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CHE COS’È LA SEMIOTICA VISIVA

1 SEGNI ICONICI E RAPPRESENTAZIONE DELLA REALTÀ


1.1.1 IL PROBLEMA DEL RICONOSCIMENTO E DIBATTITO SULL’ICONISMO

Come riconoscere oggetti del mondo in un dipinto o in una foto? Riconosco certe figure perché assomigliano
all’originale? Non sono tridimensionali, non hanno proprietà tattili o olfattive ecc. Da questo presupposto si pose la
questione della natura delle icone (così venivano chiamati i segni visivi negli anni 60/70).
Per la semiotica il segno è l’insieme di significante/espressione (un elemento che sta per qualcos’altro che manca) e di
significato/contenuto (la cosa a cui l’espressione rinvia)
Per es. vedo salire del fumo in lontananza da una collina (il /fumo/ è l’espressione, in linguistica si indica tra due /),
capisco che è un incendio (il contenuto, indicato così: “incendio”).

Ma un significante figurativo si riconosce come rappresentazione di un oggetto perché ha un legame con esso o il
riconoscimento avviene in maniera arbitraria? Molti studiosi sostengono che icone e segni linguistici siano arbitrari,
con esempi, ora criticati, di popolazioni isolate e primitive che non riconoscevano le rappresentazioni in disegni e
fotografie.

Eco propone negli anni 90 una rivisitazione del dibattito sull’iconismo (la discussione fra l’arbitrarietà del segno iconico
e la sua “naturalezza”), è innegabile che i significanti iconici abbiano qualche legame diretto con gli oggetti che
rappresentano, questi significati sono motivati dai loro significati, la loro forma dipende da quella dell’oggetto
insomma. È una situazione diversa rispetto a quella che incontriamo nel linguaggio verbale (qualunque suono può
indicare il concetto di “cane”, basta mettersi d’accordo su come chiamarlo, se /cane/ o /armadio/, ma non tutte le
configurazioni visive potrebbero essere riconosciute come rappresentazioni di un cane)

1.1.2 I TIPI COGNITIVI

Per Eco il riconoscimento si basa su schemi visivi mentali degli oggetti del mondo (i tipi cognitivi, o TC). Quando
vediamo qualcosa lo confrontiamo con i tipi cognitivi che abbiamo in memoria, il riconoscimento avviene quando non
troviamo il più coincidente. Questi tipi cognitivi però non sono perfetti, riconosciamo una razza di cane perché il tipo
cognitivo ricorda quella razza, riconosciamo le orecchie triangolari ma non la loro forma precisa, le pieghe del
padiglione auricolare ecc.

I tipi cognitivi dei mostri marini nascono perché i marinai, notando di sfuggita creature non ancora scoperte, si fanno
un’idea su cosa abbiano sotto la barca basandosi su quel poco che hanno visto e immaginando tutto il resto, inserendo
schemi noti di altri animali.

1.1.3 LE IPOICONE: NATURALITÀ E CONVENZIONALITÀ

In un disegno riusciamo a riconoscere in base alle sue caratteristiche un TC (tipo cognitivo), nei segni iconici c’è anche
una componente convenzionale, e per comprendere al meglio cosa un’immagine rappresenta dobbiamo approfondire
la cultura di chi l’ha creata in quanto alcune regole sono convenzionali, e quindi interne a una cultura. Nell’Antico
Egitto per rappresentare delle figure disposte in fila si disegnavano una sopra all’altra, rispetta la vista dall’alto, c’è
sicuramente una base di motivazione ma anche una componente convenzionale, tant’è che potremmo non cogliere il
senso delle loro immagini se non sapessimo questa cosa. Dato che nei segni iconici c’è sia una componente
motivazionale che convenzionale, Eco preferisce chiamarle “ipoicone” data la loro natura ibrida che limita la
somiglianza dei segni visivi con gli oggetti del mondo.

1.1.4 GREIMAS E IL “MONDO NATURALE”

Greimas sostiene che il riconoscimento avvenga attraverso una griglia di lettura del mondo che chiama “mondo
naturale”, e che è fortemente influenzata dal fattore culturale.
Mette fra parentesi il problema della motivazione (per lui non pertinente) e si concentra su come tradizioni,
apprendimento e convenzioni implicite possano condizionare il modo in cui guardiamo il mondo e, soprattutto,
assegniamo un valore agli oggetti che vi troviamo.

I punti estremi della figuratività si hanno con l’astrazione (un diradarsi dei tratti figurativi tale che gli oggetti vengono
più intuiti o ricostruiti che visti) e l’iconizzazione (l’estrema ricerca dell’illusione di realtà).
Quindi, ricapitolando le idee di Eco e Greimas

PER ECO iconico indica, a grandi linee almeno, ciò che Greimas chiama figurativo, mentre PER GREIMAS l’iconismo è
solo uno dei grandi estremi dell’asse della densità figurativa.

1.2 LA RAPPRESENTAZIONE DEL TEMPO

Le immagini in generale presentano una particolarità non trascurabile: mostrano soggetti statici, o “in posa”, quindi
come dare un senso di movimento agli eventi rappresentati?

1.2.1 MOVIMENTI E AZIONI

Ruggero Eugeni identifica 3 modi per simulare il movimento in un’immagine:

MOVIMENTO BLOCCATO: l’immagine rappresenta un movimento bloccato in un istante preciso, ci sono 3 momenti in
cui si può bloccare: nella fase iniziale dell’azione, quando il soggetto sta per compiere l’azione (ASPETTO INCOATIVO),
nella fase intermedia, mentre l’azione si sta svolgendo (ASPETTO DURATIVO) e nella fase finale, quando l’azione si è
appena compiuta (ASPETTO TERMINATIVO).

MOVIMENTO CONTRATTO: vengono rappresentate due fasi successive dello stesso movimento o della stessa azione
contemporaneamente (per es. con una parte del corpo esegue un’azione e con l’altra prepara la prossima, o un
cavallo che corre con tutte le zampe staccate da terra, quando una è sempre a terra nella realtà)

MOVIMENTO ARTICOLATO: le fasi di un movimento sono rappresentate tutte, o il soggetto viene sdoppiato e ritratto
durante ogni passaggio o più soggetti si dividono l’azione (una coppia inizia la discesa, fase incoativa; la seconda
coppia sta inciampando e cadendo, fase durativa; l’ultima coppia è stesa al suolo, fase terminativa)

1.2.2 IL RACCONTO ICONICO

Sorge un problema anche quando si parla di una serie di azioni, più o meno lontane nel tempo, anche qui ci sono
alcune soluzioni:

- L’immagine rappresenta le conseguenze delle azioni precedenti, come due donne che piangono davanti a una
macchia rossa sulla strada (si capisce cos’è successo), o la fase precedente all’incidente,
- Sono presenti contemporaneamente diverse fasi del racconto, spesso in pittura l’azione principale è in primo
piano, nello sfondo invece ci sono le azioni precedenti o successive

2 DARE UN SIGNIFICATO ALLE IMMAGINI

2.1.1 ICONOGRAFIA

ICONOGRAFIA: disciplina che studia e descrive il modo in cui certi temi ricorrenti sono rappresentati in pittura, per
esempio nella pittura sacra il problema non è riconoscere, tra le varie figure, una donna, bensì riconoscerla in quanto
santa per via di certi particolari.
Lo studio dell’iconografia, soprattutto cristiana, è nata attorno al 16/17 sec. ma si afferma nell’800, consiste nel fatto
che ci sono temi ricorrenti che vengono rappresentati sempre attraverso gli stessi schemi e combinazioni di figure.
Hanno delle CARATTERISTICHE: particolarità inseparabili dal personaggio, come l’aspetto fisico o il vestiario (Giovanni
Battista si riconosce per i capelli lunghi e la tunica di peli di cammello) e degli ATTRIBUTI: elementi ulteriori che
vengono aggiunti per semplificare l’identificazione (Giovanni Battista è spesso accompagnato da un agnello).
Un santo nell’alto medioevo è sempre identificato con un’aureola per esempio, per via di una convenzione diffusa.

Questo accadeva per un motivo: quello del pittore, soprattutto nel Medioevo, era un lavoro di bottega che richiedeva
procedure standardizzate, e creare un codice iconografico fisso semplificava molto il lavoro, non erano costretti a
creare rappresentazioni sempre diverse dello stesso personaggio, comunque molto spesso accadeva che il
committente avesse le idee chiare su come doveva essere raffigurati un soggetto.

Una ragione ancora più importante però stava nel fatto che soprattutto la pittura sacra doveva parlare a un popolo di
analfabeti ignoranti, ma che almeno capivano l’iconografia sacra (probabilmente quei contadini conoscevano molto
meglio l’iconografia sacra rispetto a un uomo acculturato dei giorni nostri) e conoscevano le agiografie (biografie) dei
santi.
p.s. Alcuni tipi iconografici sono diffusi solo in alcune epoche o regioni.

È possibile parlare anche di una iconografia moderna e contemporanea. Floch ha evidenziato come alcuni artisti del
900 abbiano creato dei collegamenti fra alcuni motivi e temi: in Kanndinsky lo scontro fra cavalieri rappresenta la lotta
tra bene e male, per Immendorf la candela rappresenta il pensiero libero, ma non solo, pensiamo a una delle figure
inventate più famose: Babbo Natale, possiede le sue caratteristiche (vestito rosso e la barba) e i suoi attributi (il sacco
e le renne) dall’800, per illustrare cartoline di auguri e campagne pubblicitarie. Potremmo pensare in questo modo
anche con James Bond o con il classico stereotipo di cantante hip-hop (ragazzo nero con cappellino, collane e gioielli e
vestito baggy).

2.1.2 ICONOLOGIA

L’iconografia è prevalentemente descrittiva, crea inventari che facciano corrispondere a un insieme di MOTIVI (ovvero
oggetti, gesti, esseri umani riconosciuti in un dipinto) un tema della tradizione sacra o profana. Fra fine 800 e inizio 900
molti cercano di superare questi limiti. Erwin Panofsky negli anni 30 distinse l’iconografia e l’iconologia, secondo lui lo
scopo di quest’ultima è scoprire il significato intrinseco, che si apprende individuando i principi di fondo, qualificato da
una persona e condensato in un’opera, che rivelano l’atteggiamento fondamentale di una nazione, un periodo storico,
una religione ecc.
Gli elementi che compongono un’immagine vengono studiati come VALORI SIMBOLICI che ci permettono di avere una
visione chiara del mondo di un certo periodo storico.

A livello iconografico possiamo notare come gli artisti medievali e rinascimentali abbiano rappresentato diversamente
i temi classici, a livello iconologico invece dovremo cercare di capire perché è avvenuto il cambiamento e a quali
mutamenti del pensiero e della cultura corrispondano.

2.1.3 I RAPPORTI CON LA SEMIOTICA

Mentre l’iconografia e l’iconologia sono discipline di natura storica la semiotica si interessa prevalentemente della
descrizione e della spiegazione di sistemi SINCRONICI (colti in un certo momento della loro esistenza), nel primo caso
ci si concentra sull’evoluzione di un elemento e le sue cause, nel secondo sul rapporto che esso instaura con le altre
parti del sistema di cui fa parte.

La semiotica Greimasiana mossa una critica all’approccio “lessicalista” dell’iconografia, sostenendo che il significato di
un dipinto non è la sommatoria dei temi descrivibili verbalmente, si perderebbero di vista gli altri livelli di senso.
Omar Calabrese quindi si è chiesto come la semiotica potesse aiutare l’iconografia per renderla più completa, un
esempio chiaro è il saggio sul motivo del ponte nella pittura.
Calabrese si chiede se una definizione di ponte possa essere basata non sul riconoscimento della figura ma dalla sua
funzione narrativa. Analizzando il corpus di vari dipinti Calabrese individua 3 funzioni:

1- Può mettere in comunicazione due elementi della narrazione, o congiungere un Soggetto col suo Oggetto di
Valore o può avere la funzione opposta,
2- È un DEMARCATORE: indica il punto di passaggio fra un segmento (o parte) del testo a un altro, caratterizzati
dal fatto di rappresentare i poli opposti di una stessa categoria, il quale può essere spaziale (passaggio da qui
a un altrove), temporale (due spazi in cui avvengono due eventi temporalmente successivi), timica (passaggio
da un luogo euforico a un luogo disforico) ecc.
3- È un connettore di isotopie, cioè tende a essere un elemento che incarna contemporaneamente più
categorie, spesso opposte (il ponte è un elemento figurativo perché congiunge due luoghi nello spazio
rappresentato, e anche un elemento visivo fra due aree differenti della superficie del dipinto)

Questa definizione del ponte non dipende dal suo aspetto figurativo, per questo può includere anche altri oggetti che
svolgono la stessa funzione (un sentiero, un albero caduto ecc.). Però non tuti i motivi possono incarnare la funzione
ponte: non esiste che esso venga rappresentato da una pera per esempio.

2.2 LA CONNOTAZIONE
Dal punto di vista semiotico l’iconografia è un tipo di sapere comune per gli uomini del passato, ma oggi appartiene
solo all’enciclopedia di un certo sottogruppo, gli esperti d’arte.

ENCICLOPEDIA: concetto introdotto da Eco per indicare l’insieme di conoscenze, collegate reciprocamente, possedute
da un soggetto o da una società.

Ci sono fenomeni relativi alla costruzione del significato che, nonostante si basino su meccanismi simili, mostrano
alcune differenze fondamentali, sono quelle associazioni di significato che si sviluppano da una certa unità culturale
grazie a una serie di implicazioni successive come “se A allora B, ma se B allora C”. Per comprendere meglio tutto ciò
vediamo l’analisi di un annuncio della pasta Panzani fatta da Roland Barthes;
Eco inizia identificando 2 livelli: nel primo riconosciamo certe configurazioni visive come oggetti del mondo, tra cui una
borsa a rete per la spesa, varie verdure, i pacchi della pasta ecc. questo livello, un livello letterale (chiamato “livello del
riconscimento”) è indicato dal termine “denotazione” ed è già influenzato da alcuni schemi culturali.
Per Barthes il significato più interessante dell’immagine (quello che probabilmente determina l’efficacia di una
pubblicità) deriva dai significati che vengono associati in una data cultura: nella cultura francese il pomodoro e il
peperone indicano “italianità” (associazione totalmente culturale: i pomodori sono stati scoperti in America), per i
cinesi potrebbe non corrispondere; questo significato è chiamato da Barthes CONNOTAZIONE.

Secondo Barthes ci sono diversi messaggi connotativi: la borsa lasciata sul tavolo indice che qualcuno è tornato dal
mercato, e quindi denota “freschezza” e “preparazione casalinga del pasto”; i colori dell’annuncio in tutti gli elementi
dell’immagine: il bianco dell’aglio, della rete ecc. il rosso dei pomodori, il verde del peperone o del marchio Panzani.
Infine anche i tipi di prodotti presenti e il modo in cui sono disposti richiamano il genere pittorico della natura morta,
connotando “valore estetico”.

Potrebbero esserci infinite associazioni, il compito del semiologo è trovare le più giustificate e scartare le meno
plausibili, ma come? Esistono vari metodi.

Una certa lettura può essere confermata da diversi livelli testuali, quindi abbiamo una conferma incrociata: è il caso
dell’annuncio Panzani, dove l’italianità viene rappresentata dal pomodoro, dal peperone, dal tricolore e dal testo
dell’annuncio (inoltre è la pubblicità di una marca di pasta).

Altrimenti si può fare una ricerca su un corpus abbastanza vasto di immagini o testi per capire se esiste o meno, in una
cultura, una relazione fra determinati elementi, in questo caso si evidenzia l’IDEOLOGIA, cioè il modo in cui una data
cultura associa valori e valutazioni a oggetti, situazioni, categorie di persone ecc.

2.2.1 L’ANCORAGGIO

MECCANISMO DELL’ANCORAGGIO: il testo visivo è spesso accompagnato da un testo verbale, che ha la funzione di
ancorare il significato del testo visivo selezionando i sensi corretti dell’immagine o, meglio, il senso che voleva dare il
creatore.
Può intervenire a diversi livelli, possono esserci casi rari in cui il testo verbale serve per riconoscere che cos’è
rappresentato nell’immagine (livello denotativo), come con gli scherzi visivi (immagini che non sarebbero riconoscibili
senza una didascalia, come il messicano, col cappello tipico, in bici e visto dall’alto).
L’ancoraggio può anche servire per evidenziare uno dei tanti oggetti o particolari in foto (in una rivista di moda la
didascalia guida l’occhio del lettore o della lettrice, a nominare il senso e indicando quale dettaglio rende un abito “di
moda”). Può avvenire anche nei quadri, per esempio in “Paesaggio con la caduta di Icaro” dove di Icaro si vedono solo
i piedi in basso a destra, e non verrebbe visto se il titolo non dicesse che viene effettivamente rappresentato.

A livello della connotazione la funzione dell’ancoraggio permette di dare indicazioni e selezionare la o le letture più
corrette, o quelle che l’autore desidera siano maggiormente considerate.

2.3 TESTI VISIVI E MECCANISMI RETORICI

Nel linguaggio comune la retorica è “l’arte del bello scrivere”, definizione che fa riferimento solo a una delle cinque
parti che compongono la disciplina. La retorica infatti è divisa in:

- INVENTIO: trovare le prove e gli argomenti su cui baseremo il discorso.


- DISPOSITIO: disporre nell’ordine più efficace le parti dell’inventio.
- ELOCUTIO: le espressioni che verranno usate (ciò che si intende col linguaggio comune, soprattutto una delle
sue parti ovvero l’ORNATUS, l’atto di ornare il discorso con belle espressioni e immagini).
- ACTIO: come impostare la voce, accompagnare e rafforzare il discorso con la gestualità.
- MEMORIE: memorizzare i passaggi e gli elementi della conversazione.

2.3.1 LA METONIMIA

È l’ornatus che si occupa delle figure retoriche (anche se metafora e metonimia sono propriamente dei TROPI), e una
delle più celebri è la METONIMIA: sostituire un termine con un altro quando fra loro c’è un rapporto di reciproca
dipendenza (indosso un Gucci per dire che addosso ho un capo d’abbigliamento della Gucci).

È possibile parlare di retorica visiva? Esistono metonimie visive?


Un esempio lo abbiamo incontrato con la pubblicità Panzani: uno dei significati della pubblicità è la genuinità dei
prodotti in scatola, raffigurati accanto a veri pomodori e peperoni, stabilendo un collegamento tra l’origine dei
prodotti e lo stato finale in modo da veicolare il concetto “se il prodotto iniziale è genuino allora lo è anche il prodotto
che ne è derivato: quello in scatola”, anche se quella verdura potrebbe essere cattiva o trattata con sostanze chimiche,
ma in una società abituata a mangiare cibo in scatola questo conta poco. In questo caso avviene un accostamento di
prodotti. E poi non vediamo mai nelle pubblicità il contenuto della scatola.

2.3 LA METAFORA

Consiste nella sostituzione di un termine (il metaforizzato/tenore) con un altro (il metaforizzante/veicolo) quando fra
di essi esiste un rapporto di somiglianza, un’analogia, qualcosa in comune.
Le metafore possono essere IN PRESENTIA: tenore e veicolo sono presenti nella stessa frase (“Achille era un leone”
per rafforzare il fatto che entrambi siano forti e coraggiosi, e rispetto alla frase “Achille era forte e coraggioso” rende
molto più l’idea), altrimenti sono IN ABSENTIA, ovvero la forma più classica della metafora.

La ricchezza e il fascino della metafora dipendono dal suo valore conoscitivo: se dico a una ragazza che ha dei capelli
d’oro non affermo solo che ha dei bei capelli, c’è un grande scambio fra tenore e veicolo: l’oro è prezioso e i capelli
acquisteranno questa qualità ma non solo, la caratteristica filiforme dei capelli può allacciarsi all’oro, essendo difficile
ottenere una filigrana dorata questo rende i capelli della ragazza ancora più preziosi.
La metafora può anche farci conoscere nuovi aspetti delle cose e stimola la nostra riflessione tanto sulle opposizioni
quanto sulle analogie.

Come funziona una metafora visiva? Pensiamo a una pubblicità della marca di abbigliamento Etro, che raffigura una
conchiglia a sinistra e una donna che sembra stia ballando a destra:
Si tratta di una metafora in presentia visto che c’è un rapporto di somiglianza e la conchiglia, il veicolo, è presente
nella pubblicità assieme alla ragazza, il tenore.
Le caratteristiche in comune tra ragazza e conchiglia sono: la forma a spirale (visibile soprattutto nelle pieghe della
gonna), il colore (della conchiglia, che i vestiti riprendono), alcuni effetti di luce (la luminescenza della conchiglia e
l’iridescenza del velluto della giacca), la testura (le scanalature della conchiglia riprese dalle righe verticali della
gonna).
Tuttavia dobbiamo comunque controllare le possibilità effettive di questo accostamento, la pubblicità non intende che
la ragazza sia come la conchiglia (anzi ci sono diverse opposizioni, tra cui il verso della spirale, verso il basso per la
ragazza e verso l’alto per la conchiglia, il vestito che è un involucro che contiene la ragazza mentre la conchiglia è un
corpo vuoto ecc.).
Infine dobbiamo considerare che la conchiglia è caratterizzata da chiusura e staticità terminativa (l’avvolgimento
ormai è finito) mentre la ragazza da apertura e dinamismo durativo (è stata immortalata in un istante di un insieme di
movimenti).

Essendo un accostamento particolare ci colpisce, e ci invita a cogliere nuove analogie e le proprietà che vengono
trasferita dalla conchiglia alla ragazza e viceversa.
Senza concentrarci sulle opposizioni più evidenti, come aperto/chiuso o, soprattutto, terminativo/dinamico.
Un collegamento più convincente potrebbe venire fatto con un’altra opposizione: natura/cultura, che potrebbe
suggerire che un certo abbigliamento conduce a vivere una vita in sintonia con la natura delle cose, in particolare con
la natura delle cose naturali”.
È importante sottolineare, infine, una differenza rispetto a quanto accade solitamente nel linguaggio verbale: spesso la
presenza di una metafora visiva è evidenziata da una somiglianza, le caratteristiche in comune fra veicolo e tenore non
riguardano solo il piano del contenuto ma anche quello dell’espressione.

3 STRUTTURE NARRATIVE DELLE IMMAGINI

Ci sono casi di narrazioni per immagini paragonabili a quelle verbali, gli affreschi o i fumetti sono un esempio. Ci sono
casi di immagini che rappresentano contemporaneamente più episodi della stessa vicenda, un’immagine che
rappresenta solo una tappa dello schema narrativo canonico dando rilievo a solo una delle tappe della vicenda.

3.2 IL PERCORSO GENERATIVO

È uno schema che distingue i diversi livelli di contenuto di un testo, che come abbiamo visto può avere significati
profondi e astratti, abbastanza generali (e non espliciti) da poter veicolare anche altre storie nascoste sotto la
superficie del testo. Questi significati sono rappresentati e incarnati da elementi più concreti; lo scontro fra San
Giorgio e il drago, è la narrazione del conflitto astratto fra Bene e Male, il percorso generativo cerca di definire i livelli
diversi di significato, dai più astratti e profondi (bene vs male) alla loro graduale emersione in superficie (s. Giorgio vs
drago, americani vs nazisti, uomo di cultura vs ignoranti).

Il percorso però non è GENETICO (non è la descrizione delle diverse tappe di produzione di un testo, i livelli vanno letti
come livelli che agiscono contemporaneamente e che si influenzano a vicenda).

3.2.1 LE STRUTTURE SEMIO-NARRATIVE (O SEMIONARRATIVE) PROFONDE

I livelli del percorso generativo sono i seguenti:

1) SUPERFICIE TESTUALE, ciò che si vede


2) STRUTTURE DISCORSIVE: i temi, le figure e i percorsi figurativi
3) STRUTTURE SEMIO-SARRATIVE SUPERFICIALI: attanti, modalizzazioni, congiunzione e disgiunz. di Soggetti e
Oggetti
4) STRUTTURE SEMIO-NARRATIVE PROFONDE: Quadrato semiotico

Partendo dal maggior grado di astrazione (liv. Profondo delle strutture semio-narrat.) incontriamo le opposizioni
semantiche (di significato) fondamentali, attorno alle quali ruota l’intero testo.
Per Greimas un testo è la messa in scena di un conflitto fra due poli opposti di una categoria semantica (bene e male,
vita e morte ecc.), incarnate da oggetti o personaggi concreti.

Analizzando un quadro (Loth e le figlie) possiamo notare molte opposizioni e legami tra gli elementi rappresentati:
Un albero (A), un tronco marcio (B), una carcassa d’asino in decomposizione (C) e Loth che abbraccia una delle figlie
(D).

- A vs B opposizione vita e morte, un passaggio da un polo all’altro della categoria vita/morte.


- B e C accomunati per via della decomposizione
- A e D legati da una metafora: l’albero nell’iconografia tradizionale rappresenta la generazione (albero
genealogico)

3.2.2 IL QUADRATO SEMIOTICO

Secondo Greimas i significati profondi di un testo valgono perché inseriti in una rete di rapporti con altri significati
correlati, non è importante che sia presente il significato “vita”, ma che “vita” sia contrapposto ad altri significati,
come “morte”.

Nel quadrato semiotico (che per Greimas viene usato per spiegare le trasformazioni che avvengono durante la
narrazione) notiamo come interagiscono le relazioni fra elementi, S1 chiama in causa il suo contrario S2, ma ha anche
una relazione col suo CONTRADDITTORIO Non S1 (ovvero la negazione di uno dei contrari) quindi tutto ciò che non è
S1. Questo implica una relazione anche fra non S1 e S2 dato che un contrario è una specificazione di un
contraddittorio, “nero” è il contrario di “bianco” ed è anche uno dei possibili aspetti di “non bianco”.
p.s. Le coppie di contrari non sono standardizzate, ogni testo può creare le proprie (anziché bianco vs nero può essere
bianco vs rosso).

Le trasformazioni vengono rappresentate dagli spostamenti da un polo all’altro, che si chiamano AFFERMAZIONI (se
vanno da un contraddittorio a un contrario, da non S2 a S1) o NEGAZIONI (se vanno da un termine al suo
contraddittorio, da S1 a non S1).

3.2.3 LE STRUTTURE SEMIO-NARRATIVE SUPERFICIALI

In questo livello i valori rappresentati dai poli del quadrato semiotico sono associati a Soggetti e Oggetti di valore,
compaiono anche Destinanti, Destinatari, Aiutanti e Opponenti/Oppositori. Ci troviamo ancora in un livello astratto,
infatti questi ruoli attanziali non corrispondono per forza a un personaggio, sono ancora semplici funzioni narrative.
In questo livello la narrazione può essere descritta come una serie di trasformazioni che portano i Soggetti a
congiungersi o disgiungersi a un Oggetto di valore, e si possono studiare le modalizzazioni del Soggetto (volere, potere,
sapere e dovere).

Floch analizza una tavola di un disegnatore umorista, nelle prime 4 vignette vediamo un bambino che gioca con un
cerchio e un uccello che glielo ruba, per poi tornare indietro e riprendersi anche il cappello del bimbo, nelle 2 finali
vediamo che il cappello l’ha usato come nido per deporre le uova e il cerchio per restare appollaiato vicino ai piccoli;
nelle prime vignette pensiamo che il gesto del corvo sia solo un dispetto (modalizzazione del volere) ma poi scopriamo
che è obbligato a rubare quegli oggetti per badare ai suoi piccoli (modalizz. Del dovere).

Nella prima parte il Soggetto sottrae un Oggetto di valore a un altro Soggetto, si tratta di APPROPRIAZIONE: solo uno
può godere dell’Oggetto quindi te lo sottraggo. Nella seconda parte la logica cambia completamente, da
appropriazione passa alla COMUNICAZIONE PARTECIPATIVA: un Oggetto può essere condiviso senza che nessuno
debba rinunciarvi (infatti anche quando i suoi piccoli nasceranno il corvo potrà comunque usufruire del nido grazie al
cerchio).

3.2.4 STRUTTURE DISCORSIVE

Qui arrivano gli attori veri e propri e gli Oggetti concreti. Gli elementi di questo livello possono essere raggruppati in
TEMI: insiemi di personaggi, situazioni e oggetti legati da una certa coerenza che tendono a essere presenti
contemporaneamente.
Ogni tema porterà con sé una serie di RUOLI TEMATICI (personaggi tipo) e FIGURE (oggetti del mondo) adatti a esso.
In questo modo avremo una vasta area tematica da chiamare “bellica”, un’altra “amorosa” ecc., ognuna potrà
intrecciarsi con le altre e avrà specificazioni ulteriori.

Nell’area tematica “bellica” può trovarsi sia il tema “seconda guerra mondiale” e ciò che ne consegue (le
sceneggiature/percorsi figurativi) oppure “contesa cavalleresca”.

La struttura discorsiva ci fa capire come testi di natura differente possano essere così simili, dato che il prossimo
passaggio, la testualizzazione, ci farà scegliere il metodo di espressione, e quindi il tipo di testo che useremo per
veicolare il messaggio.

3.3 LE FILOSOFIE PUBBLICITARIE E LE IMMAGINI

Floch ha sviluppato un modello per comprendere i modi in cui le immagini valorizzano i mettono in evidenza aspetti
diversi di un prodotto, ma funziona non solo con i testi visivi.
Vengono individuati 4 filosofie pubblicitarie:

PUBBLICITÀ REFERENZIALE: basata sull’idea che la pubblicità migliore sia quella dove si dice la verità e si mostra il
prodotto per quello che è, il valore fondamentale è l’onesta (non è tanto importante se un certo annuncia dice la
verità, ma l’impressione deve essere quella, le caratteristiche di quell’annuncio devono dare l’impressione che sia
sincero, onesto e realistico). Le caratteristiche sono:

- Struttura narrativa riconoscibile (come la differenza fra la situazione precedente e quella successiva)
- Nessun effetto di costruzione o montaggio (come i flashback)
- Pochi o nessuno slogan o aggettivo.
- Testo verbale scientifico, con un’argomentazione, fatti concreti e riferimenti interni per creare un effetto di
coerenza e da l’impressione che ci siano le prove di quello che sta dicendo
- Una fotografia che metta al centro dell’attenzione il prodotto, senza trucchi o effetti speciali
- Bodycopy che chiama in causa la foto dell’annuncio a dimostrazione di quanto dice

PUBBLICITÀ SOSTANZIALE: mette al centro dell’attenzione il prodotto stesso e le sue caratteristiche, viene esaltato
nella sua natura profonda e si rende desiderabile anche dal punto di vista estetico, è particolarmente indicato per
gioielli e prodotti alimentari ma può essere applicato a qualunque merce.

PUBBLICITÀ MITICA: veste il prodotto di un’aura fantastica, è il contrario della pubblicità referenziale e cerca di far
fantasticare il cliente. Chiama spesso in causa miti, eroi e leggende tradizionali e contemporanee per usarli come
simboli e trasmettere al prodotto le loro qualità positive.
Al centro dell’attenzione c’è uno stile di vita fatto di avventure e imprese estreme e rientrano in questa categoria
molte pubblicità con i testimonial (a meno che non abbia la funzione di esperto). La chiave quindi è l’accostamento fra
prodotto e situazione da sogno.

PUBBLICITÀ OBLIQUA: si basa sul paradosso, sulla critica ai luoghi comuni, non è immediatamente comprensibile
quindi serve un fruitore cognitivamente attivo che spenda un pochino del suo tempo a interpretare lo spot. È
particolarmente indicato ai target di nicchia e il fatto che tenda a rompere le convenzioni rende difficile definirne e
caratteristiche, quelle più riscontrate però sono sicuramente: l’ironia, la citazione e il gioco metalinguistico.

IL CAPITOLO 4 è UN APPROFONDIMENTO DEL CAPITOLO 5 DI “CAPIRE LA SEMIOTICA”

5 LA PSICOLOGIA DELLA PERCEZIONE E GLI EFFETTI DI BASE DEL LINGUAGGIO PLASTICO

5.1 IL LINGUAGGIO PLASTICO

Due quadri potrebbero essere quasi identici: stesso soggetto, stesso maestria, stesso stile, eppure potrebbero
produrre effetti di senso diversi, questo per i colori, i tipi di linee, la configurazione usata e la disposizione degli
elementi visivi (la COMPOSIZIONE).

Considerando l’esistenza di immagini senza contenuto figurativo, come le avanguardie artistiche del 900, capiamo che
le immagini non significano solo perché riproducono il mondo reale, bisogna considerare anche il linguaggio/livello
plastico. Esso è indipendente da quello figurativo (ma non esclude che fra i livelli ci siano interazioni).

Facciamo un esempio, in una natura morta c’è un piatto ellittico contenente un’oliva.
A LIVELLO FIGURATIVO riconosciamo un’ellisse bianca con una piccola ellisse verde all’interno (piano dell’espressione),
come segno pittorico di un piatto e un’oliva (piano del contenuto).
A LIVELLO PLASTICO non consideriamo che abbiamo davanti un piatto e un’oliva, ma che ci sia un richiamo fra le due
ellissi, e che ciò crea un punto di particolare forza visiva nella composizione.

Ricordiamoci che il concetto plastico non riguarda solo i testi visivi planari (bidimensionali) ma anche l’architettura, la
scultura e il mondo che ci circonda in generale (in tal caso anche altri aspetti, come i volumi, diventeranno pertinenti)

5.1.1 DA HOGART A GREIMAS

Nonostante il contenuto del linguaggio plastico sia stato introdotto dalla scuola di Parigi, in particolare da Greimas e
dai suoi collaboratori Thürlemann e Floch, interessi del genere non erano nuovi alla critica e ai pittori stessi.

HOGART, disegnatore e pittore inglese del 18° secolo, fu il primo a provare ad applicare all’arte qualcosa di simile alla
psicologia della percezione. Sosteneva che la linea curva fosse più piacevole da vedere in quanto l’occhio era costretto
a una specie di caccia continua per seguirla, rendendola più interessante; ora sappiamo che gli occhi non seguono con
continuità le linee ma è interessante il fatto che fece un discorso essenzialmente plastico, interrogandosi sul valore
estetico delle linee curve considerandole di per sé.

Nel prossimo capitolo cercheremo di capire come certe configurazioni visive possano creare effetti di senso
abbastanza generali ed elementari (tensione, dinamismo, equilibrio), elementari ovvero che hanno origine nella fase
iniziale del processo percettivo e, quindi probabilmente più immediati.
5.2 LA PSICOLOGIA DELLA PERCEZIONE E LA GESTALT

5.2.1 LE LEGGI DI UNIFICAZIONE FIGURALE

La psicologia della Gestalt ha individuato le LEGGI DI UNIFICAZIONE GENERALE per stabilire in che condizioni tendiamo
a vedere un insieme di elementi non come unità separate ma come parti di un’unica configurazione;

- VICINANZA: a parità di condizioni, gli elementi più vicini fra di loro tendono a essere visti come appartenenti alla
stessa unità

- SOMIGLIANZA: a parità di condizioni, gli elementi simili (per forma, colore ecc.) tra di loro vengono visti come
appartenenti alla stessa unità

- DESTINO COMUNE: gli elementi con un movimento simile tendono a far parte della stessa unità

- PERSISTENZA DELL’ORGANIZZAZIONE INIZIALE: se in una situazione percepiamo una certa organizzazione delle
forme, tenderemo a conservarla anche quando la situazione si modifica (colonne di punti numerate, le righe invece
hanno delle lettere per contraddistinguerle, se vedo che ogni due colonne, in alto, c’è uno spazio allora dividerò tutti
in 1 e 2, 3 e 4, 5 e 6, anche se poi in fondo le posizioni sono cambiate e magari 2, 3 e 4 sono vicini mentre 1, 5 e 6 sono
completamente separati e sembrano da soli.

DIREZIONE E BUONA CONTINUAZIONE: quando diversi elementi si uniscono in un punto quelli che hanno la stessa
direzione tendono a essere visti come appartenenti alla stessa unità.

CHIUSURA: elementi chiusi o tendenti alla chiusura vengono visti più facilmente come costituenti di un’unità (una O
formata da tanti pallini per esempio)

ESPERIENZA PASSATA: l’aggregazione o segmentazione avviene in base alle nostre conoscenze (dividere le L dalle T per
esempio, o le lettere dalle cifre)

DIREZIONALITÀ: se una matrice di punti è rettangolare e ha un’evidente direzionalità preferiremo un’organizzazione


rispetto a un’altra, se per es. il rettangolo formato ha il lato lungo alla base l’organizzazione che consideriamo dei
punti è orizzontale

ORIENTAMENTO: gli oggetti che hanno lo stesso orientamento sembrano appartenere alla stessa forma. Per esempio
vedendo delle N verticali e delle N orizzontali le distingueremo (le N verticali con le verticali, le N orizzontali con le
orizzontali).

5.2.2 FIGURA/SFONDO

Un altro contributo della psicologia della Gestalt è la figura/sfondo. Che si tratti di visione bidimensionale o
tridimensionale ciò che si vede non ha la stessa importanza, alcuni elementi rimangono in secondo piano.
La figura assume certe proprietà:

- Ha un CARATTERE OGGETTUALE, viene vista come una cosa dai bordi solidi e compatti mentre lo sfondo diventa
evanescente fino a sembrare uno spazio vuoto
- Mostra un colore EPIFANICO, lo sfondo invece FILMARE o DIAFANICO (Epifanico: compatto e materiale, Diafanico:
meno denso e definito)
- Viene vista come più vicina rispetto allo sfondo

Lo sfondo però non va visto come un residuo, anzi è un vero e proprio schema di riferimento che influenza le proprietà
delle configurazioni che include.
Diversi fattori favoriscono il riconoscimento di una configurazione come figura:

- GRANDEZZA RELATIVA: l’area più piccola viene vista come figura


- ORIENTAMENTO: la configurazione verticale o orizzontale viene vista più facilmente come figura
- INCLUSIONE: la parte inclusa è la figura, la parte includente è lo sfondo
- CONVESSITÀ: le configurazioni dai contorni convessi sono più riconoscibili come figura rispetto a quelle con contorni
concavi
- SIMMETRIA: la configurazioni simmetriche rispetto a un asse vengono viste più facilmente come figure
- PARALLELISMO E COSTANZA DI LARGHEZZA

Se alcuni di questi fattori entrassero in conflitto, ci sarebbero casi di figure ambigue in cui ciò che guardiamo porta in
primo piano alternativamente due configurazioni

5.2.4 LA PREGNANZA

Uno dei concetti fondamentali della Gestalt è la PREGNANZA o “buona forma”, è un concetto ambiguo in cui
convivono due aspetti simili ma diversi.
È una forma semplice, regolare e simmetrica, quindi stabile; però è anche una singolarità, un punto di discontinuità
nell’insieme di forme di quel tipo, facciamo un esempio.
Un angolo retto è considerato una buona forma perché a livello percettivo esercita attrazione, è un punto di
riferimento per tutti gli altri angoli, un angolo di 93° è quasi un angolo retto, non si dice che l’angolo di 90° è quasi un
angolo di 93°.
Allo stesso modo percepiamo l’ellisse come una circonferenza schiacciata più che una figura autonoma.
Le buone forme sono quindi configurazioni stabili, punti di riferimento per altre figure simili considerabili deviazioni.

Un’altra interpretazione di buona forma proviene dalla TEORIA DELL’INFORMAZIONE: la buona forma è quella che,
rispetto alle altre possibili, richiede meno informazioni per essere percepita; se prendiamo un cubo e lo guardiamo da
due angolazioni diverse avremo un esagono con le diagonali tracciate, e una figura irregolare e complessa che viene
interpretata come cubo.
La prima figura è una configurazione che già nelle due dimensioni appare stabile e regolare, la seconda impone
l’interpretazione del cubo come la più semplice dato che non è una figura regolare.

5.3 L’EQUILIBRIO VISIVO

Possiamo dire che un’immagine è equilibrata o dinamica, ma non sappiamo nominare queste caratteristiche se non
metaforicamente.
Arnheim insiste sulla differenza fra aspetto fisico delle configurazioni visive (come sono veramente) e quello
fenomenico (la resa percettiva). Quando guardiamo una certa immagine vediamo e sentiamo cose che in realtà non ci
sono. Pensiamo all’immagine di un quadrato bianco con un cerchio dentro, se fosse asimmetrico lo noteremmo subito
anche se il centro non è indicato da nulla, inoltre il cerchio si dimostra “irrequieto”, è come se volesse tornare al
centro o volesse allontanarsi.
Se invece al centro del quadrato ci fossero due piccoli cerchi disposti in posizione obliqua, anche se presi
singolarmente fossero asimmetrici assieme darebbero l’impressione di simmetria.

5.3.1 I VETTORI

Un vettore è un elemento visivo con una direzione e un verso, la vettorialità degli elementi dipende da vari fattori.
Se configurazioni plastiche e elementi figurativi coincidono potremmo risentire delle conoscenze che abbiamo su di
essi: gli alberi e i vegetali diventerebbero vettori che rispettano la direzione della loro crescita (radicipunta) e gli
animali invece con direzione di avanzamento.
Chiaramente è un discorso che vale anche per le configurazioni plastiche in un dipinto non figurativo: un triangolo
isoscele per esempio ha una direzionalità chiara.

5.3.2 LE ANALISI DELL’EQUILIBRIO VISIVO

Applichiamo tutto ciò all’ANALISI DELLA COMPOSIZIONE ovvero l’organizzazione generale dei testi visivi. La
composizione è responsabile del primo impatto dell’opera e rappresenta la cornice che comprende tutti gli altri effetti.
Uno dei problemi centrali della composizione è l’equilibrio, che può essere ottenuto anche con una corretta
composizione di forze che continuano a far sentire il loro effetto pur bilanciandosi a vicenda, un esempio si nota nel
quadro “Case a l’Estaque” di Braque, piano di linee e forme triangolari con un forte effetto, ma assieme danno
direzionalità al quadro, direzionalità accompagnata dall’albero stilizzato a sinistra (che si trova nella parte alta e bassa
del quadro): una curva verso destra che inizia in basso al centro, va verso la parte sinistra del quadro per poi, più o
meno a metà, svoltare e andare in alto al centro.

5.4 LA DIREZIONE DI LETTURA DELLE IMMAGINI


SPAZIO ANSIROPICO (ARNHEIM): gli elementi plastici acquistano forze e pesi diversi a seconda che si trovino nella
metà superiore o inferiore del piano. È un fenomeno giustificato dalla nostra esperienza della gravità terrestre.

Più complesso e dibattuto invece è il caso dell’opposizione fra destra e sinistra, Wöfflin notò che i dipinti cambiano
aspetto e perdono in significato se assumono la loro immagine speculare, questo perché “leggiamo” le pitture da
sinistra verso destra, e la sequenza cambia quando la pittura viene invertita, notò anche che la diagonale che va dal
basso a destra verso l’alto a sinistra è vista come ascendente e la sua opposta come discendente.

PESO VISIVO: Arnheim afferma che gli oggetti dipinti a destra del quadro appaiono più pesanti.
Un altro problema è l’effetto prodotto dalla direzione di un movimento rappresentato,
sempre Arnheim: Dato che leggiamo un dipinto da sinistra verso destra il movimento lo percepiamo più agevole e
meno faticoso, se invece bisogna seguire la direzione contraria sembra che la figura abbia una resistenza maggiore e
che vada più lenta. Questi sono problemi che riguardano il plastico.

5.4.1 LE SPIEGAZIONI

Perché abbiamo la tendenza di vedere le immagini da sinistra verso destra? Ci sono due famiglie di spiegazioni:

La prima dice che dobbiamo ricondurre ciò a fattori naturali come la lateralizzazione cerebrale: i due emisferi
dell’encefalo non sono perfettamente simmetrici ma svolgono funzioni diverse, l’emisfero sinistro si occupa del
linguaggio verbale, il destro del riconoscimento dei volti ecc.

La seconda sostiene che dipenda da convenzioni culturali, precisamente dalla direzione di lettura/scrittura. Però non
significa che dipenda dal fatto che muoviamo gli occhi da sinistra verso destra mentre leggiamo, abbiamo già appurato
tramite esperimenti che gli occhi seguono una direzione casuale, piuttosto dall’influenza degli schemi percettivi
sviluppati con la lettura negli anni.

6 IL LINGUAGGIO PLASTICO E L’ANALISI STRUTTURALISTA

LIVELLO PLASTICO: ci si arriva tramite uno sforzo mentale, ci si concentra sui colori, sugli spazi, sulle linee. Si divide in 3
componenti:

1. Organizzazione dello SPAZIO (o topologica)


2. Organizzazione delle LINEE (o eidetica)
3. Organizzazione dei COLORI e CHIAROSCURI (o cromatica)

Queste organizzazioni servono a descrivere il livello plastico del piano dell’espressione

ES. Vi è la presenza di linee verticali in basso a destra, in basso a sinistra fino al centro ci sono delle linee oblique e
verticali. Verso il basso vi è una dominanza di linee perpendicolari, verso l’alto ci sono più linee oblique, i colori sono
più scuri sulla destra e si schiariscono verso sinistra ma sono prevalentemente colori caldi

I pubblicitari giocano molto con le linee, è possibile che il packaging di un prodotto venga disegnato per far si che si
adatti alla campagna pubblicitaria (Max Mara fa una cosa del genere con un profumo: la forma della boccetta riprende
la posa di una modella che a sua volta riprende le linee della M del logo).

CATEGORIE: contrasti, opposizioni

CATEGORIE TOPOLOGICHE: spazio bi/tridimensionale, primo/secondo piano, alto/basso, destra/sinistra,


intercalante/intercalato (alternanza di figure che stanno dentro/fuori qualcosa), periferico/centrale,
circoscrivente/circoscritto ecc.

CATEGORIE EIDETICHE: orizzontale/verticale, dritto/curvo, perpendicolare/obliquo, angolo ottuso/acuto, poligono


regolare/irregolare, spigoloso/arrotondato ecc.

CATEGORIE CROMATICHE: colore/bianco-nero, colore primario/secondario, chiaro/scuro, saturo/insaturo,


vivace/tenue, a fuoco/sfocato, rosso/nero, rosso/blu ecc.

Alcune categorie determinano l’ordine nella lettura del testo visivo (noi leggiamo da sinistra a destra, dall’alto verso il
basso, prima davanti poi dietro, partiamo guardando la forma arrotondata fino a quella appuntita, come con le frecce,
ci focalizziamo sui colori saturi per poi passare agli insaturi, funziona così anche con i colori luminosi fino a quelli meno
luminosi. Volendo possiamo attirare l’attenzione mettendo un modello/a a destra dell’immagine per catturare
l’attenzione).

DESCRIVERE IL LIVELLO PLASTICO

Per analizzare un testo devo utilizzare le parole della nostra lingua, che devono essere il più possibile precise e
appropriate, in questo modo si crea una “descrizione densa” (by Maria Pia Pozzato) necessaria e imprescindibile, ma
non è comunque sufficiente in quanto bisogna poi selezionare gli elementi utili (altrimenti creeremmo semplicemente
una lista).

ESERCITAZIONE: Wassily Kandinsky, Autumn in Bavaria (1908)

CATEGORIE CROMATICHE

Esistono 7 colori di base, scoperti da Newton con l’esperimento del prisma sulla luce, e sono i colori coi quali
rappresentiamo l’arcobaleno (rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco, violetto). I colori vengono
convenzionalmente divisi in COLORI PRIMARI O FONDAMENTALI (rosso, giallo e blu), secondo un’altra convenzione i
colori primari sono rosso, blu e verde ma vale per gli strumenti elettronici perché lavorano meglio con quei colori
(convenzione RGB, che però a noi non interessa). I COLORI SECONDARI sono le combinazioni di due colori primari
(arancione, viola, verde). I COLORI TERZIARI invece si creano mescolando i colori primari e secondari (rosso-arancio,
giallo-verde, verde-azzurro, blu-viola o indaco, rosso-viola, rosso-verde o marrone). Nero e bianco invece sono “NON-
COLORI”. Il nero lo vediamo quando la luce in generale non colpisce gli occhi (o basta mescolare la giusta dose di colori
primari), se invece la combinazione di tutti i colori della luce ci abbaglia vedremo il bianco.

COLORI COMPLEMENTARI: è complementare con un colore primario se sono creati con la combinazione degli altri due
colori primari (es. giallo+viola (che è rosso+blu); rosso+verde (che è giallo+blu)).

TINTA O TONALITÀ: è la qualità che distingue i colori in base alla lunghezza d’onda nello spettro solare.

LUMINOSITÀ: la capacità delle tinte di riflettere la luce bianca, l’intensità della luce bianca fa apparire il colore più o
meno luminoso, gradi diversi della stessa tinta formano (metto del bianco e diventa più luminoso, metto del nero e
risulta più scuro).

SATURAZIONE: si dicono saturi i colori che hanno la massima purezza (nello spettro della luce corrispondono a
radiazioni monocromatiche). Per capire a occhio nudo quanto è satura l’immagine bisogna ricordare che un colore non
saturo è mescolato al grigio (un colore saturo a momenti acceca, sono colori molto brillanti, per evitare l’effetto di
irradiazione solitamente si accosta un colore saturo ad uno non saturo).

CALORE: il tono dei colori verdi-blu sono detti freddi, quelli sul rosso-arancione sono caldi, i primi rallentano la
circolazione sanguigna (agli occhi, ma non è niente di che) e i secondi la attivano.

CATEGORIE TOPOLOGICHE: spazio bidimensionale/tridimensionale, primo/secondo piano, alto/basso, destra/sinistra,


intercalante/intercalato, periferico/centrale, circoscrivente/circoscritto ecc.

CATEGORIE EIDETICHE: orizzontale/verticale, dritto/curvo, perpendicolare/obliquo, angolo ottuso/acuto, poligono


regolare/irregolare, spigoloso/arrotondato ecc.

CATEGORIE CROMATICHE: colore/bianco-nero, colore primario/secondario, chiaro/scuro, saturo/insaturo,


vivace/tenue, a fuoco/sfocato, rosso/nero, rosso/blu ecc.

ORIENTAMENTI DI LETTURA: Davanti dietro, sinistra destra, centrale periferico, arrotondato appuntito
saturo insaturo, luminoso non luminoso

FORMANTI PLASTICI: elementi topologici, eidetici, cromatici di un testo visivo dotati di significato. Compito dell’analisi
plastica è individuare sia gli elementi sia i loro significati

FORMANTI FIGURATIVI: permettono il riconoscimento di figure del mondo nel testo visivo, dando il via all’analisi
figurativa.

6.1.4 ALTRE CATEGORIE PLASTICHE


Essendo una lista aperta dov’è possibile aggiungere altri elementi in base ai progressi della teoria o alle esigenze di
una singola analisi. Infatti ci sono altre caratteristiche come la TESTURA, la MATERIA, la GRANA (alcuni le considerano
parte integrante delle categorie cromatiche). Sono termini parzialmente equivalenti che possono rendere conto delle
differenze fra superfici omogenee o disomogenee (per es. tratteggiate), fra brillanti e opache, fra i diversi effetti di
materialità della superficie ecc.

6.2 L’ANALISI DEL CONTENUTO DEL LINGUAGGIO PLASTICO

La semiotica usa le categorie plastiche per descrivere il piano dell’espressione plastica, ma ciò non basta: ogni
espressione rinvia a un contenuto, dobbiamo quindi ricondurre forme, colori e organizzazioni spaziali descritte a certi
contenuti.

6.2.1 IL SIMBOLISMO PLASTICO

In una certa cultura un valore plastico può essere legato a un dato significato, come il colore oro che nella pittura
occidentale (soprattutto medievale) richiama il “sacro”, o il colore verde che oggi è collegato alla “natura”, si parla
infatti di simbolismo plastico. Potrebbe sembrare simile al meccanismo di connotazione ma non è così, in questa
abbiamo un collegamento fra un’unita del contenuto figurativo (non plastico) e un’altra del contenuto
(pomodoroitalianità), ma entrambi hanno una base culturale forte.

Bisogna fare una considerazione sulla metodologia d’analisi, il simbolismo plastico va impiegato con parsimonia e
coerenza per non applicarlo indiscriminatamente e creando infinite interpretazioni inutili.
Per utilizzarlo al meglio bisogna cercare COERENZE TESTUALI: il significato simbolico di un valore plastico deve essere
confermato dalla presenza della relativa isotopia, quindi se troviamo il colore verde e lo associamo a natura dovremo
trovare altri elementi che confermino tale isotopia, siano essi testi linguistici o visivi (non identificando tutte le
immagini di colore verde).

p.s. in Italia il verde è molto usato anche nella comunicazione farmaceutica

6.2.2 DESCRIZIONE E PRIMI SIGNIFICATI

Per comprendere meglio l’approccio della semiotica strutturale al testo visivo prendiamo spunto da un’analisi di Floch
dei marchi IBM e Apple degli anni 60/70.

IBM: le righe sono 13 in alcuni casi, in altri 8, alcune volte è in positivo, altre in negativo. Il colore può variare dal blu
che in genere la contraddistingue (non è raro trovare il logo di un altro colore).

Per prima cosa dovremo definire le INVARIANTI PLASTICHE: caratteristiche che rimangono sempre costanti, in questo
caso di sicuro non sono invarianti plastiche il colore o il numero delle linee ma il logo e le sue caratteristiche principali:

- Una struttura ternaria (3 elementi, le 3 lettere)


- Un carattere tipografico (o “font”) molto angoloso
- Monocromatismo (indipendente dal colore usato)
- Bande che creano la ripetizione di tratti orizzontali alternati (pieno-vuoto-pieno-)

Questa descrizione del livello plastico va collegata a un contenuto perché diventi semioticamente interessante,
iniziamo considerando gli effetti di senso di queste caratteristiche.
Il font è molto spigoloso e pesante, potrebbe dare l’idea di stabilità e solidità (cosa che l’IBM potrebbe voler
comunicare), inoltre è un’evoluzione del font “Egyptian”, un carattere molto usato negli annunci commerciali perché
leggibile anche da lontano, inoltre è tipicamente americano, il che indica ai suoi clienti americani “americanità” e
“ambito commerciale, affari”.
Le strisce che formano la scritta, producendo un alternarsi di pieno e vuoto ricordano la logica binaria (0-1) dei pc.

APPLE: una mela morsa con una foglia sopra, le sue invarianti sono:

- Struttura compatta con un solo elemento visivo (la fogliolina è inglobata perché dello stesso colore della
prima striscia per via della legge gestaltista della somiglianza)
- Forme curvilinee
- Policromatismo (le bande riproducono i colori dell’arcobaleno, anche se non nello stesso ordine)
- Un sistema di strisce contigue

Iniziamo non dall’analisi di simboli plastici ma da alcune associazioni enciclopediche basate sul livello figurativo.
Nella nostra cultura la mela morsa rinvia abbastanza direttamente a episodi storici e narrazioni, è uno degli attributi
iconografici di Newton, il quale diede origine alla rivoluzione scientifica più importante della storia (quindi il logo
ricorda una rivoluzione, così come i primi pc volevano rappresentare una rivoluzione tecnologica e commerciale.
Inoltre ricorda la storia di Adamo ed Eva e il peccato originale, chiamando in causa tali elementi per caratterizzarsi
come un soggetto nuovo portatore di una cultura nuova.
L’arcobaleno poi è uno degli elementi tipici dei movimenti hippy e psichedelici che, alla nascita dell’azienda, si
opponevano maggiormente alla cultura e alle loro convenzioni, la Apple si presenta come un antagonista, ma di chi? I
suoi fondatori hanno addentato la mela, e la mela più famosa è la “grande mela”, New York, capitale morale ed
economica degli USA.
La Apple ha attaccato nel loro marchio gli schemi e le convenzioni tipiche della cultura tradizionale americana, quella
della East Coast, e chi nel settore in cui Apple opera incarna maggiormente quei valori? La IBM con sede ad Armonk,
New York.

6.2.3 LA COMPARAZIONE

Dopo aver collegato le caratteristiche figurative e plastiche ai loro significati dobbiamo confrontare e analizzare i
rapporti in un sistema.
Un marchio è uno dei mezzi più potenti per costruire un’identità visiva, Se l’azienda X vuole competere con l’azienda Y
dovrà avere un’immagine che si contrapponga a quella dell’avversaria. Confrontando il marchio della Apple con quello
della IBM notiamo che sono opposte, il policromatismo della Apple vs il monocromatismo della IBM, le bande
congiunte vs quelle disgiunte, i colori, le forme ecc.
Poi la Apple ha modificato il marchio circa 30 anni dopo eliminando il policromatismo, ma perché? Per la sua strategia
comunicativa: la Apple vuole essere un’azienda che cerca un mercato di nicchia, quindi bisogna chiedersi chi sia il suo
rivale principale del mercato informatico, ovvero la Microsoft, creatrice del sistema operativo Windows, il cui logo fa
del policromatismo una delle caratteristiche principali, per questo dovette eliminarlo dando un altro valore plastico
che si opponesse al competitor ma rimanendo sempre Apple, la mela non è stata cambiata infatti.

6.3 I SISTEMI SEMISIMBOLICI

SISTEMA SEMISIMBOLICO: collegamento fra una categoria del piano dell’espressione e una categoria del piano del
contenuto; i due termini opposti che costituiscono una categoria dell’espressione (alto/basso, sonoro/sordo)
diventano i significanti di due termini opposti del piano del contenuto (bene/male, giovane/vecchio).
L’esempio più comune è quello “sì e no” della cultura occidentale, per affermare muoviamo il capo verticalmente, per
negare orizzontalmente. Una categoria del piano dell’espressione gestuale (con gli opposti verticale/orizzontale)
corrisponde a una categoria del contenuto (affermazione/negazione),

VERTICALE:ORIZZONTALE = AFFERMAZIONE:NEGAZIONE

6.3.1 TIPI DI SISTEMI SEMISIMBOLICI

I casi in cui una sola categoria del piano dell’espressione si lega a una sola categoria del piano del contenuto sono i più
elementari.
Ci può essere una ridondanza (più categoria del piano dell’espressione legate alla stessa categoria del piano del
contenuto), ci possono essere sistemi simbolici sincretici (che coinvolgono più linguaggi) come un’opposizione del
contenuto veicolata contemporaneamente da categorie dell’espressione visive, sonore e musicali.
Ci sono differenze importanti anche per quanto riguarda l’ampiezza di un sistema semisimbolico. Sistemi come “sì e
no” sembrano essere stabili e diffusi in una certa cultura, nella pittura occidentale alto/basso si lega a sacro/profano,
infatti ciò che è sacro viene rappresentato nella parte superiore del quadro, il profano in basso.
Possono esserci anche casi in cui un sistema semisimbolico sia valido all’interno di un corpus circoscritto di testi, come
quelli di un artista in particolare o di un certo periodo storico.

6.3.2 IL SEMISIMBOLISMO NELL’ANALISI DI UN TESTO

Possono esserci sistemi semisimbolici che valgono all’interno di un unico testo, in tal caso entrambi i termini opposti
delle categorie dell’espressione e del contenuto devono essere presenti contemporaneamente, facciamo un esempio:
Se muovo la testa verticalmente si capisce che sto dicendo “sì”, uno dei 2 termini opposti alla categoria
affermazione/negazione, ciò accade anche se subito dopo non vedo un movimento orizzontale.
Mettiamo che in un quadro ci sia il collegamento “rettilineo:curvilineo=minerale:vegetale”, è un SISTEMA LOCALE
valido solo per quel quadro (se in esso sono presenti linee curve e dritte, vegetali e minerali). Per avere un SISTEMA
SEMISIMBOLICO LOCALE servono almeno un contrasto dell’espressione e almeno un contrasto del contenuto.

CONTRASTO: avviene se in un testo ci sono entrambi i termini di una categoria, espressione o contenuto. Il contrasto
può essere “rettilineo/curvilineo” se ci sono linee curve e rette.

Nella pubblicità di un antidepressivo per esempio l’opposizione semantica fondamentale è quella della categoria
timica che contrappone l’euforia e la disforia, il farmaco è l’Aiutante che permette di passare da uno stato di disforia a
uno di euforie. La pubblicità del “Laroxyl” coglie il passaggio in un momento intermedio: una figura, di cui sono
riconoscibili i contorni, in un cubo nero allunga la mano al di fuori, questa si mostra fuori dal cubo come vestita e
colorata, diversamente dal resto del corpo. Ci sono molti contrasti dell’espressione plastica: il grafico
(rappresentazione lineare, il corpo dentro al cubo) si oppone al pittorico (la rappresentazione piena, l’avambraccio
fuori dal cubo) e mentre il trattamento grafico dell’uomo tende allo sfumato, il braccio e il ramo fiorito sono
decisamente nitidi, il chiaro si oppone allo scuro, la continuità delle linee del braccio che si oppone alla discontinuità
del resto del corpo in gabbia. Ora abbiamo 4 contrasti dell’espressione plastica che coincidono con un contrasto
semantico, un tipico esempio di sistema semisimbolico ridondante.

6.3.3 ASPETTI TEORICI

Il semisimbolico dimostra ancora di più la sua utilità quando viene a mancare il livello figurativo, per esempio il quadro
“Il cuneo rosso spezza il cerchio dei bianchi” non ha un livello figurativo, i contrasti plastici che lo caratterizzano
(rettilineo/curvilineo e rosso/bianco) raccontano autonomamente la storia di una lotta senza modificazioni, a questa
storia riusciamo a dare significato più specifico, ideologico, col meccanismo dell’ancoraggio (il testo visivo è spesso
accompagnato da un testo verbale, che ha la funzione di ancorare il significato del testo visivo selezionando i sensi
corretti dell’immagine o, meglio, il senso che voleva dare il creatore). Il sistema semisimbolico lega la struttura
dell’espressione plastica a quella del contenuto, inoltre è un forte elementi di richiamo che orienta il percorso
interpretativo dell’osservatore.

6.3.4 IL SEMISIMBOLISMO E LA STRUTTURA MITICA DEI TESTI VISIVI

Strauss ha notato come la struttura profonda dei miti si basi sull’opposizione di termini inconciliabili (bene/male,
progresso/tradizione), inoltre una caratteristica ricorrente è quella di proporre a livello figurativo una mediazione fra i
termini inconciliabili grazie a un terzo termine che rappresenta una mediazione fra gli elementi figurativi che
incarnano i termini inconciliabili (la funzione del mito e di tutte le narrazioni che manifestano una struttura mitica è
realizzare a livello discorsivo una mediazione che a livello profondo sarebbe impossibile).

In alcuni miti cielo e terra sono la figurativizzazione di una più profonda opposizione, quella fra inverno e estate, cioè i
due estremi inconciliabili fra rispetto ai quali viene organizzato l’arco temporale umano, la loro mediazione però può
trovarsi fra le loro emersioni figurative, la nebbia infatti è un elemento intermedio fra cielo e terra.

Il linguaggio plastico può essere usato per sottolineare una struttura mitica, cioè una mediazione a livello discorsivo di
una opposizione presente al livello semio-narrativo profondo, in questi casi i valori contrastanti di un sistema
semisimbolico possono essere inglobati in un unico elemento (identificabile a livello plastico e/o figurativo) che funge
da mediatore.

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