più
pixel nell’output finale. Gli archi distanti non costituiscono un problema fino a gradini di
15 gradi, mentre gli oggetti che compiono un arco lungo tutta la scena possono richiedere
gradini di 0.1 gradi. La credibilità di un oggetto curvo o tondo verrà distrutta se sono
visibili i contorni segmentati. Il modello diventa più efficace se i gradini di arco alti
vengono concentrati nel fuoco della scena e ridotti in zone distanti o meno a fuoco. Il fatto
che le sfere in primo piano abbiano 80 segmenti non significa che le sfere sullo sfondo non
ne possano avere 10.
Mappe convincenti come texture modellati, lo sono molto meno una volta ingrandite,
soprattutto quando sono mappe di rugosità. Gli incavi e le scanalature che erano
contraffatti, ora possono richiedere una modellazione. Particolari, giunture e scanalature
sono molto più convincenti se vengono modellati con cura e questo richiede meno tempo
di quanto non sia necessario per costruire bitmap più grandi e regolarne la nitidezza fino
a quando diventano accettabili. Non è mai possibile effettuare l’anti-aliasing delle mappe
di rugosità mentre è possibile eseguire automaticamente i giunti modellati utilizzando il
dispositivo di anti-aliasing del renderizzatore, e con un costo inferiore in termini di
memoria.
È sempre meglio aggiungere facce per ottenere più dettaglio piuttosto che utilizzare
bitmap più grandi. L’aggiunta del dettaglio geometrico necessario richiede più tempo di
modellazione di quanto non sia richiesto dalle risorse di rendering. Per esempio
aggiungere 8.000 facce costa meno del rendering di una bitmap 640x480.
Dettaglio bitmap
Generalmente nei rendering è necessario utilizzare le bitmap. È opportuno seguire le
regole sotto elencate:
■ utilizzare una bitmap con il massimo livello di dettaglio del colore possibile;
■ nel rendering non superare le dimensioni della bitmap originaria.
Immagini di sfondo
Diversamente da quanto avviene per le bitmap, la selezione di un’immagine di sfondo per
output ad alta risoluzione ha un margine ridotto. Le bitmap di sfondo devono sempre
essere del tipo colore a 24 bit (senza compressione JPEG) e le loro dimensioni non devono
essere aumentate oltre quelle originarie.
È sempre necessario impostare lo sfondo nell’Editor materiali e poi applicarlo sotto RENDERING,
Environment. La visualizzazione dello sfondo con VIEWS, Background Image non ne implica
l’aggiunta al rendering.
Se uno sfondo viene ingrandito, nell’immagine rappresentata si vede che la parte in primo
piano è incollata allo sfondo. Le discrepanze tra le due risoluzioni risultano evidenti,
anche se un profano non è in grado di capire la causa del fenomeno. Quando le immagini
vengono ingrandite si produce inevitabilmente una perdita di nitidezza. L’ingrandimen-
to di un quadrato nero su campo bianco non produce solo un quadrato nero più grande:
ai bordi del quadrato si forma anche una tenue gradazione grigia.
È sempre opportuno utilizzare immagini che non debbono essere ingrandite, anzi l’ideale
sarebbe l’uso di immagini che devono essere ridotte. Le immagini nel formato CD-ROM
Kodak sono adatte allo scopo perché hanno una risoluzione 3072x2048.
Se deve essere utilizzata una bitmap più piccola come immagine di sfondo, questa deve
essere convertita con un programma di pittura true-color, che consente di ingrandire
l’immagine fino alle dimensioni esatte e di utilizzare strumenti di ammorbidimento o
indurimento per mascherare l’effetto dell’ingrandimento.
Alcune immagini si prestano all’ingrandimento meglio di altre. Immagini di cieli, fumo,
acqua e altri oggetti di forma libera non vengono danneggiate quanto le scene di strade,
le foreste e gli interni. Se la bitmap più piccola contiene tali elementi sarà necessario
concentrarne l’ingrandimento proprio in quelle zone.
Safe Frame viene spesso utilizzato per mostrare l’effetto dello sfondo nella vista. Spesso si
dimentica che una finestra è un rapporto prospettico diverso dai rendering e rivela più di
quanto non venga rappresentato in realtà. Fare clic con il tasto destro del mouse sul nome della
finestra e selezionare View Safe Frame dall’elenco menu per attivare questa funzione.
La regolazione della prospettiva delle viste è utile per il controllo del bagliore prospettico del
testo tridimensionale.
Considerazioni finali
Nella fase iniziale del processo, e comunque prima dei rendering finali, è opportuno
considerare chi saranno gli utenti del prodotto e quale formato è necessario o preferibile.
Se l’attrezzatura di stampa è interna all’azienda tali elementi sono già noti. La maggior
parte degli utenti di 3D Studio MAX ricorre ai centri servizi e alle tipografie. Per avere
la garanzia che i mezzi di memorizzazione dei dati e il formato dell’immagine (TGA/TIF/
BMP/PNG, compresso/non compresso, gamma eccetera) siano quelli corretti, è oppor-
tuno contattare tali centri e tipografie. Un’ipotesi errata può costare sia in termini di
tempo sia in termini di denaro. Queste aziende devono essere contattate anche prima di
acquistare dispositivi di archiviazione perché è importante disporre di attrezzature
compatibili in loco.
Benché inteso come programma di animazione, 3D Studio MAX è in grado di produrre
immagini fisse ad alta risoluzione di ottima qualità. Le funzioni di animazione di cui
dispone consentono di utilizzare le opzioni di modifica delle luci e di catturare diverse
composizioni fotografiche nello stesso tempo. In generale la creazione di immagini ad alta
risoluzione implica lo sfruttamento delle risorse del sistema al massimo delle sue
possibilità e richiede la piena conoscenza dei requisiti necessari, oltre all’abilità di
utilizzare al meglio le risorse disponibili.
Riepilogo
■ Controllo del rendering. 3D Studio MAX offre un controllo ad ampio raggio
del rendering, compresa la risoluzione e il tipo di file, e la scelta degli oggetti
e delle zone della finestra da rappresentare.
■ Immagini a 8 bit. Pur non essendo efficaci per la stampa, le immagini a 8 bit
possono essere molto utili per il rendering di immagini fisse nei prodotti
multimediali per computer, grazie alle piccole dimensioni del file, alla veloci-
tà di caricamento e di visualizzazione, all’ampia compatibilità software e alle
ridotte esigenze di visualizzazione della grafica.
■ Dithering. Talvolta nelle immagini a 8 bit l’effetto banding è inevitabile e il
dithering contribuisce a sfumare i bordi tra le strisce. Questo però può
comportare un aumento delle dimensioni dei file. Se le dimensioni del file
sono importanti può essere necessario effettuare delle prove per stabilire se
il miglioramento dell’aspetto vale l’aumento delle dimensioni.
Riproduzione digitale
Quasi tutte le applicazioni multimediali oggi comprendono il supporto per la creazione
e la riproduzione di “film” digitali nei formati file AVI (AVI) e FLIC (FLC o FLI). Un
crescente numero di applicazioni, soprattutto browser online, forniscono anche il
■ Figura 27.1
Utilizzare una tavolozza
personalizzata per
eseguire il rendering di un
file in formato FLC.
Accertarsi che la
posizione del file sia
disponibile per il
rendering, soprattutto
quando lo si esegue in
rete.
■ Figura 27.2
Rendering di una porzione
significativa di un file per
mezzodell’impostazione
Every Nth Frame
Accertarsi di avere salvato il file campione FLC sul disco e annotarne la posizione perché al
momento di eseguire il rendering dell’animazione finale si sceglierà la tavolozza Custom e si
assegnerà il campione FLIC come file della tavolozza Custom. Se il file FLC non è nella directory
da cui è stato caricato il file MAX o non è in una directory percorso dei file di mappa, il file FLC
non potrà essere trovato durante il rendering e 3D Studio MAX visualizzerà un messaggio di
avvertenza che interrompe il processo di rendering.
Per lavorare sul file AVI che utilizza la tavolozza Custom, eseguire l’output della scena
come se si trattasse di un file FLIC che utilizza la tavolozza Custom. Dopodiché utilizzare
Video Post per convertire il file FLIC in un file AVI. Verificare che le opzioni Dithering
siano disattivate nella scheda Rendering della finestra di dialogo PREFERENCES . Aggiun-
gere il file FLC con un evento Image Input e il file AVI come un evento Output. Scegliere
il codec Full Frame (Uncompressed) e attivare Execute. A questo punto si avrà un file AVI
con una tavolozza a 8 bit controllata.
■ Figura 27.3
Configurazione di un
codec AVI
È possibile comprimere i file AVI utilizzando uno qualsiasi dei codec software disponibili
con Video for Windows. Almeno uno dei codec è stato installato con il sistema operativo
dell’utente e diversi sono stati installati con titoli multimediali e browser Internet. È
inoltre possibile aggiungere codec di altri fabbricanti al sistema per avere una certa
varietà di formati di compressione. Si consiglia di cercare di capire il funzionamento dei
codec – e sperimentare molto – per essere in grado di ottenere i risultati voluti per un
progetto.
Video tearing
Il video tearing è l’incapacità, da parte dell’hardware di visualizzazione, di tenere il passo
della velocità di riproduzione dell’animazione. La figura 27.4 mostra il fotogramma di
un’animazione interessata dal video tearing catturata durante la riproduzione. Questo
fenomeno si verifica quando il sistema non può inviare informazioni attraverso la scheda
grafica in modo sufficientemente veloce per tenere il passo con il movimento degli oggetti
nell’animazione. Ciò che si vede è la visualizzazione contemporanea di due fotogrammi.
La parte superiore dello schermo mostra il fotogramma successivo mentre quella inferire
mostra il fotogramma precedente.
Non esistono regole precise che indichino in quali circostanze si verifica il video tearing.
La cosa migliore da fare è pianificare l’animazione sulla base del tipico sistema di livello
più basso sul quale verrà eseguita e progettarla sulla base della qualità di riproduzione.
Esistono invece alcune regole per ridurre la probabilità di video tearing. Il livello di
efficacia di queste regole dipende notevolmente dalla comprensione dell’hardware su cui
viene riprodotta l’animazione.
■ Evitare oggetti che si muovono velocemente: il video tearing è un diretto
risultato della velocità a cui il computer visualizza una singola immagine. Più
un oggetto si sposta velocemente, maggiore è la probabilità di ottenere il
video tearing.
■ Evitare il movimento dei bordi verticali: la meccanica della trasmissione
delle informazioni video (sinistra destra, alto basso) significa che grandi
bordi verticali che si spostano orizzontalmente lungo lo schermo rappresen-
tano lo scenario peggiore per il video tearing. Se lo spostamento dei bordi
verticali non si può evitare cercare di spostarlo dalla zona dove può verifi-
carsi il video tearing.
■ Utilizzare la dimensione schermo più piccola possibile per il progetto: più
sono i pixel contenuti nell’immagine maggiori sono i dati da inviare e quindi
maggiori sono le probabilità che il sistema non possa tenere il passo. In altre
parole, se una risoluzione di 320x200 pixel soddisfa il cliente, inutile utilizza-
re 1024x768 pixel.
■ Sperimentare gli effetti movimento: una ridotta quantità di effetto movi-
mento può aumentare il realismo del movimento e aiutare a mascherare il
video tearing. Consultare il capitolo 28 per ulteriori informazioni sull’effetto
movimento.
Transizioni
Il termine transizioni si riferisce a qualsiasi cambiamento da una scena a un’altra. Molti tipi
diversi di transizioni sono comuni in film e video ma quelli significativi per la riprodu-
zione video digitale sono i tagli e le dissolvenze. I tagli sono il fotogrammi finale e quello
iniziale del punto in cui si è operata l’interruzione fra due animazioni. Possono essere
composti dagli stessi elementi di scena (compresi oggetti e materiali) oppure completa-
mente differenti per scene e immagini. Le dissolvenze offrono una graduale interruzione
dell’immagine (fade-in), un cambio da una sequenza a un’altra (dissolvenza incrociata) o una
conclusione (fade-out).
Tutte queste tecniche sono utili per mantenere l’attenzione durante l’animazione e per
identificare i punti di interruzioni dove suddividere i file video digitali in segmenti. I tagli
non sono utili quanto le dissolvenze perché il rapido cambiamento da una scena alla
successiva sfida le capacità di molti sistemi. In generale, affinché un taglio funzioni nel
modo corretto durante la riproduzione video entrambi i segmenti devono essere in
memoria e devono utilizzare la stessa tavolozza di colori.
■ Figura 27.6
I parametri Level of Detail
in 3D Studio MAX Optimize
creano versioni
ottimizzate di oggetti per il
posizionamento strategico
in mondi 3D.
Rendering su disco
Diversamente da quanto accedeva nelle versioni precedenti di 3D Studio, la versione
commerciale di 3D Studio MAX non offre la possibilità di eseguire direttamente il
rendering su un videoregistratore. Senza il software e l’hardware controller di 3D Studio
MAX, è necessario prima eseguire il rendering sul disco o su un Digital Disk Recorder e
poi portare le immagini sul nastro direttamente da quella periferica. Benché il vantaggio
di eseguire il rendering direttamente sul nastro fosse che non era necessario preoccuparsi
di esaurire lo spazio di archiviazione su disco, in caso di problemi l’intero progetto
doveva essere sottoposto nuovamente al rendering. Con la registrazione diretta su
nastro, fotogramma per fotogramma, si consuma inoltre il meccanismo di registrazione
del VTR con i ripetuti e frequenti posizionamenti di ogni fotogramma. I videoregistratori
professionali basati su PC di classe workstation e i Digital Disk Recorders stand-alone
sono diventati i metodi preferiti per il controllo accurato dei fotogrammi e per la
registrazione 3D digitale su videocassetta.
Il rendering professionale con 3D Studio MAX destinato ai video analogici sarà eseguito
innanzitutto come file su un disco rigido standard, un’unità SCSI AV dedicata ad alta
velocità, un sistema RAID o un array di dischi DDR, e poi registrato sul mezzo video
analogico. Il formato file più comune per questo tipo di rendering è un file compresso
TARGA. Se lo spazio non è un problema, è possibile eseguire il rendering su altri tipi di
File sequenziali
3D Studio MAX salva ogni fotogramma come file numerato consecutivamente. I primi 4
caratteri del nome dato al fotogramma vengono utilizzati come i primi 4 caratteri del
nome del file mentre i restanti 4 diventano numeri (per esempio TEST0000.TGA,
TEST0001.TGA ecc.). È importante nominare l’output con attenzione perché il secondo
gruppo di caratteri di un nome file viene sovrascritto. Quindi nel caso di file nominati
SEASHORE.TGA e SEASHELL.TGA il risultato è SEAS0000 in entrambi i casi.
Si consiglia inoltre di utilizzare delle lettere per i primi quattro caratteri del nome; se per
esempio si utilizza il nome GP14, 3D Studio MAX aggiunge la sua sequenza numerica a
questo nome e quindi invece di cominciare da 0000, la sequenza numerica dell’animazione
comincerà da 140.000.
Se si esegue il rendering del canale alfa, come Alpha-Split o come file TARGA a 32 bit (lo
spazio su disco risultante è identico), è bene tenere presente che è necessario il doppio dello
spazio su disco come TARGA a 16 bit.
Time code
Il computer tiene una traccia della posizione del nastro in cui i singoli fotogrammi entrano,
mediante un sistema detto time code. Il time code, detto anche SMPTE time code (Society
of Motion Picture and Television Engineers), è un sistema nel quale una traccia separata
viene registrata su nastro. Questa traccia detiene le informazioni del fotogramma in un
formato ore:minuti:secondi:fotogramma (per esempio 01:22:33:08). Il formato viene
archiviato su nastro in modo simile a quello utilizzato per le informazioni audio e infatti
alcuni registratori che non hanno una traccia separata funzionano ottimamente archiviando
le informazioni di time code su una traccia audio.
Un nastro deve essere preparato ad accettare i dati prima di essere utilizzato per un’animazione
a fotogramma singolo. Questo processo, analogo alla formattazione del dischetto prima del suo
utilizzo nel computer, è talvolta chiamato blacking o striping di un nastro.
Rendering su fotogrammi
e rendering su campi
Conoscere la differenza fra il rendering su fotogrammi e quello su campi e sapendo
quando utilizzare l’uno e quando l’altro, può fare la differenza fra una buona animazione
e un’animazione eccellente. L’animazione eseguita su campi è enormemente più fluida di
quella eseguita su fotogrammi.
Se tutto il video viene riprodotto a 30 fotogrammi al secondo, per renderlo più fluido
bisogna ricorrere a una tecnologia detta interlacciamento, che si sta cercando di introdurre
anche nei monitor dei computer. Questa funzione viene utilizzata nella registrazione su
video. Un monitor di computer visualizza ogni linea di scansione in successione
cominciando con quella superiore e scendendo verso il basso secondo un metodo detto
scansione non-interlacciata oppure progressiva.
Un televisore, d’altra parte, inizia dalla linea superiore e procede verso la parte inferiore
dello schermo a righe alterne. Poi ritorna a prendere le linee che aveva mancato. Questa
procedura è detta visualizzazione interlacciata. Ogni insieme separato di linee di scansione
è detto campo. Una videocamera registra le immagini nello stesso modo utilizzando due
campi (figura 27.8).
■ Figura 27.8
Se si etichettano i
fotogrammi come se
fossero in un film si vede
la relazione fra campi e
fotogrammi.
■ Figura 27.9
Vista cinepresa
dell’immagine di cui si
esegue il rendering su
campi e fotogrammi. Si
noti l’utilizzo di Safe
Frames durante il
rendering per la
riproduzionesu
videocassetta.
Eseguire il rendering del fotogramma 1 e osservare che la sfera si trova al contro della
finestra (figura 27.10).
Prepararsi a eseguire il rendering della stessa scena ma prima di avviare il Rappresentatore
cambiare l’opzione [Render To Fields] nella finestra di dialogo RENDER SCENE. A questo
punto eseguire nuovamente il rendering della sfera. Il renderizzatore ora eseguirà il
rendering della scena due volte ma a linee alterne, dopodiché calcolerà la posizione della
sfera sulla base dei campi invece che dei fotogrammi e d infine eseguirà entrambi i campi
sullo stesso file (figura 27.11).
A seconda del tipo di animazione, il rendering su campo può richiedere non più tempo
del rendering su fotogramma. Questo perché a ogni passaggio viene eseguito il rendering
solo di metà immagine. Il tempo per questa operazione aumenta se vengono utilizzate
ombreggiature e riflessioni automatiche. In entrambi i casi è necessario ricalcolare il tutto
per ogni campo, e questo è l’aspetto che potrebbe richiedere più tempo.
■ Figura 27.11
Il rendering dell’immagine
con i campi fornisce
sotto-fotogrammi
campione dell’oggetto, che
rende più fluido il
movimento durante la
riproduzione.
■ Figura 27.12
La casella di controllo
[Render to Fields] nella
finestra di dialogoRENDER
SCENE. Si notino le
impostazioni corrette per
il rendering da riprodurre
su videocassetta come
Video Color Check e
Super Black.
Esecuzione di rotoscopie
La rotoscopia, un temine che appartiene alla tecnica cinematografica tradizionale,
definisce nell’animazione su computer il processo per cui si utilizza il video, un fotogram-
ma alla volta, come background o come mappa di composizione. La tecnica cinematogra-
fica invece indica l’utilizzo di un fotogramma di film per tracciare animazione su
celluloide e effetti speciali.
3D Studio MAX fornisce nuovi strumenti per la rotoscopia. Esistono tre modi principali
per realizzare immagini di riferimento e composite (figura 27.13). È possibile utilizzare
■ Figura 27.13
Sono tre i metodi per
utilizzare gli oggetti di
scena insieme alle bitmap
e agli ambienti per
produrre i background. Il
metodo più semplice per i
background di schermo
tradizionali è comporre
utilizzando Video Post.
Spazio su disco
I file eseguiti in rotoscopia da nastro sono estremamente grandi perché non si comprimo-
no bene. Questo succede perché ogni pixel ha un differente valore colore. Gli schemi di
compressione dipendono dal fatto che i pixel adiacenti siano identici, e questo con la
cattura video live non succede spesso.
Se non si utilizza un sistema RAID specializzato, un Digital Disk Recorder o un controller
e un’unità dedicati basati su PC, occorre riservare una grande quantità di spazio su disco
disponibile per i file eseguiti in rotoscopia. Se si fa questa previsione di spazio conside-
rando di avere file non compressi non sarà difficile trovare la misura giusta. Un file
720x486 a 24 bit ha dimensioni appena maggiori di 1MB.
Metodi di cattura
Come già visto in precedenza, 3D Studio MAX comprende un controller di periferica per
Accom WSD DDR, che cattura i fotogrammi direttamente su disco rigido nel suo formato
Rimozione di campi
I file eseguiti in rotoscopia da video live sono in genere catturati con i campi. Questo non
è un problema se le immagini devono essere utilizzate come background perché
l’animazione appare più fluida grazie al movimento del sotto-fotogramma aggiunto. Se
si eseguirà una mappatura delle immagini su un oggetto, tuttavia, il campo contenente le
immagini potrebbe non allinearsi correttamente oppure potrebbe entrare in collisione con
altri effetti dei materiali. Il modo per risolvere questo problema è rimuovere i campi,
operazione che può essere eseguita in due modi: il più semplice è che un programma copi
ogni due linee di scansione in una sola linea. In questo modo si eliminano gli effetti di
campo, oltretutto in modo relativamente veloce, tagliando la risoluzione verticale della
bitmap in due. Se l’oggetto su cui il materiale viene mappato occupa una piccola porzione
dello schermo, questo può essere sufficiente.
Se invece l’oggetto occupa molta dell’animazione è opportuno ripulire la mappa eseguita
in rotoscopia. Per realizzare questa operazione si devono eseguire i file attraverso un
programma che non solo copia ogni linea di pixel nella parte inferiore ma che interpola
anche fra le due linee che restano per avere un’immagine fluida. Se questa operazione
viene eseguita correttamente, l’immagine appare migliore di quando i campi sono
semplicemente copiati sotto. Alcuni dei registratori digitali basati su PC includono delle
utilità per svolgere questa operazione.
Riepilogo
■ Pianificazione della riproduzione: con le nuove forme dei mezzi di distri-
buzione, compresi Internet e titoli CD-ROM, e la crescente diffusione della
tecnologia di editing digitale, il rendering deve essere pianificato per mezzo
di impostazioni di configurazione relative a un mezzo specifico. Creare
modelli di configurazione (3dsmax.ini) e file startup (maxstart.max).
■ Formati video digitali: Quando si esegue il rendering di file in formato
Digital Video, è bene evitare il dithering e e cercare di ottimizzare la geome-
tria in modo da creare file di dimensioni più piccole. Approfittare dei nuovi
strumenti integrati Java e VRML disponibili presso Kinetix per esplorare la
creazione di contenuto 3D per Internet e per l’animazione basata su disco.
Utilizzare la funzione di rendering FLC personalizzata per controllare le
tavolozze colore. Sperimentare le impostazioni codec per ottenere una quali-
tà ottimale rispetto alla compressione in file AVI.
■ Registrazione digitale: 3D Studio MAX è concepito per avvalersi dell’effica-
cia di Windows NT. Sono ormai disponibili nuovi controller video e
software desktop che offrono la riproduzione in tempo reale di file di
rendering sequenziali . Anche se non è possibile eseguire il rendering diret-
tamente su nastro, la qualità di queste periferiche soddisfa gli standard del
segnale video professionale. Utilizzare le capacità di rendering in rete client-
server all’interno di 3D Studio MAX in associazione all’output di rendering.
Quando il mezzo di riproduzione previsto è la videocassetta utilizzare Field
Rendering per rendere il movimento più fluido. Coordinare le impostazioni
Field Order e Gamma per le periferiche con cui verrà eseguito l’editing e la
riproduzione dell’animazione.
■ Background e rotoscopie: per schermi semplici, cioè per background piatti,
utilizzare la funzione Video Post per comporre la scena con un evento Image
Input. Coordinare l’output di Video post con Viewport Background per esegui-
re la rotoscopia delle immagini di scena con l’evento Image Input. Per
background particolari e controllati proceduralmente (Environments), com-
prendere la relazione fra le mappe ambientali nell’Editor materiali e la
funzione Environment. Creare modelli di configurazione e file maxstart.max
per soddisfare i requisiti del progetto.
Video Post
Il nome Video Post deriva da post-produzione, la fase finale della lavorazione di un film.
La post-produzione comincia dopo le riprese del film e dopo il lavoro di produzione vero
e proprio. In questa fase finale ognuno degli elementi viene modificato in un formato
finito. Un editor, insieme al regista, decide come e dove le transizioni devono avere
luogo. Gli effetti speciali, se esistono, sono spesso inseriti a questo punto. In genere la
transizione è un taglio che immette nella nuova scena al fotogramma subito successivo
senza produrre alcun effetto. In alcuni casi, tuttavia, si richiede una transizione più
spettacolare per esempio una lenta dissolvenza di un’immagine in un’altra immagine, o
il disvelamento di un’immagine con un effetto tendina attraverso la scena da sinistra a
destra. In passato queste transizioni, e gli effetti speciali, erano possibili solo in una
struttura per post-produzione che disponeva di un editor professionale e di un artista.
■ Figura 28.1
Una composta a forma di
lettera utilizzando un
bitmapdimensionatodi
sfondo, Render Output e
Safe Frame.
Video Post, più che un’applicazione desktop completa di video editing, è soprattutto
un’utilità utilizzata per comporre le scena di 3D Studio MAX con altre immagini di
animazione. La tipica funzione di Video Post è di preparare un’immagine o un’animazione
per una composizione professionale o una piattaforma editing (digitale o analogica)
oppure visualizzare e creare un prototipo di un’animazione completa e di grandi
dimensioni.
Inoltre la funzionalità Video Post in 3D Studio MAX assiste nell’automazione dell’elabo-
razione immagini per inclusioni di contenuto in prodotti come videogiochi, titoli CD-
ROM e animazioni online interattive.
La finestra di dialogo V IDEO POST (figura 28.2) è costituita da due porzioni principali: la
finestra Queue sulla sinistra e la finestra Edit sulla destra. Per visualizzare ciò che succede
quando una sequenza viene eseguita, cioè quando si esegue il rendering degli eventi
elencati nella finestra QUEUE, si pensi che la finestra EDIT corrisponde a una visione
panoramica di un proiettore per lucidi la cui lente è posizionata in alto a sinistra rispetto
alle barre intervallo, rivolta verso l’esterno rispetto alla parte superiore della finestra. La
lampada del proiettore si trova in basso a sinistra sotto le barre intervallo per ogni evento.
La lente e la lampada si spostano da sinistra a destra avanzando attraverso file di lucidi
(fotogrammi). La lampada è una specie di lucido che può essere inserito in qualsiasi punto
della fila di lucidi per proiettare quelle immagini di fronte a esso. È possibile posizionare
altri lucidi nell’elenco che fungano da maschere, specchi, prismi e fonti luce.
È importante che si costruisca la sequenza Video Post con attenzione e in modo duraturo. Si
dovrebbero salvare i file Video Post (VPX) per fasi significative della sequenza facendo clic sullo
strumento Save Sequence e confermando la sovrascrittura di un file esistente o nominandone
uno nuovo. Inoltre salvare il file 3D Studio MAX regolarmente. Questa parte di 3D Studio MAX
non contiene funzioni UNDO o REDO e non è possibile fare clic con il tasto destro del mouse
per portare le barre intervallo nella posizione originale. In genere gli eventi per l’editing si
selezionano facendo clic due volte sulle etichette, e non sulle barre intervallo. Nel caso si
eseguisse quest’ultima operazione si potrebbero inavvertitamente cambiare i parametri Video
Post Start Time ed End Time: potrebbe essere fastidioso regolare le discrepanze di singoli
fotogrammi fra eventi adiacenti e punti di inizio e di fine, soprattutto se si vogliono vedere
velocemente gli effetti di composizione e ed è necessario eseguire il rendering completo per
avere un’anteprima del lavoro.
Eventi Scene
L’evento Scene è una porzione definita della scena complessiva di 3D Studio MAX.
Quando si aggiunge un evento Scene alla coda di Video Post si specifica quale vista e quali
fotogrammi; gli effetti di movimento e le coordinate che definiscono l’intervallo foto-
gramma si applicano con la coda generale di Video Post.
Quando si aggiunge un evento Scene viene visualizzata una finestra, o un nome di
cinepresa, nella parte superiore dell’elenco View nella finestra di dialogo. L’elenco View
è definito in ordine alfabetico per nome di finestra o di cinepresa.
È possibile aggiungere eventi Scene con viste differenti oppure utilizzare la stessa vista
più volte nella coda per generare effetti speciali, come per esempio un movimento
traballante. Per esempio è possibile animare una fila di formiche che si spostano sullo
■ Figura 28.3
Zoomingtimenelle
finestre dell’Editor tracce
e in Video Post
Quando gli eventi Input Image che contengono una sequenza di immagini o di animazione
vengono aggiunti alla coda Video Post, la loro lunghezza e l’intervallo sono determinati
dalle impostazioni contenute nella sotto finestra di dialogo OPTIONS della finestra di
dialogo ADD OR EDIT Image Input EVENT. Nel caso in cui l’intervallo fotogramma sia diverso
Opzioni Render
La finestra di dialogo RENDER Scene (figura 28.4) è suddivida in due porzioni separate dalle
caratteristiche tendine a discesa di 3D Studio MAX: C OMMON PARAMETERS e quella di
default SCANLINE A-BUFFER . Quando si imposta un evento Scene in Video Post, si ha la
possibilità di cambiare alcune di queste impostazioni dall’interno della finestra di dialogo
EDIT Scene EVENT. Video Post non condivide le impostazioni Time Output, Output Size o
Render Output con il renderizzatore di 3D Studio MAX. In Video Post queste impostazioni
sono contenute nella finestra di dialogo EXECUTE SEQUENCE perché non incidono su tutti
gli eventi nella coda. (consultare la sezione “Controllo di Output di composite” di questo
capitolo).
Anche se è possibile impostare Common Parameters e Scanline A-Buffer da RENDER OPTIONS
in un singolo evento Scene, queste impostazioni non sono specifiche di quell’evento Scene.
La sotto finestra di dialogo semplicemente fornisce l’accesso alle impostazioni di
rendering globali per configurare in modo più pratico l’evento Scene. Se si ha un evento
Scene nella coda e se ne aggiunge un secondo, qualsiasi cambiamento apportato nella
finestra di dialogo RENDER O PTIONS inciderà anche sull’evento Scene precedentemente
aggiunto. Questo significa che non è possibile impostare separatamente gli effetti Anti-
Alaising, Object Motion Blur, Ray Trace Show e Atmospheric e neppure altre impostazioni di
rendering complessive per ciascun evento Scene nella coda. Il solo modo per comporre e
modificare gli stessi segmenti di scena con diverse impostazioni degli effetti di rendering
■ Figura 28.4
EsempioImpostazioni
Object Motion Blur nella
finestra di dialogoRENDER
SCENE .
■ Figura 28.5
Default Motion Blur in 3D
StudioMAX
Anche se il rendering è corretto dal punto di vista tecnico, da quello visivo non trasmette
l’effetto Blur. Queste copie multiple sembrano avere una maggiore densità nel centro
rispetto alle estremità. quasi tutti gli osservatori tenderebbero a pensare che questa è
un’immagine di qualcosa che vibra rapidamente piuttosto che un’immagine di qualcosa
che procede in avanti. Anche se questa fosse solo una parte dell’animazione l’errore
sarebbe rilevato inconsciamente. La naturale percezione degli oggetti in movimento
stabilisce un’aspettativa per cui i bordi che guidano l’oggetto saranno nettamente a fuoco
mentre i bordi trascinati saranno sfocati e dietro la linea del movimento. Questa è la
ragione per cui si disegnano “linee di velocità” dietro gli oggetti in movimento, e perché
gli animatori tradizionali imparano a disegnare il movimento sfocato sfocando solo i
bordi trascinati. La palla nella parte inferiore della figura 28.5 mostra il risultato della
simulazione di questa tecnica in 3D Studio MAX .
Per creare l’effetto della palla inferiore nella figura 28.5 è necessario utilizzare Video Post
per comporre una versione non sfocata dell’oggetto dietro l’oggetto sfocato. Il segreto
in questo caso è fare in modo che l’oggetto non sfocato guidi l’oggetto sfocato. Per quanto
tempo deve guidare dipende dal tipo di Motion Blur e dalle impostazioni per ogni tipo.
Diversamente da Object o Scene Motion Blur, field rendering ha la speciale capacità di smussa-
re il movimento in una mappa Enviroment. Le mappe Environment non vengono trattate come
elementi Scene e quindi l’effetto Blur non le influenza. Ma il rendering su campi in realtà
funziona con le informazioni buffer e non con la geometria per creare i suoi campioni sotto-
fotogramma dividendo e ricostruendo l’output di linee di scansione su una serie di fotogrammi.
Suddivisioni di durata
Il valore nella casella Duration Subdivisions rappresenta il numero di copie di cui si deve
eseguire il rendering per ogni fotogramma. In numero che viene digitato in questa casella
è importante per la positiva realizzazione di un effetto. Se il numero è troppo piccolo le
copie saranno completamente separate, un effetto detto strobing. Se il numero è troppo
grande le copie si sommeranno l’una sull’altra e il risultato sarà più simile a un solido
sbavato che a un Blur. Inoltre, eseguire il rendering di copie di Motion Blur richiede del
tempo e quindi farlo per più copie del necessario potrebbe essere una perdita di tempo,
soprattutto nel caso di animazioni lunghe.
3D Studio MAX impone un valore massimo di sedici copie; è possibile calcolare un buon
numero di partenza utilizzando la formula seguente:
Duration Subdivisions>=(distanza/dimensione)/sovrapposizione
Le variabili della formula sono descritte nell’elenco seguente.
■ Distanza: la distanza percorsa dall’oggetto sull’impostazione Duration; in
generale se Duration è pari a 1,0, la distanza corrisponde alla distanza per-
corsa su un fotogramma. Se Duration è pari a 0,5, la distanza corrisponde alla
distanza percorsa su mezzo fotogramma.
■ Dimensione: la lunghezza dell’oggetto lungo la linea di movimento.
■ Sovrapposizione: un valore compreso fra 0 e 1 che controlla quanto devono
sovrapporsi le copie l’una sull’altra. Minore è il valore più le copie si
sovrappongono. Il valore di sovrapposizione in genere dovrebbe essere non
meno di 0,5; se maggiore gli oggetti sembrano separati.
La figura 28.6 mostra una palla con effetto Blur il cui strobing è il risultato di un valore
troppo basso digitato nella casella Duration Subdivisions.
■ Figura 28.6
Effetto strobing causato
da insufficiente Duration
Subdivisions
Durata
Duration controlla la quantità di movimento da applicare al rendering su ciascun
fotogramma. La guida dell’utente di 3D Studio MAX descrive questa quantità simile alla
quantità di tempo per cui l’otturatore resta aperto. Il numero di copie specificato dalla
casella Duration Subdivisions è distribuito lungo la distanza coperta dal numero di
fotogrammi specificato nella casella Duration. Il valore Duration può essere inferiore a 1,
il che significa che le copie sono comprese in una distanza inferiore a quella coperta da un
fotogramma.
Un punto interessate di Object Motion Blur riguarda il punto in cui le copie vengono
posizionate. Le copie sono distribuite lungo la distanza specificata dal valore Duration e
poi le copie vengono centrate sulla posizione dell’oggetto su quel fotogramma. Questo
significa che quando si osserva un’immagine sfocata che è stata prodotta con Object Motion
Blur la vera posizione dell’oggetto è nel centro dell’effetto Blur. La figura 28.7 mostra una
palla non sfocata composta sulla sua immagine con effetto Object Motion Blur.
■ Figura 28.7
Palla non sfocata
composta sulla sua
immagine con effetto
movimentosfocato
Una casella di controllo attiva l’effetto Scene Motion Blur. Quando questo è attivato, tutti
gli oggetti nella vista dell’evento Scene sono soggetti all’effetto Blur, compresi i materiali
ma escluse le mappe Environment e gli eventi principali che agiscono sulla Scene, come
composite e filtri di livello. Il campo Duration Subdivisions specifica il numero di copie di
cui eseguire il rendering. Il valore Duration funziona nello stesso modo per Scene Motion
Blur e per Object Motion Blur. Il default per la durata di Scene Motion Blur è impostato su
0,5, oppure a metà del valore di default di Object Motion Blur. Questo assume che Scene
Motion Blur sarà utilizzato in modo strategico per indurre un movimento comprensivo del
movimento cinepresa apparente, che ha luogo nel periodo di durata del fotogramma.
Applicando Scene Motion Blur si ha anche la possibilità di applicare il dithering; questo tipo
di dithering è un metodo per smussare i bordi fra le regioni di colore ridondanti che si
sovrappongono nel fotogramma. I pixel sono mischiati in modo che i bordi degli oggetti
sembrino uniti.
La casella Dither% imposta la percentuale di dithering da applicare alle copie create da
Scene Motion Blur. Un valore di 0 produce copie semitrasparenti mentre un valore di 100
applica completamente il dithering sulle copie producendo bordi distinti all’interno
dell’effetto di Blur.
È possibile allineare e ridimensionare gli eventi Image Input durante il rendering. Se sono
file o sequenze di animazione specificare quale fotogramma includere. Per eseguire ciò
digitare i valori nella finestra di dialogo ADD OR EDIT IMAGE INPUT EVENT , sottofinestra di
dialogo OPTIONS (consultare il Volume 2 del manuale utente). Con questa tecnica è
possibile ottenere effetti compositi come l’animazione offset 2D inclusa nella scena,
maschere precisamente posizionate e tecniche di allungamento e di schiacciamento.
Prestare attenzione a che gli offset Alignment su Images Custom Sized abbiano una caratteristi-
ca relativamente oscura. Questo succede se la dimensione Output nella finestra di dialogo
EXECUTE SEQUENCE è la stessa dell’immagine Image Input, o se la dimensione indicata nella casella
Custom è la stessa di Output. Anche se si sceglie un preset o se si digita un offset Coordinate
nella zona Alignment, 3D Studio MAX centrerà e allineerà gli Image Input della stessa dimen-
sione di Rendered Output. Una scappatoia potrebbe essere di aumentare la dimensione
dell’output renderizzato di un pixel in ogni direzione oppure di digitare una dimensione
personalizzata di un pixel di differenza nella finestra di dialogo IMAGE INPUT OPTIONS in modo che
l’offset sull’immagine sorgente abbia luogo.
Utilizzo di Background
Video Post non accede direttamente all’immagine background, che può essere posizio-
nata nella finestra e utilizzata per la rotoscopia, costruendo la scena contro un’immagine
di background. Esistono molti modi per includere quell’immagine nel rendering Video
Post. È possibile utilizzare la funzione Environment per mappare la stessa immagine su una
mappa Screen Environment che sarebbe poi inclusa nell’evento Scene in Video Post e
conseguentemente ne verrebbe eseguito il rendering. Tuttavia, se si intende utilizzare
quell’immagine (o animazione) come un elemento composito in Video Post, l’immagine
deve essere aggiunta separatamente come evento Image Input. Se si tratta di un’animazio-
ne la sua sincronizzazione con la coda è gestita nella finestra di dialogo IMAGE INPUT EVENT /
OPTIONS.
In linea generale, se non si applica un effetto all’immagine di background utilizzando le
funzioni dell’Editor materiali o le caratteristiche di Enviroment (materiali opachi/
ombreggiati, per esempio), si può semplicemente aggiungere il background come evento
Image Input in Video Post utilizzando Alpha Compositor nell’evento Layer per posizionare
l’immagine come background. L’elaborazione della bitmap di quell’immagine come
3D Studio MAX crea immagini in formato file TGA, RLA e PNF. Ogni volta in cui si produce
un’immagine bitmap con 3D Studio MAX per la prima volta, compare la finestra di dialogo
Setup automaticamente. In questa finestra di dialogo si ha la possibilità di decidere se un
canale alfa è incluso nel file oppure no. 3D Studio MAX ricorda le ultima impostazioni digitate
per un particolare formato file. Quando ci si trova nella finestra di dialogo Browsing Image for
Input, è possibile selezionare un qualsiasi file e scegliere il pulsante Info per vedere i dettagli del
file. Qui è possibile capire velocemente se il file contiene un canale alfa. Scegliendo View si
porta il file in un buffer di fotogramma e si esamina anche il canale alfa.
In Video Post è possibile avvalersi del canale alfa all’interno dei file bitmap specificando
i parametri dall’interno degli eventi Filter e Layer. Per esempio, l’evento Alpha Composite
Layer consente di comporre due eventi correntemente selezionati riconoscendo il canale
alfa della seconda delle due immagini. Se si riprende l’esempio dei lucidi, alfa è l’opacità
delle immagini sul lucido. Alcune immagini sono opache; altre sono traslucide o
trasparenti. Non tutte le immagini hanno informazioni alfa: solo i file true-color a 32 bit
hanno questa capacità. Per questa ragione si hanno una serie di metodi per creare e
utilizzare le informazioni alfa per gli effetti Video Post. Per esempio, l’evento Pseudo Alpha
Filter prende il pixel superiore sinistro di un file non alfa RGB e converte tutti i pixel
identici nell’immagine in alfa completamente trasparenti.
Oltre alla capacità di alcuni eventi Filter e Layer di riconoscere e utilizzare il canale alfa nei
file su cui agiscono direttamente, alcuni hanno anche una funzione Mask che consente di
utilizzare un canale alfa di un file differente per adattare una zona personalizzata di
trasparenza (figura 28.10). Qui è possibile specificare come l’effetto Mask deve essere
applicato con gli altri presenti nella coda. È possibile invertire il Mask e utilizzare gli altri
canali nel buffer Graphics (G-buffer) per controllare l’effetto Mask.
Quando si fa clic sulla casella di destra rispetto alla sezione Mask della finestra di dialogo
, compare un elenco di canali bitmap dei quali uno oppure tutti possono essere contenuti
all’interno di un’immagine sorgente. Questi sono i canali che 3D Studio MAX supporta
correntemente allo scopo di creare la maschera. 3D Studio MAX può produrre file con
canali RGBA a 16 bit e con canali 3D particolari come Z-buffer e canali di identificazione
oggetti o materiali. La funzione Mask utilizza alcuni di questi canali particolari per creare
i suoi effetti. La maschera più comune è una maschera canale alfa. Crea una maschera dal
canale alfa dell’immagine bitmap sorgente. Se come sorgente per la maschera si sceglie
il canale Red, Green o Blue, il valore binario (0-255) di ogni pixel in quel canale viene
utilizzato per la maschera, con 0 completamente trasparente e 255 completamente opaco.
È possibile utilizzare le informazioni di profondità Z-buffer o gli identificatori di canali
dei materiali e degli oggetti nei file RLA sorgente anche per creare maschere. Per esempio,
si potrebbero produrre maschere create con 3D Studio MAX sul tipo di file RLA e
implementarle successivamente in composite Video Post.
È possibile utilizzare le capacità specifiche di 3D Studio MAX per produrre maschere
tridimensionali. Si supponga per esempio di avere un paesaggio simile al file campione
wheatfld.tga . Si vuole fare un esperimento in cui un oggetto tridimensionale compare nel
cielo. Utilizzando la tecnica seguente è possibile miscelare e unire oggetti e composizioni
senza dovere mappare i materiali.
Innanzitutto aggiungere due eventi Image Input alla coda Video Post. Come prima voce
aggiungere l’immagine paesaggio, come seconda voce aggiungere una mappa di compo-
sizione campione, per esempio asphalt2.jpg . La mappa di composizione non ha canali alfa
ma applicando un filtro Image Alpha alla mappa di composizione e identificando una
maschera filtro composta dalle informazioni Z-buffer di un file bitmap speciale (RLA) è
possibile comporre la composizione con il paesaggio utilizzando un evento Alpha
Compositor Layer. In realtà si sta proiettando una composizione tridimensionale sul
paesaggio background.
Utilizzando sempre l’esempio del proiettore di lucidi, questa coda crea un lucido speciale
(la composizione con un filtro Mask). Quando la luce della lampada del proiettore lo
attraversa, la luce è bloccata da un’immagine tridimensionale (il testo dell’oggetto). Il
filtro Alpha Image crea un canale alfa per la composizione composto di un maschera
speciale, un oggetto testo di cui è stato eseguito il rendering da un file MAX a un file RLA.
Utilizzando il canale Z-buffer del file RLA come una maschera, il filtro Alpha Image
dipinge una composizione tridimensionale sul lucido. La sola luce della lampada proietta
quella parte della composizione mascherata secondo la profondità delle informazioni
oggetto nel file RLA sorgente. Un evento Alpha Compositor Layer applicato alle due
immagini Input utilizza la proiezione dalla composizione filtrata (riconoscendo la sua alfa
Image) per comporre la maschera sul paesaggio bitmap. Le figure 28.11 e 28.12 mostrano
l’immagine utilizzata per la maschera Z-buffer e l’immagine finale composta.
■ Figura 28.12
La scena di 3D Studio
MAX, Video Post Queue e
immaginicomposte
utilizzando un canale Z-
buffer come una
maschera.
Se per esempio si aggiunge un evento Scene alla coda che ha 100 fotogrammi e si vuole che
questo evento si ripeta 3 volte, cambiando il valore End Time di Video Post in 299
l’animazione semplicemente si fermerà al fotogramma 99 e Video Post eseguirà il
rendering del fotogramma 99 per il resto della lunghezza della barra dell’intervallo.
Tenere presente che quando si cambia il valore di Scene Range in un valore differente da
Start ed End Time di Video Post, Video Post aggiunge o salta i fotogrammi creando così
Riepilogo
■ Principi creativi: per una migliore composizione e animazione della scena le
tecniche estetiche di base, alcune specifiche della grafica 3D come mezzo
artistico, dovrebbero essere approfondite in modo particolare. Identificare
un centro di interesse. Utilizzare asimmetrie per suggerire il movimento.
Controllare gli equilibri. Posizionare gli oggetti in modo strategico. Prevede-
re in anticipo il mezzo di riproduzione.
■ Utilizzo utilitaristico e collaborativo di Video Post: Capire e utilizzare
Video Post per ragioni pratiche di lavoro di gruppo. Preparare immagini e
animazione per composizione o editing professionale. Utilizzarle per
visualizzare ed eseguire prototipi nel quadro di un lavoro di animazione
grande e onnicomprensivo.
■ Video Post: la lanterna magica: la coda Video Post è analoga a un proiettore
di lucidi molto speciale. La luce della lampada naviga attraverso la trasparen-
Attività di rete
Prima di iniziare a eseguire rendering utilizzando le capacità di rete offerte da 3DS MAX,
bisogna disporre di alcuni componenti di base che girano in ambiente Windows NT. È
necessario ottenere privilegi dall’amministratore di rete per i computer che si intende
utilizzare per il rendering in rete in quanto, senza questi, probabilmente non sarebbe
possibile installare i driver di rete per NT, né tanto meno farli funzionare. Nei paragrafi
seguenti verranno descritti i componenti da installare e configurare per organizzare con
successo un rendering in rete funzionante.
Protocollo TCP/IP
TCP/IP significa Transmission Control Protocol/Internet Protocol. Un protocollo di rete è
un “linguaggio” che permette a due o più computer di parlare tra di loro. Il TCP/IP è solo
uno dei tanti protocolli usati nelle reti, per esempio i computer su rete Novell utilizzano
un altro tipo di protocollo chiamato IPX. I protocolli sono linguaggi adottati dai computer
per comunicare tra di loro ed è possibile utilizzare diversi protocolli contemporaneamen-
te. Per esempio un computer basato su NT ha accesso a server Novell NetWare, Microsoft
Windows e UNIX allo stesso tempo, usando protocolli del tutto diversi. In questo modo,
dal proprio PC si ha accesso a tutti i tipi di computer, non solo quelli compatibili IBM. Non
è possibile usare più istanze di un protocollo allo stesso tempo, principalmente perché non
ve ne è alcun bisogno. Dopo aver inizializzato il protocollo, il computer può comunicare
con qualsiasi altro computer anche se i due non hanno in comune lo stesso protocollo.
Essendo universalmente accettato come standard di rete, in particolare su Internet, TCP/
IP è stato scelto come protocollo per il sistema di rendering in rete 3DS MAX.
Prima fare clic sul tasto Protocols. Verificare se il protocollo TCP/IP compare nell’elenco.
La figura 29.2 mostra un computer su cui è installato il TCP/IP. In questo caso non ne è
necessaria l’installazione. Se il TCP/IP non è incluso nell’elenco, per aggiungerlo fare clic
sul pulsante Add e scegliere il protocollo TCP/IP in elenco. NT richiede diverse
informazioni di configurazione e poi installa il protocollo.
■ Figura 29.3
Finestra di dialogo di
configurazione TCP/IP, se
possibile indicare
l’indirizzo TCP/IP del
computer
Indirizzo TCP/IP
Maschera di sottorete
(subnet mask)
Mentre si imposta una factory di rendering in rete nella rete principale di una società, è viva-
mente consigliata la consultazione dell’amministratore di rete prima di ogni modifica nella
configurazione di rete. A volte vi sono particolari problemi di configurazione caratteristici della
rete su cui si lavora e di cui solo l’amministratore di rete è a conoscenza. Una modifica nella
configurazione di rete potrebbe avere conseguenze non solo sull’accesso del proprio computer
in rete, ma anche sugli altri utenti connessi.
Tutti i computer coinvolti nel rendering in rete devono avere installata una versione autorizzata
di 3D Studio MAX.
Manager e Server
Nella cartella di 3D Studio Max vi sono due programmi non installati come icone nel
gruppo di programmi Kinetix: Manager e Server. Entrambi i programmi sono stati pensati
per funzionare o in una finestra MS-DOS o come un servizio NT.
Il programma Manager fa si che il computer diventi il delegatore e regolatore primario
dei lavori di rendering in rete. Un computer su cui è installato Manager ha il totale
controllo sui lavori di rendering in rete. Il compito principale del manager è soprinten-
dere la delegazione di fotogrammi a ogni computer che partecipa al rendering in rete. Il
Manager mantiene anche una lista dei lavori presentati e in attesa di essere eseguiti, e
agisce su questi appena completati i lavori in corso. Manager funziona solo su computer
NT e deve avere un indirizzo TCP/IP fisso.
Il programma Server permette al computer di lavorare come uno schiavo del rendering.
Il server riceve lavori di rendering di fotogramma dal Manager. Una volta ricevuto,
Server lancia 3D Studio MAX in una speciale modalità server. Durante il funzionamento
in questo modo l’utente non può lanciare un’altra sessione di 3DS MAX. Tuttavia è
possibile stabilire che 3DS MAX sta eseguendo un rendering in rete grazie ai servizi del
Pannello di controllo.
Server può funzionare anche su cui è in esecuzione Manager. In questo modo si possono
eseguire rendering in rete su un computer oppure usare le risorse del computer Manager
per adeguare la potenza del proprio rendering in rete a un computer in più.
Queue Manager
La porzione maggiormente interattiva del rendering in rete risiede nel programma
Queue Manager. Questa icona viene installata nel gruppo di programmi Kinetix insieme
al resto di 3DS MAX. All’interno di Queue Manager si ha il controllo totale della
procedura di rendering in rete – dalla visualizzazione di ogni lavoro inviato dal Manager
al riordino dei lavori. Non è necessario che Queue Manager funzioni su ogni computer
impegnato nel rendering in rete, è sufficiente che sia presente in qualche modo in rete,
persino nel sito più remoto. Anche dopo aver lasciato l’ufficio alla fine della giornata, se
si dispone di un accesso a distanza è possibile controllare e gestire il proprio rendering
in rete.
La cartella principale
In ragione dell’architettura dei componenti di 3DS MAX, il programma risiede in più parti
all’interno della cartella di installazione. La maggior parte dei componenti importanti del
programma si trovano nella cartella principale 3DS MAX, compreso il file 3dsmax.exe e
la sua principale controparte core.dll. Molti altri componenti sono situati nella cartella
Stdplugs.
La cartella Network
La cartella Network contiene tutti i file di controllo del rendering in rete localizzati
centralmente. La cartella network sul computer manager mantiene l’elenco dei lavori in
via di svolgimento e un elenco dei server correntemente registrati. Contiene inoltre il file
manager.ini, un file di inizializzazione utilizzato dal programma manager per adeguarsi
ai giusti parametri di rete, così come i valore preimpostati e le configurazioni personalizzate
di tempo massimo. Il file manager.log contiene la storia dell’interazione del manager con
il sistema di rendering in rete. Può essere usato per seguire le performance del manager
e i lavori a lui assegnati. Essendo un semplice file di testo ASCII, può essere visualizzato
o stampato partendo dall’utilità Notepad in Windows NT. La cartella network di un
server contiene soprattutto il lavoro in corso ad esso assegnato. Può essere sia il file MAX,
■ Figura 29.4
Finestre di dialogo di
installazione per 3DS
MAX. Scegliere Custom
Setup, attivare Manager,
Server, o entrambi, e
indicare un nome o
indirizzo per il Manager
Nei nomi di computer per il rendering in rete 3DS MAX non è possibile utilizzare lineette o
spazi.
Dopo aver digitato il nome del manager, apparirà una piccola conferma dell’informazione
immessa e la procedura di installazione inizierà. 3DS MAX installerà Manager e Server
come servizi NT. Al termine dell’installazione riavviare il computer per inizializzare i
programmi di rendering Manager e Server. A questo punto, il computer è pronto per
eseguire il rendering in rete. Si può ora passare a personalizzare la sezione INI.
■ Figura 29.5
Server in modalità Desktop
Quando si fanno
funzionare Manager e
Server con il comando -d
per la prima volta,
vengono separatamente
creati manager.ini e
server.ini.
Parametri SERVER.INI
Il file SERVER.INI (figura 29.6) è forse il file più importante nel processo di rendering in
rete. Dice infatti al computer Server che esegue il rendering dove cercare il Manager e,
cosa ancora più importante, esegue i lavori di rendering. Verranno ora trattati i parametri
contenuti nelle sezioni del file SERVER.INI.
■ Figura 29.6
Sebbene si possa
Network modificare qualsiasi
Configuration valore nel file server.ini, il
più importante è il
Timers Manager - indica l’indirizzo
TCP/IP del Manager
Debug
Archive
Configurazione di rete
Il parametro Manager è quello più importante del file. Al suo interno possono essere
espressi due soli valori: un indirizzo TCP/IP e un nome per il computer. Ciascun valore
deve essere o il nome o l’indirizzo del manager. Senza quest’informazione corretta, il
computer non è in grado di partecipare al rendering in rete.
Il numero di versione specifica quale versione del programma Server si sta usando. Viene
espresso in centinaia; se si ha la versione 100, in realtà si tratta della versione 1.0. Non è
necessario modificare questo valore perché non ha alcuna conseguenza sul rendering in
rete.
Timer
Acknowledgment Timeout è il tempo, espresso in secondi, che il server deve attendere
dopo aver inviato un messaggio, come il valore completo di un fotogramma. Il valore
preimpostato è 20 secondi.
Acknowledgment Retries è il numero di volte che un server riprova dopo aver superato
il time-out nell’invio di un messaggio. Dopo aver superato il time-out il numero di volte
specificato in questa variabile, il server marca il computer responsabile come non presente
e non cercherà più di connettersi con esso. Il valore preimpostato è di sei riprove.
Queste due variabili di tempo devono essere le stesse in server.ini e manager.ini. Diversamente
Manager e Server avrebbero infatti grossi problemi nel comunicare l’uno con l’altro.
Max Rendering Timeout è un valore, espresso in secondi, a disposizione del server per
completare un fotogramma assegnatogli. Se il fotogramma non viene completato in
tempo, il server viene marcato come fallito dal manager e il fotogramma viene assegnato
a un altro server. Se si sta eseguendo il rendering di una grossa scena per cui sono
necessarie più di tre ore su un singolo computer, è consigliabile aumentare leggermente
questo valore. Il valore preimpostato è 14400 secondi, cioè quattro ore.
Debug
Il valore Level specifica la quantità di informazioni fornite all’utente quando il Server
funziona in una finestra DOS. Questo valore non ha effetto se il Server funziona come
servizio NT. Inoltre, il valore Level non influisce su quale informazione viene scambiata
Archivio
Command è il programma di archivio usato per decomprimere le mappe quando si
selezionano i comandi Use Maps. Questo programma deve corrispondere al programma
di archivio selezionato nel file 3dsmax.ini. Il valore preimpostato è pkunzip.
Il valore Options configura qualsiasi comando utilizzabile con il programma di archivio.
Si ricordi che per la maggior parte del tempo il computer lavora sul rendering senza
l’intervento dell’utente, è quindi consigliabile impostare dei comandi che permettano al
programma di archivio di lavorare da solo. Altrimenti il computer si potrebbe fermare
in attesa della risposta affermativa a una semplice domanda. È possibile visualizzare i
comandi del programma archivio all’interno del programma stesso digitando -? o /? dopo
il nome del programma.
Parametri di MANAGER.INI
Proprio come SERVER.INI, MANAGER.INI è essenziale perché il programma Manager
funzioni bene. Sebbene contenga parametri simili o uguali a quelli di server.ini, molto
probabilmente non sarà necessario cambiare nessun parametro. Il file MANAGER.INI
(figura 29.7), in genere viene lasciato da solo perché la configurazione del manager rimane
costante. Si consiglia di cambiare i seguenti valori solo se sulla rete su cui si lavora si hanno
seri problemi nel rendering.
Configurazione di rete
Il numero di versione indica quale versione del programma Manager si sta usando.
Questo numero è espresso in centinaia, se si ha la versione 100, in realtà si tratta della
versione 1.0. Non è necessario comporre questo valore perché non ha alcun effetto sul
rendering in rete.
Il numero di porta del Server indica il “canale” su cui il Manager si aspetta che
comunichino tutti i server. Il numero porta deve essere lo stesso sia nel file manager.ini
sia in tutti i file SERVER.INI. L’unica ragione per cui cambiare il numero è la presenza di
un altro programma con lo stesso valore porta sulla rete in cui si lavora. In questo caso,
è consigliabile cambiare il numero del programma piuttosto che quello di tutti i server.
Il valore preimpostato è 1700.
Il numero di porta del Manager è il canale sul quale è sintonizzato il Manager. Ogni file
SERVER.INI deve avere questo esatto valore per l’accesso al numero Porta del Manager.
Altrimenti, Manager e Server non possono comunicare tra di loro. È evidente che
cambiare i numeri di porta dei file INI manager e server è un lavoro enorme, è quindi
consigliabile intraprendere l’operazione solo in casi estremi. Il valore preimpostato è
1708.
Max Block Size indica la dimensione dei “chunk” di dati, chiamati pacchetti, che vengono
scambiati con il Manager. Diminuire questo parametro solo se si hanno problemi nel
sottomettere grandi lavori attraverso la linea telefonica o si hanno altri rallentamenti
nelle connessioni. Più il valore è piccolo, meno dati sono inclusi in ciascun pacchetto, ma
il modem può trasmettere i pacchetti più facilmente e velocemente. Il valore preimpostato
è 32 KB. In caso si verifichino altri problemi, si consiglia di provare a ridurre il numero.
Timer
Acknowledgment Timeout è il tempo, espresso in secondi, che il manager aspetta dopo
aver inviato un messaggio, come un valore di assegnamento di fotogramma. Il valore
preimpostato è 20 secondi.
Acknowledgment Retries è il numero di volte che un server riprova dopo aver superato
il time-out per inviare un messaggio. Dopo aver superato il time-out il numero di volte
specificato in questa variabile, il manager marca il computer responsabile come non
presente e non cerca più di comunicare con esso. A questo punto, è necessario usare il
cliente del Queue manager per cercare di riconnettersi. Il valore preimpostato è sei
riprove.
Queste due variabili di tempo devono essere le stesse sia per server.ini sia per manager.ini. Se
non si è sincronizzati, è probabile che i programmi Manager e Server non riusciranno a comu-
nicare correttamente.
Operazione
Current Job Assignment indica il numero di lavori attivi che il manager può gestire
contemporaneamente. In genere si preferisce tenere un valore basso per permettere al
Manager di gestire più lavori – se due lavori vengono inviati in tempi diversi, ognuno
utilizzando un server differente, il Manager può gestire l’assegnazione di entrambi i
lavori simultaneamente. Dal momento che i file MAX e le loro mappe associate a volte
possono essere molto grandi, è sconsigliato limitarne il valore a meno che il computer
manager non sia un cavallo da lavoro con un robusto disco fisso di rete. La maggior parte
delle reti moderne possono gestire circa da quattro a sei lavori contemporaneamente,
mentre le reti più vecchie dovrebbero gestirne circa due. Questo numero è così
importante perché ogni lavoro simultaneo a un altro che il Manager deve mantenere, ruba
tempo ad altri lavori, come l’assegnazione e il tracking di fotogrammi per lavori assegnati
allo stesso tempo. Il valore preimpostato è 4.
Rendering di un lavoro
Quando ci si sente pronti a eseguire il rendering in rete, è consigliabile iniziare con due
soli computer, oppure uno se si ha a disposizione una configurazione a computer unico.
Se si hanno due computer in grado di comunicare tra di loro, è allora possibile avere
un’intera stanza che comunica, a condizione che i computer abbiano una configurazione
simile. Il paragrafo seguente descriverà il funzionamento di Server e Manager come
servizi e il loro funzionamento nella modalità Desktop. Si consiglia la lettura di entrambi
per decidere quale dei due si addice meglio al proprio caso. Verrà inoltre spiegata
l’assegnazione di un lavoro dalla finestra di dialogo di rendering 3DS MAX. e la
configurazione di mappe e dei percorsi di mappatura.
■ Figura 29.8
Manager e Server
Manager in esecuzione
funzionanti come servizi,
come servizio
come appaiono nella
finestra di dialogo Sever in esecuzione
SERVICES di Windows NT. come servizio
“Automatic” indica che
entrambe i servizi
saranno in funzione
all’avviamento di Windows
NT.
Per disinstallare/installare Manager o Server come servizi, eseguirli dalla cartella 3DS MAX con
il comando -r.
Service Options
Manager e Server hanno servizi standard che, configurati, si adeguano a ogni esigenza.
Per cambiare uno qualsiasi dei parametri seguenti, fare clic sul pulsante Startup nella
finestra di dialogo SERVICES. Apparirà la finestra di dialogo SERVICES Options (figura 29.9).
La prima sezione permette di specificare il modo in cui il servizio si avvia. In genere, si
preferisce la configurazione Automatic, ottenendo l’avviamento di Service insieme a NT.
Dopo aver apportato delle modifiche sull’account di servizio, fermare e riavviare il servizio per
inizializzare le nuove configurazioni.
Rimozione
Se Manager e Server sono già stati installati come servizi, è possibile disinstallarli/
installarli lanciando gli eseguibili con il comando -r, per esempio:
c:\3dsmax\server-r
Questo comando rimuove Server come servizio NT, ma non lo elimina. Lo stesso vale per
Manager. Se il servizio sta funzionando, viene fermato e poi rimosso.
In modalità Desktop
La modalità Desktop fornisce all’utente una finestra dentro le operazioni interne dei
servizi Manager e Server. Nella modalità Desktop, i servizi funzionano in finestre MS-
DOS sul desktop. Il funzionamento di questi servizi è simile a quello di un servizio
installato, differisce solo per il fatto che tutte le informazioni di connessione appaiono
nelle rispettive finestre.
Per avviare un servizio nel modo Desktop seguire le istruzioni seguenti:
1. andare sul gruppo di programmi Main e fare clic due volte sull’icona MS-
DOS
2. portarsi nella cartella max installata e digitare server -d.;
Sostituire Manager se si desidera farlo funzionare in modalità Desktop. Se si vuole farli
funzionare entrambi nello stesso modo, ripetere le operazioni sopraindicate. NT permet-
te di avere più sessioni.
■ Figura 29.10
Manager e Server
inesecuzione in modalità
Manager Desktop come sessioni
in modalità MS-DOS. Si noti che dopo
Desktop essere stati entrambi
inizializzati,comunicano
tra di loro.
Server
in modalità
Desktop
Per lavorare correttamente Manager e Server devono essere eseguiti per ogni operazione
descritta in questo capitolo.
Elenco e stato
dei server
Quando si dà un nome a un lavoro non si possono usare “;”, “\” o “/” come parte del nome,
3DS MAX riporterebbe un errore.
A tutti i lavori in via di svolgimento vengono assegnate delle cartelle basate sul nome del lavoro
nella cartella di rete di Manager.
PKZIP e PKUNZIP sono limitati sulla convenzione di assegnazione di nomi DOS (nome compo-
sto da otto caratteri e un’estensione di tre caratteri). Tutte le operazioni che utilizzano il coman-
do Include Maps, (nomi di lavori, file di mappa, file di scena) devono aderire a questo formato.
Selezione di un Manager
Dal momento che vi possono essere più manager sulla stessa rete, è necessario sceglierne
uno da utilizzare per il rendering. Il manager scelto può essere indicato sia con il nome
sia con l’indirizzo TCP/IP. 3D Studio MAX ricorda gli ultimi quattro messaggi immessi
nell’elenco a discesa di Manager.
Dopo aver scelto il manager che si intende utilizzare, fare clic sul pulsante Connect. Se
ogni cosa è stata configurata correttamente, 3DS MAX si connette e apparirà un elenco dei
server registrati con quel manager. Se non appare nulla o se si riceve un messaggio di
rifiuto di connessione, significa che vi sono diversi problemi.
1. Accertarsi che Manager sia in funzione sul computer che si vuole usare come
manager;
2. se Manager è in funzione, controllare nella finestra di dialogo JOB
ASSIGNMENT se il nome del computer o l’indirizzo IP digitato è corretto;
3. se 3DS MAX sembra connettersi ma sull’elenco non è indicato nessun server,
controllare se il Server è in funzione su ogni computer che verrà utilizzato
per il rendering;
4. infine, verificare se ogni computer è fisicamente collegato in rete. Per far ciò
basta andare su File Manager (o Network Neighborhood per NT 4.0) e
cercare di connettere ogni computer.
I puntini colorati che appaiono vicino al loro nome indicano lo stato attuale del server.
Consultare il paragrafo successivo per capire e gestire i server e i loro diversi stati.
I server di rete Novell leggono solo la struttura di nome di DOS - otto caratteri con un’esten-
sione di tre caratteri (8.3).
Per essere sicuri che le proprie mappe vengano caricate su ogni server durante il
rendering in rete si consiglia di seguire le seguenti istruzioni:
1. all’inizio di un progetto, configurare una locazione in rete dove chiunque
lavori al progetto abbia accesso. In seguito creare delle cartelle per mappe e
scene dando loro un nome significativo;
2. fare in modo che ogni persona parte del progetto sia connessa al computer
centrale usando la stessa lettera di percorso e di drive, per esempio si consi-
glia di garantire l’accesso di tutti alle mappe con la lettera di drive M. Per
realizzarlo andare in File Manager o, nel caso di NT 4.0, usare Network
Neighborhood. Ricordarsi di specificare di riconnettersi a questo drive al
momento del logon. In questo modo l’utente sarà sempre collegato al drive
usando la stessa lettera di drive ogni volta che si connettono;
se possibile, è consigliabile sistemare le mappe e le scene nella stessa cartella.
Quando carica la scena per la prima volta, 3DS MAX cerca le mappe e le
scene nella stessa cartella. Da lì cerca nelle cartelle dei percorsi di mappa;
3. se si ha una factory del rendering oppure si hanno altri computer che non
vengono utilizzati solo per il rendering, si consiglia di configurare l’assegna-
zione della lettera drive nello stesso modo utilizzato per gli altri computer.
Usando l’esempio precedente, ogni server si connetterà alla cartella di mappe
utilizzando la lettera di drive M;
I percorsi di mappa sono archiviati nel file 3dsmax.ini per uno specifico computer.
3DS MAX “legherà” la cartella di un file di mappa archiviato localmente. Così anche se il file
sarà disponibile da qualche parte in rete, il server lo cercherà nella stessa cartella sul disco
fisso del server. Per ovviare a questo problema, accertarsi che tutte le mappe siano archiviate
ed accessibili nell’Editor materiali da una locazione comune su qualche server di mappe in rete.
Si noti che nel percorso non è archiviata alcuna lettera di drive. L’UNC non si basa su
lettere, ma solo sui nomi dei computer. Per questo motivo ci si può collegare al computer
usando una qualsiasi lettera di drive. Fino a che si è connessi, 3DS MAX troverà la mappa.
Se si desidera avere l’informazione UNC per un file archiviato localmente, ci si può
connettere al proprio computer attraverso File Manager.
Percorsi di output
Molte informazioni per la configurazione di percorsi di mappe per una factory del
rendering valgono anche per le cartelle di output. Ma dove finisce il file dopo il rendering?
Ancora una volta la configurazione di una locazione comune per l’output risulta
problematica per le factory del rendering. Se 3DS Studio Max non può scrivere il file
rappresentato, il server del rendering fallisce su quel particolare lavoro. È possibile usare
la stessa logica per indicare dove vanno i file dopo il rendering. Le seguenti operazioni
schematizzano il miglior modo per configurare dei percorsi per il rendering in rete:
1. configurare una cartella sul computer centrale dove si desidera avere tutto
l’output di un rendering archiviato e accertarsi che tutti vi abbiano accesso;
2. fare in modo che tutti gli utenti siano connessi al drive. Per convenienza,
utilizzare una lettera di drive che abbia un senso, come O. Verificare che tutti
gli altri computer che partecipano al rendering siano connessi a quel compu-
ter e a quella cartella;
3. una volta terminato un lavoro di rendering in rete, chiedere a ogni utente di
inviare l’output nella finestra di dialogo RENDERING su quel computer in
quella cartella;
poiché 3DS MAX utilizza UNC, mentre il computer è connesso è in grado di
eseguire l’output della locazione specificata.
Per caricare mappe velocemente, riorganizzare i percorsi di mappe in modo che le cartelle dove
si trovano le mappe siano verso l’inizio dell’elenco. 3DS MAX ricerca le mappe usando l’elenco
in ordine decrescente.
L’output è ancora più facile. Per archiviare file indicare una locazione sul proprio disco
fisso o sulla rete. L’unico problema nel caricare mappe dalla rete o nello spedire output
in rete è che se il collegamento in rete cade per una qualsiasi regione il lavoro di rendering
fallisce. Se si tratta di problemi di spazio sul proprio disco fisso, si consiglia l’archiviazione
dei dati non critici in qualche parte della rete e il trasferimento delle mappe su disco fisso.
Basta che 3DS MAX non trovi anche una sola mappa perché il lavoro fallisca, o non sia
possibile archiviare l’immagine rappresentata nella locazione indicata. Per quanto riguar-
da l’output, non è possibile cercare altri dischi fissi o cartelle per archiviare immagini in
un altro posto come un backup.
■ Figura 29.12
Input immagine (file sequenziali)
Video Post con una
sequenza IFL assegnata e
configurata per eseguire
un rendering su un file Output
AVI. immagine
(file di
animazione)
■ Figura 29.13
Manager attuale Finestra di stato job/server
La Queue Manager
Interface con i suoi
componentiprincipali.
Elencojob
Dopo aver configurato la disponibilità di un server, questa disponibilità rimane valida fino a
nuova modifica. L’unico modo per cambiare le volte che un server può occuparsi di rendering è
creare un lavoro falso e inattivo. Da qui è possibile andare in Queue Manager e cambiare
l’orario del server.
Finestra Apply
Riepilogo
■ Lavoro in rete basato su server Come risultato di questa nuova
implementazione in 3D Studio MAX 1.1, è possibile assegnare più lavori e
appena i server completeranno un lavoro, passeranno a uno nuovo senza
badare se un altro server sta ancora lavorando sullo stesso.
■ Assegnazione di un solo indirizzo TCP/IP Per permettere un corretto
funzionamento del rendering in rete, ogni computer deve avere un unico
indirizzo IP diverso da tutti gli altri. La migliore implementazione è l’uso del
prefisso 192 seguito dalle ultime tre sequenze di numeri con una combinazio-
ne, che abbia un senso, da applicare a tutti i computer.
■ Modalità Desktop Il miglior modo per controllare il lavoro di rete è far
funzionare i servizi in Desktop mode. Si potranno così vedere tutte le comu-
nicazioni tra il manager e i suoi server in caso di localizzazione dei guasti
nella configurazione di rendering in rete. Una volta acquistata dimestichezza
con la configurazione su cui si lavora, è possibile far funzionare entrambe i
programmi come servizi Windows NT.
■ Organizzazione delle mappe Quando si lavora su una rete molto grande è
meglio che gli utenti mettano le mappe in una locazione di archivio centrale.
In questo modo, nessun rendering fallirà a causa di mappe mancanti.
■ Output di un file di animazione. Dal momento che con MAX non è possibi-
le eseguire un rendering in rete su un file di animazione come per esempio
FLC o AVI, si può utilizzare video post. Basta eseguire il rendering di
un’animazione su una sequenza di fotogrammi fissi, come un libro di imma-
gini, e utilizzare video post per compilare su computer la sequenza nel
formato di animazione.