di semiologia gregoriana per dare un nome all’ambito delle sue ricerche.
In effetti la semiologia gregoriana indaga sul significato del segno, ne vuol cogliere il pensiero e non solo le implicazioni di ordine musicale. L’obiettivo dichiarato della semiologia è proprio questo: saper riconoscere il valore del segno per poterne scoprire il significato. Ed è proprio l’obiet tivo di cui si è detto poco fa, ovvero la sintesi fra grammatica e senso. La novità vera, se ne deduce, non può che venire ‘dal di dentro’ e non esternamente a un vissuto e a una tradizione consolidata. Il nuovo pensiero, seppure allo stadio embrionale, ma già ricco di prospettive vertiginose, viene ancora una volta da un monaco di So lesmes, da chi ha cantato, conosce la tradizione di quel monastero e, proprio per questo, è in grado di dire qualcosa di nuovo e di introdurre un nuovo pensiero su dati ormai acquisiti. Nel nostro itinerario ci muoveremo in modo fluido su questo ter reno, fatto di necessaria grammatica di base, ovvero di un ‘alfabeto’ no- tazionale da conoscere in modo approfondito almeno nelle sue linee portanti, e fatto anche di una incessante ricerca del progetto espressivo che ne risulta sotteso. Grammatica e senso convivono in un rapporto vitale, costantemente da aggiornare e ripensare. La semiologia non può appiattirsi - come si dirà più avanti - su pur necessarie indagini di stam po grammaticale. Per iniziare questo percorso, rivolgiamo l’attenzione ad entrambe le notazioni adiastematiche (sangallese e metense) trascritte sul GT e, attraverso un ampio sguardo sui rispettivi neumi monosonici, cerchiamo di enucleare la ‘filosofia’ di queste due nobili scritture neu- matiche.
Il neuma monosonico nel pensiero sangallese
Prima di addentrarci in questioni tecniche o in considerazioni sulle
qualità notazionali di scuola sangallese, apriamo un antico codice notato e cominciamo a gettare un primo sguardo a una sua pagina. Facciamo questa prima operazione servendoci di uno dei manoscritti più illustri della tradizione sangallese, il Cantatorium 359 (C), datato tra la fine del IX e l’inizio del X secolo. Guardiamo una sua pagina e poniamoci qualche domanda: