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Mondi di minoranza

Paolo Bertetti

Originariamente uscito su: Lexia n. 15-16, settembre 1998.

La rilevante fortuna postuma di Philip K. Dick, oggetto negli ultimi anni di un culto di
massa in qualche maniera generazionale, appare curiosa, per chi lo ha sempre seguito
come autore di genere, apprezzato da pochi appassionati fanatici, ma pressoché
ignorato dai più; tanto più che tale celebrazione sembra essere fenomeno quasi
esclusivamente europeo, e italiano in particolare. Non è questa la sede per analizzare
le ragioni di tutto ciò, ci basti osservare compiaciuti come questo ha portato a una
vera proliferazione di ristampe ed edizioni di materiali vari (saggi, romanzi realistici,
opere postume, soggetti per la TV ecc.), inimmaginabile solo pochi anni fa; una delle
iniziative più meritorie è certo ricordata la raccolta in quattro volumi di tutti i
racconti di Dick, pubblicata nel corso degli ultimi tre anni (1994-1997) da Mondadori.
È proprio su uno di questi racconti, tratto dal terzo volume, che intendo soffermarmi,
analizzandone le modalità logico-narrative. “Rapporto di minoranza” (“The Minority
Report”, 1956)1 si presenta come una variazione sul tema della realizzazione delle
profezie, un argomento di gran fascino, che pone spesso questioni di non poco conto
sia riguardo alle modalità veridittive del discorso profetico, che alle logiche narrative.
La precognizione mette infatti in campo, non meno che il tema gemello del viaggio
nel tempo, tutta una serie di paradossi logico-temporali, spesso irresolubili; così il più
delle volte anche i racconti meglio congegnati (come è il caso del testo che andiamo
ad analizzare) sembrano reggersi grazie ad una fascinosa illusione narrativa,
piuttosto che su una ferrea consequenzialità logica. È questo uno dei casi in cui
ragionando in termini di mondi possibili narrativi (anche in maniera informale) si
possono fare alcune scoperte interessanti.
Il racconto di Philip Dick ipotizza un futuro senza crimini, dove ogni possibile delitto
viene prevenuto da un ufficio di polizia, la Precrimine, che, servendosi delle
predizioni di alcuni veggenti (i precog), arresta il potenziale colpevole prima ancora

1
Philip K. Dick, “The Minority Report”, in Fantastic Universe, gennaio 1956; trad. it. “Rapporto di
minoranza”, in Le presenze invisibili. Tutti i racconti. Volume terzo, Milano, Mondadori, 1996.
dell’esecuzione dell’atto violento. Metodo efficace per alcuni, una mostruosità
giuridica per altri: sono infatti arrestati cittadini che di fatto non hanno violato la
legge, ed è questo uno degli argomenti principali dei gruppi di opinione che si
oppongono alla Precrimine. Ma c’è di più: come è noto ogni profezia tende ad
avverarsi, “in quanto sceglie nel presente e nel passato certi tratti semantici,
competenze soggettive, configurazioni attanziali le quali vengono poi attualizzate e
specificate, ossia si autorealizzano”2. D’altro canto però le virtualità possono non
venire attualizzate, e questo può accadere anche in base alla nuova conoscenza che il
soggetto ha del futuro: c’è da chiedersi insomma se, per il fatto stesso di essere stata
proferita, la profezia non si annulli da se (rendendo dunque inutile - dicono i suoi
detrattori - l’intervento stesso della Precrimine).
Per quello che ci riguarda, vale la pena di sottolineare che, in qualsiasi caso, l’idea di
un futuro modificabile si può sostenere solo ammettendo che i precog non prevedono
delle certezze, ma delle possibilità; le loro profezie sarebbero dunque prefigurazioni
di mondi possibili. Solo a questa condizione è infatti possibile intervenire sul futuro
corso di eventi; in caso contrario si dovrebbe accettare l’idea di una predestinazione
universale e il futuro non si potrebbe cambiare: “Tutto questo si spiega con la teoria
dei futuri possibili. Se esistesse un solo piano temporale, le previsioni non avrebbero
valore, in quanto, anche disponendo di esse, non si potrebbe mutare il futuro3 . Come
per Edipo, non sarebbe possibile sottrarsi al proprio destino.
Se si ammette che le profezie sono prefigurazioni di mondi possibili, ovvero di
possibili stati di cose, bisogna anche ammettere la possibilità di avere più profezie,
senza che esse siano necessariamente vere o necessariamente false. Certamente, alla
fine di tutto il corso di eventi evocato dalle diverse profezie una soltanto sarà la
predizione vera, e cioè quella corrispondente al fatto che si attualizzerà, mentre tutte
le altre saranno da considerasi false, ma tale giudizio veridittivo (riguardante cioè il
“dire il vero” della proposizione profetica) può essere effettuato soltanto a posteriori;
in vista di una possibile azione, rimane dunque il problema di come valutare le
profezie discordanti.
Nel racconto, per far fronte a questo problema vengono utilizzati gruppi formati da
tre precog, le cui previsioni vengono rielaborate da appositi computer: “Il sistema dei
tre veggenti ha la sua genesi nei calcolatori elettronici inventati verso la metà del
secolo. Come vengono controllati i risultati di un calcolatore? Introducendo i dati da

2
 Paolo  Fabbri,  “Il  segno  al  futuro”,  Lexia  10.
3
 Ed.  it.  pag.  244.
elaborare in un secondo calcolatore identico al primo, e confrontandone i risultati.
Ma due sole macchine non bastano, perché se le loro risposte risultano diverse, è
impossibile dire quale delle due abbia ragione. La soluzione, basata su un metodo
statistico (...), consiste nel ricorso a un terzo calcolatore, con cui controllano i risultati
dei primi due. Così si ottiene il cosiddetto rapporto di maggioranza. Si può affermare
con quasi assoluta certezza che l’accordo fra le due macchine indica quale delle
alternative risultanti sia esatta. È assolutamente improbabile che due calcolatori
provengano all’identica soluzione errata (...) L’unanimità dei tre veggenti è
desiderabile, ma il fenomeno si verifica di rado (...). In linea di massima, si ottiene un
rapporto di maggioranza dedotto dalle previsioni di due dei tre veggenti e, inoltre, un
rapporto di minoranza con lievi variazioni, relative di solito al tempo e al luogo,
basato sulle previsioni del terzo veggente”4.
Ho i miei dubbi che bastino tre profezie a costituire un campione qualificato, a fronte
del numero di variabili che potrebbero intervenire (e delle previsioni
conseguentemente possibili), ma accettiamolo pure, concedendo al nostro autore un
po’ di carità finzionale. È evidente in ogni caso che, nel momento in cui viene
proferito un vaticinio, i possibili stati di cose alternativi possono essere pressoché
infiniti; perché un sistema come quello descritto nel testo possa essere considerato
valido bisogna presumere (cosa che il testo non esplicita, ma che pure è presente in
tanti altri racconti di science-fiction da potersi considerare una competenza
intertestuale, oltre che una necessità logica) che alcuni mondi possibili siano più
possibili di altri, e che le profezie tendano a sedimentarsi intorno ai futuri più
probabili, inoltre che più numerose sono le profezie concordanti, più è il grado di
probabilità dello scenario prefigurato. In effetti il testo afferma che il più delle volte le
profezie di minoranza si differenziano per particolari relativamente inessenziali (l’ora
o il luogo del delitto, non l’occorrenza dello stesso). In definitiva la questione si riduce
a un problema di statistica, e in questo senso si giustifica che si debbano utilizzare tre
precog e che ogni azione poliziesca si basi su un rapporto di maggioranza; ma,
statisticamente, rimarrebbe sempre possibile che due precog si sbaglino, e che sia
invece giusto il rapporto di minoranza: ed è proprio questa una delle ipotesi che
sorreggono la trama del racconto.
Tutto quanto si è detto è, nel racconto, vero soltanto in teoria, perché, si badi bene, di
fatto nessuna delle profezie criminose si è mai rivelata vera: tutte le altre volte la
polizia è intervenuta a evitare il fatto (con un’unica eccezione: nel testo si specifica
4
 Ed.  it.  pag.  244.
che una volta un assassino è riuscito comunque nel suo intento, nonostante
l’intervento della Precrimine). Questo sembra mettere in crisi il discorso delle
probabilità fatto poc’anzi: leverebbe anzi ogni valore alle profezie, ed è questo infatti
un altro degli argomenti dell’opposizione al sistema anticrimine su di esse basato.
Tale argomento si vanifica se si accetta, come è accennato qua e là nel racconto, che
ogni previsione non tenga conto della previsione stessa, cioè che la previsione si
riferisca ai corsi di eventi più possibili nel momento in cui essa viene proferita,
indipendentemente dunque dalle modificazioni di tali possibilità che possono
intervenire in conseguenza della profezia stessa: viene insomma previsto il delitto,
come possibile esito naturale di un corso di eventi, ma non l’intervento della polizia,
forzosamente eseguito in seguito alla profezia stessa5.
Ma se questo fosse vero, sarebbe possibile il metodo di prevenzione della Precrimine,
ma non le disavventure che vedono protagonista il suo fondatore e direttore, John A.
Anderton, protagonista del nostro racconto.
Questi scopre un giorno che una dei rapporti prevede che egli ucciderà un certo
Leopold Kaplan, a lui sconosciuto. Anderton sottrae il rapporto e si prepara a fuggire;
inizia così una sequenza abbastanza intricata di azioni e colpi di scena, dietro ai quali
sta un complotto di alcuni alti ufficiali dell’esercito, con a capo il gen. Leopold
Kaplan, che intende ridimensionare per motivi politici il potere e l’autonomia della
Precrimine; per far questo ha bisogno di screditare il metodo di prevenzione dei
crimini, dimostrando: 1) che la profezia può essere disattesa anche in assenza di un
arresto da parte della polizia e 2) che di conseguenza è vero non il rapporto di
maggioranza, ma quello di minoranza che asseriva che Anderton non avrebbe
commesso il delitto. Per questo motivo l’organizzazione di Kaplan aiuta segretamente
Anderton a fuggire.
In realtà, come si scopre alla fine, non vi sono rapporti di maggioranza o di
minoranza, ma invece tre profezie profondamente differenti, anche se due
concordano sull’attuazione dell’omicidio. La prima infatti prevede un mondo
possibile Wpr1 (dove Wpr = mondo profetizzato) nel quale Anderton, venuto a sapere
che Kaplan sta ordendo un complotto contro la Precrimine, lo uccide; questo sarebbe
il possibile corso di eventi “naturale”, indipendente dalla profezia stessa e dei suoi
effetti. Di questo tiene invece conto la seconda previsione: in Wpr2 Anderton, venuto
a conoscenza del vaticinio, si nasconde ed evita di compiere l’omicidio, anche se
questo implica la fine della Precrimine è questa. Nel Wpr3, delineato dal terzo
5
 Che  sia  lo  stesso  motivo  per  cui  le  indovine  non  possono  tradizionalmente  leggere  il  proprio  futuro?
responso, si tiene invece conto anche del fatto che Anderton, venuto a conoscenza
delle tre previsioni nella loro completezza e del piano di Kaplan, avrebbe
ulteriormente cambiato idea e, per salvaguardare la sua creazione, avrebbe ucciso
Kaplan, assecondando in questo modo la previsione; ed è questo che in effetti accadrà
alla fine del racconto: Anderton verrà esiliato nei pianeti-colonia del Centauro, ma la
Precrimine sarà salva.
“Ciascuno dei rapporti era diverso dagli altri - concluse Anderton - ma due
concordavano su uno stesso punto: ‘io avrei ucciso Kaplan’. Questo ha fatto pensare a
un rapporto di minoranza, ma si trattava di un’illusione. ‘Donna’ e ‘Mike’
prevedevano lo stesso evento, anche se su piani temporali diversi e in situazioni
differenti, ‘Donna’ e ‘Jerry’ sbagliavano, cioè era sbagliato il cosiddetto rapporto di
minoranza e metà di quello di maggioranza. L’unico rapporto esatto era quello di
‘Mike’ perché non erano sopravvenute altre previsioni ad annullarlo”6.
C’è qui una macroscopica incongruità. Come abbiamo visto, infatti, affinché sia
possibile il metodo della Precrimine basato sui rapporti di maggioranza, è necessario
postulare che le profezie si riferiscano a possibili corsi di eventi senza tenere conto
degli effetti della profezia stessa; in questo caso però l’unica possibile predizione
sarebbe Wpr1. Infatti, profezie che tengano conto delle profezie stesse, o ci sono
sempre, o non ci sono mai. Se fosse vero il primo caso, si presenterebbero ogni volta
dei Wpr2, se non dei Wpr3, ovvero degli stati di cose alterati in conseguenza della
predizione, che vanificherebbero ogni possibile rapporto di maggioranza: se infatti,
come abbiamo concluso, che le predizioni indicano delle possibilità e descrivono i
mondi futuri più possibili, esse dovrebbero in gran maggioranza delineare dei Wpr in
cui i delitti non sono compiuti (dato che questo è quanto accade nella totalità dei casi,
con l’unica eccezione descritta nel testo). Verrebbe quindi vanificato ogni metodo
statistico: i Wpr in cui si compiono gli omicidi sarebbero sempre dei mondi di
minoranza. Dick stesso si rende conto di questo problema, e suggerisce che questo è
possibile perche l’omicida era il commissario, il quale era a conoscenza della profezia
e quindi in grado di alterare il corso di eventi. Ma l’argomento non è sufficiente: in
ogni caso il corso di eventi è alterato, e non si vede il motivo perché debba fare
differenza se a modificarlo è impossibile assassino (che agisce in base alla conoscenza
della profezia) o la Precrimine; in entrambi i casi la previsione dell’assassinio sarebbe
vanificata7.

6
 Ed.  it.  259.
Siamo in realtà di fronte a una sorta di gioco di specchi: spostando l’attenzione del
lettore sul gioco logico dei rapporti di maggioranza e di minoranza, e giocando sulla
densità da feuilleton della trama, Dick ci nasconde in realtà, con un certo mestiere, la
sostanzile impossibilità logica del racconto stesso.

7
 Semmai  la  conoscenza  della  profezia  permette  ad  Anderton  di  sfuggire  all’arresto  e,  alla  fine,  di
uccidere  Kaplan,  ma  questi  fatti  non  creano  paradossi  logici.

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