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LJÓÐA EDDA

GRÍMNISMÁL

IL DISCORSO DI GRÍMNIR

- Il poema
- Struttura ed età del poema
- Le redazioni
- Genere e metrica
- Edizioni italiane

Il poema

Il Grímnismál, o «Discorso di Grímnir» è la quarta composizione della Ljóða Edda. Come il precedente,


anche questo è un poema gnomico, ma mentre il Vafþrúðnismál era un dialogo, in cui due voci si
alternavano a dimostrare la loro sapienza, il Grímnismál consiste in un monologo, col quale Óðinn, celato
sotto il nome di Grímnir, svela a re Geirrøðr i misteri del mondo divino.

Grímnir torturato da re Geirrøðr (✍ 1882)


Illustrazione di autore non identificato (Wägner 1882)

La nuda esposizione della sapienza mitologica viene anche qui inserita nella cornice di una vicenda. L'infido
Geirrøðr, divenuto re dopo aver ucciso il fratello maggiore, rivela una natura assai poco generosa
maltrattando coloro che giungono alla sua dimora chiedendo ospitalità. È il caso di un misterioso viandante
di nome Grímnir, che il re lega tra due fuochi divampanti per indurlo a confessare chi sia. Dopo otto giorni
di ostinato silenzio, il prigioniero prende la parola e, in un lungo monologo, rivela al re e al giovane figlio di
questi, Annarr, tutto quanto vi sia da sapere sull'universo e sugli dèi, culminando con l'elenco dei nomi con i
quali Grímnir si è fatto conoscere nel corso dei suoi viaggi, alla fine del quale si scoprirà che il viandante è
lo stesso Óðinn, di cui il re aveva fino ad allora goduto il favore. Terrificato dall'apparizione, Geirrøðr balza
in avanti per liberare il dio ma cade sulla sua spada e muore. Il figlio Annarr, di animo giusto e generoso, gli
succede.
Struttura ed età del poema

Il testo del poema comprende unicamente il monologo di Óðinn, ovvero le parole pronunciate dal dio della
sapienza a re Geirrøðr. Il contesto della vicenda viene chiarito invece da due passi in prosa, un prologo in
cui si narrano i fatti per i quali Geirrøðr era divenuto re e per quali ragioni aveva deciso di torturare così
crudelmente il suo ospite Grímnir, e un brevissimo epilogo nel quale la narrazione si chiude con la morte del
re. Evidenze linguistiche ci mostrano che le parti in prosa risalgono al XII o XIII secolo. Cioè di due o tre
secoli posteriori al poema stesso, che risalirebbe al X secolo.

I passi in prosa furono presumibilmente scritti dal compilatore medievale del manoscritto della Ljóða Edda,
che sentì la necessità di palesare il contesto del monologo di Óðinn, in questo fornendoci un aiuto
inestimabile per l'interpretazione del testo. È possibile che il monologo facesse parte in origine di una lunga
narrazione in cui si alternassero parti poetiche e in prosa, ma con il decadere dell'età scaldica e con la
progressiva perdita del materiale orale tradizionale, si rese a un certo punto necessario raccontare, a chi non
ne avesse familiarità, l'intera vicenda di re Geirrøðr e del suo misterioso ospite.

Le redazioni

Il Grímnismál  ci è pervenuto in due redazioni: dal Codex Regius e dal Codex Arnamagnæanus. Entrambe le


versioni sono complete e le variazioni tra l'uno e l'altro testo minime. Si pensa tuttavia che diverse strofe
siano state interpolate da altri poemi e in effetti ci sono dei passi che paiono inseriti casualmente nel testo,
talvolta interrompendo il flusso del discorso. Si ha l'impressione che alcune di queste strofe provengano da
una versione del Vafþrúðnismál (è il caso per esempio della strofa [40]). Ma tutto questo interessa soltanto il
filologo e non inficia il valore mitologico né la bellezza del poema.
Snorri, nella sua Prose Edda, cita circa venti strofe dal Grímnismál e in altri punti della sua opera fa delle
attenti parafrasi di altri passi del poema. Molte strofe non sono però citate integralmente: ad esempio la lista
degli epiteti di Óðinn è riportata da Snorri nella pura sequenza dei nomi, senza le brevi inserzioni esplicative
presenti in realtà nel testo originale (Gylfaginning [20]). Per diverse ragioni si pensa che Snorri disponesse
di una versione del Grímnismál più antica e meno corrotta di quella a noi tramandata.

Genere e metrica

Il Grímnismál è un poema gnomico-sapienziale. Allo stesso genere appartengono anche il Vafþrúðnismál e


la Vǫluspá. Tuttavia, al contrario degli altri due poemi, che sembrano occuparsi soprattutto del principio e
della fine dell'universo, il Grímnismál si occupa essenzialmente del presente: la sua esposizione riguarda
cose come le dimore degli dèi, i loro destrieri, il loro cibo, i nomi delle valchirie, i fiumi cosmici, le creature
che abitano il frassino Yggdrasill, fino alla lunga sequela dei nomi di Óðinn. Le spiegazioni sono minime:
il Grímnismál è essenzialmente un'esibizione mnemonica. Buona parte del testo consiste in lunghe liste di
nomi propri.

Nel monologo del misterioso ospite, crudelmente torturato da re Geirrøðr, traspare un'immensa sapienza
sulle cose antiche e sacre del mondo. Dal punto di vista narrativo, è vero che il lungo discorso di Grímnir
introduce in realtà alla sua ultima esibizione di sapienza, quella che, attraverso il terribile elenco degli epiteti
di Óðinn, arriverà a svelare la vera identità di colui che il re ha appeso tra due fuochi. Ma vi è anche un
sottile monito diretto alle limitazioni dello spirito umano, alla sua impossibilità di comprendere appieno i
segreti del mondo divino: “Molto io ti ho detto | e tu poco ricordi...” [52]. Così dice Óðinn a re Geirrøðr,
prima di predirne l'immediata rovina.

Il metro del Grímnismál è il cosiddetto ljóðaháttr o «metro strofico», che, come abbiamo detto, è legato alla
poesia sentenziosa, ai testi dai contenuti magico-formulari o proverbiali. Nella sua forma canonica il «metro
strofico» è formato da quattro versi, in cui due «lunghi», costituiti ciascuno da due semiversi, si alternano a
due versi «pieni», formati di un solo semiverso. Tuttavia, il Grímnismál presenta, oltre a strofe dal metro
regolare, molte varianti delle stesse, spesso formate da un numero di versi superiore a quattro e senza una
regolare successione di «versi lunghi» e «pieni».
Questo allungamento delle strofe è giustificato dal fatto che il testo del Grímnismál è formato
essenzialmente di liste di nomi proprie il cui novero esce dai limiti stabiliti dal metro e, poiché nella poesia
nordica sono quasi sempre i distici delle semistrofe [helming] a mantenere una sorta di unità sintattica, si
rende necessario dilatare la semistrofa con l'aggiunta di versi e semiversi.

In questa pagina, per ragioni grafiche, i due semiversi che compongono i «versi lunghi» sono stati spezzati e
disposti su due righe. Così le strofe risultano organizzate su un numero di righe diverso da quelle originali.
Ecco, per confronto, la versificazione della strofa [3]:

Heill skaltu, Agnarr, allz þik heilan biðr


Veratýr vera;
eins drykkjar þú skalt aldregi
betri gjǫld geta.

Edizioni italiane

Escludendo le strofe scorporate presenti nelle antologie, o quelle citate da Snorri e presenti nelle traduzioni
della Prose Edda, la prima traduzione integrale del Grímnismál è quella presente nel libro I canti dell'Edda,
a cura di Olga Gogala di Leesthal, pubblicato nella collana «I grandi scrittori stranieri» dalla UTET (Torino
1939). Intitolata Grimnesmal, è una traduzione metrica in quartine (o sestine) di endecasillabi alternati a
settenari. Sebbene non possa essere considerata una traduzione letterale, è sorretta da un buon corredo di
note.

Sei calda, o vampa! e troppo alta sali,


indietro da me, fiamma!
la pelliccia sollevo eppur s'abbrucia;
il mantello mi arde.

Segue la traduzione di Alberto Mastrelli, nel libro L'Edda. Carmi norreni, nella collana «Classici della
religione», edita da Sansoni (Firenze 1951, 1982). Intitolata Grimnismal. Il carme di Grimnir, è in versi
liberi, con le coppie di semiversi «cucite» in versi interi. Abbastanza libera, ma rigorosa, fittamente
annotata.

Caldo tu sei, o fuoco, e troppo ardente,


      allontanati da me, o fiamma!
Arde la mia pelliccia, sebben la tenga sollevata,
      e brucia il mio mantello.

Un'altra traduzione, con il titolo tradotto in Canzone di Grimnir, è quella fornita da Piergiuseppe Scardigli e
Marcello Meli, nell'antologia Il canzoniere eddico, edito da Garzanti (Milano 1982). Di nuovo versi liberi,
sebbene i semiversi siano finalmente evidenziati, presenta un corredo di note ridotto al minimo e non
giustifica molte scelte, non sempre felici, nella traduzione.

Caldo sei, o «incalzante», e davvero troppo grande,


via da me, fuoco!
Il mio panno è attaccato alla fiamma; sebbene lo tenga sollevato,
mi brucia il mantello.
LJÓÐA EDDA

GRÍMNISMÁL

IL DISCORSO DI GRÍMNIR

- Prologo
- Grímnir inizia a parlare (1-3)
- Descrizione delle dimore divine (4-17)
- La Valhǫll (9-10)
- La cucina della Valhǫll (18)
- Lupi e corvi (19-20)
- Ancora sulla Valhǫll (21-26)
- I fiumi dell'universo (27-29)
- I destrieri degli dèi (30)
- Il frassino Yggdrasill (31-35)
- Le valchirie (36)
- Il sole e la luna (37-39)
- Il sacrificio di Ymir (40-42)
- Le cose migliori (43-44)
- I nomi di Óðinn (45-50)
- Si rivela Óðinn (51-54)
- Epilogo
- Note

GRÍMNISMÁL

IL DISCORSO DI GRÍMNIR

Prologo Hrauðungr konungr átti tvá Re Hrauðungr aveva due figli: l'uno si
sono; hét annarr Agnarr, en chiamava Agnarr, l'altro Geirrøðr. Agnarr
annarr Geirrøðr. Agnarr var x. era di dieci inverni, Geirrøðr di otto
vetra, en Geirrøðr viii. vetra. inverni. I due remavano in una barca, con
Þeir rero tveir á báti með dorgar lenze per piccoli pesci. Il vento li spinse al
sínar at smáfiski. Vindr rak þá í largo. Nell'oscurità della notte toccarono
haf út. Í náttmyrkri bruto þeir terra; scesero e trovarono una masseria. Là
við land ok gengo upp, fundo trascorsero l'inverno. La padrona della
kotbónda einn. Þar vóro þeir um masseria si prese cura di Agnarr, il padrone
vetrinn. Kerling fóstraði Agnar, di Geirrøðr. Giunta la primavera, l'uomo
en karl Geirrøð. At vári fekk karl procurò loro un battello. Mentre la donna li
þeim skip. En er þau kerling guidava alle spiagge, l'uomo si fermò a
leiddo þá til strandar, þá mælti parlare da solo con Geirrøðr.
karl einmæli við Geirrøð.
Þeir fengo byr ok kvómo til [I due fratelli] ebbero un vento favorevole e  
stǫðva fǫðurs síns. Geirrøðr var raggiunsero la casa del padre loro. Geirrøðr
fram í skipi; hann hljóp upp á stava a prua; balzò sulla riva e spinse via la
land, en hratt út skipino ok barca dicendo: “Vattene dove ti piglino gli
mælti: “Farðu þar er smyl hafi spiriti maligni!” Il battello fu trascinato al
þik!” Skipit rak út, en Geirrøðr largo mentre Geirrøðr saliva verso le case.
gekk upp til bæjar. Hánom var Vi venne ben accolto, ché suo padre era
vel fagnat; þá var faðir hans morto. Geirrøðr venne fatto re e si fece
andaðr. Var þá Geirrøðr til gran fama tra gli uomini.
konungs tekinn ok varð maðr
ágætr.
Óðinn ok Frigg sáto í Óðinn e Frigg sedevano in Hliðskjálfr e da
Hliðskjálfo ok sá um heim alla. là scrutavano tutto il mondo. Óðinn disse:
Óðinn mælti: “Sér þu Agnar “Guarda Agnarr, il tuo figliastro, che
fóstra þinn, hvar hann elr bǫrn genera mostri con una gigantessa in quella  
við gýgi í hellinom? En Geirrøðr caverna. Invece il mio figliastro Geirrøðr è
fóstri minn er konungr ok sitr nú ora un sovrano e regna sulla terra”.
at landi”.
Frigg segir: “Hann er Frigg disse: “[Geirrøðr] è così avaro che al
matníðingr sá, at hann kvelr banchetto maltratta gli ospiti, se gli sembra
gesti sína ef hánom þikkja of che vengano in troppi”. Óðinn disse che
 
margir koma”. Óðinn segir at questa era una menzogna e i due dèi fecero
þat er in mesta lygi. Þau veðja una scommessa.
um þetta mál.
Frigg sendi eskismey sína, Fullo, Frigg inviò la sua damigella Fulla da
til Geirrøðar. Hón bað konung Geirrøðr. Ella invitò il re a diffidare di un
varaz at eigi fyrirgerði hánom uomo esperto in incantesimi, giunto nelle
fjǫllkunnigr maðr, sá er þar var sue terre. E aggiunse che aveva un segno  
kominn í land, og sagði þat mark riconoscimento: nessun cane, per quanto
á, at engi hundr var svá ólmr at aggressivo, gli si sarebbe avventato.
á hann myndi hlaupa.
En þat var inn mesti hégómi at La calunnia più grande era che Geirrøðr
Geirrøðr væri eigi matgóðr. Ok non fosse ospitale. Il re fece dunque
þó lætr hann handtaka þann catturare l'uomo che i cani non vollero
mann er eigi vildo hundar á aggredire. Avvolto in un mantello azzurro,
ráða. Sá var í feldi blám ok questi disse di chiamarsi Grímnir e non
 
nefndiz Grímnir, ok sagði ekki disse altro, sebbene venisse duramente
fleira frá sér, þótt hann væri at interrogato. Il re lo fece torturare affinché
spurðr. Konungr lét hann pína til parlasse, facendolo sedere tra due fuochi e
sagna ok setja milli elda tveggja, lì egli rimase seduto per otto notti.
ok sat hann þar viii. nætr.
Geirrøðr konungr átti son x. Re Geirrøðr aveva un figlio di dieci inverni,
vetra gamlan, ok hét Agnarr che si chiamava Agnarr, come suo fratello.
eptir bróður hans. Agnarr gekk Agnarr andò da Grímnir e gli porse un
at Grímni ok gaf hánom horn fult corno ricolmo da bere. Disse che il re
at drekka, sagði at konungr sbagliava a torturare un  
gørði illa er hann lét pína hann innocente. Grímnir bevve. Le fiamme si
saklausan. Grímnir drakk af. Þá erano avvicinate così tanto che il mantello
var eldrinn svá kominn at di Grímnir prese fuoco.
feldrdinn brann af Grímni.
Hann kvað: Egli disse:  
Grímnir inizia a 1 Heitr ertu, hripuðr, Sei caldo, o tu che m'incalzi,
parlare ok heldr til mikill; e davvero troppo grande!
gǫngomk firr, funi! Vattene da me, o fuoco!
 
loði sviðnar, La stoffa si è incendiata
þótt ek á lopt berak, nonostante io la scosti,
brennomk feldr fyrir. mi si brucia il mantello!
2 Átta nætr Otto notti
sat ek milli elda hér, seduto tra i fuochi,
svá at mér mangi mat ne bauð, e nessuno mi ha portato cibo.
nema einn Ágnarr Tranne uno, Agnarr,
er einn skal ráða, che unico regnerà,
Geirrøðar sonr, il figlio di Geirrøðr,
gotna lande. sulla terra dei Goti.
3 Heill skaltu, Agnarr, Salute a te, Agnarr!
allz þik heilan biðr Ché per te salute
Veratýr vera; Veratýr invoca.
eins drykkjar Per una sola bevuta
þú skalt aldregi mai riceverai
betri gjǫld geta. miglior ricompensa!
Descrizione 4 Land er heilagt Sacra è la terra
delle dimore er ek liggja sé ch'io stendersi vedo
divine ásom ok álfom nær; agli Æsir e agli Álfar vicina.
en í Þrúðheimi In Þrúðheimr
skal Þórr vera, vi sarà Þórr
unz um rjúfaz regin. finché non le potenze divine crolleranno.
5 Ýdalir heita, Ýdalir si chiama
þar er Ullr hefir il luogo dove Ullr ha
sér um gǫrva sali. costruito per sé una corte.
Álfheim Frey Álfheimr a Freyr
gáfo i árdaga donarono in principio
tívar at tannfé. gli dèi per il suo primo dente.
6 Bær er sá inn þriði, Altra dimora è la terza
er blið regin che gli dèi soavi
silfri þǫkðo sali; con argento ricoprirono a farne una corte.
Valaskjálfr heitir, Valaskjálf si chiama
er vélti ser quel [palazzo] che costruì per sé
áss i árdaga. l'áss al principio dei tempi.
7 Søkkvabekr heitir enn fjórði, Søkkvabekkr si chiama la quarta,
en þar svalar knego là dove possono gelide
unnir yfir glymja; onde sopra scrosciare.
 
þar þau Óðinn ok Sága Là Óðinn e Sága
drekka um alla daga bevono tutti i giorni,
glǫð or gullnom kerom. lieti, in coppe d'oro.
8 Glaðsheimr heitir enn fimti, Glaðsheimr si chiama la quinta
þars en gullbjarta in cui splendente d'oro
Valhǫll við of þrumir; la vasta Valhǫll si trova;
en þar Hroptr e là Hroptr
kýss hverjan dag sceglie ogni giorno
vápndauða vera. gli uomini caduti nella mischia.
La Valhǫll 9 Mjǫk er auðkent È assai riconoscibile
þeim er til Óðins koma per quelli che vengono a Óðinn,
salkynni at sjá: l'aspetto del salone:
 
skǫptom er rann rept, da lance il tetto è sorretto,
skjǫldom er salr þakiðr, da scudi il salone è coperto,
brynjom un bekki strát. da corazze le panche son tratte.
10 Mjǫk er auðkent È assai riconoscibile
þeim er til Óðins koma per quelli che vengono a Óðinn,
salkynni at sjá: l'aspetto del salone:
vargr hangir un lupo è appeso
fyr vestan dyrr dinanzi all'ingresso occidentale
ok drúpir ǫrn yfir. e si leva l'aquila sopra.
11 Þrymheimr heitir enn sétti, Þrymheimr si chiama la sesta
er Þjazi bjó, dove Þjazi abitava,
sá inn ámátki jǫtunn; quel tremendo jǫtunn.
en nú Skaði byggvir, Ma ora Skaði vi dimora,
skír brúðr goða, pura sposa degli dèi,
fornar tóptir fǫður. nell'antica dimora del padre.
12 Breiðablik ero in sjundo, Breiðablik è la settima
en þar Baldr hefir là dove Baldr ha
sér um gerva sali, per sé innalzato una corte.
á því landi In quella terra
er ek liggja veit dove io so che si trovano
fæsta feiknstafi. poche rune funeste.
13 Himinbjǫrg ero en átto, Himinbjǫrg è l'ottava
en þar Heimdall là dove Heimdallr
kveða valda véom; dicono governi i templi.
þar vǫrðr goða Là il divino custode
drekkr í væro ranni beve nella comoda dimora,
glaðr inn góða mjǫð. felice, il buon mjǫðr.
14 Fólkvangr er inn níundi, Fólkvangr è la nona,
en þar Freyja ræðr là dove ordina Freyja
sessa kostom i sal; i seggi al banchetto.
 
halfan val Lei metà dei caduti
hon kýss hverjan dag sceglie ogni giorno,
en hálfan Óðinn á. e metà prende Óðinn.
15 Glitnir er inn tíundi, Glitnir è la decima,
hann er gulli studdr incolonnata d'oro
ok silfri þakðr it sama; e ricoperta d'argento
en þar Forseti Proprio là Forseti
byggir flestan dag abita l'intero giorno
ok svæfer allar sakir. e appiana ogni contesa.
16 Nóatún ero en ellipto, Nóatún è l'undicesima
en þar Njǫrðr hefir là dove Njǫrðr ha
sér um gǫrva sali, per sé innalzato una corte.
 
manna þengill Degli uomini sovrano
enn meins vani il vanr immacolato
hátimbroðonm hǫrgi ræðr. su imponenti templi regna.
17 Hrísi vex ok há grasi Cespugli crescono ed erba alta
Víðars land viði; nella boscosa terra di Víðarr.
en þar mǫgr of læzk Là si farà il ragazzo
af mars baki in groppa ai destrieri
frækn at hefna fǫður. abile a vendicare il padre.
La cucina della 18 Andhrímnir Andhrímnir
Valhǫll lætri í Eldhrímne fa in Eldhrímnir
Sæhrímne soðinn, Sæhrímnir bollire,
fleska bezt; la carne migliore.
en þat fáir vito Pochi però sanno,
við hvat einherjar alaz. di cosa gli Einherjar si nutrano.
Lupi e corvi 19 Gera ok Freka Geri e Freki
seðr gunntamiðr, li sazia, avvezzo alla guerra,
hróðigr Herjafǫðr; Herjafǫðr glorioso.
en við vín eitt Ma di solo vino
vápngǫfugr in armi splendente,
Óðinn æ lifir. Óðinn vive per sempre.
20 Huginn ok Muninn Huginn e Muninn
fljúga hverjan dag volano ogni giorno
jǫrmungrund yfir; sopra la vasta terra.
óumk ek of Hugin Paura ho che Huginn
at hann aptr ne komit, indietro non ritorni,
þó sjámk meirr um Munin. sebbene ancor più tema per Muninn
Ancora sulla 21 Þýtr þund, Il Þund rumoreggia,
Valhǫll unir þjóðvitnis nuota di «Þjóðvitnir
fiskr flóði í; il pesce» nell'onda.
árstraumr Il vortice
þikkir ofmikill si mostra periglioso
valglaui at vaða. al guado della Valhǫll.
22 Valgrind heitir, Valgrind si chiama
er stendr velli á quel che s'erge sul campo,
heilǫg fyr helgom durom; sacro dinanzi alle sacre porte;
 
forn er sú grind, antico è quel cancello:
en þat fáir vito, e in pochi sanno
hvé hón er i lás lokin. come funzioni il chiavistello.
23 Fimm hundruð gólfa Cinquecento stanze
ok um fjórom tøgom, e ancora quaranta
svá hýgg ek Bilskirnni með credo vi siano in Bilskírnir, ricca d'archi.
bugom; Fra quelle case
ranna þeira che io so avere un tetto
er ek rept vita quella di mio figlio è la più grande.
míns veit ek mest magar.
24 Fimm húndruð dura Cinquecento porte
ok um fjórom tøgom, e ancora quaranta
svá hygg ek at Vallhǫllo vera; credo vi siano nella Valhǫll.
átta hundruð einherja Ottocento Einherjar
ganga senn ór einom durom, da ciascuna porta usciranno insieme
þá er þeir fara at vitni at vega. quando andranno a battersi col lupo.
25 Heiðrún heitir geit, Heiðrún si chiama la capra
er stendr hǫllo á [Herjafǫðrs] che si erge sulla sala [di Herjafǫðr]
ok bítr af læraðs limom; e bruca le fronde del Læraðr.
skapker fylla Il calderone riempirà
hón skal ins skíra mjaðar, lei di quel chiaro idromele,
knáat sú veig vanaz. un liquore che non può mancare.
26 Eikþyrnir heitir hjǫrtr, Eikþyrnir si chiama il cervo
er stendr á hǫllo Herjafǫðrs che si erge sulla sala di Herjafǫðr
ok bítr af Læraðs limom; e bruca le fronde del Læraðr.
 
en af hans hornom Dalle sue corna
drýpr i Hvergelmi, cadono gocce in Hvergelmir,
þaðan eigo vǫtn ǫll vega. da cui prendono le acque ogni via.
I fiumi 27 Síð ok Víð, Síð e Víð,
dell'universo Sækin ok Ækin, Sekin ed Ekin,
Svǫl ok Gunnþró, Svǫl e Gunnþrá,
Fjǫrm ok Fimbulþul, Fjǫrm e Fimbulþul,
Rín ok Rennandi, Rín e Rennandi,
Gipul ok Gǫpul, Gipul e Gǫpul,
Gǫmul ok Geirvimul, Gǫmul e Geirvimul,
þær hverfa um hodd goða, questi scorrono accanto ai tesori divini.
Þyn ok Vin, Þyn e Vin,
Þǫll ok Hǫll, Þǫll e Hǫll,
Gráð ok Gunnþorin. Gráð e Gunnþráin.
28 Vína heitir enn, Vína si chiama l'uno,
ǫnnor Vegsvinn, il secondo Vegsvinn,
þriðja Þjóðnuma, il terzo Þjóðnuma,
Nyt ok Nǫt, Nýt e Nǫt,
Nǫnn ok Hrǫnn, Nǫnn e Hrǫnn,
Slíð ok Hrið, Slíðr e Hríð,
 
Sylgr ok Ylgr, Sylgr e Ylgr,
Víð ok Ván, Víð e Ván,
Vǫnd ok Strǫnd, Vǫnd e Strǫnd,
Gjǫll ok Leiptr, Gjǫll e Leiptr,
þær falla gumnom nær, questi scendono presso gli uomini
en falla til heilar heðan. e precipitano poi nel regno dei morti.
29 Kǫrmt ok Ǫrmt Kǫrmt e Ǫrmt
ok Kerlaugar tvær, e i due Kerlaugar,
þær skal Þórr vaða questi deve Þórr guadare
hverjan dag ogni giorno
er hann dæma ferr quando in consiglio si reca
at aski Yggdrasils, al frassino Yggdrasill,
þvíat Ásbrú poiché Ásbrú
brenn ǫll loga, arde tutto di fiamme,
heilǫg vǫtn hlóa. ribollono le sacre acque.
I destrieri degli 30 Glaðr ok Gyllir, Glaðr e Gyllir,
dèi Gler ok Skeiðbrimir, Gler e Skeiðbrimir,
Silfrintoppr ok Sinir, Silfrintoppr e Sinir,
Gísl ok Falhófnir, Gísl e Falhófnir,
Gulltoppr ok Léttfeti, Gulltoppr e Léttfeti,  
þeim ríða æsir jóm su questi destrieri cavalcano gli Æsir
dag hvernn, ogni giorno
er þeir dæma fara quando si recano al consiglio
at aski Yggdrasils. presso il frassino Yggdrasill.
Il frassino 31 Þrjár rætr Tre radici
Yggdrasill standa á þrjá vega si estendono in tre direzioni
undan aski Yggdrasils; sotto il frassino Yggdrasill;
 
Hel býr undir einni, Hel sotto l'una dimora,
annarri hrímþursar, sotto l'altra i giganti di brina,
þriðjo mennzkir menn. sotto la terza gli esseri umani.
32 Ratatoskr heitir íkorni, Ratatoskr si chiama lo scoiattolo
er renna skal che correrà
at aski Yggrdrasils; sul frassino Yggdrasill;
 
arnar orð dell'aquila le parole
hann skal ofan bera dall'alto porterà
ok segja Níðhǫggvi niðr. e le riferirà a Níðhǫggr in basso.
33 Hirtir ero ok fjórir, Ci sono poi i cervi, quattro
þeirs af hæfingar á che i più alti ramoscelli (?)
gaghálsir gnaga: tendendo il collo brucano.
Dáinn ok Dvalinn, Dáinn e Dvalinn,
Dúneyrr ok Duraþrór. Dúneyrr e Duraþrór.
34 Ormar fleiri Più serpenti
liggja under aski Yggdrasils stanno sotto il frassino Yggdrasill,
en þat uf hyggi hverr ósviðra di quanto credino le insavie scimmie;
apa: Góinn e Móinn
Góinn ok Móinn, (sono figli di Grafvitnir),
þeir ero Grafvitnis synir, Grábakr e Grafvǫlluðr,
Grábakr ok Grafvǫlluðr, Ofnir e Svafnir
Ofnir ok Svafnir io credo che per sempre
hygg ek at æ skyli ne roderanno le fronde.
meiðs kvisto má.
35 Askr Yggdrasils Il frassino di Yggdrasill
drýgir erfiði deve patire
meira enn menn viti: più di quanto gli uomini sappiano:
 
hjǫrtr bitr ofan, il cervo lo bruca in alto,
en á hliðo fúnar, da un lato marcisce
skerðer Níðhǫggr neðan. lo rode Níðhǫggr da sotto.
Le valchirie 36 Hrist ok Mist Hrist e Mist
vil ek at mér horn beri, voglio che mi portino il corno,
Skeggjǫld ok Skǫgul, Skeggjǫld e Skǫgul,
Hildi ok Þrúði, Hildi e Þrúði,
Hlǫkk ok Herfjǫtur, Hlǫkk e Herfjǫtur,
Gǫll ok Geirǫlul, Gǫll e Geirǫlul,
Randgríð ok Ráðgríð Randgríð e Ráðgríð
ok Reginleif; e Reginleif,
þær bera einherjom ǫl. agli Einherjar  portano birra.
Il sole e la luna 37 Árvakr ok Alsviðr, Árvakr e Alsviðr,
þeir skolo upp heðan da qui devono trascinare
svangir sól draga; faticosamente il sole;
en und þeira bógóm ma sotto i loro petti
fálo blíð regin nascosero gli dèi
æsir, ísarnkol. Æsir, un riparo di ferro.
38 Svalinn heitir, Svalinn si chiama
hann stendr sólo fyrir, quel che si staglia davanti al sole,
skjǫldr, skínanda goði; scudo, dinanzi alla divinità splendente;
 
bjǫrg ok brim monti e mari
ek veit at brenna skolo lo so che brucerebbero
ef hann fellr í frá. se da lì cadesse.
39 Skǫll heitir úlfr, Skoll si chiama il lupo
er fylgir eno skirleita goði che insegue la divinità lucente
til varna viðar; al riparo tra i boschi;
en annarr Hati, ma un secondo, Hati;
hann er Hróðvitnis sonr, (lui è di Hróðvitnir il figlio)
sá skal fyr heiða brúði himins. precederà la chiara sposa del cielo.
Il sacrificio di 40 Ór Ymis holdi Dalla carne di Ymir
Ymir var jǫrð um skǫpuð, fu la terra formata,
en ór sveita sær, dal sangue i mari,
bjǫrg ór beinom, montagne dalle ossa,
haðmr ór hári, alberi dai capelli
en ór hausi himinn. e dal cranio il cielo.
41 En ór hans brám Con le sue ciglia  
gerðo blið regin fecero gli dèi gentili
miðgarð manna sonom; Miðgarðr per i figli degli uomini;
en ór hans heila e dal suo cervello
vóro þau in harðmóðgo furono le impetuose
ský ǫll um skǫpuð. nuvole tutte create.
42 Ullar hylli hefr Di Ullr ha il favore
ok allra goða e di tutti gli dèi
hverr er tekr fyrstr á funa; chi tocca per primo il fuoco;
þvíat opnir heimar poiché visibili si fanno le case
verða um ása sonum, dei figli degli Æsir,
þá er hefja af hvera. una volta tolti i calderoni.
Le cose migliori 43 Ívalda synir I figli di Ívaldi
gengo í árdaga andarono al principio
skíðblaðni at skapa, a forgiare Skíðblaðnir,
 
skipa bezt, nave propizia
skírom Frey, per il luminoso Freyr,
nýtom Njarðar bur. il benedetto figlio di Njǫrðr.
44 Askr Yggdrasils, Il frassino Yggdrasill
hann er æztr viða, è il migliore degli alberi
en Skíðblaðnir skipa, e Skíðblaðnir delle navi,
Óðinn ása, Óðinn degli Æsir,
en jóa Sleipnir, e dei cavalli Sleipnir,
Bilrǫst brúa, Bilrǫst dei ponti
en Bragi skálda, e Bragi degli scaldi,
Hábrók hauka, Hábrók dei falchi,
en hunda Garmr. e dei cani Garmr.
I nomi di Óðinn 45 Svipom hefi ek nú ypt Il volto ho innalzato
fyr sigtíva sonom, dinanzi ai figli degli dèi vittoriosi,
við þat skal vilbjǫrg vaka; con ciò si desterà la sospirata salvezza;
ǫllom ásom per tutti gli Æsir,
þat skal inn koma e questo verrà
Ægis bekki á, sulla panca di Ægir,
Ægis drekko at. nella taverna di Ægir.
46 Hétomk Grímr, Fui chiamato Grímr,
hétomk Gangleri, fui chiamato Gangleri,
Herjan ok Hjálmberi, Herjan e Hjálmberi,
Þekkr ok Þriði, Þekkr e Þriði,
Þuðr ok Uðr, Þuðr e Uðr,
Helblindi ok Hár; Helblindi e Hár;
47 Saðr ok Svipall Saðr e Svipall
ok Sanngetall, e Sanngetall,
Herteitr ok Hnikarr, Herteitr e Hnikarr,
Bileygr, Báleygr Bileygr, Báleygr  
Bǫlverkr, Fjǫlnir, Bǫlverkr, Fjǫlnir,
Grímr ok Grímnir, Grímr e Grímnir,
Glapsviðr ok Fjǫlsviðr; Glapsviðr e Fjǫlsviðr;
48 Síðhǫttr, Síðskeggr, Síðhǫttr, Síðskeggr,  
Sigfǫðr, Hnikuðr, Sigfǫðr, Hnikuðr,
Alfǫðr, Valfǫðr, Allfǫðr, Valfǫðr,
Atríðr ok Farmatýr; Atríðr e Farmatýr;
eino nafni con un nome soltanto
hétomk aldregi, non mi chiamo mai
síz ek með fólkom fór. quando io tra le genti viaggio.
49 Grímne mik héto Grímnir son chiamato
at Geirrøðar, presso le genti di Geirrøðr,
en Jálk at Ásmundar, e Jálkr presso le genti di Ásmundr,
enn þá Kjalar, e poi Kjalarr,
er ek kjálka dró; perché tirai una slitta,
Þrór þingom at, Þrór nelle assemblee  
Viðurr at vígom, Viðurr nelle battaglie,
Óski ok Ómi, Óski e Ómi,
Jafnhár ok Biflindi, Jafnhár e Biflindi,
Gǫndlir ok Hárbarðr með Gǫndlir e Hárbarðr tra gli dèi;
goðom;
50 Sviðurr ok Sviðrir Sviðurr e Sviðrir
er ek hét at Søkkmímis, sono chiamato presso Søkkmímir,
ok dulða ek þann inn alda jǫtun, e ingannai quell'antico jǫtunn
 
þá er ek Miðviðnis vark quando io stesso divenni
ins mæra burar del prode figlio di Miðviðnir
orðinn einbani. il solo uccisore.
Si rivela Óðinn 51 Ǫlr ertu, Geirrøðr! Ubriaco sei tu, Geirrøðr!
hefr þú ofdrukkit; Troppo tu hai bevuto.
miklo ertu hnugginn, Di una gran cosa ti sei privato
 
er þú ert míno gengi, se lo sei del mio aiuto;
ǫllom einherjom e del favore di Óðinn
ok Óðins hylli. di tutti gli Einherjar.
52 Fjǫlð ek þér sagða, Molto io ti ho detto
en þú fátt um mant; e tu poco ricordi;
of þik véla vinir; ti ingannano gli amici;
 
mæki liggja la spada giacere
ek sé míns vinar io vedo del mio amico
alklan í dreyra drifinn. tutta sporca di sangue.
53 Eggmóðan val Un cadavere ucciso di spada
nú mun Yggr hafa; ora questo avrà Yggr.
þitt veit ek líf um liðit; So che la tua vita è trascorsa.
 
úfar ro dísir, Avverse ti sono le dísir:
nú knáttu Óðin sjá, Ora puoi tu Óðinn vedere,
nálgaztu mik ef þú megir! avvicìnati a me, se ne hai forza!
54 Óðinn ek nú heiti, Óðinn ora io chiamo,
Yggr ek áðan hét, Yggr un tempo avevo nome;
hétomk Þundr fyrir þat, chiamato Þundr ancor prima,
Vakr ok Skilfingr, Vakr e Skilfingr,
Váfuðr ok Hroptatýr, Váfuðr e Hroptatýr,  
Gautr ok Jálkr með goðom, Gautr e Jálkr tra gli dèi,
Ofnir ok Svafnir, Ófnir e Sváfnir,
er ek hygg at orðnir sé i cui pensieri vengono
allir af einom mér. tutti da me soltanto!
Epilogo Geirrøðr konungr sat ok hafði Re Geirrøðr sedeva con la spada sulle sue
sverð um kné sér, ok brugðit til ginocchia, sguainata a metà. Quando egli
miðs. En er hann heyrði at udì che era venuto Óðinn, si alzò con
Óðinn var þar kominn, stóð hann l'intenzione di togliere Óðinn dal centro dei
upp ok vildi taka Óðin frá fuochi. La spada gli cadde di mano, l'elsa
eldinom. Sverðit slapp ór hendi verso il basso. Il re mise un piede in fallo e
hánom, visso hjǫltin niðr. cadde in avanti, la spada lo trafisse ed egli
Konungr drap fæti ok steyptiz morì. Óðinn allora scomparve. E Agnarr fu
áfram, en sverðit stóð í gǫgnom re per lungo tempo.
hann, ok fekk hann bana. Óðinn
hvarf þá. En Agnarr var þar
konungr lengi síðan.

NOTE

Prologo — Mentre il testo del Grímnismál - che consiste nel monologo di Óðinn - è in poesia, il prologo e
l'epilogo sono in prosa (si tratta di interpolazioni più tarde di due o tre secoli rispetto alla datazione del testo,
il quale risale al X secolo). — Il padrone e la padrona della masseria nel testo originale sono indicati con le
parole karl e kerling: i termini indicano due appartenenti alla classe degli uomini liberi, per quanto non di
stirpe nobile (cfr. medio inglese carle «persona comune»). 

2 — (g) Difficile è localizzare questa «terra dei Goti» [Gotna lande]. Il Gǫtland è principalmente una
regione della Svezia occidentale, toponimo che presuppone la forma antica Gautar come designazione del
popolo che la abitava. Da essi si sarebbero mossi, intorno al I secolo, genti destinate a formare il popolo
germanico orientale dei Goti, distinto in Ostrogoti e Visigoti (Manganella 1979), a cui il testo potrebbe
ancora riferirsi. Senza dimenticare che con «Goti» si intendeva spesso, in maniera generica, il complesso
meridionale dei popoli germanici. 

3 — (c) Veratýr «Dio degli uomini» è epiteto di Óðinn. 

4 — (d) Þrúðheimr «casa della forza» è il nome del territorio celeste posseduto da Þórr. Nella Prose Edda, il
suo nome, tuttavia, è Þrúðvangar «campi della forza» (Gylfaginning [21 | 47] | Skáldskaparmál [25]). Vi
sorge la dimora del dio, Bilskírnir, descritta alla strofa [24]. 

5 — (d-f) Era usanza degli antichi Scandinavi di fare un dono al bambino quando metteva il suo primo
dente, usanza che sembra si sia conservata in Islanda fino a tempi molto recenti. Per il suo primo
dente, Freyr avrebbe ricevuto in dono l'intero mondo degli elfi [Álfheimr], dettaglio che non ha riferimenti
in altri testi. 

6 — (d-f) Valaskjálfr è la reggia di Óðinn. L' áss che la «costruì per sé» all'inizio dei tempi è dunque lo
stesso Óðinn. 

8 — Hroptr, epiteto di Óðinn. 

10 — Perché la formula d'apertura di questa strofa è identica a quella della strofa precedente, entrambi i
manoscritti (sia il Codex Regius che il Codex Arnamagnæanus) la scrivono qui in forma abbreviata. 

11 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [23 {33}]). 

12 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [22 {32}]). 

13 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [27 {37}]). 

15 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [32 {39}]). 

17 — (b) Seguendo la lezione dei migliori interpreti del testo, abbiamo tradotto Víðars land viði con «nella
boscosa terra di Víðarr», dal norreno viðr «bosco» (cfr. inglese wood). Alcuni studiosi ritengono tuttavia che
la parola viði vada intesa come nome proprio: «in Viði, terra di Víðarr» (Bellows 1936). La difficoltà di tale
interpretazione sta nel fatto che questo toponimo non compare in altre fonti mitologiche. 
18 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [38 {44}]). 

19 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [38 {45}]). — (c) Herjafǫðr «Padre degli eserciti», è


epiteto di Óðinn. 

20 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [38 {46}]). 

21 — Questa strofa è tra le più difficili da interpretare di tutto il poema, sulla quale sono stati versati i
proverbiali fiumi d'inchiostro. Letta in progressione con le strofe successive (essendo
la [23] un'interpolazione), sembra narrare la difficile ascesa in cielo degli Einherjar [21], che quindi
attraversano i cancelli di Valgrind [22] e quindi accedono nella Valhǫll [24]. — (c) Il Þund «tonante» è
probabilmente un fiume che rende difficoltoso l'accesso alla Valhǫll. — (b-c) Il nome Þjóðvitnir «lupo del
popolo» è un hápax legómen, non comparendo in nessun altro testo conosciuto; gli studiosi tendono a
interpretarlo come un appellativo di Fenrir, ma questo non spiega la kenning «pesce di Þjóðvitnir», della
quale non si comprende il significato. Secondo l'elegante ipotesi di Eysteinn Björnsson, il
nome Þjóðvitnir sarebbe invece un epiteto di Heimdallr. Il termine vitnir, infatti, prima di specializzarsi nel
senso di «lupo», significava letteralmente «[colui che ha] i sensi aguzzi» (da vit «sensi»).
Analogamente þjóð-, come prefisso nei nomi maschili, può fungere da accrescitivo. Interpretato in questo
modo, il nome Þjóðvitnir può adattarsi perfettamente a Heimdallr, del quale appunto si diceva fosse in grado
di scorgere qualsiasi cosa fino a cento leghe di distanza, e di percepire il rumore dell'erba che cresce sulla
terra o quello della lana sul dorso delle pecore. In quanto al «pesce di Þjóðvitnir», secondo Eysteinn, sarebbe
appunto il ponte Bifrǫst, alla cui estremità Heimdallr sta eternamente di vedetta. Per giustificare la sua
asserzione, lo studioso nota che in norreno (ma anche in islandese moderno) la coda del pesce e la testa del
ponte sono indicate con la medesima parola, sporðr (cfr. brúar sporði «l'estremità del ponte»,
in Sigrdrífumál [16]). L'intera strofa descriverebbe l'ascesa degli Einherjar lungo il ponte arcobaleno, il
quale permette loro di scavalcare i fiumi cosmici che scorrono in cielo, di cui il Þund – forse ipostasi
dell'atmosfera percorsa dai venti e vibrante del rombo del tuoni – è evidentemente uno dei più difficili da
guadare. [SAGGIO] (Björnsson 2000) 

23 — La presenza di questa strofa [23] sulla sala Bílskirnir di Þrúðheimr, nel bel mezzo di una sezione di
strofe incentrate sulla Valhǫll [21-26], fa pensare a un'interpolazione. Né basta a giustificarla il parallelismo
nel numero delle porte e delle stanze tra la sala di Bílskirnir (23) e la sala di Valhǫll descritta nella strofa
successiva [24]. È interessante che Snorri, pur citando entrambe le strofe, lo fa in contesti diversi: cita
la [23] nel capitolo in cui tratta di Þórr (Gylfaginning [21]) ma la [24] molto più avanti, quando racconta
del Ragnarøkr (Gylfaginning [40]). 

24 — La difficoltà del calcolo è che húndruð in norreno significava originariamente «centoventi» e solo in
seguito questa parola venne usata per «cento». Dunque, se si intende l'húndruð di «centoventi»,
seicentoquaranta sono le porte della Valhǫll e novecentosessanta gli Einherjar che usciranno da ciascuna di
esse (640 x 960 = 614˙400); se si intende l'húndruð di «cento», cinquecentoquaranta sono le porte
di Valhǫll e ottocento gli Einherjar che usciranno da ciascuna di esse (540 x 800 = 432˙000).
Considerazioni legate alla durata del ciclo della precessione degli equinozi indicherebbero nel secondo
calcolo le cifre corrette (De Santillana ~ Von Dechend 1969), anche se i filologi preferiscono in genere
attenersi al valore tradizionale di húndruð come «centoventi». 

25 e 26 — (b) «Casa di Herjafǫðr» è presumibilmente una kenning per indicare la Valhǫll. 

27-28 — Il novero dei fiumi cosmici è abbastanza confuso, l'ortografia dei nomi varia nei manoscritti
del Grímnismál. Oltretutto nella sua opera Snorri riprende alcuni di questi nomi di fiumi, dandone due
elenchi tra loro assai differenti (Gylfaginning [4 | 39]). Per un approfondimento sui fiumi cosmici, si veda il
capitolo apposito [MITI]. — Secondo Sophus Bugge, le strofe [27-30] sarebbero in blocco
un'interpolazione (Bugge 1867); altri editori che pure hanno accettato il passaggio, hanno invece espunto dei
versi. 
29 — (g) L'ásbrú «Ponte degli Æsir» è ovviamente il ponte Bilrǫst (secondo Snorri, Bifrǫst), l'arcobaleno
che unisce la terra al cielo. Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [15 {22}]). — (h) Non si capisce
perché il ponte vada a fuoco se vi transiti Þórr: forse vi è un riferimento a un mito che non conosciamo
[MITI]. 

33 — Alcuni studiosi, tra cui Sophus Bugge, pensano che questa strofa possa essere interpolata. Snorri, che
pure riporta integralmente le due strofe successive [34-35], di questa fa soltanto una
parafrasi (Gylfaginning [16]) ma senza aggiungere nulla di nuovo. — (b) «I più alti ramoscelli», che i cervi
brucherebbero, sono soltanto una traduzione ipotetica (Bellows 1936): nel manoscritto originale il testo non
è molto chiaro. 

34-35 — Queste strofe sono citate da Snorri (Gylfaginning [16 {15-16}]), anche se in senso inverso rispetto
al loro ordine nel Grímnismál. L'ordine Snorri appare essere più logico, rispetto a quello tramandato dal
poema.

36 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [36 {42}]). 

37-41 — Secondo Müllenhoff queste strofe sarebbero state interpolate ed Edzardi sospetta che esse possano
venire addirittura da una versione più antica del Vafþrúðnismál (si
confronti Grímnismál [40] con Vafþrúðnismál [21]). Snorri parafrasa le strofe 37-39 (Gylfaginning [11]) e
cita direttamente le strofe 40-41 (Gylfaginning [8 {11-12}]). 

39 — (e) Hróðvitnir è un appellativo di Fenrir. — (c) In alcune traduzione il semiverso til varna viðar «al
riparo tra i boschi» viene emendato in til Jarnviðar «al bosco di ferro», con riferimento alla località mitica
di Jarnviðr, il bosco dagli alberi di ferro dove dimorano le streghe. — (f) «Chiara sposa del cielo» [heiða
brúði himins] è una kenning per indicare il sole. In norreno, sól è femminile. 

40-41 — Come detto, queste due strofe sono citate da Snorri (Gylfaginning [8 {11-12}]). 

42 — Il senso di questa strofa non è affatto chiaro. 

44 — Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [41 {49}]). 

45 — Ora Grímnir cessa la sua esibizione di sapienza e torna, d'un tratto, alla realtà immediata. Legato tra i
fuochi, egli alza il capo a rivelare chi sia. La sequela di nomi che enumera, oltre a continuare in qualche
modo il contenuto gnomico-sapienziale del poema, prelude alla rivelazione finale, chi sia davvero il
viandante che Geirrøðr, in spregio alle sacre regole dell'ospitalità, sta torturando. I nomi che egli elenca in
una serie di fittissime strofe sono infatti gli heiti di Óðinn. 

46-49 — Il canone degli heiti di Óðinn viene citato da Snorri in una lunga


sequenza (Gylfaginning [20 {30}]), privata delle parti discorsive che nel poema interrompono
l'enumerazione dei nomi. La maggior parte di questi epiteti si riferiscono evidentemente a miti che non
conosciamo, di cui anzi qua e là si fa qualche oscuro accenno (ad esempio deve essere esistito un mito
dove Óðinn, sotto il nome di Jálkr, si recò presso le genti di un certo Ásmundr; oppure di quando, sotto il
nome di Kjalarr, fu costretto a tirare una slitta). Per approfondire gli epiteti di Óðinn, si veda
[SAGGIO]►. 

Epilogo — Dopo che Óðinn ha cessato di parlare e il suo lungo discorso si è chiuso, una piccola, tragica
chiusa in prosa, conclude il poema. 

Bibliografia
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