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Introduzione
Quest'opera è importante per motivi di ordine storico e di ordine scientifico: ha avuto riconoscimenti dai più grandi
sociologi e psicologi.
Freud= in Psicologia di massa e analisi dell'Io (1921), dedica un capitolo all'opera di Le Bon: è d'accordo con le sue tesi,
soprattutto per quanto riguarda la descrizione dell'anima collettiva e della primitività delle masse; respinge varie
spiegazioni dei fenomeni collettivi, accettando però la parte centrale dell'analisi negli individui facenti parte delle
moltitudini si determina una regressione dell'attività psichica.). La psicologia di Le Bon si è incontrata con la sua
proprio per l'importanza attribuita all'inconscio.
Schumpter= rende omaggio a Le Bon con il suo “Capitalismo, Socialismo e Democrazia” scrivendo che “la Psicologia
delle folle” è stata la prima opera a dimostrare l'importanza dell'elemento extrarazionale e irrazionale nella condotta
umana e ha aperto i nostri occhi sulla realtà che tutti conoscevamo ma che nessuno desiderava ammettere.
Le Bon nel libro scrive che le folle non sono illuminate dalla luce della ragione; poiché fanno parte di esse, si
determina un annullamento della personalità cosciente e un predominio di quella inconscia; per il solo fatto di
appartenere ad una folla l'uomo scende di tanti gradini la scala della civiltà diventando un istintivo, un primitivo, un
barbaro.
Le Bon dichiara che sta per iniziare (siamo nel 1895) l'era delle folle, e accoglie l'inizio di questa era con angoscia.
L'avvento delle folle segnerà forse la fine della civiltà occidentale ed un ritorno verso quei periodi di anarchia che
precedono il fiorire di nuove civiltà.
Gustave Le Bon
Nasce nel 1842 a Nogent-Le-Retrou. Forse si laureò in medicina. Pubblicò diverse opere sociologiche e scientifiche
mediche. Si interessò all'irrazionalità delle folle raccogliendo i frutti di un dibattito in corso da anni. Finì per accogliere
in parte le conclusioni dell'intuizionismo di Bergson, nella quale dottrina egli vide una reazione contro “l'impotenza del
razionalismo”. Nel suo libro Le Bon parlò ripetutamente di “inconscio”, tema affrontato molto in quegli anni. Lo stesso
Ribot, al quale Le Bon dedicò la Psicologia delle folle, aveva pubblicato alcuni studi in cui il ruolo dell'inconscio aveva
cominciato a delinearsi. Anche il suo interesse verso le “folle” può esser visto come la conseguenza di un certo clima
culturale (già Tarde e Sighele avevano pubblicato saggi sull'argomento). Fra Le Bon e Sighele scoppiò anche una
polemica, dato che l'uno contestò all'altro la priorità di certe scoperte in tema di psicologia collettiva. La Psicologia
delle folle ebbe molto successo: ci furono tante riedizioni e fu tradotta in tante lingue.
Il libro interessò non solo sociologi, psicologi e studiosi, ma anche i politici, gli uomini d'azione e soprattutto i meneurs
(capo, leader) delle folle, tra cui Mussolini, che considerava Le Bon come uno degli uomini che più avevano onorato
l'umanità, come uno dei suoi maggiori maestri. Lesse la sua opera tante volte, che definì “capitale”. Le Bon infatti
aveva detto che le folle non provano simpatia per i padroni buoni ma per i tiranni e che il tipo di eroe da esse preferito
avrebbe avuto la struttura di un Cesare: il suo pennacchio seduce, la sua autorità incute rispetto e la sua sciabola fa
paura. Le folle hanno istinti conservatori, rispetto per le tradizioni e un orrore per le novità. Si fanno influenzare non
dalla ragione ma da immagini suggestive: un oratore, per trascinarle, deve indovinarne i sentimenti e saper variare in
ogni momento il proprio discorso secondo l'effetto prodotto. Mussolini seguì alla lettera tutto.
Appunti di Matteo:
CAPITOLO 1
Caratteristiche generali delle folle. Legge psicologica della loro unità mentale
Parola ''folla'':
In determinate circostanze, un agglomerato di uomini ha delle caratteristiche nuove e diverse da quelle degli individui
che lo formano: la personalità cosciente svanisce, i sentimenti e le idee di tutte le unità si orientano nella stessa
direzione. Si forma così un'anima collettiva provvisoria con caratteri ben precisi. La collettività allora diventa una
folla organizzata (= folla psicologica): costituisce un solo essere ed è sottomessa alla legge dell'unità mentale delle
folle.
Tanti individui che si trovano per caso riuniti non solo una folla psicologica: occorre l'influenza di alcuni stimolanti.
Una volta formata, la folla psicologica acquista caratteri generali provvisori ma determinabili, ai quali si aggiungono
caratteri particolari che variano a seconda degli elementi di cui si compone e che possono modificarne la struttura
mentale: perciò, le folle psicologiche sono suscettibili di una classificazione. Una folla eterogenea (composta di
elementi dissimili) presenta con le folle omogenee (composte di elementi più o meno simili) dei caratteri comuni e
delle particolarità che permettono di differenziarle.
- razza
- composizione delle collettività
- natura
- intensità degli stimoli che esse subiscono
Solo nella fase della loro completa organizzazione, sul fondo immutabile e dominante della razza, si sovrappongono
alcuni caratteri nuovi e speciali, che producono l'orientamento di tutti i sentimenti e pensieri della collettività in una
stessa direzione. Si manifesta così la legge psicologica dell'unità mentale della folle. [Numerosi caratteri psicologici
delle folle sono comuni a quelli di individui isolati, altri invece si ritrovano solo nelle collettività]
La sola trasformazione in folla rende gli individui partecipi di un'anima collettiva che li fa sentire, pensare e agire in
modo diverso rispetto a come sentirebbero, penserebbero e agirebbero presi isolatamente. Certe idee e sentimenti
nascono o si trasformano in atti solo negli individui che formano una folla. La folla psicologica è un essere provvisorio
formato da elementi eterogenei per un istante uniti tra loro. Contrariamente a Spencer (= nell'aggregato che forma
una folla non esiste somma o media di elementi), in realtà c'è combinazione e creazione di nuovi caratteri.
L'individuo che fa parte della folla differisce dall'individuo isolato: quali sono le cause?
I fenomeni incoscienti hanno una parte preponderante nella vita organica e nel funzionamento dell'intelligenza. La
vita cosciente dello spirito è una piccola parte rispetto alla sua vita incosciente. I nostri atti incoscienti derivano da un
substrato incosciente formato specialmente da influenze ereditarie. Questo substrato racchiude i numerosi residui
atavici che costituiscono l'anima della razza. Dietro le cause palesi dei nostri atti, si trovano cause segrete da noi
ignorate: la maggior parte delle nostre azioni quotidiane sono effetto dei moventi nascosti che ci sfuggono.
Soprattutto per gli elementi incoscienti che formano l'anima di una razza, tutti gli individui di questa razza si
assomigliano; essi differiscono per gli elementi coscienti, frutto dell'educazione, ma in particolare di un'eredità
eccezionale. Gli uomini più dissimili per intelligenza hanno istinti/passioni/sentimenti a volte uguali. In tutto ciò che è
materia di sentimento (religione, politica, morale, affezioni, antipatie, ecc.), gli uomini più eminenti raramente
superano il livello degli individui comuni. Queste qualità generiche del carattere, guidate dall'incosciente e possedute
quasi allo stesso modo dalla maggior parte degli individui normali di una razza sono quelle che, nelle folle, si trovano
messe in comune. Nell'anima collettiva, le attitudini intellettuali degli uomini, e quindi la loro individualità, si
cancellano. L'eterogeneo si sommerge nell'omogeneo, e le qualità incoscienti dominano. Questa comunanza delle
qualità consuete ci spiega perché le folle non saprebbero compiere atti che esigano un'intelligenza elevata. Le
decisioni di interesse generale prese da un'assemblea di uomini scelti, ma di diverse attitudini, non sono sensibilmente
superiori alle decisioni che prenderebbe una riunione di imbecilli. Essi infatti possono solo associare quelle qualità
mediocri che tutti possiedono. Le folle accumulano non l'intelligenza, ma la mediocrità. Ma se gli individui costituiti in
folla si limitano a fondere le loro qualità comuni, ci sarebbe solo media e non creazione di caratteri nuovi. Allora come
si formano questi caratteri?
1. consiste nel conferire agli individui di una folla, per il solo fatto del numero, un sentimento di potenza invincibile
che permette loro di cedere agli istinti che individui isolati avrebbero saputo frenare. Il sentimento della responsabilità
che sempre trattiene gli individui, nella folla (essendo anonima e irresponsabile) scompare del tutto.
2. il contagio mentale, che va ricollegato ai fenomeni di ordine ipnotico. In una folla, ogni sentimento/atto è
contagioso tanto che l'individuo sacrifica il suo interesse personale all'interesse collettivo (questa è un'attitudine
contraria alla sua natura, di cui l'uomo diventa capace solo quando fa parte di una folla).
3. la suggestionabilità (il contagio è un suo effetto). Per capire questo fenomeno, bisogna aver presente certe scoperte
recenti della fisiologia: un individuo può essere posto in uno stato tale che, avendo perso la sua personalità cosciente,
obbedisce a tutte le suggestioni dell'operatore che gliel'ha fatta perdere, e commette gli atti più contrari al suo
carattere e abitudini. L'individuo, da tempo membro di una folla in fermento, cade in uno stato particolare, simile a
quello di fascinazione dell'ipnotizzato tra le mani del suo ipnotizzatore. Essendo, nell'ipnotizzato, paralizzata la vita del
cervello, egli diventa lo schiavo di tutte le attività incoscienti che l'ipnotizzatore dirige. La personalità cosciente è
svanita, la volontà e il discernimento aboliti, mentre sentimenti/pensieri sono orientati nel senso determinato
dall'ipnotizzatore.
Dunque, l'individuo che fa parte della folla non è più cosciente dei suoi atti e, mentre alcune facoltà sono distrutte,
altre possono essere condotte a un grado estremo di esaltazione. L'influenza di una suggestione lo spingerà a
compiere certi atti e la suggestione, essendo la stessa per tutti gli individui, diventa reciproca. Gli individui di una folla
che hanno una personalità abbastanza forte per resistere a questa suggestione sono in un numero troppo basso e
quindi vengono trascinati via.
“L'individuo non è più sé stesso, ma un automa impotente a guidare la propria volontà.” Solo per il fatto di
appartenere ad una folla, l'uomo discende di numerosi gradi la scala della civiltà. Isolato, forse sarebbe colto, nella
folla invece è un istintivo e quindi un barbaro: ha la spontaneità, la violenza, la ferocia, gli entusiasmi e gli eroismi degli
esseri primitivi (ed anche la facilità a lasciarsi impressionare da parole/immagini e guidare ad atti che ledono i suoi
interessi). Già prima di aver perso ogni dipendenza, le sue idee e i suoi sentimenti si sono trasformati (la rinuncia a
tutti i suoi privilegi votata dalla nobiltà in un momento di entusiasmo nella notte del 4 agosto 1789, non sarebbe stata
mai accettata da nessuno dei suoi membri preso isolatamente).
La folla è sempre intellettualmente inferiore all'uomo isolato, ma dal punto di vista dei sentimenti e degli atti che
questi sentimenti determinano, essa può, seguendo le circostanze, essere peggiore o migliore (dipende dal modo col
quale essa è suggestionata). Quindi, ci sono folle eroiche e folle criminali.
CAPITOLO II
Tanti caratteri speciali della folla (es. l'impulsività, l'irritabilità, l'incapacità di ragionare, l'assenza di giudizio e di
spirito critico, l'esagerazione dei sentimenti, ecc.) si trovano anche negli esseri appartenenti a forme inferiori di
evoluzione, come il selvaggio e il bambino.
La folla è guidata quasi solo dall' istinto. Il cervello non dirige le azioni: l'individuo agisce seguendo l'impulso
dell'eccitazione. La folla, guidata da tutti gli stimoli esterni, ne riflette le continue variazioni, quindi è schiava degli
impulsi che riceve. L'individuo isolato può subire gli stessi eccitamenti dell'uomo in folla, ma la ragione gli fa vedere gli
inconvenienti che ne deriverebbero se vi cedesse, quindi non cede. I vari impulsi a cui può obbedire una folla possono
essere, secondo le eccitazioni, generosi o crudeli, ma saranno sempre talmente impetuosi che anche l'istinto di
conservazione sparirà dinanzi ad essi. La folla è estremamente mutevole, poiché sono svariati i motivi capaci di
suggestionarla ed essa vi obbedisce sempre. La folla diventa facilmente sia carnefice sia martire: essa può passare
attraverso la gamma dei sentimenti più contrari sotto l'influenza dell'eccitazione del momento. È incapace di durevole
volontà e di tenacia di pensiero. La folla non ammette ostacolo tra il suo desiderio e l'avverarsi di esso. L'uomo isolato
sa bene che non riuscirebbe mai da solo ad incendiare un palazzo o a saccheggiare: quando invece fa parte di una
folla, egli acquista la consapevolezza della potenza che il numero gli conferisce e alla prima occasione egli vi cederà
subito. In ogni sentimento, intervengono sempre i caratteri fondamentali della razza: costituiscono il terreno
immutabile sul quale germinano i nostri sentimenti. Le folle sono irritabili e impulsive ma con grandi variazioni di
intensità (per razza).
Uno dei caratteri generali delle folle è un'eccessiva suggestionabilità (la suggestione è contagiosa) e questo spiega il
veloce orientamento dei sentimenti in una direzione. La prima suggestione formulata s'impone, per contagio, a tutti i
cervelli, e stabilisce subito l'orientamento. Negli esseri suggestionati, l'idea fissa si trasforma in azione. Sfiorando i
confini dell'incoscienza, subentrando tutte le suggestioni, animata dalla violenza dei sentimenti e priva di spirito
critico, la folla è di una credulità eccessiva. Per essa non esiste l'inverosimile; si creano così numerose leggende che si
propagano facilmente tra le folle, come risultato di una completa credulità e anche delle deformazioni prodigiose che
gli avvenimenti subiscono nell'immaginazione degli individui riuniti. Il fatto più semplice visto dalla folla diventa subito
un avvenimento alterato; la folla pensa per immagini, e l'immagine evocata ne evoca molte altre che non hanno nessi
logici con la prima. Per effetto del contagio, le alterazioni sono della stessa natura e uguali per tutti gli individui della
collettività. La prima alterazione concepita da uno di essi forma il modo della suggestione contagiosa (S. Giorgio prima
di apparire a tutti i crociati sui muri di Gerusalemme, fu visto da uno solo. Per suggestione e contagio, il miracolo
segnalato fu subito accettato da tutti). Una folla non ha bisogno di essere numerosa perché la sua facoltà di vedere
correttamente sia distrutta, e i fatti reali sostituiti da allucinazioni senza legame con essi. Pochi individui riuniti
costituiscono una folla, e se anche fossero dei gran sapienti, essi rivestono tutti i caratteri delle folle comuni. La facoltà
d'osservazione e lo spirito critico, posseduto da ciascuno di essi, svaniscono (es. della barca in mare o delle due
bambine annegate). L'affermazione del primo testimone, vittima di una illusione, basta a suggestionare tutti gli altri. Il
punto di partenza della suggestione deriva sempre dall'illusione prodotta in un individuo da reminiscenze più o meno
incerte, poi dal contagio di questa prima illusione. Se il primo osservatore é molto impressionabile, basterà che il
cadavere che egli crede riconoscere presenti qualche particolarità, una cicatrice o un particolare del vestito, capace di
evocare in lui l'idea di un'altra persona. Questa idea evocata diventa allora il nucleo di una specie di cristallizzazione
che invade il campo dell'intelligenza e paralizza ogni facoltà critica. Ciò che allora l'osservatore vede, non è più
l'oggetto stesso, ma l'immagine evocata nel suo spirito. In questo modo si spiegano i riconoscimenti erronei di
cadaveri di fanciulli dalla loro stessa madre. Le osservazioni collettive sono le più erronee di tutte e rappresentano
solitamente la semplice illusione di un individuo che ha, per contagio, suggestionato gli altri. I fatti di cui si deve
maggiormente dubitare sono quelli osservati dal maggior numero di persone. Le leggende non hanno nessuna
consistenza. L'immaginazione delle folle le trasforma continuamente secondo i tempi, e soprattutto secondo la razza
(es. Jehova, Budda, Napoleone).
- essere semplicissimi
- essere molto esagerati
Per questo, l'individuo della folla si avvicina agli esseri primitivi. Egli vede le cose nell'insieme senza conoscerne vie di
mezzo. Nella folla, l'esagerazione di un sentimento è fortificato dal fatto che propagandosi velocemente per contagio
e suggestione, l'approvazione di cui diventa oggetto, accresce di molto la sua forza. La semplicità e l'esagerazione dei
sentimenti delle folle le preservano dal dubbio e dall'incertezza. La supposizione diventa un'evidenza indiscutibile. Un
principio di antipatia/disapprovazione, che nell'individuo isolato resterebbe poco accentuato, diventa un odio feroce
nell'individuo della folla. Anche la violenza dei sentimenti delle folle è esagerata per l'assenza di responsabilità. La
certezza dell'impunità e la nozione di un potere provvisorio considerevole dovuto al numero rendono possibili dei
sentimenti e degli atti impossibili all'individuo isolato. Nelle folle, l'esagerazione porta spesso a cattivi sentimenti che,
per tema del castigo, l'individuo isolato e responsabile frena. Abilmente suggestionate, le folle diventano capaci di
eroismo e di devozione. Essendo la folla impressionata da sentimenti eccessivi, l'oratore che vuole sedurla deve
abusare delle affermazioni violente, esagerare, ripetere e mai tentare di dimostrare qualcosa con un ragionamento.
La folla vuole la stessa esagerazione nei sentimenti dei suoi eroi: le loro qualità/virtù apparenti devono sempre essere
ingrandite. L'esagerazione delle folle si basa solo sui sentimenti e non sull'intelligenza: solo per il fatto di essere folla, il
livello intellettuale dell'individuo si abbassa.
Le folle, conoscendo solo sentimenti semplici ed estremi, accettano e rifiutano in blocco le opinioni/credenze/idee che
vengono loro suggerite e le considerano come verità assolute o come errori assoluti. Poiché non ha dubbi su ciò che è
verità o errore, e avendo la nozione chiara della propria forza, la folla è autoritaria e intollerante. L'individuo può
accettare la contraddizione e la discussione, ma la folla non le ammette mai (nelle riunioni pubbliche una minima
contraddizione di un oratore viene accolta con ira dalle folle). L'autoritarismo e l'intolleranza sono caratteristiche di
ogni genere di folla, ma si trovano in gradi diversi, a seconda della razza, dominatrice dei sentimenti e dei pensieri
umani (per es. sono più forti nelle folle latine). Le folle rispettano la forza, mentre considerano la bontà una forma di
debolezza. Le loro simpatie sono sempre state non per i padroni miti, ma per i tiranni, che le hanno dominate
energicamente (es. Cesare). Sempre pronta a sollevarsi contro un'autorità debole, la folla si curva servilmente davanti
ad un'autorità forte. Se l'azione dell'autorità è intermittente, la folla, ubbidendo sempre ai suoi sentimenti estremi,
passa dall'anarchia alla servitù e viceversa. Le folle hanno istinti conservatori irriducibili, hanno rispetto per le
tradizioni e orrore per le novità capaci di modificare le loro condizioni reali di vita.
A volte le folle sono suscettibili di una moralità elevatissima (qualità come l'abnegazione, l'affezione, il disinteresse, il
sacrificio di sé stessi e il bisogno di equità). I loro atti criminali sono frequenti perché gli istinti distruttivi sono residui
di età primitive che dormono nel fondo di ognuno di noi: mentre nell'individuo isolato soddisfarli sarebbe pericoloso,
nella folla irresponsabile, dove l'impunità è assicurata, all'individuo viene concessa ogni libertà per seguirli.
Ma se la folla è in grado di commettere delitti, essa è ugualmente capace di atti di sacrificio e di disinteresse più
elevati di quelli di cui è suscettibile l'individuo isolato: soprattutto sull'individuo della folla si riesce ad agire, invocando
sentimenti di gloria, onore, religione e patria (es. folle che si sono fatte eroicamente massacrare per fedi e idee che
comprendevano a malapena, che si mettono in sciopero, ecc.).
CAPITOLO III
Ogni civiltà deriva da un piccolo numero di idee fondamentali che raramente si rinnovano: esse si radicano nell'anima
delle folle. Le grandi perturbazioni storiche derivano il più delle volte dal mutamento subito da queste idee
fondamentali.
-le idee accidentali e passeggere nate sotto l'influenza momentanea (es. il fanatismo per una dottrina o per un
individuo);
-le idee fondamentali, stabili (es. idee religiose un tempo, idee democratiche e sociali oggi).
Qualunque siano le idee suggerite alle folle, esse diventano dominanti solo se rivestono una forma semplicissima e
sono rappresentate nel loro spirito sotto l’aspetto di un'immagine. Siccome queste idee-immagini non sono unite da
legami logici, possono sostituirsi una all'altra. Quindi, si può vedere nelle folle una successione d'idee disparatissime.
Secondo i casi, la folla sarà messa sotto l'influenza di una delle varie idee immagazzinate nella sua mente e
commetterà gli atti più dissimili. L'assenza di spirito critico non le permette di vederne la contraddizione (questo,
d'altronde, è un fenomeno che si trova anche in tanti individui isolati). Le idee, essendo accessibili alle folle solo dopo
aver rivestito una forma semplice, per diventare popolari devono subire spesso le più complete trasformazioni.
Quando si tratta di idee filosofiche o scientifiche un po’ elevate, si può constatare la profondità delle modificazioni che
sono loro necessarie per discendere di mano in mano al livello delle folle. Queste modificazioni dipendono soprattutto
dalla razza alla quale appartengono, ma sono sempre avvilenti e semplicistiche. Così, non esiste in realtà, dal punto di
vista sociale, una gerarchia delle idee (= idee più o meno elevate). Solo per il fatto che un'idea perviene alle folle e può
commuoverle, essa è spogliata di tutto quel che costituiva la sua grandezza e la sua altezza. Il valore gerarchico di
un'idea non è importante: bisogna considerare solo gli effetti che produce. Occorre tanto tempe alle idee per stabilirsi
nell'anima delle folle e anche per uscirne.
Le folle non sono influenzabili con ragionamenti. I loro ''ragionamenti'' sono basati su associazioni: ma le idee
associate delle folle hanno tra loro legami apparenti di rassomiglianza e successione (es: un Eschimese sa che il
ghiaccio, materiale trasparente, si fonde in bocca e così crede che il vetro, perché trasparente, possa fondersi
anch'esso in bocca). Caratteri della logica collettiva: associazione di cose dissimili (avendo tra di esse rapporti
apparenti) e generalizzazione immediata di casi particolari. Gli oratori che sanno come maneggiare le folle presentano
sempre loro associazioni di questo tipo che sole possono influenzarle. Le folle non ragionano o fanno ragionamenti
falsi, e non sono influenzabili con un ragionamento. L'importanza delle folle a ragionare le priva di ogni spirito critico,
dell'attitudine di discernere la verità dall'errore e a formulare un giudizio preciso. I giudizi che esse accettano sono
quelli imposti e mai quelli discussi. La facilità con cui alcune opinioni diventano generali deriva soprattutto
dall'impossibilità della maggior parte degli uomini di farsi un'opinione particolare basata sui propri ragionamenti.
L'immaginazione delle folle è suscettibile di profonde impressioni. Le immagini evocate nel loro spirito da un
personaggio/fatto/incidente hanno quasi la vivezza delle cose reali. Le folle, essendo incapaci di riflettere e ragionare,
non conoscono l'inverosimile; ma le cose più inverosimili di solito sono quelle che colpiscono maggiormente. Per
questo le folle sono impressionate particolarmente da ciò che c'è di leggendario e meraviglioso negli avvenimenti. Il
meraviglioso e il leggendario sono i veri sostegni delle civiltà, nella storia l'apparenza ha sempre avuto maggiore
importanza della realtà, l'irreale predomina sul reale. Pensando per immagini, le folle si lasciano impressionare da
esse: solo esse le spaventano/entusiasmano e regolano i loro atti (es: rappresentazioni teatrali = grande influenza
sulle folle). A volte, i sentimenti suggeriti dalle immagini sono abbastanza forti da tendere a trasformarsi in azioni (es:
l'attore che a teatro rappresentava il traditore protetto all'uscita per sottrarlo alle
violenze degli spettatori indignati dei suoi delitti immaginari. -> Ai loro occhi l'irreale ha quasi la stessa importanza
della realtà). La potenza dei conquistatori e la forza degli Stati è fondata sull'immaginazione popolare. Tutti i grandi
fatti storici (creazione del Buddismo/Cristianesimo/Islamismo, la Riforma, la Rivoluzione, ecc.) sono le conseguenze di
forti impressioni prodotte sull'immaginazione delle folle. Tutti i grandi uomini hanno considerato l'immaginazione
popolare come il sostegno della loro potenza, non hanno mai cercato di governare contrariandola: Napoleone
diventando cattolico terminò la guerra della Vandea, mentre facendosi musulmano si insediò in Egitto. Tutto ciò che
colpisce l'immaginazione delle folle si presenta sotto forma di un'immagine impressionante e precisa, libera da
interpretazioni accessorie, o avente per compagno qualche fatto meraviglioso come una grande vittoria/grande
miracolo/grave delitto/grande speranza. L'importante è presentare le cose in blocco e senza mai indicarne la genesi.
Cento piccoli delitti/incidenti non colpiscono l'immaginazione delle folle, mentre un solo delitto notevole le colpisce
profondamente (es: l'epidemia che uccise a Parigi 5000 persone in poche settimane colpì poco l'immaginazione
popolare; un incidente come la caduta della Torre Eiffel provocante 500 morti in un colpo solo avrebbe avuto
un'impressione immensa sull'immaginazione). Conoscere l'arte di impressionare l'immaginazione delle folle, vuol dire
conoscere l'arte di governarle.
CAPITOLO IV
Forme religiose che tutte le convinzioni delle folle rivestono. Questi indizi permettono di presentire il carattere delle
loro convinzioni, che presentano sempre una forma speciale: il sentimento religioso.
Caratteristiche:
- adorazione di un essere ritenuto superiore;
- timore del potere che gli si attribuisce;
- sottomissione ai suoi comandi;
- impossibilità di discutere i suoi dogmi;
- desiderio di divulgare i suoi dogmi;
- tendenza a considerare come nemici tutti coloro che si rifiutano di accettarli.
Il sentimento è sempre religioso che sia rivolto a un Dio invisibile/idolo di pietra/eroe/idea politica: il soprannaturale
e il miracoloso vi si riscontrano sempre. Le folle rivestono dello stesso potere misterioso la formula politica o il capo
vittorioso che le affascina momentaneamente. Si è religiosi sia quando si adora una divinità, sia quando si mettono
tutte le risorse del proprio spirito e tutte le sottomissioni della volontà al servizio di una causa/uomo diventato lo
scopo e la guida dei sentimenti/atti. Solitamente, l'intolleranza e il fanatismo accompagnano il sentimento religioso:
sono presenti in coloro che credono di avere il segreto della felicità terrestre/eterna. Questi due sentimenti si
ritrovano in tutti gli uomini riuniti in gruppo, quando si sollevano per una convinzione.
Le convinzioni delle folle hanno quei caratteri di sottomissione cieca, intolleranza feroce, bisogno di propaganda
violenta inerenti al sentimento religioso: tutte le loro credenze hanno una forma religiosa. L'eroe acclamato dalla folla
per essa è un vero dio (es. Napoleone).
I fondatori delle credenze religiose/politiche le hanno fondate sapendo imporre alle folle quei sentimenti di fanatismo
religioso che all'uomo fanno trovare la felicità nell'adorazione e lo spingono a sacrificare la sua vita per l'idolo.
Alle folle è necessaria una religione. Le credenze politiche/divine/sociali si radicano nelle folle solo quando rivestono
forma religiosa, che le mette al riparo da ogni discussione.
PARTE SECONDA
CAPITOLO I
Fattori lontani: rendono le folle capaci di accettare alcune convinzioni e incapaci di accettarne altre. Preparano il
terreno dove nascono idee nuove, la cui forza e il cui risultato ci sorprendono, ma di spontaneo hanno solo
l'apparenza. L'esplosione e la messa in opera di alcune idee nelle folle presentano, certe volte, una velocità incredibile:
questo è un effetto superficiale, dietro cui si deve cercare un lungo lavorio anteriore.
Fattori immediati: sono quelli che, sovrapposti a questo lungo lavorio, senza i quali non potrebbero agire, provocano
la persuasione attiva nelle folle, cioè fanno prendere forma all'idea, la fanno mettere in atto con tutte le conseguenze.
Dietro la spinta di questi fattori immediati nascono le risoluzioni che sollevano improvvisamente le collettività (sono
questi fattori che fanno scoppiare sommosse o decidono gli scioperi, mettono un uomo al potere o fanno cadere un
governo).
In ogni grande avvenimento storico si può constatare l'azione successiva di queste due specie di fattori. Per es: la
Rivoluzione Francese ebbe fra i fattori lontani le critiche degli scrittori, le concussioni dell'antico regime; l'anima delle
folle fu in seguito sollevata dai fattori immediati, come i discorsi degli oratori e la resistenza della corte alle proposte
di insignificanti riforme.
Tra i fattori lontani, ce ne sono di generali, che si ritrovano in fondo a tutte le credenze/opinioni delle folle: la razza,
le tradizioni, il tempo, le istituzioni e l'educazione.
1.° - La razza
È il fattore più importante. Il potere della razza è tale che nessun elemento potrebbe passare da un popolo ad un altro
senza subire profonde modificazioni.
L'ambiente, le circostanze, gli avvenimenti rappresentano le suggestioni sociali del momento.
Possono esercitare un'azione importante ma sempre momentanea se è contraria alle suggestioni della razza, cioè di
tutti gli antenati.
2.° - Le tradizioni
Le tradizioni rappresentano le idee/bisogni/sentimenti del passato. Sono la sintesi della razza e gravano su di noi. Un
popolo è un organismo creato dal passato e come tutti gli organismi si modifica per lente accumulazioni ereditarie.
La vera guida dei popoli sono le sue tradizioni e non ne cambiano facilmente che le forme esteriori. Senza tradizione,
cioè senza anima nazionale, non è possibile nessuna civiltà.
Le due grandi occupazioni dell'uomo da quando esiste, sono state quelle di crearsi un insieme di tradizioni e poi di
distruggerle allorché i loro benefici effetti si erano esauriti. Senza stabili tradizioni non c'è civiltà, ma senza la lenta
eliminazione di queste tradizioni non c'è progresso. Difficoltà: trovare un giusto equilibrio fra la stabilità e la
variabilità.
Quando un popolo lascia i propri costumi fissarsi troppo solidamente per tante generazioni, non può più evolversi e
diventa incapace di perfezionamento (es. la Cina). Le rivoluzioni violente diventano impotenti, perché in questo caso
avviene che i pezzi infranti della catena si risaldino, e quindi il passato riprende senza cambiamenti il suo dominio, o
che i frammenti dispersi causino l'anarchia e la decadenza.
Compito fondamentale di un popolo dev'essere anche custodire le istituzioni del passato, modificandole piano piano
(es. i Romani e gli Inglesi).
I conservatori delle idee tradizionali, e che più ostinatamente si oppongono al loro cambiamento, sono le folle, e
soprattutto le categorie delle folle che formano le caste.
3.° - Il tempo
Il tempo è il vero creatore e il vero distruttore. Per trasformare un qualsiasi fenomeno basta far intervenire i secoli.
L'influenza del tempo nella genesi delle opinioni delle folle è immensa: dal tempo dipendono grandi forze, come la
razza, che non possono formarsi senza di lui. Il tempo fa evolvere e morire tutte le credenze: per mezzo di esso, esse
acquistano e perdono il loro potere. Il tempo prepara le opinioni/credenze delle folle, cioè il terreno dove
germogliano. Certe idee realizzabili in un'epoca non lo sono in un'altra: il tempo accumula i residui delle
credenze/pensieri, sui quali nascono le idee di un'epoca; per capirne la genesi occorre sempre risalire indietro nel
tempo. Le idee sono figlie del passato e madri dell'avvenire, e sempre schiave del tempo. Il tempo è il nostro vero
padrone e basterebbe lasciarlo agire per vedere tutte le cose trasformarsi.
Le istituzioni sono figlie delle idee, dei sentimenti e dei costumi e non si può rifare idee, sentimenti e costumi
rifacendo i codici. Un popolo non sceglie le istituzioni che aggradano; le istituzioni e i governi rappresentano il
prodotto della razza.
Sono le creature di un'epoca. I popoli non sono governati secondo il loro capriccio di un momento, a volte ci vogliono
dei secoli per formare un regime politico o mutarlo. Le istituzioni non hanno nessuna virtù intrinseca, in sè stesse non
sono né buone, né cattive. Possono essere buone in un certo momento per un dato popolo e detestabili per un altro.
Un popolo quindi non ha il potere di cambiare realmente le sue istituzioni. Il destino dei popoli è determinato dai loro
caratteri e non dai loro governi. Non bisogna cercare nelle istituzioni il mezzo per agire profondamente sull'anima
delle folle. Le istituzioni non posseggono in sé stesse nessuna virtù, quindi la loro conquista è un'illusione.
Tra le idee dominanti ai nostri tempi: l'istruzione ha per risultato sicuro di migliorare gli uomini e renderli uguali. Ma
su questo punto, le idee democratiche sono in disaccordo coi dati della psicologia e dell'esperienza. In particolare,
Spencer dimostrò che l'istruzione non rende l'uomo più morale o più felice, non cambia i suoi istinti e le sue passioni
ereditarie, e se mal diretta, può diventare dannosa anziché utile. La criminalità aumenta con la generalizzazione
dell'istruzione (i peggiori nemici della società spesso sono dei laureati). Certo, l'istruzione ben diretta può dare risultati
pratici utili per sviluppare le capacità professionali.
Il primo pericolo dell'educazione ''latina'' (=sistema di istruzione basato su principi difettosi) è di basarsi su un errore
psicologico fondamentale: credere che l'imparare a memoria dei manuali sviluppi l'intelligenza. Questa educazione
presenta il pericolo di ispirare in colui che l'ha ricevuta, un disgusto violento della condizione in cui è nato e il
desiderio di uscirne (l'operario non vuole più restare operario, il contadino non vuole più restare contadino, ecc.).
Anziché preparare degli uomini per la vita, la scuola li prepara a funzioni pubbliche in cui la riuscita non esige spiriti di
iniziativa. Nei gradini bassi della scala sociale, essa crea gli eserciti proletari malcontenti della loro sorte e sempre
pronti alla rivolta; in quelli alti una borghesia frivola, scettica e credulona, impregnata di fiducia superstiziosa nello
Stato provvidenziale (che però critica) sempre pronta a scaricare sul governo la colpa dei propri errori, incapace di
intraprendere qualsiasi cosa senza l'intervento dell'autorità.
Lo Stato che crea questi diplomati può utilizzarne solo una piccola parte ed è costretto a lasciare gli altri senza
impiego. Quindi bisogna rassegnarsi a nutrire i primi ed avere i secondi come nemici. Un negoziante raramente riesce
a trovare un agente che lo rappresenti nelle colonie, quando invece i più modesti impieghi statali sono ambiti da
migliaia di candidati (nel dipartimento della Senna ci sono 20.000 istitutori disoccupati che, disprezzando i campi e gli
opifici, rivolgono allo Stato per vivere).
Essendo il numero degli eletti limitato, quello dei malcontenti è immenso. Questi ultimi sono pronti a rivoluzioni, si
trasformano in ribelli. È tardi per risalire la corrente. Solo l'esperienza si incaricherà di svelarci l'errore. Essa sola
dimostrerà fino a che punto sia necessario sostituire i manuali e i concorsi con un'istruzione professionale capace di
riportare la gioventù verso i campi, gli opifici e le imprese coloniali oggi trascurati.
Forse potremmo accettare gli inconvenienti della nostra educazione classica, purché l'acquisizione superficiale di tante
nozioni e la ripetizione dei manuali servissero almeno ad elevare il livello d'intelligenza. Questo però è un risultato
irraggiungibile: il giudizio, l'esperienza, l'iniziativa, il carattere sono le condizioni di successo nella vita e non si ricevono
dai libri. I libri sono solo dizionari utili da consultare.
Taine= la nostra educazione di un tempo era pressappoco quel che è oggi l'educazione inglese ed americana. Ha
inoltre dimostrato come l'istruzione professionale possa sviluppare l'intelligenza in una forma mai raggiunta
dall'istruzione classica: le idee si formano solo nel loro ambiente naturale e normale; ciò che le fa nascere sono le
impressioni sensibili che il giovane riceve tutti i giorni nell'opificio, nella miniera, in tribunale, in studio, in cantiere, in
ospedale, davanti agli utensili, ai materiali, alle varie tecniche di lavorazione, in presenza di clienti, di operai, dell'opera
bene o mal riuscita: ecco le piccole percezioni caratteristiche degli occhi, dell'orecchio, delle mani e dell'odorato, che
involontariamente raccolte e inconsapevolmente elaborate si organizzano in lui per suggerirgli una combinazione
nuova, una semplificazione, un mezzo per fare economia, per perfezionare o inventare. Di tutto ciò, il giovane
francese è oggi privato proprio durante l'età più feconda: per 6/7 anni è rinchiuso a scuola, lontano dall'esperienza
diretta o personale che gli avrebbe dato la nozione esatta e viva delle cose, degli uomini e dei diversi modi di
amministrarli. Così, almeno 9 su 10 hanno perso tempo e fatica per anni della loro vita, anni efficaci, importanti e
decisivi.
Poi Taine mostra la differenza tra il nostro sistema e quello anglosassone, in cui l'insegnamento non proviene dal libro,
ma dalle cose stesse. L'ingegnere per es. si forma in uno stabilimento, non in una scuola; ognuno può arrivare al grado
che la sua intelligenza comporta. Questo procedimento è molto più democratico e utile alla società. L'allievo,
ammesso giovanissimo nell'ospedale, o miniera, o fabbrica, ecc. compie il suo tirocinio. In precedenza, ha potuto
seguire dei corsi preparatori, può sempre disporre di corsi tecnici da seguire durante le ore libere, per coordinare le
esperienze compiute. In questo modo la capacità pratica cresce e si sviluppa da sola, fino ad arrivare al grado esatto
che le facoltà dell'allievo consentono e nella direzione richiesta dal suo compito futuro e dall'attività particolare cui va
adattandosi. In Inghilterra e negli Stati Uniti, il giovane riesce presto a manifestare tutte le sue capacità. In Francia,
dove ha prevalso il procedimento inverso, il totale delle energie perdute è enorme.
Poi conclude sul crescente distacco tra la nostra educazione latina e la vita: nelle tre tappe dell'istruzione, per
l'infanzia, l'adolescenza e la giovinezza, la preparazione teorica e scolastica sui banchi, con i libri, viene prolungata e
sovraccaricata in vista dell'esame, del diploma e del brevetto. Ma in questo modo, la scuola rende il giovane inetto ad
affrontare la sua condizione prossima e definitiva. Per questo la maggior parte delle volte, il suo ingresso nel mondo e
i primi passi nel campo dell'azione praticata sono una serie di cadute dolorose. Per capire le idee e le credenze che
nascono oggi e che ci saranno domani, bisogna sapere come è stato preparato il terreno. L'insegnamento dato alla
gioventù di un paese permette di prevedere il destino di quel paese. In parte l'anima delle folle migliora o si altera con
l'istruzione e l'educazione. La scuola crea oggi i malcontenti e gli anarchici, e prepara per i popoli latini le ore della
decadenza.
CAPITOLO II
Le folle sono impressionate soprattutto dalle immagini. Se non sempre si dispone di esse, si può evocarle usando con
giudizio parole e formule: usate con arte, esse possiedono il misterioso potere che, un tempo, loro attribuivano quelli
che si intendevano di magia. Il potere delle parole è legato alle immagini che evocano ed indipendentemente dal loro
reale significato. A volte le parole più mal definite sono quelle che fanno più impressione (es. democrazia, socialismo,
libertà, uguaglianza...). Tuttavia, hanno unito un magico potere, come se contenessero la soluzione di ogni problema.
Queste parole sintetizzano diverse aspirazioni incoscienti e la speranza della loro realizzazione. Vengono pronunciate
con raccoglimento davanti alle folle ed evocano nell'anima immagini grandiose e vaghe, ma proprio quel ''vago''
aumenta il loro misterioso potere.
Non tutte le parole/formule hanno il potere di evocare delle immagini; e alcune, dopo averne evocate, si logorano e
non risvegliano più niente nello spirito. Allora diventano dei suoni vani, la cui utilità principale è quella di dispensare
colui che le usa dall'obbligo di pensare. Con delle formule e luoghi comuni imparati da ragazzi, attraverso la vita senza
la necessità di riflettere.
Nel tempo le parole evocano immagini diverse e anche il senso ad esse conferito cambia continuamente. La
traduzione esatta di una lingua dunque, soprattutto quando si tratta di popoli morti, è impossibile. Se cerchiamo di
tradurre un testo antico per esempio, sostituiamo le immagini e le idee che la vita moderna ha suscitato nella nostra
mente, alle nozioni e alle immagini completamente diverse che la vita antica aveva fatto nascere nell'anima dei popoli
che vivevano una vita diversa dalla nostra. Sono tantissime le parole il cui senso è cambiato col passare del tempo.
Le parole hanno dunque significati mutevoli e passeggeri, che cambiano da un'epoca all'altra e da un popolo all'altro.
L'arte dei governanti consiste principalmente nel saper usare le parole, anche in una stessa società in cui le stesse
parole hanno spesso sensi diversi per i diversi gradi sociali. Impiegano apparentemente le stesse parole, ma non
parlano la stessa lingua.
2° - Le illusioni
Fin dall'inizio di ogni civiltà, i popoli hanno sempre subito l'influenza delle illusioni (la maggior parte dei
templi/statue/altari sono stati innalzati ai creatori di illusioni religiose, filosofiche e sociali). Senza le illusioni, l'uomo
non avrebbe potuto uscire dalla primitiva barbarie, e senza di esse ci ricadrebbe di nuovo: esse hanno incitato i popoli
a creare tutto ciò che costituisce lo splendore delle arti e la grandezza delle civiltà. Le folle non hanno mai voluto la
verità: dinanzi alle evidenze che a loro dispiacciono, si voltano dall'altra parte, preferendo l'errore.
3° - L'esperienza
L'esperienza è l'unico mezzo capace di radicare solidamente una verità nell'anima delle folle e distruggere le illusioni
dannose: deve però essere realizzata su larga scala e ripetuta tante volte. La loro utilità è provare a che punto le
esperienze devono essere ripetute di età in età per esercitare qualche influenza, e riuscire a far crollare un errore
solidamente radicato (es: la Rivoluzione Francese. Per scoprire che non si può rifare pezzo per pezzo una società,
secondo i suggerimenti della ragione pura, fu necessario massacrare milioni di uomini e sconvolgere l'Europa per 20
anni).
4° - La ragione
Le folle non sono influenzabili coi ragionamenti. Gli oratori che sanno impressionarle non fanno mai ricorso alla loro
ragione, ma ai loro sentimenti. Le leggi della logica razionale non hanno alcun potere sulle folle. Per convincere le
folle, bisogna prima capire i sentimenti da cui sono animate, fingere di condividerli, poi cercare di modificarli,
provocando, attraverso facili associazioni, certe immagini suggestive. L'oratore, seguendo il proprio pensiero e non
quello di chi l'ascolta, perde solo per questo la sua influenza.
CAPITOLO III
Una volta riunito un certo numero di esseri viventi, esso si mette istintivamente sotto l'autorità di un capo (=guida).
Nelle folle umane, la volontà del caporione è il nodo intorno a cui si formano e identificano le opinioni.
La maggior parte delle volte, i trascinatori di folle non sono intellettuali ma uomini d'azione che si avvicinano alla
pazzia: qualunque sia l'idea che difendono o lo scopo da raggiungere, tutti i ragionamenti si vengono meno contro la
loro convinzione. Tutto è sacrificato, interesse personale e famiglia, la vita. La folla ascolta sempre l'uomo dotato di
volontà forte. Gli individui riuniti in folla, perdendo ogni volontà, si volgono istintivamente verso chi ne ha una. Il
compito dei grandi condottieri è far nascere la fede sia religiosa, politica o sociale.
Se per un incidente, il condottiero sparisce e non viene subito sostituito, la folla diventa nuovamente una collettività
senza coesione e resistenza. L'anima delle folle è sempre dominata dal bisogno di servitù e non da quello di libertà: la
sete di obbedienza le fa sottomettere d'istinto a chi si dichiara loro padrone.
I primi sono violenti, sono utili soprattutto per dirigere un colpo di mano, per trascinare le masse nonostante il
pericolo (es: Garibaldi che con degli uomini si impadronì del regno di Napoli difeso da un esercito disciplinato). Se
l'energia di questi condottieri è potente ma momentanea, non sopravvive alla ragione che l'ha creata: rientrati nella
corrente della vita ordinaria danno prova di debolezza. Questi agitatori possono esercitare la loro funzione solo a
patto di essere stimolati ed eccitati continuamente.
I secondi, gli agitatori dalla volontà durevole, esercitano una influenza più notevole, ma con forme meno appariscenti
(es. C. Colombo, Maometto). La loro volontà persistente è una dote rara e potente, né la natura, né gli dei, né gli
uomini vi resistono.
Quando bisogna esaltare per un attimo una folla e condurla a commettere un atto, occorre operare su di essa con
mezzi rapidi di suggestione: il più energico è l'esempio. È necessario che colui che vuole trascinare la folla possieda
prestigio. Quando si tratta di far penetrare idee e credenze nello spirito delle folle, i metodi dei condottieri sono vari e
sono principalmente ricorsi a tre procedimenti: l'affermazione, la ripetizione e il contagio.
L'affermazione pura e semplice, svincolata da ragionamenti e prove, è un mezzo sicuro. Più è concisa e sprovvista di
dimostrazioni, più essa ha autorità (es. i libri religiosi e i codici). Essa però non acquista reale influenza se non viene
costantemente ripetuta negli stessi termini: la cosa ripetuta finisce per attecchire nelle regioni profonde dell'inconscio
in cui si elaborano i motivi delle nostre azioni. Quando un'affermazione è stata sufficientemente ripetuta, si forma una
corrente di opinioni e interviene il potente meccanismo del contagio. Le opinioni e le credenze si propagano bene per
mezzo del contagio, e pochissimo per mezzo del ragionamento. Davanti al potere del contagio, anche l'interesse
personale viene distrutto.
3. - Il prestigio
Le opinioni diffuse attraverso l'affermazione, la ripetizione e il contagio, hanno un gran potere perché finiscono con
l'acquisire prestigio (=influenza misteriosa).
Il prestigio è una specie di fascino che un individuo, un'opera o una dottrina, esercitano sul nostro spirito: questo
fascino paralizza tutte le nostre capacità critiche e riempie la nostra anima di ammirazione e rispetto. Il prestigio è la
più potente forza di dominazione: gli dei, i re e le donne non avrebbero mai regnato senza esso. Le diverse varietà di
prestigio si possono riunire in due specie: il prestigio acquisito/artificiale e il prestigio personale.
Prestigio acquisito: è il più diffuso, ed è quello conferito dal nome, dalla ricchezza, dalla reputazione e può essere
indipendente dal prestigio personale;
il prestigio personale è invece individuale, che può essere indipendente dalla reputazione, dalla gloria e dalla
ricchezza.
Il prestigio è esercitato dalle persone e gli si può mettere vicino quello esercitato dalle opinioni, da opere
letterarie/artistiche, ecc. La caratteristica del prestigio è impedire di vedere le cose come sono e di renderci incapaci di
giudicare. Le folle sempre, gli individui il più delle volte, hanno bisogno di opinioni già fatte. Il successo di quest'ultime
è indipendente dalla parte di verità o d'errore che contengono: esso risiede solo nel loro prestigio. Il prestigio
costituisce l'elemento fondamentale della persuasione. L'essere, l'idea o la cosa che ha del prestigio sono, per via di
contagio, subito imitati e impongono a tutta una generazione certi modi di sentire e di tradurre il pensiero. Molti
fattori entrano nella genesi del prestigio ed uno dei più importanti è il successo: il prestigio muore con l'insuccesso e il
prestigio discusso non è già più prestigio.
CAPITOLO IV
Le credenze e le opinioni delle folle formano due classi distinte: le grandi credenze permanenti e le opinioni
momentanee e mutevoli.
Credenze permanenti: si perpetuano per secoli e vi si poggia tutta una civiltà (es. le idee cristiane);
Opinioni momentanee/mutevoli: generalmente derivate dalle concezioni generali che ogni epoca vede apparire e
morire (es. il romanticismo).
Le grandi credenze generali sono in numero limitato: la loro formazione e la loro scomparsa sono per ogni razza
storica i punti culminanti della sua storia. Un'opinione passeggera si stabilisce facilmente nell'anima delle folle ma è
difficile innestarvi una credenza duratura, così come è difficile distruggerla una volta formata: non la si può cambiare
se non con rivoluzioni violente e solo quando la credenza ha perso quasi del tutto il suo ascendente sugli animi. Le
rivoluzioni che iniziano sono in realtà credenze che finiscono.
Il momento in cui una grande credenza si trova destinata a morire è quello in cui il suo valore inizia ad essere discusso:
ogni credenza generale sussiste solo a condizione di sottrarsi all'esame. Le credenze generali sono le basi necessarie
delle civiltà: imprimono un orientamento alle idee e solo esse possono ispirare la fede e creare il dovere. I popoli
hanno sempre sentito l'utilità di acquistare delle credenze generali e compreso istintivamente che la loro scomparsa
doveva segnare per essi l'ora della decadenza. Grandi difficoltà si oppongono allo stabilirsi di una credenza generale,
ma, una volta definitivamente radicata, il suo potere è invincibile per molto tempo. Quando un dogma nuovo si è
radicato nell'anima delle folle, diventa l'ispiratore delle sue istituzioni, delle sue arti e della sua condotta. Allora il suo
dominio sulle anime è completo.
La vera tirannia è quella che si esercita incoscientemente sulle anime, perché è l'unica che non si può combattere.
Al di sopra delle credenze fisse, c'è un insieme di opinioni/idee/pensieri che nascono e muoiono continuamente. La
durata di alcuni è molto effimera, e i più importanti non sorpassano la vita di una generazione.
Il compito del filosofo è ricercare ciò che sussiste delle antiche credenze sotto i cambiamenti apparenti, e distinguere
nel fluire delle opinioni, i movimenti determinati dalle credenze generali e dall'anima della razza.
Le opinioni che non si ricollegano a nessuna credenza generale, a nessun sentimento della razza, e che quindi non
potrebbero avere consistenza, sono in balia di tutti gli accidenti. Formate con l'aiuto della suggestione e del contagio,
sono sempre momentanee e nascono e scompaiono molto rapidamente.
La somma delle opinioni mobili delle folle oggi è grande per tre motivi:
1. le antiche credenze, perdendo piano piano il loro dominio, non operano più come prima sulle opinioni passeggere
per dar loro un certo orientamento. L'affievolirsi delle credenze generali lascia posto a delle opinioni particolari senza
passato né futuro.
2. per la crescente potenza delle folle, che trovando sempre minor contrappeso, la loro estrema mobilità di idee può
manifestarsi liberamente.
3. la recente diffusione della stampa, che fa passare sotto gli occhi le opinioni più contrarie. Le suggestioni originate da
ognuna di esse, sono velocemente distrutte da suggestioni opposte. Nessuna opinione riesce a diffondersi e tutte
sono destinate a durare poco: muoiono prima di aver potuto propagarsi sufficientemente per divenire opinioni
generali.
Da queste cause ne deriva l'impotenza dei governi a dirigere l'opinione. L'opinione delle folle tende a diventare
sempre più il supremo regolatore della politica. La stampa, un tempo guida dell'opinione, ha dovuto (come i governi)
scomparire davanti al potere delle folle. La sua potenza è considerevole, ma solo perché rappresenta esclusivamente il
riflesso delle opinioni popolari e dei loro cambiamenti.
La totale mancanza di direzione dell'opinione e la dissoluzione delle credenze generali, hanno avuto come
conseguenza uno sbriciolamento di ogni convinzione e la crescente indifferenza delle folle e degli individui, per quel
che non riguarda precisamente i loro immediati interessi.
PARTE TERZA
CAPITOLO I
La semplice moltitudine raggiunge la sua forma più bassa quando è composta da individui appartenenti a razze
diverse. Il suo unico legame è la volontà del capo. Alcune moltitudini senza coesione hanno acquisito caratteri comuni
che formano una razza. Esse hanno le caratteristiche speciali delle folle, ma sempre insieme a quelle della razza. Le
diverse caratteristiche delle folle che si possono osservare in ogni popolo si dividono così:
A) FOLLE ETEROGENEE
B) FOLLE OMOGENEE
1° - Folle eterogenee
Si compongono di individui qualsiasi, di ogni professione o intelligenza. La psicologia degli uomini in folla differisce
dalla loro psicologia individuale, così come l'intelligenza. Nelle collettività, quest'ultima non ha nessuna parte: solo i
sentimenti incoscienti possono agire. La razza, il più potente fattore capace di determinare le azioni umane, permette
di dividere le diverse folle eterogenee e la sua influenza si manifesta anche nei caratteri delle folle. Una moltitudine di
individui qualsiasi, ma tutti inglesi o cinesi, sarà molto diversa da un'altra formata da individui qualsiasi ma di svariate
razze (russi, francesi, ecc.). Le divergenze create dalla costituzione mentale ereditaria nel mondo di pensare e di
sentire degli uomini, sono molto visibili quando certe circostanze riuniscono in una stessa folla individui di nazionalità
diversa, per quanto gli interessi che li riuniscono siano in apparenza uguali. Le differenze delle razze generano tante
specie di folle quante sono le nazioni. Quindi, l'anima delle razze domina l'anima della folla.
Al di fuori della razza, l'unica classificazione importante da fare per le folle eterogenee, è quella di dividerle in folle
anonime, come quelle delle strade, e in folle non anonime, come le assemblee e le giurie. Il sentimento della
responsabilità, che non esiste nelle prime, mentre è sviluppato nelle seconde, dà ai loro atti delle orientazioni spesso
diverse.
2° - Folle omogenee
Setta = primo grado nell'organizzazione delle folle omogenee. Comprende individui di educazione, professione,
temperamenti a volte molto diversi, uniti solo dal legame delle credenze (es: sette religiose e politiche).
Casta = più alto grado di organizzazione di cui è suscettibile la folla. Comprende solo individui che hanno la stessa
professione e quindi di educazione e di temperamento quasi uguali (es: caste sacerdotali e militari).
Classe = è composta da individui di origine diversa, uniti da certi interessi, certe abitudini di vita e di educazione simile
(es: la classe borghese, agricola, operaia).
CAPITOLO II
Le folle, cadendo dopo un certo periodo di eccitazione allo stato di semplici automi incoscienti guidati dalla
suggestione, sembra difficile qualificarle come criminali. I delitti delle folle risultano generalmente da una potente
suggestione, e gli individui che vi hanno preso parte sono poi persuasi di avere obbedito ad un dovere (non è questo il
caso del delinquente comune). Un atto può essere legalmente, ma non psicologicamente, qualificato come criminale. I
caratteri generali delle folle ritenute criminali sono quelli che si trovano in tutte le folle: suggestionabilità, credulità,
mobilità, esagerazione dei buoni o dei cattivi sentimenti, manifestazione di certe forme di moralità, ecc.
CAPITOLO III
I giurati della Corte d'Assise sono un esempio di folla eterogenea non anonima: vi ritroviamo la suggestionabilità, il
predominio dei sentimenti incoscienti, la debole attitudine al ragionamento, l'influenza dei caporioni, ecc.
I giurati ci danno una prova della debole importanza, dal punto di vista delle decisioni, del livello mentale dei diversi
membri di una folla. In un'assemblea deliberante, chiamata ad esprimere la sua opinione su un problema che non
abbia carattere specificamente tecnico, l'intelligenza non svolge nessuna funzione; in una riunione di scienziati/artisti
non sono pronunciati, su argomenti generici, giudizi differenti da quelli che possiamo sentire in una riunione di
muratori. In altre epoche l'amministrazione sceglieva con cura le persone chiamate a comporre una giuria popolare.
Oggi le giurie sono composte da piccoli commercianti, artigiani ed impiegati. Le decisioni restano sempre le sresse,
quale che sia la composizione delle giurie.
Bérard des Glajeux, ex presidente di corte d'assise = oggi la scelta dei giurati è nelle mani dei consiglieri municipali, che
nominano o cancellano a loro piacimento, mossi da preoccupazioni personali di carattere politico/elettorale... Gli
eletti sono in maggioranza commercianti o impiegati. Ma dato che tutte le opinioni si combinano con tutte le
professioni quando si tratta di esercitare la funzione di giudice, dato che anche nelle professioni più umili ci sono
uomini di buona volontà, la mentalità delle giurie non è cambiata: i verdetti sono rimasti gli stessi. Conclusioni di
questo passo = giuste; spiegazioni = debolissime. Non c'è da stupirsi di questa debolezza, poiché la psicologia delle
folle e quindi quella dei giurati, sembra spesso ignorata sia dagli avvocati che dai magistrati. Altra prova = Lachaud, un
illustre avvocato della corte d'assise, esercitava il diritto di ricusazione per escludere dalle giurie tutte le persone
intelligenti. L'esperienza ha dimostrato l'inutilità di ogni ricusazione. I giurati, come tutte le folle, si lasciano
impressionare molto dai sentimenti e poco dai ragionamenti. Inflessibili verso i delitti che potrebbero colpire anche
loro, i giurati si dimostrano invece molto indulgenti verso i ''delitti passionali''. Sono raramente severi con la ragazza
madre infanticida o con la donna abbandonata che getta dell'acido sul volto del seduttore, per esempio. Intuiscono
per istinto che questi delitti non sono molto pericolosi per la società, e che in un paese dove la legge non protegge
le donne abbandonate, la vendetta di una di esse è più utile che nociva, poiché intimidisce i futuri seduttori.
Le giurie, come tutte le folle, si lasciano abbagliare dal prestigio e se sono molto democratiche per
la loro composizione, si rivelano molto aristocratiche nei sentimenti. La preoccupazione di un buon avvocato
dev'essere quella di agire sui sentimenti dei giurati e, come davanti a qualsiasi folla, ragionare poco, o usare solo
forme rozze di ragionamento. L'oratore non ha bisogno di convertire tutti i membri di una giuria, ma solo quelli che
trascinando gli altri determineranno l'opinione generale. Come in tutte le folle, un piccolo numero di individui guida gli
altri. Al momento del verdetto, bastano 2/3 uomini energici per trascinare il resto della giuria: sono questi 2/3 che
occorre convincere con abili suggestioni e soprattutto bisogna riuscire loro simpatici.
Molti scrittori hanno combattuto l'istituzione della giuria, l'unica protezione contro i frequentissimi errori di una casta
priva di controlli. Gli uni vorrebbero una giuria reclutata solo tra le classi più illuminate; ma in questo caso i verdetti
sarebbero uguali a quelli emessi finora. Altri, basandosi sugli errori commessi dai giurati, vorrebbero sopprimerli e
sostituirli con giudici. Ma gli errori rimproverati alle giurie sono commessi proprio dai giudici, poiché l'accusato
deferito alla corte d'assise è già stato considerato colpevole da tanti magistrati nelle diverse fasi istruttorie. Cioè: se
l'imputato fosse giudicato da magistrati anziché da una giuria, perderebbe l'ultima possibilità di essere riconosciuto
innocente. Gli errori dei giurati sono sempre stati in primo luogo errori dei magistrati, i soli responsabili di gravi errori
giudiziari; esempio: la condanna del dottor X, denunciato da una ragazza semi-deficiente per procurato aborto
(l'onorario sarebbe stato di 30 franchi) e incriminato da un giudice istruttore poco intelligente. Il dottor X sarebbe
finito all'ergastolo se l'opinione pubblica non fosse insorta, facendo in modo che il capo dello Stato concedesse subito
la grazia. L'onestà del condannato, proclamata da tutti i cittadini, rendeva evidente l'errore, e anche i magistrati lo
riconoscevano; ma per solidarietà di casta cercavano di impedire che la grazia fosse firmata. La giuria ovviamente
presta ascolto al pubblico ministero. I giurati sono un bene prezioso, poiché forse costituiscono l'unica categoria di
folla che nessuna individualità sarebbe capace di sostituire. Solo una giuria può mitigare l'inesorabilità della legge che,
in teoria uguale per tutti, deve essere cieca e imparziale. Vincolato ai testi di legge, il giudice condannerebbe ad una
stessa pena il ladro assassino e la povera ragazza spinta all'infanticidio dalla fuga del seduttore e dalla miseria, mentre
la giuria capisce per istinto che la ragazza sedotta è meno colpevole del seduttore e quindi merita indulgenza. È meglio
essere giudicato da giuristi anziché da magistrati. Con i primi si ha più probabilità di essere riconosciuti innocenti,
possono lasciarsi convincere, mentre i secondi non si piegano mai.
CAPITOLO IV
Le folle elettorali
Folle elettorali = collettività chiamate ad eleggere i titolari di certe funzioni. Sono folle eterogenee, ma poiché il loro
compito (la scelta tra vari candidati) è molto ben circoscritto, conservano solo alcuni di quei caratteri, tra cui:
l'incapacità al ragionamento, l'assenza di spirito critico, l'irritabilità, la credulità e il semplicismo. Nelle decisioni che
esse prendono vediamo anche: l'influenza dei loro capi, l'affermazione, la ripetizione, il prestigio e il contagio.
Come si seduce una folla elettorale? Esaminiamo i metodi di seduzione che hanno più successo:
1. La prima qualità che un candidato deve avere è il prestigio, perché possa imporsi in una discussione. Il prestigio
personale non può essere sostituito da quello della ricchezza; talento e genio non sono elementi di successo.
2. Il prestigio non basta per garantire il successo del candidato. L'elettore desidera di essere lusingato nelle sue brame
e nelle sue vanità e il candidato deve coprirlo quindi di piaggerie stravaganti, e promettergli le cose più fantastiche.
Davanti ad un pubblico di operai, gli insulti e le minacce ai padroni non saranno mai troppi. Quanto al candidato
avversario, si cercherà di schiacciarlo dimostrando con l'affermazione, la ripetizione e il contagio che è un farabutto.
Se l'avversario non conoscerà bene la psicologia delle folle cercherà di giustificarsi con qualche argomento anziché
rispondere con altre calunnie.
Il programma che il candidato mette per iscritto non dev'essere troppo categorico perché i suoi avversari potrebbero
poi rinfacciarglielo; ma il programma esposto a voce non rischia mai di peccare per eccesso. Si possono promettere le
più grandi riforme: le promesse esagerate producono sul momento un grande effetto e non si impegnano per
l'avvenire.
Quindi: l'oratore che sa servirsi delle parole e delle formule guida le folle come gli piace. Il candidato che sa scoprire
una formula nuova, anche se sprovvista di significato preciso, ottiene successo.
La rivoluzione spagnola del 1873 fu provocata da una di queste parole magiche, dal significato complesso, che ognuno
poteva interpretare come voleva.
Le folle hanno opinioni imposte e mai opinioni ragionate. La psicologia delle folle elettorali è identica a quella delle
altre folle.
Le civiltà furono opera di una piccola minoranza di spiriti superiori, paragonabili alla punta di una piramide, i cui piani
(sempre più larghi via via che diminuisce il valore mentale) rappresentano invece gli strati più profondi di una nazione.
La grandezza di una civiltà non può assolutamente dipendere dal suffragio degli elementi inferiori che hanno solo la
forza del numero. Il suffragio delle folle è spesso pericoloso. Ha già provocato tante invasioni.
Ma tutte queste obiezioni perdono in pratica ogni valore se vogliamo tener conto della forza invincibile che hanno le
idee quando si trasformano in dogmi. Dal punto di vista filosofico, il dogma della sovranità popolare è insostenibile
quanto i dogmi religiosi del Medio Evo, eppure esso ha oggi lo stesso potere assoluto che una volta era di quelli. Non si
discute con le credenze delle folle come non si discute con i cicloni. Il dogma del suffragio universale ha la forza che
ebbero un tempo i dogmi cristiani: bisogna quindi considerarlo come un dogma religioso. Solo il tempo può agire su di
esso.
Un suffragio limitato ai più capaci non riuscirebbe a migliorare il voto delle folle, essendo noti i motivi di inferiorità
mentale di tutte le collettività, quale che sia la loro composizione. Quando appartengono ad una folla gli uomini si
equivalgono sempre.
Il suffragio delle folle è ovunque identico e tradisce spesso le aspirazioni e i bisogni inconsci della razza. La media degli
eletti riflette in ogni nazione l'anima media della razza. Da una generazione all'altra si ritrova identica. Le istituzioni e i
governi hanno un compito molto relativo nella vita dei popoli. I popoli sono guidati soprattutto dall'anima della razza,
cioè dai residui ancestrali di cui quest'anima è il risultato. La razza è il susseguirsi delle necessità quotidiane.
CAPITOLO V
Le assemblee parlamentari
Assemblee parlamentari = folle eterogenee non anonime. Nonostante i metodi attraverso i quali sono elette,
variabili secondo le epoche e i popoli, hanno caratteri somiglianti. L'influenza della razza attenua od esagera, ma non
impedisce mai la manifestazione di questi caratteri. Le assemblee parlamentari dei paesi più diversi presentano nei
dibattiti e nei voti grandi analogie, ponendo i governi davanti alle stesse difficoltà.
Il regime parlamentare sintetizza l'ideale di tutti i popoli civili moderni. Pone in atto l'idea, psicologicamente errata,
ma comunemente ammessa, secondo la quale una adunanza di molti uomini è più adatta che una adunanza di pochi a
decidere con saggezza e indipendenza sopra un determinato argomento.
Anche nelle assemblee parlamentari ritroviamo le caratteristiche generali delle folle: semplicismo delle idee,
irritabilità, suggestionabilità, esagerazione dei sentimenti, influenza dei capi. Ma le folle parlamentari, per la loro
speciale composizione, presentano alcune differenze. Il semplicismo delle opinioni è una delle maggiori caratteristiche
delle assemblee. In ogni partito infatti c'è la tendenza a risolvere i più difficili problemi sociali servendosi dei più
elementari principi astratti e di leggi generali applicabili in ogni circostanza. I principi variano secondo i partiti, ma in
una folla ogni individuo esagera il valore dei principi e lo spinge fino alle ultime conseguenze.
Esempio di semplicismo delle assemblee = offerto dai giacobini durante la grande rivoluzione. Essi erano dominati da
una logica dogmatica e avevano il cervello imbottito da vaghe generalità; si occupavano degli immutabili principi senza
curarsi dei fatti. Passarono attraverso la rivoluzione senza vederla. Guidati dal dogma, immaginavano di rifare una
società da cima a fondo, e di ricondurre una civiltà raffinata ad una fase arretrata dell'evoluzione sociale. I mezzi per
realizzare questo sogno erano anch'essi improntati ad un assoluto semplicismo. L'unica preoccupazione era quella di
distruggere con la violenza ogni opposizione. Le folle parlamentari sono molto suggestionabili e come sempre la
suggestione è esercitata da capi ricchi di prestigio; ma nelle assemblee parlamentari la suggestionabilità ha limiti
molto precisi.
Su ogni problema di interesse locale, tutti i membri di un'assemblea hanno opinioni ferme, irremovibili, che nessuna
argomentazione potrebbe scuotere. Davanti a problemi di carattere generale (il rovesciamento di un ministero,
l'aumento delle imposte, ecc.) non c'è più saldezza di opinioni e le suggestioni dei capi possono avere effetto, ma in
modo diverso che in una folla qualsiasi. Tutti i partiti infatti hanno i loro capi, che esercitano a volte influenze uguali. Il
deputato quindi si trova sottoposto a suggestioni contrarie, che lo rendono incerto. Ecco perché, in pochi minuti, lo
vediamo votare in modo contraddittorio ed aggiungere ad una legge un articolo che ne annulla gli effetti. Ecco perché,
ad ogni legislatura, una Camera manifesta alcune opinioni molto ferme ed altre molto incerte. Dato che le questioni
generali sono le più numerose, è l'indecisione che domina, un'indecisione alimentata di continuo dal timore
dell'elettore, la cui suggestione latente arriva sempre a controbilanciare l'influenza dei capi. Ma quest'ultimi, sono i
veri arbitri delle discussioni ogni volta che i membri di un'assemblea sono privi di saldi preconcetti. I capi sono
necessari, li ritroviamo in ogni paese alla testa dei vari gruppi parlamentari. Sono i veri sovrani delle assemblee. I voti
di un'assemblea rappresentano generalmente solo le opinioni di una piccola minoranza, perché gli uomini in folla non
possono fare a meno di un padrone. I capi ottengono pochissimo dai ragionamenti e molto dal prestigio. Se per caso lo
perdono non esercitano più influenza.
Una folla perderebbe subito il suo carattere di folla se tenesse conto dei servizi resi dai capi sia alla patria sia ai partiti.
La folla subisce il prestigio di un capo senza che intervengano sentimenti di interesse o di riconoscenza.
Mezzi di persuasione dei capi, a parte il prestigio: per servirsene con destrezza un capo deve aver penetrato, almeno
in modo inconscio, la psicologia delle folle; deve sapere come rivolgersi ad esse, e soprattutto conoscere l'affascinante
potere di seduzione che hanno le parole, le formule e le immagini. Gli sarà inoltre necessario avere un'eccezionale
eloquenza, fatta di energiche affermazioni e impressionanti immagini, da collocarsi in mezzo a molto sommari
ragionamenti. E' un genere di eloquenza presente in ogni assemblea.
Il capo, a volte, può anche essere intelligente e istruito; ma ciò di solito gli nuoce. Infatti dimostrando la complessità
delle cose, e consentendo di spiegare e di capire, l'intelligenza rende più indulgenti e riduce di molto l'intensità e la
violenza delle convinzioni necessarie agli apostoli. I grandi capi sono sempre stati di intelligenza limitata, eppure
esercitarono una fortissima influenza (es: Robespierre). Le folle con il loro istinto riconoscono in mezzo a questi
fanatici pieni di energia il padrone di cui hanno bisogno.
In un'assemblea parlamentare, il successo di un discorso dipende quasi solo dal prestigio dell'oratore e niente dalle
ragioni che egli propone. Le assemblee parlamentari, giunte ad un certo grado di eccitazione, si comportano come le
folle eterogenee comuni, e quindi spingono sempre agli estremi i loro sentimenti. Compiono gli atti eroici così come i
peggiori eccessi. L'individuo cessa di essere sé stesso e vota i provvedimenti più contrari ai suoi interessi personali.
La storia della Rivoluzione francese dimostra fino a che punto le assemblee possono diventare incoscienti subendo
suggestioni opposte ai loro interessi. Per la nobiltà era un grande sacrificio rinunciare ai propri privilegi, eppure vi
rinunciò nella notte della Costituente. Per i membri della Convenzione rinunciare alla inviolabilità era cadere sotto una
permanente minaccia di morte, eppure vi rinunciarono.
Un'assemblea parlamentare diventa una folla solo in certi momenti. In tanti casi gli individui che la compongono
riescono a conservare la loro individualità e ciò può consentire all'assemblea di elaborare eccellenti leggi tecniche.
Queste leggi, è vero, sono preparate da uno specialista nel silenzio del suo studio, e sono quindi l'opera di un
individuo, non di un'assemblea. L'opera di una folla è sempre inferiore a quella del singolo individuo. Solo gli specialisti
salvano le assemblee dall'adottare misure troppo disordinate. Essi diventano allora dei capi temporanei: agiscono
sull'assemblea senza che essa agisca su di loro.
Nonostante tutto, le assemblee parlamentari sono lo strumento migliore che i popoli abbiano trovato finora per
governarsi e per sottrarsi maggiormente al gioco delle tirannie personali. Sono la formula ideale di governo.
Quelle assemblee presentano due pericoli seri: gli sprechi finanziari e una restrizione progressiva delle libertà
individuali.
Il primo di questi pericoli è la necessaria conseguenza delle esigenze e delle imprevidenze delle folle elettorali. Infatti
se un membro dell'assemblea proporrà qualche misura che paia dar soddisfazione alle idee democratiche (es: assicuri
la pensione a tutti gli operai), gli altri deputati, suggestionati dal timore degli elettori, non oseranno aver l'aria di
disprezzare l'interesse di questi ultimi respingendo la misura proposta. Sanno che questa peserà gravemente sul
bilancio e richiederà l'istituzione di nuove imposte. Ma esitare nel voto non è possibile. Mentre le conseguenze
dell'aumento di spesa sono lontane e senza risultati incresciosi per i deputati, le conseguenze di un voto negativo
potrebbero invece palesarsi in modo evidente nel giorno ormai vicino in cui bisognerà ripresentarsi davanti agli
elettori.
A questa prima ragione di sprechi se ne aggiunge un'altra: l'obbligo di accordare tutte le spese di interesse locale. Un
deputato non potrebbe opporvisi giacché esse rappresentano un'esigenza degli elettori; e ogni deputato non può
ottenere ciò di cui ha bisogno per la sua circoscrizione, se non alla condizione di cedere alle analoghe richieste dei suoi
colleghi.
Il pericolo della forzata restrizione delle libertà da parte delle assemblee parlamentari è meno evidente, ma reale. È il
risultato di tante leggi, sempre restrittive, di cui i parlamenti, col loro spirito semplicista, non vedono bene le
conseguenze, e che si credono obbligati a votare.
Si deve trattare di un male inevitabile, poiché non è riuscita a sottrarvisi nemmeno l'Inghilterra, dove esiste il tipo più
perfetto di regime parlamentare, e dove il deputato dipende meno che altrove dagli elettori. Spencer ha dimostrato
che l'aumento della libertà apparente dev'essere seguito da una diminuzione della libertà reale.
Questa riduzione progressiva delle libertà si manifesta ovunque grazie ad un fenomeno: l'emanazione di sempre più
numerose disposizioni di legge di carattere restrittivo conduce necessariamente ad aumentare il numero, il potere e
l'influenza dei funzionari incaricati di applicarle. Essi tendono così a diventare i veri padroni dei paesi civili.