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Francesco I di Francia

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Francesco I di Francia

Francesco I di
Francia, ritratto da
Jean Clouet

Re di Francia

1º gennaio 1515 - 31 marzo


In carica 1547

Incoronazione 25 gennaio 1515, Reims

Predecessore Luigi XII

Successore Enrico II

Duca di Milano

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11 ottobre 1515 –
In carica 24 febbraio 1525

Predecessore Massimiliano Sforza

Successore Francesco II Sforza

Nome completo François de Valois-Angoulême

Nascita Cognac, 12 settembre 1494

Morte Rambouillet, 31 marzo 1547

Luogo di Basilica di Saint-Denis, Francia.


sepoltura

Casa reale Valois-Angoulême

Dinastia Capetingi

Padre Carlo di Valois-Angoulême

Madre Luisa di Savoia

Claudia di Valois
Coniugi Eleonora d'Asburgo

Francesco
Carlotta di Francia
Enrico II
Maddalena
Carlo
Figli Margherita

Firma

Francesco I (nato François d'Orléans; Cognac, 12 settembre 1494 – Rambouillet,


31 marzo 1547) fu re di Francia dal 1515 fino alla morte. Figlio di Carlo di Valois-
Angoulême (1459 - 1º gennaio 1496) e di Luisa di Savoia (11 settembre 1476 - 22
settembre 1531), fu il primo della dinastia regale dei Valois-Angoulême , che si
estinguerà nel 1589 con la morte del nipote Enrico III. Succedette sul trono di Francia a
suo cugino e suocero Luigi XII, che era morto senza lasciare figli maschi.

Prodigioso mecenate delle arti, diede un forte impulso al Rinascimento francese,


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attirando nel castello di Chambord molti artisti italiani, tra cui Leonardo da Vinci. Il
regno di Francesco vide importanti cambiamenti culturali con l'ascesa della monarchia
assoluta in Francia, la diffusione dell'umanesimo e del protestantesimo e l'inizio
dell'esplorazione francese del Nuovo Mondo. Jacques Cartier, Giovanni da Verrazzano e
altri esploratori rivendicarono terre nelle Americhe per la Francia e spianarono la
strada all'espansione del primo impero coloniale francese.

Per il suo ruolo nello sviluppo e nella promozione di una lingua francese divenne noto
come “Le Père et Restaurateur des Lettres” (il "Padre e Restauratore delle lettere"). [1]
Fu anche conosciuto come “François du Grand Nez” ("Francesco dal grande naso") e
“Le Roi-Chevalier” ("il Re Cavaliere") [1] per via del suo coinvolgimento personale nelle
guerre, partecipazione che gli costò anche la prigionia a Madrid in seguito alla sconfitta
nella battaglia di Pavia.

Seguendo la politica dei suoi predecessori, Francesco continuò le guerre italiane.


Interessato ai territori del Ducato di Savoia e al controllo del Ducato di Milano,
l'obiettivo principale era quello di indebolire Carlo V, re di Spagna e imperatore del
Sacro Romano Impero, titolo quest'ultimo conteso proprio tra il francese e l'Asburgo.
Allo scopo di fronteggiare l'egemonia del rivale, cercò dapprima il sostegno di Enrico
VIII d'Inghilterra nell'incontro del campo del Drappo d'Oro e, successivamente, formò
un'alleanza franco-ottomana con il sultano musulmano Solimano il Magnifico, una
mossa controversa per un re cristiano dell'epoca.[2]

2 Aspetto fisico e personalità


4 Francesco I nella letteratura, nel teatro, nel cinema
5 Matrimoni e figli
6 Ascendenza
7 Onorificenze
8 Note
9 Bibliografia
10 Voci correlate
11 Altri progetti
12 Collegamenti esterni

Biografia
Francesco d'Orléans nacque il 12 settembre 1494 nel castello di Cognac, in Francia,[3] a
quel tempo situato nell'antica provincia di Saintonge, parte del ducato d'Aquitania e
oggi facente parte del dipartimento di Charente. Unico figlio maschio di Carlo di Valois-
Angoulême e di Luisa di Savoia, era anche pronipote del re Carlo V di Francia. Al
momento della nascita la sua famiglia non rientrava nella linea di successione al trono
di Francia poiché suo cugino, il re Carlo VIII, era ancora giovane così come lo era il
cugino di suo padre, il duca di Orléans e futuro re Luigi XII. Nonostante ciò, nel 1498
Carlo VIII morì senza figli e gli successe Luigi XII, a sua volta privo di eredi maschi.[3]
La legge salica, l'unico documento giuridico dell'epoca che regolasse le questioni di

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discendenza in Francia, impediva alle donne di ereditare il trono e pertanto all'età di
quattro anni Francesco (che era divenuto già conte di Angoulême a seguito della morte
del padre avvenuta due anni prima) divenne un possibile successore al trono di Francia
e venne insignito del titolo di duca di Valois.[3]

Rimasto, come detto, orfano di padre all'età di soli due anni,


Francesco crebbe con la madre Luisa e con la sorella
Margherita d'Angoulême ad Amboise sotto la tutela del
maresciallo Pierre de Rohan-Gié.[4][5] Successivamente la
sua istruzione venne affidata al cardinale Adrien Gouffier de
Boissy, che gli impartì lezioni di latino e storia, mentre la
madre gli insegnò l'italiano e lo spagnolo. Il giovane
Francesco poteva disporre di una biblioteca ben fornita dove
trovò i romanzi della Tavola Rotonda, che contribuirono
all'esaltazione della sua immaginazione, tanto che fin da
giovane mostrò un forte interesse per gli esercizi che
implicavano una certa violenza. [5] Come suoi compagni di
giochi furono scelti alcuni rampolli delle famiglie nobiliari
di Francia, come Robert de la Marck, Anne de
Montmorency, Philippe de Chabot, Guillaume Gouffier de
Bonnivet.[6] Questa compagnia, e le attività che svolgevano
insieme, venne scelta come parte della sua educazione, che
doveva essere improntata verso l'addestramento alla guerra
e servì per instillargli alcuni valori ritenuti indispensabili per
un possibile futuro sovrano, come il cameratismo, la
cavalleria e la prodezza personale.[7] Mentre Francesco
cresceva, la corte di Francia si interrogava su chi sarebbe
stato il prossimo re. Appurato che Anna di Bretagna, la
moglie del re Luigi XII, non avrebbe potuto mettere al
mondo un figlio maschio, fu chiaro che il titolo di Delfino Un giovane Francesco I
(1515)
sarebbe toccato proprio a Francesco, in quanto diretto
pretendente al trono. Pertanto si decise di fargli lasciare
Amboise per essere condotto a Chinon, affinché potesse continuare la sua educazione
presso la corte; ciò avvenne nell'agosto del 1507, quando aveva l'età di quindici anni.[8]

Il giovane Valois trovò la vita a corte entusiasmante ed ebbe più volte l'occasione di
accompagnare il re nella caccia, un'attività che rimarrà tra le sue preferite per tutta la
vita, tanto che un giorno ebbe a dire che «per quanto vecchio o malato, mi dovranno
portare a caccia. Anche morto, vorrò andarci nella bara!».[9] Tra l'addestramento alla
guerra e alla gestione del potere, non mancarono per Francesco nemmeno avventure e
intrighi amorosi.[10] Inoltre, il futuro re di Francia dimostrò fin da subito un grande
interesse per la guerra e, nel 1512, gli capitò la prima occasione per comandare
personalmente un esercito, quando gli fu affidato il compito di difendere la Navarra
dalle truppe inglesi da poco sbarcate a San Sebastián. Poco dopo accompagnò re Luigi
nella difesa delle Fiandre. Nonostante queste imprese non si fossero concluse con il
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successo sperato, Francesco ebbe modo di conoscere sul campo alcuni dei generali, tra
cui Odet de Foix, Francesco d'Orléans-Longueville, Jacques de La Palice, Carlo di
Borbone, che lo avrebbero accompagnato nei successi e nelle sconfitte delle sue
successive campagne militari, creandosi così una cerchia di amicizie fondamentali per
quando sarebbe salito sul trono.[11]

Vista la situazione, re Luigi XII promise in sposa a Francesco la figlia Claudia, erede del
ducato di Bretagna, inizialmente destinata in matrimonio al futuro imperatore Carlo V,
ma il cui fidanzamento era stato sciolto per evitare che Carlo ereditasse parte del regno
di Francia, una situazione inaccettabile per la Francia.[12][13] Nel 1514 Anna di Bretagna
morì e gli sopravvissero solamente figlie femmine; era dunque quasi certo che
Francesco sarebbe diventato, alla morte di Luigi, re di Francia.[14]

Certo dell'imminente salita al trono, Francesco abbandonò le sue ristrettezze


economiche per aumentare decisamente il tenore di vita: acquistò spade da cerimonia,
comprò pietre preziose, vasellame d'oro, profumi e oggetti di lusso, contraendo diversi
debiti. Il 14 maggio raggiunse Saint-Germain-en-Laye per sposare, il 18 dello stesso
mese,[15] Claudia; un matrimonio non certo d'amore ma considerato comunque una
tappa inevitabile per la sua scalata al trono.[16] Ma solo pochi giorni dopo il matrimonio
fu raggiunto da una notizia che poteva seriamente minare le sue ambizioni regali: il re
Luigi XII, nonostante fosse malato, aveva deciso, seguendo il suggerimento del Papa, di
sposare Maria Tudor, con la speranza di dare alla luce un erede che lo avrebbe
succeduto al trono a cui ambiva Francesco.[17] Le cose andarono diversamente:
sofferente da tempo di una grave forma di gotta, re Luigi ricevette l'estrema unzione
nelle prime ore del 1º gennaio 1515 e morì la sera stessa, a meno di tre mesi dall'ultimo
matrimonio, senza aver generato alcun figlio maschio. Così, all'età di 20 anni,
Francesco divenne il nuovo re di Francia; l'incoronazione avvenne fastosamente nella
Cattedrale di Reims il 25 gennaio del 1515.[18][19][20][21]

Salito ormai legittimamente al trono di Francia,


Francesco si mostrava ansioso di coprirsi di gloria e
pertanto iniziò a guardare all'Italia, oggetto delle
ambizioni anche dei predecessori. Essendo pronipote
di Valentina Visconti, riteneva fosse un suo pieno
diritto possedere Milano come sua eredità familiare.
Il 25 marzo 1515, in occasione di un incontro con
alcuni ambasciatori della Repubblica di Venezia
arrivati per ottenere il rinnovo del trattato di alleanza
stipulato due anni prima, li informò delle sue ferme
intenzioni di mettersi quanto prima al comando di
un'armata diretta verso l'Italia.[22] Era comunque ben
consapevole che non sarebbe stato facile ottenere il Raffigurazione della battaglia di
Marignano
successo sperato, perché si sarebbe dovuto
confrontare con diversi nemici, tra cui l'imperatore
Massimiliano I d'Asburgo, Ferdinando II d'Aragona e il Papa Leone X[23]
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Per affrontare tutto ciò Francesco mise insieme un consistente esercito nel Delfinato
che contava ben 11 000 appartenenti alla cavalleria pesante, a cui affiancò una fanteria
forte di 30 000 armati. A questi si aggiunsero truppe mercenarie costituite da 10 000
fanti guasconi e circa 23 000 lanzichenecchi.[24] Nello stesso momento, un esercito
svizzero e pontificio si spostò a nord di Milano bloccando i passi alpini, tuttavia
Francesco, seguendo il consiglio del maresciallo Gian Giacomo Trivulzio, evitò i valichi
principali e marciò attraverso l'inconsueto itinerario della valle della Stura.[25][26]

Lo scontro decisivo avvenne il 13 settembre 1515 e passò alla


storia come la sanguinosa battaglia di Marignano, in cui le
armate francesi e veneziane affrontarono quelle svizzere,
giunte a dar manforte a Massimiliano Sforza, duca di
Milano. Dopo quasi due giorni di intensi combattimenti,
Francesco riuscì a cogliere una vittoria totale quanto
inaspettata che consentì alla Francia di ottenere il controllo
di tutto il ducato di Milano.[27] Trivulzio, per elogiare
l'impresa di Francesco, coniò il termine "battaglia dei
Giganti" per riferirsi all'avvenimento che venne celebrato in
patria con non poca retorica tanto che "ebbe una risonanza
particolare, pari alla sorpresa provocata da Marignano. Un
re, ancora molto giovane, aveva trasformato il suo esordio in
un prestazione magistrale".[28] Francesco a cavallo durante
la battaglia di Marignano
Grazie a questa vittoria, inoltre, Francesco I costrinse papa
Leone X alla trattativa per il possesso dei territori di Parma e Piacenza. I negoziati si
svolsero a Bologna e furono condotti dal cancelliere di Francia Antoine Duprat,
concludendosi con il Concordato di Bologna in cui si sanciva la rinuncia da parte del
papa ai territori in questione e il superamento della Prammatica Sanzione di Bourges
del 1438 arrogando al re di Francia il diritto alla nomina di vescovi e abati confermando
il gallicanesimo. L'11 dicembre Francesco fece il suo ingresso trionfale a Bologna
attraverso la porta San Felice per ratificare il Concordato; per l'occasione il re indossava
"una tunica di drappo dorato e una zimarra argenta, mentre sul capo vi era un tocco di
velluto nero foderato di zibellino".[29] Il 15 dello stesso mese lasciò la città
accompagnato fino alle porte da 22 cardinali.[30]

La prima avventura italiana fu, per Francesco, anche un'occasione di venire a contatto
con l'arte rinascimentale, di cui rimase un grande ammiratore e che lo ispirò tanto da
farlo divenire uno dei principi mecenati più celebri della storia. La ricchezza e il potere
ottenuti dopo Marignano gli permisero di dare vita a una brillante e licenziosa corte
costituita da poeti, musicisti, letterati e artisti, come Leonardo da Vinci, a cui si
mescolavano rozzi nobili provinciali. In politica estera, riuscì a ottenere una pace
perpetua con gli svizzeri e riacquistò Tournai da Enrico VIII d'Inghilterra. Tutto ciò
faceva pensare al destino di un grande regno.[19]

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Il 12 gennaio 1519, a Wels, morì l'imperatore Massimiliano I
d'Asburgo, che lasciò quindi la carica vacante. A quel tempo
la successione al trono del sacro Romano Impero era
regolata dalla bolla d'oro del 1356 che disponeva che il titolo
di imperatore fosse elettivo, delegando la scelta a sette
principi elettori, di cui quattro laici e tre ecclesiastici.
Seguendo, pertanto, tale ordinamento si decise di fissare la
nuova elezione per il 18 giugno dello stesso anno.[31]
Nonostante fosse oramai consuetudine che il titolo venisse
assegnato a un principe germanico, Francesco,
probabilmente influenzato dal recente successo colto a
Marignano, decise di concorrere in contrapposizione
all'altro pretendente: Carlo d'Asburgo, nipote del defunto
Massimiliano. In quegli anni, la Germania era travagliata da L'imperatore Carlo V
forti contrasti interni culminati nella riforma protestante di ritratto da Jakob
Martin Lutero che aveva diviso la popolazione in cattolici e Seisenegger nel 1532
protestanti. Ciò, probabilmente, fece ritenere al giovane re
di Francia di avere le possibilità di cogliere la storica elezione.[32] Nell'avanzare la sua
candidatura, Francesco, premise che non era motivato da un contrasto personale contro
Carlo,[33] e che il suo scopo non era "pernicioso, né futile, poiché non sono mosso da
avidità, né da ambizione, né da prepotenza, ma unicamente dalla volontà di render
possibile una mia guerra contro il Turco", facendo quindi presagire l'intenzione di
impegnarsi in una crociata una volta eletto. Simile dichiarazione fu quella che presentò
all'ambasciatore d'Inghilterra, Sir Thomas Boleyn, in cui asseriva che entro tre anni
dopo elezione sarebbe stato a Costantinopoli o sarebbe morto. [34] Fu così che iniziò la
lunga rivalità con Carlo che lo accompagnerà per tutta la vita. [5]

Francesco, seriamente convinto di poterla spuntare, si prodigò in tutti i modi per


raggiungere il successo ricorrendo, con l'aiuto del fido Guillaume Gouffier de Bonnivet,
a tutti i mezzi possibili: si prodigò nella corruzione, mandò segretamente emissari fino
in Polonia, cercò accordi all'estero, fomentò scontri privati tra i principi germanici e
riuscì perfino a ottenere un'iniziale supporto di Papa Leone X, preoccupato
dell'eccessivo potere in Italia che Carlo avrebbe potuto avere.[35] In ogni caso, Francesco
capì ben presto che la strategia migliore sarebbe stata quella di comprare i voti degli
elettori e dunque si rivolse alla ricca famiglia dei Fugger per ottenere un prestito;
ottenuto, dopo intensi negoziati, a un interesse del 18%.[36]

Nonostante tutti questi sforzi, il tentativo naufragò davanti all'evidenza. Il papa, che
non poteva schierarsi così apertamente contro la nazione germanica, mutò la sua
politica. Carlo, a sua volta, spese moltissimo denaro per comprare i voti degli
elettori;[37] la nazionalità francese di Francesco, inoltre, era un elemento di certo a lui
sfavorevole. Fu così che le ambizioni di Francesco andarono a scemare sempre di più,
fino a quando non giunse la notizia che il 2 giugno il giovane Asburgo era stato eletto
all'unanimità con il nome di Carlo V.[38] Francesco dovette così incassare la prima grave
sconfitta da quando era salito al trono di Francia; grande fu la sua collera che si riversò
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in particolare sui principi elettori che considerava dei veri e propri traditori, tuttavia a
tal proposito lo storico Francis Hackett ebbe a dire che «in realtà essi si erano serviti di
lui perché la sua generosità, che non era riuscita a comprarli, li aveva semplicemente
resi più costosi per il suo rivale».[39]

Archiviato oramai il fallimento


dell'elezione alla corona del Sacro
Romano Impero, Francesco spostò la
sua strategia verso una possibile
alleanza con l'Inghilterra di Enrico VIII.
A tal fine, e secondo quanto stabilito nel
Trattato di Londra del 1518 , venne
fissato un incontro tra i due sovrani per
il giugno del 1520. Il luogo scelto per Una rappresentazione di come doveva essere
l'avvenimento furono le Fiandre, tra le stato il Campo del Drappo d'Oro

città di Calais, allora unico


possedimento inglese sul continente europeo, e di Guînes.[40] L'incontro, organizzato
dal cardinale Thomas Wolsey, arcivescovo di York e Lord Cancelliere di Enrico VIII,
avvenne nella cornice sfarzosa del cosiddetto Campo del Drappo d'Oro, un
accampamento riccamente allestito per l'occasione.[41][42]

I due sovrani colsero l'occasione per esibire una sontuosità


al limite delle loro possibilità, tanto che Francesco dovette
ricorrere a un nuovo prestito, questa volta dalla banche di
Lione, di ben duecentomila scudi per far fronte alle povere
casse dello stato, rese esangui dalle cospicue spese sostenute
per il fallimentare tentativo di nomina imperiale.[43] Per
farsi un'idea delle spese sostenute, basti pensare che per
l'occasione vennero montate sul posto migliaia di tende, con
quella del re francese che spiccava per le decorazioni
realizzate in oro; venne inoltre costruito un teatro romano
in legno, organizzati spettacoli, tornei e banchetti; gli inglesi
arrivarono a costruire un palazzo in legno che poi
trasportarono in pezzi per essere montati sul luogo
dell'incontro.[44] Anche il protocollo che seguirono le
delegazioni fu solenne e rigido, studiato per garantire una
Ritratto di Enrico VIII
formale parità tra le due parti: Enrico fece il suo arrivo a
d'Inghilterra, opera di
Calais lo stesso giorno in cui Francesco arrivò ad Andres. Il Hans Holbein il Giovane
re di Francia era accompagnato dalla moglie Claudia, dalla
sorella Margherita, dalla madre Luisa e da Françoise de Foix la sua amante ufficiale. [45]
Il primo colloquio tra i due regnanti avvenne il 7 giugno, al pomeriggio, a cui seguirono
diverse altre nobili e studiate cerimonie.[46]

Con ciò Francesco I mirava ad avere l'Inghilterra alleata nello scacchiere della lotta
contro Carlo V e tentò di combinare il matrimonio fra la figlia di Enrico, Maria Tudor, e
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il proprio figlio Francesco di Valois, Delfino di Francia. Nonostante tutto ciò, l'incontro
non sortì l'effetto sperato: il matrimonio fra Maria e Francesco non avvenne mai e di lì a
poco Enrico VIII strinse un'alleanza con Carlo V.[47] L'incontro al Campo del Drappo
d'Oro venne, comunque, definito «un successo diplomatico ma un fiasco politico».[48]

Guerra dei quattro anni e la battaglia di Pavia


Le mire di Francesco I di impadronirsi dell'Italia
settentrionale e il fatto che egli vedesse l'autonomia
della Francia in grave pericolo, accerchiata com'era
dai possedimenti dell'imperatore Carlo V, spinsero il
sovrano francese ad agire, così che, nel mese di
dicembre del 1521, iniziò a pianificare la guerra.
Francesco non intendeva attaccare apertamente
Carlo perché il re d'Inghilterra aveva annunciato la
sua intenzione di intervenire contro il primo dei due
che avesse infranto la precaria pace. Un attacco
venne, comunque, effettuato sulla Mosa, sotto la Territori controllati da Carlo V nel
1519, la Francia risulta accerchiata
guida di Robert de la Marck. Contemporaneamente,
un esercito franco-navarrese avanzò attraverso la
Navarra riconquistando Saint-Jean-Pied-de-Port.[49] I disegni francesi si dimostrarono
fin da subito imperfetti, tanto che l'intervento di Enrico di Nassau respinse l'offensiva
della Mosa e, sebbene de Foix inizialmente fosse riuscito a conquistare Pamplona, fu
cacciato dalla Navarra a seguito della sconfitta nella battaglia di Noáin, combattuta il 30
giugno 1521.[50][51]

Il 22 ottobre 1521, Francesco si trovò di fronte l'esercito imperiale, comandato da Carlo


in persona, vicino Valenciennes. Nonostante l'insistenza del connestabile Carlo di
Borbone, Francesco esitò ad attaccare permettendo così all'imperatore Carlo V di
ritirarsi. Quando i francesi si trovarono finalmente pronti ad avanzare, le forti piogge
impedirono un attacco efficace e le forze imperiali riuscirono a ritirarsi senza
scontrarsi.[52]

Da novembre la situazione francese andò a deteriorandosi considerevolmente. Carlo,


Enrico VIII e il papa firmarono, il 28 novembre, un'alleanza contro Francesco. A Odet
de Foix, governatore francese di Milano, era stato affidato il compito di resistere alle
forze imperiali e papali, guidate da Prospero Colonna, ma alla fine di novembre fu
costretto a lasciare la città e a ritirarsi lungo il fiume Adda.[53][54] La successiva sconfitta
di Odet nella battaglia della Bicocca portò l'Inghilterra a entrare apertamente nel
conflitto. Alla fine di maggio 1522, l'ambasciatore inglese si presentò a Francesco con un
ultimatum in cui si enumeravano tutte le accuse contro la Francia, in particolare quella
di sostenere il duca di Albany in Scozia; il re francese negò ogni addebito.[55]

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Nel mese di luglio, gli inglesi attaccarono la Bretagna e la
Piccardia, partendo da Calais, e Francesco non fu in grado di
raccogliere fondi per contrapporre una resistenza
significativa.[56] Per ovviare a tale mancanza di denaro, il re
francese escogitò diverse soluzioni e in particolare si
focalizzò su una causa contro il connestabile Carlo III di
Borbone-Montpensier. Questi aveva ricevuto la maggior
parte dei suoi possedimenti attraverso il matrimonio con
Susanna di Borbone, morta poco prima dell'inizio della
guerra. Luisa di Savoia, cugina di Susanna e madre del re,
insistette sul fatto che i territori in questione dovessero
passare a lei a causa della sua più stretta parentela con la
defunta. Francesco era sicuro che il sequestro delle terre Carlo III di Borbone,
contese avrebbe migliorato la propria posizione finanziaria connestabile di Francia
in maniera sufficiente per continuare la guerra e quindi
iniziò a confiscare alcune porzioni in nome della madre. Il Borbone, irritato da questo
trattamento, e sempre più isolato a corte, cominciò ad aprirsi verso Carlo V tradendo
così il re francese.[57][58] Quando Francesco, che era a conoscenza del complotto, lo
chiamò a Lione nel mese di ottobre, finse una malattia e fuggì a Besançon. Il re,
infuriato, ordinò l'esecuzione di quanti più suoi collaboratori potessero essere catturati,
ma il duca stesso, dopo aver respinto una offerta finale di riconciliazione,entrò
apertamente al servizio dell'imperatore. [59][60]

Francesco volse allora la sua attenzione alla Lombardia. Nell'ottobre 1523, un'armata
francese di 18 000 uomini, al comando di Guillaume Gouffier de Bonnivet, avanzò
attraverso il Piemonte verso Novara, dove raggiunse una forza similare di mercenari
svizzeri. Prospero Colonna, che aveva soltanto 9 000 uomini, si ritirò verso Milano.[61]
Tuttavia, successivamente i francesi vennero sconfitti alla battaglia del Sesia ritirandosi
al di là delle Alpi allo sbando.[62][63]

A metà ottobre 1524, Francesco attraversò le Alpi e avanzò


verso Milano alla testa di un esercito di oltre 40 000
uomini.[64][65] Carlo di Lannoy, a capo della guarnigione che
difendeva la città, viste le ingenti forze dei francesi decise di
ripiegare vero Lodi lasciando a Francesco strada libera.
Entrato a Milano e messo Louis de la Trémoille come
governatore, il re di Francia (sotto la spinta di Bonnivet e
contro il parere degli altri suoi comandanti di alto livello,
che preferivano un più vigoroso inseguimento alla ritirata di
Lannoy) avanzò su Pavia, dove Antonio de Leyva era rimasto
con una piccola guarnigione imperiale.[66] Il grosso delle
truppe francesi arrivò a Pavia negli ultimi giorni di ottobre
1524. Seguì un periodo di schermaglie, bombardamenti di Louis de la Trémoille
artiglieria, e diverse brecce erano state create nelle mura
alla metà di novembre. Il 21 novembre, Francesco tentò un assalto alla città attraverso
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due di queste, ma fu ricacciato indietro con gravi perdite; ostacolato dalla pioggia e dalla
mancanza di polvere da sparo, il francese decise di attendere che i difensori morissero
di fame.[67]

Nel frattempo, lo stesso Francesco firmò un accordo segreto con papa Clemente VII con
cui quest'ultimo si impegnava a non supportare Carlo V in cambio dell'assistenza del re
francese nella conquista di Napoli. Contro il consiglio dei suoi comandanti anziani,
Francesco decise di distaccare parte delle sue forze, sotto il comando di Duca di Albany,
inviandole a sud in aiuto al papa. [68][69] Nel gennaio 1525 Lannoy ottenne rinforzi con
l'arrivo di Georg von Frundsberg con 15 000 lanzichenecchi e rinnovò l'offensiva
riuscendo a catturare l'avamposto francese a Sant'Angelo tagliando le linee di
comunicazione tra Pavia e Milano, mentre una colonna separata di lanzichenecchi
avanzava su Belgioioso.[70][71] Francesco aveva fatto accampare la maggior parte delle
sue forze nel grande parco recintato di Mirabello, al di fuori delle mura della città,
inserendoli tra la guarnigione di Leyva e l'esercito di appoggio in arrivo.[72][73]

Il 21 febbraio, i comandanti imperiali, a corto di


rifornimenti e credendo erroneamente che le forze
francesi fossero più numerose delle loro, decisero di
lanciare un attacco sul castello di Mirabello, al fine di
salvare la faccia e demoralizzare i francesi in misura
sufficiente a garantire un ritiro sicuro. [74] Nelle
prime ore del mattino del 24 febbraio 1525, i
guastatori imperiali aprirono delle brecce nelle mura
del Mirabello, consentendo alle forze di Lannoy di
entrare nel parco. Allo stesso tempo, Leyva uscì da
Pavia con ciò che rimaneva della guarnigione. Nella La battaglia di Pavia in un dipinto
successive quattro ore della battaglia di Pavia, la di Ruprecht Heller

cavalleria pesante francese, che si era dimostrata così


efficace contro gli svizzeri a Marignano dieci anni prima, nascondendo la propria
artiglieria da una rapida avanzata, venne circondata e frammentata dai lanzichenecchi e
dagli archibugieri spagnoli di d'Avalos. Nel frattempo, una serie di prolungati scontri
portarono alla disfatta della fanteria svizzera e francese. I francesi subirono perdite
enormi, perdendo la maggior parte del loro esercito, si contarono oltre 10 000 morti,
compresi gran parte dei propri comandanti. Lo stesso Francesco, ferito all'orecchio, alla
mano e alla gamba, venne fatto prigioniero, insieme con altri ufficiali come Anne de
Montmorency, Robert de la Marck e una serie di nobili minori. [75][76][77][78]

Prigioniero dell'imperatore

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Francesco, disarcionato da cavallo da
Cesare Hercolani,[79] venne fatto
prigioniero sul campo di battaglia di
Pavia tra le 9 e le 10 del mattino e subito
assegnato alla custodia e protezione del
comandante spagnolo Hernando de
Alarcón. Dopo essere stato esibito ai
soldati a significare che la battaglia era
oramai vinta, venne condotto nel
monastero di San Paolo dove fu Cattura di Francesco I sul campo di battaglia di
Pavia
medicato.[80] Il giorno seguente venne
tradotto nella rocca di Pizzighettone,

Carlo venne a conoscenza degli avvenimenti solamente il 15 marzo e subito rispose al re


francese assicurandogli che presto avrebbe ricevuto le condizioni di pace.[82] Quando la
notizia raggiunse invece la Francia la corte andò in subbuglio e la madre Luisa,
disperata, fece immediatamente appello a chiunque potesse intercedere con
l'imperatore per ottenere la liberazione del proprio figlio.[83]

Francesco trascorse nel tormento i primi giorni di prigionia dopo la sconfitta: digiunò,
vestì da quaresima come volesse espiare i peccati che, secondo lui, lo avevano portato a
uscire dal benvolere di Dio.[84] Le durissime condizioni di resa gli vennero comunicate
da Ugo di Moncada e, tra le varie clausole, gli veniva imposto di restituire al Borbone i
suoi feudi, di cessare ogni rivendicazione sulle regioni dell'Artois, delle Fiandre, e del
Regno di Napoli, oltre a rinunciare al Ducato di Milano e alla Borgogna.[85] Tra tutte
queste condizioni, l'unica che Francesco non si rassegnò ad accettare fu quella relativa
alla cessione della Borgogna, dichiarando che era deciso «a sopportare la prigione
fintanto che Dio vuole piuttosto che accettare termini dannosi per il mio regno!».[19][86]
Il re, durante la sua prigionia, venne visitato anche dal marchese di Castel Goffredo
Aloisio Gonzaga, venuto a trattare la liberazione del parente Federico Gonzaga per conto
della moglie Giovanna Orsini.[87]

Il 18 maggio Francesco fu condotto fuori dall'Italia,


giungendo il 19 del mese seguente a Barcellona, da
dove partì per un viaggio di circa un mese alla volta
di Madrid.[88] Durante il tragitto il re francese,
seppur prigioniero degli spagnoli, ebbe modo di
presenziare a ricevimenti in suo onore e a solenni
corride.[89][90] Giunto nella capitale, dopo un breve
soggiorno in una prigione, venne confinato
nell'Alcazar, in una umile stanza posta in una torre,
rendendogli impossibile fuggire.[91] Fu allora che Carlo V visita Francesco i dopo la
iniziò ad accusare febbre, torpori e un'acuta battaglia di Pavia di Richard
Parkes Bonington (acquarello su
nevralgia, forse sintomi della sifilide, che ben presto
carta, c. 1827)
peggiorarono tanto da far temere per la sua vita.
12/32
Quando Carlo V fu avvisato delle gravi condizioni di Francesco, si recò immediatamente
a fargli visita trovandolo in condizioni disperate (fu la prima volta che i due si videro
personalmente);[92] subito dopo giunse al suo capezzale anche la sorella Margherita. [93]
Quando oramai i medici spagnoli e francesi avevano perso ogni speranza l'ascesso
cerebrale che aveva causato tutto ciò si ruppe, smettendo così di premere sul suo
cervello. Così le sue condizioni andarono incontro a un rapidissimo miglioramento e in
pochissimi giorni riuscì anche a mangiare e ad alzarsi dal letto.[94][95] Si ritiene che la
malattia comunque gli lasciò segni perenni, come una certa difficoltà nel concentrarsi,
improvvisi sbalzi d'umore e una certa incoerenza nei comportamenti.[19]

Lasciatosi alle spalle la convalescenza, Francesco si trovava


comunque in una situazione difficile: Carlo, consigliato dal
Gattinara, non intendeva rinunciare alle pretese sulla
Borgogna e cedergliela sarebbe stato per lui sacrificio
enorme. [96] Con la sorella pensò anche a un rocambolesco
piano per evadere, ma venne scoperto anzitempo e vi
dovette rinunciare.[97] Accantonata l'idea di abdicare, con le
spalle al muro ed esortato dalla madre, si convinse a firmare
quello che passerà alla storia come il "trattato di Madrid",
dove, oltre ad accettare le clausole imposte dall'imperatore
si impegnava a consegnare i suoi due figli, il delfino
Francesco ed Enrico, duca d'Orleans, come ostaggi agli Prima pagina del trattato
austro-spagnoli, oltre a una cospicua somma in di Madrid
denaro.[5][98][99] A suggellare la ritrovata conciliazione tra
Carlo e Francesco quest'ultimo fu promesso sposo a Eleonora d'Asburgo, vedova del re
Manuele I del Portogallo e sorella di Carlo V. [19] Tale firma, che poi affermò che non
fosse valida poiché ottenuta con la costrizione,[100] gli valse dunque la libertà. Dopo
circa 1 anno e mezzo lontano dal suolo natio il 17 marzo poté rimettere piede in Francia
sbarcando a Saint-Jean-de-Luz.[101] Poco dopo raggiunse Cognac dove fece un ingresso
trionfale in città con la ben ferma intenzione di non rispettare il trattato da poco
sottoscritto.[102] Durante la prigionia, ebbe modo di scrivere un corpulento libello,
L'Epître traitant de son partement de France en Italie et de sa prise devant Pavie , in
cui si giustificava della sconfitta addossandone le colpe sugli svizzeri.[103]

La seconda guerra contro l'Impero


Una volta ritornato sul trono, a Francesco gli eventi
sembrarono evolversi favorevolmente: la Germania
di Carlo era sempre più divisa come conseguenza
della riforma protestante, l'impero ottomano
premeva sui confini ungheresi del Sacro Romano
Impero e gli si presentava una concreta possibilità di
Monete con l'effigie di Francesco I

13/32
stipulare un'alleanza con l'Inghilterra. Cogliendo questo momento di vantaggio,
Francesco ripudiò pubblicamente il trattato di Madrid e ottenne da Papa Clemente VII
di essere sciolto dal giuramento.[104] Come risposta a tale insolenza, l'imperatore terrà
prigionieri i suoi due figli per ben quattro anni e arrivando persino a pensare di sfidarlo
a duello.[19][105]

Francesco cercò anche di intraprendere una strategia che gli consentisse di arrivare a un
pieno riscatto al fine di continuare la sua contesa sull'Italia. L'occasione gli venne
dall'invito a partecipare alla lega di Cognac, un accordo promosso dal papa e a cui
aderirono alcuni stati italiani, tra cui la Repubblica di Venezia e la Repubblica di
Firenze, allarmati dall'eccessivo potere in mano all'Asburgo che si era venuto a creare in
seguito alla sconfitta francese a Pavia. La lega venne stipulata il 22 maggio 1526 e fu
completata l'anno successivo con Enrico VIII d'Inghilterra che si impegnò alla
neutralità. Tra gli obiettivi dell'alleanza vi era quello di strappare il Regno di Napoli agli
spagnoli, insediandovi un principe italiano che avrebbe pagato una tassa a Francesco. I
patti d'azione prevedevano che il re di Francia costituisse due eserciti, uno dei quali
sarebbe sceso in Lombardia e l'altro direttamente in Spagna. [106]

In questa nuova impresa Francesco si dimostrò più prudente del solito, decidendo di
temporeggiare e di non scendere personalmente in campo confidando in un intervento
di Enrico. Ma quando, nella primavera del 1527, fu quasi certa la partecipazione
dell'Inghilterra, Francesco dovette rinunciare a condurre egli stesso l'esercito poiché era
alle prese con un problema alla gamba ed era, inoltre, occupato a risolvere alcuni
problemi che attanagliavano le finanze statali. Confidava comunque che, risolti tali
impicci, sarebbe potuto partire per dare battaglia.[107]

Ma prima che la guerra entrasse nel vivo e a causa della


reticenza dei francesi, un esercito di 12 000 lanzichenecchi
guidati da Georg von Frundsberg scese in Italia dove,
sconfitto l'unico esercito oppositore di Giovanni dalle Bande
Nere e persa la propria guida, si diresse verso Roma alla
ricerca di un bottino. La città eterna venne quindi
brutalmente saccheggiata e il papa stesso fu costretto a
rifugiarsi a Castel Sant'Angelo e quindi obbligato a
riappacificarsi con Carlo V portando allo scioglimento di
fatto della Lega.[108] Il terribile evento costrinse Francesco a
mandare immediatamente l'esercito in Italia sotto la guida
del generale Odet de Foix, conte di Lautrec. Il Lautrec prese
subito Genova, riconsegnò Milano agli Sforza e, il 10
Il generale Odet de Foix
gennaio 1528, mosse verso il regno di Napoli cingendo,
nell'estate seguente, d'assedio la città. Tuttavia, durante le
operazioni trovò la morte ad Aversa a causa di un'epidemia di peste che decimò il suo
esercito, mettendo fine all'impresa.[109][110]

Il trattato di pace che ne scaturì, conosciuto come “ pace di Cambrai”, fu celebre poiché
non venne negoziato dai due sovrani, ma bensì da Luisa, madre di Francesco, e da
14/32
Margherita d'Asburgo, zia di Carlo V; per questo verrà chiamato anche la "pace delle
due dame".[111] I termini dell'accordo, firmato nell'agosto del 1529, furono simili a quelli
già raggiunti nel trattato di Madrid, ma con la differenza che alla Francia venne
risparmiata la cessione della Borgogna, la restituzione dei feudi al Borbone (deceduto
durante il sacco di Roma) e altre umiliazioni precedentemente impostigli. Francesco
inoltre, impegnandosi ad abbandonare ogni pretesa sul Regno di Napoli e sul Ducato di
Milano e pagando un riscatto di 2 000 000 corone d'oro, ottenne la liberazione dei figli
tenuti ancora in ostaggio. All'opposto, la Spagna di Carlo ribadiva definitivamente il suo
dominio sull'Italia.[19][112] Nel 1530 Francesco si sposò per la seconda volta, in
ottemperanza al Trattato di Madrid, con la sorella dell'imperatore, Eleonora, già vedova
del re del Portogallo Manuele I.[19] Il matrimonio avvenne, peraltro senza particolari
cerimonie, in una abbazia nei pressi di Mont-de-Marsan.[113]

L'anno seguente, il 1531, Francesco dovette affrontare un altro nefasto evento che lo
segnò profondamente: mentre si trovava a Chantilly per sfuggire alla peste che colpiva
Parigi, la madre Luisa di Savoia, a sua volta in viaggio verso Fontainebleau, si ammalò e
morì all'età di 55 anni presso Grez-sur-Loing. Ella "aveva vegliato tutta la vita sul figlio
con fanatica devozione. Anche quando era giunta a disapprovare mete quali l'Impero la
sua opposizione aveva ceduto davanti all'ardore di lui".[114]

L'invasione degli Stati della Savoia


Ripresosi dalle recenti sventure, Francesco dovette far
fronte a diversi problemi che attanagliavano il suo regno: le
finanze apparivano in crisi, la moneta scarseggiava e i prezzi
erano assai variabili. Tuttavia, un incontro a Marsiglia con
papa Clemente VII fece riaffiorare le sue mire sull'Italia. [115]
La sua politica si fece, dunque, sempre più spregiudicata.
Cercando di far volgere a proprio favore quelli che
rappresentavano i crucci maggiori per l'eterno avversario,
vale a dire la pressione dei Turchi alle soglie dell'Impero, in
Ungheria soprattutto, e le rivendicazioni dei Principi
tedeschi luterani, egli aveva stretto alleanze con il sultano
ottomano Solimano il Magnifico e con la Lega di Smalcalda.
L'occasione per un nuovo conflitto, il terzo, fu l'estinzione
della famiglia Sforza. Nel 1535, alla morte del duca di Milano
Francesco II Sforza, che aveva sposato Cristina di
Danimarca, nipote di Carlo V, troppo giovane per dargli
eredi, il ducato rischiava di essere ereditato dal figlio
dell'imperatore, Filippo II di Spagna (come in effetti
avvenne nel 1540), cosa inaccettabile per il re di Francia.[116]

La strategica decisione di Francesco di allearsi con il sultano Prima lettera di Solimano il


turco, nominando come ambasciatore permanente Jean de Magnifico a Francesco I di
La Forêt, fu il pretesto per attaccare, rompendo la tregua e Francia

15/32
dando inizio a un nuovo conflitto. L'alleanza franco-ottomana fu la prima alleanza tra
un impero cristiano e uno non cristiano[117] e fu per questo ritenuta "scandalosa". [118]
Dal canto suo, Francesco riteneva che tale alleanza non avesse alcuna base religiosa e
che vertesse solo su presupposti di utilità reciproca riguardo alle proprie ambizioni
territoriali.[119]

Per preparasi alla guerra il re di Francia decise di riorganizzare l'esercito scegliendo di


seguire, non potendo più contare sul supporto dei mercenari, il modello dei Giannizzeri
ottomani. Così i propri sudditi vennero reclutati in legioni provinciali di 6 000 soldati di
fanteria ciascuno per cui si disponeva di una severa disciplina.[120] All'inizio del 1536,
40 000 soldati francesi invasero il Ducato di Savoia, conquistarono Torino, e si
fermarono alla frontiera lombarda, nell'attesa di un'eventuale soluzione negoziata. Per
tutta risposta Carlo V invase la Provenza, rinunciando però all'assedio di Avignone,
notevolmente fortificata, e riparando anzi in Spagna.[121]

Ma un fatto di enorme gravità distolse Francesco dalle vicende belliche: il 10 agosto il


figlio e delfino di Francia Francesco di Valois morì, all'età di 18 anni, a causa di una
polmonite fulminante contratta a seguito di una partita alla pallacorda. A lungo si
sospettò che in realtà fosse stato vittima di un avvelenamento e per cui si sospettò
l'imperatore come mandante. Alla fine venne incolpato il segretario conte di
Montecuculli che venne mandato a morte.[19]

Nonostante il lutto la guerra continuò e, dopo intensi negoziati,[122] si addivenne alla


tregua di Nizza, del 1538, con papa Paolo III impegnato a fare la spola da una camera
all'altra nel tentativo di mediare tra i due contendenti che tanto si odiavano da rifiutare
di sedere nella stessa stanza: essa conservò ai francesi la città di Torino, senza che gli
equilibri nella scacchiera italiana mutassero troppo. Nella Contea di Aosta, non invasa
da Francesco I nel timore di un'eventuale invasione, venne modernizzato l'apparato
difensivo del Castello di Verrès e venne istituito il Conseil des Commis che diventerà
una storica istituzione valdostana. Si concludeva così, con un nulla di fatto, il terzo
conflitto tra Francesco I e Carlo V, che servì solo a rafforzare l’alleanza tra francesi e
Turchi Ottomani.[123]

Quarto conflitto con l'Impero e morte


Nonostante l'ennesimo insuccesso, Francesco era tutt'altro
che rassegnato ad abbandonare le sue ambizioni sull'Italia
anche se non poteva più contare sull'appoggio di nessuna
potenza europea.[124] Il re, quindi, tornò a volgere lo
sguardo verso oriente rafforzando i rapporti diplomatici con
Solimano il Magnifico che, dal canto suo, si preparava a
invadere l'Italia centrale. Si decise pertanto che la flotta
reale francese e quella condotta dal colonnello turco Khayr
al-Din Barbarossa si sarebbero unite nel mar
Mediterraneo.[125] La dichiarazione per questa nuova guerra
venne lanciata da Francesco il 12 luglio 1542 mentre si Il sultano ottomano
16/32
trovava a Ligny-en-Barrois. Il casus belli fu indicato Solimano il Magnifico
nell'assassinio da due diplomatici al servizio della Francia,
Cesare Fregoso e Antonio Rincon, avvenuto a Pavia il 3 luglio 1541 per mano di agenti
spagnoli al servizio di Carlo V che aveva rotto così unilateralmente la tregua.[126]

Al conflitto parteciparono attivamente i due


figli del sovrano: Carlo venne mandato sul
fronte delle Fiandre mentre Enrico guidò nel
Rossiglione un'armata di 40 000 uomini e
2 000 cavalleggeri. Le prime fasi delle
operazioni i Francesi colsero iniziali successi
che, tuttavia, ben presto finirono per dissiparsi
e la situazione andò a volgere in male. A
complicare le cose, l'11 febbraio 1543 Enrico
VIII e Carlo V si accordarono per attaccare
simultaneamente la Francia entro poco
tempo.[127] Intanto la flotta franco-ottomana il
5 luglio arrivò a Marsiglia con 110 galere allo
scopo di bloccare le vie marittime tra Italia e
Spagna. Francesco acconsentì ai musulmani di La Francia sotto Francesco I: le sue
sbarcare e soggiornare a Tolone che di fatto si acquisizioni e le dimore regali
trasformò velocemente in una città turca con
tanto di moschee, un fatto che gli costò moltissime critiche da tutta la cristianità e in
particolare da Venezia. Francesco si discolpò sostenendo che per l'Italia Carlo V
costituiva un rischio maggiore rispetto agli ottomani.[128] L'unico successo, seppur
fatuo, delle armate francesi venne colto solo il 5 aprile 1544 quando il conte Francesco
di Borbone-Vendôme riuscì a conquistare il Monferrato dopo aver battuto gli imperiali
nella battaglia di Ceresole.[129]

Dopo due anni di battaglie convulse e sanguinose, intervallate da brevi tregue per la
disastrosa situazione finanziaria dei contendenti, Enrico sbarcò a Calais con 30 000
uomini e pose d'assedio Boulogne, mentre Carlo continuava ad avanzare tanto da far
temere che arrivasse fino a Parigi.[130] Tuttavia anche gli imperiali avevano i loro
problemi finanziari e così Francesco e l'imperatore sottoscrissero, il 18 settembre 1544,
il trattato di Crépy, con cui le mire di espansione in Italia del sovrano francese, così
come quelle sulla Borgogna dell'imperatore, poterono dirsi definitivamente
concluse.[130] Solo pochi giorni prima, il 9 settembre 1544, Francesco aveva perso il
figlio prediletto, Carlo II d'Orléans, morto dopo una breve malattia all'età di soli 23
anni.[131]

17/32
Il conflitto con Enrico andò avanti. Francesco aveva avviato
un tentativo di forzare l'attacco invadendo la stessa
Inghilterra e per questa impresa aveva assemblato un
esercito di più di 30 000 uomini e una flotta di circa 400
navi. Ma anche queste operazioni non portarono i risultati
sperati e i due eserciti si trovarono in una situazione di
stallo. Il 7 giugno 1546 venne firmato il trattato di Ardres
che pose fine alla guerra.[132]

Nel marzo del 1547 Francesco si trovava in viaggio tra i suoi


vari castelli quando, mentre si trovava nel Castello di
Rambouillet, cadde malato. Sentendo che oramai era giunto La tomba di Francesco e
il suo tempo, si fece raggiungere dal delfino a cui Claudia di Francia
raccomandò “in maniera particolare il mio regno, che ha il
popolo miglior e più obbediente che ci sia, la nobilita
più leale, più devota e affezionata al re che mai ci sia
stata. Io li ho trovati così, e così li troverete voi”.[133]
Il giorno 29 dello stesso mese ricevette l'estrema
unzione e due giorni dopo, alle due del pomeriggio di
giovedì 31 marzo, spirò, ucciso da una malattia dei
dotti urinari secondo alcuni resoconti, della sifilide
secondo altri.[5][134] Il giorno successivo il suo corpo
venne imbalsamato e vegliato. [134] A metà maggio la L'urna con il cuore di Francesco I,
sua bara venne riunita con quelle dei suoi due figli basilica di Saint-Denis
premorti. Il 21 maggio il corteo funebre poté partire
per la tumulazione; alla testa vi erano 500 poveri con le fiaccole in mano seguiti dagli
arcieri della guardia, dai banditore, dai sergenti, dagli ufficiali della Casa reale e dai
paggi con le sue armi. Il feretro era posto su di un carro funebre trainato da sei cavalli;
33 preti e la sua corte chiudevano la mesta colonna. Dopo una sosta nella cattedrale di
Notre-Dame dove si tennero le solenni esequie, le tre bare raggiunsero la basilica di
Saint-Denis dove furono deposte nella cripta. La lunga orazione funebre fu tenuta da
Pierre Duchâtel.[135]

Aspetto fisico e personalità

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«A vent'anni … già gustava i piaceri del capriccio ogni
conquista lo portava più su, donde mirava cime più
attraenti. Aveva la vena facile, il piede veloce, il fiato
gagliardo; e gli era così naturale lasciarsi sedurre da nuovi
orizzonti, come assaporare un vino o apprezzare un oggetto
d'arte», così Francis Hackett tratteggiò Francesco nella sua
biografia.[136] L'ambasciatore veneziano Marino Cavalli, che
lo incontrò quando il re aveva già 52 anni, lo descrisse in
questo modo: "ha in tutti i movimenti del corpo una gravità
e una grandezza tanto brava, che penso nun altro principe
oggidì lo aggiunga, non che lo superi. Ha un'ottima
complessione, e natura forte e gagliarda...".[137][138] Fu "un
Francesco dipinto da Joos
uomo che visse in estrema allegria qualunque siano state le van Cleve
delusione della sua politica estera e i problemi di quella
interna".[138]

Il re venne, inoltre, descritto come un uomo di nobile portamento e, nonostante un naso


molto lungo e largo, estremamente bello di aspetto. Era un cavaliere robusto, affabile,
cortese, un parlatore brillante e un poeta naturale; di vivace intelligenza, non era privo
di sentimento e di alcuni impulsi generosi che lo resero amabile agli occhi di amici e
parenti. Tuttavia a queste qualità si affiancarono anche una certa frivolezza e la
difficoltà di coerenza nella sua azione politica. Alcuni ambasciatori che si raffrontarono
con lui sottolinearono la sua negligenza negli affari e anche molti suoi ministri se ne
lamentarono. Il re, infatti, dimostrò più volte di essere interessato maggiormente alla
caccia, al tennis, alla vita mondana piuttosto che alla gestione dello stato.[5] Amò anche
circondarsi di donne, poiché per lui "una corte senza donne è un anno senza primavera
e una primavera senza rose."[19]

Nonostante avesse cercato un forte accentramento politico si


lasciò spesso influenzare dai suoi favoriti, nonché dalla
madre e dalla amata sorella. La sua incostanza, tuttavia,
ebbe ripercussioni anche sulla scelta dei consiglieri, tanto
che nei primi anni del suo regno la condotta degli affari
venne affidata principalmente nelle mani di Luisa di Savoia,
del cancelliere Antoine Duprat, del segretario Florimond
Robertet, de Boissy e de Bonnivet mentre successivamente
si affidò maggiormente ad Anne de Montmorency e Philippe
de Chabot per poi, negli ultimi anni del suo regno, seguire i
consigli del Maresciallo di Francia Claude d'Annebault e del Anne de Pisseleu, a lungo
cardinale de Tournon. Nonostante ripetesse spesso che "non favorita di Francesco I
intendeva lasciarsi comandare da una donna",[139] molte di
loro ebbero una grande influenza su di lui, come la madre, la sorella Margherita
d'Angoulême e le sue numerose amanti, tra cui Françoise de Foix, nei primi anni del
regno, e Anne de Pisseleu dal 1526. [5]

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Il vero punto fermo della vita di Francesco fu la dura lotta con Carlo V. Attratto
inizialmente dall'Italia, sognando imprese da conquistatore, guidò la spedizione
trionfale di Marignano che gli valse la reputazione di re cavalleresco e di principe più
potente d'Europa. Nel 1519, nonostante saggi consigli, si candidò alla corona imperiale e
la successiva elezione di Carlo causò un'inevitabile rivalità tra i due che accentuò
ulteriormente il carattere cavalleresco del re di Francia al confronto con quello freddo e
politico dell'imperatore. [5]

La politica interna

Accentramento statale e politica religiosa


Il regno di Francesco, che segnò un momento di gravi
difficoltà finanziarie per la Francia, favorì la
centralizzazione amministrativa dello Stato tanto che
l'autorità monarchica divenne più imperiosa e più assoluta.
Per lo sviluppo insolito che diede alla corte, convertì la
nobiltà in una sorta di famiglia di persone a suo carico,
portò il clero in soggezione e ciò gli permise di distribuire
benefici a suo piacere tra i suoi cortigiani più
accondiscendenti. Governò circondandosi da un gruppo di
favoriti che formarono il conseil des affaires. Gli stati
generali non vennero mai convocati e le rimostranze del
parlamento furono appena tollerate. Centralizzando
l'amministrazione finanziaria con la creazione del Trésor de Francesco I in una
l'Épargne e sviluppando acquartieramenti militari, miniatura di Jean Du Tillet

Francesco fu in grado di rafforzare ulteriormente il potere


reale.[5][140]

Nelle questioni religiose Francesco dimostrò un'iniziale


tolleranza verso i dissidenti ugonotti e valdesi, suggeritagli
dall'amatissima sorella Margherita di Navarra. Considerò il
luteranesimo persino politicamente utile, poiché era causa
della ribellione di molti principi tedeschi contro il suo
nemico Carlo V. Nel 1533 Francesco osò persino suggerire al
papa Clemente VII di convocare un concilio in cui i sovrani
cattolici e protestanti avrebbero avuto un uguale voto per
appianare le loro divergenze; tale offerta venne però
respinta sia dal papa sia da Carlo V. Tuttavia, a partire dal
1523, Francesco condannò al rogo diversi eretici.[141]
Massacro di Mérindol del
1545
L'atteggiamento di Francesco nei confronti del
protestantesimo cambiò in peggio in seguito al "caso dei
manifesti" in cui, nella notte del 17 ottobre 1534, apparvero per le strade di Parigi e di
altre grandi città delle affissioni contro il credo cattolico riguardo all'eucaristia. I
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cattolici più ferventi furono indignati dalle accuse scritte e lo stesso Francesco iniziò a
ritenere il movimento protestante come un complotto contro di lui e quindi iniziò a
perseguitare i suoi seguaci. I protestanti vennero così incarcerati e giustiziati in tutto il
paese, tanto che in alcune aree interi villaggi furono distrutti.[141] La stampa venne
censurata e i principali riformatori protestanti, come Giovanni Calvino, furono costretti
all'esilio; tali persecuzioni contarono presto migliaia di morti e decine di migliaia di
senzatetto.[142] Le persecuzioni contro i protestanti furono codificate nell'Editto di
Fontainebleau del 1540 e i maggiori atti di violenza continuarono, come quando
Francesco ordinò l'esecuzione di uno dei gruppi pre-luterani storici, i valdesi, in quello
che è passato alla storia come massacro di Mérindol del 15 aprile 1545. [5][143]

Mecenate delle arti


Francesco, sovrano dotato di bell'aspetto, di intelligenza
pronta e versatile e di un senso di attaccamento ai princìpi
cavallereschi che ne esaltavano la regalità, fu un cultore
delle belle lettere e dell'arte e promosse lo sviluppo di un
clima culturale assai vivace, volendosi circondare di alti
esponenti del Rinascimento italiano che promuovessero un
rinnovamento, anche invitando a corte personalità del
calibro di Leonardo da Vinci (che morì nel regio castello di
Amboise); Leucadio Solombrini, famoso maiolicaro, che
avviò ad Amboise un'officina di produzione di ceramiche
nell'allora celebre stile forlivese; Girolamo della Robbia, il
Tiziano, Ritratto di
quale collaborò a edificare l'imponente Castello di Madrid Francesco I (1539)
(distrutto nel 1792) con decorazioni in terracotta
invetriata;[144] Francesco Primaticcio, i cui stucchi e affreschi nel Castello di
Fontainebleau sono purtroppo irrimediabilmente compromessi; Rosso Fiorentino;
Benvenuto Cellini.[145][146]

Nonostante le difficoltà economiche in cui era costantemente impelagato, non lesinò


sulle spese e fece edificare sontuose dimore che abbellì di preziose opere d'arte. Il
Vasari, in merito a Giambattista della Palla (uno dei mercanti impiegati per portare in
Francia parte del patrimonio italiano di quei secoli) scrisse che «aveva spogliata
Fiorenza d'una infinità di cose elette, senza alcun rispetto, per ordinare al re di Francia
un appartamento di stanze, che fusse il più ricco di così fatti ornamenti che ritrovar si
potesse».[147]

Questo perché Francesco I pensò, a quanto pare, di far rimuovere l' Ultima Cena di
Leonardo da Vinci da Santa Maria delle Grazie a Milano per portarlo in Francia.
Sebbene non gli sia riuscito, sia lui sia il suo predecessore al trono Luigi XII, riuscirono
a impossessarsi di due dipinti fra i massimi di Leonardo, ovvero La Gioconda e La
Vergine delle Rocce, attualmente al Louvre. Probabilmente la Gioconda fu venduta da

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Leonardo a Francesco I che la pagò. Appassionato d'arte classica anche a soggetto
erotico, ricevette in dono da Cosimo I de' Medici l'Allegoria del trionfo di Venere di
Agnolo Bronzino.

Protettore delle lettere


Francesco fu famoso anche come protettore delle lettere
anche grazie alla crescente affermazione in quegli anni della
stampa che incoraggiò la pubblicazione di un numero
sempre maggiore di libri. Nel 1518, Francesco I decise di
creare un grande "cabinet de livres" a Blois che affidò al
poeta della corte Mellin de Saint-Gelais. Nel 1536, in seguito
alla Ordonnance de Montpellier, fu vietato "vendere o
spedire in un paese straniero, libri o quaderni in qualsiasi
lingua, senza averne dato una copia per la Biblioteca Reale",
una biblioteca amministrata dall'umanista Guillaume Budé
che ebbe l'incarico di aumentarne e la collezione. Inoltre,
nel 1540 Francesco incaricò Guillaume Pellicier,
ambasciatore a Venezia, di acquistare e riprodurre quanti
più manoscritti veneziani fosse stato in grado.[148] Una tipografia del XV
secolo. Grazie a Francesco
Su iniziativa di Guillaume Budé, nel 1530 venne fondato il I, le tipografie francesi
corpo dei "Lecteurs royaux", il futuro "Collège de France" vennero perfezionate e
per creare un polo della cultura moderna contrapposta raggiunsero un'importanza
all'allora conservatrice Sorbonne. Tra i Lectures vi furono di prim'ordine nel mondo
intellettuale
Barthélemy Masson, che insegnò il latino, e il geografo e
astronomo Oronce Fine, che si occupò di matematica.
Francesco, inoltre, promosse lo sviluppo della macchina da
stampa in Francia e fondò l'Imprimerie Royale in cui
lavorarono ano editori come Josse Bade e Robert Estienne.
Nel 1530, nominò Geoffroy Tory Imprimeur du roi, ruolo
che passò nel 1533 a Olivier Mallard e nel 1544 a Denys
Janot. Grazie al tipografo Claude Garamond le opere di
stampa reali adottarono una scrittura dotata di caratteri di
tipo romano più leggibili rispetto ai precedenti.[149]

Francesco I sovvenzionò poeti come Clément Marot e


Ritratto di Guillaume Budé
Claude Chappuy; compose lui stesso alcune poesie. Sua realizzato da Jean Clouet
sorella maggiore Margherita fu anch'essa una fervente nel 1536
ammiratrice dei letterati e mecenate di molti scrittori, tra cui
Rabelais e Bonaventure Des Périer. Ella stessa fu inclusa nell'elenco degli intellettuali di
Corte, essendo stata autrice di molte poesie e saggi come La Navire e Les Prisons.
Pubblicò anche una voluminosa collezione dal titolo Les Marguerites de La Marguerite
des princesses ma la sua opera principale, sebbene incompiuta, fu Heptaméron, una
raccolta di storie.[150]

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Il francese come lingua ufficiale
Francesco compì diverse azioni per sradicare il monopolio
del latino come lingua del sapere. Nel 1530, dichiarò il
francese la lingua nazionale del regno e quello stesso anno
aprì il Collège des trois langues, o Collège Royal, su
raccomandazione dell'umanista Guillaume Budé. Gli
studenti del Collège poterono studiare greco, ebraico e
aramaico, infine dal 1539 arabo grazie agli insegnamenti di
Guillaume Postel.[151]

Sempre nel 1539 nel suo castello di caccia di Villers-


Cotterêts Francesco firmò un'ordinanza che, tra le altre
riforme, rese la langue d'oïl la lingua ufficiale
dell'amministrazione e del diritto, che divenne così la lingua L'Ordinanza di Villers-
francese, in luogo del latino. Con lo stesso documento Cotterêts dell'agosto 1539
impose al clero di registrare le nascite, i battesimi, i con cui si imponeva
l'utilizzo del francese nei
matrimoni e le morti e di istituire una anagrafe in ogni
documenti ufficiali
parrocchia. Ciò ha permesso di avere i primi dati statistici
sulle famiglie in Europa.[152]

Costruttore di palazzi
Francesco spese ingenti somme di denaro per
realizzare nuove costruzioni. Continuò il lavoro dei
suoi predecessori sul castello di Amboise e iniziò la
ristrutturazione del castello di Blois. All'inizio del suo
regno, diede inizi alla costruzione del magnifico
castello di Chambord, ispirato agli stili architettonici
del rinascimento italiano e forse progettato persino
da Leonardo da Vinci. Francesco ricostruì il palazzo
del Louvre, trasformandolo da fortezza medievale in
Il castello di Chambord venne fatto
un edificio di splendore rinascimentale. A Parigi edificare da Francesco I
finanziò la costruzione di un nuovo municipio
(l'Hôtel de Ville) al fine di poter decidere lui stesso l'aspetto dell'edificio. Costruì il
castello di Madrid nel Bois de Boulogne e ricostruì quello di Saint-Germain-en-Layeil.
Il più grande dei progetti edilizi di Francesco fu, però, la ricostruzione e l'espansione del
castello di Fontainebleau che divenne ben presto il suo luogo di residenza preferito, così
come la residenza della sua favorita, Anne de Pisseleu d'Heilly. Ciascuna delle residenze
realizzate da Francesco venne lussuosamente decorata sia all'interno sia all'esterno;
Fontainebleau, per esempio, possedeva una fontana zampillante nel suo cortile dove il
vino si mescolava con l'acqua.[153]

Relazioni con il Nuovo Mondo e l'Asia

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Francesco si era da sempre dichiarato contrariato dalla bolla
papale Aeterni regis del 1481, con cui papa Sisto IV
garantiva tutte le terre a sud delle Isole Canarie, e dal
successivo Trattato di Tordesillas del 1494, in base al quale
tutto il mondo al di fuori dell'Europa veniva diviso in un
duopolio esclusivo tra l'Impero spagnolo e l'Impero
portoghese.[154] Tutto ciò lo spinse ad affermare: "Il sole
splende per me come per gli altri. Mi piacerebbe molto
vedere la clausola della volontà di Adamo con la quale
dovrebbe essermi negata la mia parte del mondo". Pertanto,
al fine di controbilanciare il potere dell'Impero Asburgico su Il viaggio intrapreso da
vaste parti del Nuovo Mondo attraverso la Corona di Giovanni da Verrazzano nel
1524
Spagna, Francesco I inviò le proprie flotte nelle Americhe e
in Estremo Oriente mentre furono sviluppati stretti contatti

Nel 1524 Francesco aiutò i cittadini di Lione a


finanziare la spedizione di Giovanni da Verrazzano
verso il Nord America. In questo viaggio,
l'esploratore italiano visitò il luogo dove oggi sorge
New York City, chiamandolo "New Angoulême", e
rivendicando Terranova per la corona francese. La
lettera di Verrazzano spedita a Francesco dell'8 luglio
1524 è nota come Cèllere Codex.[155] Nel 1531,
l'ammiraglio francese Bertrand d'Ornesan tentò di
Una mappa del 1547 prodotta dalla
stabilire una sede commerciale a Pernambuco, in Scuola cartografica di Dieppe che
Brasile. Nel 1534, Francesco inviò Jacques Cartier a mostra Sumatra
esplorare il fiume San Lorenzo in Quebec per trovare
"certe isole e terre dove si dice che ci debbano essere grandi quantità di oro e altre
ricchezze". Nel 1541 incaricò Jean-François de Roberval a insediarsi nel Canada e
provvedere alla diffusione della "fede cattolica santa". [156]

Durante il suo regno, vennero avviati anche i commerci con l'Asia orientale grazie
all'aiuto dell'armatore Jean Ango. Nel luglio del 1527, una nave mercantile francese
proveniente dalla città di Rouen venne registrata dal portoghese João de Barros come
arrivata nella città indiana di Diu. Nel 1529, Jean Parmentier, a bordo della Sacre e
della Pensée, raggiunse Sumatra.[157] Il viaggio dette impulso alla Scuola cartografica di
Dieppe.[158]

Francesco I nella letteratura, nel teatro, nel cinema


Il personaggio di Francesco I di Francia è apparso frequentemente in opere letterarie,
teatrali o cinematografiche. Le avventure amorose di Francesco ispirarono la
rappresentazione teatrale del 1832 di Fanny Kemble, Francis the First,[159] e quella

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dello stesso anno di Victor Hugo, Le Roi s'amuse ("Il re si diverte"), in cui veniva
rappresentato il buffone Triboulet, che a sua volta ispirò l'opera lirica Rigoletto scritta
nel 1851 da Giuseppe Verdi.[160]

Nel 1907 un attore, di cui non si conosce il nome, ha interpretato per la prima volta
Francesco in un film di Georges Méliès,[161] lo stesso ruolo è stato poi affidato a Claude
Garry nel 1911,[162] ad Aimé Simon-Girard [163] e a Sacha Guitry nel 1937,[164] a Gérard
Oury nel 1953, [165] a Jean Marais [166] e a Pedro Armendáriz nel 1956, [167] a Claude Titre
nel 1962,[168] a Bernard Pierre Donnadieu nel 1990, [169] a Timothy West nel 1998 [170] e
a Emmanuel Leconte negli anni 2000 in occasione della serie televisiva I Tudors.[171]

I panni di Francesco sono stati vestiti anche dall'attore Peter Gilmore nel film
commedia Carry on Henry in cui è raccontata una storia immaginaria riguardante il re
Enrico VIII d'Inghilterra.[172] È stato, inoltre, spesso citato in numerosi romanzi, tra cui
L'altra donna del re di Philippa Gregory, che narrano la vita di una delle due sorelle
Maria e Anna Bolena, entrambe cresciute per un certo periodo alla sua corte. [173] Fu il
protagonista della ballata, Der Handschuh (Il guanto), di Friedrich Schiller.[174]

Francesco dalla consorte Claudia di Francia ebbe:

Luisa (1515 - 1517);


Carlotta (1516 - 1524);
Francesco di Valois (28 febbraio 1518 - 10 agosto 1536)
1° delfino;
Enrico (31 marzo 1519 - 10 luglio 1559), futuro re con il
nome di Enrico II;
Maddalena di Valois (10 agosto 1520 - 2 luglio 1537).
Sposò Giacomo V di Scozia (1512 - 1542);
Carlo II d'Orléans, (22 gennaio 1522 - 9 settembre
1545);
Margherita di Francia (5 giugno 1523 - 14 settembre
Claudia di Francia e le sue
1574), duchessa di Berry. Sposò nel 1559 Emanuele figlie
Filiberto (1528 - 1580) duca di Savoia.

Sposò poi nel 1530, in seconde nozze:

Eleonora d'Asburgo, sorella dell'imperatore Carlo V dal quale non ebbe figli.
Eleonora morì nel 1558.

Francesco I ebbe inoltre un figlio illegittimo:

Nicolas d'Estouteville, signore di Villecouvin.

Ascendenza

Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni


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Luigi di Carlo V di
Valois Francia

Giovanna
di
Giovanni di Borbone
Valois-
Angoulême Valentina Gian
Visconti Galeazzo
Visconti

Isabella di
Valois
Carlo di
Valois-
Angoulême Alain IX di Alain VIII
Rohan di Rohan

Margherita
di Rohan,
signora di Margherita Giovanni
Guillac di IV di
Bretagna Bretagna

Giovanna
di Navarra
Francesco
I di
Francia Ludovico Amedeo
di Savoia VIII di
Savoia

Maria di
Borgogna
Filippo II di
Savoia
Anna di Giano di
Lusignano Cipro

Carlotta di
Borbone
Luisa di
Savoia
Carlo I di Giovanni I
Borbone di
Borbone

Maria di
Berry
26/32
Margherita
di
Borbone- Agnese di Giovanni
Clermont Borgogna di
Borgogna

Margherita
di Baviera

Onorificenze

Gran Maestro dell'Ordine di San


Michele

Cavaliere dell'Ordine della Giarrettiera

Cavaliere dell'Ordine del Toson


d'Oro

— [175]

Note
Questa voce include materiale in pubblico dominio: Chisholm, Hugh, ed. (1911).
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