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Reppublica Bolivariana di Venezuela

Ministero del Potere Popolare pe la Educazione

U.E.P Giovanni III

Cabimas – Zulia

Giacomo Leopardi

Autori:

El Zelah P, Concettina E

Insignares V, Lennis I

Quevedo D, Juan A

Borjas M, Daniela C

Hernández V, Edixon J

Cabimas, Febbraio 2016


Giacomo Leopardi

Nacque il 29 giugno del 1798 a Recanati (Macerata) dal conte Monaldo e

da Adelaide dei Marchesi Antici. Il padre, dotato di squisiti gusti letterari e

artistici, riuscì a collezionare un'importante biblioteca domestica, contenente

migliaia di libri e che vedrà il giovane Giacomo frequentatore assiduo, tanto che

a tredici anni già si dilettava di letture greche, francesi e inglesi, di fatto

insensibile alle esortazioni paterne che avrebbe voluto per lui la conduzione di

una vita più sana e dinamica.

Nella biblioteca di casa trascorre i "sette anni di studio matto e

disperatissimo" nella volontà di impossessarsi del più ampio universo possibile:

sono anni che compromettono irrimediabilmente la salute e l'aspetto esteriore di

Giacomo, fonte fra l'altro delle eterne dicerie sulla nascita del cosiddetto

pessimismo leopardiano. Leopardi stesso si è invece sempre opposto al

tentativo di svilire la portata delle sue convinzioni, contestando che queste

nascessero da quelle.

La verità è che il precoce letterato soffriva di una forma di ipersensibilità

che lo teneva lontano da tutto ciò che avrebbe potuto farlo soffrire, tra cui vanno

ascritti di diritto i rapporti interpersonali. A diciotto anni scriveva odi greche

facendole credere antiche, e cominciava a pubblicare opere d'erudizione storica

e filologica. Il padre Monaldo, organizzava accademie in famiglia per farvi

brillare l'ingegno del figlio, ma questi ormai sognava un mondo più grande, un

pubblico più vario e meno provinciale.


Tra il 1815 ed il 1816 si attua quella che è divenuta famosa come la

"conversione letteraria" di Leopardi, il passaggio cioè dalla semplice erudizione

alla poesia; quella che lo stesso Leopardi definì appunto "passaggio dalla

erudizione al bello". Seguirà l'abbandono della concezione politica reazionaria

del padre ed il distacco dalla religione cattolica.

È il 1816, in particolare, l'anno in cui più distintamente la vocazione alla

poesia si fa sentire, pur tra le tante opere di erudizione che ancora occupano il

campo: accanto alle traduzioni del primo libro dell'Odissea e del secondo

dell'Eneide, compone una lirica, "Le rimembranze," una cantica e un inno.

Interviene nella polemica milanese tra classici e romantici. Nel 1817 si

registrano nuove traduzioni e prove poetiche significative.

La vita di Giacomo Leopardi in sè è povera di vicende esteriori: è la

"storia di un'anima". (Con questo titolo il Leopardi aveva immaginato di scrivere

un romanzo autobiografico). E' un dramma vissuto e sofferto nell'intimità dello

spirito.

Il poeta, e così nella sua trasfigurazione l'essere umano "tout-court"

aspira ad un'infinita felicità che è totalmente impossibile; la vita è inutile dolore;

l'intelligenza non apre la via ad alcun mondo superiore poiché questo non

esiste se non nell'illusione umana; l'intelligenza serve soltanto a farci capire che
dal nulla siamo venuti e al nulla torneremo, mentre la fatica e il dolore di vivere

nulla costruiscono.

Nel 1817, sofferente per una deformazione alla colonna vertebrale e per

disturbi nervosi, stringe rapporti epistolari con Pietro Giordani, che conoscerà di

persona solo l'anno dopo e che presterà sempre umana comprensione agli

sfoghi dell'amico. In questo periodo il grande poeta comincia fra l'altro ad

annotare i primi pensieri per lo Zibaldone e scrive alcuni sonetti. Il 1818, invece,

è l'anno in cui Leopardi rivela la sua conversione, con il primo scritto che abbia

valore di manifesto poetico: il "Discorso di un Italiano intorno alla poesia

romantica", in difesa della poesia classica; inoltre pubblica a Roma, con dedica

a Vincenzo Monti, le due canzoni "All'Italia" e "Sopra il monumento di Dante".

Intanto, è colpito da una grave malattia agli occhi che gli impedisce non solo di

leggere, ma anche di pensare, tanto che più volte medita il suicidio.

Matura in questo clima la cosiddetta "conversione filosofica", ossia il

passaggio dalla poesia alla filosofia, dalla condizione "antica" (naturalmente

felice e poetica) alla "moderna" (dominata dall'infelicità e dalla noia), secondo

un percorso che riproduce a livello individuale l'itinerario che il genere umano si

trovò a compiere nella sua storia. In altre parole, la condizione originaria della

poesia si allontana ai suoi occhi sempre più nelle epoche passate, e appare

irriproducibile nell'età presente, dove la ragione ha inibito la possibilità di dare

vita ai fantasmi della fantasia e dell'illusione.


Sfortunatamente, in questo periodo si innamora pure segretamente della

cugina Geltrude Cassi Lazzari, che rappresenta uno dei suoi tanti amori non

corrisposti, amori ai quali il poeta attribuiva capacità quasi salvifiche di

lenimento delle pene dell'anima. Finalmente nel febbraio del 1823 Giacomo può

realizzare, col permesso paterno, il sogno di uscire da Recanati dove si sentiva

prigioniero di un ambiente mediocre, che non lo sapeva né lo poteva

comprendere. Ma recatosi a Roma presso lo zio materno, rimane

profondamente deluso dalla città, troppo frivola e poco ospitale.

Lo commuove soltanto il sepolcro del Tasso. Ritornato a Recanati, vi

rimane due anni. Prende poi dimora a Milano (1825) dove conosce Vincenzo

Monti; e poi ancora a Bologna (1826), Firenze (1827), dove conosce Vieusseux,

Niccolini, Colletta, Alessandro Manzoni, e Pisa (1827-28). Si mantiene con lo

stipendio mensile dell'editore milanese Stella, per il quale cura il commento alle

rime del Petrarca, esegue traduzioni dal greco e compila due antologie di

letteratura italiana: poesie e prose. Venutegli a mancare queste entrate torna a

Recanati (1828). Nell'Aprile del 1830 torna a Firenze su invito del Colletta; qui

stringe amicizia con l'esule napoletano Antonio Ranieri, il cui sodalizio durerà

sino alla morte del poeta.

Nel 1831 vede la luce a Firenze l'edizione dei "Canti". Nel 1833 parte con

Ranieri alla volta di Napoli, dove due anni più tardi firma con l'editore Starita un

contratto per la pubblicazione delle proprie opere. Nel 1836, per sfuggire alla

minaccia del colera, si trasferisce alle falde del Vesuvio, dove compose due
grandi liriche: "Il tramonto della luna" e "La ginestra". Il 14 giugno 1837 muore

improvvisamente, a soli 39 anni, per l'aggravarsi dei mali che lo affliggevano da

tempo
Anesso

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