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Antonin Artaud

LA DANZA
DELPEYOTE
Sbarcato in Messico ed entrato in contatto
con la rivoluzione sociale, Artaud, senten­
do ben presto il bisogno di basi più pro­
fonde su cui poggiare lo «Sconvolgimento
universale delle anime», si inoltrò nelle
montagne del centro del paese verso il
popolo indigeno dei Tarahumara, in cerca
delle fonti di una vera rivoluzione, quella
che sappesse guarire l'uomo dalla malattia
moderna del progresso e della tecnica.
Iniziato al culto del Peyote, sarà per mez­
zo dei riti che riaccendono le forze ge­
neratrici dei Miti, nella dimensione oni­
rica e allucinatoria della «Visione interna
dell'Essere», che il segreto della Vera cul­
tura, sotto il manto delle apparenze della
realtà, gli verrà svelato. Artaud, come un
profeta la cui voce stride ad orecchie im­
preparate, tornato in un'Europa malata,
incapace di accogliere il suo messaggio
di rivoluzione totale dello Spirito, verrà
da essa suicidato in manicomio.

€ 13,00
................................... ....
. .

Antonin Artaud (1869-


1948), drammaturgo, attore,
saggista e regista teatrale
francese. La sua giovinezza
Surrealista, i suoi tentativi
teatrali e cinematografici, i
suoi viaggi e i lunghi anni
di prigionia in manicomio,
rendono la sua esistenza,
il suo sacerdozio, un esor­
cismo votato ad eliminare
ogni forma di aderenza e
di dualità tra il suo Corpo e
tutto ciò che il mondo spac­
cia per Realtà: ossia l'Idea
che ognuno se ne fa, il fan­
tasma che ognuno crede di
incarnare.
Il Peyote resuscita nel tra­
gitto intero dell'io nervoso,
la memoria di simili verità
sovrane, grazie alle quali la
co cienza umana non perde
più, ma al contrario ritrova,
la percezione dell'Infinito.
Prima edizione novembre 2019
ORTICA EDITRICE SOC. COOp.,Aprilia
www.orticaeditrice. it
ISBN 978-88-97011-92-7
Antonin Artaud

LA DANZA DEL
PEYOTE

a cura di
Matteo Pinna

ORTICA EDITRICE
Indice

Prefazione 7
Nella terra dei Tarahumara
La Razza degli Uomini Persi 11
Il rito del Peyote presso i Tarahumara 15
Viaggio al Paese dei Tarahumara
r. La Montagna dei Segni 48
2. La Danza del Peyote 55
3. Lettera a Henri Parisot 71
4· Supplemento al Viaggio al 74
Paese dei Tarahumara
Il Paese dei Re Magi 88
Una Razza-Princìpio 93
Il rito dei Re di Atlantide 99
Tutuguri 106
Il Rito del Sole Nero 112
Una Nota sul Peyote 115
Cultura Tolteca 116
Una Civilizzazione 121
Lettere relative ai Tarahumara
A Jean Paulhan 123
A Henri Parisot 139
Al dottor Gaston Ferdière 190
Il Vescovo di Rodez 194
Prefazione

«rai da kanka da kum a kum


da na kum vonoh sana ta­
fan tana tanaf tamafts bai»
Antonin Artaud

Se da un lato vi è un Europa moribonda ed


infestata dal morbo del Progresso e delle sue Ri­
voluzioni Sociali basate sulla "scienza" materiali­
sta, dall ' altro lato vi è !' «esoterismo universale»
delle culture indigene, come due poli di una ca­
lamita esistenziale in cui è sospeso l'Essere ed
il senso che esso assume concretandosi nella
Storia. E quando Antonin Artaud giunge in Mes­
sico, la Rivoluzione in atto , puzza per lui ancora
eccessivamente di europeismo. Le teorie anar­
co-comuniste che muovono e motivano i messi­
cani alla rivolta, non sono la Clavis Magna per
accedere alla Vera Rivoluzione Totale dell' Esse­
re, ma solo una - certo dovuta e necessaria -
protesta per le condizioni materiali della vita,
ma le condizioni materiali della vita non sono
l'essenzialità della vita stessa. Sarebbe come
protestare per delle suppellettili, nel momento
in cui sono le fondamenta stesse ad essere in
completa deliquescenza, putrefatte , tarmate di

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bigattini, e pronte a far franare l' intera costru­
zione su se stessa.
Quindi, dopo aver invitato la gioventù mes­
sicana ed europea, con i suoi Messaggi Rivo­
luzionari, ad abbracciare una forma di Rivolu­
zione più ampia, religiosa, che sappia riporre
sui propri piedi quello che invece cammina a
testa in giù, Artaud decide di farsi egli stesso
sperimentatore di un simile cammino di veri­
tà, ed inoltrandosi nel cuore delle montagne del
Messico, andrà in cerca del popolo indigeno dei
Tarahumara, possessore ancora di una Sapienza
antica, atavica, mitica, per poter accedere alle
sue fonti stesse, nella loro «essenza», laddove
l' Essere non è un concetto filosofico , spurio,
prettamente astratto , bensì l' incarnazione dello
Spirito nel Corpo stesso della Natura.
Porta d' accesso a questa conoscenza, non
poteva dunque certo essere l'intellettualismo di
stampo europeo, la ricerca dell'Idea, !'«<o-pen­
so» dunque vaneggio, bensì l'esperienza stessa
dell' uscita nel proprio corpo, grazie alla quale è
possibile entrare - per via di una penetrazione
consustanziale - nel Corpo della Natura mistica
dell' Essere, per mezzo della «carne degli dèi», il
sacro Peyote. Ed anche per poter saggiare questa
sacra carne, che permette di toccar con mano
la connaturata unione originaria di corpo-e­
mente - che solo una cultura stanca e profana-

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ta dal culto della Ragione come quella europea,
poteva scindere in quanto categorie antologiche
opposte - , era necessario passare attraverso le
forre della crudeltà del rito, a cui i sacerdoti del
Peyote gli concederanno l'accesso, poiché nella
sua mente di poeta avranno scorto la necessaria
ombra corpuscolare che può accogliere, nel suo
abbraccio, la luce della Visione.
Ed è allora la Danza del Peyote, è il viaggio
dall'Altra Parte, dove le forze mitiche si incarna­
no in visioni che sono la luminescenza stessa
dei nervi del corpo, delle vene, del flusso san­
guigno, delle immagini mentali che si stagliano
come canti di carne , degli dèi vivi come sensa­
zioni. Ed è una semiotica dell 'Invisibile che si
apre all'occhio veggente, allucinato dalla traspa­
renza spettroscopica risvegliata dal Peyote, le
cui tracce diventano visibili nel paesaggio stes­
so, nella ripetizione numerica delle coinciden­
ze, nell 'Analogia Universale delle forme dell' esi­
stente e delle metamorfosi del suo divenire, in
quell'eterna ghirlanda di forze che si rivela es­
sere il profondo fiume carsico della Mente, va­
riopinta e moltiplicatrice matrice di esseri che
sono poesia ed il suo mito, dopo esser stata, nel
viaggio psichico tra gli eidola che la costellano ,
immersa nella luce Rivoluzionaria dei Primordi,
in cui giace il nucleo ofidico della psiche, tala­
mo dell'essere supremo, che è il Serpente Alato.

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E da questo viaggio - in cui la Serpe Alata,
assumerà anche il volto del Cristo Risorto - An­
tonin Artaud riporterà, a metà strada tra un re­
porter ed un profeta, le parole e le visioni che
dovrebbero guidare ogni cercatore d'Assoluto,
nel cammino verso la Rivoluzione necessaria,
capace di ridare linfa ad una cultura smorta, dia­
fana, e da lei, all' arte tutta, che in contatto con
le forze mitiche , originarie dell' Essere , ridiventa
Danza mistica, peste, crudeltà, Doppio di quel
Teatro del Mondo che i sortilegi, la stregoneria
e la Magia Nera della scienza occidentale, han­
no invece cauterizzato , annichilito a colpi- di
elettroshock, di polizie e di propaganda.
Gli scritti che da questo viaggio all'interno
della psiche dell' essere Artaud elaborò (e che
coprono un arco temporale dal 1935-36 fino a
pochi mesi prima della sua morte, nel 1948),
con una continuità che la dice lunga sulla ne­
cessità del loro messaggio e del loro valore, ven­
gono qui proposti come l'unità di un percorso
conoscitivo , le cui tracce - nel rispetto dello
spirito della lettera - devono essere conside­
rate come un invito alla ricerca di quel sacro
Peyote che germoglia nel deserto di ciascuno di
noi, e la cui ingestione permette di risvegliare la
serpe alata della mente.

M. P.

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Nella terra dei Tarahumara

La Razza degli Uomini Persi

Vi è nel Nord del Messico, a quarantotto ore


da Città del Messico, una razza di puri Indiani
rossi, i Tarahumara. Quarantamila uomini vivono
là, in uno stato come prima del diluvio . Sono
una sfida a questo mondo in cui si parla tanto di
progresso solo perché senza dubbio si dispera
di progredire.
Questa razza, che dovrebbe essere fisicamen­
te degenerata, resiste da quattrocento anni a
tutto ciò che è giunto ad attaccarla: la civilizza­
zione, il meticciamento, la guerra, l'inverno, le
bestie, le tempeste e la foresta. Essa vive nuda,
l'inverno, nelle sue montagne ostruite di neve,
in sprezzo a tutte le teorie mediche. Il comuni­
smo esiste presso di loro in un sentimento di
solidarietà spontanea.
Per quanto incredibile possa sembrare, gli
Indiani Tarahumara vivono come se fossero già

Il
morti. . . non vedono la realtà e traggono forze
magiche dal disprezzo che hanno per la civiliz­
zazione.
Vengono qualche volta nelle città, spinti da
non so quale voglia di muoversi, a vedere , di­
cono loro, come sono gli uomini che si sono
sbagliati. Per loro , vivere nelle città, è sbagliarsi.
Vengono con donne e bambini , attraverso
impossibili tragitti che nessun animale osereb­
be tentare.
A vederli andare dritti per la loro strada, at­
traverso i torrenti, la terra che frana, i fitti bo­
schi cedui, le scale di roccia, i muri a picco, non
posso impedirmi di pensare che hanno saputo
conservare la forza di gravitazione naturale dei
primi uomini.
.. ....

A prima vista, il paese dei Tarahumara è inab­


bordabile. Appena qualche vaga pista che, ogni
venti metri, sembra sparire sottoterra. Giunta la
notte bisogna fermarsi se non si è un uomo ros­
so. Perché , allora, solo un uomo rosso vede dove
bisogna mettere i piedi.
Quando i Tarahumara scendono nelle città,
mendicano. In modo sorprendente. Si ferma­
no davanti alle porte delle case e si mettono di
profilo con un' aria di disprezzo sovrano . Hanno
l'aria di dire: «Essendo ricco, tu sei un cane , io
valgo più di te, sputo su di te».

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Quando gli viene dato qualcosa oppure non
gli viene dato niente, si ritirano sempre dopo
uno stesso lasso di tempo. Se gli viene dato qual­
cosa, non dicono grazie . Perché dare a colui che
non ha niente non è per loro neppure un dove­
re, è una legge di reciprocità fisica che il Mondo
Bianco ha tradito. La loro attitudine sembra dire:
«Obbedendo alla legge, è a te stesso che fai del
bene , non ho dunque da ringraziarti».
Il denaro così guadagnato mendicando serve
loro a comprare cibo per il ritorno perché , nel­
la foresta Tarahumara, non si capisce proprio a
cosa il denaro potrebbe mai servire .
Questa legge di reciprocità fisica che noi
chiamiamo carità, gli Indiani la praticano na­
turalmente , e senza alcun sentimento di pietà.
Coloro che non hanno nulla perché hanno per­
so il.loro raccolto , perché il loro mais è stato
bruciato, perché il proprio padre non ha loro
lasciato nulla o per qualsiasi altra ragione di cui
non hanno da giustificarsi, arrivano all'alba di
fronte alle case di coloro che hanno qualcosa.
Immediatamente, la padrona di casa porta loro
tutto ciò che ha. Nessuno guarda, né colui che
dona, né colui che riceve. Dopo aver mangia­
to, il mendicante se ne va senza ringraziare né
guardare nessuno .

***

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Tutta la vita dei Tarahumara ruota attorno al
rito erotico del Peyote .
La radice del Peyote è ermafrodita. Essa ha,
come sappiamo, la forma di un sesso di uomo e
di donna riuniti. È in questo rito che risiede tut­
to il segreto di questi Indiani selvaggi. La sua for­
za mi è apparsa simbolizzata da una raspa, una
specie di legno ricurvo ricoperto di incisioni
sul quale, per notti intere, gli stregoni del Peyo­
te fanno scricchiolare ritmicamente dei piccoli
bastoni. Ma la cosa più strana è il modo in cui
questi stregoni vengono reclutati. Un giorno, un
Indiano si sente chiamato a maneggiare l<;! ra­
spa. Va a cercare in un angolo sacro della mon­
tagna in cui da millenni dorme una collezione
incredibile di raspe che altri stregoni hanno sot­
terrato. Le raspe sono in legno, in legno delle
terre calde , dicono loro . Il Tarahumara passa tre
anni al di sopra di questa piantagione di raspe e,
alla fine del terzo anno , ritorna in possesso del
rito essenziale.
Tale è la vita di questo strano popolo sul qua­
le nessuna civilizzazione avrà mai presa.

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Il rito del Peyote presso i Tarahumara

Come ho già detto sono i preti del Thtuguri


che mi hanno aperto la strada del Ciguri come
qualche giorno prima il Maestro di tutte le cose
mi aveva aperto la strada del Thtuguri. - Il Mae­
stro di tutte le cose è colui che comanda le rela­
zioni esteriori tra gli uomini: l' amicizia, la pietà,
l'elemosina, la fedeltà, la devozione, la generosi­
tà, il lavoro. Il suo potere si ferma alla porta di
ciò che qui in Europa noi intendiamo per metafi­
sica o teologico, ma va molto più lontano nel do­
minio della coscienza interna rispetto a quello
di qualunque capo politico europeo. Nessuno in
Messico può essere iniziato, ossia ricevere l'un­
zione dei preti del Sole e il colpo immersivo e
rigeneratore di quelli del Ciguri, che è un rito di
annientamento, se non è stato prima toccato dal
gladio del vecchio capo indiano che presiede
alla pace e alla guerra, alla Giustizia, al Matrimo­
nio e all 'Amore. Egli ha in mano, sembrerebbe,
le forze che comandano agli uomini di amarsi
o che li sconvolge, mentre i preti del Thtuguri
fanno sorgere con la loro bocca lo Spirito che
li produce e che li dispone nell'Infinito dove
l'Anima li deve cogliere e riclassificare nel suo
io . L'azione dei preti del Sole circoscrive tutta
l'anima e si ferma ai limiti dell'io personale in
cui il Maestro di tutte le cose viene a coglierne

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l'eco. Ed è là che il vecchio capo messicano mi
ha colpito per aprirmi nuovamente la coscien­
za, perché per capire il Sole ero mal nato; e poi
è l'ordine gerarchico delle cose che vuole che
dopo essere passato attraverso il TUTTO, ovvero
il multiplo, che sono le cose, si ritorni al sem­
plice dell'Uno, che è il Thtuguri o il Sole, per
dissolversi in seguito e resuscitare per mezzo di
questa operazione di riassimilazione misteriosa.
Dico di riassimilazione tenebrosa che è com­
presa nel Ciguri, come un Mito di ripresa, poi
di sterminio, e infine di risoluzione nel setaccio
dell'espropriazione suprema, così come non
cessano di gridarlo e di affermarlo i lòro preti
nella loro Danza durante tutta la Notte. Perché
essa occupa la notte intera, dal tramonto all'au­
rora, ma essa assorbe tutta la notte e la raccoglie
come si assorbe tutto il succo di un frutto fino
alla fonte della vita. E l'estirpazione di proprietà
va fino a dio e lo oltrepassa; perché dio, e so­
prattutto dio, non può assorbire ciò che nell'io è
autenticamente il se stesso così forte che questi
abbia l'imbecillità di abbandonarsi.
Fu una domenica mattina che il vecchio
capo indiano mi aprì la coscienza con un colpo
di gladio tra la milza e il cuore: «Abbiate fiducia,
mi disse, non abbiate timore, non vi farò alcun
male», e indietreggiò velocissimo di tre o quat­
tro passi, e dopo aver fatto tracciare al suo gla-

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dio un cerchio nell'aria col pomello ed indietro,
si precipitò su di me, in avanti, e con tutta la sua
forza, come se volesse sterminarmi. Ma la pun­
ta della spada mi toccò appena la pelle e fece
zampillare una piccolissima goccia di sangue. -
Non ne provai alcun dolore ma ebbi in effetti
l'impressione di svegliarmi a qualcosa a cui fino
ad ora ero mal nato e orientato dalla parte sba­
gliata, e mi sentii colmato di una luce che non
avevo mai posseduto. - Fu qualche giorno dopo
che un mattino all'aurora entrai in relazione
con i preti del1Utuguri e il giorno dopo infine
potei raggiungere il Ciguri.
«Ricucirti nell'entità senza Dio che ti assimi­
la e ti produce come se tu ti producessi da te
stesso, e come te stesso nel Niente e contro di
lui, ad ogni istante, tu ti produci».
Sono queste le parole stesse del capo india­
no e io mi limito solo a riportarle, non tali e
quali me le disse, ma tali come le ho ricostruite
sotto le illuminazioni fantastiche di Ciguri.
Ora, se i Preti del Sole si comportano come
delle manifestazioni della Parola di Dio, o del suo
Verbo, ossia di Gesù Cristo, i Preti del Peyote mi
hanno fatto assistere al Mito stesso del Mistero,
immergere negli arcani mitici originari, entrare
attraverso loro nel Mistero dei Misteri, e vedere
la figura delle operazioni estreme attraverso le
quali L'UOMO PADRE, NÉ UOMO NÉ DONNA

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ha creato tutto. Certo non ho raggiunto tutto
questo di primo acchito e mi ci è voluto un certo
tempo per comprenderlo, e molti gesti di danza,
attitudini o figure, che i preti del Ciguri traccia­
no nell'aria come se li imponessero all'ombra o
li traessero dagli antri della notte, essi stessi non
li capiscono più, e non fanno altro che obbedire,
così facendo, ad una sorta di tradizione fisica da
una parte, dall'altra ai comandamenti segreti che
detta loro il Peyote di cui ingeriscono un estrat­
to prima di mettersi a danzare al fine di guada­
gnare delle trance con metodi calcolati. - Voglio
dire che fanno ciò che la pianta dice loro di fare,
ma che essi ripetono come una sorta di lezione
alla quale i loro muscoli obbediscono, ma che
non capiscono più nelle distensioni dei loro ner­
vi, non più di quanto facessero i loro padri o i
padri dei loro padri. Perché allo stesso modo il
ruolo di ogni nervo è sopravvalutato. Ciò non mi
soddisfò e quando la Danza fu finita io volli sa­
perne di più. - Perché prima di assistere al Rito
del Ciguri come i preti indiani attuali lo eseguo­
no avevo interrogato numerosi Tarahumara del­
la montagna e passato una notte intera con una
giovanissima coppia il cui marito era un adepto
di questo rito e ne conosceva, a quanto pare, nu­
merosi segreti. - E ricevetti da lui meravigliose
spiegazioni e chiarimenti estremamente precisi
sul modo in cui il Peyote resuscita nel tragitto

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intero dell'io nervoso, la memoria di simili veri­
tà sovrane, grazie alle quali la coscienza umana,
mi venne detto, non perde più, ma al contrario
ritrova la percezione dell'Infinito. «<n cosa consi­
stono queste verità, mi disse quest'uomo, non è
mio compito mostrartelo. Ma è mio compito far­
le rinascere nello spirito del tuo essere umano.
- Lo spirito dell'uomo è stanco di Dio, perché è
cattivo e malato, ed è nostro compito ridarglie­
ne fame. Ma ecco ora che il Tempo stesso ce ne
rifiuta il mezzo. - Ti verrà mostrato domani ciò
che noi ancora possiamo fare. E se tu vuoi lavo­
rare con noi, forse con l'aiuto di questa Buona
Volontà di un uomo venuto dall'altra parte del
mare e che non è della nostra Razza, riusciremo
a rompere una Resistenza ulteriore». - CIGURI è
un nome che le orecchie indiane non amano af­
fatto sentir pronunciare. Avevo con me una gui­
da meticcia che mi serviva anche da interprete
presso i Tarahumara e che mi aveva avvertito di
parlargliene solamente con rispetto e precauzio­
ne, perché, mi disse, ne hanno paura. - Ora mi
resi conto che se vi è un sentimento che, a que­
sto soggetto, può esser loro estraneo, è proprio
la paura, ma che, tuttavia, questa parola risveglia
in loro il senso del sacro in una maniera che la
coscienza europea non conosce più, ed è da ciò
che deriva tutta la sua disgrazia perché qui, in
Europa, l'uomo non rispetta più nulla. E la se-

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rie di attitudini che il giovane Indiano prese di
fronte ai miei occhi quando pronunciai la parola
CIGURI mi insegnò molte cose sulle possibilità
della coscienza umana quando essa ha conser­
vato il sentimento di Dio. Un terrore, devo dir­
lo, si sprigionava in effetti dalla sua attitudine,
ma non era la sua poiché essa lo ricopriva come
con uno scudo o un mantello. Per lui, sembrava
felice come lo si è solamente nei minuti supre­
mi dell'esistenza, il viso traboccante di gioia e
adorante. È così che i Primi-Nati di un'umanità
ancora in gestazione dovevano stare quando lo
spirito dell'UOMO INCREATO si levava in tuo­
ni e fiamme al di sopra del mondo sventrato, è
così che dovevano pregare gli scheletri delle ca­
tacombe a chi, è detto nei libri, L'UOMO stesso
appariva.
Giunse le mani e i suoi occhi si accesero. Il
suo viso si pietrificò e si chiuse. Ma più entrava
in sé più ebbi l'impressione che un'emozione
insolita, e che si poteva leggere, si irradiava og­
gettivamente da lui. - Si spostò due o tre volte. E
ogni volta i suoi occhi che erano diventati pres­
sappoco fissi si rigirarono per isolare un punto
accanto a lui come se volesse prendere coscien­
za di una cosa che fosse da temere. Ma mi resi
conto che ciò che poteva temere a quel modo
era di venir meno per una negligenza qualun­
que al rispetto che egli doveva a Dio. E constatai

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soprattutto due cose: la prima è che l'Indiano
Tarahumara non presta al suo corpo il valore
che noi altri Europei gli diamo e che ne ha una
nozione completamente diversa. - «Non sono
affatto io, sembra dire, ad essere questo corpo»,
- e quando si voltava per fissare accanto a lui
qualcosa era il suo stesso corpo che gli sembra­
va scrutare e sorvegliare. - «Laddove sono io e
ciò che io sono, è Ciguri che me lo dice e me lo
detta, e tu menti e tu disobbedisci. Ciò che sento
in realtà tu non vuoi mai sentirlo e tu mi dai del­
le sensazioni contrarie. Th non vuoi nulla di ciò
che io voglio. E ciò che tu mi proponi la maggior
parte del tempo è il Male. - Th non sei stato per
me se non una prova transitoria e un fardello. Un
giorno ti ordinerò di andartene quando Ciguri
stesso sarà libero, ma, disse di colpo piangendo,
non bisognerà che tu te ne vada tutto intero. È-

Ciguri comunque che ti ha fatto e tante volte tu


mi sei servito da rifugio contro la tempesta per­
ché Ciguri moriva se non aveva me».
La seconda cosa che io constatai in mezzo a
questa preghiera - perché questa serie di spo­
stamenti davanti a se stesso e come accanto a
lui, ai quali avevo appena assistito e che misero
molto meno tempo a farsi di quello che mi c ' è
voluto per rapportarli, erano l a preghiera im­
provvisata dell' Indiano alla sola evocazione del
nome di Ciguri, - la seconda cosa dunque che

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mi colpì è che se l'Indiano è un nemico per il
suo corpo sembra in più aver fatto a Dio il sa­
crificio della sua coscienza e che l'abitudine del
Peyote lo guida in questo travaglio. I sentimen­
ti che irradiavano da lui, passavano l'uno dopo
l'altro attraverso il suo viso, e che si leggevano,
manifestamente non erano i suoi; egli non se ne
appropriava, non si identificava più con ciò che
per noi è un'emozione personale, o piuttosto
non lo faceva alla nostra maniera, in funzione di
una scelta e di un'incubazione sfolgorante im­
mediata come lo facciamo noi . -Tra tutte le idee
che passano nella nostra testa vi sono quelle
che accettiamo e quelle che non accettiamo. ­
Il giorno in cui il nostro io e la nostra coscienza
sono formati si è stabilito in questo movimento
di incubazione incessante un ritmo distintivo
e una scelta naturale, che fanno sì che solo le
nostre idee proprie galleggino nel campo della
coscienza, il resto svanendo automaticamente.
Ci serve forse del tempo per recidere nei nostri
sentimenti e isolarne la nostra propria figura,
ma ciò che noi pensiamo delle cose sui punti
principali è come il totem di una grammatica
indiscutibile che scandisce i suoi termini parola
per parola. E il nostro io quando lo si interroga
reagisce sempre allo stesso modo: come qualcu­
no che sa che è lui che risponde e non un altro.
Nell'Indiano non accade ciò.

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Mai un Europeo accetterebbe di pensare che
ciò che ha sentito e percepito nel suo corpo,
che l'emozione da cui è stato scosso, che la stra­
na idea che gli è appena balenata e che lo ha en­
tusiasmato per la sua bellezza non fosse la sua,
e che un altro ha sentito e vissuto tutto ciò nel
suo proprio corpo, o allora si crederebbe pazzo
e di lui si sarebbe tentati di dire che è diventato
un alienato. - Il Tarahumara al contrario distin­
gue sistematicamente tra ciò che è suo e ciò
che è dell'Altro in tutto ciò che pensa, sente e
produce. Ma la differenza tra un alienato e lui è
che la sua coscienza personale si è accresciuta
in questo lavoro di separazione e di distribuzio­
ne interna, al quale il Peyote lo ha condotto, e
che rinforza la sua volontà. - Se sembra sapere
molto meglio ciò che non è rispetto a ciò che è,
in compenso sa ciò che è e che è molto meglio
di quanto noi stessi sappiamo ciò che noi sia­
mo e ciò che vogliamo. - «Vi è, dice lui, in ogni
uomo un vecchio riflesso di Dio in cui possia­
mo ancora contemplare l'immagine di questa
forza di infinito che un giorno ci ha lanciato
in un'anima e questa anima in un corpo, ed è
all'immagine di questa Forza che il Peyote ci ha
condotto perché Ciguri ci richiama a lui».
Ciò che osservavo così di questo Indiano
che non aveva assunto Peyote da lungo tempo,
ma era uno degli adepti dei suoi Riti, poiché il

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Rito del Ciguri è in cima alla religione dei Ta­
rahumara, mi ispirò il più grande desiderio di
vedere da vicino tutti questi Riti e di ottenere
la possibilità di parteciparvi. - Era questa la
difficoltà.
L'amicizia che mi aveva mostrato questo gio­
vane Tarahumara che non temeva di mettersi a
pregare a qualche passo da me era per me già
una garanzia che certe porte mi si sarebbero
aperte. E poi ciò che mi aveva detto dell'aiuto
che si aspettava da me mi fece pensare che la
mia ammissione ai Riti del Ciguri dipendeva in
parte dalle iniziative che avrei preso di fronte
alle resistenze che i Tarahumara incontrano at­
tualmente di fronte all'esercizio dei loro Riti da
parte del governo meticcio di Città del Messico.
Meticcio, questo governo è pro-indiano, perché
coloro che lo detengono sono molto più rossi
che bianchi. Ma lo sono in maniera diseguale
ed i loro mandatari nella montagna sono nella
quasi totalità dei mezzosangue. - E considerano
pericolose le credenze dei Vecchi Messicani. -
Il governo attuale del Messico, ha fondato nella
montagna delle scuole indigene in cui si dà ai
bambini degli Indiani un'istruzione ricalcata su
quella delle scuole comunali francesi e il mini­
stro dell'Istruzione pubblica del Messico, da cui
il ministro di Francia mi aveva fatto ottenere un
lasciapassare, mi fece alloggiare nei locali della

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scuola indigena dei Tarahumara. - Ero dunque
entrato in rapporto col direttore di questa scuo­
la che inoltre era incaricato dell'ordine su tutta
la distesa del territorio tarahumara, e da cui di­
pendeva un drappello di cavalleria. - Senza che
alcuna disposizione fosse ancora presa a questo
proposito, da parte sua, sapevo che era in que­
stione il divieto della prossima festa del Peyote
che avrebbe dovuto aver luogo qualche tempo
dopo. - Al di fuori della grande Festa Razziale
alla quale tutto il popolo dei Tarahumara par­
tecipa e che ha luogo a date fisse come noi in
Europa abbiamo il Natale, i Tarahumara hanno
ancora attorno al Peyote un certo numero di
Riti particolari . E avevano consentito a mostrar­
mene uno.Vi sono ancora nella religione dei Ta­
rahumara altre feste come qui noi abbiamo Pa­
squa, l'Ascensione, l'Assunzione e l'Immacolata
Concezione, ma tutte non riguardano il Peyote,
e la Grande Festa del Ciguri non ha luogo, io
credo, che una sola volta all'anno. - È là che si
ingerisce secondo tutti i riti millenari tradizio­
nali . Si assume ancora del Peyote alle altre feste
ma solo come un coadiuvante occasionate di
cui non ci si occupa più di graduare la forza o
gli effetti . - Quando dico che se ne assume, farei
meglio a dire che se ne assumeva, perché il go­
verno di Città del Messico, fa l'impossibile per
sottrarre il Peyote ai Tarahumara e per impedir-

25
gli di abbandonarsi alla sua azione, e i soldati
che invia nella montagna hanno ricevuto l'ordi­
ne di impedirne la coltura. E trovai i Tarahumara
disperati, nel momento in cui arrivai nella mon­
tagna, per la distruzione recente di un campo di
Peyote da parte dei soldati di Città del Messico .
Ebbi su questo argomento una lunghissima
conversazione col direttore della scuola indige­
na nella quale alloggiavo. - Questa conversazio­
ne fu animata, penosa, ripugnante a momenti .
ll direttore meticcio della scuola indigena dei
Tarahumara era molto più preoccupato del suo
sesso, che gli serviva ogni notte per possedere
l'istitutrice della scuola, meticcia come lui, di
quanto non lo fosse della cultura o della religio­
ne. Ma il governo di Città del Messico ha posto
alla base del suo programma il ritorno alla cul­
tura indiana e il direttore meticcio della scuola
indigena dei Tarahumara si opponeva lo stesso a
versare il sangue indiano . «CIGURI, gli dissi, non
è una pianta, è un uomo a cui voi avete tranciato
un arto facendo saltare il campo di Peyote. E di
questo arto mutilato rosso, e che canta: verde,
bianco, lilla, tutti vogliono che ne rendiate con­
to. Ed essi lo vedono». Mi accorsi passando attra­
verso diversi villaggi tarahumara che un vento
di rivolta soffiava sulla tribù all'apparizione del
membro rosso. Il direttore della scuola indige­
na non l'ignorava, ma esitava riguardo ai mezzi

26
da impiegare per riportare la calma presso gli
Indiani . - «ll solo mezzo, gli dissi, è di riuscire
a guadagnare il loro cuore. - Non vi perdone­
ranno mai questa distruzione, ma mostrate loro
con un atto inverso che voi non siete un nemico
di Dio . Voi siete qui solo un pugno di persone
e se si decidessero alla rivolta dovreste far loro
la guerra, ed anche con le vostre armi voi non
potrete resistere. - E i Preti del Ciguri hanno in
più dei riferimenti in cui voi non potrete mai
penetrare.
«E cosa diventerebbe, di fronte ad una simile
guerra, questo ritorno del Messico alla cultura
indiana dal momento che è la guerra civile che
voi avreste acceso? - Bisogna fin d'ora autoriz­
zare questa Festa se volete che i Tarahumara vi
restino amici e in più bisogna dare alle tribù
delle facilitazioni per riunirsi affinché sentano
che li sostenete.
- È che, quando hanno assunto il Peyote, non
ci ubbidiscono più.
- Ne va del Peyote come di tutto ciò che è
umano. È un principio magnetico e alchemico
meraviglioso a condizione di saperlo assumere,
ossia alle dosi volute e secondo la gradazione
voluta. E soprattutto di non assumerne fuori
tempo e a sproposito . - Se dopo aver assunto il
Peyote gli Indiani diventano come pazzi è per­
ché ne abusano fino a raggiungere quel punto

27
di ebbrezza disordinata in cui l'anima non è
più sottomessa a nulla . Facendo questo, non è
a voi che disobbediscono ma a Ciguri stesso,
perché Ciguri è il Dio della Prescienza del Giu­
sto, dell'equilibrio e del controllo di sé. - Chi ha
bevuto davvero Ciguri, il metro e la misura veri
di Ciguri, UOMO e non FANTASMA indetermi­
nato, sa come le cose sono fatte e non può più
perdere la Ragione perché Dio è nei suoi nervi,
e da lì lo guida .
«Ma bere Ciguri è propriamente non supera­
re la dose, perché Ciguri è l'Infinito, e il mistero
dell'azione terapeutica dei rimedi è legato alla
proporzione secondo la quale il nostro orga­
nismo li assume. Superare il necessario è SAC­
CHEGGIARE l'azione.
«Dio, dicono le tradizioni sacerdotali tarahu­
mara, sparisce subito quando vi si tocca ecces­
sivamente ed al suo posto affiora lo Spirito Ma­
ligno .
- Voi entrerete domani sera in rapporto con
una famiglia di Preti del Ciguri, mi disse il di­
rettore della scuola indigena. - Dite loro quel
che mi avete appena detto e sono sicuro che
otterremo questa volta ancora e forse più delle
ultime volte che l'assunzione del Peyote venga
regolamentata e dite loro inoltre che questa Fe­
sta sarà autorizzata e che faremo tutto il nostro
possibile per dar loro tutti i mezzi per riunirsi e

28
che forniremo loro a questo scopo i cavalli ed i
viveri di cui possono aver bisogno».
Mi recai quindi la sera seguente nel piccolo
villaggio indiano in cui mi era stato detto che
il Rito del Peyote mi sarebbe stato mostrato. -
Ebbe luogo a notte fonda. n Prete arrivò con
due aiutanti, un uomo ed una donna, e due
bambini. Tracciò al suolo una sorta di grande se­
micerchio all'interno del quale dovevano aver
luogo i trastulli dei suoi aiutanti e chiuse que­
sto semicerchio con un grosso palo in cui fui
autorizzato a pormi . A destra, l'arco del cerchio
era delimitato da una sorta di rientro in forma
di 8, compresi che costituiva per il Prete il San­
to dei Santi . A sinistra, vi era il Vuoto: ed era là
che stavano i due bambini . È nel Santo dei Santi
che venne posto il vecchio vaso di legno che
conteneva le radici di Peyote perché i Preti non
dispongono della pianta intera per i loro Riti
particolari, o almeno non ne dispongono più.
Il Prete teneva in mano una canna e i bambi­
ni dei bastoncini . - Il Peyote si assume alla fine
di un certo numero di movimenti di danza e
quando i suoi adepti hanno ottenuto con l'a­
dempimento religioso del Rito che Ciguri vo­
glia entrare in loro.
Constatai che gli aiutanti avevano difficoltà a
mettersi in azione ed ebbi l'impressione che non
avrebbero danzato o avrebbero danzato male se

29
non avessero saputo che Ciguri al momento giu­
sto sarebbe disceso in loro. - Perché il Rito del
Ciguri è un Rito di creazione che spiega come le
cose sono nel vuoto e questo nell'infinito e come
esse ne fuoriuscirono nella Realtà, e furono fatte.
E si compie al momento in cui secondo l'ordine
di Dio esse hanno preso Essere in un corpo. - È
questo ciò che danzarono i due aiutanti, ma ciò
accadde non senza una lunga discussione.
- Noi non possiamo più capire Dio se egli
non ci ha dapprima toccato l'anima e la nostra
danza non sarà altro che una smorfia e il FAN­
TASMA, gridarono, il FANTASMA che perseguita
CIGURI, rinascerà nuovamente qui.
ll Prete tentennò a lungo prima di decidersi,
ma alla fine trasse dal suo petto un sacchetto e
versò nelle mani degli Indiani una sorta di pol­
vere bianca che essi assunsero immediatamente.
Dopodiché si misero a danzare. - Capii, ve­
dendo il loro viso dopo che ebbero preso que­
sta polvere di Peyote, che mi avrebbero mostra­
to qualcosa a cui non avevo mai assistito prima.
Ed aguzzai tutta la mia attenzione per non per­
dere nulla di quello che avrei visto.
I due aiutanti si curvarono contro la terra e
furono l'uno di fronte all'altro come due sfere
inanimate. - Ma il vecchio Prete doveva anche
lui aver preso la polvere perché un'espressio­
ne inumana si era impossessata di lui. - Lo vidi

30
tendersi e sollevarsi. I suoi occhi si accesero e
un'espressione di autorità insolita cominciò a
sprigionarsi da lui. - Battè col suo bastone due
o tre colpi sordi a terra, poi entrò nell '8 che ave­
va tracciato alla destra del Campo Rituale. Allora
gli aiutanti sembrarono uscire dalla loro sfera
inanimata. Prima l'uomo scosse la testa e colpì
la terra con il palmo delle mani. La donna agitò
la schiena. - ll Prete allora sputò : non della sa­
liva ma il suo soffio. Espulse rumorosamente il
suo soffio tra i denti. E sotto l'azione di questa
vibrazione polmonare l'uomo e la donna nello
stesso istante si animarono e si sollevarono in
piedi completamente. Ora, dal modo in cui si te­
nevano l'uno di fronte all' altra, dal modo in cui
soprattutto si tenevano ciascuno nello spazio
come si sarebbero tenuti nelle tasche del vuoto
e nei tagli dell'infinito si capiva che non erano
più un uomo e una donna ad essere là, ma due
princìpi: il maschio, bocca aperta, dalle gengive
schioccanti, rosse, infiammate, sanguinanti, e
come dilaniate dalle radici dei denti, traslucidi
in quel preciso momento , simili a delle lingue di
comando; la femmina, larva sdentata, dai molari
perforati dalla lima, come un ratto senza ratiera,
compressa nella sua propria foia, sfuggente, ruo­
tando di fronte al maschio irsuto ; e si urtavano
a vicenda, scontrandosi freneticamente l'uno
nell'altro come le cose , dopo essersi guardati

31
per un certo tempo e fatta la guerra, si mesco­
larono infine di fronte all' occhio indiscreto e
colpevole di Dio , che la loro azione deve poco
a poco soppiantare. «Perché Ciguri, dicono, era
L'UOMO, L'UOMO come DA SE STESSO, SE STES­
SO, nello spazio LUI SI costruiva , quando Dio lo
ha assassinato».
Esattamente ciò che accadde.
Ma una cosa soprattutto mi colpì nella loro
maniera di minacciarsi, di fuggirsi, di colpirsi a vi­
cenda per, alla fine, consentire ad andare insieme.
Il fatto è che questi princìpi non erano nel corpo,
non riuscivano a toccare il corpo, ma dimorava­
no ostinatamente come due idee imm ateriali so­
spese al di fuori dell' Essere, opposte da sempre
a LUI, e che d'altra parte si plasmavano il loro
proprio corpo, un corpo in cui l'idea di materia
è volatilizzata da CIGURI. Mi ricordai guardando­
li di tutto quel che mi avevano detto i poeti, i
professori, gli artisti di ogni sorta che conobbi in
Messico sulla religione e la cultura degli Indiani
e di quel che avevo letto in tutti i libri che mi
vennero prestati là sulle tradizioni metafisiche
dei Messicani.
- Lo Spirito Maligno, dicono i Preti Iniziati
del Ciguri, non ha mai potuto e voluto credere
che Dio non sia comprensibilmente ed esclusi­
vamente un Essere, e che vi sia qualcosa di più
dell'essere, nell' essenza inscrutabile di Dio .

32
Era tuttavia proprio ciò che questa Danza
del Peyote mi stava mostrando .
Perché credetti di vedere in questa Danza
il punto in cui l'incoscio universale è malato.
E che è al di fuori di Dio. Il Prete toccava di
-

volta in volta la sua milza e il suo fegato con la


mano destra mentre con la sinistra percuoteva
la terra col bastone. - A ciascuno dei suoi con­
tatti rispondeva un'attitudine lontana dell 'uomo
e della donna a volte di affermazione disperata
e supponente a volte di negazione rabbiosa. Ma
su qualche colpo affrettato battuto dal Prete che
teneva ora la sua canna con entrambe le mani,
essi avanzarono ritmicamente l'uno verso l'altra,
i gomiti larghi e le mani giunte che rappresenta­
vano due triangoli che si animassero. Ed al con­
tempo i loro piedi disegnavano dei cerchi sulla
terra, e qualcosa come le membra di una lettera,
una S, una U, una J, una V. Cifre in cui si ripete­
va principalmente la forma 8. - Una volta, due
volte non si ricongiunsero ma si incrociarono
con una sorta di saluto. Alla terza volta il loro
saluto divenne più certo. Alla quarta si afferra­
rono le mani, girarono l'uno attorno all ' altra e i
piedi dell'uomo sembrarono cercare sulla terra i
punti in cui quelli della donna l'avevano colpita.
Andarono avanti così fino a otto volte. Ma a
partire dalla quarta il loro viso che aveva assun­
to un'espressione vivente non smise di irradiar-

33
si. All'ottava volta guardarono dal lato del Prete
che prese allora posizione con un'aria di domi­
nazione e di minaccia all'estremità del Santo dei
Santi, laddove le cose sono in contatto col Nord.
E col suo bastone disegnò nell' aria un grande
8. Ma il grido che lanciò nello stesso momento
aveva la potenza di rivoluzionare la doglia dei
tormenti funebri del morto nero del suo vec­
chio peccato, come dice il vecchio poema se­
polto dei Maya dello Yucatan; e non mi ricordo
d'aver sentito nella mia vita qualcosa che indi­
casse in una maniera più fragorosa e manifesta
a quali profondità la Volontà umana discenda a
sollevare la sua prescienza della notte. E mi
-

sembrò rivedere nell' Infinito e come in sogno


la maniera in cui Dio ha suscitato la Vita. - Que­
sto grido del Prete era fatto come per sostenere
la traccia del bastone nell'aria. Gridando in que­
sto modo il Prete si spostò e disegnò con tutto il
suo corpo nell 'aria e con i suoi piedi sulla terra
la forma di uno stesso otto, fino a che, questo
otto, l' ebbe chiuso dal lato Sud.
La danza era sul punto di terminare. I due
bambini che durante tutto questo tempo erano
rimasti alla sinistra del cerchio chiesero se po­
tessero andarsene, e il Prete fece loro un segno
col bastone come per disseminarsi e sparire. Ma
nessuno dei due aveva preso del Peyote. Accen­
narono qualcosa che sembrava un gesto di dan-

34
za poi rinunciarono e sparirono come si ritorna
a casa propria.

.. ....

L'ho già detto all'inizio di questa relazione :


tutto ciò non mi bastava. E volli saperne di più
sul Peyote. Mi avvicinai al Prete per interrogarlo.
- La nostra ultima Festa, mi disse, non ha po­
tuto aver luogo. Siamo scoraggiati. Non assumia­
mo più ora Ciguri nei Riti ma come un vizio.
Ben presto tutta la nostra Razza sarà malata. Il
tempo è diventato troppo vecchio per l' Essere.
Non può più sopportarci. Cosa fare , cosa diven­
teremo? Già i nostri non amano più Dio. lo che
sono prete , non ho potuto sentirlo. Th mi vedi
completamente disperato.
Gli dissi quel che era stato pattuito col diret­
tore della scuola indigena e che la loro prossima
grande festa questa volta avrebbe potuto aver
luogo.
Gli dissi anche che non ero venuto presso
i Tarahumara da curioso ma per ritrovare una
Verità che sfugge al mondo dell' Europa e che la
sua Razza aveva conservato . - Ciò lo mise in una
completa fiducia e mi disse cose meravigliose
sul Bene e sul Male, sulla Verità e sulla Vita.
- Thtto ciò che dico viene da Ciguri, mi dis­
se, ed è Lui che me lo ha insegnato.

35
«Le cose non sono come noi le vediamo e
come noi le sentiamo la maggior parte del tem­
po, ma come Ciguri ce le insegna. Esse sono
prese dal Male, lo Spirito Maligno dall' origine
dei tempi, e senza Ciguri non è possibile per
l'uomo ritornare alla Verità. - In principio esse
erano vere, ma più noi invecchiamo più diven­
tano false, perché sempre più il male vi si me­
sce. Il mondo all'inizio era completamente rea­
le, suonava nel cuore umano e con lui. Adesso
il cuore umano non vi è più, l'anima neppure
perché Dio se n'è ritirato.Vedere le cose era ve­
dere l' Infinito .Adesso quando guardo la luce ho
difficoltà a pensare a Dio. - Thttavia è Lui, Ciguri,
che ha fatto tutto. Ma il Male è in tutte le cose,
ed io , uomo , non posso più sentirmi puro. - Vi
è in me qualcosa di spaventoso che risale e che
non viene da me, ma dalle tenebre che ho in
me, laddove l' anima dell'uomo non sa dove l'Io
comincia, e dove finisce, e ciò che lo ha spinto
a cominciare così proprio come si vede . Ed è
quel che Ciguri mi dice. Con Lui non conosco
la menzogna e non confondo più ciò che vuole
veramente in ogni uomo con ciò che non vuo­
le ma scimmiotta l'essere col cattivo volere . E
ben presto è tutto ciò che ci sarà, disse, indie­
treggiando di numerosi passi: questa maschera
oscena di chi sghignazza tra lo sperma e la cac­
ca».

36
Queste parole del Prete che ho qui trascritto
sono assolutamente autentiche; mi sono sembra­
te troppo importanti e troppo belle perché mi
potessi permettere di cambiar qualcosa, e se non
è precisamente la trascrizione parola per parola,
esse non se ne allontanano quasi per nulla, per­
ché si capisce mi stupirono e i miei ricordi su
questo punto sono rimasti estremamente preci­
si. - D 'altronde, lo ripeto , aveva appena assunto
il Peyote e non fui sorpreso dalla sua lucidità.
Quando questa conversazione terminò mi
chiese se sarei stato felice di assaggiare Cigu­
ri io stesso e di accostarmi così alla Verità che
cercavo.
Gli dissi che era il mio più grande desiderio e
che non credevo che senza l'aiuto del Peyote si
potesse attingere a tutto ciò che fugge e da cui
il tempo e le cose ci allontanano sempre più.
Me ne versò nella mano sinistra una quantità
del volume di una mandorla verde, «Sufficiente,
disse, per rivedere Dio due o tre volte, perché
Dio non può mai conoscersi. Per entrare nella
sua presenza bisogna mettersi almeno tre volte
sotto l'influenza di Ciguri ma ogni assunzione
non deve superare il volume di un pisello».
Restai dunque ancora un giorno o due pres­
so i Tarahumara in modo da conoscere bene il
Peyote e ci vorrebbe un grosso volume per rife­
rire tutto quel che ho visto e sentito sotto la sua

37
influenza e tutto ciò che il Prete, i suoi aiutanti e
le loro famiglie mi dissero ancora a questo pro­
posito. - Ma una visione che ebbi e che mi colpì
fu dichiarata autentica dal Prete e dalla sua fa­
miglia, essa riguardava, a quanto pare, colui che
deve essere Ciguri e che è Dio . - Ma non vi si
attinge senza aver attraversato una lacerazione
e un'angoscia, dopodiché ci si sente come ri­
girati e rovesciati dall' altra parte delle cose e
non si comprende più il mondo che si è appena
abbandonato.
Dico: rovesciato dall 'altra parte delle cose, e
come se una forza terribile vi avesse permesso
di essere restituito a ciò che esiste dall' altra par­
te. - Non si sente più il corpo che si è abbando­
nato e che vi proteggeva nei suoi limiti, in com­
penso ci si sente molto più felici di appartenere
all 'illimitato piuttosto che a se stesso perché si
capisce che ciò che era se stesso è venuto dalla
testa di questo illimitato, l'Infinito, e che si va a
vederlo . Ci si sente come in un 'onda gassosa e
che sprigiona da ogni parte un incessante cre­
pitio . Cose uscite come da ciò che era la vostra
milza, il vostro fegato , il vostro cuore o i vostri
polmoni si liberano instancabilmente ed esplo­
dono in questa atmosfera che esita tra il gas e
l' acqua, ma sembra chiamare a sé le cose e co­
mandar loro di radunarsi.
Quel che veniva fuori dalla mia milza o dal
mio fegato aveva la forma delle lettere di un

38
antichissimo e misterioso alfabeto masticato
da un' enorme bocca, ma spaventosamente ri­
mossa, orgogliosa, illeggibile, gelosa della sua
invisibilità; e questi segni erano spazzati via in
tutti i sensi nello spazio mentre mi sembrava
che salissi, ma non da solo. Aiutato da una for­
za insolita. Ma molto più libero di quando sulla
terra ero solo.
Ad un certo momento qualcosa come un
vento si levò e gli spazi indietreggiarono. Dalla
parte in cui era la mia milza un vuoto immenso
si incavò che si dipinse di grigio e rosa come
la riva del mare. E al fondo di questo vuoto
apparve la forma di una radice arenata, come
una sorta di J che avesse sulla sua cima tre rami
sormontati da una E triste e brillante come un
occhio. - Fiamme fuoriuscirono dall 'orecchio
sinistro di J e passando da dietro gli sembraro­
no spuntare tutte le cose a destra, dal lato in
cui era il mio fegato, ma molto al di là rispetto
a lui. - Non vidi di più e tutto svanì o fui io a
svanire ritornando alla realtà ordinaria. In ogni
caso avevo visto, a quanto pare , lo Spirito stes­
so di Ciguri . E credo che ciò dovesse obiettiva­
mente corrispondere ad una rappresentazione
trascendentale dipinta di realtà ultime e le più
alte; e i Mistici devono passare attraverso stati
e immagini simili prima di attingere, seguendo
la formula, alle supreme conflagrazioni e lacera-

39
zioni dopo le quali cadono sotto il bacio di Dio
come delle galline senza dubbio nelle braccia
del loro magnaccia.
Questo mi ha ispirato sotto l' azione psichica
del Peyote un certo numero di riflessioni1•
li Peyote conduce l'io alle sue vere fonti. -
Uscito da uno stato di visione simile non si può
più come prima confondere la menzogna con la
verità. - Si è visto da dove veniamo e chi siamo,
e non si dubita più di ciò che siamo. - Non vi è
più emozione né influenza esteriore che possa
distogliervene .
E tutta la serie dei lubrici fantasmi proiettati
dall 'inconscio non possono più vessare il sof­
fio vero dell'UOMO, per questa buona ragione
che il Peyote è l 'UOMO non nato , ma INNATO,
e che con lui la coscienza atavica e personale

1 Voglio dire che se esse tornano ad imporsi una nuo­

va ed ultima volta al mio pensiero, il Peyote, LUI, non


si presta a queste fetide assimilazioni spirituali, per­
ché la MISTICA è sempre stata solamente una copula
di una tartuferia molto erudita e molto raffinata con­
tro la quale il PEYOTE tutto protesta, perché con lui
L'UOMO è solo, raschiando disperatamente la musica
del suo scheletro, senza padre, madre , famiglia, amore,
dio o società. E non vi sono esseri per accompagnar­
lo. E lo scheletro non è di ossa ma di pelle , come un
derma che camminasse. E si cammina dall'equinozio
al solstizio, cingendo se stessi la propria umanità.

40
intera è allertata e rinforzata. - Essa sa quel che
è buono per lei e ciò che non vale niente per
lei: e dunque i pensieri e i sentimenti che essa
può accogliere senza pericolo e con profitto, e
quelli che sono nefasti per l'esercizio della sua
libertà. - Essa sa soprattutto fino a dove va il suo
essere, e fino a dove non è ancora andato O
NON HA IL DIRITTO DI ANDARE SENZA SPRO­
FONDARE NELL'IRREALTÀ , NELL'ILLUSORIO,
NEL NON-FATTO, NEL NON-PREPARATO.
Prendere i propri sogni per realtà ecco in
che cosa il Peyote non vi lascerà mai sprofon­
dare. O confondere delle percezioni prese a
prestito dai bassifondi sfuggenti, incolti, non an­
cora maturi , non ancora sollevati dall'inconscio
allucinatorio con le immagini, le emozioni del
vero. - Perché vi è nella coscienza il Meravi­
glioso col quale oltrepassare le cose. E il Peyote
ci dice dov'è e dietro quali concrezioni insolite
di un soffio atavicamente rimosso e otturato il
Fantastico può formarsi e rinnovare nella co­
scienza le sue fosforescenze , il suo polverio . E
questo Fantastico è di nobile qualità, il suo di­
sordine è solo apparente, obbedisce in realtà ad
un ordine che si elabora in un mistero , e su un
piano in cui la coscienza normale non giunge
ma dove Ciguri ci permette di giungere , e che è
il mistero stesso di ogni poesia. - Ma vi è nell 'es­
sere umano un altro piano, questo oscuro, infor-

41
me, in cui la coscienza non è entrata, ma che la
circonda come un prolungamento non chiarito
o una minaccia a seconda dei casi. E che spri­
giona anche lui sensazioni avventurose , perce­
zioni. Sono i fantasmi spudorati che colpiscono
la coscienza malata. La quale vi si abbandona e
vi si fonde interamente se non trova nulla che
la trattenga. Ed il Peyote è la sola barriera che il
Male trova da questa terribile parte.
Anch'io ho avuto delle sensazioni , delle per­
cezioni false e vi ho creduto. Nel mese di giu­
gno, luglio, agosto e fino a settembre scorso ho
creduto di essere circondato da demoni, e mi è
sembrato di percepirli, di vederli formarsi attor­
no a me. - Non ho trovato di meglio per scac­
ciarli se non fare ad ogni piè sospinto dei segni
della croce su tutti i punti del mio corpo o dello
spazio in cui credevo vederli . Scrivevo anche su
qualunque pezzo di carta o sui libri che avevo a
portata di mano delle evocazioni, che non vale­
vano granché né dal punto di vista letterario né
dal punto di vista magico perché le cose scrit­
te in questo stato sono solamente il residuo,
la deformazione o piuttosto la contraffazione
delle alte luci della VITA. A fine settembre scor­
so queste cattive idee, queste idee false, queste
percezioni ossessive ed in se stesse non valide
hanno cominciato a sparire, ad ottobre non vi
era quasi più niente . Dal 1 5 o dal 20 novembre

42
scorso ho sentito ritornare in me la mia energia
e la mia lucidità. Mi sono sentito soprattutto la
coscienza finalmente libera. Finite le sensazioni
erronee. Finite le cattive percezioni. - Adesso di
giorno in giorno un sentimento di sicurezza, di
certezza interna si stabilisce lentamente ma fer­
mamente in me.
Se mi è capitato in questi ultimi tempi di
avere dei gesti che somigliano a quelli di cer­
ti malati affetti da mania religiosa , non sono
essi stessi niente più se non il residuo delle
abitudini spiacevoli che avevo preso di fronte
a delle credenze che non esistevano . Come il
mare ritirandosi lascia sulla sabbia un deposito
misto che i venti giungono a spazzare. - Ho
messo da diverse settimane tutta la mia forza
di volontà per sbarazzarmi di questi piccoli re­
sti . - E constato che di giorno in giorno essi se
ne vanno.
Ora, vi è una cosa che i preti del Peyote in
Messico mi hanno aiutato a notare e che il poco
Peyote che ho assunto ha rivelato nella mia co­
scienza. È nel fegato umano che si produce que­
sta alchimia segreta e questo lavoro attraverso
il quale l'io di ogni individuo sceglie ciò che gli
conviene , lo adotta o lo rigetta tra le sensazioni,
le emozioni, i desideri, che l'inconscio gli forma
e che compongono i suoi appetiti, le sue conce­
zioni, le sue vere credenze, e le sue idee. - È là

43
che l'IO diventa cosciente , e che il suo potere
di apprezzamento , di discriminazione organica
estrema si dispiega. - Perché è là che Ciguri la­
vora a separare ciò che esiste da ciò che non
esiste. Il fegato sembra dunque essere il filtro
organico dell'Inconscio.
Ho trovato idee metafisiche simili nelle ope­
re dei vecchi Cinesi. E secondo loro il fegato è
il filtro dell'inconscio ma la milza è il corrispet­
tivo fisico dell 'infinito. Ciò del resto è un 'altra
questione .
Ma perché il fegato possa adempiere la sua
funzione bisogna almeno che il corpo sia ben
nutrito.
Non si può rimproverare ad un uomo chiuso
da sei anni in un manicomio e che da tre anni
non mangia più regolarmente un cedimento
occulto della Volontà. Mi capita di restare mesi
senza mangiare un pezzo di zucchero o di cioc­
colato. Quanto al burro , non so più da quanto
tempo non l' assaggio.
Non mi alzo mai da tavola senza una sensa­
zione di fame perché le razioni, voi lo sapete,
sono troppo ridotte .
E il pane soprattutto è insufficiente. Prima
del pezzo di cioccolato che mi è stato dato l'al­
tro ieri venerdì non avevo mangiato cioccolato
da otto mesi. Non sono un uomo che si lascia
distogliere da fare il proprio dovere da qualun-

44
que cosa sia, ma almeno non mi si rimproveri
un'assenza di energia in un'epoca come que­
sta in cui gli elementi indispensabili al rinnovo
dell'energia non esistono più nel cibo che ci è
dato a tutti. E soprattutto che non mi si passi
più all 'elettroshock per dei mancamenti di cui
si sa perfettamente che sono fuori dal controllo
della mia volontà, della mia lucidità, della mia
intelligenza proprie . Basta, basta e basta con
questo traumatismo da punizione .
Ad ogni applicazione l'elettroshock mi ha
sprofondato in un terrore che durava ogni volta
diverse ore. E vedevo ogni nuova applicazione
con disperazione, perché sapevo che una vol­
ta ancora avrei perso coscienza e che mi sarei
visto durante una giornata intera soffocare nel
mezzo di me stesso senza riuscire a riconoscer­
mi, sapendo perfettamente di essere da qualche
parte ma il diavolo solo sa dove, come se fossi
morto.
Noi siamo lontani con tutto questo dalla
guarigione attraverso Peyote . Il Peyote, da ciò
che ho visto, fissa la coscienza e le impedisce
di perdersi, di abbandonarsi alle false impres­
sioni. I Preti Messicani mi hanno mostrato , sul
loro fegato, il punto esatto in cui Ciguri, in cui
il Peyote produce questa concrezione sintetica
che mantiene durevolmente nella coscienza il
sentimento ed il desiderio del vero e le dà la

45
forza di abbandonarvisi rigettando automatica­
mente il resto.
«È come lo scheletro del di fronte che ri­
torna, mi hanno detto i Tarahumara, del RITO
OSCURO, LA NOTTE CHE AVANZA SULLA NOT­
TE».

Post-Scriptum

Il Rito del Peyote è stato scritto a Rodez il


primo anno del mio arrivo in questo manico­
mio , dopo già sette anni di internamento di cui
tre di prigionia, con avvelenamenti sistematici e
giornalieri. Rappresenta il mio primo sforzo di
tornare in me dopo sette anni di allontanamen­
to e di castrazione da tutto. È un avvelenato
di fresca data, sequestrato e traumatizzato, che
racconta dei ricordi di prima della sua morte. È
dirvi che il testo può esserne solo ancora balbu­
ziente.Aggiungo che questo testo è stato scritto
nello stato mentale stupido del convertito che i
sortilegi della pretaglia approfittando della sua
debolezza momentanea mantenevano in stato
di schiavitù.

Ivry-sur-Seine , IO marzo 1947

46
Ho scritto Il Rito del Peyote in stato di con­
versione, e con già centocinquanta o duecento
ostie recenti nel corpo , da cui deriva il mio deli­
rio qua e là a proposito del cristo, e della croce
di Gesù Cristo.
Perché nulla che mi appaia adesso più fu­
nebre e mortalmente nefasto del segno stra­
tifìcatore e limitato della croce, niente di più
eroticamente pornografico del cristo, ignobile
concretizzazione sessuale di tutti i falsi enig­
mi psichici, di tutti gli scarti corporali passati
all'intelligenza come non avessero nulla di più
da fare al mondo se non servire da materia agli
scarti, e le cui più basse manovre di masturba­
zione magica sprigionano il sollevamento elet­
trico di incarcerazione.

Parigi, 23 marzo 1 947

47
Viaggio al Paese dei Tarahumara

I . La Montagna dei Segni

Il paese dei Tarahumara è pieno di segni, di


forme , di effigi naturali che non sembrano affat­
to nati dal caso , come se gli dèi, che si percepi­
scono ovunque qui, avessero voluto significare
i loro poteri in queste strane firme in cui è la
figura dell'uomo ad essere inseguita da ogni
parte.
Certo , non mancano i luoghi sulla terra in
cui la Natura, mossa da una sorta di capriccio
intelligente, ha scolpito forme umane. Ma qui
il caso è differente : perché è su tutta la distesa
geografica di una razza che la Natura ha vo­
luto parlare.
E la stranezza è che coloro che vi passano,
come colpiti da una paralisi incosciente , chiu­
dono i loro sensi per ignorare tutto. Che la Na­
tura, per uno strano capriccio , mostri di colpo

48
un corpo d'uomo che viene torturato su una
roccia, possiamo pensare dapprima che ciò non
sia altro che un capriccio e che questo capric­
cio non significhi nulla. Ma quando, per giorni
e giorni a cavallo, lo stesso incantesimo intelli­
gente si ripete, e che la Natura ostinatamen­
te manifesta la stessa idea ; quando le stesse
forme cariche di pathos ritornano ; quando volti
di dèi conosciuti appaiono sulle rocce, e che
un tema di morte si sprigiona di cui è l'uomo
a farne ostinatamente le spese , - e alla forma
squartata dell 'uomo rispondono quelle diven­
tate meno oscure, più disinvolte di una pietrifi­
cante materia, degli dèi che l'hanno da sempre
torturato ; - quando tutto un paese sulla pietra
sviluppa una filosofia parallela a quella degli uo­
mini; quando sappiamo che i primi uomini uti­
lizzarono un linguaggio di segni, e che si ritrova
formidabilmente ingrandita questa lingua sulle
rocce; certo, non possiamo più pensare che sia
questo un capriccio, e che questo capriccio
non significhi nulla.
Se la maggior parte della razza tarahumara è
autoctona, e se , come essa lo pretende , è caduta
dal cielo nella Sierra, possiamo dire che sia ca­
duta in una Natura già preparata. E questa Na­
tura ha voluto pensare da uomo. Come essa ha
fatto evolvere degli uomini, essa ha ugualmente
fatto evolvere delle rocce.

49
Quest'uomo nudo che veniva torturato, l'ho
visto inchiodato su una pietra e delle forme vi
lavoravano sopra, che il sole volatilizzava; ma
non so per quale miracolo ottico l'uomo al di
sotto rimaneva intero , nonostante nella stessa
luce.
Della montagna o di me stesso, non posso
dire chi fosse stregato, ma un miracolo ottico
analogo , l'ho visto, in questo periplo attraver­
so la montagna, presentarsi almeno una volta al
giorno.
lo sono forse nato con un corpo tormentato,
truccato come l'immensa montagna; ma un cor­
po le cui ossessioni servono: e mi sono accor­
to in montagna che serve avere l'ossessione di
contare. Non un' ombra che io non abbia conta­
to, quando la sentivo girare attorno a qualcosa;
ed è spesso addizionando delle ombre che sono
risalito fino a strani focolai.
Ho visto nella montagna un uomo nudo af­
facciato ad una grande finestra. La sua faccia era
un solo grande buco, una sorta di cavità circo­
lare dove di volta in volta e seguendo le ore il
sole o la luna appariva. Aveva il braccio destro
disteso come una barra ed il sinistro pure come
una barra ma annodata d' ombra e ripiegata.
Gli si potevano contare le costole, in numero
di sette, da entrambi i lati. Al posto dell'ombeli­
co un triangolo sfavillante brillava, fatto di che

50
cosa? Non saprei dirlo . Come se la Natura aves­
se scelto questa parte di montagna per mettere
a nudo le sue silici rinchiuse.
Ora, nonostante la sua faccia fosse vuota, le
frastagliature della roccia tutto attorno gli im­
ponevano un'espressione precisa, che la luce di
ora in ora sfumava.
Questo braccio destro teso in avanti orlato
da un raggio di luce non indicava una direzione
ordinaria. . . Ed io cercavo ciò che annunciava!
Non era ancora del tutto mezzogiorno quan­
do incontrai questa visione; ero a cavallo e pro­
cedevo veloce. Thttavia, potei rendermi conto
che non avevo a che fare con delle forme scol­
pite , ma ad un gioco determinato di luci, che si
sommava al rilievo delle rocce.
Questa figura era conosciuta dagli Indiani;
essa mi sembrò per la sua composizione, per la
sua struttura, obbedire allo stesso principio al
quale tutta questa montagna a sezioni obbediva.
Nella linea del braccio , vi era un villaggio con
attorno una cinta di rocce.
E vidi che le rocce avevano tutte la forma di
un petto di donna con due seni perfettamente
disegnati.
Vidi ripetersi otto volte la stessa roccia che
dirigeva al suolo due ombre; vidi due volte la
stessa testa di animale portare tra le sue fauci
la propria effige che divorava; vidi, che domina-

51
va il villaggio , una sorta di dente fallico enorme
con sulla cima tre pietre e sulla faccia esterna
quattro buchi; e vidi, dal loro principio, tutte
queste forme passare poco a poco alla realtà.
Mi sembrò leggere ovunque una storia di na­
scite in guerra, una storia di genesi e di caos,
con tutti questi corpi di dèi che erano scolpiti
come uomini, e queste statue umane sezionate .
Non una forma che fosse intatta, non un cor­
po che non mi sembrasse come uscito da un
massacro recente, non un gruppo in cui non vi
dovessi leggere la lotta che lo divideva.
Ritrovai degli uomini annegati, mezzo man­
giati dalla pietra e, su alcune rocce più alte, altri
uomini che si occupavano di respingerli. Altro­
ve , una statua della Morte, enorme, teneva nella
sua mano un bambino.
Vi è nella Cabala una musica dei Numeri, e
questa musica, che riduce il caos materiale ai
suoi princìpi, spiega, grazie ad una sorta di ma­
tematica grandiosa, come la Natura si ordini e
diriga la nascita delle forme, che essa trae dal
caos. E tutto ciò che vedevo mi parve obbedire
ad una cifra. Le statue , le forme , le ombre dava­
no sempre un numero 3 , 4, 7, 8 che ritornavano.
I busti di donna sezionati erano in numero di 8;
il dente fallico, l'ho già detto, aveva tre pietre
e quattro buchi; le forme volatilizzate erano in
numero di 1 2 , ecc. Lo ripeto , si dica pure che

52
queste forme sono naturali; ma è la loro ripe­
tizione che non è naturale . E quel che è ancor
meno naturale, è che i Tarahumara ripetono, nei
loro riti e nelle loro danze, le forme del loro pa­
ese . E queste danze non sono nate dal caso, ma
obbediscono alla stessa matematica segreta, alla
stessa preoccupazione del gioco sottile dei Nu­
meri al quale la Sierra tutta obbedisce.
Ora, questa Sierra abitata e che spira un pen­
siero metafisica nelle sue rocce, i Tarahumara
l'hanno disseminata di segni, di segni perfetta­
mente coscienti , intelligenti e armonizzati.
Ad ogni svolta lungo i cammini si vedono de­
gli alberi bruciati volontariamente in forma di
croce, oppure in forma di esseri, e spesso questi
esseri sono doppi e stanno faccia a faccia, come
per manifestare la dualità essenziale delle cose;
e questa dualità, l'ho vista riportata al suo prin­
cipio in un segno in forma di H chiusa in un
cerchio, che mi apparve marchiata a fuoco su
un grande pino; altri alberi portavano il segno
di lance, di trifogli, di foglie d' acanto circondate
di croci; qua e là, in alcune zone incassate, dei
corridoi strozzati di rocce, linee di croci ansate
egiziane si evolvevano in teorie; e le porte delle
case tarahumara mostravano il segno del mon­
do dei Maya: due triangoli opposti le cui punte
sono legate assieme da una barra; e questa bar­
ra, è l'Albero della Vita che passa per il centro
della Realtà.

53
Così, camminando attraverso la montagna,
queste lance, queste croci, questi trifogli, questi
cuori frondosi, queste croci composite , questi
triangoli, questi esseri faccia a faccia che si op­
pongono per marcare la loro guerra eterna, la
loro divisione, la loro dualità, risvegliano in me
strani ricordi. Mi ricordo di colpo la Storia delle
Sette che incrostarono sulle rocce questi stessi
segni , di uomini che portarono su di loro questi
segni, scolpiti nella giada, battuti sul ferro o ce­
sellati. E mi ritrovo a pensare che questo simbo­
lismo dissimula una Scienza. E mi sembra strano
che il popolo primitivo dei Tarahumara, i cui riti
ed il cui pensiero sono più vecchi del Diluvio,
abbia potuto già possedere questa scienza ben
prima che la Leggenda del Graal apparisse , ben
prima che si formasse la Setta dei Rosacroce.

54
2. La Danza del Peyote

L'effetto fisico è sempre là. Questo catacli­


sma che era il mio corpo . . . Dopo ventotto gior­
ni di attesa, non ero ancora rientrato in me; - bi­
sognerebbe dire : uscito in me. In me, in questo
assemblaggio dislocato, questo pezzo di geolo­
gia avariata.
Inerte, come la terra con le sue rocce può es­
serlo; - e tutte queste lucertole che corrono ne­
gli strati sedimentati ammucchiati. Friabile, certo,
lo ero, non a frammenti, ma tutto intero. Dalla
mia prima presa di contatto con questa terribile
montagna di cui sono sicuro che avesse elevato
contro di me delle barriere per impedirmi di en­
trare. Ed il sovrannaturale, da quando sono stato
là in alto, non mi sembra più qualcosa di tanto
straordinario da non poter dire che sono stato,
nel senso letterale del termine: stregato.
Fare un passo non era più per me fare un
passo; ma sentire dove portavo la testa. Si capirà
questo? Membra che obbediscono le une dopo
le altre, e che si portano avanti le une dopo le
altre; e la posizione al di sopra della terra, ver­
ticale, che bisogna mantenere . Perché la testa,
traboccante di onde e che non domina più i
suoi turbinii, sente tutti i turbinii della terra in
basso che la sconvolgono e che le impediscono
di tenersi diritta.

55
Ventotto giorni di questo effetto pesante, di
questo mucchio di organi male assemblati che
io ero, e ai quali mi davo l'impressione di assi­
stere , come ad un immenso paesaggio di ghiac­
cio sul punto di dislocarsi.
L' effetto era dunque là, tanto terribile che
per andare dalla casa dell 'Indiano ad un albero
situato appena a qualche passo , mi serviva più
del solo coraggio, dovevo evocare veramente ri­
serve di disperata volontà. Perché essere venu­
to così lontano , trovarmi infine sulla soglia di un
incontro e di questo sito da cui speravo tante
rivelazioni, e sentirmi così perso , così diserto,
così scoraggiato. Avevo mai conosciuto la gioia,
vi era mai stata al mondo una sensazione che
non fosse di angoscia o di irrimediabile dispera­
zione; mi ero mai trovato in uno stato diverso da
questo dolore crepato che tutte le notti mi per­
seguitava. Vi era per me qualcosa che non fosse
alla porta dell' agonia, ed era possibile incontra­
re un corpo almeno , un solo corpo d'uomo che
sfuggisse alla mia perpetua crocifissione.
Mi serviva proprio della volontà per credere
che qualcosa sarebbe accaduto. E tutto questo,
perché? Per una danza, per un rito di Indiani
persi che non sanno neppure più chi sono né
da dove vengono e che, quando li si interroga,
rispondono con dei racconti di cui hanno perso
il legame ed il segreto.

56
Dopo fatiche tanto crudeli, lo ripeto, che
non mi è più possibile credere di non essere
stato realmente stregato, che queste barriere di
disgregazione e di cataclismi che avevo sentito
salire in me non siano state il risultato di una
premeditazione intelligente e concertata, avevo
raggiunto uno degli ultimi punti del mondo in
cui la danza di guarigione attraverso il Peyote
esiste ancora, quello, in ogni caso, in cui è stata
inventata. E cosa dunque, quale falso presenti­
mento , quale intuizione illusoria e fabbricata mi
permetteva di attenderne una liberazione qua­
lunque per il mio corpo ed anche , e soprattutto,
una forza, una illuminazione in tutta l'ampiezza
del mio paesaggio interno , che sentivo in quel
preciso istante fuori da ogni specie di dimen­
sione .
Ventotto giorni che questo inspiegabile sup­
plizio era cominciato. E dodici giorni che mi
trovavo su questo angolo isolato di terra, in que­
sto recinto dell'immensa montagna, ad attende­
re la buona volontà dei miei stregoni.
Perché , ogni volta che, come in questo istan­
te, mi sentivo giungere ad una fase capitale del­
la mia esistenza, non vi arrivavo con un essere
intero? Perché questa terribile sensazione di
perdita, di mancamento da colmare, di evento
abortito. Certo, vedrò gli stregoni eseguire il
loro rito: ma in cosa questo rito mi sarà profit-

57
tevole? Li vedrò . Sarò pagato per questa lunga
pazienza che nulla fino a quel punto aveva po­
tuto scoraggiare . Nulla: né il terribile cammino ,
né il viaggio con un corpo intelligente , ma di­
sarmonico, e che bisogna trascinarsi appresso ,
che bisognerebbe uccidere quasi per impedir­
gli di rivoltarsi; né la natura con le sue tempeste
improvvise che ci avvolgono con le loro reti di
fulmini; né questa lunga notte attraversata da
spasmi, in cui avevo visto un giovane Indiano
grattarsi in sogno con una specie di frenesia
ostile esattamente nei punti in cui questi spa­
smi mi attraversavano, - e diceva di conoscermi
appena dal giorno prima: «Ah, che gli capiti tut­
to il male che gli possa capitare».
Il Peyote, lo sapevo , non è fatto per i Bianchi.
Bisognava ad ogni costo impedirmi di attingere
alla guarigione con questo rito istituito per agi­
re sulla natura stessa degli spiriti. E un Bianco,
per questi uomini Rossi, è colui che gli spiriti
hanno abbandonato. Se ero io a beneficiare del
rito, vi era altrettanta perdita per loro , con la
loro doppiatura intelligente di spirito.
Altrettanta perdita per gli spiriti. Altrettanti
spiriti che non si utilizzeranno più.
E poi, vi è la questione del Tesguino, questo
alcol che richiede otto giorni di macerazione
nelle giare; - e non vi sono così tante giare, così
tante braccia, pronte a triturare il mais.

58
Bevuto l'alcool, gli stregoni del Peyote di­
ventano inutilizzabili e ci vuole tutta una nuova
preparazione. Ora un uomo di queste tribù era
morto quando arrivai nel villaggio , ed era impor­
tante che questo rito, i preti, l'alcol, le croci, gli
specchi, le raspe, le giare, e tutto questo straordi­
nario armamentario della danza del Peyote, fosse
volto a suo profitto, a lui che era morto. Perché,
morto, il suo doppio non poteva attendere che si
fossero dislocati questi spiriti maligni.
E dopo ventotto giorni di attesa, dovetti an­
cora sopportare , durante tutta una lunga setti­
mana, un' inverosimile commedia. Vi fu in tutta
la montagna uno scambio frenetico di emissari
che si dovevano inviare agli stregoni. Ma partiti
gli emissari, gli stregoni giungevano di persona,
stupendosi del fatto che nulla fosse pronto. E
scoprivo che ci si era presi gioco di me.
Mi condussero dei preti che guarivano attra­
verso il sogno , e che parlano dopo aver sognato .
- «Quelli del Ciguri (danza del Peyote) non
buoni , dicevano . Non servono. Prendi questi
qui». E spingevano verso me dei vecchi che si
rompevano di colpo in due facendo tintinnare
i loro amuleti stranamente sotto i loro mantelli.
E vidi che avevo a che fare con dei prestidigita­
tori , non con degli stregoni. E appresi d' altron­
de che questi falsi preti erano amici intimi del
morto.

59
Un giorno questa ebollizione si placò, senza
grida, senza discussioni , senza nuove promesse
da parte mia. Come se tutto questo avesse fatto
parte del rito e che il gioco fosse durato abba­
stanza.
Certo, non ero venuto al fondo della monta­
gna di questi Indiani Tarahumara per cercare dei
ricordi di pittura. Avevo sofferto abbastanza, mi
sembra, per essere ripagato con un po' di realtà.
Tuttavia, col sole al tramonto , una visione si
impose ai miei occhi .
Avevo di fronte a me la Natività di Hieronymus
Bosch, disposta nell' ordine e orientata, con la
vecchia tettoia dalle assi dislocate di fronte alla
stalla, coi fuochi del Bambino-Re che brillano, a
sinistra, tra gli animali, con le fattorie sparse , i pa­
stori; e, in primo piano, altri animali che belano;
e a destra, i danzatori-re . I re , con le loro corone
di specchi sulla testa e il loro mantello di porpo­
ra rettangolare sulla schiena, alla mia destra nel
quadro, come i re magi di Hieronymus Bosch. E
di colpo, come mi voltavo, dubitando fino all 'ul­
timo minuto di vedere arrivare i miei stregoni, li
vidi che discendevano la montagna, appoggiati
su grandi bastoni, e le loro donne coi grandi cesti,
e gli aiutanti armati di croci, alla rinfusa come dei
fasci o degli alberi, e gli specchi che brillavano
come lembi di cielo tra tutto questo apparato di
croci, di picche , di pelli, di tronchi d' albero sfron-

60
dati. E tutti quanti erano piegati sotto il peso di
un così insolito apparato, e le donne degli stre­
goni, come i loro uomini, si appoggiavano anche
loro su grandi bastoni che le superavano in altez­
za di una testa.
Fuochi di legno salivano da ogni parte verso
il cielo . In basso, le danze erano già comincia­
te; e di fronte a questa bellezza infine realizzata,
questa bellezza di fantasie raggianti, come voci
in un sotterraneo illuminato, sentii che il mio
sforzo non era stato vano .
Là in alto, sui pendii dell 'enorme montagna
che discendevano verso il vill aggio a gradoni ,
un cerchio di terra era stato tracciato. Già le
donne, in ginocchio davanti ai loro metates (ti­
nozze di pietra), trituravano il Peyote con una
sorta di scrupolosa brutalità. I celebranti si mi­
sero a calpestare il cerchio . Lo calpestarono ac­
curatamente e in tutte le direzioni ; ed accesero
in mezzo al cerchio un rogo che il vento dall ' al­
to aspirò in vortici.
Nella giornata, due capretti erano stati uccisi .
Ed ora vedevo su un tronco d ' albero sfrondato ,
tagliato anche lui in forma di croce, i polmoni
e il cuore delle bestie che tremavano nel vento
della notte .
Un altro tronco d' albero sfrondato era posto
vicino al primo, e una volta il fuoco acceso in
mezzo al cerchio se ne traevano ad ogni minuto

61
innumerevoli luccichii, qualcosa come un in­
cendio visto attraverso dei vetri molto spessi e
ammucchiati. Mi accostai per discernere la na­
tura di questo fuoco e mi accorsi di un incredi­
bile groviglio di campanellini , gli uni d' argento,
gli altri di corno , attaccati a delle cinghia di cuo­
io , e che attendevano il momento , anche loro ,.
di officiare .
Piantarono dal lato in cui sorge il sole dieci
croci, di grandezza ineguale , ma tutte disposte in
un ordine simmetrico; ed appesero ad ogni cro­
ce uno specchio .
Ventotto giorni di questa attesa orribile dopo
la pericolosa soppressione che giungeva ora al
compimento di un cerchio popolato di Esseri,
qui rappresentato da dieci croci.
Dieci, in Numero di dieci, come i Maestri In­
visibili del Peyote, nella Sierra.
E tra questi dieci: il Maschio-Principe della
Natura, che gli Indiani chiamano San Ignacio, e
sua moglie San Nicolas!
Attorno a questo cerchio, una zona moral­
mente disertata in cui nessun Indiano si azzar­
dava a prendere posto : si racconta che , in questo
cerchio , gli uccelli, che vi si perdono , cadono , e
che le donne incinte sentono il loro embrione
decomporsi.
Vi è una storia del mondo nel cerchio di que­
sta danza, stretta tra due soli, quello che discen-

62
de e quello che risale. Ed è quando il sole discen­
de che gli stregoni entrano nel cerchio , e che il
danzatore dai seicento campanellini (trecento di
corno e trecento d' argento) scaglia il suo grido
da coyote, nella foresta.
Il danzatore entra ed esce, e tuttavia non ab­
bandona il cerchio . Avanza deliberatamente nel
male. Vi si immerge con una sorta di spavento­
so coraggio, su un ritmo che , al di sopra della
Danza, sembra disegnare la Malattia. E si crede
vederlo di volta in volta emergere e sparire in
un movimento che evoca non si sa quale oscu­
ra tantalizzazione . Egli entra ed esce: «Uscire
di giorno, nel primo capitolo», come dice del
Doppio dell ' Uomo il
Libro dei Morti Egiziano.
Perché questo avanzamento nella malattia è un
viaggio, una discesa per RIUSCIRE AL GIORNO.
- Gira in tondo nel senso delle ali della Svastica,
da destra a sinistra sempre, e verso l'alto.
Salta col suo esercito di campanellini, come
un' agglomerazione di api frenetiche, agglutina­
te le une alle altre , alla rinfusa, in un crepitante
e tempestoso disordine.
Dieci croci nel cerchio e dieci specchi. Un
palo , con tre stregoni sopra. Quattro celebranti
(due Maschi e due Femmine). Il danzatore epi­
lettico, edio stesso, per chi il rito era fatto .
Ai piedi di ogni stregone, un buco al fondo del
quale il Maschio e la Femmina della Natura, rap-

63
presentati dalle radici ermafrodite del Peyote (si
sa che il Peyote ha la figura di un sesso d'uomo e
di donna mischiati), dormono nella Materia, ossia
nel Concreto.
E il buco, con una tinozza di legno o di terra
rovesciata al di sopra, rappresenta assai bene il
Globo del Mondo . Sulla tinozza gli stregoni grat­
tugiano il miscuglio o la dislocazione dei due
princìpi, e li grattano nell 'Astratto , ovvero nel
Principio . Mentre al di sotto , questi due Princì­
pi, incarnati, riposano nella Materia, ovvero nel
Concreto.
Ed è durante la notte intera che gli stregoni
ristabiliscono i rapporti perduti, con gesti trian­
golari che tagliano stranamente le prospettive
dell ' aria.
Tra i due soli , dodici tempi in dodici fasi. E la
marcia in tondo di tutto ciò che brulica attorno
al rogo , nei limiti sacri del cerchio : il danzatore ,
le raspe, gli stregoni.
Tra ogni fase , gli stregoni vollero fare la prova
fisica del rito, dell' efficacia dell' operazione . Ierati­
ci, rituali, sacerdotali, sono dunque là, allineati sul
loro palo, cullando la loro raspa come un bambi­
no. Da quale idea di un'etichetta perduta viene
loro il senso di queste inclinazioni, di questi in­
chini, di questa marcia in tondo in cui contano i
loro passi, si fanno il segno della croce di fronte
al fuoco, si salutano mutualmente ed escono.

64
Si alzano dunque, eseguono i loro inchini
come ho detto, gli uni come uomini con le stam­
pelle , gli altri come automi troncati. Passano so­
pra il cerchio. Ma ecco che , passato il cerchio,
a un metro appena al di fuori, questi preti, che
camminano tra due soli, sono di colpo ridiventati
degli uomini, ovvero degli organismi d'abiezione
e che vengono lavati, perché questo rito è esegui­
to per lavare . Si comportano come degli scavato­
ti di pozzi, questi sacerdoti, specie di lavoratori
delle tenebre, creati per pisciare e per afflosciar­
si. Pisciano , petano e si afflosciano con terribili
strombazzamenti; e si potrebbe credere, allora, a
sentirli, che abbiano voluto livellare il vero tuo­
no, ridurlo alla loro necessità di abiezione.
Dei tre stregoni che erano là, due, i due più
piccoli e i più bassi, avevano acquisito da tre
anni il diritto di maneggiare la raspa (perché il
diritto di maneggiare la raspa si acquisisce , ed
è d' altronde su questo diritto che riposa tutta
la nobiltà della casta degli stregoni del Peyote ,
presso gli Indiani Tarahumara); e il terzo da die­
ci anni Ed era il più vecchio in questo rito, devo
.

dirlo , che pisciava meglio e petava più ardita­


mente e più forte .
E questo stesso, con l ' orgoglio di questa spe­
cie di grossolana purgazione, si mise a sputare
qualche istante dopo. Sputò dopo aver bevuto il
Peyote come noi tutti. Perché terminate le dodi-

65
ci fasi della danza, e siccome l ' alba era sul punto
di sorgere, ci venne passato il Peyote triturato,
simile ad una sorta di brodaglia limacciosa; e di
fronte ad ognuno di noi un nuovo buco venne
scavato per ricevere gli sputi delle nostre boc­
che , che il passaggio del Peyote aveva ormai
reso sacre .
«Sputa, mi disse il danzatore , ma più in pro­
fondità che ti sarà possibile, perché nessuna
parcella di Ciguri dovrà più emergere».
E fu lo stregone vecchio sotto l 'imbracatura
che sputò più abbondantemente e coi catarri
più compatti e più grossi. E gli altri stregoni e
il danzatore , riuniti in cerchio, attorno al buco,
erano venuti ad ammirarlo .
Dopo aver sputato, caddi dal sonno. Il dan­
zatore , di fronte a me , non smetteva di passare
e ripassare , roteando e gridando per lusso, per­
ché aveva scoperto che il suo grido mi piaceva.
«Alzati, uomo , alzati» , urlava, ad ogni giro ,
sempre più inutile , che faceva.
Sveglio e titubante , venni condotto verso le
croci, per la guarigione finale, dove gli stregoni
fanno vibrare la raspa sulla testa stessa del pa­
ziente.
Presi dunque parte al rito dell ' acqua, dei col­
pi sul cranio , di questa specie di mutua guari­
gione che ci si passa l ' un l' altro , e delle abluzio­
ni smisurate .

66
Pronunciarono al di sopra di me strane pa­
role aspergendomi con l ' acqua; poi si aspersero
gli uni con gli altri nervosamente , perché il mi­
scuglio di alcool di mais e di Peyote cominciava
a renderli frenetici.
E fu su questi ultimi passi che la danza del
Peyote si compì.
La danza del Peyote è in una raspa, in questo
legno inzuppato di tempo, e che ha approfittato
dei sali segreti della terra. È in questo bastone
teso e ripiegato che riposa l ' azione curativa di
questo rito, talmente complesso , talmente lon­
tano, e che bisogna inseguire come una bestia
nella foresta.
Vi è un angolo dell ' alta Sierra Messicana in
cui queste raspe, a quanto pare , abbondano .
Esse dormono là, aspettando che l' Uomo Prede­
stinato le scopra, e le metta a giorno.
Ogni stregone tarahumara morendo abban­
dona la sua raspa, con una pena infinitamente
maggiore di quella che prova nell ' abbandonare
il proprio corpo; e i suoi discendenti, i suoi fa­
miliari, prendono la raspa e la sotterrano in un
angolo sacro della foresta.
Quando un Indiano Tarahumara si crede
chiamato a maneggiare la raspa ed a distribuire
la guarigione , viene a fare, durante tre anni , nel
periodo di Pasqua, un soggiorno di una settima­
na nella foresta.

67
È la, si dice, che il Maestro Invisibile del Peyo­
te gli parla, coi suoi nuovi assessori, e gli passa il
segreto . E lui fuoriesce dalla foresta con la raspa
doverosamente macerata.
Intagliata in un legno di terre calde , grigio
come minerale di ferro , essa porta sul suo trac­
ciato delle incisioni, e alle due sue estremità
dei segni, quattro triangoli con un punto per il
Maschio-Principio, e due punti per la Femmina
della Natura divinizzata.
Tante tacche quanti gli anni che aveva lo stre­
gone al momento in cui ha ottenuto il diritto di
raspare , ed è diventato lui stesso maestro di pra­
ticare gli esorcismi, che squartano gli Elementi.
Ed è comprensibilmente questo l ' aspetto di
tale tradizione misteriosa che non sono riuscito
a penetrare . Perché gli stregoni del Peyote sem­
brano proprio aver guadagnato qualcosa alla
fine dei loro tre anni di isolamento nella foresta.
Vi è là un mistero che gli stregoni tarahumara
hanno fino ad oggi gelosamente custodito. Ciò
che hanno acquisito in più, ciò che hanno, po­
tremmo dire , recuperato, nessun Indiano Tarahu­
mara, straniero all' aristocrazia della setta, sembra
averne la minima idea. E quanto agli stregoni
stessi, sono su questo punto risolutamente muti.
Qual è la parola insolita, la parola persa che il
Maestro del Peyote trasmette? E perché servono
loro tre anni per giungere a maneggiare la raspa,

68
sulla quale gli stregoni tarahumara si abbandona­
no, bisogna dirlo , a ben curiose auscultazioni.
Cosa hanno dunque strappato alla foresta e
cosa la foresta tanto lentamente offre loro?
Cosa è stato loro rivelato, infine , che non è
contenuto nell' apparato esteriore del rito , e che
né le grida a spirale del danzatore, né la sua dan­
za che va e viene come una sorta di pendolo
epilettico , né il cerchio , né il rogo in mezzo al
cerchio, né le croci coi loro specchi appesi in
cui le teste deformate degli stregoni di volta in
volta si gonfiano e svaniscono tra le fiamm e del
rogo , né il vento della notte che parla e che spira
sugli specchi, né il canto degli stregoni che cul­
lano la loro raspa, questo canto stranamente vul­
nerabile e rimosso , possono giungere a spiegare .
Mi avevano adagiato a terra, direttamente sul
suolo , ai piedi di quest 'enorme palo su cui i tre
stregoni, da una danza all' altra, si sedevano .
Disteso al suolo , affinché cadesse su di me il
rito , affinché il fuoco, i canti, le grida, la danza e
la notte stessa, come una volta animata, umana,
girasse vivente , su di me. Vi era dunque questa
volta roteante, questa struttura materiale, di gri­
da, di accenti, di passi, di canti. Ma, soprattut­
to e al di là di tutto, questa impressione, che
ritornava, che dietro tutto questo, più ancora
di tutto questo e al di là, si dissimulava ancora
qualcos'altro: il Principale.

69
Non ho rinunciato di colpo a queste perico­
lose dissociazioni che sembra che il Peyote pro­
vochi, e che avevo perseguito per vent'anni con
altri mezzi; non sono montato a cavallo con un
corpo strappato a se stesso e che la soppressio­
ne a cui mi ero abbandonato sottraeva ormai dei
suoi riflessi essenziali; non ero stato quest'uomo
di pietra al quale servivano due uomini per far­
ne uno montato: e che veniva fatto salire e fatto
scendere da cavallo come un automa smarrito,
- e, a cavallo, mi venivano messe le mani sulle
guide, e bisognava, in più, chiudermi le dita sulle
guide perché, solo, era troppo evidente che ne
avessi perso la libertà; non avevo vinto a forza di
spirito questa invincibile ostilità organica, in cui
ero io che non volevo più camminare, per por­
tarne una collezione di immagini estinte, di cui
l'Epoca, fedele in questo a tutto un sistema, trar­
rebbe al più delle idee di locandine e dei modelli
per le sue sarte. Bisognava ormai che qualcosa di
rimosso dietro questa triturazione pesante e che
equipara l' alba alla notte , questo qualcosa fosse
tratto fuori, e che servisse, che servisse propria­
mente per la mia crocifissione.
Da ciò sapevo che il mio destino fisico era ir­
rimediabilmente attaccato. Ero pronto a tutte le
bruciature , e aspettavo gli inizi della bruciatura,
in vista di una combustione ben presto genera­
lizzata.

70
3. Lettera a Henri Parisot

Rodez, 7 settembre 1 94 5

Mio caro Henri Parisot,

le ho scritto 3 settimane fa almeno due let­


tere per dirle di pubblicare il Viaggio nel Paese
dei Tarahumara ma allegandovi una lettera da
sostituire al supplemento del viaggio in cui ho
avuto l'imbecilli tà di dire che mi ero convertito
a Gesù Cristo mentre il Cristo è quel che ho
sempre più aborrito , e che questa conversione
è stata solo il risultato di uno spaventoso sortile­
gio che mi aveva fatto dimenticare la mia natura
e mi ha fatto qui a Rodez inghiottire, col pre­
testo della comunione , un numero spaventoso
di ostie destinate a mantenermi il più a lungo
possibile, ed eventualmente eternamente, in un
essere che non è il mio. Questo essere consiste
a salire in cielo in spirito invece di discendere
sempre più in corpo negli inferi ovvero nella
sessualità anima di ogni vita. Quando ciò che è
Cristo trasporta l'essere nell 'empireo delle nubi
e dei gas in cui da tutta l ' eternità egli si dissol­
ve . L'ascensione del suddetto Gesù Cristo 2000
anni fa è stata solo la salita in una verticale in­
finita in cui ha un giorno cessato di essere e in

71
cui tutto ciò che era di lui è ricaduto nel sesso
di tutti gli uomini, come il fondo di ogni libido .
Come Gesù Cristo vi sarebbe anche colui che
non è mai disceso sulla terra perché l'uomo era
troppo piccolo per lui e che è dimorato negli
abissi degli infiniti, come una cosiddetta imma­
nenza di Dio che senza fatica, e simile ad un
buddha nella sua propria contemplazione, at­
tenderebbe che l' ESSERE sia abbastanza perfet­
to per discendervi e installarvisi , ciò è l' infame
calcolo di un vigliacco e di un ozioso che non
avrebbe voluto soffrire l'essere , tutto l'essere ,
ma farlo soffrire da un altro per poi scacciarne
quest' altro, questo sofferente e rispedirlo negli
inferi , quando questo allucinato della sofferen­
za avrebbe fatto dell ' essere del SUO dolore un
paradiso , tutto pronto per questo Ghill di ozio
e villania chiamata Dio e Gesù Cristo. Io sono
uno di questi sofferenti infelici, io sono questo
sofferente principale in cui Dio ha la pretesa di
discendere quando sarò morto , ma ho 3 figlie
che sono 3 altre e vi auguro di essere a vostra
volta un altro, in anima, Sig. Henri Parisot, per­
ché accanto a dio e a cristo, vi sono degli Ange­
li che hanno la sua stessa pretesa e da sempre
esigono impadronirsi della coscienza di ogni
essere nato, quando non si credono solamente
dell' innato . - Vi dico che non è Gesù Cristo che
sono andato a cercare presso i Tarahumara ma

72
me stesso , io , Sig. Antonin Artaud nato il 4 set­
tembre 1 896 a Marsiglia, 4, rue du Jardin des
Plantes, da un utero di cui non avevo interesse e
di cui non ho mai avuto interesse neppure pri­
ma, perché non è un modo di nascere , quello di
essere copulato e masturbato 9 mesi dalla mem­
brana, la membrana brillante che divora senza
denti come dicono le UPANISHAD, e so che ero
nato altrimenti, dalle mie opere e non da una
madre , ma la MADRE ha voluto prendermi e voi
potete vederne il risultato nella mia vita. - Sono
nato unicamente dal mio dolore e possiate an­
che voi fare allo stesso modo , Sig. Henri Pari­
sot. E questo dolore bisogna credere che l'utero
l'ha trovato buono , 4 9 anni fa, poiché ha voluto
prenderlo per lui e alimentarsene per se stes­
so col pretesto della maternità. E Gesù Cristo è
questo nato da una madre che ha voluto anche
scambiarmi per lui e ciò ben prima del tempo
e del mondo e sono andato sulle alture del Mes­
sico solo per sbarazzarmi di Gesù Cristo come
conto un giorno di andare in Tibet per svuotar­
mi di Dio e del suo Spirito Santo. Mi seguirà lei?
Pubblicate questa lettera al posto del supple­
mento e rinviatemi , per favore , il supplemento.
Amicalmente .

Antonin Artaud

73
4· Supplemento al Viaggio al
Paese dei Tarahumara

La coscienza umana ha il diritto di porsi nu­


merose domande , e me ne sono poste molte at­
traverso tutta la terra, fino a questa interrogazio­
ne estrema dove non c ' è più né coscienza, né
domanda, ma una fiamma inenarrabile , unica,
zampillante dallo spirito di Dio , ogni volta che il
Suo Cuore si allerta.
Affinché germogli il mentale dalle cose col
suo cuore , c ' è un punto in cui, come nel Peyo­
te dei Tarahumara, ogni percezione come un
tessuto si apre a croce, si strappa in modo tale
che non si sa più se questa croce è sorta dal suo
proprio cuore , o dal cuore di questo Altro, che
allora non è più l'Altro, un Altro, ma QUELLO LÀ,
l'Unico Distributore delle Fiamm e , la cui lingua
perfora e raccoglie il gusto per la Parola, quando
il cuore che batteva come un Doppio, riconosce
il suo GENERATORE!
Perché se non vi è Dio né problema, allora
non vi è neppure cuore per percepire , o strap­
pare la percezione che perfora, e non v'è più un
se stesso per strapparsi a croce nel mezzo della
percezione .
A forza di vedere attorno a me mentire gli
uomini , mentire su ciò che fa essere idea, que­
sto rifiuto imbecille di spingersi in avanti fino

74
alle idee, ho sentito il bisogno di abbandonare
l'uomo e di andarmene , dove potrò infine libe­
ramente spingermi in avanti col mio cuore , tut­
to questo cuore che di fronte alla mia coscienza
attenta coglie e spiana le emozioni di immagini
che gli vengono dall 'Assoluto circolare , questo
flusso tessuto che perfora la mia colonna verte­
brale e che il mio cuore in seguito rigetta verso
il mio plesso con lo spasmo di un mare .
Quel che sia l'Io, non lo so. La coscienza? una
repulsione spaventosa dell 'Innominato, del mal
tramato, perché l'IO viene quando il cuore lo ha
infine annodato , eletto ,tratto fuori da questo e
da quello, contro questo e per quello, attraverso
l'eterno calcolo dell' orribile , di cui tutti i non­
io, demoni, assalgono ciò che sarà il mio essere,
questo essere che non smetto di vedere di fron­
te ai miei occhi fallire finché Dio non ha passato
al mio cuore la sua chiave.
Si vede Dio quando lo si vuole, e vedere Dio
è non essere soddisfatti dalla piccola enclave
delle sensazioni terrestri, che sempre e solo
non hanno fatto altro se non aprire un po' di
più la fame di un io e di una coscienza intera,
che questo mondo non smette di assassinare e
di imbrogliare.
Un giorno sono stato lontano da Dio , mai
mi sono sentito così lontano dalla mia propria
coscienza, e ho visto che senza Dio non vi è

75
coscienza né essere , e che l'uomo che crede an­
cora vivere non potrà mai più rientrare in sé .
È così che spingendo verso Dio , ho ritrovato
i Tarahumara.
La più alta idea della coscienza umana e dei
suoi universali garanti: Assoluto , Eternità, Infinito,
esiste ancora presso questa razza di vecchi India­
ni che dicono aver ricevuto il Sole per trasmet­
terlo ai meritevoli, e che nei Riti di Ciguri hanno
conservato la porta organica della prova, con la
quale il nostro essere , che l'impura assemblea de­
gli esseri ha disgustato, sa che è legato a questo
al di là delle percezioni corporali in cui il Cuore
del Divino si consuma a chiamarci.
Non so quanti soli , tutte le dottrine iniziati­
che della terra, di cui conosco la fonte unica e
che si chiama GES Ù CRISTO, dicano d'aver rico­
nosiuto , dal primo fino al sesto , ma sembrereb­
be proprio che i Tarahumara del Messico non
siano ancora discesi dal primo, perché hanno
conservato in loro l ' immagine ignea di questa
Fonte che essi chiamano il Figlio di Dio . - Un
giorno , dicono i preti del TUTUGURI, il Grande
Guaritore Celeste è apparso come se nascesse
dalle labbra aperte del Sole , IL DESIDERANTE,
Suo Padre nell ' Eternità. Era Lui stesso questo
sole , con, in mano , La Croce Prima, ed Egli col­
piva; ed altre Croci Solari , e Doppi del Sole , na­
scevano da Lui , ed uscivano ad ogni Sillaba che

76
questa Bocca di Croce Celeste, in ostie di luce,
imprimeva nell 'immensità.
Fino a sei volte la Croce di luci colpì e il sole
rimbalzò negli spazi . E l'ultimo era immarcesci­
bile e puro , e come lo si vede ancora al di sopra
del mare e delle terre , ma al primo colpo la not­
te era rientrata nella luce, perché il Figlio del
Desiderante essendo risalito fino a suo Padre
aveva ripreso con Lui il suo cammino nell ' Eter­
nità.
Ora questa è la Storia vera di Gesù Cristo
come ci è stata trasmessa dagli insegnamenti
del primo cristianesimo delle Catacombe, e ho
voluto vedere se dietro la memoria sacra dei
Riti, che non so quale paganesimo ha avvolto,
i Tarahumara dell ' epoca moderna avrebbero ri­
conosciuto il loro Iniziatore.
E un' impronta della figura autentica del Cri­
sto fu loro mostrata, quella stessa che restò fissa­
ta sul velo di santa Veronica, nel c ammino verso
il Golgota; e dopo essersi misteriosamente con­
certati i preti del TUTUGURI vennero a dirmi
che tale era in effetti il suo viso, e che era così
che agli antenati dei loro padri era apparso a
suo tempo il Figlio di Dio.
E questo Guaritore dell 'Infinito gli aveva
donato una pianta nei suoi Viaggi, per riaprire
all ' anima tentata e stanca, le porte dell ' Eternità.
E questa pianta è CIGURI.

77
Perché l' anima va dal giorno alla notte , come
la terra; solamente il sole va di luce in luce; per
lui vi è solamente il giorno unico, e la notte è
ciò che è sempre lontana da lui. Ma chi dirà du­
rante la notte che non vi è sole? chi dirà, quando
i cieli sono ostruiti di nubi, che nessun sole le
ha mai sormontate . Oggi è tutto ciò che gli uo­
mini dicono a proposito di qualcuno che ho vi­
sto tanto chi aram ente come vedo il sole ; e non
ne dubito i giorni di pioggia! Questo Qualcuno ,
tutti coloro che io amo su questa terra lo han­
no desiderato con me , e rimpianto ; e costoro ed
io abbiamo girato un incommensurabile come
nella traccia persa di un astro , fino a che questo
astro davanti all 'occhio umano è esploso , e noi
l ' abbiamo visto infine esplodere. E chi ha visto
esplodere questo sole tra i miei amici e i miei
fratelli, finirà anche lui per ricordarsene e dirlo,
e che bel giorno sarà quel giorno là. Quanto agli
altri , s aranno diventati troppo simili alle bestie
per offuscare la Verità.

- Accade spesso che la notte salga il male so­


pra l'anima ed in modo tale che questa, forzata da
tentazioni e stanca, non sappia più molto bene
da dove essa provenga: dall' alto o dal basso, dalla
luce o dalle tenebre. È allora che il Peyote offerto
da Gesù Cristo interviene. Esso prende l' anima
dietro la schiena e la rimette a sedere nella luce

78
eterna, come è venuta dallo Spirito che sta in
alto; e là adesso in questo In Alto le insegna a di­
stinguere tra lei e questa energia insondabile che
è come l'infinito multiplo delle sue proprie capa­
cità e che comincia laddove, miliardi di miliardi
chiamati esseri, noi ci spegniamo ed esauriamo.
- Per quanto in alto io sia salito nelle tenebre
del mentale non ho ancora coscienza di essermi
deciso con le ragioni più chiare per questo o
per quello. - Vi è tra l'io e il non-io una guer­
ra che i secoli fin qui non hanno ancora risolto.
L'Illusorio che non amo mi da molto spesso l'im­
pressione di occupare la mia coscienza con un
vigore seduttore ben più forte del Reale. il fatto
è che prima di me c ' è la tentazione : tentazione
di essere questo o quello, come questo o come
quello, questo qui o quello là. - È la ragione di
questa lotta spaventosa che nel pre-conscio del­
la mia Volontà e dei miei Atti ho sempre portato
avanti con ciò che non ero io . - Ma chi mi dirà
in virtù di cosa mi sono deciso a scegliere la mia
coscienza. L'uomo vive il Bene e il Male come se
una forza glieli dettasse , ma egli non si è mai vi­
sto alla Fonte distributrice degli impulsi innomi­
nati che lo spingono a giudicare ed a preferire .
Quando egli compie il Bene lo giudica migliore ,
rassicurante e di gran lunga preferibile , ma quan­
do compie il Male, o quando un istante vi pensa,
si chiede se non sia per caso lui stesso ad essere

79
il migliore , e per quali ragioni , proprio queste
ragioni sparite dalla sua coscienza e che il Male
ha intenebrato , il Bene è stato concepito da lui
come Buono e il Male come cattivo , mentre Dio,
appena un po' più lontano di quanto egli non
abbia la pretesa di credersi vivere, non ha mai
smesso di dirglielo .
Ma Dio è ciò che non ha mai voluto ascol­
tare .
- Ad accettarsi così senza curiosità per Dio e
senza problema, l'uomo è solamente quest ' iner­
te automa, generatore di noia e di follia, che ha
disertato ogni coscienza, e che l' anima ancora
pura ha fuggito, perché essa sente spuntare il
momento in cui questo Automa partorirà la Be­
stia, e la Bestia un demone osceno .
Ho dunque sentito che bisognava risalire la
corrente e distendermi nella mia pre-coscienza
fino al punto in cui mi vedrò evolvere e deside­
rare. E il Peyote mi ci ha condotto . - Guidato
da lui ho visto che quel che sono ho dovuto di­
fenderlo prima di nascere , e che il mio Io è solo
la conseguenza della lotta che ho condotto nel
Supremo contro la menzogna delle cattive idee.
E gli esseri possono benissimo annunciare
che le cose sono tali e quali e che non vi sia nul­
la di più da cercare , io vedo perfettamente che
hanno perso la bussola, e che da lungo tempo
non sanno più quel che dicono, perché gli stati

80
coi quali si tendono al di sopra del flusso delle
idee, e in cui si prendono le parole per parla­
re, non sanno più dove sono andati a cercarle .
n fatto è che in effetti sono secoli che i loro
pensatori hanno come loro abdicato di fronte
a questo sforzo d' onore che vi è a meritare la
propria coscienza, quando si sa dove bisogna
guadagnarla.
- L' Inconscio non mi appartiene se non in
sogno, e poi tutto ciò che vedo in lui e che si
porta dietro , è una forma marchiata per nascere
o qualcosa di sudicio che ho rigettato?
Il Subconscio è ciò che traspira dalle pre­
messe della mia Volontà interiore , ma non so
molto bene chi vi regni , e credo proprio di non
essere io , ma il flusso delle Volontà avverse che,
non so perché, pensa in me, e non ha mai avu­
to altra preoccupazione al mondo e altra idea,
se non quella di prendere il mio posto , nel mio
corpo e nel mio io.
Ma nel Pre-conscio in cui le loro Tentazio­
ni mi malmenano , rivedo tutte queste cattive
volontà, ma questa volta armato di tutta la mia
coscienza, e sebbene esse irrompano contro di
me, che cosa mi importa giacché ora mi sento
là.
n Peyote mi terrà nel Pre-conscio , e al di so­
pra dello stato dell'uomo saprò da dove la mia
Volontà si è formata, e qual è questa forza con

81
la quale essa si è rigettata dal lato in cui il Bene
chiama, contro il Male che la perseguitava.
Il Bene e il Male, dicono i preti di Ciguri
come più tardi i Mistici di Gesù Cristo l'hanno
ripetuto, non più questa volta in sensazioni e
in visioni, ma con la prova del martire , e l' espe­
rienza delle loro piaghe , il Bene e il Male non
sono due tessuti opposti e due princìpi, il Bene
è ciò che esiste e il Male ciò che non esiste, che
non vivrà e che cesserà. L' Io dell 'uomo non vi
crederà per sempre. Ma questa scienza deve
guadagnarsela.
E sembra proprio che lo scopo della Danza
del Peyote , all 'origine , Rito sentenzioso degli
insegnamenti della Pianta offerta all 'uomo da
Gesù Cristo , sia stata di invitare l' essere umano
a guadagnare la propria coscienza. Perché senza
aiuto non può decidervisi.
Ci sono voluti millenni di prove all' anima
per riconoscere ciò che accettava o rifiutava in
questo irrompere di appetiti sovrastanti in cui
la coscienza non cessa di espiare e di nascere al
di sopra di ogni figura di Purezza o di Peccato .
Vivo e sono nato con la tentazione senza
limiti di esserlo : che sarò , da dove sono, dove
andrò e come? E non so se alla mia morte avrò
finito di scegliere , di combattere , di respingere .
- Ma perché bisogna che a tutti i miei slanci ver­
so l' oltre, l' apertura, la proliferazione, non cessa

82
di immischiarsi questo calcolo dell'infame, que­
ste insinuazioni di un erotismo abbietto?
Non rivedrò dunque mai le cose nella luce
di castità in cui sono nate . Perché alla mia pura
tentazione d'essere e di vivere si coniuga que­
sta aspirazione sudicia di essere solamente gra­
zie al e nel Peccato?
L'uomo d 'oggi è sudicio e impuro . Egli pone
sullo stesso piano l' abbietto e il Sublime, l' eroti­
smo e la Poesia.
Un giorno ho voluto rigettare questa sotto­
missione abominevole di cui sentivo perfetta­
mente che non veniva da me, ma che mi era
imposta dalla coalizione infernale degli esseri
che si sono accaparrati e hanno inquinato la co­
scienza come disordinano la Realtà.
E ho visto sulle montagne del Messico, al di
sopra di tutti gli sforzi umani, rilucere le fi amm e
di un Grande Cuore Sanguinante . - Preso, risa­
lendo, come per il braccio del mare , mi sono
visto rigettato fuori dal conforme inassicurato
delle cose, e disteso come me stesso infine , me
stesso , nella Verità dell ' Essenziale .
Dietro Ciguri vi è il compimento, la pletora,
la pletora dell' appagamento.
Ma al fondo di Ciguri, e in questo Cuore Fiam­
mante una Figura in cui non potevo non ricono­
scere GESÙ CRISTO : la percezione dell 'Inaltera­
bile integrale , la Croce intera, indefettibilmente
ostenta, ai Punti Cardinali di ogni Sazietà.

83
Con GESÙ CRISTO - IL PEYOTE, ho udito il
corpo umano . Milza, Fegato, Polmoni, Cervello ,
tuoni ai quattro angoli dell 'Infinito Divino . - E
da quale necessità straordinaria veniva la loro
disposizione organica.
Ma interiormente riposto nella statura del­
le mie membra, ho visto sorgere la Croce del
Calvario come una lacerazione insanguinata di
organi , che ha permesso alla coscienza umana
di resistere grazie alle virtù di questo stesso san­
gue , il proprio, gli alti-fondi dell' Eternità.
E questa croce mi ha spiegato la coscienza
umana, e ho visto attraverso Ciguri della croce i
prototipi originari di ogni condizione e di ogni
forma gonfiarsi fino al punto di terribile scos­
sa, in cui l'anima dell'uomo è tranciata in quat­
tro nell'istante stesso in cui gli viene l'idea che
precipiterà in questo opaco , che ha la figura del
Peccato . - Perché tenersi nella coscienza è te­
nersi al di sopra del Peccato. - E ha diritto di
chiamarsi coscienza solo ciò che ha saputo non
abbandonare mai l' alto-fondo dell' Eternità. - Al
di fuori di questo l'essere umano sprofonderà,
così forte che si crede ancora vivere , quando i
Veggenti lo vedono già delirare.
Con Ciguri-Gesù-Cristo ho visto , bagnando
nelle alte nubi, tutto ciò che è coscienza ed es­
sere , e al di sopra, nell' inesistente , quest 'imma­
gine in cui la coscienza avvilita dell 'uomo ha

84
creduto modellare la sessualità. - Perché è lei ad
essere il peccato. - E mettervi mano è sfuggire
dall ' essere per sprofondare nell 'inanità.
È così che la mia esperienza del Peyote mi
ha strappato dall 'inanità e che , oltrepassata la
croce dello spasmo in cui il mio cuore esplo­
dendo ha fatto la muta, sono andato dietro le
cose laddove il lato Vergine dell ' Eterno mi ha
colpito , poi rinviato, e sono uscito nuovamente
sulla terra come fulminato nel mio pensiero .
Non avevo toccato nulla di Dio, certo , per­
ché non è per mezzo di una prova sperimen­
tale-fisica che si attinge alla Divinità, ma avevo
capito una delle Leggi essenziali, attraverso le
quali la sua Forza trasmettendosi ha regolato il
tenore dell 'Essere, ed è il suo tenore in Purezza.
Essere casto o perire , ecco quel che ho capi­
to presso i Tarahumara della montagna, ma che
il Male aveva fatto loro dimenticare.
E questa Legge non è la mia personale, ma
venne fatta per tutti gli uomini da sempre e per
sempre . E so che la rivedremo e che adesso essa
non se ne andrà. - E che l ' uomo prima di andar­
sene dalla terra suderà il proprio sangue a causa
di questa Legge .
Quanto a Dio , Thtta l'Altezza Rigorosa, che
nulla al mondo può strappare, non è nell ' Irreale ,
ma nel Reale che lo si ritrova, per quanto la sua
Realtà si mantenga al di fuori della coscienza

85
ordinaria. Ma la Realtà Divina Suprema è in fon­
do al cuore di ogni uomo per il quale l 'Amore è
amare. Amare di cuore ; dare senza prendere . ­
Ciò che i sensi non possono fare. - E che il mon­
do della vita terrestre ha rifiutato di realizzare .
Coloro che dicono che non vi è Dio è perché
hanno dimenticato il cuore .
L'emulsione infinita del cuore è ciò che il
Male ha voluto uccidere nei mondi , ma in que­
sta emulsione vi sono numerose pieghe , e spes­
sori, e sostanze e trame, ed ogni spessore è un 'i­
dea, e l' idea uno stato del cuore , e un essere con
la propria anima, ed ogni stato del sensibile una
sostanza sorta da Dio , e la Fonte di ogni Sostanza
questo Cuore che Dona, Distributore di sostan­
ze d'essere e che dona la sua sostanza all ' Essere
nel Multiforme dell ' Infinito. E dove morirebbe,
Lui che non abbiamo potuto uccidere . Perché
Idea dell' eternamente Rinascente , Dio è in più
Qualcuno; e questo qualcuno l' inesauribile Atti­
vo che , al di sopra d ' ogni sonno e d' ogni sogno ,
inghiotte ciò che , nel punto più lontano di Se
Stesso, più tardi, Lui offrirà! Più tardi. In questo
più tardi in cui è esplosa la Parola, suo Figlio, in
Fiamme d'Amore che non s' inaridirà mai .
E d è questo Dio d i Carità Eterna che l ' anno
seguente sono andato a ritrovare presso gli Ir­
landesi .

86
Appendice

Vi è presso i Preti di Ciguri una stravagan­


te dottrina e che somiglia stranamente a quella
della Grazia che provocò duecento anni fa le
lotte più aspre . Ma che ne ha provocate di ben
peggiori, non più in dibattiti di coscienza, o in
parole, ma in fatti, nei tempi che seguirono la
morte di Gesù Cristo . Ma quelle le abbiamo di­
menticate. E tuttavia . . .
Dicono, questi preti di Ciguri, che il Peyote
non si offre a tutti quanti e che per accedere a
lui bisogna essere Predestinato. Perché Ciguri è
un Dio geloso della sua scienza e non permette
che sia dimenticata. Ora gli stati che il Peyote
fa attraversare sono una vertigine spaventosa­
mente rigorosa. Chi uscendone , ne ha perso
qualcosa non può più avere diritto alla Parola,
perché senza volerlo mentirà sull 'Essenziale . E
l'Essenziale è la guardia di Dio.
Ma Ciguri difende se stesso , e chi non vi è en­
trato con una coscienza suffi cientemente pura,
renderà tutte le parti essenziali della propria
coscienza all'Infinito , come indegno di conser­
varle . - Quanto all 'abbietto , resterà alla porta. E
entrare nel Peyote con una cattiva coscienza è
esporsi ad una spaventosa correzione .

87
Il Paese dei Re Magi

La Natura ha prodotto i
danzatori nel suo cerchio
come ha prodotto il mais
nel suo cerchio e i segni
nelle foreste.

Dove ho già sentito che non è in Italia ma in


Messico che i pittori di prima del Rinascimen­
to hanno preso il blu dei loro paesaggi, e l' im­
menso distacco degli sfondi con cui decorano
le loro Natività.
Nel paese dei Tarahumara le leggende più
incredibili forniscono prove della loro realtà. -
Quando entriamo in questo paese e vediamo de­
gli dèi sulla cima delle montagne, dèi col braccio
mozzato dal lato sinistro , e un vuoto dal lato de­
stro , e che pendono dal lato destro ; e che , abbas­
sandoci, sentiamo salire ai nostri piedi il fragore
di una cascata, e, al di sopra della cascata, il ven­
to che corre di cima in cima; e sul quale saliamo
fino a scoprire intorno a sé un cerchio immenso
di cime , non è più possibile dubitare di essere
giunti ad uno dei punti nevralgici della terra in
cui la vita ha mostrato i suoi primi esiti.
I pittori italiani di prima del Rinascimen­
to erano iniziati ad una scienza segreta che la
scienza moderna non ha ancora completamen-

88
te riscoperto , e a questa Scienza l ' arte delle Alte
Epoche ha anch 'essa partecipato.
n blu degli sfondi lontani delle alte montagne
messicane chiama a sé forme precise e idee, im­
pone allo spirito il rimembrarsi di una Scienza
alla quale L' INTERVENTO DEI TRE RE MAGI È
LEGATO ! ! !
Non è per spirito religioso che i Piero della
Francesca, i Luca da Leida, i Fra Angelico, i Pie­
ro di Cosimo, i Mantegna hanno dipinto tante
Natività. È per una preoccupazione tradiziona­
le dell' Essenziale , per una ricerca dei segreti di
vita, e a causa di questa ossessione naturale dei
Grandi Spiriti per il Come ed il Perché dei prin­
cìpi e delle esplosioni primitive della Natura
che la Leggenda Pagana di Natale ha manife­
stato.
Se la Religione si è impossessata successi­
vamente di questi princìpi e se i popoli hanno
avuto la debolezza di allontanarsi dai Princìpi
per adorare la religione è tanto peggio per i po­
poli istupiditi e esaltati, ma non è tanto peggio
per i Princìpi. - Nella montagna Tarahumara tut­
to parla solamente dell ' Essenziale , ovvero dei
princìpi secondo i quali la Natura si è formata;
e tutto vive solamente per questi princìpi: gli
Uomini , le tempeste , il vento, il silenzio, il sole .
Siamo lontani dall 'attualità guerriera e civiliz­
zata del mondo moderno, e non guerriera ben-

89
ché civilizzata, ma guerriera perché civilizzata :
è così che i Tarahumara pensano. E le loro leg­
gende, o meglio le loro Tradizioni raccontano
(poiché qui non vi sono leggende, ossia nessuna
favola illusoria, ma Tradizioni incredibili forse , e
di cui gli scavi eruditi mostrano poco a poco la
realtà), raccontano, queste tradizioni, il passaggio
nelle tribù dei Tarahumara di una razza di Uomini
portatori di fuoco, e che avevano tre Maestri o
tre Re , e avanzavano verso la Stella Polare .
Ora, se la Scienza ha i suoi Grandi Uomini ,
Newton, Darwin , Keplero , Lavoisier, ecc . , anche
le Civilizzazioni hanno i loro Grandi Uomini, dal
punto di vista morale e sociale : Odino , Rama, Fu
Xi, Laozi, Zoroastro , Confucio; e sembra che la
leggenda dei Tre Re Magi nasconda il passaggio
nella linea geografica della grande Tradizione
Solare , ovunque il Culto Scientifico del Sole ha
diffuso le sue piramidi e i suoi altari matemati­
camente orientati, di tre Civilizzatori iniziati ad
un ' astronomia trascendente, le cui leggi furono
parallele a quelle dell ' astronomia maya.
Quando sappiamo che il culto astronomico
del sole si è espresso universalmente con dei
segni , e che questi segni sono gli stessi di quelli
di una Scienza antica e molto completa, che il
linguaggio assurdo dell ' Europa ha denominato :
ESOTERISMO UNIVERSALE; e che questi segni:
la croce ansata, la Svastika, la Doppia croce, il

90
grande cerchio con un punto nel mezzo, i due
triangoli che si oppongono , i tre punti, i quattro
triangoli ai quattro punti cardinali, i dodici segni
dello zodiaco, ecc . , ecc . , pullulano in Oriente
come in Messico, sui templi e nei manoscritti,
ma mai li ho visti pullulare nella Natura, come
in seno alla Montagna Tarahumara; - quando co­
nosciamo ciò ed entriamo di colpo in un paese
letteralmente abitato da questi segni, e che li ri­
troviamo nei gesti e nei riti di una razza, e che gli
uomini, le donne, i bambini di questa razza li por­
tano ricamati sui loro mantelli, ci si sente turbati
come se si fosse arrivati all'origine di un mistero.
Ma se pensiamo inoltre che la Sierra Tarahu­
mara è il paese in cui si sono trovati i primi
scheletri di uomini giganti , e che nel momento
stesso in cui scrivo non si finisce di trovarne
ancora, è allora che numerose leggende perdo­
no le loro effigi di leggende e diventano realtà.
- Con una realtà che aveva le sue leggi sovrau­
mane forse , ma naturali , il Rinascimento del XVI
secolo ha rotto; e l'Umanesimo del Rinascimen­
to non fu un accrescimento ma una riduzione
dell 'uomo , poiché l'Uomo ha smesso di elevarsi
fino alla natura per limitare la natura alla sua
taglia, e la considerazione esclusiva dell'umano
ha fatto perdere il Naturale.
È allora che la scienza astronomica della na­
tura, la cui vita ruota attorno al Sole, è diven-

91
tata segreta; ma a questo naturalismo magico
e ovunque lo stesso , e la cui tradizione senza
sosta cammina dall' oriente all'occidente, i Pri­
mitivi di Firenze, di Assisi, di Como , ecc . , erano
stati iniziati.
Nelle loro tele di Natività e dei Re Magi que­
sti pittori hanno espresso un mistero di vita, e
l' hanno espresso come il figlio di un tempo in
cui l'Arte era prima di tutto la Serva di una scien­
za; ecco perché i loro quadri, se possono legger­
si con le fibre affettive dell ' anima, si leggono
al contempo con l' alta Scienza razionale dello
spirito . Un colore, se incanta il cuore , corrispon­
de ad una vibrazione esatta e scientifica in cui i
Numeri-Princìpi possono ritrovarsi.
Detto questo , mi è sembrato più che strano
che il paese in cui la tradizione dei Magi porta­
tori di fuoco vive sulla figura delle rocce, sulle
vesti e nei riti sacri degli uomini , sia al contem­
po quello in cui il rumore colorato, e la vibrazio­
ne grandiosa della Natura ricordano con la più
ossessiva intensità tutta un' epoca della pittura
i cui Grandi Uomini furono ossessionati dagli
stessi segni, dalle stesse forme , dalle stesse luci,
dagli stessi segreti.

92
Una Razza-Princìpio

Entriamo coi Tarahumara in un mondo terri­


bilmente anacronistico e che è una sfida a que­
sto tempo. Ma oso dire che è tanto peggio per
questo tempo e non tanto peggio per i Tarahu­
mara, ed è così che , per utilizzare un termine
oggi totalmente in disuso , i Tarahumara si dico­
no , si sentono, si credono una Razza-Princìpio, e
lo provano in ogni modo. Una Razza-Princìpio,
oggi nessuno sa più cosa sia e, se non avessi
visto i Tarahumara, potrei credere che questa
espressione celi un Mito. Ma, nella Sierra Tarahu­
mara, molti dei Grandi Miti Antichi ritornano
d 'attualità.
I Tarahumara non credono in Dio e la parola
«Dio» non esiste nella loro lingua; ma dedicano
un culto ad un principio trascendente della Na­
tura, che è Maschio e Femmina come dev'esse­
re. E questo principio , essi lo portano sulla loro
testa come dei Faraoni Iniziati. Sì, questa specie
di fascia a due punte di cui si servono per rac­
cogliere i loro capelli indica che hanno ancora
nel loro sangue la coscienza di un' alta selezione
naturale ; che si sentono , e che sono, una razza
legata alle forze originarie Maschio e Femmina,
con le quali la Natura ha lavorato .
Così, i Cinesi iniziati alle vere tradizioni dei
loro padri portano anche loro due trecce sulla

93
schiena. Così Mosè , nelle sue statue di pietra, ha
due corna che gli bazzano la fronte , una per il
maschio, a destra, l' altra per la femmina, a sini­
stra; e certi Tarahumara portano inoltre i loro
capelli rivolti all 'indietro come delle corna. E
questo ricorda, con le statue di Mosè , certe ma­
schere maya o totonache che hanno due punte
o due fori profondi sulla fronte , ma nel senso
della verticale , come la rimembranza di un siste­
ma oculare pietrificato .
Molti Indiani Tarahumara, o perché non vo­
gliono dire nulla, o perché hanno dimenticato
ciò che questo significava, pretendono che que­
sto ordine sia l' effetto del caso , e che la fascia
serva loro per raccogliere i capelli. Ma ho visto
dei Tarahumara cucire le loro fasce affinché le
punte fossero pendenti; ho soprattutto visto i
preti del Peyote , nel momento di eseguire que­
sto rito per sua natura maschio e femmina, get­
tare a terra il loro cappello europeo e rivestire
la fascia a due punte , come se avessero voluto
mostrare con questo gesto che entravano nel
cerchio della Natura dai poli magnetici.
Vi è un' iniziazione incontestabile in questa
razza: colui che è vicino alle forze della Natura
partecipa ai suoi segreti. Ma questa iniziazione è,
se posso dire, a doppio filo. Perché se i Tarahuma­
ra sono forti fisicamente come la Natura, non è
perché vivono materialmente vicino a lei, è per-

94
ché sono fatti dello stesso tessuto della Natura e
che , come tutte le manifestazioni autentiche del­
la Natura, sono nati da un miscela primaria.
È, potremmo dire , l ' Incoscio naturale che
ripara in loro , non solo l' usura della fatica, ma
le perversioni naturali di un grande principio
attraverso cui spiegano l ' esistenza di tutte le in­
fermità. Da un lato, mostrano la loro iniziazione
coi segni che gettano con una profusione osses­
siva sugli alberi e sulle rocce, dall 'altro la rive­
lano grazie alle virtù corporali , la loro mirabile
resistenza alla fatica, il loro sprezzo del dolore
fisico, del male, delle malattie .
È falso dire che i Tarahumara non hanno ci­
vilizzazione , quando si riduce la civilizzazione
a delle pure facilità fisiche, a delle comodità
materiali che la razza tarahumara ha da sempre
disprezzato.
Perché , se i Tarahumara non sanno lavorare i
metalli, se sono ancora alle lance e alle frecce, se
aran o con tronchi d' albero tagliati , se dormono
sulla terra completamente vestiti, hanno l'idea
più alta del movimento filosofico della Natura.
E di questo movimento ne hanno colto i segre­
ti nella loro idea dei Numeri-Princìpi proprio
come lo fece Pitagora.
La verità è che i Tarahumara disprezzano la
vita del loro corpo, e vivono solamente attraver­
so le loro idee, voglio dire in una comunicazione

95
costante e quasi magica con la vita superiore di
queste idee.
Ogni villaggio tarahumara è preceduto da
una croce, circondata di croci ai quattro pun­
ti cardinali della montagna. Non è la croce del
cristo, la croce cattolica, è la croce dell 'Uomo
squartato nello spazio , l' Uomo dalle braccia
aperte , invisibile , inchiodato ai quattro punti
cardinali . Con questo , i Tarahumara manifestano
un' idea geometrica attiva del mondo , alla quale
è legata la forma stessa dell'Uomo.
Ciò significa: Qui lo spazio geometrico è
vivo , ha prodotto ciò che vi è di migliore , ossia
l'Uomo .
La pietra che ogni Tarahumara deve mettere ,
pena la morte , ai piedi della croce, passandovi
di fronte , non è una superstizione , bensì una
presa di coscienza.
Ciò vuol dire : Contrassegna il punto. Rendi­
ti conto . Prendi coscienza delle forze della vita
contraria, perché senza questa coscienza tu sei
morto .
Ma i Tarahumara non temono la morte fisica:
il corpo, dicono , è fatto per la sparizione; è la
morte spirituale che temono , e non la temono
in un senso cattolico, nonostante i Gesuiti siano
passati per di qua.
Vi è presso gli Indiani Tarahumara la tradizio­
ne della metempsicosi; ed è la caduta ulteriore

96
del loro Doppio che temono al di sopra di tut­
to. Non prendere coscienza di ciò che è, vuoi
dire rischiare di perdere il proprio Doppio. E
rischiare , al di là dello spazio fisico, una specie
di caduta astratta, un vagabondaggio attraverso
le alte regioni planetarie del principio umano
disincarnato.
n male , per loro , non è il peccato . Per i Ta­
rahumara, non esiste il peccato : il male è la per­
dita di coscienza. Perché gli alti problemi filo­
sofici contano più per i Tarahumara di quanto
non contino i precetti della nostra morale oc­
cidentale.
Di filosofia, i Tarahumara sono ossessionati; e
ne sono ossessionati fino ad una sorta di sortile­
gio fisiologico; non vi sono presso di loro gesti
che si perdono ; gesti che non abbiano un senso
di filosofia diretta.
I Tarahumara diventano assolutamente filo­
sofi come un bambino diventa grande e si fa
uomo; sono filosofi di nascita.
E la fascia a due punte nella schiena significa
che sono di una razza originariamente Maschio
e Femmina; ma questa fascia ha ancora un al­
tro senso : un senso storico evidente . I Purana
trasmettono il ricordo di una guerra che il Ma­
schio e la Femmina della Natura si sono fatti ,
e gli uomini di un tempo hanno partecipato a
questa guerra in cui lottavano , le une contro le

97
altre , le forze dei due princìpi opposti . E i parti­
giani del Maschio naturale sfoggiarono il colore
bianco, quelli della Femmina il colore rosso ; ed
è da questo rosso esoterico e sacro che i Fenici,
di razza Femmina, hanno tratto l'idea della por­
pora che in seguito hanno industrializzato.
Ora, se la razza dei Tarahumara indossa una
fascia a volte bianca e a volte rossa, non è per
affermare la dualità delle due forze contrarie,
ma è per sottolineare che all'interno della razza
tarahumara, il Maschio e la Femmina della Natu­
ra esistono simultaneamente , e che i Tarahuma­
ra beneficiano delle loro forze congiunte. Essi
portano, insomma, la loro filosofia sulla testa, e
questa filosofia riunisce l' azione delle due forze
contrarie in un equilibrio quasi divinizzato .

98
Il rito dei Re di A tlantide

n 1 6 settembre, giorno della festa dell'Indi­


pendenza del Messico, ho visto a Norogachic ,
al fondo della Sierra Tarahumara, il rito dei re di
Atlantide come Platone lo descrive nelle pagine
del Crizia. Platone parla di un rito strano al qua­
le, in circostanze disperate per la loro razza, si
dedicavano i re di Atlantide .
Per quanto mitica sia l'esistenza di Atlantide,
Platone descrive gli Atlantidi come una razza di
origine magica. I Tarahumara che sono per me i
discendenti diretti degli Atlantidi continuano a
consacrarsi al culto dei riti magici.
Che coloro che non mi credono vadano nella
Sierra Tarahumara: vedranno che , in questo pae­
se in cui le rocce offrono un' apparenza ed una
struttura da favola, la leggenda diventa realtà e
non può esservi realtà al di fuori di questa favola.
So che l'esistenza degli Indiani non è di moda
oggi; tuttavia, in presenza di una razza come que­
sta, noi possiamo per confronto concludere che
è la vita moderna a trovarsi in ritardo rispetto a
qualcosa, e non che gli Indiani Tarahumara sono
in ritardo rispetto al mondo attuale.
Essi sanno che ogni passo in avanti , ogni fa­
cilità acquisita attraverso la dominazione di una
civilizzazione puramente fisica implica anche
una perdita, una regressione .

99
Possiamo quindi affermarmare che la que­
stione del progresso non si pone in presenza
di tradizioni autentiche. Le vere tradizioni non
progrediscono in quanto esse rappresentano il
punto più avanzato di tutta la verità. E l'unico
progresso realizzabile consiste nel conservare
la forma e la forza di queste tradizioni. Attraver­
so i secoli i Tarahumara hanno saputo imparare
a conservare la loro virilità.
Così dunque , per ritornare a Platone ed alle
vere tradizioni esoteriche che manifestano le
sue opere scritte, ho visto nella Montagna Ta­
rahumara il rito di questi re chimerici e dispe­
rati.
Platone racconta che al tramonto del sole i
re di Atlantide si riunivano davanti al toro sa­
crificato. E mentre i sacerdoti tagliavano il toro
pezzo a pezzo , altri raccoglievano i pezzi di cui
versavano il sangue nelle coppe . I re bevevano
questo sangue e si inebriavano cantando una
specie di melodia lugubre fino a che restava nel
cielo solamente la testa del sole moribondo e
sulla terra nient ' altro che la testa del toro sacri­
ficato. Allora i re si coprivano la testa di cene­
ri . E la loro lugubre melodia cambiava di tono
mentre stringevano il cerchio che formavano .
Ogni invocazione al sole diventava una specie
di rimprovero amaro , prendeva l' aspetto di una
contrizione pubblica, la forma di un rimorso

1 00
che i re esprimevano di comune accordo fino a
quando la notte era completamente calata.
Tale è il senso del rito descritto da Platone.
Ora, poco prima che il sole fosse tramontato su
Norogachic , gli Indiani condussero un bue sul­
la piazza del villaggio e, dopo avergli legato le
zampe, si misero a strappargli il cuore. n sangue
fresco era raccolto in grandi giare. Non dimen­
ticherò facilmente lo spasmo di dolore del bue
mentre il coltello dell'Indiano gli strappava le in­
teriora. I danzatori di «matachines» si riunirono
davanti al toro e quando questi fu definitivamen­
te morto essi cominciarono le danze di fiori.
Perché gli Indiani danzano delle danze di
fiori, di libellule, d'uccelli, e di tante altre cose,
davanti a questa macellazione, ed era davvero
uno spettacolo strano quello di due Indiani che
saliti sul toro morto ne facevano zampillare il
sangue e tagliavano i pezzi a colpi di ascia, men­
tre gli altri Indiani vestiti come dei re e con una
corona di specchi sulla testa eseguivano le loro
danze di libellule, d'uccelli, di vento, di cose, di
fiori.
Le danze durarono fino al cuore della notte .
Alla danza dei «matachines» può partecipare
tutto un villaggio; ma vi è un re per ogni mo­
mento della danza. E i re dei «matachines» si
danno il cambio . Ognuno danza secondo il suo
temperamento .

101
Quel giorno , vi era, seduto a terra, un solo
musicista che suonava il violino . Ma l ' orchestra
completa si componeva di una chitarra, di un
piccolo tamburo , di campanellini e di bastoni di
ferro . Il piccolo tamburo è uno strumento mu­
sicale di guerra; il suo rumore si ripercuote di
cima in cima.
I re della danza indossano una corona di
specchi, il grembiule massonico in forma di
triangolo e un gran mantello rettangolare sulla
spalla. Hanno inoltre pantaloni speciali che fini­
scono in forma di triangolo , appena al di sotto
delle ginocchia.
Le «matachines» non sono un rito sacro ma
una danza popolare profana, che venne im­
portata in Messico dagli Spagnoli. Tuttavia, i
Tarahumara le hanno dato una forma indiana,
l' hanno contrassegnata col loro spirito. Anche
se , in principio , queste danze imitano il movi­
mento della natura esteriore : il vento, gli alberi,
un formicaio, un fiume agitato , esse acquisirono
presso i Tarahumara un senso altamente cosmo­
gonico, ed io ebbi l' impressione di aver davanti
a me e di contemplare l' agitazione di formiche
planetarie che seguivano la bussola di una mu­
sica celeste .
Danzano al suono di una musica puerile e
raffin ata che nessun orecchio europeo può per­
cepire ; sembra ascoltare sempre lo stesso suo-

1 02
no , sempre scandito allo stesso ritmo; ma col
tempo, questi suoni sempre identici e questo il
ritmo risvegliano in noi come il ricordo di un
grande Mito; essi evocano il sentimento di una
storia misteriosa e complicata.
Il capo della danza si contorceva seguendo
il ritmo, e la sua danza imitava il passo di una
formica minuscola che titubasse; il danzatore
si spaccava, si curvava coi movimenti atassici
di una rana smisuratamente gonfia; la sua mano
destra sosteneva abilmente una zucca piena di
anelli di bruchi disseccati che avevano preso la
consistenza del vetro , mentre la sua mano sini­
stra giocava con un ventaglio di fiori.
La musica dei Tarahumara si divide in un nu­
mero molto ridotto di misure che si ripetono
indefinitamente . E ad ogni nuova misura il capo
della danza abbandona il suo posto, abbandona
il luogo in cui si agitava contorcendosi , e in se�
guito gira attorno agli altri danzatori.
Questi danzatori sono separati in due gruppi,
e ciascuno , successivamente , presenta al capo il
proprio viso. Lo presenta come un cavaliere in
armi con lo splendore dell ' antico guerriero co­
perto dalla sua armatura, poi si rigira in senso
opposto. Quando il capo della danza ha girato
intorno ad ogni danzatore, ritorna al suo posto
pestando i piedi. E un momento della danza è
terminato. Ma altri vengono in seguito e la fre-

1 03
nesia riprende e dura tutta una notte , dall' istan­
te in cui il sole tramonta fino all' aurora, senza
che i danzatori siano mai stanchi.
In fila, in piedi, appoggiati obliquamente
contro il muro , ossia non il dorso poggiato alla
parete , ma presentando di volta in volta il lato
sinistro e il lato destro , alcuni giovani lanciano
di tanto in tanto un grido gelato, simile ad una
tromba da caccia nella foresta, e la loro voce
evoca il grido doloroso di una iena, di un cane
malato, o di un gallo strangolato . L'emissione di
questo grido non è continua, ma diradata; passa
di bocca in bocca, come una gamma umana che
prende nell 'ombra il valore di un richiamo.
Danzarono così fino al tramonto del sole e
mentre danzavano altri Indiani raccolsero pez­
zo per pezzo il corpo del toro di cui abbando­
narono la testa sulla terra nel momento stesso
in cui la testa del sole calava nel cielo . Fu allora
che i capi della danza si fermarono, i danzato­
ri facendo cerchio attorno a loro . E ripresero
tutti una sorta di melodia lugubre. Una melodia
di rimorsi, di contrizione religiosa, un richiamo
segreto di non si sa bene quali forze oscure , di
quali presenze dell'aldilà .
Andarono in seguito a sedersi di fronte a un
grande fuoco situato molto più lontano rispet­
to al luogo precedente , in un luogo coperto e
chiuso come la notte stessa perché la seconda

1 04
parte del rito doveva mostrare che era occul­
to. Fu in quel momento che venne loro dato il
sangue vivo servito nelle coppe. E la danza rico­
minciò dall 'inizio, e durò tutta la notte .
I pezzi di bue erano stati raccolti in quattro
giare, e al di sopra delle giare le donne forma­
rono una grande croce . Thtti bevvero il sangue
caldo e mille e mille volte ricominciarono ad
agitarsi in guisa di rane. A momenti, tutti quanti
dormivano . Poi il violino accordava la sua musi­
ca e la danza di nuovo ricominciava. E gli uomi­
ni, incorporandovisi di tanto in tanto, lanciava­
no il loro grido da sciacallo strangolato .
S i pensi pure quel che s i vuole dell 'accosta­
mento che qui faccio . In ogni caso , siccome Pla­
tone non andò mai in Messico e che mai gli In­
diani Tarahumara lo videro, bisogna ammettere
che l'idea di questo rito sacro venne loro dalla
stessa fonte fabulosa e preistorica. Ed è ciò che
ho voluto suggerire qui.

1 05
Tu tuguri

Fatto alla gloria esterna del sole Tutuguri è


un rito nero .
Il Rito della notte nera e della morte eterna
del sole .
No, il sole non tornerà più
e le sei croci del cerchio ad attraversare l'a­
stro sono là in realtà solo per sbarrargli il
cammino .
Perché non si sa abbastanza, non sappiamo
più affatto qui in Europa quanto la croce sia
un segno nero ,
non sappiamo abbastanza «la potenza sali­
vare della croce», e quanto la croce sia un'e­
iezione di saliva posta sulle parole del pen­
siero.
In Messico la croce e il sole vanno di pari
passo , .e il sole che salta è questa frase ruo­
tante che mette sei tempi per giungere al
giorno ,
la croce è un segno abietto e che bisogna
che la materia bruci,
perché abietto ,
perché la lingua che ne saliva il segno è
abietta,
e perché ne saliva lei il segno?
Per ungerlo .
Non vi è segno santo o sacro se non è unto .

1 06
Ora la lingua nel momento di ungerlo non è
essa stessa in punta?
Non si pone lei forse tra i quattro punti car­
dinali?
Bisogna dunque che il sole sorgendo salti i
sei punti della frase abietta da salvare , di cui
farà una specie di traslazione sul piano ful­
mine.
Perché il sole appare veramente a livello del­
le croci ma come il globulo di un fulmine , di
cui si sa perché non perdonerà?
Non perdonerà cosa?
n peccato dell 'uomo e del villaggio circo­
stante,
ed è per questo che diverse settimane prima
del rito si può vedere spurgarsi, vestirsi di
abiti lindi e bianchi, e lavarsi tutta la razza dei
Tarahumara.
E il Giorno del Rito e dell ' apparizione fulmi­
nante è infine giunto .
È allora che si distendono direttamente sul
suolo nelle loro vesti bianche sei uomini, i
sei uomini considerati come i più puri della
tribù.
Ed ognuno si presume abbia sposato una
croce.
Una di queste croci fatte di due bastoni lega­
ti insieme da una corda sporca.
E vi è un settimo uomo in piedi e che porta

1 07
una croce su di lui attaccata alla sua anca,
e tiene tra le mani uno strumento musicale
bizzarro , fatto di lamelle di legno addiziona­
te , che si sormontano le une alle altre,
e che danno un suono tra la campana e il
cannone .
E un certo giorno, all ' aurora, il settimo Tutu­
guri comincia la danza colpendo una delle
lamelle con un mazzuolo di ghisa nerissimo.
Allora si vedono gli uomini delle croci, bale­
nare come dal suolo , avanzare saltellando e
in cerchio ed ognuno di loro deve cernere la
sua croce sette volte senza tuttavia rompere
il cerchio totale .
Non so se è il vento che si solleva,
o se un vento si solleva da questa musica di
un tempo che persiste ancora oggi,
ma ci si sente come flagellati da una venta­
ta di notte , da un soffio salito dalle cripte di
un'umanità abolita
e che verrebbe a mostrare la sua faccia qui ,
una faccia dipinta,
una figura sghignazzante e spietata.
Spietata perché la giustizia che essa apporta
non è di questo mondo .
Sii puro e casto ,
sembra dire .
Sii anche vergine .
O ti socchiudo la mia Geenna.

1 08
E anche la Geenna si socchiude .
n timpano del settimo Thtuguri ha preso un
lancinamento atroce : è il cratere di un vulca­
no all' apice della sua eruzione .
Le lamelle sembrano spaccarsi sotto il suono
come una foresta fulminata sotto i colpi di
un fantastico taglialegna.
E di colpo quel che aspettavamo accade :
vapori solforosi, lilacee, che emergono in
blocco da un punto del cerchio
che i sei uomini
hanno tracciato,
che le sei croci
hanno circoscritto,
e da sotto i vapori una fiamma, una fiamma
immensa
di colpo
si è accesa,
e questa fiamma immensa bolle.
Bolle con un suono inaudito. Il suo interno
si riempie di astri , di corpuscoli incande­
scenti; come se il sole venendo trasportasse
con lui un sistema celeste .
Ed ecco che il sole ha preso posizione .
Ha preso forma in mezzo al sistema celeste .
Si è piazzato di colpo come al centro di una
formidabile esplosione.
Perché i corpuscoli fiammeggianti come i
soldati di un esercito in guerra si sono gettati

1 09
l'uno sull ' altro, esplodendo .
Allora il sole è diventato tondo . E vediamo
una sfera ignea nell' asse stessa del sole natu­
rale , poiché è l' aurora, salire e saltare di cro­
ce in croce.
I sei uomini hanno aperto le braccia, non per
fare la croce, ma con le loro mani in avanti,
come se volessero ricevere la sfera, e questa,
girando attorno ad ogni croce piantata, non
smette di rifiutarsi .
Perché il timpano è un vento , è diventato
come il suolo di un vento in cui un esercito
potrebbe benissimo avanzare .
E in effetti.
Vi sono ai confini rumore e nulla, perché ru­
more è così forte che chiama solo
davanti a lui
il nulla,
vi è dunque un intenso calpestìo . Ritmo
scandito di un esercito in marcia, o galoppo
di una carica furibonda.
La sfera in fuoco ha bruciato le sei croci; i sei
uomini , le mani in avanti e che hanno visto
venire la cosa, sono tutti e sei
sfiniti e sbavanti .
E il rumore del galoppo si esaspera.
E si percepiscono all ' orizzonte delle croci
come un cavallo imbizzarrito che avanza
con un uomo nudo sopra
perché il battito del ritmo era 7.

1 10
Ora, vi sono solo sei croci.
E nel timpano di legno del settimo Tutuguri
sempre un' introduzione di nulla
sempre questa introduzione di nulla:
questo tempo vuoto,
un tempo vuoto ,
una specie di vacuo che si esaurisce tra le
lamelle del legno tagliente ,
nulla che chiama il tronco dell 'uomo ,
il corpo preso in sezione dell'uomo
nel furore (no : nel fervore)
delle cose del di dentro .
Là, dove al di sotto del nulla
si eleggono
il rumore delle grandi campane al vento ,
la lacerazione dei cannoni di marina,
l' abbaio delle onde nelle tempeste d'ostra ;
in breve il cavallo che avanza porta su sé il
tronco di un uomo, di un uomo nudo e che
brandisce
non una croce,
ma un bastone di legno di ferro ,
con attaccato un gigantesco ferro di cavallo
in cui il suo corpo tutto intero passa,
il suo corpo tagliato da uno sfregio di sangue,
e il ferro di cavallo è là,
come le mascelle di una morsa,
che l' uomo avesse preso
allo sfregio del suo sangue.

Ivry-sur-Seine , 16 febbraio 1 948

111
Il Rito del Sole Nero

E in fondo , come al fondo del pendio amaro,


crudelmente disperato di cuore ,
si apre il cerchio delle sei croci,
molto in fondo ,
come incastrato nella terra madre ,
disincastrato dalla stretta immonda della ma­
dre
che sbava.

La terra di carbone nero


è l ' unica ubicazione umida
in questa fessura di roccia.

n Rito è che il nuovo sole passi attraverso


sette punti prima di esplodere all ' orifizio
della terra.

E vi sono sei uomini ,


uno per ogni sole ,
e un settimo uomo
che è il sole tutto nudo
e crudo
vestito di nero e di carne rossa.

Ora, questo settimo uomo


è un cavallo,
un cavallo con un uomo che lo conduce.

1 12
Ma è il cavallo
che è il sole
e non l'uomo.

Sulla lacerazione di un tamburo e di una


tromba lunga,
strano ,
i sei uomini
che erano distesi,
arrotolati a fil di terra,
balenano successivam ente come dei girasoli,
non degli astri solari
ma roteanti soli,
dei loti d' acqua,
e ad ogni balenio
corrisponde il gong via via più cupo
e rientrato
del tamburo
fino a che di colpo si vede arrivare lanciato
al galoppo, con una velocità da vertigine ,
l' ultimo sole ,
il primo uomo,
il cavallo nero con un
uomo nudo,
assolutamente nudo
e vergine
su di lui.

1 13
Avendo saltato, avanzano seguendo meandri
circolari
e il cavallo di carne sanguinante spasima
e caracolla senza sosta
all' apice della sua roccia
fino a che i sei uomini
abbiano terminato di cernere
completamente
le sei croci.

Ora, il tono maggiore del Rito è giustamente


L'ABOLIZIONE DELLA CROCE.

Avendo finito di roteare


svellono
le croci di terra
e l' uomo nudo
sul cavallo
sfoggia
un immenso ferro di cavallo
che ha immerso in una ferita del suo sangue.

NOTA: Questo testo inserito all 'interno della


trasmissione radio Pour en Finir avec le ]uge­
ment de Dieu , era stato scritto in origine tra i
testi che dovevano comporre la raccolta Voya­
ge au Pays des Tarahumaras.

1 14
Una Nota sul Peyote

Ho assunto del Peyote in Messico nella mon­


tagna e ne ho ricevuto un pacchetto che mi è
bastato due o tre giorni presso i Tarahumara, ho
pensato allora in quel momento di vivere i tre
giorni più felici della mia esistenza.
Avevo smesso di annoiarmi, di cercare una
ragione alla mia vita e avevo smesso di dovermi
fare carico del mio corpo.
Ho capito che inventavo la vita, che era la
mia funzione e la mia ragion d'essere e che mi
annoiavo quando non avevo più immaginazio­
ne e il Peyote me ne dava.
Un essere avanzò e fece uscire il Peyote da
me di colpo.
Lo resi realmente in brandelli, e il cadavere
di un uomò fu sminuzzato e trovato a pezzetti­
ni, da qualche parte.

rai da kanka da kum


a kum da na kum vonoh

Dal momento che questo mondo non è l'in­


verso dell 'altro e ancor meno la sua metà,
questo mondo è anche un marchingegno
reale di cui possiedo la leva di comando, è una
fabbrica vera la cui chiave è l' umor-nato.

sana tafan tana


tanaf tamafts bai

115
Cultura Tolteca

Materia acqua
terra
gas
idem radio
idem ???

Etere trasmissione elastica


Energia calore , luce, elettricità
Energia Fenomeni mentali, psichici
Energia Vita

Forma prodotta per vibrazione,


forme del piano fisico
del piano Astrale ,
del piano Mentale,
per i 2 ultimi piani guadagnare la concezio­
ne che vi si rapporta.

Localizzazione: Una,
una facoltà localizzatrice di classificazione
geografica delle cose ,
esploratrice di ricerca (il saperci
fare dà la grossolanità della
cosa).

Colore .
Il corpo astrale si sprigiona coi suoi colori

1 16
particolari.
La Buddhi e lo Spirituale hanno anche i loro .
Diversi Mana che operano nelle parti diffe­
renti del cervello,
organi che corrispondono a delle facoltà
d'Osservazione ,
porte nel Mana Eventualità.
Mana - Mahat - Facoltà Mahatiche o Dèi .

7 Princìpi Ermetici 7 Piani


l o di mentalismo l o dello spirito minerale
zo di corrispondenza zo dello spirito elementare A
3 o di vibrazione 3 o dello spirito vegetale
4 o di polarità 4° dello spirito elementare B
5o di ritmo 5 o dello spirito animale
6° di causa ed effetto 6° dello spirito elementare C
7o di genere 7o dello spirito umano

Cambiate la vostra vibrazione . Spezzate la vi­


brazione con la Polarità Inversa.
Padre Madre . Madre . Compensazione . El
Kybalion.
Dominare la Polarità significa dominare i
princìpi della trasmutazione.
Non si esce dal cerchio di causa ed effetto ,
ma si può sfuggire ai cattivi effetti di un pia­
no con le leggi di un altro piano .

......

1 17
Maschera di serpente intarsiata di turchesi,
mantello di piume, simboli del dio .

TUla, città Tolteca.

Maschera di serpente a due teste, attributo di


Tlaloc.

Tezcatlipoca

O Quetzalcoatl Tonatiuh E

Huichiloboch

•••

Ghilde .
Collegio di artigiani.
Signoria collettiva.

Organizzazione del mestiere a forma colletti­


va e gerarchizzata che gode di competenze pro-

1 18
fessionali e territoriali ,
privilegio ma controllo autorità superiore.
Protezione ,
regolamentazione egualitaria .
Tutti padroni, stessi diritti e stessi obblighi,
apprendisti,
valletti, sergenti, compagni,
mastri,
esatto riflesso istituzioni del Tempo.

Economia corporativa ripudia liberalismo in­


dividualista e anarchico.

Specializzazione professionale ,
nessuna innovazione ,
frodi portate al rogo ,
artigiano lavora al piano terra sotto gli occhi
del pubblico,
mestieri privati, gerarchia dei grandi e priva-
ti,
familiarità conferisce la garanzia ufficiale del
Monopolio ,
corporazioni private integrate quadri costi­
tuzionali del regno,
corporazione, disciplina,
la produzione elimina concorrenza, realizza
pace sociale .

Corporazione sarà essa duttile, evolverà.

1 19
Monopolio, privilegi.
Da democratica diventa aristocratica, ricerca
onori.

SEI CORPI : fabbricanti di tessuti, speziali , pel­


licciai, merciai, cambiavalute, orafi.

La Riforma.

1 20
Una Civilizzazione

Questa civilizzazione non abdica,


una civilizzazione che non mantiene rappor­
ti, in cui la vita di relazione si cancella, è una
civilizzazione che abdica.

Ogni vera civilizzazione escoria l' anima, con­


serva il problema del risveglio.
Esporre i mezzi di risveglio dell ' alta civilizza­
zione del Messico.

Delimitare nella civilizzazione del Messico


l' influenza della Barbarie,
differenziare le correnti:
Maya,
Tolteca,
Otomi,
Anaxteca,
Nahuatl,
Totonachi,
non affermare mai nulla salvo per dei punti
di alti princìpi.

***

Venuto in Messico
fuggire Barbarie Europa,
ultimo esempio Barbarie Europea: Marxismo,

121
se piace al Messico.

Venuto in Messico fuggire la civilizzazione


& cultura Europa che ci ha condotto tutti alla
Barbarie e trovo davanti a me il cadavere della
civilizzazione e della cultura dell' Europa,
contro l' Imperialismo utilitario dell' Europa
una rivoluzione è necessaria e chiedo ai Messi­
cani quel che vogliono fare ,
analizzare facce di questa barbarie,
l' Europa parla di progresso,
e i suoi progressi sono unicamente materiali
e meccanici,
la razza umana non è stata migliorata.

Al contrario
e qui descrizione dello stato di cose a cui ci
ha condotto la civilizzazione industriale .

1 22
Lettere relative ai Tarahumara

A jean Paulban

Parigi, 4 febbraio 1 93 7

Caro amico,

Giunto in pieno cuore della montagna Ta­


rahumara sono stato assalito da reminiscenze
fisiche talmente insistenti che mi sembrarono
ricordare dei ricordi personali diretti; tutto : la
vita della terra e dell ' erba, in basso, le frastaglia­
ture della montagna, le forme particolari del­
le rocce, e soprattutto il polverio della luce a
gradoni nelle prospettive mai conchiuse delle
cime, le une sopra le altre , sempre più in lonta­
nanza, in un arretramento inimmaginabile , tutto
mi sembrò rappresentare un'esperienza vissuta,
già passata attraverso me, e non la scoperta di
un mondo strani o, ma nuovo . Thtto questo non
era nuovo . Ora, l' impressione di déjà vu è vaga,

1 23
voglio dire senza data , la mia era perfettamente
situata; perché quest 'esperienza organica vissu­
ta, me ne ricordava un' altra, alla quale mi senti­
vo legato forse indirettamente, ma nondimeno
da dei fili materiali. Erano reminiscenze di storia
che mi sopraggiungevano , roccia a roccia, erba
ad erba, orizzonte ad orizzonte . Non ho inven­
tato l'apparizione dei Re Magi: essa mi è stata
minuziosamente imposta da un paese costru­
ito come dei paesi di pittura, i quali certo non
giungono dal nulla. Non credo all'immaginazio­
ne assoluta, intendo dire quella che crea qualco­
sa da nulla, non un 'immagine mentale che non
mi appaia come il membro distaccato di un'im­
magine agita e vissuta da qualche parte . E a loro
volta queste immagini immense , inabitate me ne
evocavano altre che furono un tempo popolate,
e la loro vita mi parve giustamente diffondersi
su un piano poco ordinario; non sono io ad aver
inventato la tradizione dei segni magici, e che
questa montagna ne fosse ossessionata è un fat­
to ; ne ho abbozzato la catalogazione in uno degli
articoli che vi ho inviato1 , ma pietra per pietra,
in fin dei conti ed alla fine del viaggio , ho avuto
l'impressione di averli notati tutti questi segni:
dal / che si divide in // , spezzato nel suo
centro da una barra 1- che di fronte ha questa

1 Cfr. La montagna dei Segni, ivi p. 48.

1 24
stessa barra dritta che è fuoriuscita da lui ([ì); e
non ci posso fare nulla se questa forma della H
che sembra risultarne è la figura centrale sulla
quale Platone racconta che gli Atlantidi avevano
costruito le loro città, è puerile se si vuole ma
questo esiste nella montagna Tarahumara e in
Platone; ho visto una roccia striata con tre bar­
re verticali, 3 , e su questa un 'altra più piccola
e striata con una sola barra; ho visto il dente
fallico enorme di cui vi ho già parlato, che aveva
sulla testa 3 pietre e sulla faccia 4 buchi; ho vi­
sto in una roccia perforata una testa circolare di
uomo in cui si inserisce all ' alba esattamente il
disco del sole , e al di sotto del corpo dell 'uomo
prolungato in ombre col braccio destro diste­
so come una barra di luce, e la sinistra come
la stessa barra, ma anch 'essa in ombra, e ri­
piegato ; - ho visto la figura della morte come
estirpata dalle rocce circostanti, ed essa teneva
nella mano sinistra, enorme, un bambino ; e non
parlo neppure di tutte le immagini e di tutte le
somiglianze che vi ho scorto , e che disegnavano
una fauna dimenticata della natura; che sembra­
vano ricordare dei miti millenari in cui l'uomo
addomesticato conversa coi Regni che l' hanno
domato; e se il mondo universale degli Ebrei è
rappresentato da due triangoli che si compene­
trano, il mondo di tutte le Razze d ' origine rossa
è rappresentato da due triangoli opposti e ri-

1 25
congiunti dalla linea ideale di un albero ; questo
mondo l' ho visto cento volte sulle rocce, fuo­
riuscito da non so quale caso stupefacente della
natura; sugli alberi: impresso dalla mano stessa
degli uomini; e ovunque ho ritrovato questa fa­
mosa 1"/ , l'H della generazione insomma, ho
visto fuoriusciti e come estratti degli alberi che
erano stati bruciati dall ' alto in basso per libe­
rarn e le figure , ho visto una figura di uomo e di
donna l' una di fronte all ' altra, e l' uomo aveva la
verga sollevata; quante volte ancora ho incon­
trato il piccolo mondo della terra rappresentato
da un cerchio e attorno a questo cerchio , quel­
lo molto più vasto dell 'Universo indeterminato ;
quante volte ho ritrovato la croce della tradi­
zione Rosacrociana: 4 triangoli orientati verso i
4 punti cardinali e centrati, tutti attorno ad un
punto; ho visto questo segno ! Cosa posso farvi
se è conforme a quello della tradizione dei Ro­
sacroce , se è in questo modo che ci viene rive­
lato che i Rosacroce formavano le loro croci; e
questo simbolo era mille e mille volte ripetuto,
non solo in piena Natura, ma sulle porte delle
case fatte di una sola asse; ma sui muri, all' om­
bra dei tetti; ho visto delle case le cui facciate
si rispondevano l'una all' altra con dei quadrati
e dei punti, e talvolta con delle specie di trian­
goli l' uno al di sopra dell' altro e che sembra­
vano sommarsi; e non mi è stato forse detto

1 26
là in alto sulla montagna che queste figure di
geometria sparpagliate, non erano sparpagliate
bensì raggruppate e che costituivano i Segni
di un linguaggio basato sulla forma stessa del
soffio quando si sprigiona in sonorità?; la magia
universale non è basata su più segni elementari
di quanti non ne abbia incontrato dal vivo e in
natura in una montagna, che persino al di fuori
di questi segni ha la luce dei paesi stregati . Ci
è voluto molto meno a romanzieri, a poeti per
ritrovare e precisare dei miti che solo la loro im­
maginazione inventava; raccontando il mio viag­
gio non ho preteso scrivere una tesi di dottora­
to , ritrovare il cammino di una tradizione sicura,
e fornire delle prove per corroborarla; che dopo
questi incontri si traggano tutte le conclusioni
che si vogliono , poco importa; e mi importa as­
sai poco credere che i Re Magi abbiano fatto, per
rientrare a casa loro , una deviazione attraverso
le montagne inabitate del Messico; ma so che
giunto là in alto, e a strapiombo su chilometri
quasi infiniti di paesaggio , ho sentito muovere
in me con forza reminiscenze e immagini insoli­
te, che nulla, al momento della partenza, sarebbe
stato in grado di farmi prevedere. E vedendo in
queste montagne incrostate di figure, più figure
di quante divinità non vi siano sulle mura di cer­
ti templi dell 'India, vedendo passare degli uomi­
ni con la fascia, uomini avvolti in mantelli con

1 27
anche ricamati sopra dei triangoli, delle croci,
dei punti, dei cerchi, delle lacrime e dei fulmini;
e queste croci, questi punti, questi cerchi, que­
sti rettangoli , queste lacrime, questa zebrature
a forma di fulmini, non erano affatto dissemi­
nate come figure decorative, in una simmetria
che avrebbe loro tolto tutto , ma mai ho visto 2
mantelli avere gli stessi segni, e ognuno di loro
era il colore dell'uomo dal viso incolto che lo
portava; vedendo passare questi uomini in ap­
parenza ignoranti del simbolismo in cui la loro
vista sembrava imbevuta, non ho potuto credere
che ciò rappresentasse da parte loro un calcolo
o una ricerca qualunque , fosse pure il risultato
di una premeditazione cosciente e consapevole;
facevano tutto questo perché, dicevano, i loro
padri lo facevano, e di padre in padre mi sono
chiesto dove quest 'usanza potesse risalire ; il cer­
vello meno disposto si sarebbe chiesto da dove
fossero potute giungere queste vestigia e quale
tradizione più che umana significava in fondo la
loro presenza.
Il verde e il giallo non sono forse ciascuno
i colori opposti della morte ; il verde per la re­
surrezione , il giallo per la decomposizione , la
decadenza, e se le coincidenze vogliono dir
qualcosa, mi permetterete, per finire , di attirare
la vostra attenzione sul fatto che mi appresto a
raccontarvi.

1 28
Sono giunto, al finir del tramonto , in uno di
quei villaggi dominati da falli, quei falli contras­
segnati da figure e che un caso naturale sembra
abbia piantato; qualcuno , non so chi, fischietta­
va l ' aria di una danza Tarahumara, con 5 misure
acutissime che di colpo scendevano a preci­
pizio cento piani, e come se una voce dai bas­
sifondi rispondesse; un bambino si avvicinò a
noi , da solo, nudo sotto un mantello grigio ed
il viso letteralmente mangiato di pus: una sorta
di reticella verdastra nell' osso della fronte sem­
brava sostituire il tragitto di una vena; mangiò
golosamente il cibo che gli tendevamo, benché
tenendosi sempre a distanza rispettosa; credetti
notare sulla parte frontale del mantello un trian­
golo rosso , la punta sollevata in alto, e quando
si voltò vidi sulla sua schiena una lacrima, un'e­
norme lacrima ricamata che ne occupava tutta
la parte superiore ; essa aveva la punta rivolta
verso l'alto e aveva la forma d'un gancio nella
sua parte sinistra;

e alzai immediatamente le spalle di fronte


all ' immagine che mi evocava; feci proprio uno
sforzo per reprimere la mia immaginazione
sempre desta; tuttavia l ' immagine che si pre­
sentò a me in quell 'istante non posso dire di

1 29
non avervi pensato ; e questa immaginazione la
ripeterò a scapito di farvi alzare le spalle come
io stesso le ho alzate ; avevo pensato al FIAT
LUX di Dio , ed alla forma che Robert Fludd ,
nel suo Teatro dell ' Eterna Sapienza, impone al
movimento originale della creazione2; questa
lacrima, questa vescica curva è così che egli
raffigura la luce che uscita dal vuoto si ricur­
va poco a poco e accerchia le tenebre ch' essa
sostituirà; la lacrima da sola non era forse nul­
la, ma la lacrima rossa, con il triangolo rosso
era un accostamento già assai singolare; da ciò
passarono diverse settimane , penetrai nel fon­
do delle montagne , vidi i preti disseminati del
Peyote che trituravano durante diverse notti
intere sulle loro raspe il miscuglio dei princìpi
primi; e presi il cammino del ritorno .
Ripassai per il villaggio col fallo e chiesi asi­
lo, per proteggermi dal sole di mezzogiorno ,
presso una casa miserabile da dove vidi usci­
re un Indiano che nonostante il calore in quel
momento torrido era avvolto da un gran man-

2 Robert Fludd ( 1 547- 1 637), nel suo Utriusque Co­


sm i majoris et minoris Historia ( 1 6 1 7), capitolo De
Macrocosmi Fabrica , par. III - Detribus prioribus
creationis diebus, si trova l' immagine a cui Antonin
Artaud fa qui riferimento . Immagine che del resto si
trova spesso riprodotta in diversi libri di esoterismo.

1 30
tello. Avevo già visto strani mantelli attraverso
tutta la montagna: ma questo aveva quattro
triangoli bianchi, come strozzati, che ne occu­
pavano tutta la parte alta; gli orli erano puntel­
lati da una linea di croci verdi da un lato, gialle
dall ' altro e composti da 4 triangoli di cui vi ho
già parlato; l ' Indiano ci salutò senza dire una
parola, con un sorriso lento ma intelligente; e
già la moglie si affrettava. Mentre lei disponeva
il mais e le erbe venni colpito da una falsa trec­
cia che portava attaccata ai capelli ; in questa
treccia passava un filo di lana alternativamente
verde e giallo , dello stesso colore delle croci;
ed aveva in più una collana di chicchi verdi ,
ed alle orecchie pendevano delle pietre gialle;
all 'interno della casa dei bambini si picchiava­
no con grida acute , e vidi uscire un ragazzetto
dal ventre enorme , e la bocca bordata di asces­
si , e dietro di lui un altro ragazzo , più grande ,
nel quale riconobbi il bambino dalla mantella
grigia ricamata con un triangolo e una lacrima;
non vidi nulla di insolito all ' interno della casa,
se non in un angolo una croce la cui estremità
superiore era in punta di lancia e le braccia in
forma di trifoglio. L' Indiano interrogato man­
tenne un mutismo p erfetto .
Ecco, caro amico, ho voluto ridire ciò che
ho visto senza trarne alcuna conclusione, voi

131
vedrete che i fatti e le cose parlano da sé, e
più forte senza dubbio di quanto non le abbia
fatte parlare , sebbene nello stesso senso . Mi di­
vertirò forse un giorno a ridire , o ridirò senza
divertimento il mondo in cui tutte queste cose
mi hanno fatto sognare di entrare e in cui ho
l ' impressione che molte cose attuali guadagne­
rebbero ad entrare . Non è dal punto di vista
pittoresco che voglio pormi per ridire questo
viaggio ma dal punto di vista dell ' efficacia.
A voi di tutto cuore .

Antonin Artaud .

Mi sarebbe piaciuto che voi mi diceste che


è la tesi occulta stessa che non vi piace; tut­
tavia in tutte le tenebre di cui si avvolge la
poesia e il linguaggio moderno vi sono molte
meno idee che in tutto questo.
Ci tengo veramente molto a questa idea dei
3 Re Magi che si trova all ' origine di diverse
storie fondamentali , e di tutta una tradizione . Il
mio scritto non è sovraccarico: è terribilmente
succinto e ellittico c onsiderato l ' enorme ar­
gomento che ho voluto trattare . Ma a questo
soggetto ci tengo : lo riprenderò ulteriormente,
in altra occasione ; per il momento limitiamoci

1 32
a questa combinazione che voi mi avete pro­
posto3.
Affettuosamente vostro .

Antonin Artaud .

... ... .

[27 febbraio 1 937]


Sabato

Caro amico,

Vi scrivo dal seno di un terribile tormento,


ma necessario. Voi mi avete insomma SALVA­
TO. Ora so non solo per intuizione ma grazie a
Vie precise , dirò matematiche, che si preparano
cose sensazionali , di cui questa prova era l' av­
vento.
Avevo cominciato a scrivere prima di entra­
re qui la Danza del Peyote: mi è stato impossi­
bile portarlo a termine . Ed è solo ADESSO che

3 Artaud fa qui probabilmente riferimento al Paese dei


Re Magi che aveva inviato a ]ean Paulhan dal Messico
o gli aveva rimesso in mano al suo ritorno in Francia,
e che questi però non includerà nel Viaggio al pae­
se dei Tarahumara pubblicato nel numero di agosto
del 1 93 7 nella Nouvelle Revue Française.

1 33
intravedo quel che volevo dire e che è tanto
lontano da ciò che scrivevo prima di entrare ;
______ che è io infine , mentre il
resto ne era solo la caricatura, tranne che per
qualche schiarita! ! ! Una lettera piena di cose
che vi ho scritto non costituisce, quantomeno
a frammenti, una di queste schiarite e non si
potrebbe congiungerne una parte al Viaggio?
In particolare quella in cui parlo del bambino
pustoloso . Mi sembra di sì. ________

Cosa ne pensate?
Non vi chiedo di scrivermi: verrò a farvi visi­
ta alla mia uscita
Affettuosamente vostro.

Antonin Artaud.

Sabato 1 3 marzo 1 937

Caro amico,

Ecco uno dei primi lavori ai quali mi son de­


dicato dalla mia uscita dalla Casa di Cura.
Da lungo tempo volevo fare un articolo di
messa a punto che riguardasse l' astrologia allo
stadio attuale . Un testo di cui parlo nell 'articolo
me ne fornisce l'occasione (Per la rubrica l'aria
del mese?) poiché è d ' attualità.

1 34
Spero davvero che p ossiate farlo pubblicare
in aprile.
Vedrete che si tratta di un articolo di genere
serio, documentato, e dove d' altra parte mi sem­
bra d ' aver RAGGIUNTO NUOVAMENTE il mio
tono personale . Vi allego ugualmente la l a parte
della Danza del Peyote in un' altra busta.
A voi affettuosamente .

Antonin Artaud .

•••

[Parigi] 28 marzo 1 937

Caro amico,

Ecco INFINE l ' ultima parte della Danza del


Peyote .
Vi è ancora una conclusione generale ma
credo che per la scelta di Estratti che devono
essere pubblicati nella Rivista, questo sia suffi­
ciente. Poiché sono gli Estratti «DI UN VIAGGIO
AL PAESE DEI TARAHUMARA» .
E poi ciò allungherebbe a dismisura il mio
testo che, così com ' è , doppia già il Paese dei
Re Magi, che ho soppresso . Avete ora un tutto e
potete giudicare.
Thtta questa Danza del Peyote è stata riscrit­
ta nello spirito e nell 'emozione in cui ho fatto

1 35
le correzioni, in cui ho rimaneggiato alla fine la
Montagna dei Segni, e che vi era tanto piaciuto.
Spero e mi auguro che questa Danza come l'a­
vete ora vi piaccia allo stesso modo . Scriveteme­
ne ad ogni modo il più presto possibile in modo
da rassicurarmi. Ma ditemi direttamente questa
volta quel che ne pensate .
Per me , ho detto in questa Danza, esatta­
mente quel che ho visto, e l'ho detto punto
per punto. Anche le mie impressioni perso­
nali le ho descritte punto per punto. Non vi
è dunque più tesi , arbitraria, preconcetta, più
nulla di gratuito qui, ma una cosa misteriosa in
ciò che appare è solo l ' abito allusivo , se così
posso dire , di un' altra cosa infinitamente più
importante e assolutamente importante in sé .
Mi è parso che questo qualcosa fosse grave ,
fosse essenziale . E ciò sarà manifesto nel mio
libro totale su questo Viaggio , di cui non posso
dubitare , caro ]ean Paulhan, e lo dico in fede
completa, in piena convinzione e sincerità, che
non sia stato guidato dall 'Invisibile come sen­
to che tutta la mia vita è attualmente guidata.
Ecco perché questi Estratti mi sembrano un' In­
troduzione importante ad un ' azione che avrà
luogo tra breve , non appena avrò ritrovato tut­
te le mie forze nella loro profondità e perché
ci tengo a tal punto che venga pubblicato sen­
za tardare , prima della .fi ne della Primavera, in

1 36
modo che sia veramente ciò che è , l ' apertura
su altra cosa.
Scusate questo linguaggio enigmatico.
Non potete sapere a che punto sia vero e
quanto vi sia riconoscente per aver operato af­
finché col vostro doppio intervento ciò che se­
guirà possa concretizzarsi.
Sono affettuosissimamente vostro .

Antonin Artaud.

***

Sceaux, 1 3 aprile 1 93 7

Caro amico,

Senza vostre notizie. Confesso d ' essere im­


paziente di vedere infine pubblicato il Viaggio.
Non avete ricevuto la mia ultima lunga lettera
che vi fornisce tutte le precisazioni sullo spirito
nel quale «la Danza di guarigione del Peyote» è
stata scritta? Spero molto che questo testo vi sia
piaciuto interamente e che vi si possa vedere
quel che ho voluto mettervi - e che è per me
della massima importanza.
Ho ricevuto le bozze del «Teatro e il suo
Doppio». Ci tengo molto a che la Prefazione sia
stampata in corsivo. D ' altronde l'ho riscritta.

1 37
Non potreste ugualmente ritrovare delle varian­
ti a certi testi che vi avevo inviato per lettera e
che non figurano nelle bozze che mi avete in­
viato?
A presto dunque
e molto amichevolmente vostro .

Antonin Artaud

1 38
A Henri Parisot

Rodez, l O dicembre 1 943

Gentile Signore,

Ho scritto un «Viaggio in Messico» di cui il


«Viaggio al Paese dei Tarahumara» è la parte ca­
pitale . Ma il testo del «Viaggio al Paese dei Ta­
rahumara» è completo così com'è. In quanto a
questo «Viaggio in Messico» , esso costituisce un
libro di 200 pagine o più, che ho impiegato otto
mesi a scrivere, dal novembre 1 936, data del
mio ritorno dal Messico, all' agosto 1 937, data
della mia partenza per l 'Irlanda, e che del resto
non è del tutto compiuto.
Solo che da settembre 1 937 ad oggi, mi è
capitato d'essere arrestato, messo in prigione a
Dublino, deportato in Francia, internato a Havre,
trasferito da Havre a Rouen, da Rouen a Sainte­
Anne a Parigi, da Sainte-Anne a Ville-Évrard, da
Ville-Évrard a Chezal-Benoit e da Chezal-Benoit
a Rodez. Thtte le mie cose sono state prese dalla
polizia e tutte le mie carte sono andate perse.
Non ho assolutamente più nulla di quel che
possedevo e che consisteva in un certo numero
di manoscritti, in un portafoglio e soprattutto
in una piccola spada di Toledo di 1 2 centime-

1 39
tri di lunghezza, attaccata con 3 ami e che mi
era stata donata da un Negro di Cuba. n gover­
natore della Prigione di Dublino , Mr de Soto, mi
ha reso egli stesso tutte le mie cose. Persino a
Havre, dove nondimeno sono stato specialmen­
te maltrattato, questa spada mi è stata restituita
nella fodera di cuoio rosso in cui era conservata.
Avevo ancora a Sainte-Anne il mio portafoglio, un
portafoglio di coccodrillo in cuoio marrone con
le mie iniziali, e la piccola fodera rossa che con­
teneva la spada sacra, oggetto conosciuto da tutti
gli Iniziati, ma da Ville-Évrard non so più cosa ne
sia stato di tutto questo. Quanto alle mie carte e
manoscritti personali, ne persi ogni traccia dal
mio ritorno sul suolo Francese. E per riscrivere
questo Viaggio in Messico e portarlo a termine
mi ci vorrebbe adesso quasi un anno . Del resto
l'atmosfera dell'internamento non si presta par­
ticolarmente a questa sorta di lavori. Per scrivere
bisognerebbe essere libero . - Proverò nondime­
no a provar d' aggiunger qualche pagina a questo
«Viaggio al Paese dei Tarahumara» . n dottor Fer­
dière che me ne sollecita vivamente, mi accor­
derà per questo tutte le facilitazioni possibili. È
l'unico medico dai miei sei anni d'internamento
che abbia provato ad addolcire la mia cattività
nella misura dei suoi mezzi.
Vi è una cosa di cui sono certo, è che fu a
Chezal-Benoit che la piccola fodera di cuoio

1 40
rosso contenente la spada di Toledo non mi è
stata restituita.
Quanto ai miei manoscritti, è all'uscita della
Prigione di Dublino che li ho rivisti per l'ultima
volta. Da allora ne ho perso ogni traccia.
Ma, ve lo ripeto , farò uno sforzo per vincere
tutti questi ostacoli e pregherò specialmente
Gesù Cristo a questo proposito perché è di Lui
che si tratta in tutto il mio Viaggio in Messico ed
è Lui, il Verbo di Dio, che i Tarahumara adorano
come ho potuto rendermene conto nel Rito del
Tutuguri che si svolge contemporaneamente al
sorgere del Sole .
E essi stessi l'hanno riconosciuto e me l'han­
no detto quando gli sono state mostrate due
tracce del Viso di Cristo . Una sul Sudario di san­
ta Veronica, l'altro su un'immagine presa in un
altro momento della Sua Passione . E dove il
-

Suo Vero volto è perfettamente riconoscibile.


La classe sacerdotale dei Preti Indiani del Sole
si considerano come un' emanazione terrestre
della sua Virtù e della sua Forza ed ogni prete
come un 'identificazione d'uno dei suoi Raggi.
E bisogna vedere l' energia insensata con la qua­
le ogni prete si proietta sulla terra nell 'istante
preciso in cui il fuoco solare che non ha mai
smesso, lui, di essere libero , si sprigiona di fron­
te alla coscienza Indiana dell'imprigionamento
delle tenebre della notte. Bisogna vedere come

141
ogni prete per il posto che sa prendere riprodu­
ce con gli altri preti suoi fratelli la ripartizione
straordinaria di questo fuoco. Ma bisogna so­
prattutto sentire le Parole che si rimandano gli
uni agli altri con dei segni che sembrano estrat­
ti dai limbi stessi dell ' Eternità e che sono fatti
per supportare e manifestare qualcosa, e questo
qualcosa è lo Spirito del Verbo che rotola come
una palla di fiamme di fronte alla bocca del Si­
gnore Dio, e di cui loro , i Tara-Humara4 si ricor­
dano , dicono , d' esser stati e d'essere la Volontà
e il riflesso .
Ma là si son messi tutti a piangere perché,
mi hanno detto : «Questa Volontà di Dio di cui
noi eravamo gli Angeli, ossia i Raggi, ecco che
non lo siamo quasi più perché il Male è passato
troppo su di noi . La lotta tra il Male e Dio non
è ancora finita e perché arrivi il Regno di Dio
sulla terra bisogna essere casti. Noi lo siamo per
quanto possibile . Ma gli uomini su tutta la diste­
sa della terra non lo sono più per nulla. Ed è il

4 Scritto in questo modo nell'autografo. In nahuatl ta­


rahumara significherebbe «colui che corre a piedi>>
(da tara : piede , e hum a : correre) . Ma scomponendo
in questo modo il nome in due elementi, Antonin Ar­
taud ha forse anche voluto ricordare il famoso sito
storico , quasi mitico, di Tara, il sito degli Alti-Re d'Ir­
landa . Da non sottovalutare il fatto che in sanscrito,
tara, significa <<stella», <<astro», <<pupilla>> e <<occhio».

1 42
momento per loro di ritornare alla castità com­
pleta. Perché le cose sono fatte dal sole e a sua
somiglianza, ed esse sono fatte così» , mi hanno
detto questi preti con dei segni delle braccia e
del corpo che formavano le attitudini di Danza
Religiosa più straordinaria che io abbia mai vi­
sto.
Tra questi segni vi era il Segno della Croce
proprio come lo fanno i cattolici ma ve n ' erano
un'infinità d' altri.
È tutto ciò di cui ho già parlato nei miei ma­
noscritti e che tenterò di riscrivere in questi
giorni.
In questa attesa crediate ai miei sentimenti
più calorosi e migliori.

Antonin Artaud.

P.S. I miei pensieri più sentiti per Robert ]. Go­


det a cui tutto questo interessa particolarmente.

***

Rodez, 1 7 settembre 1 945

Gentile Signore,

Ho ricevuto la vostra lettera in cui dicevate


di capire che la mia situazione mi pesasse . Vi ho

1 43
detto anche di pubblicare il Viaggio al Paese
dei Tarahumara, e vi ho scritto una lettera da
pubblicare al posto del supplemento che vi ave­
vo inviato nel 1 9435 . 'futto questo va benissimo
ma, caro amico , noi non siamo più allo stesso
punto . Vi è altro in questo momento sulla terra
e a Parigi rispetto alla letteratura, le edizioni e le
riviste. Vi è un vecchio affare di cui tutti quanti
parlano, di cui si parla tra sé e sé, ma di cui nes­
suno nella vita ordinaria vuole parlare pubblica­
mente, benché accada pubblicamente in ogni
istante della vita ordinaria, e di cui, per una spe­
cie di nauseabonda ipocrisia generale, nessuno
vuole confessare di essersi reso conto , di averlo
visto e averlo vissuto. Quest' affare si chiama un
affare di sortilegio generale , al quale tutti quanti
più o meno partecipano un giorno più e l'altro
meno , ma pretendendo di non saperlo , e volen­
do nascondere a se stessi che vi si partecipa a
volte col proprio inconscio , talvolta col proprio
subconscio, e sempre più con tutta la propria
coscienza. Lo scopo di questo sortilegio è di im­
pedire un' azione che ho intrapreso da anni e
che è di uscire da questo mondo puzzolente e
di finirla con questo mondo puzzolente. Se sono

5 Si tratta della Lettera del 7 settembre 1 9 4 5 , pubblica­


ta come postfazione al Viaggio al Paese dei Tarahu­
ma. Cfr. p. 7 1 .

1 44
stato internato otto anni fa e sono mantenuto
internato da otto anni è a causa di una chiara
azione della cattiva volontà generale che non
vuoi ad alcun prezzo che il Sig. Antonin Artaud,
scrittore e poeta, possa realizzare nella vita le
idee che manifesta nei libri, perché si sa che il
Sig. Antonin Artaud ha in lui dei mezzi d' azio­
ne di cui si vuole impedirgli di servirsi, quando
vuole, con alcune anime che lo amano, uscire
da questo mondo servile , asfissiante di idiozia e
per gli altri e per lui, e che si compiace in questa
asfissia. Le persone sono stupide . La letteratura,
svuotata. Non vi è più nulla né più nessuno , l'a­
nima è insana, non vi è più amore, neppure più
odio, tutti i corpi sono sazi, le coscienze rasse­
gnate. Non vi è più neppure l'inquietudine, che
è passata nel vuoto delle ossa, vi è solo ormai
un'immensa soddisfazione da inerti, da manzi
d'anime, di servi dell'imbecillità che li opprime
e con la quale non cessano notte e giorno di co­
pulare, di servi tanto piatti quanto questa lettera
in cui provo a manifestare la mia esasperazione
contro una vita condotta da una banda di insipi­
di che hanno voluto imporre a tutti il loro odio
per la poesia, il loro amore per l'inezia borghese
in un mondo integralmente imborghesito, con
tutte le fusa verbali dei soviet, dell ' anarchia, del
comunismo , del socialismo , del radicalismo, del­
le repubbliche , delle monarchie , delle chiese,

1 45
dei riti, dei razionamenti, dei contingentamenti,
del mercato nero , della resistenza. Questo mon­
do ogni giorno sopravvive a se stesso, mentre
altro accade e tutti i giorni anche l' anima è chia­
mata infine a nascere ed essere. Ma voi non ci
credete, Sig. Parisot. Questo è ciò che penso, e
ciò che penso e ciò che faccio , l'ho già tentato a
Marsiglia nel 1 9 1 7 , durante l' altra guerra, e tutti
i pezzenti, i lavoratori, i magnaccia di Marsiglia
mi hanno seguito e un autista di taxi ha voluto
trasportarmi gratis, e un uomo nella folla mi ha
passato un revolver per difendermi contro la
polizia, ed è per aver provocato un 'insurrezio­
ne di quest 'ordine a Dublino che sono stato de­
portato. Non è una ragione per farmi passare da
pazzo per sbarazzarsi di me e addormentarmi
con l'elettroshock per farmi perdere la memo­
ria midollare della mia energia. Thtto questo è
personale e non vi riguarda, lo sento, perché si
leggono le memorie dei poeti morti, ma, quan­
do sono vivi, non si offrirebbe loro neppure una
tazza di tè o un bicchiere di oppio per ricon­
fortarli. Così non è per chiedervi di compatirmi
che vi scrivo, ma semplicemente per avvertirvi
che, essendo la mia situazione insostenibile, le
cose si romperanno, benché voi non possiate
crederci, perché non posso ammettere che dei
gruppi stregoni di tutte le classi della società
si dispongano in certi punti di Parigi in modo

1 46
da cercare di influenzare ed imperare sulla mia
propria coscienza, Artaud, loro , stiratori, lavan­
dai, droghieri, fruttivendoli, venditori di vini,
faccendieri, impiegati di banca, contabili, com­
mercianti, sbirri, medici, professori universitari,
impiegati amministrativi, preti infine, preti so­
prattutto , religiosi, monaci, frati conversi, ossia
incapaci, inetti, tutti funzionari dello spirito,
uno spirito chiamato dai cattolici lo spirito san­
to e che non è altro che lo sfogo anale e vagì­
naie di tutte le messe, di tutti i crismi, di tutti i
viatici, di tutte le benedizioni, di tutte le eleva­
zioni, di tutte le estreme-unzioni senza conta­
re le abluzioni e il - nardo ritualmente bruciato
dei brahmani, le giravolte dei dervisci, i rosoni ·
incristati perché incrostati nelle cattedrali, gli
incroci rotulei coi talloni sotto le chiappe dei
buddha e le invocazioni intra-naturali dei lama.
Thtto questo è ben peggio e ben più tenebroso
in questo momento rispetto alla disputa sugli
universali e non voglio, mentre sono in un ma­
nicomio, essere trattenuto, internato e impedito
di ritrovare qui le mie cinque .figlie primogenite:
Neneka Chilé, Catherine Chilé, Cécile Schram­
me,Annie Besnard,Yvonne Nel-Dumouchel, più
qualche altra, tra le quali in primis, Sonia Mossé,
Yvonne Gamelin, Josette Lusson, Colette Prou
(assassinata a colpi di ascia in una cella dell ' o­
spedale di Havre da un guardiano assoldato dal-

1 47
la Sicurezza Generale, mentre io ero trattenuto
di forza con i piedi legati al letto) , e lo voglio
ancora meno dal momento che queste strego­
nerie magiche sono prodotte, la maggior parte
del tempo, da gruppi di francesi a Parigi, che si
riuniscono a certe ore del giorno o della notte
in certe strade appartate nella zona di Notre-Da­
me-des-Champs, della porte d' Orléans o di Ver­
sailles, del cimitero Montmartre , di Père-Lachai­
se, degli Invalides, del viale della Motte-Picquet,
del Pare Monceau , degli Champs-Élysées, ecc . ,
ecc. Quando queste stregonerie si producono,
il traffico è vietato per un'ora dalla polizia nella
strada in cui si producono , e ve ne sono state
di tali quindici giorni fa nel viale della Motte­
Picquet, ve ne sono state l' altro ieri in via di
Prony verso le 4 del pomeriggio , ve n'è stata
una ieri sera verso le 1 1 (dunque la domenica
1 6 settembre) sulla Piace de la Concorde, su­
gli Champs-Élysées, dal lato del Ministero della
Marina. Thtti i francesi hanno dimenticato per
stregoneria consentita che a queste stregone­
rie ho risposto con mucchi di cadaveri a Pari­
gi stessa, e che le strade in cui questi cadaveri
erano caduti sono state anch'esse vietate dalla
polizia, il tempo che i becchini e i cantonieri
potessero raccogliere i morti e ripulire la strada,
ma questo nessuno ha più voluto saperlo per
offrirsi il lusso di credere che la vita ordinaria

1 48
continuasse, e le popolazioni di Parigi e della
terra cominciano ad essere terribilmente scar­
se, Sig. Henri Parisot, ma tutti coloro che hanno
perso un parente o un amico hanno ricevuto
l'ordine di non dire nulla e di non lamentarsene,
di modo che , si spera, quest 'affare possa esse­
re soffocato mentre avrò qui colica su colica e
diarrea su diarrea ed è il meno che possa dirvi.
Vi prego di leggere e rileggere più volte questa
lettera con la più grande attenzione, e capirete
così la sorte che la Francia borghese fa subire
ad uno scrittore ribelle.

Antonin Artaud .

......

Rodez, 22 settembre 1 945

Non ho fatto traduzioni di Jabberwocky. Ho


tentato di tradurne un frammento ma mi ha an­
noiato. Non mi è mai piaciuto questo poema che
mi è sempre parso di un'infantilismo affettato;
mi piacciono i poemi zampillati e non il linguag­
gio ricercato . Voglio, quando scrivo o leggo , sen­
tire la mia anima rizzarsi come ne La Charogne,
La Martyre o il Voyage à Cythère di Baudelaire .
Non mi piacciono i poemi o i linguaggi di su­
perficie e che olezzano di felici passatempi e di

1 49
riuscite intellettuali, s' appoggiassero pure sull' a­
no ma senza mettervi l' anima o il cuore . L'ano è
sempre terrore, e non ammetto che si perda un
escremento senza lacerarsi di perdervi anche la
propria anima, e non vi è anima in Jabberwocky.
Thtto ciò che non è un tetano dell'anima o non
viene da un tetano dell'anima come i poemi di
Baudelaire e di Edgar Allan Poe non è vero e non
può essere ricevuto nella poesia. Jabberwocky
è l' opera di un castrato, di una specie di metic­
cio ibrido che ha triturato della coscienza per
farne uscire dello scritto, laddove Baudelaire ha
fatto uscire delle piaghe d' afasia o di paraplegia
e Edgar Poe delle mucose acide come l' acido
prussico, dell'acido alcolico, e questo fino all' av­
velenamento e la follia. Perché se Edgar Poe è
stato trovato morto un mattino sul bordo di un
marciapiede a Baltimora, non è in una crisi da
delirium tremens dovuta all'alcol, ma perché
qualche mascalzone che odiava il suo genio e
non voleva la sua poesia l'ha avvelenato per
impedirgli di vivere e di manifestare l'insolito,
l' orrido dittamo che si manifesta nei suoi versi.
Si può inventare la propria lingua e far parlare
la lingua pura con un senso fuori grammatica­
le ma bisogna che questo senso sia valido in sé,
ossia che provenga dall 'inquietudine , - inquie­
tudine questa vecchia serva della pena, questo
sesso di giogo occultato che essuda i suoi versi

1 50
dalla malattia: l'essere, e non sopporta che lo si
dimentichi.Jabberwocky è l'opera di un profitta­
toce che ha voluto intellettualmente saziarsi, lui,
sazio di un pasto ben servito, saziarsi del dolore
altrui. E questo non si è mai visto nel suo poema
e nessuno l'ha mai detto. Ma lo dico perché l'ho
sentito. Quando si scava la cacca dell 'essere e
del suo linguaggio, bisogna che il poema puzzi,
e Jabberwocky è un poema che il suo autore si
è ben guardato dal mantenere nell 'essere uteri­
no della sofferenza in cui ogni gran poeta si è
inzuppato e dove, distendendosi, puzza. Vi sono
nel Jabberwocky dei passaggi di fecalità, ma è
la fecalità di uno snob inglese, che sfiora in lui
l'osceno come dei ricciolini al ferro caldo, come
un palpatore dell'osceno che si guardasse bene
dall 'essere osceno , lui, come Baudelaire nella
sua afasia terminale o come Edgar Poe sulla sua
bocca di fogna la mattina in cui venne ritrovato
morto a causa di un'apoplessia d'acido prussico
o di cianuro di potassio . Jabberwocky è l'opera
di un vigliacco che non ha voluto soffrire la pro­
pria opera prima di scriverla, e questo si vede. È
l' opera di un uomo che mangiava bene , e questo
si sente nel suo scritto . Mi piacciono i poemi de­
gli affamati, dei malati, dei paria, degli avvelenati:
François Villon, Charles Baudelaire, Edgar Poe ,
Gérard de Nerval, e i poemi dei suppliziati del
linguaggio che perdono i loro scritti, e non di

151
coloro che si esibiscono come dei perduti per
meglio stendere la propria coscienza e la pro­
pria scienza sia della perdita sia dello scritto . I
perduti non lo sanno , belano o bramiscono di
dolore e d'orrore.Abbandonare il linguaggio e le
sue leggi per torcerle e denudar la carne sessua­
le della glottide da cui fuoriescono le asprezze
seminati dell'anima e i lamenti dell'inconscio va
benissimo, ma a condizione che il sesso si sen­
ta come un orgasmo insorto, sconvolto, nudo,
uterino , pietoso anche, ingenuo, stupito d'essere
reprobo, e che non appaia, questo lavoro, come
la riuscita di un mancamento in cui lo stile puz­
za ad ogni angolo delle sue discordanze la fla­
tulenza di uno spirito sazio, perché l'uomo si è
ben saziato, quando anche il suo mancamento
come in Jabberwocky è provocato come un nu­
trimento allettante in più. Mi piacciono i poe­
mi che puzzano la mancanza e non i pasti ben
preparati. E ho contro Jabberwocky qualcosa
in più. È che avevo da molti anni un'idea della
consunzione , del consumo interno della lingua,
a causa dell' esumazione di non so quale torbida
e abietta necessità. E ho, nel 1934, scritto tutto
un libro in questo senso, in una lingua che non
era il francese, ma che tutti quanti potevano leg­
gere, a qualsiasi nazionalità essi appartenessero.
Questo libro sfortunatamente è andato perso. È
stato stampato in un numero ridottissimo d'e-

1 52
semplari, ma delle influenze abominevoli di per­
sone dell'amministrazione , della chiesa o della
polizia si sono intromesse per farlo sparire, e ne
è rimasto solo un esemplare che non ho ma che
è rimasto tra le mani di una delle mie ragazze :
Catherine Chilé . Costei era infermiera nel 1 934
all'ospedale Saint-Jacques dove preparava il suo
diploma di medicina. La vedo costantemente
attorno a me e so che in questo momento fa
l'impossibile per giungere fino a Rodez, ma non
so più esattamente dove sia, voglio dire a che
punto sia in questo viaggio fino a me . Non credo
che tutto questo possa sembrarvi un romanzo
adesso che avete visto le orde di spiriti assassini
che vorticano attorno a me per impedirmi di la­
vorare, e a voi, per impedirvi d'essere.
Vi chiedo di pubblicare questa lettera che An­
dré Breton avrebbe di certo pubblicato, vent'an­
ni fa, con gioia, nella Révolution Surréaliste.
Oggi, essa non farebbe neppure più scandalo, ma
vi sono abbastanza sortilegi che flottano nell'aria
attraverso tutte le coscienze per insinuare che le
sue idee sono deboli e che ci vuole un critico di
un'altra tempra rispetto a me per metter mano a
Jabberwocky. Ma sono sicuro che un lettore delle
mie opere postume (pensate dunque!) tra qual­
che anno le capirà - perché ci vuole una presa di
distanza di tempo o delle bombe per giudicare la
situazione come si deve.

1 53
Avendo scritto un libro come Letura d' Epra­
hi Falli Tetar Fendi Photia o Fotre Indi, non pos­
so sopportare che la società attuale di cui voi
soffrite costantemente come me, non me ne
lasci più se non la latitudine di tradurne un'al­
tra volta a sua imitazione . Perché Jabberwocky
è solo un plagio edulcorato e senza accento di
un'opera da me scritta e che è stata fatta sparire
in tal modo che io stesso so a pena quel che vi
è dentro.
Ecco qualche prova di linguaggio al quale il
linguaggio di questo libro antico doveva somi­
gliare. Ma le si può leggere solo scandite, su un
ritmo che il lettore stesso deve trovare per capi­
re e per pensare :

ratara ratara ratara


atara tatara rana

otara otara katara


kokona kokona koma

kurbura kurbura kurbura


kurbata kurbata keyna

pesti anti pestantum putara


pest anti pestantum putra

1 54
ma questo è valido solo se zampilla d'un col­
po; ricercato sillaba a sillaba non vale nulla, scrit­
to qui, non dice nulla ed è solo cenere; perché
questo possa vivere scritto ci vuole un altro ele­
mento che è in questo libro che è andato perso.
I prossimi avvenimenti rimetteranno tutto
questo a posto.

Antonin Artaud .

......

[Risposta di Henri Parisot]

30 settembre 1 945

Mio caro amico,

Capisco perfettamente che non amiate il


jabberwocky, ma credo che sovrastimiate la po­
tenza di sortilegio delle persone alle quali fate
allusione. Essi hanno a loro vantaggio, credete­
mi, solo la forza del numero e della stupidità,
ed è facile sfuggirgli con l' astuzia. L'errore è di
volere resistere loro apertamente come l ' ave­
te fatto a Dublino e altrove. Non si può lottare
apertamente l contro 1 000.
Ho mandato in stampa il Viaggio al Paese
dei Tarahumara, seguito dalla lettera che mi

1 55
avete autorizzato a pubblicare. Il volume uscirà,
penso , tra un mese circa. Riceverete sull' edizio­
ne il l 0% di diritti d'autore , la metà al momento
della pubblicazione del volume.
Avendo una vista assai pessima, vi sarei rico­
noscente se poteste scrivermi con l'inchiostro
(e non a matita) ogni volta che lo potete . Vi rin­
grazio anticipatamente.
Credetemi con tutto il cuore vostro .

Henri Parisot

.....

[A questa lettera di Henri Parisot, Antonin


Artaud rispose dapprima con una lettera stiz­
zita datata 5 ottobre 1945, che però poi, per
un ripensamento, non inviò, scrivendone una
seconda il giorno seguente, che venne poi in­
viata al posto della precedente. Qui presentia­
mo entrambe le lettere, avendo la fortuna di
aver ritrovato, tra le carte di Rodez di Anto­
nin Artaud, anche la copia della lettera del 5
ottobre]

1 56
Rodez, 5 ottobre 1 945

Gentile Signore,

Vi scrivo con la matita, non avendo inchio­


stro e non potendo averne qui perché gli altri
internati rovesciano i miei flaconi di inchiostro
sui miei libri e i miei fogli.
Vi confesso, gentile Sig. Parisot, che non sono
contento di voi e che mi sento persino spaven­
tosamente furioso contro di voi. Vi ho ricordato
un'oscura vicenda alla quale non avete potuto
credere , non perché non vi si possa credere , ma
perché siete preda voi stesso del sortilegio per
non credervi, e vi accuso di averlo fatto volonta­
riamente e coscientemente ad una determinata
ora e a un determinato giorno, preferendo cre­
dere che la vita continua, coi suoi cinema, i suoi
teatri, i suoi giornali, le sue riviste, la sua lettera­
tura, la sua pittura, le sue esposizioni di pittura
in certe gallerie di pittura espressamente scelte,
i suoi ospedali, le sue chiese , la sua medicina e
i suoi farmaci.
Essa continua del resto anche con le sue
riunioni mondane che sono diventate delle
orge spaventose in mezzo ai viali e in mezzo
alle strade, orge che non avete voluto vedere
che avete preferito perché stregato e per ma­
gia dimenticare, per credere di averle viste .

1 57
Cedendo in questo allo spirito da canaglia e
d' erotismo purulento generale che non ha mai
smesso di accusarmi d'esser pazzo quando lo
accuso , per poter essere abietto col pretesto
di questa contro-accusa di follia che è sempre
stato per lui un mezzo empio di fare il male, ap­
profittando del fatto che sono internato, e che
non posso in questo momento colpirlo come a
Dublino o a Parigi nel 1 927, 1 930, 3 1 , 32, 3 3 , 34
(34 soprattutto), 3 5 , 36, e 1 937 in cui lo colpii
con un bastone, per fare il male, apertamente
in piena Parigi, in tutte le strade e sui viali. Vi
sono state delle orge nere di quest 'ordine in via
Caulaincourt qualche mese fa, ve ne son state
in via de Prony poco più di una settimana fa, la
via essendo in quel momento vietata al traffico
per almeno un 'ora, ve ne sono state in corso
Motte-Picquet, coloro che menavano il passo e
dirigevano i sortilegi dell 'orgia su di me essen­
do in quel momento in un caffè , accanto ad una
drogheria e più o meno di fronte al caffè Labru­
nie; lo so perché in coscienza vi ero, essendo lo
scopo e l' oggetto di queste stregonerie, e che
ho smascherato gli stregoni da laddove sono,
qui, col soffio e con la mano , - ve ne sono state
in Piace de la Concorde, dalla parte del Ministe­
ro della Marina, otto o dieci giorni fa, ve ne sono
state ieri sera verso le undici a Boulevard de la
Madeleine , quel che ha sollevato la coscienza

1 58
di una ragazzina che è una delle mie più grandi
amiche e mia figlia, la quale si è gettata a cor­
po morto sui gruppi di stregoni e li ha bruciati
col fuoco che essa detiene. E essa ha in seguito
camminato attraverso tutto il viale gridando e
colpendo tutti quanti, scandalizzata con tutta la
sua anima, in un sussulto d' orrore di tutto il suo
essere di fronte agli orrori che vedeva. Dirmi
dopo questo che esagero l'importanza dei sor­
tilegi e delle stregonerie di cui vi parlo, è, mio
caro Sig. Parisot, farsesco e disonesto.
Non vi è peggior cieco di colui che non vuoi
vedere, e quando il cieco ha visto e pretende
dopo d'essere miope, questo cieco è in più un
mascalzone .
n surrealismo, Sig. Parisot, non è un movi­
mento superato e che è passato nella letteratu­
ra e la storia per essere mangiato dalle tarme
delle riviste e nei libri. È un movimento sempre
vivente e bisognerà forse dirvi come nel 1925
dicevo, con André Breton, alla plebaglia del pre­
tume, di borghesia e di imbecillità che non ha
mai cessato di asfissiare la vita, e a ciascuno di
coloro che la rappresentavano: Voi siete un co­
glione e un vigliacco; bisognerà forse dirvi an­
che che siete un coglione e un vigliacco per in­
vitarvi e decidervi a credere a ciò che accade e
a vederlo . Sia quel che sia, in queste condizioni
non posso autorizzarvi a pubblicare il mio libro :

1 59
il Viaggio al Paese dei Tarahumara, e neppure la
lettera che lo segue , e vi prego di rinviarmi im­
mediatamente il testo qui.
Lo pubblicherò io stesso, Sig. Henri Parisot.
Non vi invito neppure più a rileggere la Pro­
fezia di san Patrizio nel Dizionario d'Agiografia.
Perché poco importa a questo punto che io vi
sia stato specificamente designato non solo col
mio nome, ma ancora in diversi passaggi dei
miei poemi di Tric Trae du Ciel pubblicato nel
1 920 o de L'Ombilic des Limbes pubblicato nel
1 92 5 , seppur questo Dizionario d'Agiografia è
stato stampato nel 1 894, due anni prima della
mia nascita, e che io l' abbia letto solo nel 1 934,
epoca in cui ho scritto Eliogabalo. Nel mio ca­
rattere non è solo, caro Sig. Henri Parisot, di lot­
tare l contro l 000 ma a l contro tutti quanti,
quando sono il solo del mio parere . E del resto,
io non sono solo , ma ho sempre avuto attorno
a me una ristretta ma fedele truppa di figlie , di
anime ostinate ad amarmi e che costituiscono
tutti i miei partigiani. Ne ho in Francia, ne ho in
Irlanda, ne ho in Germania, ne ho in Messico, ne
ho in Afghanistan e in Cambogia, ne ho a Bali
e forse anche in Giappone è stata fatta in Af­
-

ghanistan una traduzione de L'Art et la Mort. E


ripubblicherò io stesso il mio libro

Letura d' Eprahi

1 60
Falli Tetar fendi
Photia o fotre Indi

pubblicato nel 1 934.


Avevo questa notte un pane sulla mia tavola
da notte, le streghe e gli stregoni del Boulevard
de la Madeleine mi hanno inviato un ratto che
si è introdotto in questo pane, vi ha fatto un
buco e dall 'interno l'ha rosicchiato per tutta la
notte, lasciando sui miei libri al mattino non so
quante cacche di ratto. E questo non è il primo
ratto che questa terra invia sul mio cibo e sui
miei scritti. Perché questi ratti si chiamano nul­
la e vuoto e questo si crea in un giro di coscia,
nella coscienza di tutti gli Ebrei negatori del
pieno eterno , creatori, inventori, sofisti, soste­
nitori della mancanza eterna in senso al pieno
perpetuo.
Perché Kraum-dam è un corpo pieno e sem­
pre pieno, che ha sempre sofferto del soffio
brahm, brahma, ama, brahma, il quale è obbliga­
to a prendere appoggio sul suo vuoto per riem­
pirsi ed essere pieno mentre questo vuoto è un
demone e il sostenitore è un altro demone .
Kraum-dam non è un soffio ma è la mia
anima, benché il vocabolo non lo designi che
lontanamente, e non ammetto che laddove è
questione di sapere dove e quando uscirò dalla
mia anima, i ratti che mi inviano da Parigi non

161
cessano di rosicchiare di fuori il cibo e gli scrit­
ti. - Impedendo in questo modo di nascere in
questa vita al libro che fino ad ora mi rappre­
senta meglio

Letura d' Eprahi.

Sono stato assassinato nel 1 9 1 5 a Marsiglia,


corso Devilliers, di fronte alla chiesa dei Riforma­
ti, con un colpo di coltello nella schiena, di cui la
schiena porta la cicatrice. Sono caduto morto e
mi sono risollevato immediatamente, ma non lo
stesso, perché in questa morte la mia anima è sta­
ta cambiata ed io sono stato obbligato da allora
a fabbricarne un'altra. L'ultima è morta qui sotto
un elettroshock nel maggio 1 943 .

......

Rodez, 6 ottobre 1 945

Gentile Signore ,

Vi scrivo a matita, non avendo inchiostro e


non potendo averne perché qui gli altri interna­
ti rovesciano i miei flaconi di inchiostro sui miei
libri e i miei scritti.
Non sono andato in Messico per fare un viag­
gio d'iniziazione o di piacere , buono per raccon-

1 62
tare in seguito in un libro che si legge accanto
al fuoco: sono andato per ritrovarvi una razza
che possa seguirmi nelle mie idee. Se sono poe­
ta o attore non è per scrivere o declamare delle
poesie, ma per viverle. Quando scrivo un poe­
ma, non è per essere applaudito ma per sentire
dei corpi di uomini e di donne, dico dei corpi,
tremare e vivere all'unisono col mio , espellere
come si espelle, dall 'ottusa contemplazione del
buddha seduto, cosce installate e sesso gratuito,
all' anima, ovvero alla materializzazione corpora­
le e reale di un essere integrale di poesia. Voglio
che i poemi di François Villon, di Charles Baude­
laire, di Edgar Poe o di Gérard de Nerval diven­
gano veri, e che la vita esca dai libri, dalle riviste,
dai teatri o dalle messe che la nascondono e la
crocifiggono per captarla, e passa sul piano di
questa interna magia di corpi, di questo trava­
so uterino dell' anima all 'anima, che corpo per
corpo e fame d'amore per fame, libera un 'ener­
gia sessuale celata sulla quale le religioni hanno
lanciato la scomunica e il divieto , e che l'impo­
stura ipocrita del secolo distilla nelle sue orge
segrete, in odio della poesia. Il sesso è oscuro , e,
Henri Parisot, perché la poesia lo è ancor di più.
L'armonica del tono generatore de La Martyre,
de La Charogne o de La Belle Heaulmière è un
pozzo, in cui la fame uterina dell 'anima piange
un amore che non è avvenuto, in cui il fecale

1 63
del corpo sovrannaturale dell' anima si torce a
morte di non essere prodotto. Questo secolo
non capisce più la poesia fecale , l'intestino do­
lore, di quella, Madame Morte, che dal secolo
dei secoli sonda la sua colonna di morte , la sua
colonna anale di morte, nell'escremento di una
sopravvivenza abolita, cadavere anche dei suoi
io aboliti, e che per il crimine di non aver potuto
essere, di non esser mai potuto essere un essere,
è dovuto cadere per sondarsi meglio in quanto
essere, in questo abisso della materia immon­
da e d'altronde tanto gentilmente immonda in
cui il cadavere di Madame Morte, di madame
uterina fecale , madame ano, Gehenna d'escre­
mento , nell' oppio del suo escremento, fomenta
fama, il destino fecale della sua anima, nell'ute­
ro del proprio focolare. L'anima, dice il corpo
interrato dell'essere , è quel che è, focale della
sopravvivenza dell'essere, tomba, fecale come
un escremento, e s' ammucchia nel suo escre­
mento . Ho visto di fronte a me da molte bare
cadere non so che materia nera, che immortale
urina di questi muti di vivere , che briciole di
materia, in briciole , goccia a goccia, s' abolisco­
no . Il nome di questa materia è cacca, e cacca
è la materia dell'anima, di cui ho visto talmente
tante bare diffondere le proprie pozzanghere
di fronte a me. Il soffio delle ossa ha un cen­
tro e questo centro è la voragine Kah Kah Kah
- ,

1 64
il soffio corporale della merda, che è l' oppio
dell 'eterna sopravvivenza. 1\ma la merda uscita
dall'ammucchiamento di tante bare è un oppio
strappato all 'anima che non si era ancora suffi­
cientemente perforata nella voragine della sua
fecalità, la focale della sua fecalità. L'anima ama
fino alla morte, fino all'odore immortale della
sua morte, e non vi è né morte né tomba che
si possa accusare di puzzare. L'odore del culo
eterno della morte è l' energetico oppresso di
un 'anima a cui l'uomo ha rifiutato la vita.

Pho ti ti ananti phatiame


fa ti tiame ta fatridi

Sono in merda, dice l'uomo della vita per si­


gnificare che è al fondo della sua morte , che la
foglia di mercurio dello specchio della sua ani­
ma è una voragine perforata per lui. E quest'a­
nima è la poesia, e la poesia persa è un 'anima
che nessuno vuole più oggi. Non so se i Tarahu­
mara hanno voluto quest' anima, humus viride
di decomposizione , e che per humus e virus fa
acido , acido della sopravvivenza nella vita. Vi­
vere è eternamente sopravviversi rimasticando
il proprio io d' escremento, senza alcuna paura
della propria anima fecale, forma affamante di
interramento. Perché tutta l'umanità vuole vi­
vere ma non vuole pagare il prezzo e questo

1 65
prezzo è il prezzo della paura. Vi è, per esse­
re , una paura da vincere e questa consiste nel
vincere la paura, la cassaforte sessuale intera
della tenebra della paura, in sé , come il corpo
integrale dell ' anima, tutta l'anima dall 'infinito,
senza ricorso ad alcun dio dietro di sé. E sen­
za nulla dimenticare di sé. E quando dei sorti­
legi hanno luogo, giorno dopo giorno in tutta
Parigi, per impedire di sarchiare la mia anima,
di riprenderne l' orifizio nascosto , che ogni re­
ligione ha avuto la ruffianeria di dichiarare rag­
giunto da divieto , non si continuerà più a dirmi,
e nessuno verrà a dirmi qui che sono pazzo a
ricercare questo dettame corporale dell 'anima,
materia magica di poesia. Perché è ciò di cui mi
si accusa ed è per questo che sono da otto anni
internato, e che sono stato messo in camicia
di forza, avvelenato , e addormentato con l'e­
lettricità , è per aver voluto trovare la materia
fondamentale dell'an ima e liberarla in fluidi
congeniti. Questi sortilegi non sono unicamen­
te a Parigi, sono oggi in tutta la terra, interamen­
te agli ordini, ovunque obbedisce a dei maestri
astiosi dell'Himalaya. I quali non sono che il
subconscio di ogni villania o di ogni crimine,
dei lerciumi e dei crimini di ogni uomo, che
coll 'intero corpo di ogni uomo si trasportano
sull'Himalaya, credendo mettersi al riparo dal­
la collera che da 49 anni monta in me . Io rim-

1 66
provero agli uomini di questo tempo di avermi
fatto nascere con le più ignobili manovre magi­
che in un mondo che non volevo , e di volermi,
per mezzo di manovre magiche simili, impedire
di fare un buco per abbandonarlo . Ho bisogno
di poesia per vivere, e voglio averne attorno a
me . E non ammetto che il poeta che sono sia
stato rinchiuso in un manicomio perché voleva
realizzare la propria poesia al naturale . Ammet­
to ancor meno che gruppi di stregoneria, a cui
tutta la popolazione parigina non cessa notte e
giorno di darsi il cambio, si dispongano a certe
ore intese e previste in anticipo nelle strade o
sui viali per lanciare su di me dei flutti d 'odio
che ognuno, gonne sollevate o pantaloni sbot­
tonati, attinge dal fondo della propria sessua­
lità, e che io mi senta dire che esagero o che
deliro quando accuso queste manovre infami
che tutti quanti a Parigi hanno visto. Vi è stata
un' orgia di questo genere l' altro ieri verso le
undici in boulevard de la Madeleine, vicino al
caffè dei Mathurins; ve ne son state costante­
mente di fronte alla chiesa di Notre-Dame-des­
Chamos qualche settimana fa, il boulevard du
Montparnasse essendo in quel momento chiu­
so una mezz 'oretta o un quarto d'ora al traffi­
co. Ve n'è stata in Avenue de la Motte-Picquet
quindici giorni fa, i promotori dell 'orgia oscena
si erano chiusi in un caffè più o meno di fronte

1 67
alla taverna Labrunie , da dove portavano avanti
le loro stregonerie con l ' aiuto di un gruppo di
Parigine e di Parigini sul marciapiede . Di que­
ste stregonerie di ottusa e criminale purulenza,
ve n'è stata una del tutto sensazionale ieri sera
dal lato della posta dell'Avenue de Ségur. Era
tra le undici e mezzanotte . Il risultato è stato
per me un' angoscia di morte e un ratto che si è
annidato in un pezzo di pane che avevo vicino
a me su un tavolo e l ' ha divorato dall'interno,
coprendo i miei libri di cacche di ratto . Una
parte di questa stregoneria è del resto partita
da un gruppo di persone sedute ai tavoli del
Dome , che conoscono la misura occulta dal
mio interno coscia al mio cervello , e si offrono
il lusso di assaggiarmi da lontano con la loro
lingua e tutta la tumida libido della golosità di
accaparratori che possono mettervi, di assag­
giarmi tastando, come il feto di un neonato. Per
lottare contro una tanto ributtante infamia non
vi è che lo spappolamento della forza ed è ciò a
cui ho fatto ricorso un giorno su una piazza di
Dublino nel settembre 1 937. Gli Irlandesi sono
dei cattolici spietati, e il fondo del cattolicesi­
mo è di assaggiare dio-l'io nella messa di tutto
l' osceno appoggio, con l'oscena pesantezza fal­
lica d'una lingua che prega come se dal soffio
del suo petto facesse lussuriosamente sborrare
il proprio latte venendo .

1 68
È quel che l'ipocrita ruffiano di ogni cristia­
no fa in astrale nel suo animo, e che dissimula
untuosamente sotto le mani giunte della pro­
pria vita. Ed è quel che delle persone, al Dome
o Avenue de Ségur, non hanno più fatto ipocri­
tamente e in astrale, ma in tutta franchezza e
corporalmente.
Non ero a Dublino solo l contro 1 000. Ero
solo con un bastone speciale che tutti quanti
hanno potuto vedere a Parigi in maggio , giugno,
luglio e agosto 1 937, epoca in cui venne pub­
blicato il Viaggio al Paese dei Tarahumara . Ho
passeggiato con questo bastone al caffè Deux
Magots, al Dome , alla Coupole, e un po' dapper­
tutto a Parigi. L'ho mostrato da vicinissimo ad
André Breton e a diversi altri amici. Mi era stato
dato da un amico che voi conoscete, René Tho­
mas, che all 'epoca abitava il 2 1 di Rue Daguerre ,
il quale l' aveva ricevuto dalla figlia di uno stre­
gone savoiardo di cui si parla nella profezia di
san Patrizio. E si parla di questo bastone anche
nella profezia di san Patrizio, pubblicata per in­
tero nel dizionario d' agiografia e che ho letto
per la prima volta nel 1 934 alla Biblioteca Na­
zionale. Questo bastone ha 200 milioni di fibre,
ed è intarsiato da segni magici, che rappresen­
tano delle forze morali e una simbologia antena­
tale che è del resto da riprendere, perché impe­
diva il principio del bastone, del bastone fulmi-

1 69
nante in sé, d' avere tutta l' azione che può avere ,
ma che non nega il principio del fuoco, questa
simbolica, poiché è giunta e ha voluto criminal­
mente travisarla verso un'idea della predestina­
zione degli esseri, che , qualunque male abbiano
potuto fare, non potranno , un giorno , non es­
sere salvati. Comunque sia, mi sono servito di
questo bastone in Irlanda solo per imporre il
silenzio a tutti i banditori, e sono stato messo in
prigione e deportato , solo perché mi son reso
conto io stesso che il bastone non valeva nulla
come mezzo di difesa e che intuivo io stesso
essere pessimo, ovvero inetto, idiota e insipido
d' anima man mano che l'impiegavo. Questo ba­
stone, dice la leggenda, sarebbe il bastone stes­
so di Lucifero che si credette dio , e fu solo il
suo vampiro. Questo bastone passò nelle mani
di Gesù Cristo, poi di san Patrizio.
Ne ho piantato e costituito un altro che at­
tendo qui da un momento all'altro, e non ho
smesso qui di lavorarvi. Quando sarà pronto, la
battaglia riprenderà, e vi ho già detto che , sic­
come sono andato nel 1 936 in Messico, conto
ora di intraprendere un grande viaggio verso
l'Himalaya.

Antonin Artaud.

***

1 70
Rodez, 9 ottobre 1 945

Gentile Signore,

Sì, sarei felicissimo di affidarle la pubblica­


zione delle ultime lettere che vi ho scritto. Ma
vi ho scritto 2 giorni fa una nuova lettera che
vi chiedo di aggiungere al Viaggio al Paese dei
Tarahumara. Credo del resto che vi interes­
serà in ragione di tutto quel che contiene. Sto
preparando due libri: il Surrealismo e la fine
dell'era cristiana, e soprattutto Misura sen­
za misura , in cui provo a trovare un nuovo
linguaggio: essere quel cane goffo che cammi­
na con le gambe larghe portando il suo cuore
continuamente tra le cosce e non una gru che
ancheggia attorno al proprio deretano per mo­
strarlo in giro.

Orka ta kana izera


kani zera tabitra

Perché l'infinito è una pressa

ora bulda nerkita

che schiaccia persino il proprio torchio fino


a farne uscire in se stesso il sangue dell'infinito,
non come uno stato ma come un essere.

171
Ditemi se avete ricevuto la mia ultima lettera.
Vostro.

Antonin Artaud.

P. S . - Vi è in questo momento un affare di


possessione bislacca che riempie tutta la ter­
ra. Essa è portata avanti da un certo numero di
sette d'iniziati che conosco benissimo e che
inseguo da almeno trent' anni, ossia da un cer­
to giorno della primavera del 1 9 1 5 , in cui sono
stato colpito da una coltellata alla schiena, da
sue magnaccia, in corso Devillier a Marsiglia, di
fronte alla chiesa dei Riformati. Avevo in quel
momento 1 9 anni . Passavo di fronte alla farma­
cia che fa angolo tra il corso Devilliers e il viale
della Madeleine, quando vidi ronzare attorno a
me due uomini di brutto aspetto , che mi ispira­
rono l'idea che sarei stato colpito da loro : non
li conoscevo e uno dei due mi sorrise , come
per dirmi: «No , non hai nulla da temere da noi,
non sei tu che cerchiamo» . Poi vidi il suo viso
cambiare, e al posto dell'uomo che mi sorri­
deva, vidi nello stesso corpo una maschera di
bestialità che mi colpì perché mi sembrò non
appartenere a quest 'uomo, e vi sentii passare
una torsione spaventosa. «Chi sono e cosa vo­
glio, sembrò dirsi di colpo, quest'uomo non è
mio nemico, io non lo conosco e non lo colpi-

1 72
rò» . E se ne andò. Cominciai dunque a risalire
Boulevard de la Madeleine, quando sentii l'aria
dietro me scossa da uno strappo; pensai: «È l'a­
nima del mangaccia che si straccia», e non ebbi
il tempo di voltarmi che sentii una lama di col­
tello strapparmi il retro del cuore , nella schiena,
un po' verso la parte superiore dell 'omoplata, a
due centimetri dalla colonna vertebrale. E sentii
che prima del colpo un corpo era caduto dietro
di me, caddi anch 'io per terra, ma pensai: «Non
è ancora la mia ultima ora, il sangue se ne andrà,
si fermerà», e in questa idea mi risollevai con
un terribile dolore che poco a poco del resto si
calmò. li magnaccia a terra mi disse: «Non sono
io, e per nulla al mondo avrei voluto colpirvi. Vi
conosco, nonostante voi mi abbiate dimentica­
to, e so chi siete; ho provato ad evitare il colpo
che mi si voleva obbligare a darvi, e se il mio
corpo vi ha forse un po ' colpito, è perché sono
stato di colpo posseduto, ma la mia anima non
vi ha colpito, e sono caduto per strapparla al
mio corpo». Gli risposi: «So perfettamente chi
ha voluto colpirmi, ed è un angelo, ma non siete
voi. È una vecchia storia che risale a prima delle
origini», e mano a mano che gli parlavo, questa
storia di un crimine dimenticato mi risovveniva,
in cui Gesù Cristo è un macaco da lupanare e
da bordello , e Lucifero il consacratore di Dio.
«Questa storia, gli dissi, ci porterà lontano ed è

1 73
lungi dall' essere finita», ed essa mi ha condotto
in effetti fino al manicomio di Rodez dove mi
trovo attualmente all 'ombra della cattedrale più
cattolica della terra, che sprigiona giorno e not­
te su di me delle onde impercettibili di sortilegi.
Ho ancora nella schiena, da 30 anni, la cicatrice
di questa coltellata, di cui la forza che l'animava
sovrastava l'uomo che mi colpì col suo corpo
ma non con la sua anima.
Questo magnaccia posseduto non è solo, e
tutta la terra in questo momento è nelle sue
stesse condizioni. Ma nessuno vuole crederlo,
perché il trucco degli iniziati è di mettersi nel
corpo delle persone per negare coloro che li
accusano, e di farli condurre in prigione o nei
manicomi. Ho passato la mia vita da trent' anni
a individuare attraverso il mondo tutte le sette
che agiscono sulle coscienze delle persone, e
credo di conoscerle tutte. Ve ne sono in Mgha­
nistan, in Turkestan, in Tibet, presso i bonzi nei
conventi lamaiti, ve ne sono presso i musulma­
ni delle Indie , ma le più temibili sono quelle
di coloro che ancora non ammettono di esse­
re iniziati ma lavorano lo stesso giorno e notte
nell 'occulto , prendendo sostegno nel mistero
del corpo umano . Queste sette si dicono essere
in spirito, e gli spiriti dei corpi in cui esse lavo­
rano si pretendono i padroni di questi corpi, e
dirigervi dall'iilterno l'io e il corpo dell 'uomo o

1 74
della donna che li portano . Ciò è il pensiero più
paralizzante e epilettogeno che abbia mai cono­
sciuto. È la religione cattolica cristiana ad essere
alla base di questo stato di cose. Poiché essa si
è voluta spirito e non corpo, o come nella reli­
gione intrinseca di Gesù Cristo essa vede nel
principio del corpo un vuoto che si fa pieno , e
riempie poco a poco il pieno che così è solo la
propria emanazione . Ciò vuoi dire che vi è, alla
base di ogni corpo vivente , una voragine abis­
so, che poco a poco un angelo riempie delle
cantine dell' eternità e vuole, per sommersione,
prendere in lui il suo posto . È per aver voluto
divulgare queste cose che sono stato ovunque
trattato come pazzo e alla fine, nel 1 937, messo
in prigione, deportato , aggredito su una nave,
internato, avvelenato, chiuso in una camicia di
forza, gettato in uno stato di coma e che non
sono ancora riuscito a ritrovare la mia libertà.
Quando gli angeli di cui vi parlo si sollevano in
seno a certi corpi, i più furiosi sortilegi partono
su di me e su certi uomini di mia conoscenza, e
però, in tutta la terra, ne conosco ad oggi molti
che non hanno voluto questo stato di cose. E vi
è alla base di questi sortilegi un vecchio affare
di stupefacenti, che risale a prima del diluvio e
ben prima della creazione. Non è per nulla che
gli Inglesi, tanti anni fa, hanno fatto bruciare i
campi d' oppio in Cina e che su tutta la terra

1 75
è stato vietato l'utilizzo dell'oppio, dell'eroina,
della morfina e di tutte le piante presunte con­
vulsivanti come il peyote , il curaro, l'agar-agar
o il beriberi. È per impedire agli uomini di non
ritornare mai ad una vecchia nozione pregeni­
tale dell'essere che tutte le sette e le religioni
hanno celato. È che la via non è questa noia di­
stillata in cui si fa macerare la nostra anima da
sette eternità, non è quest'infernale morsa dove
ammuffiscono le coscienze, e che ha bisogno
di musica, di poesia, di teatro e d' amore per di­
vampare di tanto in tanto, ma tanto poco che
non vale la pena parlarne. L'uomo della terra
si annoia a morte, e tanto profondamente in se
stesso che adesso neppure se ne accorge più.
Si corica, dorme, si alza, passeggia, mangia, scri­
ve , inghiotte, respira, caga come una macchina
a cui hanno diminuito il tono, come un rasse­
gnato sepolto nella terra dei paesaggi e che il
paesaggio ha sottomesso a lui come uno che è
stato imbavagliato sul patibolo di un pessimo
corpo, e sottomesso a delle letture, buongiorno,
buonasera, come va, bella giornata oggi, la piog­
gia rinfrescherà la terra, cosa dicono le infor­
mazioni, venite dunque a prendere un tè a casa
mia, una briscola, la dama e gli scacchi, le bocce,
ma non è di questo che si tratta, voglio dire che
non è questo che definisce la vita immonda in
cui viviamo . Ciò che la definisce è che ci hanno

1 76
distillato a tutte le nostre percezioni, le nostre
impressioni e che le viviamo ormai solamente
al contagocce, respirando l'aria dei paesaggi dal
di sopra e dal bordo, e l 'amore da fuori la cesta,
senza poterla prendere per intero .E non è che
l'amore non abbia anima, è che l'anima dell'a­
more non è più. Con me è l'assoluto o nulla,
ed ecco quel che ho da dire a questo mondo
ch e non ha né anima né agar-agar. È che vi è
nel surrealismo di trance, nello stato di trance,
un limo che è stato dissecato dalle religioni e
dai loro riti, da sette eternità propinati da tutti
i borghesi e tutti i vigliacchi della terra e della
vita. E questo limo è rigeneratore, non si chiama
la poesia dei poeti, né la musica delle armonie,
non è un nome ma il corpo stesso dell' anima,
anima che il Cristo ha scacciato dalla vita per
conservarla nel suo paradiso (qui giace) e che
le sette degli iniziati della terra hanno deviato
verso centri segreti per renderla al contagocce,
giornalmente, a chi piace loro . Ciò che più so­
miglia a quest' anima, è l'oppio , l' agar-agar, l'e­
roina, il beriberi. Il peyote e la cocaina ne sono
come degli estratti pervertiti. Ma l'alcol è la sua
cotta eterna, ovvero il suo prosciugamento. È
per questo che i delirium tremens dell ' alcol
non hanno mai smesso d' essere permessi con
l'isteria e l' epilessia che, generazione dopo ge­
nerazione, ne conseguono, mentre gli eserciti

1 77
di sbirri, di medici, di infermieri e di religiosi
si sollevano contro la cosiddetta tossicomania.
Coloro che assumono delle droghe, coloro che
hanno in sé una mancanza, genitale e predesti­
nata - o che poeti del loro io in vita, abbiano
sentito prima degli altri uomini ciò che man­
ca da sempre alla vita. - Perché l' oppio dalle
eternità intossica solo a causa del sortilegio che
venne scagliato su esso. E che consiste nell' aver
ripulito da lui l' assalto brusco di una potenza

potam am cram
katanam anankreta
karaban kreta
tanamam anangteta
konaman kreta
e pustulam orentam
taumer dauldi faldisti
taumer oumer
tena tana di li
kunchta dzeris
dzama dzena di li

kama il treno se n'è andato nella Ule , ha visto


incantare la kroule di Tule .
Vi è nell'oppio il segreto di un lievito immor­
tale, dissecato dal pane azzimo, e l'alcol dei vini
consacrati, violentati anch 'essi in oscure orge
nel Caucaso o nell'Himalaya.

1 78
talachtis talachti tsapoula
koiman koima nara
ara trafund arakulda

che è un ritmo d'esorcismo contro il pro­


sciugamento dell ' oppio per mezzo delle orge
e delle consacrazioni. Questo prosciugamento
dell 'oppio è vero, perché venuto da un' anima
di vita, da un corpo in salita eterna di vita, non
può che dare il sobbalzo senza la tomba, questa
tomba atomica del corpo in cui in ragione della
caduta nel depositario interno si perde la for­
za che portava. Dove ciò si perda, quand ' essa è
guadagno su guadagno, e che la forza apportata
dall' oppio lungi dal far discendere il corpo lo
fa salire , e per questo fatto, essa gli fa prendere
uno slancio su se stesso, aprendogli la voragine
d'immortale sopravvivenza, che l' odio di non
so quale spirito della tomba blocca nei midolli
dell'intossicato? La retro elevazione che l' oppio
apporta non un ozio di vivere, ma la forza di
vivere un po' di più, ossia di superarsi. È ciò che
non fanno gli intossicati: oziano invece di cercar
di sormontarsi. Perché? Perché l'oppio stesso è
stato trasformato dalla perdita antica di un 'ani­
ma che gli Inglesi, venti o trent'anni fa, in Cina,
hanno voluto finire di carbonizzare . - È quest'a­
nima che hanno suppliziato in Chaucer, fatto
salire sul rogo in Giovanna d'Arco e provato a

1 79
sterminare in Cina perché erano della razza dei
bianchi, e che l' oppio è nero e che hanno volu­
to sterminare il nero . Il balzo alla gola del soffio ,
il sovra-sputo della goccia di dietro che risale
sempre dal basso , e di basso in basso immerge ,
il fondo in forza per una forza ancora più bassa
drizzata, questo tremito di un oscuro clitoride,
questo schizzo di un' erezione insanguinata che
non si perde ma senza finire di ricrearsi, è tutto
ciò che tiene l' oppio in se stesso quando non è
snaturato. Dico dunque che se l' oppio intossica
è perché è snaturato. E che lo fu grazie a del­
-

le manovre oscure , in odio al suo surrealismo


segreto .
L'oppio non fa vedere le cose da allucinati
come il peyote, le fa fare, senza il meraviglio­
so, ma rendendo sempre più meravigliosamen­
te accettabile la pena che vi è nel raggiungere
le cose nell'ordinario della vita. La tavola dove
mangio è di legno grezzo, senza oppio la vedo
ocra sporco, mentre in verità essa non lo è. L' op­
pio me la rende come essa è sulla terra della sua
foresta, domestica piena di pietà, rosso Brue­
ghel, sangue dei supplizi che tutta la materia ha
sopportato prima di potermi sopportare. È uno
stadio ma ve n'è un altro all ' oppio. Il corpo di
carne molle e di legno bianco scagliato su di me
da non so quale padre-madre nell' oppio si tra­
sformerà, realmente si trasformerà. E forse non

1 80
avrò più bisogno di tavolo, ma potrò piantare
delle foreste per liberare tanta materia sotterra­
ta nella terra dell ' eternità. Foreste di corpo che
sono delle anime e anime infine diventate esse­
ri, perché saranno di fiamme corpi. Nulla si per­
de ma tutto si crea ed è nell 'oppio che la vita
venne creata un giorno, ma l' odio l'ha snaturata.
So in quali centri segreti venne sempre distilla­
to quest' odio . Ve l'ho già abbondantemente de­
signati. Ma la terra in cui sopravvivo a me stesso
non fu mai un' allucinata di sogni che essa ri­
getta in realtà. E credo proprio che ben presto
scoppierà. Bisogna che questa lettera raggiunga
le precedenti nel libro in cui saranno raccolte.

Antonin Artaud .

......

Rodez, 27 novembre 1 945

Mio carissimo amico ,

Vi ringrazio per l a grande gioia che mi avete


procurato con la pubblicazione del Viaggio al
Paese dei Tarahumara. Perché ho sentito nel
ricevere e nel vedere questo piccolo libro che
la sua pubblicazione non era unicamente il pen­
siero di un editore che pubblica un'opera ma

181
quella di un amico che ama ciò che fa e che ha
voluto che Antonin Artaud, relegato dalla mag­
gior parte dei Francesi nei manicomi, sia sempre
considerato vivente, pensante e scrivente, e pos­
sa manifestare pubblicamente ciò che pensa e di
cui le lettere che seguono il Viaggio al Paese dei
Tarahumara sono testimoni.
Di queste lettere avete potuto pubblicarne
solo una di seguito al Viaggio, ma avete avuto
il grandissimo cuore di chiedermi di raccoglie­
re tutte le altre in un libro speciale. Vi ringrazio
con tutta la mia anima, e non potete sapere a che
punto ci tenga a che vengano pubblicate tutte,
e particolarmente quella che vi ho scritto dopo
quella del 7 settembre 1 945 che av�te aggiunto
al Viaggio, e la lunga lettera di venti pagine in
cui racconto i principali avvenimenti della mia
vita, dalla coltellata che ho ricevuto di fronte
alla chiesa dei Riformati a Marsiglia, fino al ten­
tato omicidio che ho subito sul «Washington»
che mi riportava dall'Irlanda, perché voglio che
la coscienza degli ultimi amici che posso avere
su questa terra, e che sono i miei ultimi lettori,
sia illuminata e capisca che non sono mai stato
pazzo né malato, e che il mio internamento è il
risultato di uno spaventoso complotto occulto
in cui tutte le sette d'iniziati cristiani, cattolici,
maomettani, ebrei, buddisti, bramanici, più i lama
dei conventi lamaiti tibetani, hanno partecipato.

182
Quest'internamento fu dunque un affare di
religione, d'iniziazione, di stregoneria, di magia
nera ed anche e soprattutto di magia bianca
qualsiasi a dispetto di tutto.
A quest 'ora la libertà mi è stata restituita dal
medico in capo, che ha finito per convincersi
che era stato, anche lui, imbrogliato sul mio con­
to , mentre voleva essere per me solo un amico e
che lo si è costretto, con la magia, a considerar­
mi da medico. Vi è una donna di Rodez, una bor­
ghese che è cattolica praticante, che è venuta a
vederlo riguardo a me, benché non conoscendo
io né Eva né Adamo, e che durante cinque minu­
ti, e a sua insaputa, l'ha addormentato e stregato
nel suo ufficio per cambiare la sua coscienza a
mio riguardo. Ha veramente dormito, ovvero è
rimasto incosciente per cinque buoni minuti, e
riprendendo coscienza di sé, non ha più saputo
quel che gli era stato fatto durante quei cinque
minuti, ma non era più lo stesso e aveva un altro
io che mi vedeva lottare contro i cattivi spiriti
e i demoni, col sistema del soffio che ho inven­
tato e di cui ho detto qualcosa nell'A thlétisme
a.ffectif, ha potuto capire solamente a tratti che
quel che facevo qui era solo il prolungamento
e l'estensione della mia idea di teatro nel reale,
lui, questo medico , che ha la collezione di tutti
i miei libri nella sua biblioteca e che , amando
più di tutto il mio modo di declamare Baudelai-

183
re o Edgar Poe o soprattutto Gérard de Nerval,
non ha potuto capirla e supportarla seppure è
alla base di tutto il mio teatro e della danza del
Peyote di cui si è mostrato entusiasta quando
ha letto la descrizione nel Viaggio al Paese dei
Tarahumara. La ragione è semplicissima, è che
questi incantesimi, quando li faccio , - e non
posso non farli spesso - scacciano i cattivi spi­
riti, e che i cattivi spiriti che sono centinaia di
migliaia di uomini viventi e respiranti dapper­
tutto sulla terra non vogliono essere scacciati
né dal mio corpo né dal vostro , né da quello del
dottor Ferdière, né da quello , tra gli altri, di René
de Solier che, a quanto pare, si è lamentato del
mio sistema di soffio e di gorgheggio6• È con voi
che se n'è lamentato? È lui che si è lamentato o
sono gli spiriti che lo possedevano quel giorno
e parlavano attraverso la sua bocca, il suo esse­
re e il suo corpo? E questi spiriti non vogliono
essere scacciati perché il mio corpo è buono, e
perché il mio dolore è buono per loro e perché
è soffrendo di veleni, di coma, di pessimo cibo
e di privazione d' oppio che gli esseri di cattivi
spiriti prendono le mie forze nel cadavere che
sono , il cadavere ambulante che sono e che si

6Nel giugno 1 945, René Solier che voleva fondare


una rivista intitolata il Fesse-Nombril aveva scritto ad
Antonin Artaud per sollecitarne una collaborazione.

184
trascina come un morto vivente nella vita, dalla
coltellata ricevuta nel 1 9 1 6 a Marsiglia di fronte
alla chiesa dei Riformati su ordine degli iniziati
e per mano di un magnaccia che non mi co­
nosceva neppure. Thtto questo mio caro Henri
Parisot, perché, siccome sono andato sulle al­
ture della montagna del Messico a cinquemila
metri, presso i Tarahumara, per far cessare certe
pratiche di magia di cui sono stato vittima da
allora, e con me alcuni amici sulla terra che mi
hanno sempre amato per davvero , io conto an­
che di andare in Tibet per finir di uccidere la
magia sterminando col bastone che ho prepara­
to , e che sostituirà quello che avevo in Irlanda,
tutti gli esseri cattivi che la creano e la lanciano
sulle coscienze che mi amano e mi seguono per
asfissiarle. Nel 1 936 sapevo tutto questo, ma lo
dimenticavo nella vita ordinaria di tutti i giorni
e mi credevo un semplice scrittore e, soffrendo
di disintossicarmi a cavallo presso i Tarahumara
dall'eroina che avevo preso, non sapevo preci­
samente di cosa soffrissi in più e che soffrivo di
un' orda mostruosa di sciacalli stregoni ammas­
sati da tutti i punti della terra attorno alla mia
coscienza di lottatore per dissolverla e riuscire
a sterminarla. Perché mi voglio sempiterno , ov­
vero un io che muove e si crea da se stesso ad
ogni istante, e non eterno, ossia che ha un io as­
soluto e che mi comanda sempre dall'alto della

1 85
sua eternità grazie allo spirito di tutti i doppi
che non vogliono avanzare, ma perdurare nella
loro marmellata inalienabile di buddha contem­
plativi di non so quale eterno spirito che non è
mai esistito , quando è sempre il corpo attuale
del nostro essere immediato nel tempo e nello
spazio sempiterno ad esistere, e non i doppi del
passato intitolati eternità.
Andare in Tibet per me, è innanzitutto schiac­
ciare il Tibet dell 'anima, l' Himalaya dell' anima
nel mio corpo e fare del mio corpo un Himala­
ya in cui gli spiriti d' odio non potranno mai più
accedere . Tutte le anime che mi amano saranno
anch'esse altri Himalaya accanto al mio e che
aiuterò ad esistere contro l'odio che ha voluto
perderli e non ha smesso di sminuirli.
Questa è tutta la verità della mia storia e del­
la mia vita.
Vostro.

Antonio Artaud.

***

Rodez, 4 dicembre 1 945

Mio caro amico,

Scusatemi se vi importuno con le mie innu­


merevoli lettere , ve lo ripeto, ho da lamentarmi

1 86
di qualcosa di grave contro la società ed il mon­
do attuale. Tutti quanti nel mondo delle lettere
deplorano, cent 'anni dopo la sua morte, la fine
sinistra della vita del poeta Gérard de Nerval,
ma chi tra i suoi amici avrebbe avuto l'idea di
evitarla o di alleviarla. li mio caso attuale non è
senza analogia col suo. Perché la cosiddetta fol­
lia di Gérard de Nerval fu il risultato d'una mas­
sa concentrata di sortilegi da parte di tutti gli
invidiosi dei suoi sublimi poemi delle Chimères
che sono al vertice di tutto ciò che l'uomo ab­
bia mai scritto e pensato. Gérard de Nerval se
n ' è reso coscienza ma ha ceduto ed è morto.
Per quel che mi riguarda, non ho ceduto e non
cederò e non credo che morirò tanto presto,
ma nonostante la libertà mi sia stata restituita
da qui non posso riuscire ad uscire perché con
sortilegi si impediscono le persone che devono
venire ad offrirmi il necessario per vivere fuori
di raggiungermi qui. Voi conoscete Anie Besnard
e una storia bizzarra la riguarda, il fatto è che lei
ha preso il treno il 1 4 ottobre 1 944 , alla stazione
d' Orléans, credo , per venire qui a trovarmi, non
è mai arrivata, si è forse dissolta nelle stelle sot­
terranee , assassinata tra Parigi e Rodez, è stata
sostituita da una sosia in cui, pare, il suo perispi­
rito è ritornato ma non lei, ma il suo perispirito
essendo là crede d'essere Anie Besnard e abita
in effetti al 45 Quai Bourbon. Voi avete visto dei

1 87
cataclismi celesti e spaziali tra Parigi e Rodez e
mi avete visto molto spesso battermi qui come
sulla montagna dei Tarahumara col mondo det­
to occulto e che è solo l'emissione polverosa
e infettiva della crapula addominale di tutte le
persone. Ho un ' altra amica che voleva venire
a vedermi, Catherine Chilé, che fu infermiera
all'ospedale Saint-Jacques sotto il nome di Mll.
Seguin che ha lasciato Parigi a maggio 1 94 5 e
che è morta per sfinimento in un campo nella
sua lotta coi sortilegi che volevano impedirle
di arrivare qui. E non so cosa ne sia stato del
suo cadavere. - Raymond Queneau ha voluto
vedermi nel Natale 1 943 , con degli alimenti,
zucchero, riso, burro, marmellata, pane , lo si è
reso malato, per obbligar/o a dimenticarmi, e
non ho più avuto sue notizie. È diventato anche
lui per magia un altro che non mi ama più e mi
rinnega, quand'era invece uno dei miei migliori
amici? E da ieri sera, domenica 2 dicembre alle
1 0 , non è nuovamente illuminato? - Avreste la
compiacenza, per favore, di far chiarezza in tut­
to questo?
Grazie e con tutto il cuore.

Antonin Artaud.

***

1 88
Ultima lettera a Henri Parisot

Mio caro amico,

Vi è uno spirito che , mentre voi avete capito


da molto tutta la situazione, è penetrato in voi e
che, quando vedete lo straordinario di fronte ai
vostri occhi, discende dalla vostra testa ai vostri
piedi e pensa: Non ci crederò, non l'ho visto .

Merda.

1 89
Al dottor Gaston Ferdière

Rodez, 1 1 dicembre 1 943

Carissimo dottore e amico,

Ho scritto a Jean Paulhan di inviarmi un


esemplare del no di agosto 1 937 della N.R.F. che
contiene il Viaggio al Paese dei Tarahumara
per rimettermi sulla linea d' onda e poter così
fare il raccordo , perché il resto del manoscritto
del mio « Viaggio in Messico» è andato perso.
D ' altronde il «Viaggio al Paese dei Tarahuma­
ra» è completo così come è stato pubblicato
nella N.R.F. . Il testo complementare di cui Hen­
ri Parisot vi ha parlato appartiene in realtà al
resto di questo Viaggio in Messico che costi­
tuiva un manoscritto di quasi duecento pagine
scritto a Parigi tra il mese di novembre 1 936,
data del mio ritorno dal Messico, e il mese di
agosto 1 937, data della mia partenza per l'Irlan­
da. Voi sapete che sono stato gettato in prigione
a Dublino, che vi ho passato 6 giorni, che sono
stato in seguito deportato in Francia, internato a
Havre senza spiegazione al mio arrivo sul suolo
francese e senza esser stato esaminato da alcun
medico, trasferito da Havre a Rouen, da Rouen
a Sainte-Anne , da Sainte-Anne a Ville-Évrard, da
Ville- Évrard a Chezal-Benoit ed infine da Chezal-

1 90
Benoit sono giunto qui. Avevo tutte le mie cose
con me e non so dove siano sparite perché l'ul­
tima volta che le ho viste era all ' uscita dalla Pri­
gione di Dublino ove lo stesso governatore de
Soto me le ha riconsegnate in mano. - Per riscri­
vere questo Viaggio in Messico e per portarlo
completamente a termine mi ci vorrà ora quasi
un anno. Perché il manoscritto di 200 pagine
scritto a Parigi tra novembre 1 936 e giugno
1 937 aveva ancora bisogno di una cinquantina
di pagine per raggiungere la sua dimensione
definitiva. E vi è una cosa che voi sentite tanto
bene quanto me , Sig. Ferdière , poiché voi avete
fatto sempre tutto quel che avete potuto per
addolcire la mia cattività: è che per scrivere bi­
sogna essere libero. Ciò che ho perso non lo è
stato per tutti quanti ma voglio aggiungere qual­
che pagina a questo « Viaggio al Paese dei Ta­
rahumara» perché i preti Indiani del Sole che
compiono il Rito del Tutuguri mi hanno fornito
sul loro sacerdozio un certo numero di spiega­
zioni di cui non ho parlato nel testo pubblicato
nella N.R.F. e che voglio scrivere.
«La terra gira, dicono , ma il sole avanza e la
trascina. E loro , preti del Tutuguri sono i Raggi
di questo Sole che giunge a colpire la terra ad
ogni aurora per ordinarie di rigirarsi e avanzare.
E bisogna vederli saltare e spargersi ai quattro
angoli dello spazio nel preciso istante in cui il
sole emerge e si precipita poi sulla terra in ac-

191
cordo coi suoi raggi. - Perché , preti della co­
scienza Indiana, hanno la responsabilità di que­
sti raggi e sono loro a dover scavare il proprio
posto nelle tenebre della distesa. Essi sanno, di­
cono, per tradizione e per istinto dove il Sole
deve passare affinché l 'anima umana sia felice
ed è Lui che un giorno l'ha detto ai loro padri
prima che l'uomo fosse nato» .
A quel punto h o chiesto loro cosa fossero i
loro Padri in quel preciso momento giacché gli
uomini non erano ancora stati fatti.
«< nostri Padri, mi risposero, erano i suoi Rag­
gi più vicini, non creati ma generati . Le sillabe
prime della Parola di Dio. E il Sole è questa Paro­
la, il suo Verbo infine. »
Ora, il Verbo di Dio è Gesù Cristo per i cri­
stiani, suo Figlio. - Vennero presentate allora a
questi preti Indiani una riproduzione del Velo
di santa Veronica che conteneva una traccia
della Figura di Gesù Cristo. - Si avvicinarono
con rispetto per guardarla e la contemplarono
a lungo, poi si riunirono e si misero a discutere
con una straordinaria animazione . - Non pote­
vo capire il loro linguaggio , ma li vidi tremare
e inginocchiarsi e con le loro braccia fecero
un segno che non era nient' altro che il Segno
stesso della croce. D 'altronde dovreste ricordar­
vi che lo spazio circolare riservato al Rito del
Tutuguri è sul lato orientale delimitato da sei
croci di legno.

192
Infine si risollevarono e vennero a dirmi che
la Figura riprodotta sul Velo di santa Veronica
era incontestabilmente quella dello Spirito che
comandava loro, ossia quella di Gesù Cristo.
Questa rivelazione all' epoca aveva dato una
grande gioia a Henri Goiran, Ministro di Francia
in Messico, quando gliela comunicai, al mio ri­
torno a Città del Messico.
È dopo ciò che ho potuto assistere a tutte
le altre danze Tarahumara e in particolare alla
Danza del Peyote chiamata il «Ciguri» perché i
Preti del Tutuguri trasmisero con dei segni gli
ordini necessari a tutti loro.
E mi diedero sull 'ordine di questo Spirito le
precisazioni più sconcertanti, e disegnarono sul
suolo con dei bastoni, per farmeli capire, dei se­
gni che si ritrovano in tutte le piramidi del Mes­
sico, e ne riconobbi due o tre per averli visti sul­
la Piramide di Tenayuca o Piramide dei Serpenti
che si trova alle porte stesse di Città del Messico.
Ecco quel che vorrei aggiungere al mio
((Viaggio al Paese dei Tarahumara».
Vogliate credere , mio carissimo amico , a tut­
ta la mia riconoscenza per la simpatia con cui
non cessate di sostenere i miei lavori.
Vostro di tutto cuore .

Antonin Artaud.

1 93
Il Vescovo di Rodez

A Henri Parisot

Rodez, 9 dicembre 1 94 5 .

Mio caro amico ,

Credevo la raccolta delle mie lettere com­


piuta ma mi sono reso conto che avevo anco­
ra una cosa capitale da dire per concludere la
storia, la mia storia, e questa cosa costituisce
la lettera allegata a questa che vi prego di far
aggiungere alla raccolta di modo che coloro
che mi leggono e che mi seguono possano co­
noscere fino in fondo lo srotolamento del mio
essere e del mio pensiero . Questo srotolamen­
to si conclude definitivamente questa volta su
ciò che riguarda l'essere e la terra di questo
mondo , con, me, nato in questo mondo pres­
so i cristiani e battezzato , il rinnegamento del
mio battesimo che la fine della lettera spiega
col dipinto dell ' azione sinistra del battesimo
sull ' essere degli individui.
Se il libro è già in stampa vogliate avere la
gentilezza, per favore , di far aggiungere questa
lettera alle bozze , dopodiché se ho ancora altre

1 94
cose da dire sarà per il mio prossimo libro Mi­
sure senza misura.
Vostro di tutto cuore .

Antonin Artaud.

P. S . So che vi siete tante volte battuto e avete


sofferto per me e più volte ve ne siete ricordato,
ma con la magia vi hanno fatto dimenticare la
vostra sofferenza.

• ••

Il Vescovo di Rodez

Sono andato in Messico nel 1 936 a seguire


le manovre di certi maghi del segno della cro­
ce, e racconto questo in un piccolo libro inti­
tolato Viagg io al Paese dei Tarahumara , che
verrà pubblicato nei prossimi giorni. Racconto ,
in questo libro, le manovre di stregoneria di cui
ho sofferto da parte di tutti gli stregoni parti­
giani di questa idea che dio è un puro spirito
e non un essere, e che attingevano questo spi­
rito detto «divino» nei miei testicoli e nel mio
ano mentre dormivo. Ma conosco in Europa, in
Francia, a Parigi e a Rodez altri maghi, altri abo­
minatori di quest 'ordine: vi sono dei borghesi,

1 95
pochissimi operai, pochissimi poveri, pochissi­
mi carcerati, ma vi sono dei preti e dei cattolici
in quantità, perché per poter dire delle messe
nere bisogna aver imparato dapprima a dire la
messa e credervi dopo con devozione. - Ho at­
torno a me eserciti di stregoni appostati in tutte
le piazze di Parigi e della terra e che tutta la
terra ha visto e che nessuno più ignora. - Tutti
quanti questi eserciti sono in tutte le piazze di
Parigi, di Dijon, di lione , d'altre città, sotto la
protezione della polizia, perché eccomi da lun­
go tempo che sono un uomo vilipeso da tutte le
amministrazioni e governi (vedi la deportazio­
ne di Antonio Artaud dall' Irlanda nel settembre
1 937).
Ma non consento di avere il pensiero di tut­
ti gli uomini della terra nei miei testicoli e nel
mio sesso su pretesto che ciò che contengono
è buono da prendere per sostenere la vita di
ciascuno e consento ancora meno che il mio
sperma, non quando dormo ma quando veglio,
mi sia sottratto di forza dai cosiddetti spiriti che
non sono tali ma sono degli uomini entrati «in
spirito» nella mia colonna vertebrale , e deside­
randomi sufficientemente per amare tutto quel
che viene da me , e che questo sperma mi sia in
seguito strappato da mezzo le cosce per mezzo
di una pressione del dito a distanza sui miei
testicoli, ciò è per me molto più un' offesa di un

1 96
dolore, perché i dolori furono sempre mia con­
suetudine. Ma vi è qualcuno che mi ha sempre
amato per tutto quel che avevo di buono in me,
non solo nel mio corpo ma nella mia anima, e
questo qualcuno che mi ha amato (ed è solo da
qualche anno che so che questo amore è anda­
to all 'isteria della follia occulta e dell'odio per il
mio individuo), questo qualcuno si chiama dio
e Gesù Cristo . Perché tutti i preti ebbero sem­
pre la più eccessiva tenerezza per la mia devo­
zione e la mia pietà: non sapevo subito ma ho
saputo da qualche anno che tutte le messe del­
la terra erano imperniate sulla mia pietà. E non
ammetto il modo in cui questo , qui, mi è stato
insinuato dai vostri fedeli e dai vostri preti che
mi sia stato detto qui dopo la mia partenza dal­
la Francia e da Rodez: Sig. Artaud, non si va via
in questo modo, e bisogna ancora dare questo
ai cristiani per avere il diritto di andarvene. E
questo è un certo piccolo calcolo seminate di
sostanza giorno dopo giorno formato dietro il
mio cuore sul quale i culi di tutti i vostri preti e
di tutti i loro fedeli sono seduti e nel quale ogni
prete dicendo la messa attinge la scarica magne­
tica e magica dell 'elevazione dello spirito santo
e della discesa di Gesù Cristo . Ora, io non sono
lo spirito santo né Gesù Cristo per discendere
in questo modo nelle messe e non mi piacciono
molto questo genere di scherzi. Perché quel che

1 97
viene chiamato lo spirito santo fu sempre solo il
mio spaventevole sudore , un' ablazione di mate­
ria cerebrale a me sacramentalmente estirpata
e che dai riti magnetici e magici dell' elevazione
e della consacrazione , dell'abominio , del risuc­
chio , della soffocazione e della transustanziazio­
ne è chiamata fuori dalla mia testa per andare a
nutrire le anime, ovvero i corpi reprobi di tutti i
ratti, di tutte le donnole , di tutti i buoi, di tutte le
bestie, di tutti gli scorreggioni e di tutta la gente
pia che col mio corpo gettato fuori dal calva­
rio quando già mi chiamavo Artaud e fu sempre
mai il Sig. Artaud ad esser fomentato dalla reli­
gione di dio . - Ero al Golgotha due mila anni fa e
mi chiamavo come sempre Artaud, e detestavo i
preti e dio, ed è per questo che venni messo in
croce dai preti di Geova, come poeta e illumina­
to, e gettato in seguito in un mucchio di letame .
Ma non marcirò più in un mucchio di letame
come duemila anni fa ad aspettare come feci al­
lora la coscienza d'essere morto per arrivare al
punto di risollevarmi. - Perché senza tamburo
né tromba, e lontano dai miti della resurrezione
mi sono semplicemente sollevato, e conosco la
sporca piccola troiona, lo spaventoso piccolo
sortilegio di Giudea che tutta la cristianità at­
tuale adora e che si fece passare come resusci­
tato nella luce, sotto la denominazione di Gesù
Cristo. Quand' invece era solo un certo Sig. Nal-

1 98
pas7. Per me non sono in questo momento nelle
catacombe e i fluidi della mia testa sono delle
bambole da me tirate grazie alla masturbazione
e alla messa, grazie al soggiogare occulto della
messa al fine di produrre dei putti e dei santi, di
piccoli cristi aureificati e scolpiti, delle piccole
vergini versicolore.
Tutte queste bambole sono solo dei feticci
fluidifici senz'anima né coscienza dentro e al ri­
paro dai quali parlo, statua inesistente della qua­
le parla qualunque impostore ipocrita di chiesa,
e parla ogni prete criminale della chiesa perché
ogni prete è un criminale. - E tutti i preti mi
hanno sempre scambiato per un tronco, un vec­
chio tronco bollente di tempeste e che nell'at­
tesa di far uscire la propria tempesta, e mentre
maturava in invisibili tempeste, si è visto roso
e incancrenito da tutti i parassiti e vigliacchi,
tutti i veggenti delle sue tempeste interne che
vollero beare in preghiere l'eccellenza della sua
asprezza . -Vale a dire che per i preti e per i loro
riti io non fui mai altro se non un tronco forni­
tore al quale i preti hanno sempre detto: Dai !, tu
non sei dio, è il puro spirito ad esser dio e que­
sto puro spirito siamo noi stessi il sudore del
tuo tronco. - Tu sei solo un uomo, oh interno,
taci. - Dai e in più prendi questo, e questo è un

7 Nalpas è il cognome della madre di Antonin Artaud.

1 99
sortilegio assassino , un certo colpo sui testicoli
o la nuca per dimenticare che hai dato e che sei
tu ad aver dato tutto.
Ora, io, Sig.Artaud, non me ne faccio nulla di
dio, e non consento che si fondi una religione
sulle mie vertebre o sul mio cervello . E non
-

sono precipitato un giorno nelle comunioni e


nella messa solo perché sono stato battezzato
alla nascita. - È per questo che io rinnego il Bat­
tesimo e non so se come dicono i libri è la paro­
la d' accesso dell ' anticristo e non ho mai avuto
nulla a che vedere né col cristo né con l' anti­
cristo, essendo uomo e non avendo mai voluto
essere altra cosa che un uomo , e sempre uomo,
ma il mio battesimo per cominciare, e il batte­
simo, lo rinnego, non volendo essere bagnato
nelle acque dello spirito perfondervi la mia co­
scienza fino ad allora troppo ustionante per dio,
ma avendo sempre voluto fare tutta la mia co­
scienza con la sofferenza virile del padre-madre
del mio corpo, il sesso ardente della Gehenna,
il gisant d'anima che , per fiato corto , raschia su
di se il fondo d' odio per farne steso d'odio qui
giace la tomba dell' odio , il getto totem humus
d' amore.

P.S. - Non vi scrivo questa lettera per chiude­


re un libro, Sig. papa occulto vescovo di Rodez,
che siete l'ultimo corpo e l'ultimo seme in que-

200
sto tempo di colui che fu Antonino a Firenze8 e
disegnò a Firenze, nel 1 380 circa, i progetti ar­
chitettonici della Cattedrale di Rodez. È del resto
probabile che voi lo rinnegherete pubblicamen­
te e direte che non avete nulla a che fare con
quest'uomo del passato conosciuto nell' agiogra­
fia della chiesa sotto il nome di sant'Antonino ,
e che anche lui fu sulla terra solo un'ostinata
sopravvivenza e rinascita di Lucifero. - Ma che
voi lo riconosciate o meno, resta comunque in
voi un elemento di questo spirito reprobo e che
nell'essere astioso del Demiurgo composto da
molti spiriti, da molti esseri e da molti angeli ha
voluto creare questo mondo della terra in cui da
innumerevoli eternità intere umanità non han­
no smesso di arrostire, di disperare e di soffrire.
Che la chiesta cattolica romana sia maledetta
con voi, Lucifero, Gesù Cristo e lo spirito iniquo
di vergine che fomentò il sudore dello spirito
santo.

Antonin Artaud .

•••

8 Artaud fa qui riferimento a Antonino Pierozzi (Fi­


renze 1 389 - Mintughi 1 49 5), teologo, arcivescovo di
Firenze e letterato . Venerato come santo dalla Chiesa
cattolica.

201
Note de/ 1943-1944

Le cose non sono che si sia dovuto scegliere


in mezzo all' orrore, alla lussuria, alla stupidità.
Cosa produce la sofferenza?

L'albero di scienza del Bene e del Male .

Dio ha sempre avuto un corpo setaccio del


sublime, del cuore , del desiderio , della necessità.
Questo corpo fu sempre come la sua essen­
za di eternità, supportandola, manifestandola,
trasferendo la.
Essere un essere e avere un corpo è per lui
lo stato migliore. Il resto è solo divenire. Il suo
corpo contiene tutte le virtù in principio , in es­
senza e di fatto. Egli è l'incarnazione perfetta
della sua invisibilità e delle sue forze. Gli esseri
per mezzo della loro cattiveria ne hanno trasci­
nato uno stampo che hanno voluto prendere
per Dio , ma non era Lui ad essere là.

***

Gli esseri non sono mai potuti essere nulla


fuori da Dio. Il senso del Male è stato inventato
contro Dio da Satana con lo spirito di Dio.

Ricucau

202
La Cabala Ebraica è falsa.

Il principio aveva dormito e si era svegliato


male ma lo Spirito Dio di prima di questo sonno
che non aveva sofferto non l' aveva inviato dove
Egli era, vi era stato trascinato dall'anarchia Sata­
nica in cui la sua essenza si perdeva.
La croce degli Anarchici del cristo senza 4
sollevazioni ma fatta nella testa e ripresa dalle
2 braccia e la croce del bambino che ha voluto
essere portata.

***

Questo giovane incantevole non è Dio .

Il viso di Dio non è mai ancora stato scoperto.

Cos' ho fatto ancora.


Th hai preferito andare all 'essere piuttosto
che restare in me, disse Dio all'io.
Si io sono un io san d' accordo a voler spari­
re, disse l'io.
È là che tu mi hai abbandonato, risponde Dio
mostrando un punto dell'infinito.

Vi è un punto dell'infinito al quale Dio ha


pensato e che ha toccato come una preoccupa­
zione , un' accusa, una designazione dell 'essere:

203
è questo ad essere all' origine della Creazione.
È quando Dio si vede in un io che le cose sono
suscitate; prima di questo egli non si vede, egli
pensa all'infinito.

n rimorso dell'io conseguente alla recisio­


ne da Dio non era un rimorso ma un rimpianto
mischiato alla paura dell'essere e che è diven­
tato un rimorso perché i demoni hanno preso
quest'io all'uscita del Dio e l'io che era tutto
quel che restava di Dio in quel momento si è
sentito colpevole al posto dei demoni e respon­
sabile di tutto il Male . Quel che aveva fatto era
di puzzare per Dio e il suo vero rimorso era di
mantenere Dio in lui, essendo il suo io , invece
di renderglielo imm ediatamente. L'io ha mante­
nuto Dio un minuto di troppo ma non era colpa
sua. Perché è il Male che lo mantiene in questa
idea che era Dio mentre invece non lo era più
per nulla e non aveva assolutamente più niente
di lui e che Dio può essere un altro rispetto a lui.
Dio non è come questo io non cessa di ve­
dersi, perché quel che interessa questo io è di
sparire di fronte a Dio e di cadere nel nulla di
modo che Dio riviva eternamente .
Un Angelo è uscito da questo strappo dell 'io
da Dio a Dio . La Vergine Maria gli ha dato l'esi­
stenza.

204
[ . . . ] l' entrata del soffio [ ] la sua [ . . . ]
nelle sfere increate,
il ritorno al cuore ,
la legge di Dio è stata presa nella dimensione
ed essa ha voluto uscirne,
come da dove, come senza ledere lo spirito
d'amore, di rettitudine e di equità.

Aloma Alme Trekter

•••

L'astrazione del Principio Unico fuori da ciò


che lo costituisce, può farsi solo nel Ka-HOT
melodico dell' eternità interna di Dio, il quale
proviene da Imar lo spazio interno di questa
prigione , ma al di sopra è una Croce .

•••

Non bisognava mostrare il proprio cuore


agli esseri prima che essi non l'avessero divina­
to e sollecitato ,
bisognava farlo iniziare dalla morte
e non dalla vita
perché Dio è uscito dalla morte e non dalla vita
ed Egli si è guadagnato egli stesso sulla mor-
te e il nulla.
• ••

205
E laddove Egli dorme persino la non-manife­
stazione non è perché essa è ancora un essere e
vista da questo lato dell 'essere

aigantar Desi Kathila Aiptlla Deimptirmi

o la sua essenza che furono sempre fuori


dall' essere e la natura del principio o dell' es­
senza, i quali fanno parte di uno stato di mani­
festazione.

Uscire essere per rifiuto delle ascendenze


fluidiche della possibilità e non-Desiderio per­
ché molte croci di sangue sono dovute passare
attraverso le stabilizzazioni fluidiche delle cose
prima che esse non siano Adonai meritorie di
guadagnar d'aver meritato il merito di meritare
essere assaggiate.

Il freddo spaventoso di Dio è sempre ciò che


ha fatto paura all' essere . È possibile che la forza
del rifiuto di Dio rappresentato dalla Santa Ver­
gine alla lunga sia riuscito a fare un Angelo pre­
cursore della forza estasiante di Cielo che vuole
che l'essere di ogni non-manifestazione della
Manifestazione appaia e che si chiami Gesù Cri­
sto Figlio di Dio e Dio. - E che fa le cose della
Manifestazione prima del punto ideale in cui
suo Padre le ha pensate , volute , amate.
***

206
La voglia è di voler avere per sé l'essere che
non è di nessuno e di cui si vuole fare un essere
per averlo per sé, mentre di fatto non esiste.
È ferire una coscienza e ferire Dio .

•••

La Volontà ha fatto le cose ma è stato neces­


sario che esse si congiungessero con lui perché
il volere non era l' essere stesso di questo vole­
re per Volontà e gli esseri del volere mentivano
all' essere di questo volere giunto all'essere di
cui l'essere era la Sua Volontà dunque conforme
a questa Volontà di cui questa Volontà era l' esse­
re e il Volere era l'essere vero di ciò che portava
al volere di questo essere e si sentiva vero in
percezione quando la Volontà è impercettibile
e che la percezione non è il suo volere ma il
baratro che vuole mangiarla .

•••

Una grande giornata:


La vostra vita è servita per fare l' anima di una
Santa.

207

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