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E il nucleare “made in
Italy” fa già flop
Nel paesino piemontese nessuna azienda si è fatta avanti per costruire il nuovo impianto
di stoccaggio per rifiuti radioattivi. Il progetto è contestato da chi teme che sia il primo
passo per la realizzazione di un sito nazionale
La Sogin, la Spa statale che si deve occupare del nucleare italiano, ha già pronto un
nuovo bando con annessa relazione tecnica e ha modificato leggermente al rialzo
l’importo del contratto: da circa 13 a 15 milioni e mezzo di euro. Una scelta, fanno
sapere dalla società, dovuta al fatto che «le imprese europee del settore non hanno
ritenuto convenienti le condizioni tecnico-economiche» del precedente bando. Sembra
poco probabile, tuttavia, che i potenziali concorrenti abbiano deciso di mandare a
monte la procedura solo per ottenere un lieve ritocco nel prezzo.
Ma cosa andrà a finire veramente nel deposito? «Rifiuti a bassa pericolosità – assicura
Andrea Fluttero, segretario della Commissione ambiente del Senato – se ben costruito
non penso proprio che creerà problemi». Ma i detrattori del progetto ribattono che la
zona è inadatta a ospitare il deposito di stoccaggio. Il luogo identificato si trova a pochi
metri dalla Dora Baltea, il principale affluente del Po, su un terreno ghiaioso e
permeabile, «caratterizzato da una vulnerabilità della falda acquifera ufficialmente
classificata come “estremamente elevata”, ed a valle del quale, a una distanza di meno
di due chilometri, vi sono i pozzi dell’Acquedotto del Monferrato». Questo almeno è
quanto si legge nel ricorso al presidente della Repubblica presentato ad aprile da una
cittadina del comune del vercellese e appoggiato da associazioni ambientaliste e Pd
locale. Molti i punti contestati: la presunta inidoneità del luogo, appunto, ma anche le
procedure di concessione delle autorizzazioni.
«Non c’è nessuna ragione per costruire il deposito qui – spiega Gian Piero Godio,
responsabile Energia di Legambiente Piemonte – si tratta tra l’altro di un’area
depressa rispetto al livello del fiume». Diversa è la questione del Cemex, l’impianto di
cementificazione delle vecchie scorie liquide che dovrebbe essere costruito poco
lontano. Un progetto che, pur non essendo ancora partito, teoricamente dovrebbe
permettere di solidificare i residui, in modo che poi siano trasferiti altrove. «Questo
impianto serve eccome – conclude Godio – e speriamo che sia costruito velocemente».
Resteremo a vedere. Per ora, il problema dei rifiuti prodotti dalle vecchie centrali
procede a rilento: una bella grana per l’Italia soprattutto se, di centrali, vogliamo
cominciare a costruirne di nuove.