Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Attorno al “rinascimento nucleare”, del quale si parla molto facendo poco, ci sono
alcuni misteri. Il primo è che in un profluvio di interviste e convegni, il governo
Berlusconi ha costituito l’Agenzia per la sicurezza nucleare, primo passo operativo
per la costruzione di nuove centrali. Ma, chissà come, si è dimenticato di scrivere il
documento programmatico che dovrebbe precedere il gran fervore di attività e che
infatti il decreto legislativo n. 31 del 15 febbraio 2010 ordinava di redigere in poche
settimane. Questa è solo una delle bombe di profondità sganciate da Alberto Clò,
docente di Economia industriale a Bologna e ministro dell’Industria nel governo Dini
(1995).
Clò prende di mira la ottusa propaganda filonucleare, che non ha imparato niente dalla
sconfitta degli anni Ottanta, e fa impietosamente il verso all’idea ossessiva di dipingere
il ritorno al nucleare come una marcia trionfale all’insegna degli slogan: “La
convenienza del nucleare è fuor di dubbio. Gli investitori sono in grado di
assumersene l’onere senza alcun aiuto, sussidio, incentivo. I soldi non sono un
problema. Possiamo farcela nel giro di pochissimi anni”. “Si fa presto a dire nucleare”,
replica appunto Clò, che smonta una per una queste asserzioni, pur paventando il
rischio di essere considerato “un traditore”. E al contrario sostenendo che solo
guardando i problemi per quello che sono, senza fare i furbi, si potrà costruire attorno
all’energia atomica quel consenso sociale indispensabile per procedere. Ed ecco la
lista dei problemi. Innanzitutto non è vero che il nucleare avanza in tutto il mondo e gli
italiani sono gli unici fessi a restare tagliati fuori. “Rispetto ai massimi toccati nel
decennio scorso l’apporto del nucleare si è ridotto del 21 per cento in Germania, del
14 per cento in Giappone, del 27 per cento in Gran Bretagna, del 7 per cento in
Francia, del 12 per cento nell’intera Unione europea”, scrive Clò.
Inoltre, le difficoltà economiche sono assai spinose. “I tempi medi di costruzione delle
centrali sono raddoppiati”, scrive Clò, e questo pesa sul costo finanziario
dell’operazione. Tra l’altro, rileva l’economista, “l’Agenzia di Parigi ha calcolato che
per le oltre 150 centrali realizzate tra 1986 e 1997 il costo effettivo è risultato doppio di
quello previsto; mentre le cose sono andate ancor peggio negli Stati Uniti, con uno
scarto di tre volte”. E ancora: non è vero che il nucleare fa risparmiare sui costi di
generazione dell’elettricità. Arrivando al 25 per cento di produzione nucleare, come
promesso da Berlusconi, Clò calcola nel 5 per cento il risparmio massimo ottenibile.