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Introduzione................................................................................................................................

CAPITOLO I - POESIA E VERITA’.........................................................................................3


MISTURA DI VERITA’ E MENZOGNA......................................................................3
IL RAGAZZO DI TEOLOGIA.......................................................................................4
L’IDILLIO DI SESENHEIM E LA CONTAMINAZIONE..........................................7
L’ABBANDONO DI FRIEDERIKE...............................................................................8
ALLA RICERCA DELLA DONNA PIETISTA.............................................................9
IL SENSO DI COLPA...................................................................................................10
COMPLESSO DI CASTRAZIONE..............................................................................11
Introduzione

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CAPITOLO I - POESIA E VERITA’
MISTURA DI VERITA’ E MENZOGNA
Goethe descrive la sua biografia come una “mistura di verità e
menzogna”, ovviamente in maniera del tutto conscia, dove per
“menzogna” s’intende finzione letteraria.
Nei suoi racconti si esprime sempre in maniera figurata e metaforica,
utilizzando figure o episodi inventati, ripresi in parte dal suo vissuto
ed in parte da altre elaborazioni.
Il motivo del Travestimento ricorre spesso nelle sue opere e, al di la
delle svariate spiegazioni di tipo psicoanalitico che se ne danno,
rimane il fatto che Goethe è sempre del tutto conscio delle sue azioni,
spesso identificabili come “scherzo”, ma che hanno anche la funzione
di proteggere la sua sfera privata, la “faccenda principale”, il
realmente accaduto.
Molti studi hanno dimostrato che diverse sono le spiegazioni ai suoi
travestimenti, e a tal proposito, si è insistito su tre fattori principali.
Innanzi tutto si serviva del travestimento per ricercare se stesso, la
propria identità, interpretando diversi ruoli (avvocato, studente di
teologia,contadino, poeta innamorato).
In seconda battuta, possiamo affermare che il travestimento ha avuto
anche una funzione difensiva, di difesa della vera identità, non ancora
del tutto chiara e formata nel giovane scrittore.
Infine, ciò che più stupisce e impressiona di più è che il giovane
Goethe era soddisfatto dai suoi travestimenti, dalle sue auto-
rappresentazioni e quindi provava compiacimento nell’essere in grado
di recitare altri ruoli: assumere diverse identità gli consente di mettere
in scena una rappresentazione teatrale, di cui egli è l’assoluto
protagonista.
Proprio questi travestimenti, e tutti gli equivoci che ne scaturiscono gli
consentono di vedere rappresentate su campo le reazioni emotive (sue

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e degli altri), per poi prenderne spunto e trasformarle in termini
letterari.
Sentimenti e passioni riportati nei suoi testi, quindi, sono in parte veri
e in parte anche distorti, manipolati e fittizi, ma in ogni caso ci offrono
una chiave interpretativa per le sue opere e per gli esperimenti
psicologici della sua vita.
L’elemento che appare chiaro e condiviso da tutti i suoi racconti è un
UMWEG, una via contorta, un evento inquietante, accompagnato da
un senso di colpa; Goethe ci vuole far capire che, attraverso il
travestimento, ha strumentalizzato ogni personaggio che incontrava
nell’arco della sua vita, ma ciò è stato utile per rappresentare
realmente gli affetti e le passioni che questo ha scaturito. Tutti questi
personaggi gli sarebbero serviti per dar vita ad una rappresentazione
letteraria, e le svariate ambientazioni fungevano da palcoscenico
teatrale.

IL RAGAZZO DI TEOLOGIA
Goethe nella sua autobiografia riporta che, nel 1770, durante un
viaggio con il suo amico Weyland, si recò a Sesenheim. Il piano dei
due era andare a fare visita ad un parroco, il signor Brion, ma ad
entrambi venne subito l’idea di far travestire Goethe.
Come lo stesso Goethe riporta nell’autobiografia “fin dall’infanzia fu
suscitata in me perfino dal mio serio babbo la voglia di travestirmi 1”,
e così fece.
Una volta deciso di far travestire Goethe da umile ragazzo di
campagna, studente di teologia, e compiuto il travestimento, si
incamminarono verso la casa del prelato.
Nella dimora del prelato, tutti i presenti si mostrarono disinvolti e
benevolenti nei confronti del giovane e, all’arrivo della figlia
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Bla Bla Bla – Scrivi il riferimento qui

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maggiore del prelato, che Goethe chiamerà Olivia (Maria Salomea),
tutti si chiesero dove fosse finita la figlia più piccola, Friederike, e
mandarono a chiamarla.
Quando quest’ultima arrivò, Goethe si presentò e ne fu
particolarmente affascinato, quasi rammaricato di stare interpretando
la parte di un personaggio in cui non si sentiva a proprio agio. In
quell’occasione Goethe conobbe tutta la famiglia, zii e zie, cugini e
cugine, ospiti ecc, e passò tutta la sera a passeggiare con lei, ad
ascoltarla nei suoi racconti e a sua volta a raccontare di sé.
Si accorse presto, dopo aver conosciuto quell’amabile famiglia, che il
travestimento che indossava gli andava troppo stretto.
Goethe entrò in crisi, montò a cavallo e scappò a Drusehneim, una
cittadina lì vicino, e decise di attuare un secondo travestimento,
scambiando i suoi abiti con il figlio dell’oste, George, di famiglia
ormai in casa Brion. Nell’occasione chiese al ragazzo se avesse
qualche commissione o qualcosa da portare in parrocchia e il figlio
dell’oste gli propose di aspettare un paio di ore che fosse pronta una
torta.
Mentre si incamminava, incontrò il suo amico Weyland con entrambe
le sorelle Brion che lo scambiano per George, lui non le corresse e si
fece promettere di aspettarle a casa.
Arrivato a destinazione incontrò la donna di casa, il parroco, ma tutto
andò per il meglio, nessuno si accorse del travestimento. La mamma
delle fanciulle riconobbe la sua vera identità, ma assecondò lo scherzo
del giovane dandogli delle direttive per continuare la messinscena. Più
tardi, giunse Friederike che lo chiamò di nuovo col nome di George,
ma stavolta Goethe, stanco di tutta quella farsa, decise di rivelarle la
sua vera identità, calò giù la maschera, si scusò con lei per entrambe le
farse, e si dichiarò pentito dopo aver conosciuto quella splendida
famiglia. Friederike rimase ad ascoltarlo affascinata, e, dopo essersi

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così sorpresa inizialmente, fece un timido sorriso e decise di reggergli
il gioco nascondendogli il volto col berretto e facendogli prendere di
nuovo le sembianze di George all’arrivo della sorella con Weyland.
Questi ultimi, quando videro “George” e Friederike in confidenza,
restarono sbigottiti da quella improvvisa vicinanza ed intimità, ma lo
scherzo però durò poco: Goethe si tolse il capello svelando il proprio
volto e implorando perdono, di tutta risposta Olivia rise a crepapelle.
I quattro ragazzi decisero di continuare il gioco con gli altri presenti in
casa, ignari del travestimento, invitando “George” a pranzo.
Quando la vera identità di Goethe fu rivelata, anche il parroco ne rise
e tutti pranzarono cordialmente, a fine pasto arrivò anche il vero
George, e tutti risero ancor di più in un clima di grande festa.
In questo episodio Goethe risulta molto contraddittorio: tutte le
persone coinvolte si rivelano dapprima sorprese, poi complici nel
portare avanti lo scherzo. Il senso di colpa nei suoi racconti è evidente,
ma è in assoluto contrasto con le reazioni disponibili e solari dei
personaggi vittime dello scherzo. Lo scherzo si conclude con
l’ennesimo equivoco, che ci riporta all’assoluto carattere teatrale delle
vicende.
Il primo travestimento da studente di teologia aveva, come ho già
accennato, lo scopo di entrare nelle grazie del curato Brion, il che
avvenne. Poi però Goethe si tirò indietro, per paura di deludere una
così brava e modesta famiglia, che aveva riposto in lui gran fiducia e
affetto.
Ma in realtà, dietro questo travestimento, c’è un lato goliardico:
Goethe voleva prendersi gioco della famiglia Brion.
Il secondo travestimento che adotta, la figura del contadino, figlio
dell’oste, esprime il desiderio e allo stesso tempo l’impossibilità di
essere George. Secondo diversi studi, si è ipotizzato che la torta che

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Goethe (il giovane contadino) porta in dono a Friederike simboleggi
un desiderio di gravidanza, la volontà di donarle un figlio.
Il doppio travestimento, le dimenticanze, gli slittamenti di date,
rivelando una grande paura dell’autore, la paura di deludere, di non
essere accettato.

L’IDILLIO DI SESENHEIM E LA CONTAMINAZIONE


Goethe, in seguito al soggiorno a Senheim, tornò a Strasburgo per
completare gli studi, ma il desiderio di rivedere la sua amata fanciulla
lo spinse di nuovo a Sesenheim.
Arrivato nella cittadina, l’oste gli rivelò che le fanciulle erano appena
rientrate perché aspettavano un ospite. Goethe era geloso del fatto che
lo avessero subito rimpiazzato, ma quando entrò in casa e lo fecero
accomodare, scoprì, con gran sorpresa, che l’ospite tanto atteso era
proprio lui. Friederike aveva fatto preparare tutto, sicura che Goethe
sarebbe tornato a trovarle.
Il mattino seguente fecero una lunga camminata, passarono molto
tempo insieme ed impararono a conoscersi meglio.
Goethe descriveva dettagliatamente i pregi della giovane Friederike:
serenità e riflessione, ingenuità e coscienza, allegrezza e preveggenza,
“proprietà che sembra non vadan d’accordo, ma che in lei trovavan
riunite e contrassegnavano la sua persona proprio graziosamente 2”,
riporta Goethe nella sua autobiografia.
Goethe però nonostante tutto non era quieto; diversi anni prima aveva
preso delle lezioni di ballo da un ottimo insegnante, ed era riuscito a
conoscere le due figlie del maestro, Lucinde, quella più grande ed
Emilia, quella più piccola.

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Bla Bla Bla alla seconda, metti anche questa nota

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Lucinde, la più grande, cominciò a nutrire dei forti sentimenti nei
confronti di Goethe, però quest’ultimo era affascinato e ammaliato da
quella più piccola.
Goethe racconta un episodio molto significativo riguardante entrambe
le sorelle; narrò che un pomeriggio si stava intrattenendo con la più
piccola, scambiandosi delle effusioni, ad un tratto entrò la più grande
che si scagliò contro Goethe, lo baciò furiosamente e pronunciò una
formula di maledizione su qualunque altra ragazza che avesse provato
a baciarlo dopo di lei.
Questo episodio segnò il giovane Goethe, tanto da indurlo ad avere
incubi la notte su questa paura della contaminazione. Era chiaro ormai
a tutti che tra i due giovani, Goethe e Friederike, ci fosse del tenero, e
cercavano in tutti i modi di farli avvicinare con un bacio, ma Goethe,
proprio per questi incubi ricorrenti, evitava ogni contatto fisico.
Inoltre Goethe era ossessionato dalle malattie, e si vociferava che
Friederike avesse una malattia ai polmoni, cosa che, insieme
all’episodio della maledizione, creavano in Goethe grande sconforto.
In quel periodo comunque Goethe si impegnò in un andirivieni
continuo dalla città e, per mezzo dell’amico George che gli faceva da
postino, a scambiare quotidianamente lettere con Friederike.

L’ABBANDONO DI FRIEDERIKE
Poco dopo Goethe dovette affrontare una prova molto difficile:
Friederike aveva dei parenti ricchi in città, di cui Goethe aveva fatto
conoscenza e capitò la circostanza di andare con tutta la famiglia del
parroco a trovarli.
Goethe ebbe l’occasione per la prima volta di vedere Friederike e la
sua famiglia al di fuori delle mura domestiche, in un contesto
cittadino.

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La madre delle due ragazze appariva a proprio agio in quell’ambiente,
mentre Olivia era evidentemente a disagio, e anche Friederike, pur
cercando di nasconderlo, provava qualche imbarazzo.
Quando se ne andarono a Goethe cadde un peso dal cuore, turbato dai
comportamenti delle ragazze in un ambiente che non apparteneva loro.
Goethe voleva chiudere con Friederike, e nonostante la sua presenza
lo angosciasse, non conosceva niente di più gradevole che pensare a
lei in sua assenza e desiderare di intrattenersi con lei appena possibile.
In seguito tornò a trovare Friederike, ma per poco tempo e poco dopo
l’abbandonò definitivamente, senza spiegazione.
Questo dispiacere e senso di colpa segnerà il giovane Goethe per tutta
la vita.

ALLA RICERCA DELLA DONNA PIETISTA


“Goethe cerca Friederike prima ancora di sapere che esiste”, scrive
Theodor Reik, delineandoci quello che probabilmente poteva essere il
piano di Goethe fin dall’inizio, ovvero trovare una donna da inserire
nelle sue opere che rispecchiasse quelli che erano i canoni pietistici
dell’epoca. Probabilmente la Friederike storica non ne fu all’altezza; a
Sesenheim Goethe svolse un gioco crudele tra realtà e letteratura.
Tratti di Friederike sono passati in quasi tutti i personaggi femminili
delle sue rappresentazioni letterarie, ma tutte queste figure femminili
avevano una nota contraddittoria: da una parte Goethe le ammirava e
stimava, dall’altra però ne riconosceva i limiti, sia sentimentali che
estetici.
Mentre Lotte e Gretchen, personaggi rispettivamente de “I dolori del
giovane Werther” e il “Faust”, impersonificano una figura femminile
popolare e pietistica che il protagonista fa difficoltà ad abbandonare,
con Friederike il gioco si fa più crudele, evidenziando un

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FRAUENBILD, un’immagine di donna insufficiente a tratti
inadeguata.
Goethe si rese conto dell’incapacità della giovane ragazza di
campagna di inserirsi in una comunità cittadina, tema che si può
rilevare nei “Dolori del giovane Werther”, quando il giovane si ritrova
in un ballo con l’elite cittadina e si sente mediocre, inadeguato.

IL SENSO DI COLPA
Quali furono i motivi che spinsero Goethe ad abbandonare Friederike,
scaturendo in lui un senso di colpa che si porterà dietro per anni? I
Germanisti hanno ipotizzato diversi motivi, ma nessuno è riuscito ad
avere idee chiare a riguardo, riuscire a costruire una motivazione
ufficiale; molti sostengono che i genitori di Goethe si sarebbero
rivelati contrari al fidanzamento, altri ipotizzarono che questo legame
così solido e fedele a lungo andare avrebbe ostacolato la sua carriera,
altri ancora avanzano la tesi di una fobia di Goethe nei confronti della
malattia ai polmoni di Friederike, che ho accennato sopra brevemente.
Inoltre, il suo costante interesse, quasi ossessivo, per l’infanticidio,
come riportato nel Faust con la povera Gretchen, fa pensare che il
giovane Goethe sia stato protagonista di una gravidanza non
desiderata.
Da come riporta Goethe nei suoi racconti, la povera Friederike
sarebbe stata sedotta e abbandonata, trasformando l’idillio di
Sesenheim in una tragedia.
Tutti i personaggi che Goethe ha elaborato dall’esperienza di
Sesenheim vengono puniti per la loro infedeltà: l’infedele Gotz viene
avvelenato, Weislinger e Clavigo, che rappresentano l’autore,
muoiono. Questa punizione esprime il già annunciato senso di colpa:
l’inconscia volontà di morte nei confronti di Friederike viene sostituita
dalla morte dei personaggi che rappresentano l’io goethiano.

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Tutto ciò che Goethe ha descritto nelle sue opere, quindi, non si può
etichettare come realmente accaduto, ma come frutto di esigenze
narrative del topos letterario.

COMPLESSO DI CASTRAZIONE
La paura di non essere all’altezza di questo amore, atteggiamento tipo
del complesso di castrazione, viene proiettato sull’oggetto del
desiderio, che non viene ritenuto degno di essere amato sino in fondo.
Le persone oggetto di desiderio diventano così, nel caso di una nevrosi
ossessiva, un oggetto ambivalente: amate e odiate a livello inconscio.
Le storie di amore del giovane Goethe contengono un sentimento
inconscio di odio che si trasforma in desiderio, sempre inconscio, che
l’amata muoia. Dietro la paura nevrotica del bacio si nasconde la
paura della malattia e della morte, la paura di essere portatore di
un’infezione, in questo caso una maledizione, è un chiaro segnale di
quella sindrome di onnipotenza che caratterizzò Goethe per buona
parte della sua vita. Goethe nella sua autobiografia scritta quaranta
anni dopo, confessa il suo egocentrismo, il suo carattere egocentrico
che sacrifica tutto in favore della produzione letteraria. Il giovane
Goethe non era capace di amare realmente Friederike, non era capace
di viversi a pieno quel giovane amore perché era troppo occupato a
rintracciare nella sua interiorità le forze creative ed espressive della
poesia. Da una parte ci presenta la sua innata sindrome narcisistica
come premessa della produzione artistica, ma questa stessa sindrome
si situa anche come impedimento per il raggiungimento di una
qualsiasi “normalità”. Il suo essere diverso, il suo essere “artista” gli
impediscono di esperire fino in fondo la realtà dei sentimenti a
Sesenheim, per questo ha bisogno di un trucco, deve recitare una parte
per provocare sentimenti reali, per simulare gli affetti.
Ciò che caratterizzerà sempre la personalità di Goethe è questo

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egocentrismo narcisistico, che gli impedisce di percepire la presenza
degli altri e di tener conto delle loro necessità. Ciò che ci comunica
sono considerazioni sulla psiche umana e le sue debolezze, i suoi
dolori e “malattie” sull’esempio di se stesso.

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