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RIASSUNTO APPUNTI DI ETICA, POETICA E SCIENZA: QUALE IL LEGAME?

13/04/2021 Il problema principale delle scienze è che manca accordo tra i rappresentanti della scienza
(che è anche positivo). Thomas Kuhn: Fisico americano seguace della fisica newtoniana dove tutto
ciò che è scritto, è insindacabile. Ad un certo punto però entra in contatto con dei sociologi che
dibattono sui fondamenti della scienza, fondamenti che lui chiamerà paradigmi. PARADIGMA
SCIENTIFICO: un modello che mi permette di impostare dei problemi e mi fornisce gli strumenti per
risolverli. All’interno di un paradigma, certi problemi possono essere posti e altri no. La scienza
medievale era inserita all’interno di un diverso paradigma rispetto ad oggi. Quello che accade con le
scoperte di Copernico e Galileo è che la scienza cambia paradigma: scienza medievale (monaci)
> scienza moderna.
LA NASCITA DEL PENSIERO. Cosa facciamo quando pensiamo? Non smettiamo mai di pensare,
nemmeno quando sogniamo. E il giudizio è la rappresentazione più forte e più presente del pensiero,
su di esso si fondano scienze, estetica, gusto ed etica.
Il pensiero nasce storicamente: l’uomo non nasce pensante (homo sapiens). Facoltà di pensiero che
essendo nata storicamente può anche essere superata.
Il pensiero nasce insieme alla scrittura alfabetica: la nostra struttura di pensiero riflette quella della
Grecia Antica.
▪ RIVOLUZIONE NEOLITICA è il momento in cui l’umanità diventa sedentaria e pratica
l’allevamento → si formano società più grandi e complesse che necessitano di forme di
scrittura per stare al passo con la complessità. Esempio: geroglifici nella cultura egizia.
▪ DALL’ORALITÀ ALLA SCRITTURA: la scrittura serve per registrare nel tempo fatti e dati
[MEMORIA FISSATA]. Ogni storia raccontata oralmente è soggetta a continua variazione mentre
la scrittura rende la memoria immutabile → passaggio da una società FLESSIBILE > CULTURA
RIGIDA, culla del pensiero.
▪ MOTIVI ECONOMICI DELLA NASCITA DELLA SCRITTURA:
1) il RACCOLTO: l’Egitto viveva dell’attività del Nilo che rendeva la terra molto fertile (fino
a 3 raccolti l’anno). Problema prevedere l’inondazione del delta del Nilo (scioglimento
nevi). Forte impulso alla scienza, nascono: A) GEOMETRIA E AGRIMENSURA per misurare gli
appezzamenti di terra, lo spazio e B) ALGEBRA per misurare la ciclicità delle inondazioni,
il tempo → osservazione del cielo e movimento dei pianeti: la luna è regolare ma non dà
conto dello scorrere dell’anno POI osservano che Sirio appare a inizio luglio → segno che
stanno per arrivare le inondazioni.
2) SISTEMA BANCARIO ARCAICO: dalla possibilità di fissare su pergamena lettere e numeri
nascono i debiti.
CONSEGUENZE DELLA SCRITTURA: possibilità di fissare regole: sia norme letterarie, ad esempio la
tragedia; sia per la nascita della giurisprudenza. Ma problemi: 1) la legge è universale e talvolta
necessita di casi particolari (vedi Salomone e la storia delle due madri) e 2) ci sono saperi fluidi (in
retrocessione con la scrittura) che non possono essere scritti come ad esempio l’amore → rapporto
tensivo tra chi pensa e l’oggetto che cerca di pensare. Mito di Eros che insegue bellezza perché lui è
brutto → amore per quello che non si è, non si ha. La scienza dev’essere erotica, perché deve cercare
di abbracciare ciò che non conosce.
Il pensiero logico e razionale è accompagnato da un momento sensibile (sentire con l’altro) e
mimetico (MIMESIS: imitazione e immedesimazione che fa da sfondo) → Galileo con i suoi occhi
osserva il cielo e arriva alla conoscenza attraverso dei disegni.
Le nostre lettere nascono da disegni: momento mimetico e immaginario che è il primo grande legame
tra scienza e arte. Ad esempio la “A” era in origine una testa di bue |_| e da un’immagine si è passati
a segni sempre più veloci e stilizzati fino ad arrivare alla A. Mentre la B sarebbe in origine l’immagine
di una casa | _| > B. PROCESSO DI ASTRAZIONE (stilizzazione dell’immagine) che è fondamentale
|

perché il pensiero logico possa nascere. Dalla mimesi alla forma astratta: estrazione dei tratti
fondamentali, necessari a riconoscere l’oggetto.
A B C rappresentano ciò che è assolutamente imprescindibile per la sopravvivenza della specie. A,
BUE: animale più impo dalla rivoluzione neolitica in poi perché spinge l’aratro. L’animale alpha [il
primo per importanza nell’economia del tempo], da ‘aleph’: bue in ebraico. Nella convivenza c’è
sempre un animale alpha, un capo che infatti portava la corona, oggetto che mima le corna del bue
(escluso il cerchio di ferro del re longobardo).
16/04 Le lettere che usiamo sono impressioni visive di suoni. Passaggio : vista>udito. Finché non ci
alfabetizziamo, percepiamo le “parole” come un unicum inscindibile di suoni. Quando scriviamo,
operiamo un analisi del suono pronunciati oltre che un’astrazione (ricollegare il suono ad una lettera).
Quindi ho distinto dei suoni (analisi) e ho fatto corrispondere loro una lettera (astrazione) e
ricompongo queste unità in parole (sintesi) → pensiero astraente. Il pensiero astraente usa parole
non immediatamente legate all’oggetto che significano.
Atteggiamento deittico: dove deixis significa “indicare” in greco ant.; la parola non indica ciò che
rappresenta, ma – come l’indice che mostra qualcosa – fa vedere la cosa pronunciando la parola con
la quale denominiamo questa cosa → distanza tra cosa significata e parola significante; arbitrarietà.
Altro esempio di rapporto deittico: il giga – arbitrario – ma noto a tutti. Contrario del rapporto deittico:
il nome proprio, proprio solo di quell’entità, solitamente un essere umano; al contrario di “bue” inteso
come : tutti i buoi reali/ possibili. Problema a livello scientifico: come rapporto il concetto scientifico
e i casi particolari ai quali esso viene applicato? Opero un’astrazione: la formula della gravità di
Newton vale per tutti i gravi.
Il rapporto deittico deve attraversare lo iato che si è aperto tra cosa significata e parola significante.
Lo iato è anche lo spazio metaforico tra le parole scritte e ciò a cui si riferiscono.
Metafora: ‘poter spostare’; in questo caso si sposta il significante rispetto al significato o viceversa
→ ciò che fa la poesia ad esempio. Dal pdv concettuale ci interessa la metafora perché i concetti
nascono da atteggiamenti mimetici. Anche quello metaforico è mimetico anche se a metà strada del
processo astrattivo. La metafora ci insegna – dopo aver imparato a scrivere e ad astrarre tra parola
scritta (analitico-sintetica) e il suo significato – a cogliere il simile nel dissimile (Aristotele), a
identificare ciò che è comune tra oggetti particolari diversi tra loro. Ma il processo metaforico
implica necessariamente l’astrazione: devo estrarre dai singoli particolari ciò che hanno in comune.
Ulteriore livello di astrazione: quando passo da similitudini estratte da più oggetti e trasformate in
metafora e indico quelle similitudini non come similitudini: sono passato all’identificazione, al
concetto logico e razionale, alla chiave del fare scienza.
 Metafora/spazio metaforico tra significato e significante
 Metafora che scorge il simile nel dissimile → similitudine (o analogia in matematica)
 Identificazione: trasformazione di queste similitudini in identità e quindi ottengo un concetto
Esempio artistico di questo processo: la composizione musicale che si tiene insieme come un’unità
coerente grazie al tema/i su cui si fonda. Ma la bellezza musicale nasce nella variazione del tema →
la mia mente riconosce delle similitudini tra il tema e le sue variazioni in un rapporto tra simili
(metafora). Se lo trasformo in un rapporto tra identici (concetto scientifico) si esce dall’ambito
mimetico (e anche artistico) e si entra in quello puramente astratto.
Synopsis / Diairesis. Platone, mondo delle idee: per ogni cosa che esiste c’è un’idea corrispondente;
idee collocate in una scala gerarchica. Le idee si riuniscono grazie alle similitudini, che poi diventano
identità e idee più comprensive, ma anche sempre più astratte. Ad es. le idee di tavolo e sedia possono
essere sintetizzate in “mobilio”. In cima alla piramide ci sono 3 idee: il BENE: l’etica; il VERO: la scienza;
il BELLO: l’estetica.

2 movimenti opposti: 1) SYNOPSIS: ‘vedere insieme’, movimento verso l’alto, verso l’astrazione, dal
particolare al generale: induzione; 2) DIAIRESIS: movimento opposto, dalle idee più astratte a quelle più
particolareggiate: deduzione. Da diairesis > dieresi: divisione di vocali: ¨ piëta: ottengo 3 sillabe: pi-e-tà. [Il
giudizio corrisponde all’operazione di sussumere dei casi particolari in un concetto universale].

Salto da scienza a etica: per Platone si interroga su come funzioni il pensiero astratto all’interno
dell’etica. Nel Menone (dialogo di Menone con Socrate) alla domanda “oh, Socrate, si può insegnare
la virtù?” Socrate ribatte con una domanda a Menone “che cos’è la virtù?” e Menone cade nella
trappola elencando casi particolari di virtù. Ma Socrate vuole una spiegazione logico-razionale,
ossia vuole che sia individuata una identità, il contenuto che rimane identico in tutte le manifestazioni
particolari di virtù. Contenuto: logica; forma: mimesis che viene percepita in modo estetico e
sensibile. Il dialogo si conclude senza risposta; la logica ha posto un problema che lo stesso
pensiero astratto non sa risolvere → APORÌA: ragionamento logico che si conclude senza sintesi.
Ne risulta che non è dato sapere cosa sia la virtù, stando a Socrate, essa non si può insegnare.
In realtà, l’umanità dimostra di essere capace di virtù e che si può riconoscere, ma non con la
precisione e la coerenza del pensiero logico. Come? Arretrando verso la mimesis: Socrate orienta la
sua domanda al contenuto logico mentre Menone la orienta alla forma mimeticamente percepibile
e reiterabile. Possiamo trovare infiniti esempi di virtù, ma senza mai trovato una regola o concetto
logico di virtù sotto cui sussumere questi esempi. Si può mostrare un comportamento virtuoso, un
modello da imitare senza regola logica → IMPERATIVO CATEGORICO: la definizione quanto più
logica e precisa che si possa dare alla virtù, fornita da Kant. Formulazione: “AGISCI SEMPRE IN MODO
TALE CHE LA REGOLA DEL TUO COMPORTAMENTO POSSA VALERE COME REGOLA UNIVERSALE PER TUTTI
GLI UOMINI”; formulazione coerente e precisa, traducibile con: “AGISCI SEMPRE COME SE…”.
L’ESTETICA MI ORIENTA NELL’AZIONE. Regola che – anche in questa formulazione – è impossibile da
astrarre e formulare→ posso solo fornirne esempi di una regola impossibile da formulare. Il mio
agire è regolato da un sentire estetico che mi orienta tra bene e male. Grande dilemma tra scienza
ed etica che nasce quando posso dare il particolare caso, ma non la regola che ha motivato il mio
comportamento. Più esempi ho in testa, e più immagino una regola che sia logica.
FOCUS IMAGINARIUS. Tavola di Mosé: dieci esemplificazioni incomplete di una regola che solo Dio
può avere. Per Kant il “come se” della riformulazione dell’imperativo categorico è il focus
imaginarius: dove opera l’immaginazione che fornisce un’immagine di quella regola che potrebbe
essere e non l’intelletto coi suoi concetti.
LOGICA/RAZIONALITÀ FONDATE SU MIMESIS. Gli atteggiamenti razionali nascono da quelli mimetici
→ esempio nella lingua: i termini con cui parliamo di logica e scienza rinviano per la loro etimologia
ad atteggiamenti sensibili, percettivi e mimetici:
1) il significato di “IDEA” per Platone è un qualcosa di trascendente e astratto, non percepibile
dai sensi; ma la parola viene da “idein” o “veid” che in IE significa “vedere” → atto estetico
del vedere. Nella Metafisica di Platone l’Anima entra in contatto con le idee ancora prima di
entrare in un corpo e la sua sensibilità → OCCHIO SPIRITUALE (poi l’anima entra nel corpo e
si dimentica le idee conosciute, recuperabili solo con l’esperienza sensibile).
2) Significato di “TEORIA” da theorein, “contemplazione”, “osservazione” e legame con “dì di
festa”. Il theolos → colui che pratica la teoria e che è inviato nelle varie polis ad osservare
come si svolgono le festività. Il tempo di festa – non dedicato al lavoro – è chiamato skolé dai
greci (scuola: quando la società permette ad una parte di società di non occuparsi di lavoro
per dedicarsi alla cultura). Skolé > otium in latino (neg – otium: affari). Aristotele paragona la
teoria dei filosofi alla visione dell’Olimpo (casa degli dei). E teatro: dove vado ad osservare.
CARTESIO è colui che dà alle più recenti scienze (alchimia, chimica) il loro fondamento razionale,
concettuale e logico. Come? Attraverso il DUBBIO METODICO applicato alle tradizioni scientifiche e
filosofiche, dubbio riguardo al fatto che possa esistere un pensiero puro dal pdv logico-razionale →
smonta le Sacre Scritture (fondamento di scienza medievale) e Aristotele perché non basati su
pensiero logico-razionale. Cartesio esclude Dio come principio su cui fondare qualcosa perché l’unico
fondamento indubitabile possibile è da cercarsi all’interno delle mie facoltà soggettive (dove
soggettivo sta per: identico in tutti i soggetti). La sensibilità è diversa da soggetto a soggetto, non
può quindi essere fonte di conoscenze certe. Il dubbio è portato all’estremo: si dubita del dubbio
stesso e si arriva ad un vicolo cieco e per superarlo bisogna stabilire: COS’È IL DUBBIO? QUALE PARTE
DELLE MIE FACOLTÀ LO ESERCITA? Risposta: Cogito, ergo sum → il dubbio è esercitato dal COGITO:
esercizio intellettuale della logica e della matematica; il vero fondamento.
E ora, COME SI FONDANO LE SCIENZE? È scientificamente valido solo ciò che il cogito riconosce in
modo chiaro e distinto → indubitabilità matematica che fonda le scienze moderne. Esperienze
empiriche > formalizzazione in formule matematiche → EMPIRIA > TEORIA. Ciò che è
matematizzabile è indubitabile. PROBLEMA: cosa me ne faccio di tutto quello che non è cogito?
SOLUZIONE: formalizzazione della RES COGITANS, la ‘cosa pensante’ attraverso la quale – con
metodo matematico – cerco di scorgere similitudini (metafora) anche se il concetto mira all’identità,
che in termini matematici è il MINIMO COMUNE DENOMINATORE: caratteristica che posso estrarre da
tutti gli oggetti che non sono pensanti perché identica in essi. Quindi MCM è ciò che la res cogitans
non è: RES EXTENSA → un corpo, estensione fisica. Tutto quello che non è cogito è esteso →
DUALISMO CARTESIANO TRA RES COGITANS ED EXTENSA . PROBLEMA: LA RES COGITANS PUÒ
DOMINARE LA RES EXTENSA PER POTERNE CONOSCERE QUALCOSA DI UTILE ALLA RES COGITANS? Ciò che
posso conoscere della cosa estesa è tutto ciò che la mia facoltà cogitante può conoscere, ma secondo
le proprie leggi di funzionamento. E qui Cartesio sviluppa il sistema delle coordinate: tutto ciò che
si può conoscere dell’estensione è ALTEZZA, LARGHEZZA e PROFONDITÀ (caratteristiche identiche
in tutte le cose non pensanti) → solo queste conoscenze sono matematicamente indubitabili ed è
tutto ciò che l’intelletto può conoscere del corpo esteso, che di per sé non è pensante, ma pilotato
come una macchina dalla res cogitans → non produce conoscenze certe. PROBLEMA: SE IL CORPO È
COME UNA MACCHINA PILOTATO DA RC, PUÒ ESSERE SVILUPPATA UN’ETICA SU QUESTI FONDAMENTI?
Cartesio risponde: no, l’etica non può essere ricondotta in modo preciso ad un concetto logico-
matematico → non si può creare etica con la matematica. L’approccio di Cartesio è radicale. Poi c’è
Spinoza che scrive etica ordine geometrico demonstrata, cioè un’etica scritta in termini assiomatici-
matematici. E poi Leibniz che riunisce anima-corpo, intelletto-percezione sensibile e introduce
insieme alla chiara e distinta conoscenza 2 passi che le sottostanno:
- LA CHIARA MA CONFUSA CONOSCENZA (ambito artistico; musica: le note sono abbastanza entità
chiare e distinte ma gli accordi no)
- 2) l’OSCURA E CONFUSA CONOSCENZA (emozioni, passioni e sensazioni).
I 3 piani di Leibniz provengono dall’esercizio logico e matematico → calcolo infinitesimale
(generato da Leibniz e Newton): come passo da 1 a 2? Con infiniti passaggi più piccoli. Leibniz lo
traduce in termini di conoscenza scientifica: continuità e passaggi da chiara e distinta conoscenza e
gli altri piani. E questo avvicina scienza e arte.
22/04. Come si passa da 1 a 2? Passaggi infiniti, la matematica non sa creare continuità, non sa
risolvere il problema ma ne ha bisogno: senza postulare l’infinito, non posso nemmeno cominciare
a contare → il passaggio 1-2 lo reiteriamo in 2-3, 3-4 ecc. Frege (matematico tedesco) ha scritto
un’opera sui fondamenti della matematica dove cercava di dimostrare l’insieme di tutti gli insiemi
(vecchio concetto di infinito) e B. Russell l’ha confutato copiando l’ultima riga dell’opera e
aggiungendo “+1”.
Siamo esseri logici, fatti di concetti ma questo comporta anche problemi, regressione pure all’interno
del progresso scientifico. Primo grande problema del pensiero astratto: quando astraggo, estraggo
una o più caratteristiche da casi singoli per trasformarle in un concetto che denota tutti i casi
particolari → ECONOMIA DELLA CONOSCENZA che ci permette di fare scienza e conoscenza.
Esempio: concetto di ebreo sotto il quale sussumo tutto un insieme di individui, in maniera pericolosa.
Ma abbiamo gli strumenti per CORREGGERE IL PENSIERO ASTRATTO e questo accade all’interno della
stessa razionalità logica: la DIALETTICA che ci fornisce l’arte → prendere distanza dal concetto,
chiedersi cosa faccia il concetto e cosa facciamo noi quando lo usiamo. I concetti diventano infatti
ETICHETTE quando li usiamo nella vita quotidiana, diventano armi.

FORMA DEL GIUDIZIO: sussumere un particolare caso sotto un concetto astratto; forma predisposta al
funzionamento del pensiero astratto. PARAGONE: forma di giudizio molto usata e spesso fraintesa →
mettiamo in relazione 2 enti (x e y) e questo è già errato: paragono x e y ad un concetto che non è né
x né y. Concetto di altezza: x è più alto di y → pesco il concetto dalla mia mente, costrutto
concettuale, logico e astratto. Per Kant le cose non sono conoscibili così come sono, posso conoscere
solo ciò che entra in relazione con le mie facoltà di conoscenza, nell’interazione tra soggetto
conoscente e oggetto conosciuto. Eisenberg, principio di indeterminatezza: prima di un esperimento
si è già sviluppato un concetto in testa, frutto di un soggetto → pongo al mondo fisico una domanda
e posso ricevere da esso un tipo determinato di risposta, non c’è libertà in questo. Gli esperimenti non
sono neutri, quando la natura risponde positivamente alle nostre ipotesi, la scienza avanza.
TEORIA DELLA CONOSCENZA DI KANT: Critica della ragion pura, pratica e della facoltà di
giudicare.
Modello kantiano: Facoltà di conoscenza – forme (definite/finite) in cui io, soggetto umano, posso
fare conoscenza del mondo, degli altri, e di me stesso.
RAGIONE – idee (soprasensibili, il contenitore del proprio operare) → FILOSOFIA PRATICA
La Ragione, non è una vera facoltà di conoscenza e non interagisce con le altre facoltà.

limite trascendentale -----------------------------------------------------------------------------------------------


3 facoltà/ forme di conoscenza per fare scienza e per creare conoscenze indubitabili
1) INTELLETTO (logico-matematico) – Concetti, Categorie, Logica → locus più appropriato
per fare scienza
2) IMMAGINAZIONE – Intuizioni (sintesi estetica – forme a priori della percezione sensibile)
elemento di mediazione ↑↓
3) SENSIBILITÀ (Empirico) – Dati sensibili
LO SCIENZIATO COME ARTISTA: l’immaginazione è quello che fa sì che uno scienziato geniale lavori
soprattutto di immaginazione → scoperte scientifiche come opere d’arte. Le vere scienze non sono
solo tecniche applicative, ma sono ciò che permette di aumentare le conoscenze, anche grazie
all’immaginazione.
Inoltre per fare scienza occorrono i dati sensoriali, occorre l’intelletto (distinto dalla Ragione in
Kant) che lavora con i concetti/ categorie e quindi con la logica e la matematica. Persino l’empiria
(dati sensibili) è regolamentata dalla matematica → in che modo essa può essere indubitabile? Perché
spesso anche quella inganna. Attraverso un’operazione logica: ogni dato sensibile avviene in un
momento temporale e in un luogo dello spazio → TEMPO – ALGEBRA; SPAZIO – GEOMETRIA, 2 entità
descrivibili dalla matematica. Ma i dati sensibili sono percepiti come distinti tra loro, discreti e non
in continuità → ciò che lega è l’intelletto (logos, ‘legare’), il concetto infatti lega infiniti punti
insieme. Esempio: il cinema non è altro che fotografia accelerata, i fotogrammi sono uniti dal nostro
intelletto mentre la sensibilità focalizza un solo punto (estetica). La logica lega soggetto e oggetto,
ma senza possibilità di conoscere in sé l’oggetto. L’unica cosa che possiamo conoscere in noi è
l’essere umano inteso come intelletto, sensibilità e ragione. E ad esempio non conosciamo il nostro
corpo. Per passare da sensibilità a intelletto ci aiuta la il passaggio intermedio dell’immaginazione
(facoltà prelogica), una sorta di intuizione (‘Anschauung’, dove ‘schauen’ significa ‘guardare’ + ‘a’
→ ‘guardare a qualcosa) che ci propone una SINTESI (sintetizza ma non porta a conoscenza) > poi
l’intelletto concettualizza questa sintesi e la trasforma in conoscenza scientifica. Le sintesi prodotte
dall’immaginazione sono ESTETICHE / PERCETTIVE: mediazione tra i punti focali non legati dalla
sensibilità, a partire da queste sintesi si generano poi dei concetti universali.
FACOLTÀ DI GIUDICARE: ponte tra Ragione-Intelletto, Libertà (facoltà di desiderare, volontà)-Natura
(meccanica, leggi esatte), Pratica-Teoria. Quando si parla di morale ed etica, non si può usare il
percorso scientifico, fondarsi sull’empiria. Ma la facoltà di giudicare crea un ponte tra PRATICA-
TEORIA, ETICA-SCIENZA e in mezzo c’è L’IMMAGINAZIONE: infatti → ETICA | POETICA | SCIENZA.

La Ragione lavora con le idee che essendo soprasensibili, non possono essere dimostrate → la
LIBERTÀ è un’idea: essa è importante in ambito etico e non ha dimensione empirica, può essere
semmai esemplificata ma non può valere allo stesso modo per tutti gli esseri umani. Le azioni libere
seguono regole che non sono formalizzabili (quindi non indubitabili). Esempio dei 10 comandamenti:
“non uccidere”, ma l’Antico Testamento è zeppo di omicidi. L’unico modo in cui è possibile
insegnare l’etica è in modo MIMETICO: fornire esempi ai discenti e fare in modo che li copino.
GIUDICARE: sottomettere un caso particolare a legge universale, in tutti gli ambienti della vita
personale e sociale → la legge è uguale per tutti : tutti i particolari casi che sotto la legge sono uguali.
E questo vale anche nella scienza (legge di gravità: per tutti i gravi). 2 forme di giudizio per Kant:
1) GIUDIZIO DETERMINANTE (il più usato): determina un dato particolare attraverso un concetto
universale, ridurre un oggetto alla sua funzione per me (orologio ad esempio). Lo uso
anche quando c’è qualcosa che non comprendo a fondo e cerco in testa un giudizio
determinante, un etichetta da appiccicargli, un concetto preesistente, invece di crearne uno
nuovo.
2) GIUDIZIO RIFLETTENTE (che ci interessa di più): offre movimento di autoriflessione →
mentre opero su altre determinazioni, rifletto anche su me stesso chiedendomi: è giusto che io
determini x come y? Questo è possibile se prendo distanza da me stesso: NON CEDO AI MIEI
AUTOMATISMI (di usare concetti per giudicare) → da questa capacità di autocorrezione del
pensiero logico e concettuale nasce l’ETICA! Assoluta novità apportata da Kant: giudizio
che non impone, ma lascia libero. Mi pongo di fronte a ciò che devo conoscere come mi pongo
davanti a me stesso, mi rifletto nell’oggetto per il quale non ho un concetto universale pronto.
Il giudizio riflettente è ancora senza concetto, ma segue il percorso che può portare alla
scoperta di un concetto nuovo ponendomi allo stesso livello dell’oggetto che ho di fronte.
CONCETTO: ciò che mi fornisce lo scopo dell’oggetto al quale applico il concetto. Quindi ogni
definizione è esclusione → l’oggetto è determinato in un solo modo, una sola caratteristica che si
esaurisce nella denominazione dello scopo. Lo scopo è dapprima nel mio intelletto, ma interagendo
con l’oggetto trovo lo scopo proiettato in esso: conosciamo le cose come si manifestano a noi.
Cercare concetti è importante per noi perché essi determinano la nostra vita → dobbiamo conoscere
ciò che ci circonda per sopravvivere. Finalità della natura: Kant precede Darwin nella sua credenza
secondo cui la natura ha un piano. Anche nel giudizio riflettente io cerco l’eventuale finalità di un
oggetto.
27/04. Automatismo in noi: usare i concetti per giudicare, se mi allontano e analizzo da pdv globale
posso autocorreggermi. Funzionamento del pensiero logico: dati sensibili > sintesi estetica (non
ancora compresa, una sorta di intuizione) > sintesi logica: concetto. Il giudizio riflettente permette di
fare un passo indietro, assumere un atteggiamento più libero: non so cosa ho di fronte, non determino
nulla ma allo stesso tempo sono più esposto, c’è più rischio. Questa modalità di giudizio serve per
fare scienza ma anche per la poetica e l’estetica →apre una nuova strada, nuovi concetti e comporta
un cambio di paradigma. Il giudizio riflettente fa in modo che scienza, poetica ed etica si intreccino
come forme di conoscenza. Tutto ciò accade nelle nostre teste, nel modo in cui ci poniamo rispetto
agli oggetti. Soggettivo: è relativo alle nostre facoltà di conoscenza, sempre identiche negli umani
dall’avvento della scrittura. L’impostazione della ricerca scientifica è sempre soggettiva, non sapremo
mai con certezza se il modo in cui il soggetto opera col suo intelletto e i concetti sia davvero il
modo in cui opera la natura. Quindi la legge naturale non è altro che la legge umana applicabile alla
natura. Concetti e giudizi si presentano come condivisibili e necessari, e questo grazie al fatto che la
logica su cui si basano è tratta a sua volta dalla matematica.
Nella modalità riflettente non attribuiamo leggi alla natura, do semmai regole a me stesso. Frase di
Aristotele: la filosofia, la scienza, cominciano con la MERAVIGLIA e lo STUPORE. Non ho ancora in
mente gli scopi, anche se inevitabilmente il percorso finirà per essere sempre verso uno scopo, ma la
differenza col giudizio determinante è che in questo caso sono in cammino → le cose che non
forniscono uno scopo al genere umano non interessano alla scienza. Devo immaginare lo stesso ordine
di finalità anche in natura, qualcosa che garantisca armonia e continuità tra i molteplici elementi in
natura → questo è ciò che ci permette di fare scienza. Zweckmäßigkeit: avente forma di finalità,
conformità ad uno scopo. Per Kant noi ci rappresentiamo la natura come se in essa vi fosse all’opera
un intelletto che dia unità al molteplice delle leggi empiriche della natura. Anche Newton prima
ricostruisce il sistema solare e poi inventa Dio, principio inconoscibile che garantisce armonia del
meccanismo di movimento dei pianeti. Ma non ci sarà mai garanzia del fatto che il ns modo di fare
scienza corrisponda al modo di operare della natura!
La finalità presupposta è formale: il principio presupposto oltrepassa la barriera del trascendentale
(barriera tra intelletto e Ragione) oltre la quale non ho più a che fare con l’empiria della natura →
PRINCIPIO TRASCENDENTALE A PRIORI, la cornice ultimativa all’interno della quale posso fare
scienza, dopo di questo c’è Dio, gli angeli ecc. A PRIORI: senza apporto di dati sensibili, prima della
sperimentazione empirica. E questo è un primo modo di fare scienza. I giudizi determinante e
riflessivo possono essere sintetici / analitici e a priori / a posteriori.
Il giudizio determinante è sempre sintetico: lega 2 momenti → il concetto + il dato particolare
empirico ed è sempre anche a posteriori: prima faccio l’esperimento, poi giudico. Questo è il modo
quotidiano di fare scienza. Nella scienza applicata si usano anche giudizi analitici a priori: giudizi
che vengono emessi senza apporto empirico e che sono analitici perché decostruisco un concetto
(già pronto), ne estraggo degli elementi. È sempre un giudizio scientifico perché uso un concetto
anche se posso evitarmi di ripercorrere tutte le ricerche scientifiche che portano a quel risultato. Ad
esempio dal concetto di grave posso dedurre il concetto di pesantezza: “ogni grave è pesante” è un
giudizio analitico a priori.
Il giudizio analitico a priori è importante nel momento in cui cambia il paradigma: quando mi accorgo
che il concetto che applicavo ad un determinato oggetto non coglie più e non conosce più quello che
dovrei conoscere → fase della falsificazione, devo cercare altri concetti: dal giudizio determinante,
mi metto in moto verso il giudizio riflettente.
Giudizio sintetico a priori: quando due concetti esistenti vengono legati senza apporto dell’empiria
→ quello che accade nella matematica, logica: pura astrazione. 7+5=12 dove 7 è un concetto e 5 un
altro, sommati danno origine ad un nuovo concetto. Ponendomi il problema del giudizio sintetico a
priori non faccio scienza nel senso quotidiano, ma faccio TEORIA: cerco nuove vie di conoscenza vs
giudizio sintetico a posteriori e analitico a priori che sono forme di conoscenza “scientifica”.
PRINCIPIO TRASCENDENTALE: presupporlo non apporta nessun tipo di conoscenza, ma si presuppone
una finalità, un “come se” → immagino un intelletto che si muove lungo un asse teleologico
(finalistico), in modo simile al mio intelletto. Il principio trascendentale è dentro alla modalità
riflettente ed è ancora una volta soggettivo: non verificato oggettivamente in natura. Ma senza di esso
non sarebbe possibile legare concetti a fenomeni naturali, fare scienza applicata.
Darwin parla di continuità in natura in termini di evoluzione (giudizio sintetico a priori?), qualcosa
non empiricamente dimostrabile (richiederebbe lo spazio-tempo di milioni di anni come minimo).
Il calcolo infinitesimale è stato un tentativo di creare un principio trascendentale a priori che desse
continuità anche alla matematica. Senza questo principio non potrei nemmeno collegare soggetti ai
predicati, formulare un giudizio.
Esigiamo che ci sia accordo e analogia tra la natura e il nostro modo di conoscere ma questo è frutto
dell’immaginazione. Euclide con pochi assiomi legati tra loro spiega l’intera geometria → basta
dedurre dagli assiomi (giud. analitico a priori) o combinarli (giud. sint. a priori). Questi giudizi sulla
geometria vengono poi applicati allo spazio. 3 leggi fondamentali della natura:
1) PRINCIPIO DI ECONOMIA: la natura opera con il minimo dispendio di energia e non produce scarti (ad
esempio gli scheletri degli animali si trova lo stesso numero di vertebre)
2) la natura è CONTINUATIVA nel suo operare, non fa salti
3) la moltitudine della natura costituisce una UNITÀ SOTTO POCHI PRINCIPI UNIVERSALI (Euclide)
GIUDIZIO DI GUSTO: simile al giudizio scientifico, c’è sempre la ricerca di una finalità, ma in più c’è
anche il PIACERE: piacere inteso come ciò che provo quando raggiungo uno scopo. Ogni giudizio di
gusto coinvolge un piacere, nel prodotto artistico le mie facoltà di conoscenze cercano conoscenza
ma essa non sarà concettuale, anche se i concetti e le finalità restano presenti in secondo piano.
Mi aspetto che il giudizio di gusto sia vincolante e condivisibile per tutti perché la condizione per
il raggiungimento dello scopo non è un oggetto fisico, ma un principio a priori. Il raggiungimento
dello scopo non è legato alla sensibilità e all’empiria, che sono individuali per ciascuno, ma è
soggettivo (relativo alle mie facoltà di conoscenza che sono condivise dalla mia specie). No legame
con finalità pratiche o con etica, il piacere è puramente dato dal rapporto tra le ns facoltà di
conoscenza con l’oggetto → presuppongo una relazione formale e soggettiva, uguale alla scienza e
al pensiero sintetico a priori.
La forma delle cose è data dall’unità degli elementi che la compongono: così ci facciamo una
rappresentazione dell’oggetto; deve esserci unità anche negli elementi che compongono l’opera
d’arte. Il piacere si crea nel legare insieme la forma dell’oggetto e le nostre facoltà di conoscenza. La
forma rappresenta il principio di unità, continuità e finalità. Siamo nella modalità di giudizio
riflettente perché in quello determinante mi troverei a riconoscere qualcosa che so già. Ma anche
legare due leggi naturali insieme (giudizio sintetico a priori) provoca piacere. E anche finire un’opera
d’arte provoca piacere.
In che modo possono incontrarsi la rappresentazione estetico-artistica e la rappresentazione
scientifica della finalità della natura? Nella rappresentazione di un oggetto, il lato estetico è
soggettivo: ognuno ha la propria sensibilità. Perché la rappresentazione diventi oggettiva e
condivisibile, occorre determinare l’oggetto con un concetto. La mera forma della finalità è parte del
giudizio riflettente, non dell’oggetto. Il giudizio di gusto non è mai determinante.
Un oggetto possiede finalità perché la sua rappresentazione soggettiva e sensibile è accompagnata da
piacere: rappresentazione estetica della stessa finalità che abbiamo presupposto in natura; ma la
rappresentazione di questo oggetto è riferita al soggetto, non all’oggetto → corrisponde alle mie
facoltà di conoscere. Quindi la finalità di cui parlo nel giudizio estetico non è la stessa che
presupponiamo operi in natura (oggettiva), ma bensì una finalità soggettiva e formale, iscritta nelle
ns facoltà di conoscenza. In sintesi: le mie facoltà di conoscenza producono la stessa forma di
finalità sia per il giudizio scientifico e quello di gusto, ma le due finalità si situano in punti diversi:
nell’immagine specchiata nella natura nel primo caso e dentro noi stessi nel secondo. Differenza
continuativa tra i 2 giudizi, diversa collocazione della finalità.
Nella facoltà di giudizio l’opera d’arte mette in relazione le nostre rappresentazioni degli oggetti,
sintesi estetiche (immaginazione) e il un concetto (Intelletto) → se trovano un accordo, questo genera
piacere e di conseguenza l’oggetto che ci siamo rappresentati (giudizio riflettente) viene considerato
conforme ad uno scopo. Il giudizio estetico non coinvolge la finalità dell’oggetto, ma è la forma
dell’oggetto a causare piacere → la rappresentazione e il piacere vengono quindi determinati in
modo vincolante e necessario per tutti; ecco perché il giudizio di gusto (pur nascendo come soggettivo
e sensibile) pretende di essere condiviso. Quando giudichiamo “bella” un’opera. O con la musica:
tema e variazione generano piacere, il mio giudizio li lega insieme e scaturisce una conformità allo
scopo. Perché il giudizio di gusto pensa di essere condiviso? Quello che c’è dietro è piacere, non un
concetto: piacere suscitato dalla rappresentazione dell’oggetto e l’accordo tra immaginazione e
intelletto. Ma questo giudizio nasce empiricamente: prima di tutto c’è un oggetto che parla alla
mia sensibilità. Assenza di concetto: non posso determinare un oggetto artistico come “bello” perché
bello è un qualcosa di cui devo fare esperienza sensibile, non è un concetto → per imparare ad
emettere giudizi di gusto devo fare tanta esperienza.
30/04. ANALITICA DEL BELLO (KANT): PRIMO E SECONDO MOMENTO. Individuare la coerenza
all’interno di un’opera significa essere in grado di creare relazioni all’interno di un fenomeno. Il
caso più comunque è quello del giudizio sintetico a posteriori: lego un particolare caso ad un concetto
universale. Concetto ancora di finalità e di continuità, unità nella natura. Per riconoscere un motivo
musicale si adoperano sensibilità, immaginazione e in parte anche intelletto nonostante il motivo
venga ripetuto con qualche variazione → creiamo questa coerenza interiore sulla base della
similitudine (ambito artistico, passaggio anteriore all’identità/identificazione dell’intelletto). La
metafora ci insegna a trovare il simile nel dissimile. Abbiamo visto che giudizio di gusto e scientifico
non sono la stessa cosa, il primo ha a che fare col piacere. 4 momenti dell’analitica del bello:
1) BELLO È CIÒ CHE PIACE IN MODO UNIVERSALE SENZA INTERESSE
2) BELLO È CIÒ CHE PIACE SENZA CONCETTO (perché è centrale invece il piacere)
3) la BELLEZZA È LA FORMA DELLA FINALITÀ DI UN OGGETTO (senza scopo) → forma della finalità
IN GENERALE, senza che venga rappresentato uno scopo in particolare. Cos’è la finalità? La
mimesis / l’estetica fonda i comportamenti razionali e logici → usiamo parole che derivano
dalla sensibilità per parlare di cose della scienza e della logica
4) BELLO È CIÒ CHE È RICONOSCIUTO COME OGGETTO DI UN PIACERE NECESSARIO → il giudizio
di gusto pretende di essere condivisibile
PRIMO MOMENTO DEL GIUDIZIO DI GUSTO. Fondamento soggettivo: il giudizio opera con dati sensoriali
e con sintesi estetiche. L’arte parte sempre dalla sensibilità, altrimenti, se partisse dai concetti,
sarebbe filosofia. Ma quello che l’analitica del bello mi fa scoprire è il funzionamento delle mie
facoltà di conoscenza, interesse per la forma. Io di fronte ad un oggetto: modalità riflettente e
contemplativa.
➢ Il giudizio di gusto non può universalizzare: bisogna fare esperienza riflettente col particolare
oggetto; poi le esperienze si possono stratificare e il mio giudizio sarà sempre più sicuro
➢ Il giudizio è libero in quanto non deve produrre conoscenza e mi mostra inoltre la struttura dei
giudizi scientifici
Ma allora, chiediamoci ancora, in che modo il giudizio di gusto pretende una sua universalità? “BELLO
È CIÒ CHE PIACE IN MODO UNIVERSALE SENZA INTERESSE” → dove l’interesse è legato al piacere:
quando mi interessa qualcosa, c’è sempre un po’ di piacere che nello specifico è legato all’esistenza
dell’oggetto. Ma il giudizio di gusto è invece soggettivo (piacere che nasce da dentro) → l’interesse
non è nell’esistenza dell’oggetto e nel desiderio di possederlo, ma nel modo in cui giudico l’oggetto,
nella mia contemplazione e rappresentazione di esso: “bello” è riferito al soggetto (mediante
immaginazione) e non alla rappresentazione dell’oggetto fornita dall’intelletto. Quello che desidero
è capire cosa succede dentro di me quando entro in relazione con quell’oggetto che, non fornendo
conoscenza etica o scientifica, mi si presenta libero e mi trasmette quella libertà: sono libero a mia
volta. L’arte rende liberi perché non mi costringe a fare ciò che sarei automaticamente portato a fare:
produrre conoscenza, determinare un oggetto con un concetto universale → l’arte mi rende
autoriflessivo: mi proietto nell’opera d’arte che mi restituisce un’immagine simile e dissimile a me,
faccio esperienza della mia libertà, faccio esperienza delle mie potenzialità, di come potrei crescere,
superare lo stato in cui sono in quel momento. Questo è possibile perché mi svincolo completamente
dalle necessità naturali che determinano il mio automatismo a produrre conoscenza scientifica. La
sopravvivenza / necessità naturale (l’interesse di cui si parla nella formulazione) viene messa da parte
solo nell’ambito artistico, che per questo è libero. Piacevolezza: interesse individuale per l’oggetto
come entità fisica, non come rappresentazione dell’oggetto → piace ai sensi e non alla
rappresentazione (piacevole solo per me). Lettura pag. 38: sensazione vs sentimento. Sensazione:
rappresentazione oggettiva dei sensi (colore verde dei prati → percezione di un oggetto del senso).
Piacere che l’oggetto produce è invece sensazione soggettiva, sentimento; nessun oggetto è
rappresentato. Quando giudico piacevole qualcosa esprimo un interesse nei suoi riguardi → il
giudizio stesso passa attraverso la sensazione e suscita il “desiderio di oggetti simili”; il giudizio non
coinvolge solo l’oggetto, ma anche “il rapporto della sua esistenza col mio stato” perché io sono
affetto da quel oggetto. Quindi il piacevole non solo piace, ma diletta: produce in me un’inclinazione
e posso anche astenermi dal giudicare la natura dell’oggetto che mi desta piacere, cosa comune tra
chi mira solo al godimento (intimo del diletto).
GIUDIZIO ETICO (BUONO). IL PIACERE CHE DÀ IL BUONO È LEGATO ALL’INTERESSE (p. 39): “buono è ciò
che, mediante la ragione, piace puramente pel suo concetto”. Buono/utile → qualcosa che ci piace
come mezzo e se invece ci piace per se stessa, essa è “buona in sé”. Il buono si colloca oltre il limite
trascendentale delle conoscenze affidabili, è dalla parte della ragione: non coinvolge la sensibilità.
La RAGIONE è legata all’etica e lavora con le idee. Esempio: la libertà è una bella idea e di per sé
non comporta nulla di sensibile → gli uomini possono fare ciò che vogliono finché “libertà” non si
traduce in azione. Azione: sortisce effetti sensibili. La traduzione di un’idea in qualcosa di empirico
è sempre minore rispetto all’ampiezza dell’idea pura → grande problema in etica, morale e politica
(per questo le rivoluzioni sono destinate a fallire). Più ampia idea della ragione: il buono. Per trovare
buono un oggetto, devo sempre averne un concetto, mi piace il concetto in quanto tale (diverso dal
senso di bello, che non necessita di concetto determinato) ed esso non è in concorso con la sensibilità
o l’estetica. Buono vs piacevole: il piacevole rappresenta l’oggetto unicamente in relazione col senso
per essere chiamato “buono” dovrebbe venire sottoposto ai principii della ragione mediante il
concetto di uno scopo. Domanda per ciò che è buono: buono mediatamente (perché utile, buono come
mezzo) o immediatamente (perché buono in sé)? Con il piacevole la domanda non si pone: è sempre
buono in sé, quindi “bello”. Buono/utile e buono in sé: in entrambi i casi è contenuto uno scopo →
rapporto della ragione con la volontà (quella che vuole passare all’azione). Quindi vi è un interesse
perché il piacere/giudizio positivo è legato ad esistenza di un oggetto o azione → giudizio etico
vicino al giudizio scientifico, più che al giudizio di gusto (ma no empiria). 3 forme di giudizio: 1)
ETICO-MORALE 2) ESTETICO-ARTISTICO 3) SCIENTIFICO-LOGICO ma tra il primo e l’ultimo c’è più
comunanza perché entrambe forme astratte. Quindi la vera differenza è tra giudizio estetico in un
blocco e giudizio etico e scientifico nell’altro: nel secondo blocco è presente un oggetto / azione.
Giudizio etico sempre interessato e che coinvolge concetti (vs giudizio di gusto: senza interesse né
concetto): il concetto di buono si lega al fatto che mi interessa che questo si traduca in azione.
“Buono” è l’oggetto della volontà / facoltà di desiderare che è determinata dalla ragione, non da
intelletto.
Piacevole vs bello vs buono: piacevole e buono coinvolgono interesse; piacevole non coinvolge
concetti, buono sì → designazione di tre rapporti di piacere diversi:
1) La piacevolezza coinvolge la nostra animalità: istinto di sopravvivenza, corporalità → si
chiama quindi INCLINAZIONE.
2) Il bello coinvolge la nostra razionalità: siamo animali razionabili, dobbiamo imparare ad
usare le nostre facoltà di conoscenza (imparare la libertà per non abusarne) → FAVORE,
l’unico dei tre rapporti di piace che si presenta libero, cioè non legato ad interesse
3) Nell’ambito del buono trattiamo gli uomini come essere razionali → se qualcuno si comporta
bene mi suscita STIMA
Torniamo per la terza volta alla domanda: perché penso che bello sia universale? Perché io provo
piacere di fronte ad un’opera d’arte senza interessarmi all’esistenza dell’oggetto, mi accorgo che è
l’oggetto col suo scopo a provocarmi piacere > uso “bello” come se fosse un concetto che mi fornisce
lo scopo dell’oggetto ma siccome è disinteressato, presuppongo che sia valido per tutti gli esseri
umani → meccanismo automatico che mi protegge dall’apertura, dalla libertà dell’incontro. Le
opere d’arte non forniscono conoscenza determinata, proprio nello spazio indeterminato io
esperisco la libertà dalla determinazione con concetti già usati. Il piacere provocato dalla
contemplazione di un’opera d’arte non è intimo, ma è percepito come universalmente umano →
errore! Sto lavorando di concetto, commetto un errore nel giudizio di gusto, penso di risolvere la
questione estetica sostenendo che vi è un concetto che definisce un oggetto come qualcosa che ha
come scopo quello di provocare piacere in chiunque → questo diventa un giudizio logico fondato
su un concetto, come se la bellezza fosse effettivamente nell’oggetto; ma il piacere non dipende né
da concetti, né da scopo → lo scopo è sempre particolare, quindi coinvolge interesse (anche nella
sfera etica). Quindi aspettarsi che il giudizio di gusto sia condivisibile è una pretesa di universalità
soggettiva, estetica per la quale non può esserci una regola → la bellezza non è definibile. Per il
gusto non c’è né regola, né concetto: totale libertà, posso solamente affinare il mio giudizio
sommando le esperienze estetiche. Chiave della critica del gusto per Kant: prima giudico e poi provo
piacere, il primo porta al secondo (si potrebbe anche dire che il giudizio è il piacere). Nella
piacevolezza/godimento (piacere privato): il piacere qui dipende dall’oggetto che scatena il giudizio
(stato d’animo suscitato dalla rappresentazione dell’oggetto davanti a me) → sentimento
incomunicabile perché è arbitrario e soggettivistico. Piacere: libero gioco tra intelletto e
immaginazione, rapporto armonico tra le mie facoltà di rappresentare un oggetto → non c’è
limitazione da parte di un determinato concetto che mira a determinare una conoscenza particolare.
Similmente agli altri giudizi, per produrre il giudizio di gusto operano intelletto e immaginazione, ma
quello che cambia è che i concetti sono qui in secondo piano, liberi, non producono conoscenza,
sono presenti in modo indeterminato. Forma del gioco: conformità, avente forma di scopo, stesso
gioco di quando conosco e determino attraverso concetti; ma il gioco si amplia nella propria libertà,
con concetti presenti in modo indeterminato. Il piacere è questo libero gioco ed è questo gioco che
mi rappresenta il giudizio di gusto → costellazione che c’è sempre quando giudichiamo e quindi
questo libero gioco deve essere per Kant universalmente comunicabile, tanto quanto lo è il risultato
del gioco del giudizio scientifico (stessa forma di collaborazione tra intelletto e immaginazione).
Siccome posso comunicare ogni conoscenza particolare legata ad un particolare concetto, posso
comunicare anche il piacere provocato dal giudizio di gusto (che non c’è nel giudizio logico), piacere
provocato dalla libertà dei concetti. Conclusione: il giudizio precede il piacere che si prova non nei
confronti dell’oggetto, ma nei confronti di tale libero gioco armonioso. Per questo esso si pretende
universale, intersoggettivo, anche se nasce soggettivo → coinvolge le condizioni soggettive di ogni
forma di giudizio su ogni oggetto in generale.
04/05. Cosa facciamo quando giudichiamo nei vari ambiti in cui siamo chiamati a farlo: scienze, arti,
ambito della cultura. Il giudizio e la conoscenza non vengono dagli oggetti, ma sono prodotti da me.
Giudizio: Ur[originario]-teil[teilen: separare] = De-cisione → il giudizio è ciò che origina un
processo; quando decido prendo una strada e ne escludo un’altra. Esempio: Edipo Re → 2 strade,
Corinto/Tebe e la scelta della seconda è alla base di tutta la tragedia. Quando decido devo essere
lucido e cosciente, se no sbaglio. INCLINAZIONE: non stare eretti→ homo erectus: anche in senso
morale, che segue regole condivisibili dagli altri umani. Quando la rettitudine si inclina, perdo il
baricentro, la mia posizione diventa instabile → non ho più il dominio di me, divento irresponsabile
e pericoloso. E l’inclinazione rafforzata diventa PASSIONE (< pathos: sofferenza, dolore) che mi porta
fuori da me (ex-stasis). Esempio: inclinato dall’amore, il mio baricentro diventa il mio amato.
La relazione intelletto-immaginazione è sempre giudicativa in ogni forma di conoscenza e giudizio.
L’intelletto fornisce uno scopo ad un oggetto dato > formulato logicamente lo scopo diviene concetto.
Io presuppongo una finalità nella relazione ma non la pongo nella natura/oggetto (perché non c’è un
concetto determinato al lavoro) ma la pongo dentro di me: la finalità è nelle mie facoltà di
conoscenza, scopro come funzionano proprio nella loro capacità di entrare in relazione. Il libero
gioco: tutte le possibili relazioni immaginabili, la libertà provoca piacere, non sono costretto a
ridurre il campo ad una sola scelta (come faccio quando devo determinare lo scopo e quindi il concetto
di un oggetto). L’arte ci insegna ad essere liberi perché ci fa scoprire il libero gioco → nasce
soggettivo (da dati sensibili) ma ha valenza universale perché spiega come funziona in generale la
facoltà di giudizio. TERZO MOMENTO DELL’ANALITICA DEL BELLO: “la bellezza è la forma della
finalità di un oggetto, in quanto in questa vi è percepita senza la rappresentazione di uno scopo”. I
concetti causano l’oggetto che è in relazione con me che lo voglio conoscere → solo così esso mi è
accessibile. Esempio: il concetto che ci facciamo degli altri, determina ciò che essi sono per noi.
Quindi gli oggetti ruotano sempre attorno al soggetto. Le leggi della natura sono una nostra opera ed
è ciò che a noi è dato sapere della natura. Se penso a qualcosa, sto pensando il concetto che mi dà lo
scopo di quella cosa: il giudizio precede il suo risultato e questo accade nella modalità determinante
→ sia che mi trovi dalla parte del piacevole (lato animalesco) che da quella del buono (animale
razionale). Per attivare le mie facoltà di giudizio e per spiegarmi i fenomeni devo presupporre una
finalità: tutto dipende da uno scopo da raggiungere, più o meno nobile e più o meno particolare; nel
giudizio di gusto siamo di fronte alla più ampia universalità, presuppongo una finalità potenziale e
formale (ha la forma di ogni possibile finalità) → focus imaginarius, “come se” vi fosse all’opera
una volontà / intelletto con rispettivi concetti che ha causato l’opera (pdv della frizione) anche se poi
in realtà essa è posta al di fuori della finalità. Necessità di introdurre Dio: più è grande la finalità,
maggiormente esce dalle nostre facoltà di conoscenza. L’arte, presupponendo una finalità formale, è
soprattutto forma → al centro della fruizione artistica. Musica: forma pura dove ci sono piccoli
spostamenti dal tema che io colgo. Perfezione: ‘per factum’, fatto fino in fondo → non essendoci
regole in arte, la perfezione non può determinare il giudizio di gusto (tipo buone proporzioni ecc.).
L’arte che segue alla lettera delle regole diventa oggetto da conoscere scientificamente per verificare
quanto bene si siano seguite le regole. L’arte è fatta da regole e trasgressioni delle stesse. Bello e
perfetto sono contraddittori insieme: la perfezione in estetica sarebbe una finalità formale oggettiva
senza scopo e non ha senso. Perfetto si addice invece alla morale: l’etica è soggetta a determinazione
di concetti ed è associata ad un interesse → sbagliato da parte di artisti credere di poter veicolare
messaggi morali o politici con l’arte: essa non fornisce concetti, conoscenza ma mi rende libero.
“La coscienza della finalità puramente formale nel giuoco delle facoltà conoscitive del soggetto,
rispetto a una rappresentazione con cui un oggetto è dato, è il piacere stesso (…)” → implica causalità
interna finale: potenzialità conoscitive delle mie facoltà, forma della conoscenza. Fruizione artistica:
prima rapporto tra sensibilità e immaginazione= sintesi estetica e poi tra sintesi e concetti
indeterminati → ampio rapporto, con il concetto di identità sempre sullo sfondo. Il modello più alto
del gusto: idea regolativa che presuppongo dentro me , qualcosa a cui non arrivo mai (aspetto positivo:
non mi annoio mai). La relazione del libero gioco sarà sempre diversa: sembra una fatica, ma per
imparare la libertà devo fare fatica. Il libero gioco, aspirando a idea regolativa, a perfezione ci spinge
verso il limite trascendentale che ci porta ai nostri fini esistenziali e universali → l’uomo è tale perché
capace di agire in modo etico. Perfezione: idea alla quale tendere, ciò che ci fa trascendere e ci porta
alla ragione; in ambito etico sento quanto un’azione si avvicini all’idea di perfezione. Le idee della
ragione possono essere perfette, ma tradotte in azione perdono moltissimo → scarto tra perfezione
dell’idea e imperfezione dell’azione. Idea estetica normale: giudizio di gusto vs idea razionale che
pone gli scopi dell’umanità e che non può essere rappresentata sensibilmente. Bellezza, opera d’arte:
rappresentazione del mondo come potrebbe essere, idea alla quale è stato sottratto qualcosa ma che
comunque anticipa il mondo liberato da coercizione. Gli artisti sono come Edipo davanti alla sfinge:
continuare a trovare risposte alla stessa vecchia domanda. Esiste un canone, un’idea normale del
bello in ogni specie che è la forma che costituisce la condizione imprescindibile di ogni bellezza,
esattezza nella rappresentazione della specie → non può contenere niente di specificatamente
caratteristico e rappresentazione che piace anche senza bellezza. Idea normale del bello vs ideale del
bello, da trovarsi nella figura umana; nell’espressione della moralità. Ragione e immaginazione
cooperano perché le pure idee della ragione siano visibili in manifestazioni corporee, sia in chi fruisce
che in chi crea l’opera. Cultura e lavoro creano società e socialità.
QUARTO MOMENTO DELL’ANALITICA DEL BELLO: tutti devono poter reiterare il mio giudizio (che
deve essere comunicato) → necessità intersoggettiva esemplare nel senso che il giudizio è un
esempio di regola universale che è esperita di fronte all’opera d’arte. Il senso comune (sensus
comunis, sentire in comune, in modo simile) determina questa necessità: esso è l’effetto del libero
gioco che si instaura ogni volta che esprimo giudizio di gusto; senso che cresce con nuove esperienze
artistiche e concresce con esperienze di altri che fanno simili esperienze. Il sentire comune si base su
atteggiamenti mimetici e sensibili senza i quali non valgono le regole che si dà una comunità: queste
devono essere esteticamente sensibili. Koiné: comunità fondata sull’estetica. Il senso comune, un
accordo universale deve essere presupposto per garantire una convivenza.
L’autocorrezione al pensiero astratto è la dialettica che procede per contraddizioni: per portare ad
una finalità dev’essere inclusiva → rapporto tra 2 enti in contraddizione è di complementarietà: 2
momenti di un intero che si completano e con-fondono generando una sintesi, unità. Il rapporto
dialettico è quindi dinamico, in tensione. Esempio: ( individuo | società ) → sono sempre in
contraddizione ma complementari: società fatta da moltitudine di individui e individuo si mantiene
in vita grazie alla società. Essere umano come rappresentazione dialettica di ( spirito | natura ) o uomo/
donna→ organi complementari, amplesso=sintesi da cui nasce una nuova unità, sintesi nuova e
superiore perché vive più a lungo e contribuisce a sopravvivenza della specie.
06/05. La dialettica è nata molto tardi: fine ‘800 con Hegel che ci ha insegnato la storicizzazione della
letteratura. Dialettica che deve essere complementare per poter concrescere → diventare concreta
(passaggio successivo all’astrazione) e costituire una nuova unità: Aufhebung (1. Elevare 2.
Cancellare 3. Conservare). Il figlio si eleva ad un momento superiore rispetto ai genitori, cancella la
contraddizione, li conserva nel DNA. Lutto di persona cara: momento in cui io devo cambiare il
rapporto con la persona morta → io sono il risultato di tante voci concresciute dialetticamente, la mia
persona ne è l’unità; ergo quando una persona muore, io devo interiorizzare il rapporto che prima era
esterno e trascenderlo. I rapporti dialettici avvengono tra mimesis e ratio→ ogni tipo di giudizio può
creare un’unità. Cultura ed etica sono in rapporto dialettico: io devo essere educato all’etica e devo
imparare la libertà che è una costruzione culturale. Anche per istituire una democrazia in un paese
bisogna prima educare il popolo alla democrazia. Dialettica fatta di difficoltà, crisi è un momento
difficile che però dà la possibilità di modificare le cose e di uscirne in modo migliore rispetto a prima.
I problemi si risolvono con gli stessi elementi ma cambiando l’ordine.
LEZIONI AMERICANE, 1985. Chiamate Norton Lectures (dantista che ne ha dato il via). Importanti
perché Calvino ci parla di poetica, etica e della scienza a lui contemporanea chiedendosi cosa ci
portiamo dietro nel nuovo millennio che è alle porte? Cinque concetti che hanno valenza poetica ed
etica: 1) LEGGEREZZA 2) RAPIDITÀ 3) ESATTEZZA 4) VISIBILITÀ 5) MOLTEPLICITÀ.
LEGGEREZZA. Esempio di Michelangelo Buonarroti che per fare una statua scolpisce e quindi sottrae
dal blocco di marmo → leggerezza intesa come sottrazione di peso: Calvino sottrae invece parole.
Mito della Medusa/Gorgone e Perseo: egli affronta il mostro guardandolo indirettamente, servendosi
dell’immagine riflessa sul suo scudo di bronzo → allegoria del rapporto poeta-mondo. Il mito parla
alla nostra immaginazione, bisogna interpretarli alla lettera e astenersi dal volerli interpretare con
concetti, si impoverirebbero. Capire i miti restando nel medium delle immagini, usando analogie e
similitudini e rifuggire dalle identità. Rapporto Perseo-Medusa: dalla pesantezza della pietra nasce
leggerezza: dal sangue della testa nasce Pegaso, cavallo alato che con un colpo di zoccolo sull’Elicona
dà origine alla fonte dalla quale bevono le Nove Muse delle arti → tra cui Mnemosine (Memoria).
Anche i sandali alati di Perseo provengono dal mondo dei mostri. Pesantezza>leggerezza. La testa
mozzata diventa arma per i casi estremi. Il mito insegna che non tutto può diventare concetto e
sottostare al gesto dell’astrazione, il rifiuto della visione diretta è la forza di Perseo. Ma non rifiuta
la visione del mondo popolato da mostri, porta in sé la pesantezza. Versione di Ovidio: in luce la
delicatezza d’animo dell’eroe: atto di rinfrescante gentilezza verso la testa, prepara un giaciglio
soffice, la rinfresca e la fa riposare → ramoscelli marini che a contatto con Medusa diventano coralli
di cui si adornano le ninfe. Dalla bruttezza può nascere la bellezza, l’arte. Cavalcanti nel Decameron
(VI, 9): austero filosofo deriso dai giovani, passeggia tra i sepolcri di marmo e d’un tratto si libera di
un salto a cavallo, leggerissimo tra le tombe pesanti. Significato: la sua gravità contiene il segreto
della leggerezza, mentre la gioventù che si considera vitale appartiene già al mondo della morte.
Anche precisione e determinazione sono associate a leggerezza, essa è definita e appartiene all’ambito
logico perché per essere leggeri bisogna lavorare di consapevolezza, coscienza, immaginazione e
intelletto. Valéry dice: essere leggeri come un uccello per intero, non come la piuma. Scienza ed arte
lavorano insieme in Leopardi che quando contempla il cielo notturno che gli ispira i versi più belli,
lo fa con interesse scientifico ma poi compie il miracolo togliendo al linguaggio ogni peso, fino a
farlo assomigliare alla luce lunare. Letteratura e l’arte come reazione al peso di vivere, compito
esistenziale. Levitazione desiderata = leggerezza; privazione sofferta = pesantezza.
07/05. La prima lezione sulla leggerezza di Calvino termina con una rivisitazione di un racconto di
Kafka: Il cavaliere del secchio (1917) scritto durante il peggiore anno di guerra per gli austriaci.
Racconto che apre ad una riflessione su cosa sia giusto portarsi dietro della tradizione stratificata nei
secoli nel nuovo millennio. Nel racconto un cavaliere ha bisogno di carbone e usa un secchio vuoto
come cavallo (leggero al punto da sollevarsi), va dal carbonaio che però è al piano sotterraneo, per
cui è difficile stabilire una comunicazione e la moglie del carbonaio vuole cacciare il cavaliere, con
il solo grembiule fa volare il secchio oltre le montagne di ghiaccio. Il secchio vuoto e leggero si vuole
pesante, indica privazione e desiderio di ricerca. Dialettica molto intricata e irrisolvibile: il secchio
vuole essere riempito, ma se fosse pieno non potrebbe volare; allo stesso tempo è troppo leggero, al
punto che basta il gesto della moglie del carbonaio per farlo volare via → mancanza di sintesi.
Calvino conclude riflettendo che bisogna cercare di portarsi nel nuovo millennio “nulla di più di
quello che saremmo capaci di portarvi” → secolo passato contrassegnato dal problema di cosa salvare
della tradizione, artisti che reagiscono con tentativi di tabula rasa dopo il disastro (simile processo
durante il Rinascimento). Approccio che si rovescia nel suo contrario: negli anni ’80 si recupera la
tradizione. Calvino non risolve il problema ma ce lo illustra.
RAPIDITÀ: passo veloce che sa quando fermarsi. Il segreto di Sherazade per salvarsi la vita è di
incatenare ogni notte con una storia e di sapersi interrompere al momento giusto → 2 operazioni
sulla continuità e discontinuità del tempo. Il ritmo è la cattura del tempo: va interpretato, lo troviamo
nella metrica dell’epica, nel verso, nella narrazione in prosa → scopo: mantenere viva l’attenzione, il
desiderio di ascoltare il seguito. Novella di Madama Oretta: il cavaliere che narra ha troppo duro il
trotto, metafora della novella come cavallo che procede ad una sua andatura. Velocità di tipo mentale:
giusto ritmo e stile attraverso adattamento, agilità d’espressione e di pensiero. Galileo Galilei per
primo usa la metafora del cavallo per parlare di velocità della mente: il discorrere è come il correre,
ma non come il portare pesi; rapidità, agilità di ragionamento, economia degli argomenti. Il cavallo
berbero è piccolo ma scattante, andatura più agile e fluida. Stile: vero contenuto di ogni filosofia
perché lo stile manifesta un metodo di pensiero, esso è un pensiero e per pensare bene occorre anche
fantasia negli esempi (Galileo). Discorrere (Calvino): correre agilmente, a zigzag tra le cose; legame
con la riflessione → come il movimento del pensiero dialettico (non astratto), come un ragionamento
deduttivo. Scrittura/alfabeto come sistema insuperabile della comunicazione immediata, stabilita tra
ogni cosa esistente e possibile (Galileo). Combinatoria dell’alfabeto utile per capire il funzionamento
della natura, modello della struttura atomica della materia (Lucrezio). Come comunico? Voce, gesti,
ritmo e secondariamente con le lettere e l’alfabeto. Nella comunicazione in generale devo rispettare
regole di ritmo, stile ed economia. I media, con la loro velocità misurata, rischiano di appiattire la
comunicazione, minacciano la funzione sociale della letteratura: comunicazione tra ciò che è diverso,
esaltazione della differenza. La velocità mentale non è misurabile, vale per sé e il piacere che provoca
è fine a se stesso, non se ne ricava alcuna utilità pratica. Festina lente: affrettati lentamente → motto
che l’editore veneziano Aldo Manuzio raffigurava nei suoi libri stampati con un delfino che guizza
sinuoso attorno ad un’ancora. La riuscita di un risultato letterario: felicità dell’espressione verbale
che in certi casi si realizza come folgorazione improvvisa; ricerca del mot juste. Ricerca lenta, ma
quando arrivo a ciò che cerco il movimento è rapido. Comunicazione come problema etico: rifletto
molto prima di parlare per rispetto nei confronti del mio interlocutore, la comunicazione infatti crea
rapporti umani. Ricerca di un’espressione necessaria: momento tipicamente estetico all’interno
dell’etico, comunicazione. Ogni scritto ambisce ad essere: personale, denso, conciso e memorabile.
Quando comunico lascio tracce, segni, e queste tracce potenzialmente cambiano la vita agli altri →
lato negativo: quando si abusa di questo potere (vedi in politica). Hermes/Mercurio anche dio del
commercio, per Jung rappresenta il principium individuationis: egli ha le ali ai piedi, è leggero e
stabilisce relazioni degli tra loro e relazioni tra dei e uomini → origine dell’ermeneutica: arte
dell’interpretazione. Calvino propone questo dio come mediazione tra leggi universali e casi
particolari (giudizio determinante), tra forze di natura e forme di cultura, tra oggetti del mondo e
soggetti pensanti. Mercurio: scambi e commercio contrapposto al temperamento saturnino:
malinconico e pensoso, tipico degli artisti → serve tempo per pensare, anche se poi il risultato ci
coglie all’improvviso (festina lente).
ESATTEZZA: che per Calvino rappresenta 1) un DISEGNO dell’opera ben definito e calcolato 2)
IMMAGINI NITIDE E ICASTICHE evocate attraverso parole incisive e memorabili 3) precisione di
linguaggio a livello di lessico e resa di sfumature del pensiero e dell’immaginazione. Nella letteratura
si realizza il potenziale del linguaggio, essa fornisce gli anticorpi contro la peste del linguaggio:
perdita di forza conoscitiva e immediatezza nell’uso della parola, abbondanza di formule più
generiche, anonima e imprecise, significati diluiti. Stesso problema a livello di immagini: valanga di
immagini moltiplicate dai medie, esse sono prive di necessità interna, immagini che creano senso di
estraneità e disagio. Calvino sottolinea in generale disagio nella perdita di forma e propone come
rimedio la sua idea di letteratura. Leopardi affronta un problema filosofico: rapporto tra idea di
infinito come spazio assoluto e tempo assoluto e la nostra cognizione empirica di essi (non infiniti)
→ rapporto tra sensibilità e intelletto di Kant. Barthes si chiede se esiste sintesi tra le due componenti:
una scienza dell’unico e irripetibile.
11/05. Poe per Valéry: demone della lucidità il genio delle analisi, combina logica e immaginazione,
misticismo e calcolo → aspetto in cui Calvino riconosce se stesso. Come combinare esattezza
geometrico-matematica con fare letteratura? Concetto di ordine/disordine → il secondo è
rappresentato dalla teoria del caos, della stocastica e probabilistica. Solo ciò che si presenta come una
forma può essere riconosciuto da noi, vi applichiamo un concetto universale (lo comprendiamo
attraverso il concetto). Rapporto tra scienza e letteratura/arte → nella letteratura una minima porzione
di esistente si cristallizza in una forma, acquista un senso. Necessitiamo di un quadro all’interno del
quale possa accadere ciò che noi chiamiamo scienza. La metafisica ci serve per inserire i procedimenti
logici all’interno di un disegno più ampio. Calvino traduce i suoi pensieri in termini scientifici, e poi
li ritraduce con metafore: cristallo e fiamma, forme perfette da cui lo sguardo non sa staccarsi, esse
rappresentano rispettivamente invariabilità e regolarità e costanza d’una forma globale esteriore → 2
assoluti, simboli morali, categorie per classificare fatti, idee, stili e sentimenti. Città: simbolo della
dialettica ordine-disordine: incontro tra razionalità geometrica e groviglio di esistenze umane.
Dialettica: l’arte cerca di trovare parole per l’indicibile, mentre la scienza cerca di dire solo ciò che
è dicibile, i concetti → due diverse direzioni ma entrambe hanno come meta l’esattezza che non
arriverà mai a soddisfazione assoluta perché le lingue naturali dicono sempre qualcosa in più rispetto
alla matematica, rumore che disturba l’essenzialità dell’informazione; e perché il linguaggio diventa
lacunoso e frammentario quando deve rendere conto di quanto sia variegato il mondo, dice sempre
qualcosa in meno rispetto all’esperibile. Calvino alterna le due strade man mano che necessita
dell’una o dell’altra cosa → Palomar, opera sul giusto uso del linguaggio: del silenzio e della parola.
Le cose ci parlano, ma non usano le parole e il momento più alto di concentrazione che possiamo
raggiungere è la preghiera naturale. (Malebranche).
VISIBILITÀ: immaginazione e quella che per i romantici è l’ispirazione → “e piovve dentro all’alta
fantasia” (Dante), parte visuale della fantasia, immaginazione; parte che precede/coesiste con
l’immaginazione verbale. Immaginazione ha quindi 2 momenti: 1) visuale e 2) verbale, si tratta di
tradurre da l’uno all’altra vicendevolmente. Nel processo della lettura la parola genera l’immagine
visuale. Di solito l’ispirazione per gli scrittori è un collegamento con inconscio individuale o
collettivo, memorie, epifanie o momenti di consapevolezza di essere qui e ora → processi che
permettono all’individuo di trascendere. Qualcosa nella nostra intelligenza lavora similmente
all’ispirazione divina o all’immaginazione: racconta che le sue storie fantastiche nascono con
un’immagine visuale → poi traduco da una logica grammaticale ad un’altra. Il discorso per immagini
/ la fantasia figurale può nascere da qualsiasi ambito, terreno, anche dal linguaggio più distante da
immagine visuale (come quello della scienza oggi). Il mito è un esempio di linguaggio visuale: Perseo
che vede la Gorgone come immagine specchiata nel suo scudo → si trasforma nella nostra
immaginazione in un’immagine, ma non solo! Anche in un concetto: la riflessione. Calvino vuole
unire col suo procedimento la generazione spontanea di immagini e l’intenzionalità del pensiero
discorsivo (dall’immagine tradotta in parole, assume sempre più importanza la parola che si offre
come equivalente dell’immagine visiva, poi come sviluppo coerente dell’impostazione stilistica
iniziale).
A Calvino interessa la scienza in quanto essa cerca di uscire da una conoscenza antropomorfa, ma
l’immaginazione non può prescindere dal suo carattere antropomorfo: nelle Cosmicomiche C
rappresenta antropomorficamente un universo in cui l’uomo non è mai esistito. Per Calvino il
racconto è una sintesi logica tra immagini e un disegno condotto razionalmente. Ma c’è anche una
ricerca all’interno dell’immaginazione di un mezzo per raggiungere una conoscenza extraindividuale
/extrasoggettiva: che trascenda l’individualità, strato profondamente etico. Per Calvino la mente del
poeta e dello scienziato lavorano di associazioni d’immagini: la fantasia come una sorta di computer
(lontano da ciò che si intende per ispirazione di solito) che tiene conto di tutte le combinazioni
possibili e sceglie quelle corrispondenti ad un fine o interessanti, piacevoli. Impo: Calvino si chiede
quale possa essere il futuro dell’immaginazione individuale in un futuro in cui predomina la “civiltà
dell’immagine”, un diluvio di immagini prefabbricate. Che ne sarà dell’immaginazione in assenza?
Ad esempio, evocazione di immagine in assenza: il Guernica. La memoria è ora coperta da strati di
frantumi d’immagini. Rischiamo di perdere la facoltà di pensare per immagini, permettere che esse
si cristallizzino in una forma icastica. Speculazione sulla letteratura fantastica futura 1)
postmodernismo: riciclo di immagini usate in modo diverso e ironico, parodico 2) ripartire da zero.
MOLTEPLICITÀ: il nostro principio di causalità ci porta a individuare sempre una causa quando il più
delle volte le cause sono molteplici (esempio da libro di Gadda). Enciclopedia: sapere in cerchio,
cerchio che lega tutto l’insieme seguendo la via più breve. Per Gadda il mondo è un sistema di sistemi
→ ogni sistema singolo condiziona gli altri e ne è condizionato a sua volta. Ogni episodio/minimo
oggetto in Gadda è visto come una rete di relazioni che lo scrittore non si trattiene dal seguire
moltiplicandone i dettagli e le divagazioni potenzialmente fino all’infinito. Conoscere significa
deformare la realtà e il procedimento di Gadda porta l’individuale oltre l’individuo, lo trascende.
In letteratura bisogna porsi obiettivi smisurati, in controtendenza alle tecnoscienze per non ripetere
schemi già noti. La scienza richiede sempre più soluzioni specifiche e settoriali > la letteratura di
conseguenza deve saper tessere insieme i diversi saperi e codici in una visione sfaccettata del mondo.
Nelle maggiori opere moderniste e postmoderniste la caratteristica principale è la conoscenza come
molteplicità → valore che Calvino vuole mantenere nel nuovo millennio. Testo plurimo: molteplicità
di soggetti e visioni del mondo → modello dialogico/polifonico di Bachtin. Borges: esempio di
esattezza nell’immaginazione e nel linguaggio e perché in ogni suo testo è contenuto un modello o
attributo dell’universo con esemplare economia d’espressione. Perec stimola la libertà narrativa
imponendosi delle “contraintes” → libertà che deriva dalla voglia di oltrepassare le regole. È
controintuitivo ma è più schiavo chi segue la proprie ispirazione ubbidendo ciecamente ad ogni
impulso rispetto al poeta che scrive osservando delle regole. Per Calvino non per forza molteplicità
dei possibili significa allontanarsi da sé, noi stessi siamo una combinatoria di esperienze, letture,
informazioni ed immagini: ogni vita è un’enciclopedia e tutto può essere rimescolato in svariati modi
ma per farlo necessitiamo di regole che derivano dai concetti. I concetti non vanno espulsi dunque,
ma usati diversamente. Auspica la creazione di un’opera in cui sia possibile uscire dalla prospettiva
limitata di un io individuale per far parlare ciò che non ha parola: la natura ad esempio, per entrare in
continuità con essa (Lucrezio).
Conclusione alle lezioni: entriamo nel nuovo millennio solo con quello che siamo capaci di portarvi,
ciò che passa attraverso la nostra esperienza. Con leggerezza che deve tener conto della gravità da
cui deriva. Trovare il contrapposto che vale sia per etica, che per poetica e scienza.

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