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LEZIONE 6- 8 Ottobre 2018

Riassunto dell’ultima lezione:


In tutta Europa abbiamo la riscoperta del diritto romano a livello accademico. Quindi circolazione
del diritto romano riscoperto nel corpus iuris in tutta l’Europa più colta, quella accademica. Siamo
dopo l’XI secolo e tutto questo avviene fino alla rivoluzione francese. Abbiamo un’iniziale inattività
completa dei legislatori di allora, cioè i regnanti di quegli stati che iniziavano a nascere. Abbiamo la
presenza di consuetudini germaniche che diventano consuetudini locali. Ogni singolo villaggio,
provincia, regione aveva consuetudini diverse.
L’obbligo del giudice era quello di dirimere i conflitti e seguire in questo un criterio di preferenza
delle fonti del diritto. La prima fonte di diritto era il diritto proveniente dal principe, dal re, dalla
corona. Questi principi però erano portati a non emanare normative di interesse per i singoli,
emanavano normative solo di carattere fiscale. Se non vi era alcuna previsione dettata dal principe
bisognava applicare le consuetudini locali. Queste corti locali che avevano a capo il signore feudale
provvedevano a dirimere conflitto applicando consuetudini locali.
Col passare del tempo però ci siamo resi conto che la consuetudine, che è un adattamento lento
della regola di condotta a ciò che avvien all’interno della società, a volte non era più adeguata,
perché c’erano dei repentini cambiamenti all’interno della società mentre la consuetudine
rimaneva la stessa. Oppure i cambiamenti erano talmente repentini che non vi erano consuetudini
che trattavano quelle questioni. Allora i giudici in quel caso utilizzavano regole di diritto romano. A
quel punto non bisognava pensare ad un’ulteriore fonte subordinata di diritto romano, perché il
corpus iuris era considerato un testo completo. All’interno di quel testo si trovava la regola per
dirimere qualsiasi controversia. Questa situazione si trova in tutta Europa, con accentuazioni più
marcate in favore dell’utilizzo del diritto romano in Germania, meno marcate nell’utilizzo delle
consuetudini locali come prodotto delle singole comunità in quei luoghi in cui era gelosamente
custodita l’autonomia, come la Spagna.
L’ordinamento che viene solitamente trattato è quello francese.

ORDINAMENTO FRANCESE
Prendiamo le mosse dal XI-XII secolo. L’ordinamento francese è il primo che vede la comparsa del
primo codice moderno, cioè il testo che contiene tutte le regole di diritto civile organizzato in
maniera sistematica, che è tuttora presente in Francia. Ed è il Codice Napoleonico del 1804.

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Nell’Europa dell’XI-XII secolo vi erano un simulacro di giovani stati, un legislatore centrale che non
legiferava, tante consuetudini locali, quindi regole non scritte diverse da città a città, una corte per
ogni singolo territorio minuto come erano i feudi di allora.
Trasferiamoci alla fine 1700 in Francia (a ridosso della rivoluzione francese)  Napoleone elabora
un codice contenente tutte le regole tra privati (codice civile) sistematico, moderno, da tutti
salutato come un’opera eccezionale dal punto di vista giuridico.
Ha una prima caratteristica: è scritto perché è un codice. Pensiamo che nel 1200 in Europa e in
Francia ci sono consuetudini locali orali e adesso ci troviamo un codice scritto, quindi qualcosa
deve essere successo.
Poi questo codice è unico per tutta la Francia non ci sono più diversità di regole di condotta da
città a città, provincia a provincia. Anche in questo ambito qualcosa è avvenuto. Questo è un
unicum. Solo la Francia ha in quel momento (inizi del 1800) ha il proprio codice civile, scritto,
identico per tutto il territorio.
Il diritto dell’Europa dell’XI-XII secolo è un diritto personale. Nella stessa città le consuetudini locali
sono destinata ad un gruppo sociale, altre ad un altro gruppo sociale. La stessa situazione viene
disciplinata in modo diverso a seconda del gruppo a cui appartengo. Questa è la personalità del
diritto. Nella Francia napoleonica non ci sono più tanti diversi soggetti destinatari di regole diverse,
ma c’è un unico soggetto cittadino. Il cittadino è l’unico soggetto destinatario di tutte le regole.
Come si è arrivati a questo cambiamento in Francia?
Consuetudini locali in Francia cosa significa? Che regole, elaborate dalle singole comunità,
dipendono dalla cultura di una determinata società. Sappiamo che la Francia ha avuto un’influenza
marcatamente romanistica nel Sud della Francia e una fascia che prendeva il Centro-Nord della
Francia che ha avuto una minore influenza da parte del diritto romano. Quindi quando sono
arrivati i nuovi popoli c’è stata una resistenza significativa, dal punto di vista culturale, maggiore
nel sud della Francia rispetto al Nord. Nel Sud della Francia posso riscontrare una cultura (anche
dopo l’invasione dei popoli barbari) del diritto romano. Le comunità sentivano il diritto romano
fortemente legato. Nella Sud della Francia vi è una consuetudine locale, ovviamente quella
consuetudine è di diritto romano. Quindi troviamo regole romanistiche nel Sud della Francia,
perché era proprio il luogo in cui romani a livello culturale avevano lasciato maggiormente il
segno.
Nel Nord della Francia, dove i romani hanno meno lasciato il segno, le consuetudini avevano
maggiore influenza germanica, proprio perché culturalmente non vi era stata quella penetrazione

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come vi era stata per il Sud della Francia. La Francia dunque se vogliamo individuarla sulla base
dell’influenza del diritto a seguito dell’invasione dei popoli, dobbiamo dividerla a metà. Il Sud
vedrà in maniera costante e significativa la presenza di regole consuetudinarie di origine
romanistica e il Nord regole consuetudinarie di origine germanistica. Proprio perché il diritto
romano era scritto, il Sud aveva una propensione per il diritto scritto. Infatti, la parte a Sud della
Francia viene da sempre definita “paese di diritto scritto” proprio perché l’influenza era quella
romanistica. Il Nord era definito “paese di diritto consuetudinario”, perché il diritto dei barbari era
un diritto oralmente tramandato di generazione in generazione. Questa è la condizione in cui si
trova la Francia dall’invasione fino al XV secolo.
Che cosa caratterizza il mondo francese? Forte centralizzazione del potere. I re francesi detengono
un potere particolarmente forte su tutto il territorio. C’è una concentrazione a Parigi di tutto il
potere di quell’ordinamento. Cosa lamentavano i mercanti? Un conto è avere a che fare con una
realtà in cui i commerci sono praticamente inesistenti, quindi è giusto che le consuetudini locali
disciplinino i rapporti all’interno di società in cui non c’è comunicazione, ma se i commerci iniziano
ad essere floridi io devo trasferire le merci dalla città A alla città B passando per la città C e ad ogni
nuovo villaggio che si attraversava bisognava apprendere una nuova regola di condotta, perché la
localizzazione delle consuetudini faceva sì che queste fossero diverse da villaggio a villaggio. Da
villaggio a villaggio ha senso avere una diversità di disciplina di varie situazione per coloro che
vivono nel villaggio, ma per coloro che transitano per ragioni commerciali è un problema.
Quindi dal XIV-XV secolo c’è stata una lamentale costante da parte dei mercanti circa questa
diversità di regole di condotta sul territorio francese. Per questo Carlo VII nel 1454 ordinò la messa
per iscritto di tutte le consuetudini. Non poteva disporre l’uniformazione, perché non c’erano le
condizioni in quel momento perché è una realtà tipicamente europea con diverse culture, gelosia
delle proprie tradizioni. Quindi il primo passaggio per passare poi ad avere un codice scritto è la
messa per iscritto della regola. La regola rimane diversa da villaggio a villaggio ma viene messa per
iscritto ed è accessibile con facilità. Un conto è come avveniva nel processo romano canonica
l’accedere al documento, alla regola scritta e un conto è, come avveniva nelle corti medievali
feudali, andare a capire qual è la regola di condotta del paese vicino. Perché il signore feudale non
conosceva tutte le regole di condotta. Quindi ogni volta che bisognava applicare la regola
consuetudinaria bisognava andare a chiedere qual era la regola. Invece se la regola è scritta quella
regola è applicabile ovunque indipendentemente dal luogo.

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La messa per iscritto è stata così mal vista dai francesi che ci hanno messo 100 anni per avere per
iscritto tutte le consuetudini dei paesi, delle province e così via.
Sempre in ragione della particolare forza che aveva il potere regio si ha una tendenza, in un
preciso luogo della Francia cioè Parigi, a vedere un avvicinamento tra coloro che maneggiano il
diritto, cioè le consuetudini messe per iscritto e il potere regio. A Parigi, il luogo di elezione del
potere regio, vi è uno scambio di interessi tra gli amministratori della giustizia e il re. Con il passare
del tempo, siamo nel 1550-1600 viene sentita dal re la necessità che il suo ruolo di potere assoluto
abbia una giustificazione non più legata alla vicinanza a Dio e al sacro come era una volta, ma una
giustificazione teorica, che abbia a livello giuridico una sua sostenibilità. Quindi la struttura dello
stato trova in coloro che amministrano la giustizia dei paladini, perché sono coloro che assicurano
la correttezza di quello che viene detto dal re e di ciò che il re ha espresso e che il mondo della
giustizia sia così strutturato. Danno una giustificazione dal punto di vista teorico, cioè la giustizia
deve funzionare in nome e per conto del re attraverso una serie di gradi di giudizio strutturati sulla
base di corti e grandi tribunali distribuiti sul territorio e i giudici sono funzionari regi che assicurano
che la regola elaborata dal re venga poi applicato. Quindi danno un servigio serio al loro, che trova
in loro qualcosa di assimilabile agli armati. Il re ha le sue truppe e anche truppe che non hanno
armi, se non la toga in ruolo di giudici che assicurano che tutti i sudditi devono vedere nel re un
punto di riferimento. L’idea di stato si forma lì in Francia. Uno stato strutturato anche attraverso
l’amministrazione della giustizia. Loro contribuiscono a legittimare il re. Dall’altro lato però loro
beneficiano della loro vicinanza al re. Il re riconosce nei giuristi, avvocati e giudici di Parigi coloro
che sono i più prestigiosi di Francia. Coloro che quando pronunciano una sentenza o delle difese
assicurazione l’applicazione più autorevole della regola francese. Se passa l’idea che la vicinanza al
re e soprattutto per questa attenzione che il re rivolge ad avvocati e giudici del mondo parigino,
loro godono del prestigio trasferito dal re, questo significa che sul lungo periodo le decisioni
assunte a Parigi hanno un peso diverso rispetto le decisioni prese per esempio alla corte di
Bordeaux. Poniamo stessa questione risolta presso la corte parigina e risolta presso la corte di
Marsiglia, il giurista se doveva decidere se una delle due era più prestigiosa a prescindere dal
contenuto, diceva quella parigina. Se io vedo, per ragioni di prestigio, una determinata soluzione
giuridica come migliore, il copio quella soluzione giuridico e l’applicherò nel momento in cui mi
troverò in una situazione simile a quella parigina. Quindi lentamente tutte le corti francesi (che al
tempo venivano chiamate parlamenti) importano. Le decisioni della corte parigina circolano nei
vari tribunali a tal punto che quando non c’è una decisione assunta dal re (quindi non c’è la norma

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elaborata dal principe), quando la consuetudine locale non è così chiara o non c’è, non si applica il
diritto romano, ma si applica la soluzione adottata a Parigi. Anche qui vediamo la circolazione del
diritto, per prestigio. Parigi perché è il luogo prestigioso. In Francia 1600-1700 abbiamo questa
circolazione. Ma se si applica la soluzione parigina vuol dire che si applica la consuetudine parigina,
se il re non ha parlato.
Se guardiamo passaggio dopo passaggio di queste importazioni ci rendiamo conto che il diritto
parigino inizia ad essere applicato non solo a Parigi, ma sotto forma di decisione adottata dalla
corte parigina anche nelle corti di Francia. Quindi c’è un meccanismo di omogeneizzazione del
diritto francese in modo impercettibile. Abbiamo l’applicazione inconsapevole di un modello altrui.
Questo permette una omogeneizzazione del diritto francese, che arriva a ridosso della rivoluzione
francese non più come un diritto frammentato. Quando arrivo alla rivoluzione francese il diritto
non è più frammentato in consuetudini, ma è omogeneo. Con la messa per iscritto delle
consuetudini il diritto francese era scritto ma frammentato, con consuetudini tutte diverse. Se io
inizio ad applicare un po’ ovunque la consuetudine parigina il diritto inizia ad essere più o meno
uniforme.
Perché abbiamo solo Francia un codice così? Perché solo in Francia c’è stato un potere centrale
così forte che ha messo per iscritto delle consuetudini. Qualcosa che nessuno vuole fare perché
qual è però la conseguenza? Col modificarsi della società si modificano anche le regole. Come si
modificano le regole? Con la lentezza della progressione di ogni cultura all’interno di un contesto
società. Quindi si modificano lentamente le regole, che però sono le più vicine alla cultura di una
società. Se vengono messe per iscritto però non possono più essere modificare e non posso più
renderla moderna alla società, perché la consuetudine si è cristallizzata. Devo intervenire con un
altro scritto, ma questo non è più un adattamento della regola orale. Ma qualcuno che interviene
sullo scritto e modifica la regola. Ecco perché pensare di mettere per iscritto una consuetudine è
qualcosa di abominevole per una società perché vuol dire sottrarre alla società la possibilità di
contribuire alla propria regola di condotta.
Per arrivare a questo obiettivo, cioè mettere per iscritto e sottrarre quel potere classico delle
società, ci vuole anche un potere altrettanto forte di quello classico di queste società che
difendono con gelosia la loro cultura. Questo potere c’era solo in Francia. In Germania c’era sì un
imperatore ma era sottoposto ai ricatti dei suoi principi. Non aveva un potere così marcato da
imporre una sua scelta a scapito dei principi. In Francia non c’era nessuno che poteva obiettare.
Quindi il primo passaggio è: messa per iscritto

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Secondo passaggio: omogeneizzazione grazie ad un potere centrale forte che si vuole
autolegittimare e vuole che i giuristi lo riconoscano come unico potere forte e lo giustifichino
teoricamente e lui a sua volta attribuisce ai giuristi che si trovano presso la sua corte il prestigio.
Questo è il motivo per cui si è arrivato ad un contesto uniforme che poi ha dato la possibilità a
Napoleone di mettere ordine e creare un unico diritto.
Uno dei problemi dell’Europa è che tutti vogliamo un diritto unico, ma ci troviamo di fronte ad una
frammentazione simile a quella francese, ma non abbiamo la stessa omogeneizzazione. Qualsiasi
ci venga imposta dall’alto fa sì che i singoli paesi potranno allontanarsi in sede applicativa. In
Francia questo non è successo perché si è verificato qualcosa che preliminarmente ha
omogeneizzato. Se non ci fosse stato quel meccanismo di muto trasferimento re-giuristi parigini e
giuristi parigini- re neanche Napoleone sarebbe stato in grado di imporre una regola di condotta
unica per tutta la Francia. Il contesto uniforme si ha solo a seguito di un percorso verso
l’uniformazione. In Europa questo percorso è lontano e quindi ci portiamo dietro i problemi
applicativi.
Arriva la rivoluzione  sovvertimento sociale. L’ancien regime aveva regole come la
primogenitura dal diritto romano, quindi tutto il patrimonio passa al figlio maschio; regola delle
predominanza dell’uomo sulla donna, il matrimonio fa sì che la donna passi dal controllo del
genitore al controllo del marito; il matrimonio come sacramento anche nel mondo civile quindi i
figli che nascono al di fuori del matrimonio sono illegittimi e quindi non sono trattati come i figli
legittimi quindi non hanno diritto all’eredità; un diritto per classi, il destinatario di una regola di
condotta non è il singolo, ma un singolo che fa parte di una classe, per esempio quindi le regole
per gli ecclesiastici non si applicano al popolo. Ognuno è uguale davanti alla sua legge.
Con la rivoluzione viene meno il principio della personalità del diritto. Non c’è più una differenza di
classi che assicura una differenza di regole. Sono tutti cittadini soggetti alla stessa regola su tutto il
territorio.
Il problema della primogenitura non è un problema secondario. È una questione di concentrazione
della ricchezza. Se noi manteniamo la ricchezza all’interno della famiglia e applichiamo in maniera
rigorosa il principio della primogenitura questa ricchezza non verrà mai distribuita. Come
distribuire la ricchezza? Eliminando il principio della primogenitura. Tutto gli eredi, anche i figli
illegittimi, hanno diritto alla stessa quota del patrimonio. In questo modo nell’arco delle
generazioni la ricchezza si distribuisce su tutti i francesi. L’obiettivo era quello di ridistribuire la
ricchezza tra i francesi. Non era semplice applicarlo, tanto che i giudici in sede applicativa erano

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contrari alle forme elusive della regola della primogenitura. Se uno fa il testamento e viene
lasciato tutto al primo maschio si elude la regola fissata dai rivoluzionari. Allora i rivoluzionari
pensano di togliere il testamento così che l’eredità venga distribuita per legge secondo quote pari
tra tutti gli eredi. Vietano anche la donazione che è un’altra forma di elusione. Siccome i
rivoluzionari sanno che le loro regole cadono in un contesto avverso, devono fare di tutto affinché
queste regole non vengano interpretate alla vecchia maniera.
Per quanto riguarda la famiglia viene meno la differenza tra figli legittimi e illegittimi, quindi tutti
partecipano alla successione.
Una grande rivoluzione per il mondo continentale era che il matrimonio era dissolubile. La
dissolubilità del matrimonio si ha con la rivoluzione francese. Questa è una rottura con la chiesa.
Questo perché il matrimonio è un contratto, un accordo. Le parti sono libere di costruire e
demolire gli accordi. Allora il matrimonio che era sempre stato visto come un sacramento
intangibile dalle corte civili diventa qualcosa che può essere sciolto come un qualsiasi contratto.
Queste sono alcune delle regole più marcate che emergono tra il 1789 e il 1799. Si parla di diritto
intermedio perché è rivoluzionario per quel periodo e che abbiamo fino a che Napoleone non
prende il potere. Questo diritto è un diritto che rivoluziona il mondo.
Torniamo sulla possibilità che poi questo diritto venga applicato. Prima di tutto bisogna evitare le
elusioni più marcate, ma poi bisogna trattare con i giudici. I giudici tengono a reiterare percorsi
mentali e interpretativi che sono propri. Se io dall’oggi al domani impongo una regola
completamente diversa sarò sicuro che seguiranno questa nuova regola? Bisogna dire al giudice
allora che deve interpretare e applicare alla lettera. Se inizia ad interpretare secondo una logica
ancien regime la sua interpretazione non sarà mai collimante con l’interpretazione moderna.
Quindi non si deve discostare dalla lettera della legge cha è stata elaborata.
Ma come faccio ad essere sicuro che questa è l’interpretazione corretta? I giudici possono
sbagliare nell’interpretare alla lettera. Può sbagliare il giudice di primo grado, secondo grado e
anche il giudice di ultima istanza. Allora c’è bisogno di un soggetto che sia a metà tra potere
legislativo e potere giudiziario. Viene istituito il tribunale di cassazione. Ma questo non nasce come
giudice. È un soggetto che controlla ciò che i giudici fanno. A fronte di decisioni di giudici, questo
organo provvede a verificare se queste sono conformi alla nuova regola o meno. Proprio perché
non è giudice non decide. Per es. arriva dalla corte di Bordeaux arriva un’applicazione in materia di
donazione del patrimonio da parte di un soggetto in favore del primo figlio. Bisogna applicare la
regola. La regola è che è un’azione non consentita. Il nostro giudice però ritiene che almeno una

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piccola cosa, come la foto della mamma, possa essere data al primo figlio. Questa non è
applicazione letterale della regola. Viene portato davanti al tribunale di cassazione, che non è
giudice. Il tribunale di cassazione accerta che è sbagliata la soluzione del Tribunale di Bordeaux.
Dichiara che doveva essere seguito un diverso principio di diritto, cioè totale nullità della
donazione. Rimanda il fascicolo con l’indicazione su come applicare la regola. Quindi c’è un rinvio,
non è una decisione del tribunale di cassazione. Si limita a segnalare a come avrebbe dovuto
interpretare correttamente la regola.
Oggi sia la Corte di cassazione francese, che è giudice, sia la Corte di cassazione italiana, che è
giudice, non decidono, ma rinviano, nonostante siano giudici. Si accertano che ci sia stato un
errore, individuano la regola corretta da applicare. Questo significa che nel mondo del diritto
siamo estremamente conservatori. Al punto che cambiando la situazione, perché la corta di
cassazione è diventata giudice e potrebbe decidere direttamente, si opera seconda un
meccanismo del tutto inefficiente. Ci sono stati addirittura dei ping pong perché la corte d’appello
decide in un modo, la corte di cassazione dice di decidere in un modo, ritorna in corte d’appello e
così via. Questo ci serve per farci capire come nel mondo del diritto la tradizione sia importante.
Soprattutto nel mondo europeo continentale ci sono soluzioni del tutto inefficienti, ma tradizionali
che non si riescono a modificare.
Arriva Napoleone e vuole redigere un codice. Napoleone prevede che il Tribunato si esponga e che
si debba costituite una Commissione per rielaborare il codice. Il Tribunato però allora non era
composto solo da gente di Bonaparte e quindi non gli ha dato risposta favorevole. Allora
Napoleone ha eliminato gli elementi del Tribunato, ne ha nominati di più favorevoli e nel giro di 4
mesi è riuscito ad elaborare un progetto. Questo codice viene poi approvato. È il codice civile dei
francesi. La commissione vedeva Napoleone presente. Napoleone ha partecipato materialmente
alla redazione di una serie di articoli. L’idea di Napoleone era di fornire un codice che andasse
bene a tutti i cittadini. I cittadini erano i destinatari. Non c’era più differenza di classe, non c’erano
più giuristi che avevano bisogno di un codice scritto secondo un linguaggio complesso. Era
necessario che tutti i francesi avessero un codice chiaro e stilisticamente semplice perché
dovevano adeguarsi alla nuova regola. Il codice napoleonico è un esempio stilisticamente perfetto.
È chiaro perché nell’ottica dei redattori c’era la necessità di renderlo comprensibile a tutti i
cittadini. L’analfabetismo era elevatissimo eppure bisognava fornire questo codice per tutta la
popolazione.

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È un codice che non è perfetto nella redazione delle regole di diritto, perché è il primo codice e
non aveva dei modelli di riferimento. Ci sono delle parti che sono dettagliate quasi in maniera
eccessiva e altre parti sono ridotte a fissazione di principi generali. Si coglie la differenza su quali
argomenti si è voluto insistere e su quali no. È un codice pieno di lacune, perché è il primo codice
moderno e non c’erano modelli di riferimento quindi si potevano dimenticare interi settori.
È un codice che riprende la divisione romana delle persone, delle cose, dei modi di acquistare la
proprietà, comprendendo sia contratti sia successioni. Le istituzioni di Gaio erano divise in 4 libri:
persone, cose, obbligazione e successione e responsabilità contrattuale. A distanza di 800 anni
dalla scoperta del corpus iuris si vede come si divide il primo codice moderno, allo stesso modo.
L’influenza del diritto romano è estremamente forte. La ripartizione dei settori del diritto è
esattamente uguale ai settori di Gaio.
Vediamo come Napoleone si è posto con le soluzioni adottate dai rivoluzionari:
- il matrimonio resta dissolubile, ma è complesso: ci vuole il consenso dei genitori, nonni.
Quindi l’accordo con la chiesa serviva a rendere complesso quello che sulla carta era
sempre consentito ma difficile da raggiungere nel concreto.
- Figli illegittimi non possono più essere equiparati ai figli legittimi. Se io consento che un
illegittimo sia come un legittimo, svaluto il matrimonio.
- All’uomo si riassegnano una serie di diritti all’interno della coppia sposata.
- Ridistribuzione della ricchezza: fino ad un certo punto. Nasce una soluzione di
compromesso: una quota si potrà destinare a chi si vuole, l’altra va destinata per legge.
Una quota è indisponibile e va solo a taluni eredi e un’altra quota che è invece è disponibile
e può essere assegnata a chi si vuole. Questa soluzione di compromesso andava bene sia
per chi voleva mantenere la ricchezza all’interno della famiglia, sia per chi voleva
ridistribuire. Questa soluzione la ritroviamo ancora oggi.
- Napoleone conferma che la legge è uguale per tutti e siamo tutti cittadini. Cancelliamo
l’idea dello statuto personale che è frutto dell’ancien regime. C’è qualche problema però.
Siamo formalmente tutti uguali davanti alla legge. Pensiamo ad esempio alla stipulazione di
un contratto: se siamo tutti uguali davanti alla legge ci sono regole che per disciplinare il
contratto sono identiche a prescindere con chi negoziamo. L’idea di fondo è che alla fine
che due persone che sono identiche trovino la soluzione migliore, perché se non fosse la
soluzione migliore per tutti e due non concluderebbero il contratto. Ma molte volte però

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non c’è possibilità di decidere se concludere o meno il contratto, va concluso per forza e
questo succede quando si ha una condizione sociale ed economica diversa rispetto all’altro.
In forza di una regola che dice che siamo tutti uguali, non c’è una forma di tutela specifica.
È evidente la nostra sensibilità ci dice che colui che si trova in una condizione economico-
sociale svantaggiata va tutelato e non si può mettere in mano a chi ha una forza
preponderante dal punto di vista economico, perché lui concluderà sempre il contratto il
migliore per lui e il peggiore per l’altra parte.

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