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Alcune note sul grande xoanon della Mefite d’Ansanto

Vincenzo Franciosi*

Abstract

The great xoanon from the sanctuary of Mephitis in the Ansanto Val-
ley schematically shows a female figure dressed in a long tunic with
the characteristic St. Andrew’s cross pattern on her chest. Recent mi-
croscopic and dendrochronological analyses suggested that the wooden
statue, representing undoubtedly the goddess Mephitis, was carved in
an oak trunk of about half a century. The oak is the quintessential im-
age of the World Tree. It manifests its axial and mediumistic role by
connecting the three levels of the cosmos: the infernal, with the roots;
the terrestrial, with the trunk; the celestial, with the branches. The same
mediumistic character is expressed by the goddess Mephitis, “the one
who is in the middle”, mediating between the world of the living and
the world of the dead.

Il grande xoanon (Fig. 1), alto 135 centimetri, proveniente dal


santuario di Mefite in Valle d’Ansanto1 e attualmente esposto nel Mu-
seo Irpino di Avellino2, fu rinvenuto negli anni ’50 del Novecento da
Giovanni Oscar Onorato, insieme ad altre 14 figurine lignee di misure
assai inferiori3.

* Università degli Studi Suor Orsola Benincasa.


1 Santoli 1783; Rainini, Bottini, Isnenghi Colazzo 1976; Rainini 1985; Rainini 1996; Il culto
della dea Mefite. Per un’etimologia del nome Amsanctus, Serv. ad Verg. Aen. VII 565: Amsancti valles:
loci amsancti, id est omni parte sancti: quem dicit et silvis cinctum et fragoso fluvio torrente. Sulla sacralità
del luogo, Rainini 2003.
2 Colucci Pescatori 1975. Si ringraziano il Conservatore del Museo Irpino Flavio Petroccione e il
fotografo Giovanni Iannone, per aver fornito per la pubblicazione le foto 1 e 8-19; il Sindaco di Rocca
San Felice Giuseppe Fiorillo, che ha messo a disposizione personale dell’Amministrazione Comunale
per rendere sicura la visita al sito di Mefite e ha autorizzato la pubblicazione delle foto 2-6; Manuela
Romano, che ha eseguito il bozzetto ricostruttivo che compare nella fig. 20.
3 Onorato 1960, pp. 12, 25-27, 32-35; Rainini, Bottini, Isnenghi Colazzo 1976, pp. 374-382.
Vincenzo Franciosi

Il legno, materiale organico e, quindi,


soggetto a degrado, in particolari condizio-
ni può essere, però, preservato: in acqua, in
contesti aridi o anaerobici, grazie ai proces-
si di carbonizzazione e mineralizzazione. È
quest’ultimo il caso del nostro reperto. Infatti,
l’area del santuario di Mefite, ubicata nella val-
le del torrente Fredane, tra una collina bosco-
sa e un laghetto vulcanico, è caratterizzata da
esalazioni di CO2, H2S, N2 dovute a fenomeni
di vulcanismo secondario4, le quali hanno pro-
vocato la mineralizzazione dei reperti lignei,
permettendone la conservazione fino ai nostri
giorni (Figg. 2-4).
Vale la pena guardare alcune immagini
che danno l’idea della potenza delle esalazioni
mefitiche e del loro effetto letale sugli esseri vi-
venti (Figg. 5-6). Sappiamo, infatti, da Servio,
che le vittime non venivano immolate (cioè
asperse di farina di farro e sale, quindi sgozza- Fig. 1. Il grande xoanon di
Mefite (inv. 1499). Avellino,
te), ma soffocate avvicinando loro la testa alle Museo Irpino.
esalazioni venefiche5.
4 Di Nocera et al. 1999; Ortolani, Pagliuca 2008.
5 Serv. ad Verg. Aen. VII 563: Italiae medio: hunc locum umbilicum Italiae chorographi dicunt. Est autem
in latere Campaniae et Apuliae, ubi Hirpini sunt, et habet aquas sulphureas, ideo graviores, quia ambitur
silvis. Ideo autem ibi aditus esse dicitur inferorum, quod gravis odor iuxta accedentes necat, adeo ut victimae
circa hunc locum non immolarentur, sed odore perirent ad aquam adplicatae, et hoc erat genus litationis.
Abbiamo visto, come riporta Servio, che l’Ansanto era definito umbilicus Italiae. Si è voluta interpretare
in senso geografico tale espressione: de Cazanove 2003; de Cazanove 2008. Si tratta, a mio avviso,
di una centralità simbolica piuttosto che geometrica. Il termine umbilicus andrebbe interpretato come
omphalos, ovvero come ‘Centro del Mondo’. Il concetto archetipico di ‘Centro del Mondo’ può essere
schematizzato nel modo seguente: un luogo sacro costituisce un punto di rottura nell’omogeneità dello
spazio, ovvero un passaggio attraverso il quale è possibile la comunicazione tra le tre regioni cosmiche
(Cielo, Terra, Inferi); tale comunicazione avviene mediante un axis mundi, che può essere rappresentato
tanto dall’immagine di un albero, quanto da quella di una montagna, di un pilastro, di una scala, etc.;
attorno a tale asse cosmico si estende il Mondo, per cui l’asse viene a trovarsi perfettamente ‘centrato’,
coincidendo esso stesso col ‘Centro del Mondo’. Lo spazio sacro nel quale si inseriscono i ‘Centri del
Mondo’ non ha niente a che vedere con lo spazio profano della geometria, è uno spazio trascendente,
compatibile con la molteplicità e perfino con l’infinità dei ‘Centri’. Sul concetto archetipico di ‘Centro’:

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Fig. 2. Veduta generale Fig. 3. Il ‘laghetto dei Fig. 4. I soffioni. Rocca


dell’area del santuario di soffioni’. Rocca San Felice, S. Felice, Avellino.
Mefite in Valle d’Ansanto. Avellino.
Rocca San Felice, Avellino.

Gli xoana, come tanti altri oggetti di natura diversa, furono de-
positati o, probabilmente, gettati6 nel corso d’acqua (un affluente del
Fredane, chiamato oggi Vado Mortale) quali offerte alla divinità che, in
questo caso, mediava tra il mondo dei vivi e quello dei morti7.

Fig. 5. Cadavere di una nutria nel Vado Fig. 6. Cadavere di un cane nel Vado
Mortale. Rocca San Felice, Avellino. Mortale. Rocca San Felice, Avellino.

Eliade 1984, pp. 377-398; Jung 1992, p. 272; Eliade 2004, pp. 19-31; Guénon 2006, pp. 63-113;
Eliade 2006a, pp. 9-27; 2006b, pp. 19-46; 2007a, pp. 29-54; 2007b, pp. 21-29. Sull’Ansanto quale
accesso agli Inferi, Verg. Aen. VII 563-571: Est locus Italiae medio sub montibus altis, nobilis et fama
multis memoratus in oris, Amsancti valles: densis hunc frondibus atrum urguet utrimque latus nemoris,
medioque fragosus dat sonitum saxis et torto vertice torrens. Hic specus horrendum et saevi spiracula Ditis
monstrantur, ruptoque ingens Acheronte vorago pestiferas aperit fauces, quis condita Erinys, invisum numen,
terras caelumque levabat; Plin. NH II 208: Spiracula vocant, alii Charonea, scrobes mortiferum spiritum
exhalantes, item in Hirpinis Ampsancti ad Mephitis aedem locum, quem quem quem qui intravere
moriuntur). Per una esaustiva raccolta delle fonti letterarie sul culto mefitico: Carfora 2008.
6 Mustilli 1960, p. 205.
7 Sul ruolo di Mefite quale mediatrice: Falasca 2002; Poccetti 2008. Sul significato del nome
Mephitis, Prisc. Inst. III 328,5: ‘Mephitis’ quoque, quod proprium est a Graeco μεσῑτις, ut quibusdam
videtur mutatione σ in φ translatum, rationabiliter in ‘im’ fecit accusativum. Virgilius in VII: saevamque
exhalat opaca Mephitim.

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Per i legni, di difficile inquadramento storico, è stata proposta una


datazione tra il VI e il IV secolo a.C., soprattutto sulla base di altri reperti
(prevalentemente ceramici) rinvenuti nello stesso contesto8. Tuttavia,
un recente studio condotto in collaborazione tra l’INNOVA-CIRCE
di Caserta, la Seconda Università degli Studi di Napoli, la Dendrodata
s.a.s. di Verona e la Soprintendenza Archeologica di Salerno, Avellino,
Benevento e Caserta, ha cercato di proporre una datazione degli xoana
sulla base di metodi scientifici quali la dendrocronologia e il radiocar-
bonio, riconoscendo, inoltre, attraverso analisi microscopiche, il tipo di
legno utilizzato per la loro costruzione9.
Bisogna premettere che, dopo il rinvenimento negli anni ’50 del
Novecento, i reperti lignei furono restaurati a Napoli, nel laboratorio di
chimica del Museo di Capodimonte, dal Dr. Selim Augusti10. Prima fu
consolidato il legno mediante un bagno di colla organica e NaF, usato
come antisettico, seguito da un bagno in una soluzione al 3% di acido
tannico, in modo da rendere la colla insolubile; poi, le cavità presenti
nel legno furono riempite con una pasta ottenuta mescolando polvere
di legno, polvere di tannino e colla.
Se, da un lato, il restauro
ha assicurato la conservazione
degli xoana, dall’altro sembra aver
prodotto delle modifiche nella loro
fisionomia, soprattutto per quanto
riguarda il reperto 1499, il grande
xoanon: l’intera figura sembra
lievemente allungata e alcuni
caratteri sono accentuati; oltretutto,
la scultura presenta due accenni di
braccia, che non comparivano prima
Fig. 7. Il grande xoanon di Mefite prima e
del restauro (Fig. 7).
dopo il restauro (da Capano et al. 2012).

8 Rainini, Bottini, Isnenghi Colazzo 1976, p. 382.


9 Capano et al. 2012.
10 Augusti 1967.

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Per le analisi del reperto 1499, il grande xoanon, sono state eseguite
tre campionature: un pezzo del legno originale (nero); un pezzo di legno
di colore differente (marrone), probabilmente la pasta di legno utilizzata
nel restauro di Augusti; un pezzo del ‘braccio’ destro della scultura.
Mediante analisi al microscopio è stato determinato il tipo di le-
gno. Si tratta di legno di quercia (quercus robur), albero a foglie decidue
abbastanza diffuso nella regione in epoca moderna e, verosimilmente,
anche in antico.
Il campione pertinente al ‘braccio’ del grande xoanon è stato ri-
conosciuto quale legno di un albero a foglia larga, tuttavia non ancora
identificato. A differenza di quanto affermato da Augusti, non fu usa-
to, quindi, per il restauro, lo stesso legno della scultura. La presenza
di materiale moderno utilizzato per il restauro
(colla, pasta di legno, inserzioni di legno diffe-
rente per le braccia), rappresenta un problema
per analisi quali le misurazioni del radiocar-
bonio, dal momento che viene a contaminare
la concentrazione di 14C del legno originario.
Riguardo alla dendrocronologia, sul reperto
1499 è possibile contare circa 40 anelli11. Si
tratterebbe, quindi, del tronco di una quercia
di circa mezzo secolo utilizzato per intagliare
la figura rappresentante, con ogni probabilità,
la divinità stessa.
Delle 15 figure xoaniche, soltanto una
viene solitamente indicata come femminile,
la 1231, di carattere sub-dedalico (Fig. 8), tre
come maschili (1237, 1238, 3304. Si presen-
Fig. 8. Xoanon femminile
ta, in questa sede, la 1238, caratterizzata da (inv. 1231). Avellino,
un’evidente barba: Fig. 9), le altre vengono Museo Irpino.

11 Capano et al. 2012.

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Fig. 9. Xoanon maschile (inv. Fig. 10. Particolare del grande


1238). Avellino, Museo Irpino. xoanon di Mefite (inv. 1499).
Avellino, Museo Irpino.

definite asessuate12. Tra queste ultime viene compreso anche il grande xoanon.
Ora, ad una attenta osservazione, la figura presenta caratteristiche pret-
tamente femminili: vita stretta, glutei pronunciati, profilo sinuoso (Fig. 1).
Sul petto di notano due incisioni a croce di S. Andrea, riguardo
alle quali si tornerà a breve.
Il volto è ribassato sotto la linea della fronte, dalla quale si diparte
il naso triangolare; gli occhi ovali, disposti orizzontalmente, presentano la
pupilla incisa; la bocca è costituita da un breve segmento orizzontale, posto
immediatamente sotto al naso; il mento è sfuggente. Il contorno della ca-
pigliatura passa sopra le orecchie e si riunisce a punta sulla nuca (Fig. 10).
Tornando alla misteriosa croce di S. Andrea, come pure è stato

12 Rainini, Bottini, Isnenghi Colazzo 1976, pp. 374-379.

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notato13, senza trarne, però, le dovute


conseguenze, questa sembra riprende-
re, nello schematismo della figura, un
motivo presente su una serie di statuet-
te fittili, muliebri (1235, 1463, 1464,
1465, 1466, 1470, 1474)14 (Figg. 11-
18), anch’esse provenienti dal deposito
votivo di Mefite, databili tra il V e il IV
secolo a.C. (più tarde, quindi, del nostro
xoanon, che sembrerebbe risalire alla fine
del VI secolo a.C.)15.
La più antica di queste (1235), alta
36 centimetri e databile ancora nel V se-
colo a.C.16, risulta essere la più leggibile
(Figg. 11-12): la figura indossa una tuni-
Fig. 11. Statuina fittile muliebre ca piuttosto at-
(inv 1235). Avellino, Museo Irpino. tillata, che arri-
va fino ai piedi.
Al di sopra di essa porta un mantello segnato
da fitte pieghe parallele nella parte superiore.
Il mantello si apre sul petto, dove si nota una
sorta di corpetto (o forse la stessa tunica ta-
gliata in modo particolare) costituito da due
lembi congiunti al centro da una fibula, che
vengono a formate una croce di S. Andrea. La
testa è coperta da un epiblema, o da un lembo Fig. 12. Particolare della
statuina fittile muliebre
stesso del mantello. Istruttivo, ancora, il con-
(inv. 1235). Avellino,
fronto tra la testa del grande xoanon e un’altra Museo Irpino.

13 Calisti 2006, pp. 152-155.


14 Rainini, Bottini, Isnenghi Colazzo 1976, pp. 386-388, 410-413.
15 Rainini, Bottini, Isnenghi Colazzo 1976, p. 381.
16 Rainini, Bottini, Isnenghi Colazzo 1976, pp. 386-388.

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Fig. 13. Statuina fittile Fig. 14. Statuina fittile Fig. 15. Statuina fittile
muliebre (inv. 1463). muliebre (inv. 1464). muliebre (inv. 1465).
Avellino, Museo Irpino. Avellino, Museo Irpino. Avellino, Museo Irpino.

Fig. 16. Statuina fittile Fig. 17. Statuina fittile


muliebre (inv. 1466). muliebre (inv. 1470).
Avellino, Museo Irpino. Avellino, Museo Irpino.

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Fig. 18. Statuina fittile muliebre Fig. 19 Statuina fittile muliebre


(inv. 1474). Avellino, (inv. 1232). Avellino,
Museo Irpino. Museo Irpino.

figurina fittile, la1232, che presenta le stesse caratteristiche fisionomi-


che17 (Fig. 19).
Il grande xoanon di Mefite, quindi, rappresentava schematicamen-
te una figura femminile vestita di una lunga tunica, col caratteristico
‘corpetto’ a croce di S. Andrea sul petto, il tutto certamente ravvivato
dal colore. Verosimilmente il mantello era di tessuto18 (Fig. 20).
Abbiamo visto che le analisi microscopiche e dendrocronologiche
hanno fornito il dato che la statua di Mefite è stata intagliata in un
tronco di quercia (quercus robur) di circa mezzo secolo. Doveva, quindi,
trattarsi di un albero abbastanza imponente, alto circa venti metri.
La quercia, che può vivere oltre un millennio e raggiungere un’al-
tezza di 45-50 metri, anche per la sua larga diffusione sul pianeta, è il

17 Rainini, Bottini, Isnenghi Colazzo 1976, p. 389.


18 Si presenta in questa sede un bozzetto di Manuela Romano, che sta cercando di ricostruire
l’abbigliamento femminile indigeno sulla base delle figurine fittili, nonché attraverso confronti con gli
abiti tradizionali irpini.

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più venerato tra gli alberi19.


Simbolo archetipico di regalità, soli-
dità ed eternità, la quercia, albero a foglie
decidue, viene a rappresentare anche il ca-
rattere ciclico dell’evoluzione cosmica: mor-
te e rinascita20.
«Quercia», come «forza, solidità, ro-
bustezza, durezza, energia, vigore», vengo-
no espresse in Latino dalla stessa parola: ro-
bur, termine che indica tanto la forza fisica,
quanto quella morale.
La quercia è l’immagine per eccel-
lenza dell’Albero del Mondo, quale axis
mundi21. Essa manifesta il suo ruolo assiale
e medianico mettendo in comunicazione
i tre livelli del cosmo: quello infero, con le
radici; quello terrestre, con il tronco; quello
celeste, con i rami. Stesso carattere media- Fig. 19 L’abito femminile
indigeno. Bozzetto ricostruttivo di
nico è quello espresso dalla dea d’Ansanto, Manuela Romano.
Mefite, colei che sta nel mezzo, che media
tra il mondo dei vivi e quello dei morti.

19 Brosse 2004, pp. 59-60; Cattabiani 2010, pp. 49-60.


20 Jung 2007, pp. 40-42.
21 Eliade 1984, pp. 272-341; Guénon 2006, pp. 279-283; Eliade 2005, pp. 283-298; 2007a, pp. 41-54.

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