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Rivista trimestrale di critica e di cultura,
fondata da Mario Santoro,
diretta da Marco Santoro
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Marco Santoro (Università di Napoli, “Suor Orsola Benincasa”)
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xl · 2015
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SOMMARIO
contributi
Stefano Giazzon, Il Sacripante di Lodovico Dolce : un poema manierista 47
note
Luigi Peirone, Berze nell’Inferno dantesco 115
Marialuigia Sipione, L’album inedito di Clara Maffei : Manzoni, Bal-
recensioni
Luana Rizzo, Il pensiero di Matteo Tafuri nella tradizione del Rinasci-
mento meridionale, Roma, Aracne, 2014 (Alfonso Paolella) 139
Eleonora Cavallini, La ‘Nekyia’ omerica (« Odissea » xi) nella tradu-
Andrea Manganaro
«
a Pisa, ancora fermamente purista, come al tempo della sua prima forma-
zione. L’idea di Ranalli che la lingua italiana dovesse cristallizzarsi, replican-
do perpetuamente modelli del passato, era definitivamente confutata da
De Sanctis con la semplice osservazione del necessario, inarrestabile fluire
della storia : « il mondo cammina e gli volge le spalle, e se pur taluno guar-
tolato, per antonomasia, L’ultimo dei puristi. Un titolo tanto celebre quanto
fuorviante, perché solo apparentemente lo scritto è dedicato all’anacroni-
stico professore purista. 1
E infatti Ranalli, con sua la « voce solitaria, dispettosa », non era il vero og-
cui iniziava a lavorare alla Storia della letteratura italiana), a quella « scuola
del marchese Basilio Puoti » dove lui stesso, come Ranalli, e tanti altri in-
Sanctis trovava « redivivi » « quel pensiero, quello stile e quella lingua » che
1
Cfr. Francesco De Sanctis, L’ultimo dei puristi, in La giovinezza. Memorie postume seguite da
testimonianze biografiche di amici e discepoli, a cura di Nino Borsellino, Torino, Einaudi, 1961 (Opere a
cura di Carlo Muscetta, v. I), pp. (221-246), 221, 245-246. Cfr. ivi, la nota a p. 221 : il saggio apparve per
la prima volta nella « Nuova Antologia », nel novembre 1868, poi nella seconda edizione dei Saggi
critici, Napoli, Morano, 1869, e fu ristampato nella terza edizione, « riveduta dall’autore », dei Saggi
critici, Napoli, Morano, 1874. Cfr. Benedetto Croce, Gli scritti di Francesco De Sanctis e la loro varia
fortuna. Saggio bibliografico (1917), in Scritti su Francesco De Sanctis, a cura di Teodoro Tagliaferri e
Fulvio Tessitore, Napoli, Giannini, 2007, pp. (309-391), 315.
22 andrea manganaro
un momento del passato, rendendolo vivo e concreto « con un’azione visio-
Dicono sia un libro noioso e che non si possa andare innanzi senza sbadigli. Io l’ho
trovato gustosissimo, perché, dotato di una viva immaginazione, mi son figurato il
signor Ranalli insieme con me, giovani tutti e due, alla scuola del marchese Basilio
Puoti, e come davamo opera a riempire i nostri quaderni di bei modi di dire, a roton-
dare i nostri periodi, a studiare con atteso animo grammatiche e rettoriche, trecentisti
e cinquecentisti, pieno il petto di sacro orrore verso il forestierume, e ben risoluti a non
essere mai altro che italiani di lingua, di stile e di pensiero, stando come torre fermi e
lasciando pur dire gli sciocchi che ci davano la baia e ci chiamavano per istrazio puristi. 3
ubbidire a quella, e fare il voler suo. Per la qual cosa prendo per ora com-
miato da voi, signor Ranalli, con tante scuse, e corro là dov’ella mi grida e
mi accenna ».
razione » protagonista del Risorgimento (i « predestinati del ’48 e del ’60 »).
ed anche i “calabresi” »). 5 Per questi giovani, in una Napoli capitale in cui le
2
Cfr. Heinrich Lausberg, Elementi di retorica, trad. ital. di Lea Ritter Santini, Bologna, il Muli-
no, 1983, pp. 197-198.
3
F. De Sanctis, L’ultimo dei puristi, cit., pp. 221-222. Cfr. Luigi Russo, Francesco De Sanctis e la
cultura napoletana, intr. di Umberto Carpi, Roma, Editori Riuniti, 1983, pp. 37-41.
4
F. De Sanctis, L’ultimo dei puristi, cit., pp. 222-223.
5 6
Ivi, pp. 223 e 225. Ivi, p. 225.
de sanctis e il «metodo» del puoti 23
nel 1860. Era « il primo segno di vita che dava di sé la nuova generazione
in una posizione avanzata sulla linea dello sviluppo della storia (« il pro-
italiana del marchese Puoti” »). 8 L’ultimo dei puristi, muovendo da un recu-
della cultura napoletana, 9 non può però non precisare che tutti gli « attori »
del passato (sia Puoti, sia la gioventù, sia la polizia borbonica), erano na-
turalmente inconsapevoli « di tutte queste grandi conseguenze e di questi
profondi significati » che egli ora viene delineando, e quindi della posizione
cendo certi particolari ». 11 Nella sua ricostruzione il Puoti emerge non come
ra letteraria »), all’interno del quale la sua scuola viene presentata come un
7 8
Ivi, p. 224. Ivi, p. 223.
9
Cfr. F. Tessitore, La filosofia di De Sanctis, in Contributi alla storia e alla teoria dello storicismo, v.
iii, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1997, pp. (31-69), 36-37.
10
F. De Sanctis, L’ultimo dei puristi, cit., p. 224. Sulla « funzione patriottica del purismo », e della
scuola di Puoti, diverso, anche opposto rispetto al giudizio desanctisiano, sarà quello di Sebastiano
Timpanaro, che inviterà a distinguere tra un « patriottismo progressista, antiassolutista e antiau-
gadi », secondo la definizione di Giuseppe Ferrari) : « il “patriottismo” del movimento purista era
appunto il patriottismo dei retrogadi, tant’è vero che agiva in direzione antifrancese e difendeva
un’arcaica italianità contro l’illuminismo e contro il romanticismo nello stesso tempo ». Cfr. Seba-
stiano Timpanaro, Classicismo e illuminismo nell’Ottocento italiano, Pisa, Nistri-Lischi, 19692, pp. 65-
66 ; Sergio Landucci, Cultura e ideologia in Francesco De Sanctis, Milano, Feltrinelli, 1964, pp. 33-38 ;
nel testo pubblicato nel 1868 sulla « Nuova Antologia », fu eliminato nelle successive edizioni.
24 andrea manganaro
fenomeno anche quantitativamente rilevante (« tenea scuola in una vasta
sala del suo palazzo, dove convenivano meglio che duecento giovani, la più
parte studenti che venivano freschi freschi dai seminari »). 13
private della Napoli borbonica si era invece rifugiato « tutto ciò che ci era di
il livello degli studi era più alto e i principii più larghi ». L’emulazione tra gli
coloro che insegnavano « non era lecito addormentarsi sul loro passato e
civile” e “oscurantista” ».
Quasi un secolo dopo, Luigi Einaudi, nella sua celebre “predica inutile”
contro il « mito del valore legale del titolo di studio » avrebbe citato l’esem-
13 14
Ivi, p. 225. Ibidem.
15 16
Ivi, pp. 225-226. Ivi, pp. 227-228.
de sanctis e il «metodo» del puoti 25
pio positivo delle « scuole private » della Napoli precedente l’Unità, che non
rilasciavano alcun titolo. E avrebbe rilevato, pro domo sua, come i giovani
desiderosi di apprendere evitavano allora una Università pubblica scredita-
ta, accorrendo numerosi da chi si era « acquistato reputazione di capace e
memore delle pagine desanctisiane, Einaudi, che però taceva un fatto per
nulla secondario : lo stesso De Sanctis, una volta divenuto ministro della
Ed era da tale prospettiva storica che nel 1868, in L’ultimo dei puristi, De
Sanctis guardava al passato e a quelle scuole private di Napoli che avevano
segnato la sua stessa giovinezza, da quella dello zio Carlo Maria De Sanctis,
a quella dell’abate Lorenzo Fazzini, a quella del Puoti. 19 Il ricordo è viva-
cissimo, come poi nella Giovinezza. Tra i sedici e i diciassette anni stava in-
traprendendo gli studi legali, si riteneva « seriamente il più istrutto uomo di
Napoli », allorché un compagno di studi gli propose di andare alla scuola del
fessore della più celebre delle scuole private napoletane viene rappresenta-
to da De Sanctis come la negazione stessa dell’insegnamento tradizionale :
17
Luigi Einaudi, Scuola e libertà, da Prediche inutili, in Gianfranco Contini, Letteratura dell’Ita-
lia unita (1861-1968), Firenze, Sansoni, 1968, pp. (541-547), 546.
18
Cfr. Luigi Russo, Francesco De Sanctis e la cultura napoletana, cit., pp. 57-60.
19
F. De Sanctis, La giovinezza, in La giovinezza …, cit., pp. (3-218), 7-14, 22-30.
20
Id., L’ultimo dei puristi, cit., p. 229. Cfr. Id., La giovinezza, cit., p. 42, dove è accentuato il tono
autoironico : « “Chi è il marchese Puoti ?” diss’io a Costabile. “Insegna l’italiano”, disse lui. “E credi
tu ch’io debba ancora imparare l’italiano ?” “Sicuro ; quell’italiano lì l’è un’altra cosa ; vieni” ».
26 andrea manganaro
La scuola del Puoti è presentata quasi come una “non-scuola” (« Non vo-
canica ». 22
ti gli « Anziani di Santa Zita » ; gli « Eletti », nominati per consenso di tutti,
attori erano i giovani » (« il lavoro era tutto nostro, e serio e assiduo »), e
rettorica », ma faceva « notare più per esempli che per teoriche i pregi e i
21
Id., L’ultimo dei puristi, cit., p. 230.
22
Ivi, p. 234, dove ricorda che della formazione nei seminari aveva dato un’eloquente descrizione
Simonde de Sismondi negli ultimi capitoli della Histoire des républiques italiennes.
23
Cfr. Remo Ceserani, L’educazione letteraria nella scuola, in Guida allo studio della letteratura,
Roma-Bari, Laterza, 1999, pp. (392-433), 402-408.
24
F. De Sanctis, L’ultimo dei puristi, cit., p. 230.
de sanctis e il «metodo» del puoti 27
assoluta centralità del discente. Un continuo chiamare gli allievi a confron-
tarsi con i testi, con assidui esercizi di scrittura e di esposizione orale, dis-
simulando la funzione autoriale del maestro, apparentemente “regredito”
allo stesso livello degli alunni, sebbene sempre regista dell’azione. In questo
« metodo », e non tanto nelle “cose” trattate nella scuola, De Sanctis indivi-
ma in una continua produzione scritta. Uno dei tre incontri settimanali era
dedicato alla pubblica lettura dei componimenti degli allievi (« favole, let-
dava a due o tre il loro parere, i quali ragionavano prima del concetto, poi
dello stile e della lingua »). Confronto pubblico, ma non ovviamente parita-
era sempre seguita dal « giudizio terminativo » del marchese. 26 Gli altri due
giorni erano dedicati alla traduzione e alla lettura dei classici. Un esercizio
di traduzione (« non più che due periodi di Cornelio Nepote ») evidente-
a rilevare gli studi letterari ed a educare la mente che questo assiduo lavo-
rare del giovane, questo leggere, tradurre, comporre, notare, più utile che
non il mandare a memoria grammatiche, rettoriche e arti dello scrivere ». 28
25 26
Ivi, p. 231. Ibidem.
27 28
Ivi, pp. 231-232. Ivi, p. 233.
28 andrea manganaro
“impersonale”, dell’autore che quasi scompare collocandosi a fianco dei suoi
personaggi ; il suo atteggiamento quello di un « magister » che sappia rinun-
Il marchese solea dire, citando un detto di Socrate, che il maestro dee essere come la
levatrice che aiuti a partorire. Il miglior maestro è quello che pensi meno a comparir
lui, e lasci fare i giovani, dissimulando la sua opera e creando in loro questa illusione
che quello che imparano sono loro stessi che l’hanno trovato. Quello teniamo a mente
che abbiamo acquistato col sudore della fronte : tutto l’altro facilmente entra e più
che da Pasquale Villari, allora membro del Consiglio superiore della Pubbli-
ca istruzione. E però il Villari le proponeva facendo riferimento all’« esem-
tana, alla stessa « scuola » dalla quale era pure lui « uscito ». 31
Basandosi sulla sua stessa concreta esperienza didattica, quella della sua
“prima scuola napoletana”, De Sanctis individuava il complesso, duplice
ruolo, di mediatore e di educatore al tempo stesso, che spetta all’insegnante
di letteratura. La scuola del Puoti era da lui elevata a modello anche per il
presente, in ragione del « metodo » di insegnamento/apprendimento realiz-
zato : il marchese non « spiegava dalla cattedra ; collaborava con noi ». Era
messa in atto da Puoti nella sua scuola, lo studente, non più semplice e
passivo destinatario del messaggio educativo, era chiamato a una nuova,
inconsueta assunzione di responsabilità, che non poteva non avere benefici
riflessi etici e civili :
quel fare del giovine il maestro di se stesso lasciava intatte le nostre facoltà più prezio-
se, l’iniziativa, la libertà dell’opinione, la spontaneità della produzione, l’emancipazio-
ne da ogni regola e da ogni preconcetto, e il vivere fra’ vivi e la partecipazione nella
misura delle forze ad ogni progresso. 33
29
Nell’odierna didattica per competenze è il problema a organizzare le conoscenze, non il di-
scorso ; e « una parte della scienza del magister è quindi ignorata » ; all’insegnante non « resta che
Francesco De Sanctis e la cultura napoletana, cit., p. 212, anche sull’« anglicizzarsi » di Villari.
32
Cfr. R. Luperini, Insegnare la letteratura oggi, Lecce, Manni, 20022, pp. 80-82.
33
F. De Sanctis, L’ultimo dei puristi, cit., p. 242.
de sanctis e il «metodo» del puoti 29
contraddizioni »). 34
Sanctis nella « materia » della sua scuola, nelle stesse fondamentali carat-
parola », nel segregare lo studio « dal presente e dal vivo », nel fondarlo esclu-
lingua morta », 37 per cui lo « scrivere non era più una produzione, ma una
una qualità del Puoti era certamente non secondaria per la formazione del-
la gioventù : l’avere « cuore », che compensava in parte i limiti d’ingegno del
marchese. 40
tato come il fruttuoso esito dello stesso « metodo » attuato nella scuola e
promosso dagli stessi allievi. Se da tale metodo gli studenti di minore in-
gegno traevano principalmente sicurezza nell’analisi linguistica e testuale,
era sempre quel « metodo » a sospingere i giovani più brillanti verso « più
34 35
Id., La giovinezza, cit., p. 75. Id., L’ultimo dei puristi, cit., p. 240.
36 37
Ivi, p. 242. Ivi, p. 240.
38 39
Ivi, pp. 237-238. Ivi, p. 234.
40
Cfr. F. De Sanctis, Poche parole a’ giovani dette innanzi al feretro di Basilio Puoti (1847), in Purismo
illuminismo storicismo, v. i (Scritti giovanili e frammenti di scuola), a cura di Attilio Marinari, Torino,
Einaudi, 1975 (Opere, v. ii) pp. (87-90), 88 : « Giovani, noi eravamo avvezzi a starci nelle scuole tre-
manti innanzi al maestro : […] ci s’insegnava senza amore, imparavamo senza piacere. […] Lui la
prima volta abbiamo veduto insegnare amando, e render la scuola una gara di amicizia e di affetto ».
41 42
Id., L’ultimo dei puristi, cit., p. 241. Ivi, p. 242.
30 andrea manganaro
cose » e non solo « per la lingua ») ; si aggiunse quello delle letterature stra-
Pochi anni dopo, nel 1872 (lo stesso della prolusione La scienza e la vita), il
« metodo » e il modello delineati nell’Ultimo dei puristi venivano ripresentati
saggio alla scuola, riproponeva ancora una volta i caratteri essenziali di quel-
lo che aveva descritto come « metodo » del Puoti e che lui stesso aveva svilup-
Una scuola non mi par cosa viva, se non a questo patto, che accanto all’insegnamento
ci stia la parte educativa, una ginnastica intellettuale e morale, che stimoli e metta
in moto tutte le forze latenti dello spirito. Il meno che un giovane possa domandare
alla scuola è lo scibile, anzi lo scibile è lui che dee trovarlo e conquistarlo, se vuole sia
davvero cosa sua. La scuola gli può dare gli ultimi risultati della scienza, e se non fosse
che questo, in verità una scuola è di troppo ; tanto vale pigliarli in un libro quei risultati.
Ciò che un giovane dee domandare alla scuola è di esser messo in grado che la scienza
la cerchi e la trovi lui. Perciò la scuola è un laboratorio, dove tutti sieno compagni nel
lavoro, maestro e discepoli e il maestro non esponga solo e dimostri, ma cerchi e osser-
vi con loro, sí che attori sieno tutti […]. Una scuola così fatta non vale solo a educare
l’intelligenza, ma, ciò che è di più, ti forma la volontà. Vi si apprende la serietà dello
scopo, la tenacità de’ mezzi, la risolutezza accompagnata con la disciplina e con la pa-
zienza, vi si apprende innanzi tutto ad essere un uomo. 46
È preso in esame il saggio L’ultimo dei puristi, rilevando la rappresentazione che Francesco De San-
ctis dà del « metodo » di insegnamento/apprendimento attuato nella « scuola » privata napoletana
43
Ivi, p. 243.
44
F. De Sanctis, Manzoni, a cura di Carlo Muscetta e Dario Puccini, Torino, Einaudi, 1955 (Ope-
re, v. x), pp. 109-110 : « ho bisogno di uditori benevoli non solo ; ma di giovani che mi sieno intorno
45
Cfr. Id., La giovinezza, cit., pp. 180-181 : a proposito della prima scuola napoletana : « “Cosa mi
fanno i vostri applausi, quando, usciti di qua, non resta che un vaniloquio ? No, la scuola dee essere
46
Id., La scuola, in L’arte, la scienza e la vita, a cura di Maria Teresa Lanza, Torino, Einaudi, 1972
(Opere, v. xiv), pp. (305-315), 305-306.
de sanctis e il «metodo» del puoti 31
di Basilio Puoti. È un modello di insegnamento che nella sua essenza (centralità del lavoro dello
studente, attività laboratoriale, confronto dialogico nella comunità della classe, continuo esercizio
di scrittura e lettura) viene riproposto da De Sanctis nella nuova Italia come modello positivo di
formazione dei giovani e di sviluppo della competenza letteraria.
This article deals with L’ultimo dei puristi, dwelling on the way Francesco De Sanctis describes the
teaching/learning «method» used in Basilio Puoti’s private «school» in Naples. It is a kind of teach-
ing method the essence of which (student’s work at the centre, workshops, dialogue within the
class as a community, lifelong writing and reading) is revived by De Sanctis in the New Italy as a
positive method for educating and cultivate a love of reading in young people.
On considère l’essai L’ultimo dei puristi, en reprenant la représentation que Francesco De Sanctis
livre de la «méthode» d’enseignement/apprentissage mis en pratique dans l’« école » privée napo-
litaine de Basilio Puoti. Il s’agit d’un modèle d’enseignement qui dans son essence (centralité du
travail de l’étudiant, activité de laboratoire, rapport dialogique au sein de la classe, exercice continu
d’écriture et de lecture) est reproposé par De Sanctis dans la nouvelle Italie comme modèle positif
de formation des jeunes et de développement des capacités littéraires.
Se analiza el ensayo L’ultimo dei puristi, destacando la representación que Francesco De Sanctis da
al «método» de enseñanza/aprendizaje aplicado en la «escuela» privada napolitana de Basilio Puoti.
Es un modelo de enseñanza que De Sanctis vuelve a proponer en su esencia (centralidad del tra-
bajo del estudiante, actividad de laboratorio, confrontación dialógica en la comunidad de la clase,
permanente ejercicio de escritura y lectura) en la nueva Italia como modelo positivo de formación
de los jóvenes y de desarrollo de la competencia literaria.
Zur Ermittlung der Bedeutung und der Funktion der editio princeps der Lettere von Battista Guarini
im Jahr 1593 wird in diesem Artikel das Profil des venezianischen Juristen und Literaten Agostino
Michele ausgeleuchtet, dem der Autor des Pastor fido die Aufgabe zuwies, Kurator der Publikation
und Unterzeichner des Dedikationsbriefs an den Herzog von Urbino zu sein.
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Marco Santoro
I Giunta a Madrid. Vicende e documenti
Biblioteca di «Paratesto», 9
Collana diretta da Marco Santoro
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Dicembre 2015
(c z 2 · f g 1 3 )