Sei sulla pagina 1di 1

Arte contemporanea 02/03/2020

Ci siamo fermati ieri con alcuni precedenti tardo barocchi, per provare a capire che cosa ci stiamo lasciando
alle spalle. Guardiamo quello che è considerato il manifesto del Neoclassicismo di Jacques-Louis David,
capite bene che ci troviamo di fronte ad una temperie totalmente nuova, rispetto alle opere che abbiamo
visto ieri. Non c’è più nulla di quella visione così convulsa e irrequiente, precipitata sul primo piano, a
beneficio di una visione statuaria. Molto spesso, impropriamente, quest’opera viene assimilata ad una sorta
di manifesto proprio per questa visione così essenziale, fatta di pochi elementi. Questo dipinto fu in parte
realizzato a Roma, venne esposto per alcuni mesi a Roma, prima di essere presentato ufficialmente a Parigi,
è quindi un dipinto in qualche modo romano che recupera tutta una tradizione del classicismo romano che
aveva come primo riferimento Raffaello e la sua scultura. Quindi quello che è stato considerato, anche
impropriamente, come dicevo, anche un manifesto della rivoluzione francese, il neoclassicismo viene
identificato come l’arte della rivoluzione, in realtà basterebbe anche solo ragionare sul filo delle date, per
rendersi conto come la cosa su cui troppo poco si ragiona è che in realtà è un dipinto commissionato a
David da un esponente dell’alta borghesia francese e destinata ad un Re, quindi semmai è un dipinto che
celebra esattamente il contrario, ovvero un atto di fedeltà alla causa del regno di Francia proprio in questi
ultimi anni turbolenti della monarchia Borbonica. Quindi anche lì un esempio eclatante di come molto
spesso interpretazioni un po’ passe-partout prendano poi il sopravvento su quella che è poi la realtà. Ma
questo accade perché questi valori di essenzialità, di dedizione alla patria, anche a costo della propria vita,
in qualche modo servirà gli ideali di fraternitè, egalitè, libertè, che come sapete sono i cavalli di battaglia
della rivoluzione francese. Vediamo qualche altro dipinto di David anche per allenare l’occhio, impregnato
da subito di un successo sproporzionato. Questa morte di Socrate è in realtà un tema che pesca a piene
mani da una tradizione visiva che è quella della pittura così detta filosofica del 600 cioè legata a questi temi
di stoicismo, resistenza, di sacrifico in nome di un ideale più alto e che celebra questi maestri del pensiero
su cui si costruisce il progetto stesso della rivoluzione francese che affonda come sapete bene, la sua anche
spinta più feroce in realtà dentro gli ideali dell’illuminismo. Infatti più che nel Giuramento degli Orazi che
abbiamo visto prima, è forse più dell’altra ancora improntata di un classicismo di tipo sei-settecentesca, di
derivazione ancora Raffaellesca e che ha un’atmosfera, tenebrista, sinistra che concorre a definire questa
atmosfera incombente che si sta consumando in questa scena ritratta. Vedete come anche pose, e
atteggiamenti sono ricalcati da tutto un repertori di pittura antica, da Raffello nelle stanza vaticane, che
costituiscono un riferimento costante per questa generazione artistica. Un altro quadro storico è la Morte
di Marat, questo sì che è invece un manifesto rivoluzionario perché appunto Marat assassinato da mano
ostile in cui la rappresentazione è ridotta all’osso. Qui la lettura si spreca con le varie citazioni come la
deposizione di Caravaggio che aveva avuto modo di vedere a Roma. Anche qui l’essenzialità, la povertà,
riflette il carattere appunto proto di questo martire, in cui questa sorta di dedica a Marat è appunto il
valore di una lapide, omaggio funebre anche questa però affidata al materiale povero del legno grezzo

22.26

Potrebbero piacerti anche