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Gran café chantant… ovvero botta e risposta tra Friulani e Triestini-Goriziani.

Nella sede dell’UNAR di Roma, sabato 17 ottobre, si è tenuto un simpatico evento volto a portare un po’ di
allegria ed a strappare sorrisi agli intervenuti dopo il lungo periodo di clausura dovuto alla nota pandemia.

Le richieste di partecipazione sono state talmente tante che, in ossequio alla normativa sulla sicurezza, si è
dovuto installare, in una seconda sala, uno schermo per consentire la contemporanea visione dello
spettacolo.

Come da prassi I due Presidenti, Francesco Pittoni, dei Friulani e Roberto Sancin dei Triestini e Goriziani,
hanno porto il loro saluto ai numerosi presenzianti e ringraziato tutti gli artisti, in particolare, i due comici
del Friuli Venezia Giulia per aver aderito all’iniziativa.

Conduttrice della serata è stata la bella e brava friulana Tiziana Bagatella, attrice teatrale, cinematografica e
televisiva.

Il trattenimento è iniziato con il piccolo coro friulano “Al cjante il gjal” – erede di un famoso coro -
composto da 5 voci, Tiziana Bagatella, Michela Bagatella, Roberta Cortella, Edoardo Boccoli e Giovanni B.
Bertolani, che ha eseguito diverse, note, villotte friulane esaltando il pubblico presente.

A proposito di villotte, cosa ne sappiamo?

La villotta è nata nel lontano XV secolo ed è di origine friulana. A seguito della diffusione della villotta nel
settentrione d’Italia ne sono nate altre forme denominate “villotta alla veneziana”, villotta alla mantovana”
e “villotta alla friulana”. Sotto il profilo poetico, la villotta è formata da 4 ottonari a rima alternata. Il
passaggio della villotta da espressione di folcKore a produzione d’autore si deve ad un personaggio a noi
molto noto: Ermes di Colloredo considerato il cantore della letteratura friulana

Successivamente è intervenuta Caterina Tomasulo detta “Catine”, barista di professione e cabarettista


Friulucana per passione.

Catine inizia con il racconto della sua singolare vita: nata in Svizzera, cresciuta in Basilicata ed emigrata in
Friuli. Con il suo personale, inimitabile, stile ricorda i tristi e sconvolgenti avvenimenti legati ai terremoti
friulani ed il comportamento del popolo friulano. La password friulana è: “lavoro”… da contadina lucana a
piccola imprenditrice friulana e, poi, sul palcoscenico, come cabarettista.

Catine ci ha spiegato tante usate espressioni friulane come, per esempio, mandi che significa “nelle mani di
Dio” proseguendo, poi, nel suo excursus sulle assonanze tra la lingua friulana ed altri idiomi.

Spara a raffica le battute, lasciandoti appena il tempo di assaporarle. Per rimanere nel tema della serata
esegue un raffronto tra vocaboli friulani e triestini per concludere con “ciao, mandi, salutame a soreta”.

L’evento prosegue con la risposta dei triestini e goriziani con la partecipazione del triestino Alessio Colautti,
cantante, attore e musicista, accompagnato al pianoforte dal Maestro Marco Ballaben di Monfalcone,
pianista e compositore, e alla chitarra dal Maestro Luciano Delak.

Lo spettacolo di Colautti si è svolto tra canti, frizzi e lazzi ed è stata una simpatica occasione per conoscere
la storia, quando Trieste chiese all’Austria di essere adottata dall’imperatore Carlo VI d’Asburgo (il papà di
Maria Teresa) e le storie, ad esempio, sull’emancipazione, già all’epoca, delle donne triestine, inerenti al
repertorio messo in scena.

Alla fine la giuria, composta dai festosi partecipanti, ha stabilito il pareggio tra i rappresentanti delle due
componenti della Regione Friuli Venezia Giulia.

Ovviamente, non poteva mancare un’apericena svolta sulla magnifica terrazza di Via Aldrovandi.
Per concludere riportiamo uno stralcio dell’articolo pubblicato sul Messaggero Veneto del 22 ottobre
intitolato “Un allegro botta e risposta tra Friuli e Venezia Giulia nella capitale”.

“La crisi mondiale che stiamo attraversando somma alle domande esistenziali con le quali da sempre
l’uomo si è confrontato, quella che riguarda cosa fare per rigenerarci. Un grido di dolore non può che
essere seguito dalla voce polifonica della speranza. Scoprire nel fango il fiore di loto, la rinascita. Aver
proposto, perciò, questo momento di distensione generata dall’arte del giullare – dicono gli organizzatori –
significa non abbattersi, non cedere alla sfiducia.”

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